Rom e Sinti da tutto il mondo

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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 20/04/2013 @ 09:00:05, in Italia, visitato 1340 volte)

Pubblicato da Anna_MiM il 19 aprile 2013.

E' in corso in queste ore lo sgombero del campo rom di via Dione Cassio, a Milano.

Lo sgombero, che era stato annunciato entro la fine del mese, ha subito una forte accelerata in seguito alle minacce e alle aggressioni di stampo marcatamente fascista avvenute nei giorni scorsi da parte di gruppi organizzati di estrema destra tra cui Fiamma Tricolore.

Gli abitanti del campo che, stando agli accordi con il Comune, dovrebbero essere ospitati presso una struttura della Sogemi ad ora in ristrutturazione in viale Lombroso, saranno provvisoriamente trasferiti in via Barzaghi, in strutture container. Ma i posti disponibili in tali strutture sono fortemente inferiori rispetto alle necessità: solo una parte degli abitanti del campo troverà infatti sistemazione nei container messi a disposizione dalle istituzioni. E gli altri?

Secondo quanto riferisce Stefano Nutini, del Gruppo di Sostegno Forlanini, proprio in queste ore gli attori coinvolti nella vicenda stanno vagliando alcune ipotesi di soluzione. Ma ci chiediamo: possibile che si sia arrivati al giorno dello sgombero senza una soluzione per queste famiglie?

L'escalation di violenze razziste dei giorni scorsi aveva portato gli abitanti del campo ad accogliere con favore la proposta di una collocazione provvisoria avanzata dal Comune. I rom di via Dione Cassio sentivano infatti minata la propria sicurezza anche in seguito a una gestione quantomeno approssimativa della vicenda da parte delle forze dell'ordine.

Secondo la testimonianza di Fausto del Naga si è assistito in questi giorni ad una “mancanza di coordinazione tra la polizia locale, che era presente sul territorio, e la polizia statale”, che ha ampiamente consentito lo svolgersi di manifestazioni spiccatamente violente. Ci chiediamo quali siano le ragioni che portano la polizia ad usare due pesi e due misure: la sicurezza dei rom non è una priorità?

Forse, banalmente, la maggior parte dei milanesi fatica ad accettare che spesso i rom abbiano a che fare con la sicurezza non perché la minacciano, ma perché ne sono privati.

Crediamo sia necessario ragionare con serietà sui temi dell'integrazione, dei campi rom e della c.s. sicurezza a maggior ragione oggi, giornata in cui dietro all'accelerazione di uno sgombero si cela nemmeno troppo velatamente la presenza e l'influenza di gruppi organizzati e violenti di estrema destra.

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Di Sucar Drom (del 19/04/2013 @ 09:04:42, in Italia, visitato 1630 volte)



Le associazioni rom e sinte UPRE ROMA, SUCAR DROM e NEVO DROM hanno deciso di avviare un'azione penale e civile contro l'eurodeputato Mario Borghezio per istigazione all'odio razziale e accuse infamanti alla minoranza rom e sinta e a singoli loro esponenti.

La puntata de "La zanzara" di Radio 24 dell'8 aprile 2013 in occasione della Giornata internazionale del popolo rom riconosciuta dall'ONU sin dal 1979 ha ospitato un "esperto" del tema, appunto l'eurodeputato Mario Borghezio. Riferendosi all'incontro che si è avuto in questa occasione di una delegazione di giovani rom con la presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini, Mario Borghezio l'ha definita la "giornata del fancazzismo con contorno del festival dei ladri", aggiungendo poi altri insulti e volgarità.

Questo signore, passato dalle camicie nere di Ordine Nuovo a quelle verdi della Lega Nord, pagato con i soldi dei contribuenti, quindi anche dei rom e dei sinti che lavorano e pagano le tasse, non è nuovo a exploit del genere (difficile dimenticare la sua lezione ai fascisti francesi su come ci si infiltra nello Stato, il suo coinvolgimento in pestaggi e roghi di immigrati a Torino, gli insulti al nero Obama appena eletto, le volgarità contro i musulmani, per finire, trascurando i suoi prediletti "zingari", con l'insulto alla neopresidente della Camera definita la "Boldrini fancazzista"). Purtroppo per noi questa persona ricopre cariche pubbliche e come tale non rappresenta solo i suoi sfortunati elettori ma l'istituzione nella quale è stato eletto e questo rende le sue parole cariche di una responsabilità diversa da quelle stesse dette in una qualche osteria di allegri ubriaconi.

