Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.

La redazione
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\\ Mahalla : Storico per mese (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 14/05/2012 @ 09:38:40, in Italia, visitato 1414 volte)

Tratto da un recente scambio di opinioni:

Nell'introduzione leggiamo: "Quelli di cui parlo non sono Rom immaginari o da rotocalco, ma persone reali con cui ho agito, discusso, riso, litigato per anni". Quale è la Sua esperienza personale con la comunità rom?
Quella di una comunità piccola, rinchiusa ed assediata. Al di là di questo, composta da gente che ha, come me o come il mio vicino di casa, problemi, aspettative, guai e speranze...

    Ho ritrovato un post che fece scandalo nella sonnacchiosa comunità dei blog di Tiscali, del 17 marzo 2005:

Vittorio: "Per come è oggi la situazione, è meglio vivere in un appartamento, soprattutto per i nostri figli. Nei campi spesso c'è troppa violenza, e la situazione igienica non è certo delle migliori".

Rita, sua moglie: "Certo, io pur non essendo una zingara preferivo la vita nei campi. Anche i nostri bambini stavano meglio. Quando ci siamo trasferiti in appartamento non riuscivano a dormire, si sentivano soffocare e poi sentivano la mancanza dei loro amici. Nei campi si vive tutti insieme, in questi palazzi, invece, ognuno pensa per sé".

Ivan: "Tutte le mattine devo timbrare il cartellino alle otto. È mio padre che tutte le mattine mi accompagna all'autobus in macchina. La mia vita è cambiata completamente, vivo con i miei e prima andavamo avanti col contagocce, oggi ho dodici mensilità, tredicesima e quattordicesima. Sul posto di lavoro nessun problema, essere zingaro non ha provocato reazioni negative fra i miei colleghi. I miei colleghi non sono bambini, sanno che vivo in un accampamento, ma non è un problema."
testimonianze da: Zingari a Milano di Laura Tajoli, Roberta Lorenzetti, Giliola Verza ed. Vivereoggi – Comune di Milano

Francesco: "La nuova sistemazione abitativa ha fatto emergere anche nuovi problemi cui devo dedicare la mia attenzione e il mio impegno. Devo occuparmi degli attacchi della luce, delle giovani coppie in cerca di casa e dei rapporti tra il nuovo quartiere e gli altri cittadini di Cosenza.
Non è facile il mio ruolo; mentre prima della realizzazione del villaggio mi occupavo della sola questione abitativa, ora affronto tutti i problemi, sono un mediatore 'globale', usando una parola imparata dei miei amici del Movimento per la Pace che ho frequentato da quando siamo usciti dalla baraccopoli e viviamo più intensamente la vita cittadina.
L'uscire dall'emarginazione mi ha permesso di acquistare maggior sicurezza nelle mie capacità. La responsabilità acquisita, grazie all'incarico di mediazione dell'Opera Nomadi, mi ha spinto a partecipare con consapevolezza a tutti gli incontri con le autorità, come ad esempio il Giorno della Memoria, organizzato insieme al Comune di Cosenza per ricordare i Rom e i Sinti sterminati dal nazi-fascismo.
L'arrivo nella nostra città di un gruppo di Rom, provenienti dalla Serbia, è stata l'occasione per conoscere la lingua che parlavano i miei nonni: quel romanès che vorrei portare nelle scuole."
atti del convegno: LA MEDIAZIONE CULTURALE, una scelta, un diritto – Istituto di Cultura Sinta – Mantova 2004

Parlando con un amica al campo: "Quand'ero più giovane, sono andata a chiedere l'elemosina. Non perché mi piacesse, ma perché non c'erano alternative. Adesso qualche volta lavoro, non lo farei più. I miei genitori erano analfabeti, io ho studiato in collegio. Le mie figlie adesso frequentano le superiori. Ecco: non voglio che loro debbano mai chiedere l'elemosina, sarebbe l'unico motivo per tornare a farlo io!
Loro sono diverse da me: figurati che adesso si preoccupano della linea! E poi, io alla loro età mi vestivo come capitava, loro vanno a scuola e vogliono non sfigurare di fronte alle loro amiche gagi. Così, mi chiedono i soldi per i vestiti. Ma di soldi, ne girano sempre pochi. Così ho risposto: la mattina andrete a scuola, il pomeriggio a lavorare. Anche come lavapiatti, non importa. Non torno a chiedere la carità per comperarvi vestiti."

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Di Fabrizio (del 15/05/2012 @ 09:56:01, in sport, visitato 5337 volte)

Lui pubblicamente non l'ha mai ammesso, anche se la storia è da anni di dominio pubblico. Così qualcuno è andato a spulciare nel passato

L'Espresso di Gianfrancesco Turano

I tifosi avversari lo chiamano così, pensando di insultarlo. Viene da una famiglia che lavora i metalli secondo la tradizione Rom. E che nel tempo ha creato un piccolo impero siderurgico. A cui anche lui si dedica appena esce dal campo

(14 maggio 2012) "Andrea Pirlo resterà con noi e finirà la sua carriera al Milan", disse Silvio Berlusconi nell'agosto 2009. Un impegno concreto, uno dei tanti. Due anni dopo, il centrocampista italiano più forte dell'ultimo decennio - non è un giudizio, è un'evidenza - è stato ceduto alla Juventus. A Torino è stato decisivo per uno scudetto che chiude il periodo infernale per la Juve, condannata per Calciopoli, privata del titolo del 2005 e del 2006, retrocessa in serie B e reduce da due settimi posti indegni della tradizione gobba.

