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Di Fabrizio (del 09/02/2014 @ 09:02:21, in Italia, visitato 1637 volte)

Rom-Anzi Sergio Bontempelli, 6 febbraio 2014 su corriere delle migrazioni

Milano e Roma, ma anche città piccole come Pisa: le amministrazioni comunali tornano a sgomberare i campi rom. Come se non fosse cambiato nulla in questi anni

Violano i diritti umani e alimentano l'emarginazione dei rom e dei sinti. Costano cifre astronomiche (pagate dai contribuenti) e non producono risultati apprezzabili. Sono vietati dalle norme internazionali sul diritto all'alloggio, e di recente sono stati "messi al bando" anche dall'Unione Europea. Le nuove politiche del governo italiano, sintetizzate nella "Strategia Nazionale di Inclusione delle popolazioni rom", suggeriscono di evitarli, e propongono strade alternative.

Insomma, gli sgomberi dei campi rom sono - per usare un eufemismo - "vivamente sconsigliati". E per la verità sembravano anche passati di moda, dopo l'uscita di scena dei loro principali sostenitori nei "palazzi che contano": Gianni Alemanno al Campidoglio, Letizia Moratti a Palazzo Marino e Roberto Maroni al Viminale. E invece, da qualche settimana la moda sembra tornata. In grande stile.

Roma e il "metodo del rigore"

Le ultime notizie vengono dalla Capitale. Mercoledì scorso, alle prime luci dell'alba, è iniziato lo sgombero forzato nel campo di Via Belmonte Castello, alla periferia est della città: 20 famiglie rom, tra cui 40 bambini tra 0 e 12 anni, sono state allontanate con la forza dall'area. Secondo la denuncia di Associazione 21 Luglio e Popica Onlus, l'intervento rappresenta "una grave violazione dei diritti umani".

"L'azione", spiegano le due associazioni, "non è stata accompagnata da una genuina consultazione con gli interessati né dalla valutazione di adeguate alternative allo sgombero. Non si è proceduto a dare un preavviso congruo e ragionevole alle persone coinvolte. A causa dello sgombero, inoltre, i bambini interrompono il loro percorso scolastico e le famiglie rom vengono rese ancora più vulnerabili".

A dir la verità, la Giunta Marino non è nuova a queste imprese. Già nel Settembre scorso il Campidoglio aveva fatto eseguire quello che era stato definito "il primo sgombero della nuova amministrazione": 35 nuclei familiari erano stati allontanati dal campo di Via Salviati. Da allora si sono registrati diversi sgomberi, nei campi di Colle Oppio, Casal Bertone, Cesarina...

A sentire il primo cittadino, la sequenza di azioni "muscolari" si deve al nuovissimo metodo partorito dalla sua Giunta: il "metodo del rigore". "Non possiamo tollerare situazioni di insediamenti abusivi", ha spiegato lo stesso Marino il 24 Gennaio scorso, durante una trasmissione radiofonica, "nei prossimi mesi useremo un metodo di rigore. Useremo tutti gli strumenti legittimi per allontanare i rom".

Cosa ci sia di nuovo, nel "metodo del rigore", rimane un mistero: il "pugno di ferro" contro i rom era una vera e propria mania di Gianni Alemanno, il predecessore di Ignazio Marino. E difatti l'Associazione 21 Luglio non esita a parlare di vera e propria "continuità" con la passata amministrazione.

Sgomberi a Milano

Anche a Milano gli sgomberi non sembrano passati di moda. La scorsa settimana, tra Martedì e Mercoledì, un'azione congiunta delle forze dell'ordine - Carabinieri, Polizia e vigili urbani - ha definitivamente chiuso il campo di Via Selvanesco. L'area era già stata sgomberata nel Novembre scorso, il Comune aveva chiuso tutti gli accessi ma due gruppi di rom (una quarantina tra romeni e bosniaci) continuavano a dormire di nascosto al campo. Tra l'altro il terreno era di proprietà degli stessi rom: lo sgombero non era stato motivato dall'occupazione "abusiva" dello spazio, ma da ragioni igienico-sanitarie e dalla presenza di manufatti (baracche, roulotte ecc.) in violazione delle norme urbanistiche.

Nel capoluogo lombardo, peraltro, la Giunta Pisapia non ha mai smesso di sgomberare. Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e Coesione Sociale, va dicendo da tempo che le cose sono cambiate rispetto all'era Moratti, che - certo - gli sgomberi ci sono, ma che il Comune garantisce ai rom delle soluzioni alternative dignitose. Le associazioni, però, sono di tutt'altro avviso. E negli ultimi mesi hanno lanciato accuse pesantissime contro l'operato di Palazzo Marino.