All'offesa alle istituzioni si somma l'offesa e l'istigazione all'odio contro una comunità da sempre vittima di pregiudizi, discriminazioni e persecuzioni e il danno personale dei giovani rom e sinti presenti all'incontro, tra i quali nostri associati.

Stanchi di tollerare questi atti e il silenzio che li accompagna le sottoscritte organizzazioni rom e sinte hanno dato incarico all'avvocato Gilberto Pagani di procedere in tutte le sedi necessarie per ottenere la condanna dell'azione odiosa e il risarcimento dei danni perché si considerino Rom e Sinti cittadini come tutti gli altri.

Le associazioni UPRE ROMA, SUCAR DROM, NEVO DROM

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Di Fabrizio (del 18/04/2013 @ 09:04:04, in media, visitato 1196 volte)

La cronaca è di una settimana fa, ma vale la pena rileggerla: Tenta di strappare Bambina dalle braccia della madre, Arrestato "Prova a rapire una bambina di 5 anni, ma i passanti intervengono" da MILANOTODAY

Un episodio di (probabile) follia, per fortuna terminato bene.

Quello che mi colpisce, sono una serie di considerazioni fornite dall'autore del pezzo ("...senza ragione", "...si sospetta abbia problemi psichici", "...Secondo quanto raccontato dalla donna"), magari giustificate, ma senza uno straccio di prova oggettiva.

Sarò sfigato o distratto, ma non le ho mai trovate in nessun articolo, di destra o sinistra, quando viene accusata una romnì per lo stesso (tentato) crimine.

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Di Fabrizio (del 17/04/2013 @ 09:09:09, in conflitti, visitato 2718 volte)

Operazione prevenzione: controllati i campi nomadi - I Carabinieri hanno identificato 300 persone. Multe per motivi igienici e una denuncia Segnalate all'Ipes due famiglie in roulottes che risultano titolari di alloggi sociali [local ALTO ADIGE]

Ci sembrava un film degli anni '70 dove per catturare una banda di criminali circondavano un intero rione per non lasciare fuggire nessuno.

Ancora oggi che siamo nell'anno 2013, quando in Europa si parla di pari diritti e pari opportunità per tutti, Bolzano, nell'area di sosta in via Trento 50 (ma non solo), dove la maggioranza di persone che ci abitano sono anziani, bambini e ragazzi, le forze dell'ordine sono intervenute in massa per "un controllo di routine" secondo loro, identificando tutti gli abitanti senza dare ulteriori spiegazioni, come se nessuno sapesse che in via Trento 50 ci abitiamo solo noi, famiglia Gabrielli, nati e residenti a Bolzano da sempre.

Ovviamente non c'era nulla di cui le forze dell'ordine potessero accusarci, in compenso questo dispiegamento impressionante di forse dell'ordine è riuscito a spaventare i bambini e anziani. Questo, che è un vero e proprio atto di forza solo "per un controllo di routine", è oltraggioso e vergognoso per tutti noi che con tutte le nostre forze stiamo cercando di farci conoscere dai nuovi vicini per riuscire a convivere in pace e armonia con tutti. Dopo questo raid delle forze d'ordine che cosa penseranno i nostri vicini? Che cosa diranno vedendo tutti quei carabinieri!

A quanto mi risulta, i controlli sono stati fatti in vari insediamenti di "zingari", ma tutt'ora non ne sappiamo il motivo. Mi rivolgo ai cittadini di Bolzano: pensate se un giorno le forze d'ordine, polizia o i carabinieri, con un dispiegamento impressionante di forze arrivassero a casa vostra vi chiedessero i documenti per identificarvi, trattandovi come delinquenti e senza darvi nessuna spiegazione. Voi che fareste?

Mia madre che ha vissuto i tempi delle deportazioni hitleriane e ne ha ancora vivo il ricordo, ha detto che le sembrava di essere tornata in dietro nel tempo, all'epoca dei raid che rastrellavano sinti e rom per portarli a morire nei campi di concentramento.Come presidente dell'Associazione Nevo Drom, mi sento obbligato a condannare questi atti di forza e auspico che in avvenire nel Trentino Alto Adige e in tutta l'Italia, non si ripetano mai più episodi ingiustificati di questo genere che trattano i Sinti come cittadini senza diritti.