Un autogol di mercato così clamoroso non si vedeva dal 2001, quando l'Inter di Massimo Moratti cedette al Milan il centrocampista italiano più forte del decennio a venire. Cioè, sempre Pirlo. L'estate scorsa a Milanello dicevano che il regista di Flero (Brescia) era vecchio, che era rotto e che costava caro. Non più caro, rotto e vecchio di tanti altri rossoneri, come si è potuto notare. Di sicuro, più orgoglioso di molti compagni e per ragioni che vanno oltre le righe di un campo di calcio.

L'uomo chiave dello scudetto juventino non è solo un grande giocatore. E' anche un industriale siderurgico di etnia politicamente scorretta e sospette simpatie progressiste. Così, quando Adriano Galliani gli ha chiesto di ridursi lo stipendio a 2 milioni di euro netti, Andrea metallurgico ferito nell'onore ha fatto il borsone ed è partito alla volta dello Juventus stadium, dove un altro Andrea, di cognome Agnelli, gli ha offerto il doppio dell'ingaggio: 4 milioni netti più bonus legati ai risultati. Risultati che sono arrivati subito, prima ancora di quanto lo stesso Agnelli pensasse. Tra industriali ci si intende, fatte salve le proporzioni.

Il gruppo Pirlo è composto da una mezza dozzina di aziende tra Flero e Castel Mella, dove inizia la Bassa bresciana, terra piatta e nebbiosa molto diversa dalle valli dei tondinari a nord della città. La capogruppo, guidata dal padre Luigi, si chiama Elg steel e, nell'insieme, tiene piuttosto bene in tempi di recessione. I ricavi dalla produzione di tubi tondi e quadrati sono passati dai 41 milioni del 2004 ai 63 del 2010 con un picco di 72 milioni nel 2008. I bilanci sono in equilibrio e le spese per il personale si aggirano intorno ai 4 milioni di euro, la metà di quello che la Juventus spende, a costi aziendali, per il solo centrocampista con la maglia 21, stesso numero che porta in Nazionale.

Nella società fondata dal padre trent'anni fa, Andrea ha una piccola quota attraverso la sua holding personale Ap 10. Poteva limitarsi a quello e agli investimenti in immobiliare che fanno tutti i calciatori. Che fa anche lui, del resto. E che fa bene. Il patrimonio di Ap 10 supera i 15 milioni di euro, in larga parte edifici a Brescia, una villa a Forte dei Marmi, un appartamento in via Moscova a Milano e un intero edificio acquistato a marzo del 2011 nell'altrettanto pregiato corso Magenta al civico 10. Non poteva mancare l'azienda vitivinicola, la Pratum Coller sempre nella bassa bresciana, dove Pirlo si esibisce con uve marzemino, sangiovese e trebbiano messe in botte nelle cantine di una cascina medievale.

Ma l'amore per la siderurgia è una passione fisica dominante. Non c'è altro modo per spiegare quello che passa per la testa di un tizio che il 23 maggio 2007 vince la finale di Champions league contro il Liverpool ad Atene e meno di quarantotto ore dopo, il 25 maggio 2007, sì e no il tempo di tornare dalla Grecia, fonda a Brescia la Fidbon che di mestiere fucina, imbutisce (sic), stampa e profila metalli per circa 3 milioni di euro di ricavi annuali.

La ragione profonda di questo attaccamento va al di là di una logica di investimenti diversificati ed è legata alle origini della famiglia del calciatore che, dal lato paterno, avrebbe discendenza sinti, una delle etnie romanì, la stessa del chitarrista jazz Django Reinhardt. Il commercio e la lavorazione dei metalli è uno dei mestieri tradizionali delle comunità romanì. Negli stadi li chiamano zingari e, di solito, la definizione è seguita da apprezzamenti razzisti. Il giocatore non ha mai voluto commentare la questione, alquanto problematica in un ambiente dove ancora si lanciano le banane ai giocatori africani e alcune curve espongono simboli nazifascisti. Senza dimenticare il sindaco di Chieti che, lo scorso marzo, ha definito con disprezzo "mezzo rom" l'allenatore boemo

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Di Fabrizio (del 16/05/2012 @ 09:13:19, in conflitti, visitato 2006 volte)

Da Czech_Roma

Commento di Pavel Pospěch: I Rom "sull'attacco a Brno" - Pavel Pospěch, translated by Gwendolyn Albert
Prague, 11.5.2012 20:32, (Originally published in Czech at Blog RESPEKT. Published with the kind consent of the author)

La criminalità rom sta uscendo di controllo e ogni giorno ci sono violenze per le strade. Inoltre, i media sono dalla parte dei Rom ed ignorano completamente il problema. Questo significa che noi gente comune dobbiamo condividere le nostre esperienze e quanto sappiamo, così che sempre di più i politici sappiano che non siamo indifferenti agli attacchi dei Rom!

