Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 23/04/2012 @ 09:12:23, in sport, visitato 2235 volte)
Francesco Caladra, regista motivato e sognatore, ha girare un film sui rom e
con i rom del suo quartiere, "La palestra".
Non senza resistenze e ingenuità, Francesco si lascia trasportare nel mondo rom
e si ritrova nella palestra di pugilato del quartiere, gestita proprio dai rom.
Nella cornice di un film a tratti comico, sul ring de "La Palestra" l'incontro
tra due culture.
La Palestra è un progetto (fiction con inserimenti di sequenze
documentaristiche) che nasce dal lavoro di anni nel quartiere di periferia: San
Donato a Pescara.
L'esigenza dell'indagine sulle periferie è scaturita dalla volontà di opporsi a
una "letteratura" che mostra questi quartieri soltanto quali vivai di violenza e
illegalità, per mettere in risalto quanta risorsa si possa ancora trovare
nell'autenticità e genuinità della maggior parte dei cittadini che li abitano.
Il film che il regista aveva pensato e scritto rimane gli dà la possibilità di
mettere in ridicolo se stesso, il suo mondo di provenienza e la sua onniscienza.
Un film miracolosamente viene realizzato, ed è anche il frutto del contributo
artistico di diversi professionisti pescaresi e abruzzesi, dagli autori della
fotografia, alle maestranze, agli autori delle musiche.
"LA PALESTRA" un film di Maria Grazia Liguori e Francesco
Calandra con Enrico Di Rocco (tesoriere dell'associazione Centro studi Ciliclò),
Moreno Di Rocco e Samira Bacci.
- Soggetto di F. Calandra, M.G. Liguori L. Raimondi S.
Santini
- Sceneggiatura M.G. Liguori e F. Calandra
- regia F. Calandra
- Fotografia Alessio Tessitore
- Operatore Lorenzo Gobeo
- Sono presa diretta Pierpaolo Di Giulio
- Scene e costumi Silvia Stellabotte assistente
Giorgia Grossi
- Musiche originali M.A.T. Marcello Allulli Trio, Andrea
Moscianese, CUBA Kabbal, Arcangelo Spinelli, Germano Cesaroni
- Segreteria di produzione Isabella Micati
- Montaggio Valerio Spezzaferro Giuliano Panaccio
Francesco Calandra
- Foto di scena Laura Angeloni – Studio ANNILUCE
- Produzione esecutiva GarageLab
- Girato in: HD, Super 16mm, miniDV Italia, 2012, 70'
Di Fabrizio (del 23/04/2012 @ 09:02:33, in Italia, visitato 1541 volte)
Corriere Immigrazione
Clelia Bartoli. Razzisti per legge. L'Italia che discrimina. Editori
Laterza, pp. 180, 12 euro
Clelia Bartoli è l'autrice di Razzisti per legge. L'Italia che discrimina,
saggio che, partendo dal Black Power e dal rapporto MacPherson del '99, analizza
il razzismo istituzionale del nostro Paese. La scoperta è che sì, l'Italia è un
Paese razzista. Ecco come individuarlo e combatterlo
RAZZISMO ISTITUZIONALE. Esiste un razzismo individuale, che si palesa con atti
discriminatori o violenti. E un razzismo di sistema, nascosto tra le pieghe di
leggi e istituzioni e che pervade la vita pubblica. Sono passati più di
cinquant'anni dal lancio del manifesto Black Power da parte di Stokely
Carmichael e Charles Hamilton negli Usa, ma le intuizioni di fondo restano
ancora attuali.
La loro analisi verteva su una società la cui maggioranza e minoranza erano
entrambe a casa loro, ma le cui istituzioni funzionavano avendo come solo
modello la prima. L'America della segregazione razziale non poteva disfarsi
degli afroamericani bollandoli come immigrati o clandestini. E per marcare le
differenze fece in modo che la legge stessa le creasse, istituisse le distanze
tra bianchi e neri assicurando la supremazia ai primi.