Radames Gabrielli

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Di Fabrizio (del 16/04/2013 @ 11:39:48, in conflitti, visitato 1937 volte)

cronaca e foto su MilanoInMovimento


COMUNICATO STAMPA

Milano, 15.4.2013 - Gruppo sostegno Forlanini

Questo pomeriggio, alle 18,30, si è tenuta una seconda manifestazione promossa ancora una volta da organizzazioni collaterali alla Fiamma Tricolore in prossimità dell'insediamento di via Dione Cassio, sul lato di viale Ungheria, dopo quella di venerdì scorso.
La manifestazione non era stata autorizzata, ma è di fatto stata esplicitamente tollerata dalle forze dell'ordine nel suo avvio e nel suo sviluppo (prima con un blocco stradale, poi con vari tentativi di corteo, poi con le scorribande isolate verso il campo dal lato di viale Ungheria e successivamente con un vero e proprio assalto fino ai confini dell'insediamento, con il lancio di sassi all'interno del campo, che ha causato il ferimento di un abitante e comprensibile ansia negli abitanti).
La gestione della piazza da parte delle forze dell'ordine è stata assolutamente approssimativa e insipiente, lasciando ampio varco alle iniziative dei manifestanti, tra i quali stavolta hanno fatto ampia mostra di sé slogan fascisti (“Boia chi molla” ecc.), saluti romani, esibizione di magliette coll'effigie del duce.
Stigmatizziamo fortemente questa pessima gestione dell'ordine pubblico: ci era stato assicurato che non sarebbe stata autorizzata alcuna manifestazione, specie dopo la prima, del 12, che aveva già avuto caratteri molto preoccupanti già segnalati, e dopo in particolare il tentativo di attacco al campo, con bottiglie incendiarie, verificatosi nella notte tra il 12 e il 13 aprile, che abbiamo denunciato.
Ci preoccupa molto la sottovalutazione di questo evento, che sappiamo esser stato attribuito da alcune interpretazioni, anche delle forze dell'ordine - più che agli esiti della manifestazione neofascista di poche ore prima, in cui si era invocato il diritto dei cittadini a farsi giustizia da soli - agli strascichi di un incidente stradale pur grave che era avvenuto nei pressi del campo in via Dione Cassio il pomeriggio del 12 e che è stato pretestuosamente messo a carico di ospiti del campo, mentre neanche dai controlli della Polizia locale risulta un loro reale coinvolgimento.
Il ripetersi di episodi in cui si tenta, si esibisce o si mette in opera l'attacco violento fa capire da quale parte, in realtà, vengono l'insicurezza e la minaccia che si addebitano agli abitanti del campo; ci sono forze razziste e neofasciste che stanno investendo potentemente sulla questione, soffiando sul fuoco del disagio e dell'emarginazione, e che non sono adeguatamente contrastate dalle forze dell'ordine, che pure avrebbero tutti i titoli per intervenire e prevenire, come anche oggi sarebbe potuto succedere, con la proibizione della manifestazione.
Ci è giunta notizia che nella giornata del 16 potrebbero ripetersi, anche in prossimità del campo, nuove manifestazioni. Chiediamo che non vengano assolutamente autorizzate né tollerate, per evidentissimi motivi.
Per parte nostra, insisteremo - insieme colle altre associazioni che lavorano nel campo - sulla strada dell'inclusione sociale, della democrazia e dell'antirazzismo, che sappiamo essere quella che meglio tutela i diritti civili e sociali di chiunque viva in un territorio, sia esso italiano o straniero.
Sollecitiamo i poteri pubblici - a partire dal Comune, i cui progetti di inclusione sociale, che stanno per avviarsi, ci sembrano muoversi nella direzione giusta -, le forze politiche e sociali e i titolari della gestione dell'ordine pubblico e della convivenza a perseguire insieme a noi, con fermezza, quella strada.

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Di Fabrizio (del 16/04/2013 @ 09:09:40, in Italia, visitato 1881 volte)

CORRIERE IMMIGRAZIONE - di Sergio Bontempelli

Il "caso Alicata" riapre una vecchia questione: lottare contro omofobia e discriminazioni immunizza dal razzismo? Si può essere razzisti e democratici?