Vi dirò cos'è successo ai miei amici. Qualche sera fa, stavano bighellonando per le strade di Brno, cercando un posto aperto dove poter continuare la loro appassionata discussione davanti ad una birra. Per strada si aggregò un compagno, dall'apparenza piuttosto malmessa e probabilmente senza un tetto sulla testa. Aveva bevuto e non interloquiva granché con gli altri, anche se quella allegra compagnia nel mezzo della notte sembrava averlo attratto. Si unì ai miei quattro amici, rimanendo un po' indietro alla compagnia.

E' successo tutto d'improvviso. Hanno udito dei passi rapidi, e dal nulla sono apparsi due Rom ben piazzati. Avevano seguito i miei amici, forse da una strada vicina. Sono saltati addosso al senzatetto e l'hanno sbattuto a terra con diversi pugni. C'è voluto solo un istante. Il senzatetto giaceva a terra, i miei amici erano lì in piedi senza sapere che fare. Sorridendo, anche i Rom erano lì in piedi. "E' un vostro amico?" chiese uno di loro. "Pensavamo fosse qualcun altro," disse con un bel sorriso, quasi scusandosi. "Allora, cosa volete fare?" chiese ai miei amici. "Lo lasciate così?" I miei amici non sapevano che dire. Erano tre uomini e una donna, tutti mingherlini, di fronte a tre massicci criminali rom, che non aspettavano altro che di iniziare una rissa. "Gli daremo 20 corone, d'accordo?" minacciò un altro Rom. "Dovrebbero bastare, giusto?" Si stavano divertendo moltissimo. Avevano picchiato un barbone per puro divertimento e ora stavano umiliando chi era insieme a lui.

I miei amici hanno fatto l'unica cosa possibile in quel momento. Hanno chiamato la polizia e segnalato l'incidente, ma quando la pattuglia è arrivata sulla scena, tutto era già terminato. Il senzatetto malmenato si era rialzato e seduto sul marciapiedi ed i Rom erano spariti. Forse erano andati a brindare il successo del loro divertimento con una bevuta. O forse a cercare qualche altra vittima. Di notte le strade sono piene di obiettivi solitari.

E' una storia vera, ma...

Tutto ciò che ho scritto è successo veramente. Solo una cosa non è corretta: gli assalitori non erano Rom; erano Cechi bianchi, come voi e me. Un segno particolare: avevano le teste rasate.

Non Rom, ma dei "bianchi". Qual è la differenza? Beh, probabilmente sono cresciuti in una casa o un appartamento normali, non un ostello con 10 persone per stanza. Non in un edificio in rovina nel quartiere peggiore della città. Probabilmente non hanno frequentato scuole "speciali". Hanno frequentato la scuola dell'obbligo normale, come voi o io, e hanno potuto scegliere dove continuare gli studi. I loro genitori e fratelli non sono andati alla scuola "speciale", quindi quel gruppo non è dovuto crescere tra gente la cui unica istruzione proveniva dalla scuola "speciale". La loro lingua madre è probabilmente il ceco, che a scuola è naturalmente un vantaggio. I loro parenti non sono in prigione e la loro famiglia non sta pagando interessi mortali agli usurai. Il colore della loro pelle è uguale a quello di tutti gli altri. Le guardie di sicurezza non li pedinano nei supermercati. Se salgono sul tram, il controllore non risale tutta la vettura solo per loro. Probabilmente non soffrono di disagi materiali. Non vivono in mezzo a gente in dipendenza da droghe o gioco d'azzardo. Niente di tutto questo può spiegare il motivo per cui assalgono delle persone. Se picchiano la gente, è solo per divertimento.

Qual è la differenza più grande? Se fossero stati Rom, avreste appreso di questa storia dalle prime pagine dei giornali. Le testate online si sarebbero precipate sulla scena del crimine. La gente avrebbe condiviso e diffuso queste notizie attraverso Internet. Gli inserzionisti si starebbero fregando le mani dalla gioia, nel trovare i loro annunci accanto ad articoli che sollevano tanto interesse. La Gioventù Lavoratrice avrebbe indetto una marcia attraverso Brno.

Però... non erano Rom, quindi la maggior parte di voi leggerà quanto è accaduto su di un blog come questo. Dopo tutto, Dio sa cosa è successo davvero. I miei amici, erano ubriachi persi, e chissà cosa hanno visto. Forse sono stati loro a provocare. Cosa ci facevano nel mezzo della notte. Perché il senzatetto era con loro? Tutto ciò non deve sorprendere affatto.

Se gli autori non sono Rom, non è una notizia per la prima pagina di iDNES.cz, solo una banale storia da pub. Quel gruppo violento può con tutto comodo continuare a malmenare i senzatetto e chiunque altro capiti nelle loro mani. A fine settimana indossano le loro t-shirt nere, quelle che indossano per le occasioni speciali, e si spostano a Břeclav o in qualche altra città dove i media staranno tenendo un'altra lezione sulla "violenza romanì". Lì, durante un corteo organizzato dal Partito dei Lavoratori, o di una delle sue varianti, protesteranno ad alta voce contro i Rom che hanno picchiato qualcuno.