Come questo discorso faccia un balzo di cinque decadi e giunga a noi
lo spiega Clelia Bartoli nel suo
Razzisti per legge. L'Italia che discrimina (Ed.
Laterza). Partendo da Potere Nero e dal rapporto MacPherson del 1999, l'autrice
si chiede se l'Italia è un paese razzista, analizzando non solo il complesso di
politiche, leggi e norme operanti nel campo dell'immigrazione, ma anche la
reazione delle istituzioni in casi specifici, di rilevanza nazionale come
l'emergenza Lampedusa o locale, come la vicenda dell'assegnazione di un lussuoso
attico ad una famiglia rom nel quartiere Libertà di Palermo. La risposta è, come
ci si può aspettare, "sì".
Il razzismo istituzionale agisce all'opposto di quello individuale o di gruppo:
una legge, una norma non produce violenza, è credibile e induce le vittime a
interiorizzare il pregiudizio verso di sé. Fa di più: costruisce la realtà. Se
il governo, le istituzioni considerano una minoranza come pericolosa o
sgradevole e la confinano in aree ghetto, è molto probabile che questa poi
manifesti devianza, "andando così a confermare il pregiudizio che aveva motivato
la loro segregazione".
Le riflessioni teoriche accompagnano l'analisi dei fatti di attualità, ma il
timore di Bartoli sembra essere anche un altro: che
gli immigrati si trasformino
in un "nuovo Meridione", lasciati ai margini della società, ma con una
distribuzione degli effetti che va ben oltre i soli esclusi. E' un sottofondo,
appunto, ma importante, imposta la questione come un affare che non riguarda
solo i migranti, così come non ha mai interessato solo il Sud la mafia o
l'emigrazione e le conseguenze sono note.
Colpire il razzismo istituzionale significa spuntare un'arma rivolta verso tutta
la società, attaccare quel sistema che fomenta il disagio per poi spacciarlo
come naturale. Una legge crea sì delle regole, ma impone anche differenze,
confini, pregiudizi. Saperlo, aiuta a discernere i meccanismi che inficiano la
vita di ognuno di noi. di Luigi Riccio
Di Fabrizio (del 22/04/2012 @ 20:31:49, in blog, visitato 1064 volte)
Non è la prima volta e mi sa che non sarà l'ultima. Da alcuni giorni sono
inondato da SPAM. In attesa che la situazione si normalizzi, la sezione COMMENTI
è disabilitata. Scusandomi per il disturbo (non durerà molto), chi vuole può
scrivermi per email.
Grazie per l'attenzione.
Enoteca 70' café LIGERA
via Padova 133 - MILANO
Domenica 29 aprile 2012
presentazione di:
VICINI DISTANTI cronache da via Idro
a cura di Fabrizio Casavola
LIGERA edizioni - collana Idee
128 pagine - 14 euro
Programma:
- h. 19.30: l'autore intervista alcuni abitanti di via Idro sulle storie presenti
nel libro
- h. 20:45: aperitivo offerto dall'enoteca Ligera
- h. 21.30: concerto di
George Moldoveanu, già direttore d'orchestra in Romania
(5
euro, ingresso gratuito a chi presenta una copia del libro)
Alcune cose da sapere:
Di Fabrizio (del 21/04/2012 @ 09:24:29, in Italia, visitato 1206 volte)
La Stampa 19/04/2012 - IL CASO - Una foto scattata durante il reportage
di pochi giorni fa nel campo nomadi di via Germagnano per testimoniare le difficili
condizioni igienico sanitarie, malgrado mesi di sforzi e promesse
MULTIMEDIA
«Sforzi vani senza soldi per le politiche sociali»
NICCOLÒ ZANCAN - TORINO: Quella notte di dicembre si sentivano grida
terrificanti: «Zingari, andate via, vi ammazziamo tutti!». Lanciavano bottiglie
molotov contro le baracche. Volevano vendicare lo stupro di una ragazzina di 16
anni, che in realtà era uno stupro inventato. Sono passati quattro mesi dal
pogrom delle Vallette. Ma Torino non dimentica. Non vuole e non può. «Parlare di
questa vicenda mi provoca ancora molto dolore - dice l'assessore
all'Integrazione Ilda Curti -, il raid contro il campo nomadi della Cantinassa è
stato l'episodio più violento vissuto dalla città negli ultimi anni. Quello che
è successo ci costringe a fare i conti con germi che sono fra noi. Germi di
insofferenza, di rabbia e di razzismo, aggravati da questo periodo di crisi
economica. Ma non dobbiamo stare fuori dai problemi e guardarli da lontano.