Alla fine di Novembre, ad esempio, la chiusura del campo di Via Montefeltro ha suscitato le proteste del Naga, storica associazione milanese, e anche quelle dell'European Roma Rights Center (Errc), una Ong internazionale con sede a Budapest. "Si è proceduto ad uno sgombero di più di 700 persone", accusava il Naga, "sapendo già che gran parte di queste non potranno accedere ad alcun alloggio: i posti messi a disposizione dall'amministrazione comunale sono infatti appena 200".

Grandi e piccole città: il caso di Pisa

Gli sgomberi non avvengono solo nelle grandi città: per restare ai fatti della scorsa settimana, c'è da segnalare anche l'ordinanza emanata dal Sindaco di Pisa Marco Filippeschi. Negli anni passati, gli sgomberi erano una prassi quotidiana all'ombra della Torre Pendente: ma da qualche tempo le ambizioni "muscolari" della Giunta targata Pd si erano un po' ridimensionate.

Nei giorni scorsi, il primo cittadino è tornato all'attacco, e stavolta ha preso di mira il campo di Coltano. Si tratta, per la verità, dell'unico insediamento autorizzato della città, che in tempi recenti era stato trasformato in un "villaggio": al posto delle baracche e delle roulotte, il Comune aveva fatto costruire delle "casette", in modo da rendere più dignitoso lo spazio. Come spesso accade in questi casi, non tutti i rom erano stati autorizzati a entrare nella nuova area attrezzata, e alcune famiglie si erano sistemate nei terreni circostanti: così, accanto al "villaggio" era sorto il "campo", ovviamente non autorizzato.

Da tempo si discuteva di una possibile soluzione per tutte le famiglie, e dunque dell'inserimento abitativo dei nuclei confinati nel "campo". Ma la Giunta comunale ha scelto la strada consueta: quella dell'allontanamento forzato. "Quattro nuclei verranno sgomberati", accusano Africa Insieme e Rebeldia, due sigle da sempre impegnate a fianco dei rom, "ma solo a due di questi è stata proposta una dignitosa soluzione abitativa. Le altre famiglie - nelle quali vi sono anche bambini - dovranno allontanarsi".

Peraltro, le associazioni accusano il Comune di non aver voluto trovare soluzioni: "La Regione Toscana", dicono, "ha creato tavoli di lavoro con gli enti locali per scongiurare gli sgomberi forzati. Vi sono fondi europei stanziati per progetti validi e innovativi, e già alcune città toscane hanno avuto accesso a questi fondi. Il Comune di Pisa non ha presentato alcun progetto ed è oggi il fanalino di coda delle politiche sociali sui rom, sia a livello regionale che nazionale".

Il gioco dell'oca

Sono passati due anni da quando il Governo italiano ha varato la "Strategia Nazionale di Inclusione", che chiedeva di superare il binomio segregazione nei campi / allontanamenti forzati, e che sembrava aprire una nuova stagione nelle politiche in materia di rom e sinti. Eppure, a vederla "dal basso" - da quel che accade nelle grandi e piccole città, nei territori, nelle amministrazioni locali - sembra davvero di essere tornati al punto di partenza. Come in un assurdo gioco dell'oca.

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Di Fabrizio (del 08/02/2014 @ 09:08:20, in Europa, visitato 2014 volte)

La popolazione europea e quella Rom - tra le quali non c'è stato un significativo mescolamento genetico - condividono però un gruppo di geni del sistema immunitario, assenti in altre etnie, che si sono evoluti in seguito all'esposizione alle stesse grandi epidemie, in particolare alla Peste Nera (red)

I geni del sistema immunitario di europei e Rom mostrano segni di un'evoluzione convergente dovuta alla pressione selettiva esercitata dalle grandi epidemie del Medioevo, e in particolare dalla Peste Nera. A scoprirlo è un gruppo di ricercatori dell'Universitat Pompeu Fabra a Barcellona, della Radboud University a Nijmegen, dell'Università "Iuliu Hatieganu" a Cluj-Napoca, in Romania, e del Dayanand Medical College and Hospital a Ludhiana, in India, che firmano un articolo sui "Proceedings of he National Academy of Science".

L'evoluzione dei geni del sistema immunitario sotto la pressione selettiva delle malattie infettive è un fatto ben noto, ma finora pochi studi hanno analizzato i meccanismi di questo processo a livello di modificazione del genoma.

Hafid Laayouni e colleghi hanno potuto sfruttare la rara condizione demografica di due popolazioni con un'ascendenza genetica diversa, europea e Rom, ma che hanno vissuto nella stessa area geografica senza un significativo mescolamento, e sono stati esposti a rischi ambientali simili, comprese le infezioni. Studi linguistici e genetici hanno infatti mostrato che la popolazione rom è originaria delle regioni settentrionali dell'India, paese che ha lasciato fra il V e il X secolo, per stabilirsi in Europa nel XI secolo, soprattutto nell'area dell'attuale Romania.