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Di Fabrizio (del 17/05/2012 @ 09:07:53, in scuola, visitato 1497 volte)

...di segno opposto, la prima da Milano e la seconda da Pescara

La guerra (vinta) di Marius: "In biblioteca sto bene… è il posto migliore che ho conosciuto" Corriere della Sera di Alessandra Coppola

(video di Amnesty Italia)

La guerra di Marius, contro una vita di campi provvisori che l'avevano condannato a un'esistenza di analfabetismo e marginalita'. Arrivato a 16 anni a Milano dalla Romania senza mai aver messo piede in una scuola, nonostante otto sgomberi ha imparato a leggere e a scrivere in italiano con una borsa di studio della Comunità di Sant'Egidio e delle mamme e maestre di Rubattino. Ora il suo rifugio in città è una una biblioteca comunale (quella di via Valvassori Peroni, zona Rubattino-Lambrate): "Anche quando non avevo dove andare venivo qui… è il posto migliore che ho conosciuto". Il video di Christine Pawlata e Nicola Moruzzi è stato premiato domenica al Salone del libro di Torino al concorso nazionale "A CORTO DI LIBRI. I cortometraggi raccontano le biblioteche"


LA STORIA L'HANNO ACCUSATA DI ESSERE «UNA DELINQUENTE COME TUTTI GLI ZINGARI» Il Tempo
Rom cacciata dai compagni di scuola
La professoressa: «Una ragazza intelligente. Per fortuna è tornata»
Stefano Buda Le tensioni seguite all'omicidio di Domenico Rigante hanno lasciato il segno.


Nelle scuole della città, qualcosa si è spezzato nel percorso di crescita comune tra italiani-italiani e italiani di origine Rom. Dalle scuole della città occorrerà ripartire, per abbattere i muri del pregiudizio e ricostruire il dialogo tra culture. Dopo la morte dell'ultrà biancazzurro, per diversi giorni, il processo d'integrazione ha subito un corto circuito. Un fenomeno che ha colpito soprattutto i più giovani, ragazzi e ragazze come la giovane studentessa Rom, di 17 anni, che chiameremo Anna. Anna frequenta un noto istituto di scuola secondaria, non lontano da Rancitelli, il quartiere dove vive con la sua famiglia. Una compagna di classe, sull'onda del clima da caccia alle streghe che ha pervaso Pescara, la accusa di essere «una delinquente, come tutti gli zingari». Anna è esasperata. La sera prima ha chiamato la polizia, avendo visto «facce strane» bighellonare attorno a casa, e ormai nota una luce diversa negli sguardi della gente. Reagisce male, difendendosi e contrattaccando con veemenza. Dopo la lite decide che non andrà più a scuola. «È già molto difficile che una donna Rom prosegua gli studi dopo l'età dell'obbligo - spiega una sua insegnante - sarebbe stato un vero peccato perdere una ragazza intelligente come lei, che ha compreso l'importanza dell'istruzione come forma di riscatto e dimostra grandi doti e capacità». Anna per fortuna ci ripensa e dopo alcuni giorni torna in classe. È lei a chiedere scusa. «Nonostante non fosse stata lei a scatenare la lite - prosegue la professoressa - ha avuto la forza e l'umiltà di riconoscere l'errore, dimostrando che la scuola aiuta a compiere progressi, modificando anche certe attitudini tipiche di alcune culture»". La vicenda di Anna non rappresenta un caso isolato. Molti altri ragazzi Rom, che frequentano l'istituto, nei giorni scorsi sono rimasti a casa. Avevano paura. Per fortuna, lentamente, il clima si sta rasserenando. «Non si erano mai verificati episodi simili in precedenza - osserva l'insegnante - il processo d'integrazione è sempre stato pacifico e armonioso, anche grazie al coinvolgimento dei genitori italiani e Rom, nel corso dei frequenti colloqui». È da qui che occorrerà ripartire, per sanare le ferite inferte a una convivenza che, dopo l'omicidio di Domenico Rigante, appare sempre più difficile. Intanto il sindaco Mascia ha chiesto al prefetto Vincenzo D'Antuono l'istituzione di un Tavolo tecnico. «Occorre eliminare quei piccoli, grandi fenomeni di abusi, soprusi, angherie che molti sono costretti a subire ogni giorno da poche famiglie che pensano di poter vivere al di fuori delle leggi e delle regole del vivere civile». Ricomincerà a breve lo sfratto agli inquilini abusivi grazie all'erogazione di 100mila euro stanziato dalla Regione Abruzzo, da destinare all'Ater.

15/05/2012

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campo rom, Roma © Amnesty International - Data di pubblicazione dell'appello: 15.05.2012
Status dell'appello: attivo - La petizione può essere firmata anche sul sito internazionale

L'attuazione dell'"emergenza nomadi" ha condotto a gravi violazioni dei diritti umani di migliaia di donne, uomini e bambini rom residenti nei campi e ha permesso una maggiore impunità per le violazioni di norme internazionali in materia di alloggio adeguato.

Centinaia di famiglie rom in Italia sono intrappolate in un circolo vizioso di sgomberi forzati. Bambini, uomini e donne che vivono in campi informali vengono sgomberati ogni giorno senza alcuna tutela giuridica, molto spesso restando senzatetto e vedendo aumentare ulteriormente la discriminazione nei loro confronti.

Anche le persone rom che vivono nei campi autorizzati e tollerati sono a rischio di sgomberi illegali. I piani per la chiusura di diversi campi a Roma e Milano sono stati stabiliti durante l"emergenza nomadi", un provvedimento discriminatorio adottato dalle autorità nazionali nel maggio 2008. Anche se l"emergenza nomadi" è stato ufficialmente dichiarata illegittima lo scorso novembre dal Consiglio di stato, le autorità italiane sono ancora impegnate a portare avanti questi piani, invece di fornire rimedi per coloro che hanno subito le violazioni, attraverso gli sgomberi forzati, la segregazione in campi inadeguati e l'insicurezza della loro condizione abitativa.