A Roma, nessuno avrebbe mai pensato di associare il nome di Cristiana Alicata a un episodio di razzismo, vero o presunto. Dirigente Pd di osservanza "renziana", Alicata è nota per le sue battaglie a favore delle comunità gay, lesbiche e Lgbt. Ma pochi giorni fa una sua dichiarazione sui rom ha fatto il giro della rete. E ha provocato un terremoto.

Riassumiamo ad uso dei distratti. Domenica scorsa gli elettori del Pd erano chiamati a scegliere, nelle elezioni primarie, il loro candidato sindaco. Ne è uscito vincitore Ignazio Marino, che ha battuto il principale avversario, David Sassoli. Commentando l'esito del voto, Cristiana Alicata ha accusato il vincitore di brogli: "Le solite file di rom", ha scritto su Facebook, "che quando ci sono le primarie si scoprono appassionati di politica...".

Parole forti, che non sono piaciute al gruppo dirigente del Pd. E che hanno sollevato accuse esplicite di razzismo. Alla fine, Alicata ha rassegnato le dimissioni da tutti gli incarichi di partito, ma ha voluto anche precisare la sua posizione: "Dare a me, donna e lesbica, della razzista mi sembra un paradosso", ha dichiarato all'Huffington Post, "capisco che, così come l'ho scritto, il mio post può sembrare brutale, ma ho registrato quello che stava succedendo. Non c'entra niente col razzismo".

Una donna, lesbica, attivista contro le discriminazioni, non può pronunciare frasi razziste. Sarebbe una contraddizione in termini. Questa la tesi della Alicata. Noi di Corriere Immigrazione, al di là dell'episodio di cronaca, abbiamo deciso di soffermarci proprio su questo punto. E abbiamo provato a rifletterne assieme a due esperti, entrambi romani: Marco Brazzoduro, docente universitario (in pensione) di Politiche Sociali, e Ulderico Daniele, ricercatore dell'Osservatorio Razzismo e Diversità dell'Ateneo di Roma Tre, e dirigente della ong "Osservazione".

Razzisti e democratici: Quando leggiamo a voce alta le parole della Alicata, Marco Brazzoduro si inalbera. E alza la voce. "È una sciocchezza questa", dice, "l'antiziganismo, cioè la forma specifica di razzismo che si rivolge contro i rom, è diffuso ben al di là degli ambienti di destra. Purtroppo abbiamo fior di esempi, proprio qui a Roma, di antiziganismo "democratico"".

Chiediamo qualche spiegazione, e Brazzoduro non si fa pregare. "In Italia la forma più odiosa di discriminazione sono i "campi nomadi"", spiega. "Sono veri e propri ghetti. E i campi, a Roma, li hanno costruiti Rutelli e Veltroni, ben prima di Alemanno. O sbaglio?".

Brazzoduro si sofferma anche sugli sgomberi: "Smantellare un insediamento senza dare soluzioni alternative è una cosa gravissima, perché priva intere comunità – uomini, donne e bambini – del diritto ad un'abitazione. Guardiamo cosa è successo a Roma: gli sgomberi li ha fatti Alemanno, ma prima li hanno fatti Veltroni e Rutelli. O no?".

Una forma specifica di razzismo? D'accordo, essere "democratici" e magari "di sinistra" non è una garanzia. Ma forse il discorso di Cristiana Alicata era più complesso. La dirigente del Pd non si riferiva all'appartenenza ad uno schieramento politico, ma ad un impegno personale e diretto contro le discriminazioni. Forse un sindaco di centro-sinistra può essere razzista, ma come può esserlo una che vive sulla propria pelle i pregiudizi contro le persone omosessuali?

Marco Brazzoduro si ferma un attimo. "Le modalità con cui il razzismo si esprime possono essere diverse", spiega. "C'è un razzismo più rozzo, quello che dice che i rom sono ladri e delinquenti, sfruttano i bambini, rubano nelle case e così via. E poi esiste un razzismo "rispettabile", democratico... è il razzismo dei distinguo, di quelli che dicono "io non ce l'ho con i rom, però anche loro...". Il razzismo di chi magari vuole lo sgombero "per il loro bene", "perché non è giusto che vivano in condizioni inumane". Come se buttare le persone in mezzo a una strada fosse una soluzione...".