La popolazione rom ha condiviso per secoli lo stesso ambiente della popolazione europea rumena, ma geneticamente è più affine a un'etnia che ancora vive in India, dalla quale si è separata per migrare verso l'Europa, in più ondate, fra il X e il XII secolo. (Cortesia H. Laayouni et al./PNAS)

I ricercatori hanno effettuato un confronto incrociato fra i geni immunitari della popolazione rumena, di quella Rom stabilitasi in Europa e dell'etnia indiana da cui discendono i Rom (poiché la storia delle grandi epidemie in Europa e in India è differente).

Per un complesso di ragioni non perfettamente chiarito – la quasi aella popolazione rumena, di quella Rom stabilitasi in Europa e dell'etnia indiana da cui discendono i Rom (poiché la storia delle grandi epidemie in Europa e in India è differente).

Per un complesso di ragioni non perfettamente chiarito – la quasi assenza nell'ambiente indiano di pulci della specie Xenopsylla cheopis, che vi si sarebbe diffusa solo dal XVII secolo, le barriere geografiche e le difficoltà di spostamento su distanze quali quella che separano l'Europa dall'India - la peste risparmiò il subcontinente indiano, dove si diffuse in misura limitata e con una mortalità non superiore al 5 per cento.

Analizzando il genoma di soggetti dei tre gruppi etnici per saggiare ben 196.524 varianti genetiche (polimorfismi a singolo nucleotide, o SNP), i ricercatori hanno identificato sul cromosoma 4 un cluster di geni che codifica per recettori immunitari, e che è presente nelle popolazione rumena e in quella rom, ma non in quella dell'India settentrionale.

Attraverso una serie di esami i ricercatori hanno poi confermato che questo gruppo di geni è coinvolto nella risposta immunitaria degli europei al bacillo Yersinia pestis, l'agente eziologico della peste, e a Y. pseudotuberculosis, un suo stretto parente.

Grazie a questi risultati la ricerca fornisce una prospettiva unica sugli effetti dell'evoluzione sul sistema immunitario sotto pressione dalle infezioni.

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Di Fabrizio (del 07/02/2014 @ 09:00:13, in Italia, visitato 1760 volte)


Prefazione di PIERO LEODI
Le fotografie della fiaccolata sono di CLAUDIO FRATI

Dall'introduzione
Seconda edizione, dunque, dopo oltre vent'anni. Un documento storico, con foto e testi che altrimenti sarebbero andati perduti.
A parte questo, un pezzo importante - secondo me - per alcune ragioni:

  • restituisce un'immagine niente affatto stereotipata di una delle comunità più discusse e meno conosciute in Italia;
  • la raccolta a caldo delle loro impressioni. Magari in maniera sgrammaticata (allora erano un gruppo poco scolarizzato e le interviste fecero parte del programma di alfabetizzazione, ma anche di quella di una sorta di "educazione civica"), comunque convinta e partecipe per un evento che era stato voluto e organizzato da loro stessi.

Avranno loro il tempo di formulare, di rivedere quei pensieri, noi potremo essere d'accordo o meno, ma se si vuole uscire dai recinti della scarsa conoscenza e degli stereotipi, è necessario ascoltarli in prima persona.
Infine, il valore del documento è dato dall'evento stesso: forse la prima manifestazione di Rom in Italia: il tentativo di uscire tanto dall'isolamento che dalla rassegnazione.
Si trattava, oggi i termini non sono molto cambiati, di chiedere migliori condizioni di vita, di essere riconosciuti come persone non più "nomadi", ma cittadini con diritti e doveri.
Questo veniva richiesto attraverso il riconoscimento a vivere in un "campo nomadi", che fosse civile ed attrezzato.
Interessanti anche le reazioni della stampa di allora, molti snobbarono l'evento, altri lo raccontarono in toni - tutto sommato - più generosi di quelli a cui gli anni seguenti ci avrebbero abituato.
Vent'anni dopo, quando la situazione "campo sosta" ha mostrato tutti i suoi limiti, chiudo con una ricostruzione della storia di questo campo, dall'inizio alla probabile fine. Si tratterà di un punto di vista parziale e localizzato, nonostante ciò la riflessione riguarderà anche considerazioni più generali.
PS: lo striscione c'è ancora, nell'armadio di casa mia...

Copyright Attribuzione Creative Commons 2.0
Pubblicato 4 febbraio 2014
Lingua Italiano
Pagine 51
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Di Fabrizio (del 06/02/2014 @ 09:09:07, in casa, visitato 1719 volte)

Campo delle Tagliate

La NAZIONE - Lucca - Vicenda alloggi, ecco come la pensano i diretti interessati

Lucca, 4 febbraio 2014 - Per chi ancora si immagina rom e sinti come amanti della vita itinerante, tutti stretti intorno al fuoco, sempre pronti a trasferirsi in altre città con la propria roulotte, deve ricredersi. Loro le case le vogliono eccome, la stanzialità gli è entrata sottopelle al punto che il campo di via delle Tagliate, che dovrebbe essere di passaggio, per alcuni è dimora fissa da due-cinque anche dieci anni e oltre. Lasciamo che nel dibattito di questi giorni sul progetto del Comune di costruire le casette di legno in via delle Tagliate - anzi no - di ristrutturare 7 appartamenti in via Brunero Paoli, entrino anche i diretti interessati: rom e sinti che occupano le due ale del campo nomadi con una convivenza spesso non facile. Ma uniti da un punto fermo: le case si devono fare, anche per chi - più di uno - ci confessa candidamente di essere stato sfrattato dalle case popolari di S.Anna perché da tempo non pagava l'affitto.