Andiamoci nelle periferie! Dobbiamo cercare di capire, impegnandoci con tutti
gli strumenti che abbiamo a disposizione, perché non si rompa la rete della
solidarietà e dell'inclusione».
Di rom, di pregiudizi e del ruolo dei media. Dei problemi nei campi nomadi di
Torino. Dei finanziamenti che mancano per politiche sociali più incisive e
persino per sgomberare i rifiuti. Di tutto questo si è discusso ieri sera al
Museo della Resistenza, in corso Valdocco. Posto quanto mai evocativo, come ha
spiegato il giurista Vladimiro Zagrebelsky: «I rom erano nei campi di
concentramento con gli ebrei e gli omosessuali. Le ragioni per cui siamo qui è
anche storica. Quello che mi colpisce maggiormente è che spesso sono trattati
come stranieri e invasori, ma per la maggior parte i rom sono cittadini italiani
con diritti uguali ai nostri. Come ci sono i diritti delle persone che vivono a
fianco dei campi nomadi.
Siamo di fronte a un problema estremamente complesso». Sul ruolo dei media, in
particolare su quello dei quotidiani, è intervenuto Mario Calabresi, direttore
de La Stampa: «Io credo che sul tema dell'integrazione, la ricetta di un buon
giornalismo sia racchiusa in una sola formula: fornire contesti. Dare
spiegazioni, approfondire i temi, ricostruire senza semplificare. Altrimenti si
parla solo alla pancia dei lettori e si rischia di mettere in evidenza i
peggiori istinti». Il presidente del museo, Gianmaria Ajan, dice: «Siamo di
fronte all'immagine di una città assediata, ma non dall'esterno. In questi mesi,
con la crisi e la disoccupazione, sta crescendo una forte insofferenza sociale».
Ilda Curti: «È la tensione che vivono gli ultimi con i penultimi. Non dobbiamo
lasciarli soli».
Mancano soldi per mettere in campo politiche sociali più efficaci. Milano ha già
ricevuto 20 milioni di euro, Roma oltre 50, erano i fondi stanziati dal governo
per fronteggiare l'«emergenza rom». Ma i 5 promessi a Torino non sono mai
arrivati. Adesso non sono più disponibili.
Qui ci sono 800 nomadi regolari e quasi quattromila fantasmi. Una baraccopoli
che sta crescendo a dismisura sulle sponde della Stura. Il Pdl ha fatto i conti
in tasca al Comune: «Nel 2010 per i 4 campi nomadi autorizzati - spiega Maurizio
Marrone -, fra luce, acqua, riscaldamento, pulizie, derattizzazione,
manutenzione ordinaria e straordinaria e mediazione culturale si sono
volatilizzati 1.240.363,27 euro più Iva. Eppure, a fronte della spesa ingente, i
pessimi risultati sono sotto gli occhi di tutti». L'assessore Ilda Curti: «Sono
i soldi che servivano per la gestione. Non mi paiono così tanti, anzi...».