Esiste insomma, dice Brazzoduro, un pregiudizio più difficile da decifrare, e per questo più diffuso anche in ambienti "insospettabili". "Per esempio esiste il razzismo del merito", spiega, "quello che dice "io ai rom voglio dare la casa, ma loro se la devono meritare". Non ci si accorge che anche questa è una forma di discriminazione. Se un italiano non-rom commette un reato, nessuno si sogna di levargli la casa: subirà un processo, andrà in carcere, ma poi quando esce tornerà a casa sua. Per i rom invece si prevede una doppia pena, vai in galera e nel frattempo ti revoco l'assegnazione della piazzola al campo...".

Lo stereotipo della vittima: "Razzismo democratico", "razzismo del merito". "Sgomberiamoli per il loro bene". Stereotipi "gentili", pronunciati da persone che usano il termine "rom" per evitare gli epiteti più offensivi ("zingari", "nomadi"). Ulderico Daniele condivide questa analisi, e aggiunge un altro elemento: "nel caso specifico della Alicata mi sembra che sia all'opera anche un altro meccanismo, quello che definirei lo "stereotipo della vittima"".

Daniele si ferma un attimo per raccogliere le idee. Poi prosegue: "il razzismo non è fatto solo di toni offensivi e brutali. Al contrario. I pregiudizi si nutrono spesso di parole accoglienti, protettive. Il colonialismo europeo, per esempio, ha sempre affermato la necessità di "aiutare" i popoli considerati meno evoluti: non date il pesce, si diceva, insegnate loro a pescare. Il sottinteso era che i "primitivi" non sapessero pescare da soli, cioè non fossero capaci di vivere autonomamente, di fare le loro scelte".

"Questo in fondo", prosegue Daniele, "era il sottinteso delle parole pronunciate dalla Alicata: se i rom vanno ai seggi per le primarie non è per una loro scelta autonoma, che ovviamente può essere giusta o sbagliata, condivisibile o non condivisibile, ma perché sono manipolati da altri. Sono vittime di macchinazioni esterne, non esseri umani che scelgono, partecipano, dicono la loro, elaborano le proprie strategie. I rom sarebbero soggetti passivi, capaci solo di subire...".

Se i rom non possono avere un conto in banca "Voglio farvi un esempio", prosegue Daniele. "Qui a Roma sono state fatte delle indagini patrimoniali, da cui è emerso che alcuni rom dei campi possedevano proprie ricchezze: conti in banca, proprietà immobiliari, risparmi nascosti sotto il materasso... Apriti cielo! Si è scatenata la solita canea dei rom con la Mercedes, che fingono di essere poveri per elemosinare un po' di aiuti al Comune...".

Ma cosa c'entrano le Mercedes con il razzismo democratico? "C'entrano", spiega Ulderico Daniele, "per vari motivi. Anzitutto, per questo modo di vedere i rom come un'entità unica e monolitica. Il mondo dei rom e dei sinti è fatto di migliaia di persone: che tra di loro ci siano anche delinquenti, truffatori e "furbi" di vario tipo non dovrebbe stupire. E invece l'approccio è sempre il solito: i rom devono essere per forza tutti ladri o tutti santi. Se uno di loro viene sorpreso a rubare, se ne deduce che sono tutti ladri. Se si scopre che una famiglia è ricca, tutti i rom diventano proprietari di Mercedes...".

Ma il punto, per Ulderico Daniele, non è solo questo. "Non si è fatta nessuna distinzione tra le famiglie che erano effettivamente ricche, e quelle che invece avevano accumulato qualche risparmio. Avere un piccolo conto in banca, magari per far fronte a spese impreviste, o per aiutare un familiare in difficoltà, è cosa diversa dall'essere ricchi sfondati. L'accumulazione di risparmi è da sempre una strategia di sopravvivenza dei ceti sociali più poveri: si pensi a quel che facevano gli emigranti italiani qualche decennio fa, alle rimesse che inviavano ai familiari rimasti in patria... e loro mica erano ricchi".

"Ecco", conclude Daniele, "qui vediamo all'opera lo stereotipo della vittima. I rom devono essere per forza tutti indifesi, inermi, passivi. L'idea che possano elaborare proprie strategie per resistere a condizioni di segregazione, non passa per la mente a nessuno: così, quando si scopre che una famiglia ha un piccolo conto in banca, non si pensa a persone che faticosamente, mese dopo mese, hanno messo da parte qualche risparmio per i periodi peggiori. Si pensa subito allo zingaro con la Mercedes. E non si fanno distinzioni".