"Certo, vogliamo una casa - dice Adrian - . Io in Romania vivevo in una casa, ora da 5 anni sono qui con due figli e nipoti, arrangiato in una roulotte, con 93 euro di bolletta Geal e 100 di luce. Neanche i cani vivono così, in mezzo alle pozzanghere e al freddo. Non ci hanno dato nemmeno le bombole per riscaldarsi, soltanto gli estintori, uno per piazzola". Gli chiediamo se lavora e annuisce. Gli chiediamo perché ha una bella Audi berlina parcheggiata accanto alla sua roulotte. "Una macchina come un'altra. In Romania costano meno…". Molti ci vengono incontro per dirci che si arrabattano con alcuni lavoretti (commercio auto, trasporti, vendita ferro) e che a volte non riscuotono perché il ‘capo' gli contesta il lavoro, che devono pagare l'acqua maggiorata per via del nuovo impianto ("ma il contatore mica ce lo portiamo via?"), che non rubano anche se "le mele marce sono ovunque", che ci sono bimbi piccoli nati prematuri che non possono vivere così, e che la scalata alle graduatorie delle case popolari dà qualche buona speranza. Molti sono iscritti da tempo.

"Io ho 8 punti - ci dice una giovane mamma rom - dovrei essere vicina alla casa, ma mi hanno detto che forse scenderò, non so perché. E' un'altalena continua, non c'è da capirci niente". Alcuni ragazzi sinti, uno dei quali con orgoglio ci dice che è "contrattualizzato" e lavora 14 ore al giorno, ci indicano le pozzanghere tra le roulotte. "Quattro mesi fa hanno fatto tanti lavori: tubature nuove agli impianti, ghiaino e piazzale ‘nuovo'. Adesso siamo di nuovo punto e a capo". Scuote la testa Nico, 55 anni, sposato, separato e poi riaccompagnato con una ragazza. Una presenza storica la sua: è qui da 12 anni, con un intermezzo di vita in un alloggio popolare della periferia. Ma l'affitto era troppo salato.

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Di Fabrizio (del 05/02/2014 @ 09:01:10, in media, visitato 1858 volte)

La foto è riportata su Giornalettismo, che la attribuisce al Tempo. Un vero capolavoro artistico e di satira, il sindaco capitolino vestito da romnì! Non fosse che in passato s'è sentito e visto di molto peggio, e ultimamente la lotta politica si svolge secondo le regole del wrestling,

Vignetta a parte, è interessante anche il testo: Per dare ristoro agli alluvionati li sistema insieme agli zingari. A parte che se fossi un alluvionato, la cosa non mi scandalizzerebbe più di tanto (ma è un giudizio personale), da quell'ignorante che sono non capisco il collegamento tra "dare ristoro agli alluvionati" e "Marino sindaco di Rom". Forse, per essere sindaco di "non Rom" avrebbe dovuto lasciare (Rom e non-Rom) sotto l'acqua?

Misteri della politica!

Credo che la domanda se la siano posta anche nella redazione del Tempo, perché indecisi se avessero scritto qualche grossa stronzata, piuttosto che ammetterlo provano a insistere nella loro opera di convincimento con un secondo articolo: Marino sistema gli sfollati dai rom

Stavolta il giornalista fa un ragionamento più articolato, di cui continuo a non capire la logica, ma inizio a capire a chi si rivolge: quei lettori convinti che "meglio sfollati che zingari". Non ha neanche bisogno di parlare male degli zingari, lo si fa già tutti i giorni: si usano i tanti odiati zingari come arma contro un avversario politico, con un evento di sfondo, l'allagamento, che sta mettendo in ginocchio tutta la città, rom e no.

Leggendo l'articolo, c'è qualcuno che si lamenta di questa convivenza (saranno casi singoli? Un sentimento diffuso? Non possiamo saperlo), c'è l'assessore che tenta di giustificarsi, la consigliera che parte all'attacco. Tutto abbastanza scontato. E poi c'è un albergo con i letti caldi e le colazioni e, credetemi, tutto ciò sta diventando un sogno anche per molti di noi non-rom.