Di Fabrizio (del 20/04/2012 @ 09:35:12, in media, visitato 1639 volte)
Lettera di Antonio Piazzi
Cari amici di Radiopop
lunedì mattina in Via Marino 7 (gruppi consiliari) un gruppo di associazioni ha
tenuto una conferenza stampa per presentare ufficialmente un progetto per la
riqualificazione (manutentiva, sociale, umana) del campo rom (che noi vorremmo
chiamare più propriamente "villaggio solidale"...i "campi" ci ricordano
esperienze, anche di un recente passato, non proprio positive) regolare e
autorizzato (senza nulla togliere a quelli irregolari et abusivi dove trova
rifugio un'umanità altrettanto, se non più, bisognosa di aiuto) di Via Idro.
Radiopop non era presente alla conferenza. Radiopop non ha trovato uno spazio di
qualche minuto nel palinsesto informativo per notiziare i radio-ascoltatori.
Evidentemente capiterà tutti i giorni che a Milano, dove fino all'altro giorno
imperavano la Lega e De corato (e non si può dire che predicassero nel deserto),
un gruppo di cittadini, di associazioni, di comitati insieme alla comunità rom
di Via Idro abbiamo collaborato per proporre un modello di villaggio che nel
rispetto della cultura e delle abitudini dei cittadini rom cerchi anche di
offrire un tentativo di integrazione con il quartiere in cui la comunità rom
vive da 20 anni.
Radiopop era assente anche quando il 29 dicembre scorso c/o Villa Pallavicini si
tenne una partecipata assemblea, con la presenza dell'Ass. Granelli, del
Presidente del CdZ 2, della Cons. Comunale P. Quartieri e di Paolo Limonta
dell'Ufficio per la Città: un centinaio di persone rappresentanti di comitati,
associazioni e singoli cittadini che chiedevano all'Amministrazione Comunale di
risolvere subito alcune emergenze (mancanza di luce elettrica, pullman per i
bambini che vanno a scuola, ecc) e di adoperarsi per migliorare le condizioni di
vita della comunità di Via Idro. Il 29 dicembre, durante l'assemblea, non si
alzò una sola voce "contro" i rom ...tutti chiedevano al Comune di fare di
più ...tutti chiedevano alla giunta "arancione" di dare attuazione a quanto
previsto nel programma elettorale su questo specifico argomento. Da parte di Radiopop nessuna informazione: evidentemente vi capiterà spesso di avere notizia
di assemblee pubbliche dove i cittadini chiedono alle A.C. di fare di più per i
rom?
So bene che questo è un argomento scabroso....mi rendo conto che non è facile
per l'attuale Giunta affrontare questo tipo di situazioni....si rischiano
frizioni, forse spaccature....l'argomento si presta a interpretazioni diverse,
ecc. ecc.
Noi non pensiamo di avere la verità in tasca. Noi stiamo cercando di percorrere
una strada che tenga conto dei diritti di tutti. Noi crediamo che possiamo stare
meglio, se stanno meglio tutti. Noi pensiamo che l'errore più grande sia quello
di non fare nulla, noi pensiamo che lasciare le cose come stanno sia la
soluzione peggiore per tutti.
Noi pensiamo che questa sia una notizia "da radiopopolare", noi pensiamo che
Radiopop potrebbe/dovrebbe seguire quanto succede/succederà nei prossimi tempi
in Via Idro (anche a prescindere dal progetto che abbiamo presentato lunedì
scorso).
Grazie per l'attenzione.
Un bel saluto.
Antonio P. (a titolo personale)
PS: ...così tanto per aggiornarvi (siete o non siete una radio di
informazione?): le emergenze che l'Assessore il 29/12/2011 aveva promesso di
risolvere immediatamente, sono ancora lì che attendono...
Di Fabrizio (del 20/04/2012 @ 09:15:18, in Regole, visitato 2043 volte)
Julienews.it 17-4-2012
ore 13:33 - Il giovane è stato mandato in Serbia, paese che non conosce
MILANO - Si chiama Dejan Lazic, ha 24 anni ed è italiano. O meglio, è nato e
vissuto qui, ma le sue origini sono rom. E per questo non ha il permesso di
soggiorno. Tanto basta alle autorità italiane per espellere il giovane verso la
Serbia, paese d'origine dei suoi genitori, dove però lui non ha mai messo piede.