Il razzismo, ci dicono insomma i nostri interlocutori, è un fenomeno complesso e multiforme. Non assume sempre i toni dell'aggressione verbale o fisica, ma è più spesso un insieme di associazioni mentali, di presupposti dati per scontati, di generalizzazioni arbitrarie che appaiono plausibili e ovvie. Che possono albergare anche negli spiriti più "tolleranti".

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Di Fabrizio (del 15/04/2013 @ 09:09:32, in casa, visitato 1421 volte)

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Di Fabrizio (del 14/04/2013 @ 09:01:51, in Regole, visitato 2118 volte)

Scritto da: Pierpaolo Farina, 11 aprile 2013

Pisapia dà 30mila euro ad ogni famiglia rom. Questo, in soldoni, il messaggio che nelle ultime ore è rimbalzato per tutti i social networks, facebook in primis. La notizia, ovviamente, l'ha data Libero, che parla anche di 20 case prefabbricate, per una spesa complessiva di 700mila euro.

Peccato che non sia vero. Perché il Piano Rom varato dalla giunta Pisapia a luglio non prevede affatto di dare contributi di natura economica a ciascuna famiglia rom, come invece prevedeva quello varato dalla giunta Moratti nel 2008: furono spesi 8 milioni di euro, (15mila euro a ciascuna famiglia), ma il problema non fu risolto, perché dopo un breve soggiorno nei paesi d'origine, i Rom lautamente pagati dalla Moratti tornarono in città.

Per inciso, poi il Piano Rom della Moratti fu bocciato il 6 novembre 2011 dal Consiglio di Stato, in quanto la presenza Rom non è straordinaria, e quindi di natura emergenziale, bensì ordinaria.

Il Piano Rom varato dalla giunta Pisapia il mese scorso ha sbloccato 5 milioni di euro di fondi statali, vincolati dalla legge Maroni del 2008 ad azioni per la gestione della presenza rom sul territorio milanese (dunque, se non si possono utilizzare per fare altro, il centrodestra se la prendesse con il proprio ex-ministro e attuale presidente della Lombardia).

In ogni caso, per rassicurare i patiti dello slogan "L'Italia agli italiani", il piano Rom della giunta Pisapia prevede tre tappe, tutte finanziate dallo Stato:

  • Allontanamenti programmati dai campi abusivi e messa in sicurezza dei terreni per impedire la rioccupazione;
  • Ospitalità nei centri di emergenza sociale, nei dormitori gestiti dalla Protezione civile, Terzo settore e controllati dalla Polizia locale;
  • Un percorso di integrazione proposto dal "Piano Rom" che prevede, a fronte dell'assistenza, l'obbligo a mandare i figli a scuola, seguire un percorso di formazione professionale e la disponibilità a collaborare con i servizi sociali.

Ora, non è Pisapia che decide di dare i soldi alle famiglie Rom: è la legge Maroni che vincola quei 5 milioni di euro. E in ogni caso, il Piano Rom approvato dalla giunta non prevede l'erogazione di contributi nella misura di 30mila euro per ogni famiglia rom. E dunque? E dunque, smettete di leggere Libero, se mai foste talmente masochisti da spendere soldi per restare disinformati.

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Di Fabrizio (del 13/04/2013 @ 10:43:00, in conflitti, visitato 3561 volte)

COMUNICATO STAMPA Gruppo sostegno Forlanini - 333/4451206

Nella notte tra il 12 e il 13 aprile, poco prima dell'una, alcune persone hanno tentato di lanciare delle bottiglie incendiarie oltre i cancelli dell'insediamento rom informale di via Dione Cassio, in zona viale Ungheria (est di Milano, zona 4). La pronta reazione degli abitanti ha evitato l'attentato, con la fuga degli assalitori.

Secondo le testimonianze degli abitanti del campo, nei dintorni c'era un inquietante andirivieni di auto che ha accompagnato l'attacco e ha raccolto i fuggiaschi.
Si tratta della conseguenza di una squallida manifestazione neofascista - imbastita da organizzazioni collaterali alla Fiamma Tricolore - che si è tenuta nel tardo pomeriggio di venerdì, tra saluti romani, urla da stadio e soprattutto slogan inquietanti, inneggianti al farsi giustizia da sé, all'esasperazione di toni razzisti, alla retorica della xenofobia e del degrado.