Vorrei dire a chi si lamenta di questa convivenza forzata, che ha avuto la grande fortuna che è mancata a noi "buonisti da trincea": conoscere i Rom senza doverne condividere le miserevoli condizioni in cui spesso sopravvivono. E anche di essere scampati ad una piena che li avrebbe portati in un REALITY SHOW che per molti Rom è realtà quotidiana. AVETE AVUTO QUESTA FORTUNA, SFRUTTATELA!

E può darsi che in queste condizioni, date da un evento eccezionale, non ci si inizi a conoscere.

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Di Sucar Drom (del 04/02/2014 @ 09:02:44, in Europa, visitato 1884 volte)

su Casa Europa; di Paolo Soldini

"La Romania è entrata nell'Unione europea con tutti i suoi Rom". Il capo del governo di Bucarest Traian Basescu è stato chiarissimo: la Romania non accetterà discriminazioni etniche nell'accettazione dei suoi cittadini in Germania, in Gran Bretagna e in tutti gli altri stati dell'Unione. E' caduta così l'assurda pretesa avanzata da più parti sia a Berlino che a Londra di distinguere legalmente tra immigrati rumeni (e bulgari, perché il problema è comune) "normali" e immigrati di etnia rom: sono tutti cittadini con uguale dignità e uguali diritti, anche quando si recano in altri Paesi. Il principio dovrebbe essere pacifico, ma - fino alle perentorie parole che Basescu ha pronunciato a Berlino (e presumibilmente nei colloqui che aveva avuto prima con i dirigenti tedeschi) - non lo era affatto. L'idea che si possano discriminare i Rom inventando per loro regole e divieti che non valgono per i loro connazionali è abbastanza diffusa e il premier rumeno ha ricordato che qualcuno questa politica ha provato pure a metterla in pratica: l'Italia, al tempo del non rimpianto ministro dell'Interno Maroni, provò a rimpatriare d'autorità gli "indesiderati" di etnia rom e cittadinanza rumena. Con l'unico risultato che quasi tutti, appena scesi dagli aerei su cui erano stati caricati a forza, ripartirono per il Bel Paese, al cui governo le autorità di Bruxelles ricordarono con una certa rudezza gli obblighi derivanti dalle regole della libera circolazione all'interno dell'Unione. Dal 1° gennaio scorso sono caduti i limiti per i cittadini di Bulgaria e Romania, fissati al momento del loro ingresso in Ue nel 2007.

Timori d'invasione
Proprio questa scadenza ha sollevato in vari Paesi, ma soprattutto in Germania e nel Regno Unito, una sindrome da invasione del tutto irrazionale e ingiustificata, o meglio: spiegabile con le pulsioni populistiche delle destre dei due Paesi. Nella Repubblica federale a cavalcare la tigre è stata ed è prevalentemente la Csu, la sorella bavarese della Cdu della cancelliera Merkel. Da settimane è in corso una campagna contro gli "immigrati per povertà", che arriverebbero in Germania dai due Paesi balcanici con l'unico obiettivo di approfittare indebitamente delle misure del welfare tedesco: sussidi di disoccupazione, contributi per la maternità e via elencando. Sui muri di Monaco e delle altre città del Land compaiono manifesti in cui si minaccia: "Chi imbroglia vola via". La realtà è molto diversa. Secondo l'Ufficio federale del lavoro i cittadini rumeni e bulgari che vorrebbero emigrare in Germania sono non più di 180mila, oltre un quarto dei quali con titoli di studio alti: soprattutto medici e ingegneri, ma anche informatici, infermieri, operai specializzati. Secondo i ricercatori dell'Istituto per gli studi economici di Colonia il saldo tra la spesa per le prestazioni sociali che verrebbero erogate agli immigrati balcanici e gli introiti per lo Stato in termini di tasse e contributi sarebbe largamente positivo. D'altra parte, tutti gli istituti di ricerca concordano sul fatto che l'economia tedesca è in una fase in cui ha un forte bisogno di manodopera e il governo federale ne è ben consapevole, visto che promuove continue campagne di richiamo di stranieri, qualificati o meno.
Non si sa quanti dei 180mila in arrivo da Bulgaria e Romania sarebbero di etnia rom: numerose missioni inviate nei mesi scorsi in Romania per indagare sulla quantità di Rom intenzionati a partire per la Repubblica federale non hanno permesso di accertarlo. Certo, nessuno nega che qualche problema di integrazione delle comunità nomadi rumene e bulgare, comunque, si porrà, come peraltro si è già posto in altri Paesi, come l'Italia e la Francia, ma anche in Germania e in Austria, dove un certo flusso migratorio di gitani orientali si registra da anni. Ma i problemi sono del tutto gestibili e, soprattutto, le autorità dei due Paesi sono intenzionate a farsene carico. Basescu ha proposto a Berlino un programma di sostegno alle comunità rom in Germania. Bucarest potrebbe inviare forze di polizia, medici, assistenti sociali e soprattutto educatori e insegnanti che si prenderebbero cura degli emigrati di origine rom. Esperienze simili sono state già compiute, per esempio in Italia per quanto riguarda la collaborazione delle polizie, e hanno dato buoni risultati.


