Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 01/06/2010 @ 09:36:08, in Europa, visitato 1851 volte)
Mimoza Dhima* | Tirana 25 maggio 2010
Campo rom in periferia a Tirana - foto di Mario Salzano
I rom dell’Albania sono tra i 100.000 e i 140.000. Subiscono ogni tipo di
discriminazione e la gran parte è senza lavoro. Raccolgono lattine nella
spazzatura per poi rivenderle, chiedono l'elemosina e l'attività maggiore è la
vendita al mercato dell'usato, noto anche come "Gabi". Un reportage
Vera Shahu, in attesa del settimo figlio, l'8 aprile scorso avrebbe voluto
celebrare con la sua famiglia la giornata internazionale dei rom e sinti, ma in
casa aveva soltanto qualche tozzo di pane raffermo, olio e patate.
I figli dormono su un tappeto per terra in una delle due stanze improvvisate e
dalle condizioni igieniche precarie, in una baracca di legno situata vicino al
fiume Lana che attraversa la capitale albanese.
L'unico mobile è un vecchio armadio, da cui escono scarafaggi.
Vai alla galleria fotografica sui rom in Albania
"I miei figli, il primo di 15 anni e il più piccolo di 4, non hanno un futuro se
non ricevono aiuto dallo Stato. Avranno le nostre stesse difficoltà o forse sarà
ancora peggio perché la vita sta diventando sempre più dura", si lamenta Vera,
40 anni, che soffre di anemia e non dispone di previdenza sociale né di alcun
tipo di tutela.
Il reddito famigliare oscilla da uno a due euro al giorno grazie alla vendita di
latte di alluminio, e riescono a sopravvivere grazie agli avanzi dei ristoranti
della città.
"Nonostante la miseria, voglio mandare i miei figli a scuola affinché imparino a
scrivere almeno il proprio nome", dice Vera, che chiede al governo un livello di
istruzione adeguato e una casa dignitosa per i propri figli.
In Albania la gran parte dei rom vive nella stessa situazione. Non si conosce il
numero ufficiale, ma si stima che si aggirino tra i 100.000 e i 140.000.
"Solo in occasione della giornata internazionale dei rom e sinti, l'8 aprile, si
vedono i politici che vengono a farsi fotografare con noi. Il resto dell'anno
non ci vogliono nemmeno vedere", afferma Selvie Rushiti, di etnia rom,
all'agenzia EFE.
Di fronte all'indifferenza del governo, Selvie, insieme ad alcuni dei rom più
"agiati", grazie alle donazioni provenienti dall'estero, ha creato associazioni
di assistenza ai rom più bisognosi.
Sette anni fa, Selvie trasformò il primo piano di casa sua in un centro
prescolare in grado di ospitare fino a 85 bambini all'anno, mentre in cortile si
vendevano vestiti usati. Con questa piccola attività si riuscivano a mantenere
120 famiglie rom.
Ma un giorno i poliziotti cacciarono i venditori dalla zona, e ora la famiglia
di Selvie vive con il timore che "qualcuno al governo possa espropriare il
terreno per costruire palazzi".
"Non possono ucciderci, ma ci discriminano. Dei 140.000 rom in Albania, solo
sette vanno all'università, di cui quattro con borse di studio del Consiglio
d'Europa", aggiunge Selvie.
Sono quelli che hanno rappresentato l'Albania al 2° Vertice europeo dei rom
tenutosi lo scorso 8 aprile nella città spagnola di Cordoba.
Gli altri sono costretti ad abbandonare la scuola per via della mancanza di
denaro e che non riescono nemmeno a comprarsi da mangiare.
L'80% dei tre milioni di albanesi appartenenti alla fascia estremamente povera è
rappresentato proprio dal popolo rom.
“Il primo ministro albanese, Sali Berisha, dice che l'economia è cresciuta, ma
noi non lo vediamo. Il nostro maggior problema è la disoccupazione”, afferma
Istref Pellumbi.
Con l'aiuto della fondazione del magnate statunitense George Soros è stata
creata a Tirana una sartoria dove imparano a cucire gratuitamente 150 donne rom
per nove mesi all'anno.