Riteniamo profondamente sbagliato che la Questura abbia concesso l'autorizzazione a questa manifestazione, malgrado la richiesta preventiva che avevamo formulato, sensibilizzando tempestivamente le autorità.

Riteniamo pericolosissimo che gli slogan razzisti di qualche ora prima abbiano avuto il loro esito in questo attacco notturno, che poteva causare una strage crudele.

Riteniamo che non si stato assolutamente adeguato il presidio delle forze dell'ordine nei confronti del campo, che pure avevamo sollecitato, rispetto ai prevedibili strascichi della manifestazione; al momento dell'attacco, una pattuglia della polizia di stato stazionava a diverse centinaia di metri dall'insediamento, all'angolo tra via Quintiliano e via Dione Cassio, e non è intervenuta tempestivamente, quando invece sarebbe stato più opportuno un presidio davanti all'entrata del campo. La nostra richiesta di un intervento dei Carabinieri tramite il 112, fatta nella notte a ridosso dell'attacco, non ha avuto esiti.

Milano, 13 aprile 2013

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Di Martina Zuliani (del 13/04/2013 @ 09:08:14, in scuola, visitato 1560 volte)

Da Danas

Le hanno detto che puzza ed è stupida, è finita in psichiatria - Barbara Matejcic - 22.01.2013.

Alla fine dell'anno scolastico T.M. (14 anni) avrebbe terminato la scuola primaria e avrebbe continuato gli studi, probabilmente in un istituto turistico dove avrebbe ottenuto il diploma da cuoca. Questo era il suo sogno.

Invece T.M. è a casa da mesi, assume farmaci potenti, dorme molto, guarda la televisione, ripassa poco le lezioni e tralascia lo studio. All'inizio dell'anno scolastico, il 15 settembre, è stata ricoverata all'ospedale municipale a Cakovec con la diagnosi di "disturbi d'ansia", così è scritto nella cartella clinica. Due giorni prima si mostrava estremamente spaventata, dormiva male, era ansiosa e nervosa, piangeva, non mangiava quasi nulla, aveva gli incubi e pregava la madre di stare sempre con lei. É Stata ricoverata a Cakovec per un peggioramento delle sue condizioni e, dopo tre giorni, è stata trasferita all'Ospedale psichiatrico per bambini e giovani di Kukuljevicevo, a Zagabria. Nel reparto psichiatrico di Kukuljevicevo è stata messa su una barella, piangeva e chiamava la madre e si lamentava delle vessazioni subite da parte dei compagni di classe, secondo le dichiarazioni uscite dall'ospedale.

T.M. è alunna della scuola primaria Hodosan del comune di Međimursko. È l'unica rom tra i 16 alunni della sua classe. La sua famiglia proviene dal villaggio rom di Pribislav trasferitasi da due anni e mezzo nella cittadina di Hodosan. Suo padre V.M. dice che se ne andarono da Pribislav a causa della povertà del villaggio e nella speranza in un futuro migliore. A Hodosan hanno una bella casa dove ci troviamo a parlare. Nella stanza di T.M. le pareti sono tinte di rosa e viola con fiori applicati e le scritte "Love" e "Girl".

[] Il direttore "Non si possono educare i bambini a bastonate ne influenzarne i genitori"

Il padre sostiene che abbia avuto problemi nella scuola di Hodosan dopo il passaggio in 6a. Sedeva da sola in ultima fila, gli altri bambini la chiamavano "zingara", le dicevano che puzza e che è stupida, non volevano stare in sua compagnia, non volevano nemmeno prenderle la palla dalle mani durante l'ora di educazione fisica e lei spesso tornava a casa piangendo.