Approfondimento: Roma are EU citizens too, Romanian President says su Euobserver.com

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Di Fabrizio (del 03/02/2014 @ 09:05:44, in lavoro, visitato 1857 volte)

Giovedi 23 Gennaio 2014 "Volevo essere come gli altri" di Sabine Wagner

E perciò Niza Bislimi ha nascosto a lungo la sua provenienza, sia in Kosovo che qui in Germania. E' una Rom, per essere precisi: una Romnì. Lei conosce tutti i pregiudizi contro i Rom. Da quattro anni è avvocato specializzato in diritto dell'immigrazione. Solo ora Niza Bislimi ha dichiarato la propria origine. Cosa che, come lei sa, non compiono altri Rom che hanno fatto carriera.

Ora è avvocato, non è stato facile

Attraverso tutti gli ostacoli verso il successo

Lei conosce la discriminazione sin dall'infanzia. [...] La incontro alla Corte distrettuale di Essen. Il vestito le si adatta perfettamente. [...]. Da quattro anni Nizaqete Bislimi, detta Niza, parla apertamente della sua provenienza. [...] In questo tempo è entrata in contatto col razzismo e lo sta contrastando in occasione di manifestazioni per i diritti umani. Fin da bambina ha nascosto di essere una zingara. Voleva soltanto essere come tutti gli altri. Da allora la sua storia è buona come soggetto di un dramma: a 14 anni la fuga da Kosovo verso la Germania con l'aiuto dei contrabbandieri - la vita in un centro profughi. Per 13c anni la paura costante di essere deportata. Ha avuto una madre e quattro fratelli e sorelle molto capaci. Una famiglia tedesca l'ha aiutata a studiare nei momenti iniziali e così nelle più avverse circostanze ha imparato il tedesco, prendendo poi il diploma. Alla fine, ha ottenuto il titolo di avvocato, titolo puramente "tollerato" nello stato dello Jura.

Come avvocato, si è specializzata in diritto dell'immigrazione

Un essere umano

Avendo a lungo nascosto qui in Germania il suo essere Rom, ha avuto anche a che fare con la loro già scarsa posizione di richiedenti asilo. Dice: "Eravamo tenuti d'occhio perché indossavamo solo abiti della Caritas e vivevamo nelle baracche alla periferia della città." L'appartenere ad una minoranza etnica tanto criticata, oltre all'aspetto visivo, spiega la sua riluttanza. Cosa sarebbe successo se si fosse scoperta la sua origine? Niza Bislimi non ha una risposta a questa domanda. Quello di cui è sicura, è che senza l'appoggio di sua madre e la coesione della famiglia non ce l'avrebbe fatta. Impariamo da una grande donna e dalla sua famiglia cosa può significare per una tedesca, una kosovara, una romnì "un essere umano". Che in romanés si traduce proprio con Rom.

[...]


Lettura consigliata da Mahalla

L'Europa che c'è: un giro tra i racconti e i pensieri di intellettuali e professionisti rom nel nostro continente

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Di Fabrizio (del 02/02/2014 @ 09:08:32, in casa, visitato 2858 volte)

Cosenza, la comunità rom accampata lungo il fiume Crati sperimenta una stufa che trasforma in calore il rischio incendio. Così si punta su energia alternativa e riciclaggio
Nella foto la stufa Rmh all'interno della Scuola del Vento (© Coessenza \ Confluenze) - Corriere della Calabria

COSENZA Riscaldarsi riciclando, con una stufa semplice da realizzare ed efficiente. Sembra lo spot di una televendita. E ad alcuni sembrerà pure impossibile, ma chi la sta provando è pronto a giurare che la stufa Rocket Mass Heater fa egregiamente il suo lavoro ed è un oggetto rivoluzionario. Il "target" è inedito: vista la loro capacità di riciclare materiali, è ideale per i rom. In più, i costi di realizzazione sono vicini allo zero e soprattutto, grazie alla struttura e al funzionamento, il rischio di incendio e di ustioni è molto più contenuto: sono due dei motivi per cui un oggetto così - che potrebbe essere venduto in tv o sul web ma attualmente è utilizzato nella "Scuola del Vento" Coessenza all'interno del campo nomadi di Cosenza lungo il fiume Crati - è stato salutato con entusiasmo. La baraccopoli rom del capoluogo calabrese festeggia così la Scuola del Vento, un progetto educativo che quest'anno spegnerà 5 candeline: lezioni gratuite in una baracca autocostruita dai rom e dai volontari di alcune associazioni della città.