"Chiediamo al ministero del Lavoro di impiegare questo gruppo di donne già
esperte e di inserirle nella società", aggiunge Pellumbi.
La società rom albanese è preoccupata perché la strategia governativa formulata
nel 2003, che mirava ad aiutare questa etnia e fornirle casa, lavoro e
istruzione, è rimasta solo sulla carta.
Perciò, i rom albanesi oggi cercano di spingere il governo a intraprendere delle
vere riforme contro la discriminazione, se il Paese vuole entrare a pieno titolo
nell'Unione europea.
*Mimoza Dhima è corrispondente dell'EFE in Albania
Di Fabrizio (del 01/06/2010 @ 09:51:48, in Regole, visitato 2024 volte)
Segnalazione di Dhyan Gandha Emanuela Risari
Le carte false comunali sui Rom di Fossarmato di Giovanni Giovannetti
- da
ilprimoamore.com
«Bluffano sui dati, raccontano balle...» Ricordate? Cominciava così un mio
articolo del dicembre scorso, poco dopo lo sgombero "politico" del Centro
comunale di prima accoglienza a Fossarmato, «uno sporco gioco sulla pelle di
uomini donne e bambini rumeni» cacciati in mezzo a una strada. Quello sgombero
fu un atto di puro arbitrio, senza il supporto di un'ordinanza del sindaco
(obbligatoria in questi casi) preceduta dalla divulgazione di falsi dossier e da
un'infamante campagna di criminalizzazione orchestrata dal sindaco Cattaneo e
dall'assessore Assanelli, due che si dicono cristiani.
I falsi dossier erano opera di Carla Galessi, la superpagata dirigente dei
Servizi sociali (96 mila euro annuali in pubblico denaro), superpagata per
raccontare balle galessiche ai cittadini pavesi e al Prefetto che, fidandosi, ha
poi firmato sette decreti di allontanamento a carico di persone appartenenti a
cinque famiglie (di famiglie il Comune ne ha infine cacciate dieci).
In solitudine, dalle colonne di questo blog, avevo denunciato l'incredibile
misto di razzismo e menzogne; sei mesi dopo, la conferma arriva da una sentenza
del Tribunale di Pavia, a cui Radu Romeo – assistito dalla Cgil e dagli avvocati
Francesca Segagni e Sara Brusoni – unico tra loro, si era fiduciosamente
rivolto: accolto il ricorso, annullato il provvedimento.
La sentenza commenta anche le false carte comunali: in una nota del 7 settembre
2009 la dirigente dei Servizi sociali ha sostenuto che Radu «non è immune da
precedenti penali e di polizia, conduce un tenore di vita non idoneo alla sua
situazione, ha rifiutato una borsa lavoro […] non è integrato nella società
italiana». Dunque «si sospetta che il suddetto possa trarre il proprio
sostentamento da attività illecite». In uno Stato di diritto si sarebbe sentito
il dovere di esibire prove, documentare fatti, invece in Comune «si sospetta...»
e in prefettura nemmeno si sospetta che si tratti di una sòla costruita ad arte,
così come è stato infine accertato: né sugli aggiornatissimi certificati dei
"carichi pendenti" né sul "casellario giudiziale" figurano procedimenti penali a
suo nome, così come non risultano i millantati precedenti penali.