Lo denunciano i suoi legali, gli avvocati Eugenio Losco e Mauro Straini: il
provvedimento è stato eseguito "senza nemmeno attendere l'udienza - affermano -
sul ricorso che abbiamo presentato contro la decisione". Oggi Dejan è stato
messo su un aereo. Direzione: Belgrado.
Cosa potrà mai fare un giovane che non ha mai vissuto nel paese d'origine dei
suoi genitori, origine che in Italia lo marchia indelebilmente?
I legali segnalano come in un caso analogo, nelle scorse settimane, un altro
magistrato - il giudice di pace di Modena - abbia deciso per la liberazione di
due fratelli di origine bosniaca che erano trattenuti da oltre un mese nel
Centro di identificazione ed espulsione (Cie), stabilendo che i figli di
stranieri nati in Italia non possono essere trattenuti in un Cie e poi mandati
via, malgrado non abbiano il permesso di soggiorno. Il giovane rom è finito in
carcere l'anno scorso, per scontare una condanna definitiva a 5 mesi:
all'uscita, è stato portato in questura e gli è stato notificato un
provvedimento di espulsione. Da alcune settimane si trovava nel Cie di Milano e
a fine marzo il giudice di pace ha confermato il provvedimento di espulsione,
decisione contro cui la difesa ha fatto ricorso. Ma le autorità non hanno
aspettato nemmeno l'udienza, il giovane è stato rimandato al suo paese
d'origine. Paese che non conosce nemmeno.
di Gaia Bozza
Di Fabrizio (del 19/04/2012 @ 09:36:20, in casa, visitato 1732 volte)
Da
Roma_Daily_News
I Rom di Sulukule Rinnovamento urbano, chi ne sta traendo
profitto?
Non rimane molto del quartiere rom di Sulukule, una volta così pittoresco.
Per anni, migliaia di Rom da tutto il mondo hanno vissuto nello storico
insediamento della capitale Istanbul.
A causa di un piano di rinnovamento urbano (vedi
QUI ndr) sono stati obbligati a a lasciare Sulukule.
Il
video di Amnesty International (7'52"), sottotitolato in inglese, olandese,
francese e spagnolo.
Da
Roma_und_Sinti
by Lyssandra Sears
Gli atteggiamenti ostili verso i Rom in Svizzera stanno rendendo
difficile la vita agli Jenische, un gruppo etnico nomade completamente separato,
con una lunga storia nel paese [...].
13/04/2012 - I leader jenische dicono che la reputazione dei Rom riguardo
all'accattonaggio, furto e prostituzione, sta peggiorando l'immagine degli
Jenische, e sta comportando un cambiamento di atteggiamento verso gli Jenische.
"Veniamo spesso abusati," dice Daniel Huber, presidente di "Radgenossenschaft
der Landstrasse", l'associazione che protegge i diritti degli Jenische, nomadi
che per secoli hanno vissuto in Europa.
"Spesso, ad esempio, in Svizzera per strada veniamo appellati -sporchi
zingari-".
L'associazione conta circa 35.000 membri Jenisch, di cui 3.500 ancora
conducono uno stile di vita nomade, mentre il resto è stanzializzato in case
permanenti. Anche se sono completamente separati dai Rom, molti Svizzeri non
sanno riconoscere le differenze.
Anche se in Svizzera è sempre esistita una popolazione rom, il loro numero di
recente è significativamente aumentato, a causa dell'adozione della direttiva UE
sulla libera circolazione delle persone.
"In realtà alcuni Rom di altri paesi si comportano come elefanti in un
negozio di porcellane," ha detto a Tages Anzeiger il presidente della Naschet Jenische Foundation, Uschi Waser.
"Purtroppo, è difficile far loro rispettare le nostre regole."