Il governo italiano ha la responsabilità di rispettare, proteggere e garantire la realizzazione dei diritti umani delle persone rom, compreso il loro diritto a un alloggio adeguato. Tuttavia, a sei mesi dal suo insediamento, il governo deve ancora dimostrare il suo impegno per la tutela dei diritti umani delle persone rom non solo con le parole, ma con i fatti.

Anna Maria Cancellieri
Ministero dell'Interno
Palazzo Viminale
Via Agostino Depretis 7,
00184 Roma
Email: scrivialministro@interno.it
Prof. Andrea Riccardi
Ministro per la Cooperazione internazionale e l'integrazione
Largo Chigi 19
00187 Roma
Email: segreteria.ministroriccardi@governo.it

Egregio Ministro,

Sono un simpatizzante di Amnesty International, l'Organizzazione non governativa che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque nel mondo vengano violati.

Vorrei esprimere la mia preoccupazione per il fatto che centinaia di famiglie rom sono intrappolate in un circolo vizioso di sgomberi forzati in Italia. Bambini, uomini e donne che vivono nei campi informali sono stati sgomberati senza una previa consultazione né un adeguato preavviso e senza accesso a un alloggio alternativo accettabile o via di ricorso efficaci.

Mi preoccupa inoltre il fatto che le autorità locali sembrino impegnate a portare avanti i piani di chiusura dei campi anche se l"emergenza nomadi" è stata dichiarata illegittima dal Consiglio di stato lo scorso novembre, e che nel febbraio 2012 il governo abbia presentato ricorso contro questa decisione alla Corte di Cassazione.

I piani di chiusura dei campi autorizzati e tollerati a Roma e Milano hanno già portato a continui sgomberi forzati, al sovraffollamento, alla segregazione delle persone rom in campi inadeguati e a una sempre maggiore insicurezza della loro condizione abitativa. Queste azioni violano trattati internazionali e regionali sui diritti umani di cui l'Italia è parte.

Le scrivo per chiederle di fare tutto in quanto in suo potere affinché:

  • vengano interrotti immediatamente gli sgomberi forzati e sia promossa una nuova legislazione che ne recepisca il divieto, per garantire che tutti gli sgomberi forzati siano effettuati nel rispetto del diritto e degli standard internazionali;
  • vengano adottate misure, incluse linee guida, per garantire che tutti i funzionari coinvolti negli sgomberi forzati siano dotati di indicazioni chiare sulle garanzie che devono essere prese in considerazione affinché uno sgombero avvenga legalmente, in conformità con gli obblighi esistenti;
  • siano sospesi i piani per la chiusura dei campi "autorizzati" e "tollerati", stabiliti a livello locale in base all'"emergenza nomadi", tra cui quelli di Roma e Milano, fino a quando piani alternativi che rispettino pienamente i diritti umani siano stati sviluppati in consultazione con tutte le persone interessate;
  • sia ritirato il ricorso contro la decisione del Consiglio di stato del novembre 2011 e forniti rimedi efficaci, attraverso la creazione di meccanismi e procedure adeguate, a tutti coloro che hanno subito violazioni dei diritti umani come conseguenza dell'"emergenza nomadi".

La ringrazio per l'attenzione.

Scarica l'appello in favore dei diritti dei rom (8.75 KB)

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Di Fabrizio (del 19/05/2012 @ 09:11:16, in Italia, visitato 1781 volte)

(foto tratta da Il Giorno)

Sabato 26 maggio faremo al Terradeo la 6^Festa del Quartiere. Venite a conoscerli (ma portatevi la vostra ragione), per capire e giudicare coi vostri occhi quanto è miserabile il pregiudizio.

VIA DEI LAVORATORI 2 (zona industriale)

*Sabato 26 maggio 2012
Ore 10.30 Messa al campo
Ore 11.30 Incontro con le Autorità e i Visitatori, presentazione e visita del Quartiere Terradeo
Ore 12.00 Rinfresco
Ore 14.30 Giochi per i bambini e merenda

*Domenica 27 maggio 2012
Apertamente e Punto Parco Terradeo alla Festa delle Associazioni in Cascina Fagnana.

I Sinti (e i Rom, e tutti gli altri discriminati) non li vorrei né eroi né vittime delle abituali persecuzioni. Mi piacerebbe che fossero così considerati, come li conosco da tanti anni, semplicemente persone. Vorrei che, come ogni persona ne ha diritto, fossero giudicati per quel che sono ciascuno di loro, come ognuno di noi.
La realtà è, invece, che sono giudicati in blocco da gente che ha il cervello annebbiato dal pregiudizio e dall’incapacità di conoscere e capire.
Loris, un giovanotto sinto, simpatico e lavoratore, è in giro per raccogliere il ferro: l’unico quasi ormai tra i lavori che la crisi e il discrimine lasciano a quelli come lui, che di lavori ne ha fatti tanti, per provvedere alla sua famiglia, anche più d’uno contemporaneamente. Vede un uomo che si getta nel Naviglio, a Trezzano, dal ponte gobbo. Spegne il motore del camioncino, si toglie le scarpe, si getta in acqua. Con lui ci sono due cognati che lo aiuteranno a portare a riva l’aspirante suicida, un uomo anziano, che recuperando la vita non ha certo risolto i suoi problemi. Loris e i due cognati risalgono in cabina, riavviano il motore e se ne vanno. Tutto qui.
La notizia gira, i giornalisti si fanno giustamente vivi, qualcuno lo avverte anche la nostra associazione fondata da sinti e non sinti, "ApertaMente di Buccinasco", del cui Consiglio Loris fa parte, con sede nel Quartiere Terradeo di questa Città (vedi QUI ndr)
Per l’opinione corrente è un po’ come l’uomo che morde il cane: una stranezza.
Un grande scrittore ha detto: sfortunato quel popolo che ha bisogno di eroi. Di quanti Loris ha bisogno il popolo sinto perché cambino idee e comportamenti nei suoi confronti?