L'Rmh, l'"oggetto misterioso" con cui la Scuola si sta riscaldando da qualche mese, è una stufa a legna con un'efficienza termica tale da ottenere la stessa quantità di calore utilizzando tra il 50 e l'80% in meno di legna rispetto a una stufa tradizionale: ciò è possibile grazie al processo di pirolisi, che consente di far bruciare la maggior parte dei gas della combustione (il fumo del fuoco) ottenendo così altro calore, ed emissioni minime composte quasi esclusivamente da Co2 e vapore acqueo. "Considerato poi che la forma e il funzionamento della camera di combustione creano un tiraggio consistente - spiegano i volontari della Scuola del Vento -, è possibile indirizzare il tubo di uscita degli esausti nella direzione desiderata, anche orizzontalmente, e ciò permette di farlo passare all'interno di una massa termica di materiale inerte pietroso (il pavimento, una panchina, un letto, un muretto o un qualsiasi altro elemento architettonico) ottenendo così di accumulare all'interno della casa una notevole quantità di calore che andrebbe altrimenti disperso". Anche i costi e i tempi di realizzazione di questo sistema innovativo sono eccezionalmente contenuti: è possibile infatti realizzare un impianto base con massa termica per meno di 150 euro e in meno di due giornate lavorative. Inoltre, sono già stati sperimentati sistemi che incorporano la possibilità di produrre acqua calda.

RMH, UN SISTEMA RIVOLUZIONARIO
NON SOLO PER LA COMUNITA' NOMADE

Un impianto di riscaldamento a costo ridotto e più sicuro dei metodi finora usati dalle fasce di cittadini meno abbienti che popolano la città potrebbe essere una salvezza se pensiamo agli episodi drammatici dell'ultimo anno: ai primi di marzo 2013 due clochard morti carbonizzati in una vecchia palazzina abbandonata, a pochi metri dal salotto buono di Cosenza, mentre il 2 gennaio a fare una fine simile è stato un anziano sarto, travolto dalle fiamme nella sua mansarda alle spalle del Municipio. Ma il rischio incendi è comune a tutti i (non) luoghi d'Italia abitati da quelli che i sociologi chiamano "marginali": proprio all'alba di oggi a Roma un cittadino straniero è morto carbonizzato in un incendio scoppiato in un residence abitato soprattutto da migranti, che vivono in condizioni disumane.

Insomma, il Rocket Mass Heater potrebbe far comodo a molti, di questi tempi. Ma perché è ancora più rivoluzionario per la comunità rom? Eccolo spiegato, in quattro punti:

  • L'utilizzo di una stufa con massa termica consente di avere minori sbalzi di temperatura. Ciò è particolarmente rilevante in un ambiente come le baracche che si surriscaldano quando le stufe a legna sono accese per poi raffreddarsi molto velocemente appena la stufa si spegne, portando alla condensa dell'umidità trattenuta all'interno dai rivestimenti plastici che vengono utilizzati per isolare le baracche e, dunque, ad una sostanziale insalubrità dell'ambiente.
  • La possibilità di utilizzare un quantitativo di legna molto inferiore disincentiva il ricorso a legna con plastica o vernici attaccati e alla plastica.
  • La qualità degli esausti, che sono praticamente respirabili, migliora radicalmente la qualità dell'aria all'esterno, che, specialmente nei campi densamente popolati, è spesso molto inquinata proprio a causa della combustione di materiali tossici e del posizionamento molto basso dei comignoli, favorendo malattie respiratorie e neoplasie.
  • Il bidone incorporato nel sistema, può essere utilizzato come piano di cottura, portando ad un risparmio sul gas e ad un miglioramento della qualità dell'aria all'interno delle baracche, dove la combustione del gas per la cottura può inquinare pesantemente l'aria.

OSTILITA' DEI CITTADINI (E DELLA NATURA)
L'INTEGRAZIONE FINORA È FALLITA

La "stufa rivoluzionaria" è un tassello che arricchisce la sfida della Scuola del Vento, esperienza di integrazione come poche altre su scala nazionale. Quella della scolarizzazione dei bambini rom rumeni accampati nei due campi cittadini (a Vaglio Lise e nel Palazzetto dello Sport di Cosenza-Casali) è una questione molto delicata: i dati non proprio incoraggianti spiegano meglio la situazione. Nel biennio 2011-2012 risultavano 52 bambini iscritti a scuola, di cui 40 alle elementari e 12 alle medie. I frequentanti alle elementari sono stati 29, 11 bambini hanno invece frequentato con discontinuità. Alle medie, 8 bambini hanno seguito con costanza, 4 saltuariamente. Il disagio economico, sociale e ambientale in cui vivono le loro famiglie è una delle cause della dispersione scolastica. L'assenza di una residenza ufficiale causa, invece, la difficoltà di accesso alle vaccinazioni (un dossier appena ultimato da un gruppo di associazioni ha contato fino a oggi 23 bambini vaccinati, mentre gli operatori dell'ambulatorio dei Medici Senza Confini "A. Grandinetti" di Cosenza hanno documentato i rischi igienico-sanitari nei due nuclei abitativi (campo e Palazzetto). Secondo i volontari, un primo passo verso una reale integrazione potrebbe essere l'impiego dei rom nella raccolta e lavorazione del materiale ferroso e dei rifiuti ingombranti, sulla scorta di quanto già accade a Bolzano ma anche a Reggio Calabria e Lamezia.