"Molte persone accettano che non tutti i Rom sono mele marce". Tanto Waser
che Huber riconoscono che il cattivo comportamento di pochi sta infangando la
reputazione di entrambe i gruppi etnici.
Inoltre, i Rom sono anche usati come capro espiatorio dell'aumento di
attività criminali.
"Molti delinquenti operano tra i confini, ma soltanto alcuni di loro sono
Rom," ha detto al giornale Venanz Nobel, vice-presidente della Transnational Jenische Assocation.
"Ma le notizie sono dominate dai Rom, che perpetuano i vecchi pregiudizi per
cui sono zingari ladri."
Nobel è anche preoccupato delle azioni intraprese, con la scusa di proteggere
i bambini che i Rom userebbero per attività criminali. Intravede paralleli con
le azioni intraprese tra il 1926 ed il 1972, quando circa 600 bambini jenische
vennero sottratti ai loro genitori.
"Ancora oggi," dice Nobel, "i bambini sono una scusa, mentre il vero
obiettivo è di ripulire e liberare le strade dagli zingari."
Di Fabrizio (del 17/04/2012 @ 09:17:57, in Italia, visitato 2070 volte)
Domenica sera è tornato il fuoco, a distanza di 10 giorni, a riprendersi ciò che
era rimasto dell'insediamento
di via Sacile, che ora non esiste più. Il racconto di chi c'era:
Milanoinmovimento
Di
nuovo a fuoco il campo rom di Via Bonfadini! Aggiornamenti in diretta e foto.
a cura di Karma Mara
23.30 Una cinquantina di persone accetta una sistemazione provvisoria di una
notte presso la Caritas.
23.00 Una parte degli abitanti del campo si rifiuta di accettare la soluzione
che li vedrebbe per una notte presso la Caritas (che offrirebbe loro un tetto ma
non posti letto): la loro preoccupazione è quella di trovare una nuova area e
non una sistemazione temporanea per la notte. Chiedono alle autorità la
possibilità di accamparsi presso il Parco Lambro o di restare nell'area
bruciata.
L'amministrazione rimane ferma sulle sue proposte invitando le famiglie ad
accettarle, pena lo sgombero.
La protezione civile porta tea e biscotti, ma nessuna tenda. Gli assessori
Granelli e Majorino contatteranno domani mattina le associazioni per cercare di
gestire l'emergenza.
22.30 L'amministrazione propone di suddividere gli abitanti del campo in tre
grandi gruppi, senza separare le famiglie da sistemare rispettivamente pquesta
notte alla Caritas, alla Ceas e dai Francescani di via Saponara. Ancora da
capire quale sarà la soluzione per i giorni a venire soprattutto dal momento che
l'area non è più considerata agibile ed è stata sigillata.
22.09 Si susseguono le testimonianze, sembra proprio che il tempo intercorso tra
le chiamate d'emergenza e l'arrivo dei soccorsi sia stato particolarmente lungo
e soprattutto che all'inizio i vigili del fuoco erano in numero e con mezzi
palesemente al di sotto delle necessità…come dire: hanno voluto che il campo
finisse di bruciare del tutto? Questa la domanda pesantissima che ci si sta
ponendo.
21.45 Gli Assessori Comunali, in accordo con gli abitanti del campo, stanno
procedendo ad un censimento delle persone per capire quante siano. Si parla di
trovare una soluzione per stanotte anche se ancora nessuno dice quale potrebbe
essere. Nel frattempo alcune donne del campo contiguo hanno detto agli Assessori
che le prime fiamme sono state viste alle 20.00 e la prima telefonata ai vigili
del fuoco è stata fatta alle 20.05. Chiedono quindi come mai i primi soccorsi
siano arrivati solo alle 20.30 visto e considerato che dovevano giungere da
piazzale Cuoco che è a poche centinaia di metri dal campo.
21.33 Sono arrivati gli Assessori comunali Granelli e Majorino. Si attende di
capire se e cosa proporranno per affrontare la situazione d'emergenza in atto.