Ernesto Rossi, presidente di "ApertaMente di Buccinasco"

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Di Fabrizio (del 20/05/2012 @ 07:25:18, in Italia, visitato 1480 volte)

Sabato 26 maggio 2012 Palazzina Liberty – Largo Marinai D'Italia 1 – Milano
dalle 15.30 alle 19.30


Naga – Gruppo di Medicina di Strada presenta
ROM E GAGI: ABITARE INSIEME LA CITTÁ

Da secoli la convivenza di rom e sinti con le popolazioni dei paesi nei quali hanno vissuto è stata segnata da pregiudizi e discriminazioni. Solo un anno fa, la campagna elettorale del sindaco uscente e dei suoi alleati si è incentrata sul pericolo che Milano diventasse una "zingaropoli". In diversi casi, in varie città italiane, vi
sono stati episodi ancora più gravi di intolleranza e violenza contro gli abitanti dei campi rom.

Medicina di strada, composta da volontari del Naga che lavorano da più di dieci anni nei campi irregolari e regolari di Milano, occupandosi della salute e dei bisogni delle famiglie rom che vi vivono, vuole proporre uno sguardo diverso sulla cultura e sulla realtà dei popoli rom e sinti, nella convinzione che per rom e "gagi"
(termine che in lingua romanì indica "non rom") abitare insieme la città sia possibile.

All'incontro partecipano, oltre ai volontari del Naga, famiglie rom, associazioni che rappresentano e che operano con i rom, esponenti dell'amministrazione comunale, dei consigli di zona e delle associazioni di quartiere.

Programma:

L'identità e la storia di rom e sinti
Giorgio Bezzecchi (Vice Presidente nazionale Federazione Rom e Sinti Insieme)

La vita nei campi irregolari a Milano e la storia degli sgomberi negli ultimi anni
Racconti, testimonianze e proiezione di video

L'intervento del Naga
Per i volontari di Medicina di Strada: Andrea Galli, Cinzia Colombo, Simonetta Jucker e Tina Aiolfi

"La discriminazione contro di noi supera tutte le frontiere": leggi, ordinanze, sgomberi e antiziganismo
Marzia Barbera (Naga Medicina di Strada)

Dibattito

Interverranno: musicisti, comici, registi rom

Aperitivo rom


D'intesa con la Presidenza del Consiglio Comunale di Milano - Ingresso libero - www.naga.it naga@naga.it – 349.1603305

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Di Fabrizio (del 21/05/2012 @ 09:33:23, in lavoro, visitato 1609 volte)

Corriere della Sera Lo denuncia una ricerca dell'Associazione 21 luglio

ROMA - Un milione e 600 mila euro. Questa la spesa sostenuta dal Comune di Roma per finanziare tre progetti di reinserimento socio-lavorativo rivolto a 125 Rom. Ma solo per 16 di loro la «borsa lavoro» si è concretizzata in un contratto vero, con un costo pro capite di centomila euro. Sono i numeri di «Lavoro sporco», la ricerca elaborata da Angela Tullio Cataldo dell'Associazione 21 luglio. Dallo studio emerge che per il progetto della "pulizia dei campi", una grossa quantità di denaro pubblico è stato elargito a pioggia e senza un reale controllo da parte dell'amministrazione. Somme ingenti, più di un milione di euro, secondo l'associazione stanziati senza progettualità. Addirittura c'è il sospetto che siano finiti nelle tasche di sedicenti rappresentati delle diverse comunità Rom per ottenere una cosa specifica in cambio: lo spostamento dell'insediamento.

IL PROGETTO - Non c'è un nome del progetto per la pulizia dei campi attrezzati, che ha fatto emergere il sospetto di accordi poco limpidi tra le amministrazioni e i rappresentanti delle comunità Rom. A fronte dei finanziamenti, sostiene la ricerca, non ci sono stati risultati in termini di miglioramento della condizione lavorativa e sociale per chi vi ha partecipato. Grazie alle testimonianze di alcuni Rom si è ipotizza che lo scopo principale del progetto sia stato quello di facilitare lo sgombero degli insediamenti presenti in città. Nel 2010 la Martora viene chiusa e 250 Rom vengono trasferiti a Castel romano, a 30 chilometri dalla città. «Avevano garantito un lavoro a 18 di noi se avessimo promosso lo spostamento del campo – recita una testimonianza presente nel dossier – ma queste promesse non sono mai state onorate e ci siamo ritrovati senza niente, lontani dalle scuole e dalla possibilità di un lavoro». Le cooperative Rom che dovevano pulire il campo venivano ricompensate con circa 40 mila euro al mese, ma il denaro veniva versato direttamente al rappresentante che, nella maggior parte dei casi, assumeva solo famigliari e non rispettava gli accordi presi per lo svolgimento del lavoro.