Nonostante ciò era brava a scuola, ha frequentato i corsi supplementari ed ha superato la 6a e la 7a classe con successo. Il padre ha detto di essersi recato alla scuola una trentina di volte per segnalare il comportamento degli studenti ma il preside gli ha risposto che "non si possono educare i bambini col bastone ne influenzarne i genitori". Nel giugno 2012, durante un'assemblea di classe, il padre della ragazza ha pregato i genitori degli altri alunni di parlare ai propri figli. Chiese aiuto al centro per l'aiuto sociale dicendo che avrebbe tolto la figlia dalla scuola a causa dei pericoli per la sua salute mentale, gli è stato risposto che avrebbe dovuto pagare una multa per l'abbandono scolastico. All'inizio di quest'anno scolastico T.M. è crollata e da allora, sotto consiglio medico, ha smesso di frequentare le lezioni.

Durante un'intervista telefonica l'insegnante Zeljka Tot ha detto "i bambini sono bambini" ma ha affermato di non aver mai sentito parlare di maltrattamenti. T.M. è stata descritta come una bambina coscienziosa e solitaria che studia molto. Non ha mai dato problemi agli insegnanti. Ha aggiunto che non socializzava con gli altri bambini. Il padre dice che, da quando ha smesso di andare a scuola, nessuno ha mai chiamato per sapere come stava, ne gli studenti ne gli insegnanti. L'insegnante ha confermato dandone la causa ai genitori che non avrebbero saputo motivarne l'assenza.

Il direttore Ivan Baric ha detto a sua volta che si tratta di "una scuola piccola, pacifica ed esemplare" e che non ci sarebbe niente di cui lamentarsi in T. M., ma che le accuse del padre non sono vere. Ha confermato che il padre fosse venuto a scuola ma solo "due o tre volte" e di certo non più di dieci. "Non abbiamo notato nulla di quello che ha affermato, ma non possiamo sapere esattamente cosa sia successo. Sappiamo molto sulla popolazione rom e spesso costringono le bambine a ritirarsi dalla scuola primaria per farle sposare precocemente " afferma il direttore Baric.

Però il padre insiste sull'importanza di continuare l'educazione della figlia e intende trasferirla in un'altra scuola, a Kraljevec. "I medici hanno detto che è ora sta meglio e che può tornare a scuola, ma non voglio più mandarla in quella vecchia. Speriamo bene, altrimenti non riuscirà a finire l'ottava classe e a continuare gli studi" ci ha detto lunedì 21 gennaio.

L'ispezione del Ministero non ha contattato i genitori

Nel frattempo, la scuola di Hodosan è stata oggetto di un'ispezione da parte del Ministero della Scienza, dell'Istruzione e dello Sport, che ha rilevato che ne gli insegnanti ne gli studenti avevano violato il codice etico di condotta degli studenti e che i genitori, che avevano accusato la scuola di discriminazione, non avrebbero specificato quando e in che modo fosse avvenuta, come indicato nella lettera che hanno mandato dal Ministero.

Ma il padre di T. M. dice che nessuno li ha contattati in questi mesi, ne dal Ministero ne dalla scuola, per cui si può concludere che l'ispezione del Ministero non ha considerato le dichiarazioni di entrambe le parti e che la conclusione è stata fatta solo sulla base di ciò che è stato detto a scuola. Inoltre, la lettera del Ministero non menziona nemmeno le misure che potrebbero essere adottate per reinserire la studentessa in classe e per farle terminare la scuola primaria. Come è invece la raccomandazione del medico dell'ospedale psichiatrico "si chiede la partecipazione della scuola e l'aiuto del personale docente nel lavorare per migliorare le relazioni della ragazza coi compagni."

Lucia Kuharic, avvocato del Centro di Studi per la Pace al quale il padre ha chiesto aiuto, ha detto che in tali situazioni la scuola, in base alla legge antidiscriminazione, debba essere segnalata col ragionevole sospetto di discriminazione presso il mediatore o ombudsman speciali previo consenso della persona ritenuta oggetto di discriminazione. Inoltre, dice, la scuola dovrebbe prendere alcune misure per fermare la condotta violenta nei confronti di un bambino, condurre immediatamente un colloquio col vittima di violenza in presenza di uno staff di scuola professionale, fornire ai genitori il riferimento per ottenere un aiuto professionale il più presto possibile, condurre un colloquio con il bambino o i bambini che hanno commesso violenza mostrando loro l'inaccettabilità di tale comportamento così come ai loro genitori e riportare tutto ciò all'interno di un rapporto ufficiale.

La scuola, dice l'avvocato, non ha fornito le prove di aver agito secondo le regole ed il padre di T.M. è pronto a citare in giudizio la scuola per discriminazione.

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