Alcuni volontari intanto si sono recati alla vicina parrocchia, sembra per
chiedere delle coperte per le persone che hanno perso tutto. Sembra inoltre che
poco fa la Polizia abbia portato via un abitante del campo che affemava di aver
visto la dinamica che ha portato all'incendio.
21.20 E' di nuovo in fiamme il campo rom di Via Sacile Bonfadini.
Dopo l'incendio di alcuni giorni or sono in questo momento si stanno di nuovo
propagando le fiamme.
Le prime voci parlano di un incendio causato da una persona del campo, sembra in
stato di ubriachezza, si dice si tratti di un gesto di disperazione e fronte di
una situazione ormai ancor più drammatica del solito.
Gli abitanti del campo sono ora in mezzo alla strada, nei pressi di una rotonda
dove hanno ripreso a circolare i tir e senza alcun posto dove andare.
C'è un'autopompa dei vigile del fuoco, diverse macchine dei carabinieri, si dice
stia arrivando l'assessore Granelli del Comune di Milano.
|
La sera stessa su
Facebook, appare un messaggio di
Pierfrancesco Majorino,
assessore alle politiche sociali del comune di
Milano:
il campo rom di via sacile è andato a fuoco.
siamo qui con l'assessore granelli e alcuni
volontari che ringraziamo. Stiamo cercando
soluzioni per la notte. Aspettiamo già la solita
accozzaglia di razzisti che da domani ci dirà di
lasciarli,anche i bambini, al loro destino. |
La distruzione pressoché totale dell'insediamento, mette anche a
tacere
i sospetti e le indagini che sarebbero nate dal primo incendio del 4 aprile
scorso. Nel frattempo si era anche aperto un dialogo tra occupanti del campo,
associazioni ed amministrazione comunale. Sulla situazione attuale:
Milanoinmovimento Aggiornamenti dal campo rom di via Sacile
Anna Pellizzone e Karma Mara
Terra bruciata. Quello che rimane del campo di via Sacile sono una distesa di
macerie e qualche baracca sopravvissuta. Centinaia di uomini, donne e bambini
sono rimasti senza tetto e alla situazione di emergenza immediatamente
successiva all'incendio dovrà far seguito necessariamente una soluzione più
definitiva. Proprio in queste ore le autorità stanno discutendo come affrontare
la situazione.
Le associazioni, che questa mattina erano al campo, hanno chiarito che le
persone che ieri sera non volevano in prima battuta passare la notte presso la
Casa della Carità di Don Colmegna - anche in seguito ad esperienze passate che
hanno visto l'affidamento dei minori ai servizi sociali con separazione dalle
famiglie - hanno infine accettato di recarsi al Ceas del Parco Lambro (Centro
Ambrosiano di Solidarietà).
Le difficoltà nei rapporti tra la comunità Rom e la Casa della Carità hanno
origine durante la precedente amministrazione, quando la fondazione di Don
Colmegna, in particolare in occasione dell'incendio al campo Rom di via
Triboniano del 2007, aveva avviato una stretta collaborazione con la Giunta
Moratti applicando il Patto di Legalità, in linea con il criticato Decreto
emergenza - noto come Piano Maroni - dichiarato poi illegittimo dal Consiglio di
Stato nel novembre 2010.
Il Decreto Emergenza e tutti i decreti attuativi ad esso successivi prevedevano
la nomina di commissari speciali, autorizzazioni di allontanamenti, sgomberi e
schedature. Non stupisce quindi che il ricordo di quegli anni abbia spinto molte
famiglie a rifiutare di dormire sotto il tetto della Casa della Carità.
Il presunto responsabile dell'incendio sembra sia stato identificato e forse
catturato ieri sera in zona Rogoredo in seguito a una collaborazione tra gli
abitanti stessi del campo e le forze dell'ordine.
Sempre secondo quanto appreso ieri sera, le famiglie rom questa mattina saranno
scortate al campo per recuperare i pochi averi non compromessi dalle fiamme,
mentre l'area sarà a breve interessata da una bonifica integrale che aprirà la
strada alla ripresa dai lavori di fognatura.