TOR DE CENCI - Sembra che sia successo a Tor de Cenci. Proprio il campo per cui continua ad essere chiesta la chiusura per trasferire i residenti nel nuovo villaggio attrezzato de La Barbuta. «Il Comune ha affidato la pulizia alla comunità - racconta un rappresentante dei Rom - senza che vi sia un controllo dei fondi spesi: si vuole favore la chiusura di un campo che avrebbe bisogno solo di una manutenzione ordinaria». Infatti le condizioni igienico-sanitarie sono inquietanti e l'insediamento sembra essere totalmente abbandonato dalle amministrazioni.

LO STUDIO - Nella ricerca sono stati presi in considerazione i parametri base per la determinazione della funzionalità di ogni progetto. Fra i tre progetti finanziati tra il 2010 e il 2011, solo il primo denominato Resit ha avuto una reale inclusione socio-lavorativa, perché l'unico a non essere stato elaborato specificatamente per la comunità Rom, ma in generale per le fasce più deboli della società. Oltre a questo, il progetto Retis è stato anche l'unico ad avere un reale svolgimento all'esterno del campo. «Il reinserimento nel mondo del lavoro è una condizione fondamentale per ogni persona, perché garantisce la possibilità di spostamento ed emancipazione – spiega la responsabile della ricerca – C'è la necessità di superare la logica del campo, presente solo nel nostro Paese, che oggi crea una forte discriminazione tra chi vi abita. Il lavoro offre una possibilità d'uscita e proprio per questo è importante mandare avanti quei progetti che hanno avuto successo». Carlo Stasolla, presidente di 21 luglio, fa sapere che il testo sarà consegnato all' assessore alle Politiche sociali del Comune, proprio per «spingere l'amministrazione a effettuare maggiori controlli e a favorire il progetto Retis, l'unico che abbia realmente ottenuto dei risultati».

Veronica Altimari - 17 maggio 2012

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Di Fabrizio (del 21/05/2012 @ 09:52:28, in Italia, visitato 1546 volte)

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FAMIGLIE ROM A MIRAFIORI SUD

Nel 2001 la nonna di una decina di bambini Rom che quest'anno hanno iniziato a frequentare per la prima volta la scuola elementare, ha trascorso, gravemente malata, gli ultimi due mesi della sua vita ospite di un ortolano del quartiere, nella baracca di un orto abusivo sulle sponde del Sangone.

Dieci anni dopo i suoi figli vivono in una condizione non dissimile alla sua, anche se, grazie ad un progetto avviato nell'estate del 2011 che coinvolge cinque famiglie Rom, i suoi nipotini frequentano le scuole del quartiere, con una frequenza superiore alla media cittadina.

Eppure, ancora oggi, queste famiglie vivono per strada, con tutti i disagi che ne conseguono sia per loro che per il territorio.

In questi mesi, oltre l'accoglienza dei bambini da parte delle scuole, alcune realtà e volontari hanno stretto un fragile cordone di solidarietà a sostegno di questa esperienza. Alcuni hanno messo a disposizione un posto nel cortile, altri un bagno, altri ancora il latte per la colazione o un po' di semplice vicinanza umana.

Questo sforzo, che sta già dando frutti miracolosi, anche grazie a qualche sostegno da parte delle istituzioni, ha bisogno dell'intervento di chi, a livelli più alti, può consentire il pieno successo di questa piccola esperienza di tolleranza e convivenza a Torino.

Come operatori e come abitanti ci rivolgiamo quindi alle autorità cittadine per tre questioni su cui i nostri sforzi sono stati finora vani:

1. identificare e autorizzare una collocazione provvisoria delle famiglie, distribuita in postazioni singole, perché non siano oggetto di continui sgomberi;

2. sostenere le procedure necessarie all'ottenimento dei documenti per chi sia nella condizione di apolidia, consentendo così l'avvio di regolari percorsi lavorativi;

3. concedere spazi o locali per l'accoglienza abitativa delle famiglie, nella prospettiva di consentire la maturazione dei requisiti per il successivo ingresso in casa.

Non crediamo che la realizzazione di un nuovo campo nomadi possa sostenere efficacemente l'inserimento e l'integrazione di queste famiglie.
Ci auguriamo che sia possibile intraprendere un percorso che dia a queste famiglie un futuro di emancipazione dalla povertà e dall'esclusione sociale.