Anche se la diffidenza è dura a morire, in 9 anni di presenza, le "manifestazioni" più ostili per i rom della baraccopoli sono venute dal fiume in piena, dalla pioggia o dalle fiamme (mai dolose, se non in un caso e ad opera di una persona del campo). La scorsa estate, però, dopo il boom di furti nei quartieri periferici vicini al campo ma anche in centro città, si registrò qualche episodio di violenza sotto forma di raid punitivo: i topi d'appartamento non sono mai stati individuati, ma nella vulgata dei cosentini "gli zingari" erano i colpevoli.

COSTANO 7000 EURO A BIENNIO
ECCO I NUMERI DEI 2 "CAMPI"

Nell'ultimo biennio, la cifra totale messa a disposizione del Comune di Cosenza - denunciano i volontari - ammonta a soli 7000 euro, serviti per coprire i costi dei pasti erogati ai rom sfollati da un grosso incendio scoppiato a Vaglio Lise nel luglio del 2012, e per il pagamento delle utenze del Palazzetto dello Sport di Cosenza-Casali, luogo nel quale queste persone sono state temporaneamente sistemate e dove alcuni rom risiedono tuttora. I dati ufficiali a disposizione dell'Ufficio Statistiche del Comune di Cosenza raccolti in occasione dei due censimenti effettuati prima nel marzo del 2010 e poi nel mese di luglio del 2011, indicano la presenza di sole 320 persone. Di queste, la maggior parte è collocata nell'"insediamento informale" di Vaglio Lise, mentre una cinquantina di persone, circa 13 famiglie, si trovano all'interno del Palazzetto dello sport di Cosenza-Casali.

Il primo ottobre 2009, con una massiccia operazione congiunta di polizia, carabinieri, guardia di finanza e corpo forestale in collaborazione con vigili del fuoco e 118, furono notificati 90 provvedimenti di allontanamento dall'Italia per motivi di sicurezza emessi dal prefetto di Cosenza, su segnalazione della questura - e fu di fatto eseguito il primo "censimento" dei rom rumeni che vivono nella baraccopoli lungo il Crati. Oggi da quella stessa baraccopoli arriva una piccola ma significativa lezione sulle nuove energie.

eu. f.

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Di Fabrizio (del 01/02/2014 @ 09:08:56, in lavoro, visitato 1877 volte)

Come un villaggio ungherese lotta contro la disoccupazione tra la minoranza rom - da ETHOCИ [video in tedesco, articolo tradotto (insomma...) dal bulgaro con Google translator]

Un gruppo di Rom di un villaggio ungherese non ha altra scelta che lavorare in agricoltura: raccolta di rifiuti da compostare o la costruzione di serre. Vi è impiegato il 50% della popolazione rom.

"Abbiamo bisogno di vedere. La mattina, quando ti alzi, la prima cosa che viene in mente è se funzionerà o no. Carcere o prestazioni sociali non sono la soluzione al problema della disoccupazione. Abbiamo bisogno di un cambiamento," dice il sindaco a "Deutsche Welle".

La soluzione al problema della disoccupazione in questo paese è percepita dal governo di Viktor Orban come un modello da applicare alla strategia nazionale epr i Rom. [...] E' raro il successo di simili modelli. In un altro villaggio, a 300 km dalla capitale, la disoccupazione ha raggiunto proporzioni preoccupanti. Senza programmi per il lavoro i residenti [...] possono scegliere tra morire di fame o lavorare quasi come schiavi, senza cibo e senza le condizioni sanitarie necessarie. Chi raccoglie legna, riceve 200 euro al mese e il diritto a portare a casa un po' di legna da ardere. I Rom in Ungheria potrebbero vivere meglio grazie ai milioni versati da Bruxelles per i vari progetti, tuttavia i fondi non sono distribuiti correttamente.

Negli ultimi 25 anni, dice Alada Horvath, deputato del Partito Rom, tutte le parti hanno concordato su una cosa: l'odio verso gli zingari. Secondo lui, non è stato fatto nulla per migliorare la loro vita, ed il 90% dei 790.000 Rom ungheresi è disoccupato. Dei fondi beneficia solo quella parte di Rom vicini al governo, in questo caso del partito del primo ministro Orban.

Laszlo Bogdan non fa parte di quel partito, i suoi compaesani devono lavorare duro. Però, i frutti del loro lavoro sono per tutti. Si mostra come un piccolo villaggio da solo può far fronte ai problemi senza aiuti da parte dello stato.

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