Quello che rimane da chiarire è la ragione del ritardo dei Vigili del Fuoco
denunciato da alcuni presenti. Secondo alcune testimonianze raccolte da Milano
in Movimento questa mattina tra la chiamata ai pompieri e l'arrivo della prima
autopompa è infatti trascorsa circa mezz'ora, nonostante la stazione dei vigili
del fuoco si trovi in piazzale Cuoco a poche centinaia di metri dal campo
bruciato.
«Siamo andati a chiamarli anche di persona recandoci alla stazione», hanno
dichiarato alcuni testimoni, «ma la risposta è stata che per l'intervento era
necessario aspettare una chiamata». Chiamata che, come testimoniato dalla foto
[...], è stata effettuata alle 20.05.
A breve aggiornamenti su questo sito.
Finalino sconsolato:
Contemporaneamente, sempre a Milano, lunedì mattina si svolgeva una
conferenza stampa per illustrare un
piano elaborato da
Rom, cittadini e associazioni, sul destino di un altro insediamento,
comunale stavolta. Un progetto frutto di anni di lavoro.
Scarsa a nessuna attenzione, escludendo una manciata di secondi (vedi
dopo 8'45") sul
TG regionale. Sembra che i Rom vadano bene quando fanno
scandalo, che brucino come in via Sacile o che diano voce all'insoddisfazione
del cittadino medio (vedi
appena uscito). Cercare assieme soluzioni (e non da ieri) pare
destinato a restare una non-notizia.
Chiudo, con la terza segnalazione dall'insediamento bruciato. Non ho
avuto tempo per recarmi lì o sentire i superstiti all'incendio, quindi la parola
torna a:
Milanoinmovimento
Profughi rom di via Sacile: le soluzioni Pubblicato da
Anna_MiM
Dopo gli incontri di oggi, il Comune, insieme alle associazioni di volontariato
e alla Protezione civile, ha messo a disposizione le proprie strutture per dare
alloggio alle 120 persone evacuate dopo l'incendio che stanotte ha bruciato le
baracche del campo rom di via Sacile.
Le strutture messe a disposizione dal Comune hanno carattere temporaneo (dai 6
ai 15 giorni) e sono adatte solo per fronteggiare l'emergenza, ma consentono di
non dividere i nuclei familiari e, quindi, di non separare i minori dai loro
genitori.
Tra i profughi del campo cento persone si sono rifiutate di accettare le
soluzioni proposte dal Comune e hanno trovato rifugio sotto una tettoia nei
pressi di viale Forlanini. La polizia, già pronta per lo sgombero, ha poi
sospeso l'operazione. Il gruppo di sostegno Forlanini sta provvedendo in queste
ore a fornire coperte e vestiario.
In merito alla vicenda, il sindaco Pisapia ha dichiarato: "Occorre innanzitutto
trovare i responsabili di questo incendio, perche' pare sia di natura dolosa, e
su questo ovviamente ho la massima fiducia nell'attivita' della Procura".
Secondo il sindaco, pero', e' necessario "dall'altra parte trovare soluzioni
importanti per coloro che abitavano in quel luogo e ai quali adesso dobbiamo
offrire ospitalita', ma in un percorso di inserimento".
Nel frattempo, il campo di via Sacile, dove oggi gli abitanti del campo,
scortati dalle forze dell'ordine, si sono recati per recuperare i loro averi e
dove erano pronti a reinsediarsi, è stato definitivamente chiuso e presto,
sull'area interessata dal cantiere della MM per l'allargamento della Paullese,
partiranno i lavori.
Attualmente tutta la zona è presidiata dalla Polizia locale e dalle Forze
dell'Ordine per impedire l'accesso e garantire la sicurezza e la legalità.
Anche le poche baracche superstiti all'incendio sono state già abbattute nel
pomeriggio. [...]
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