Al Prefetto di Torino
S.E. Alberto Di Pace

Al Sindaco di Torino
Piero Fassino

All'Arcivescovo di Torino
Mons. Cesare Nosiglia

Loro sedi


To the kind attention of Mr Alberto Di Pace
Prefect of Turin

To the kind attention of Mr. Piero Fassino
Mayor of Turin

To the kind attention of Bishop Cesare Nosiglia
Archbishop of Turin

ROMA FAMILIES IN SOUTH-MIRAFIORI

In 2001, the grandmother of ten Roma children who started attending the primary school for the first time in the year 2011-2012, has passed, seriously ill, the last two months of her life hosted by a gardener of South-Mirafiori, inside an illegal orchard's shack along the banks of Sangone creek.
Ten years later, her sons and daughters live in conditions not different from the one she experienced. That even if, thanks to a project involving five Roma families, started in Summer 2011, her grandchildren are attending local primary schools, with a frequency higher than the average of Turin.
Yet, even today, these families live on the streets, with personal and social disadvantages for them and the territory, as well.
In these last months, local schools welcomed children in their classes. Furthermore, a slight solidarity supporting this experience has been forwarded by some local entities and volunteers: some of them hosted Roma families with campers in their courtyards, others offered the possibility to shower, and some others gave milk for breakfast or simply human neighborhood.
This effort, already bearing some unexpected results, thanks also to the support given by the institutions, needs the support of someone at higher levels allowing the full success of this little experience of tolerance and cohabitation in Turin.
We, workers and residents of South-Mirafiori, wish to submit to the city authorities these three issues on which our efforts have not reached the expected results:
1. to identify and authorize a temporary accomodation for these families. Every family should stay in individual location, in order not to undergo continuous evictions;
2. to take charge of the procedures necessary to obtain the documents for stateless people, allowing to start regular working projects;
3. to provide spaces or to house these families, so that they can qualify for entering a real future home.
We do not believe that creating a new Roma camp can effectively support the inclusion and the integration of these families.

We hope that we can undertake a way to give these families a future of emancipation from poverty and social exclusion.

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Di Fabrizio (del 22/05/2012 @ 09:03:36, in Italia, visitato 1454 volte)

Ricevo da Marco Brazzoduro

Il 15 maggio 2012, una delegazione di giovani rom, nati in Italia ma cittadini stranieri, ha incontrato il presidente della commissione diritti umani del Senato, Pietro Marcenaro, e gli ha consegnato un appello per il capo dello Stato, Giorgio Napolitano. E' stato stimato che ci sono in Italia almeno 14 mila ragazzi di origine rom che, nati da genitori apolidi o residenti irregolarmente nel nostro Paese, si sentono parte integrante della società, pur essendo nei fatti degli "estranei".

Ecco, qui di seguito, il testo integrale della lettera:

Caro Presidente. Siamo in tanti, ragazzi e ragazze del popolo Rom nati in Italia, di seconda, a volte anche di terza generazione, da genitori apolidi o residenti irregolarmente nel nostro Paese. Ci rivolgiamo a Lei perché ancora una volta abbiamo apprezzato le parole chiare che ha inteso indirizzare al Sindaco di Nichelino, che ha avuto la sensibilità di concedere la cittadinanza onoraria a 450 ragazzi nati da genitori stranieri in quel territorio.

Siamo italiani, ma stranieri. Ci sentiamo "parte integrante della nostra società", ma viviamo quotidianamente il disagio di essere considerati impropriamente stranieri. Disagio doppio e particolarmente pesante per noi ragazze e ragazzi Rom. Non è assolutamente facile, ci creda, per tanti di noi regolarizzare posizioni giuridiche, ottenere un permesso di soggiorno, fare richiesta di cittadinanza, perché veniamo da famiglie che vivono da sempre situazioni precarie, per la difficoltà di reperire la necessaria documentazione, in particolare per quelli di noi i cui genitori e nonni sono nati e provengono da luoghi che hanno vissuto recenti e drammatiche vicende belliche.

Eppure abbiamo frequentato le scuole. Una situazione difficile, quella che viviamo, di "stranieri in patria". Che rende precaria la nostra vita e non agevola l'integrazione sociale e l'accesso al lavoro, nonostante molti di noi abbiano frequentato le scuole e, soprattutto, vorrebbero inserirsi regolarmente e legalmente nella comunità civile. In tanti abbiamo vissuto la violenza degli sgomberi dei campi e l'umiliazione della reclusione nei CIE, i Centri di identificazione per l'espatrio. Ed in tanti viviamo in case popolari o case proprie o ancora piccole aree autocostruite. Ma espatrio verso dove, se è l'Italia la nostra patria? Ci creda, sono esperienze dure e drammatiche, che spingono, purtroppo, tanti giovani verso la marginalità, l'illegalità ed il rifiuto delle regole civili. Che ricacciano le nostre comunità verso l'esclusione sociale ed una inaccettabile discriminazione.

Le risposte da un Governo che guarda all'Europa. Dal Governo Monti, signor Presidente, governo che guarda all'Europa ed ai suoi valori fondanti di accoglienza, di solidarietà e di inclusione sociale, ci aspettavamo finalmente un provvedimento che ponesse fine a questa ingiustizia. Abbiamo anche apprezzato le aperture del Ministro Riccardi, espressione della Comunità di Sant'Egidio, i cui volontari frequentano i campi e conoscono bene le nostre difficoltà. Ma ancora una volta dobbiamo prendere atto che nulla è successo.

Speriamo nella sua lungimiranza. Non possiamo che appellarci a Lei, affinché con la determinazione e la lungimiranza che tutti le riconoscono intervenga su Governo e Parlamento per porre fine ad una discriminazione che produce solo tensioni e disagi, che è palese ingiustizia, che tradisce i valori della Carta Costituzionale. Siamo, ci sentiamo, vogliamo essere riconosciuti cittadini italiani.

Confidando in Lei, le porgiamo i più distinti e cordiali saluti.

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