La banda Galessi-Cattaneo-Assanelli infierisce anche sui tre figli di Romeo: «I
maggiorenni non risultano inseriti nel tessuto nazionale. Il Comune di Pavia
ravvisa, per loro, gli estremi di una situazione di "drop-out"» ovvero «il
rifiuto dei predetti di seguire un percorso di integrazione, probabilmente
dettato dall'esempio del padre». Insomma, per i contaballe comunali Romeo è un
mostro. Allora forse stupiranno nell'apprendere che il Tribunale pavese ha
accertato che è vero esattamente il contrario; e bene hanno fatto e fanno i
figli di Romeo a seguire l'esempio del padre: il maggiore frequenta assiduamente
e con profitto un istituto professionale; i voti – recita la sentenza – sono
«spesso al di sopra della sufficienza», dimostrando un costante «impegno,
volontà di apprendere, buona conoscenza della lingua italiana e perfetta
integrazione nel tessuto scolastico e sociale». La secondogenita, pur avendo
perso l'anno «ha in programma di iscriversi a giugno ad un corso serale». Quanto
al più piccolo, la certificazione rilasciata al giudice Confalonieri dal
dirigente scolastico sottolinea «l'ottimo rendimento in tutte le materie» e una
più che «buona disponibilità a relazionarsi con gli altri nel rispetto delle
regole di convivenza». Su rispetto delle regole e della civile convivenza è
dunque il caso che Cattaneo, Assanelli e Galessi prendessero lezioni da questi
piccoli Rom e dai loro genitori: come si legge nella sentenza, «il loro
comportamento dimostra quanto la famiglia li stia educando in maniera corretta,
insegnando loro l'importanza dello studio e il rispetto delle regole di buona
convivenza».
Non è finita: nella sentenza leggiamo che Radu Romeo è un «lavoratore autonomo
integrato nel tessuto socio economico del Paese, dispone per se stesso e per i
propri famigliari di risorse economiche sufficienti per la conduzione di
un'esistenza dignitosa, non è un onere a carico dell'assistenza sociale […] e
non rappresenta un pericolo per la società»: sono motivi sufficienti per
annullare il provvedimento prefettizio, emesso il 12 novembre 2009, dodici
giorni prima che Radu venisse cacciato dal centro di Fossarmato insieme a moglie
e figli.
La prefettura ha perso, Romeo ha "vinto", in forza di una sentenza che
restituisce dignità a lui e credibilità allo Stato di diritto.
Ma quale dignità potrà fingere di avere ora la bugiardissima Carla Galessi? Come
dimenticare quell'altro falso dossier infamante su presunti episodi di
prostituzione minorile tra i Rom ospitati nel Centro di San Carlo? Che dire poi
dell'altrettanto bugiardo sindaco Cattaneo, secondo cui quelli come Romeo «non
si vogliono integrare? E l'assessore Assanelli? Aveva ritagliato su di loro la
menzogna degli «uomini difficilmente difendibili». E ora?
- Parte lesa è la Prefettura, che ha creduto ai falsi dossier di sindaco
e assessorato, esponendosi così a una sonante figuraccia.
- Parte lesa sono i cittadini, di fronte alla sistematica irrisione delle
norme da parte di chi invece ne dovrebbe garantire il rispetto.
- Parte lesa sono le dieci famiglie rumene illecitamente sgomberate da
Fossarmato e da San Carlo, le stesse che, coltivando non infondati pregiudizi
verso istituzioni così profondamente illiberali e antidemocratiche, sfiduciate,
hanno subito la violenza comunale, senza nemmeno provare a far valere i loro
diritti di esseri umani prima che di cittadini.
- Parte lesa sono le istituzioni, quelle rese astratte da chi erige muri
– a Fossarmato come in Borgoticino – di fronte a ogni realtà dinamica e fuori da
coro.
- Parte lesa è la ragione, sistematicamente irrisa da chi coltiva la
cultura dell'odio, chi promuove Pavia come terra di frontiera senza più spazi
sociali né sensibilità umana. E lo fa solo per nascondere l'incapacità di
interazione tra la politica accattona e le esigenze del territorio, oltre che
con la vita delle persone.
Pubblicato da il 27-05-10
Comunque la pensiate serena notte a TUTT* e miglior risveglio
Di Fabrizio (del 02/06/2010 @ 09:18:23, in Europa, visitato 1505 volte)
Dal blog di
Tommaso Vitale - 26/mag/2010
Il Parlamento europeo ha dato la sua approvazione ad una proposta della
Commissione europea che rende possibile utilizzare finanziamenti regionali
europei per migliorare le condizioni abitative delle comunità emarginate. Questa
misura, concordata previamente dagli Stati membri, sarà particolarmente
apprezzata dalla popolazione Rom che in Europa dovrebbe ammontare a circa 10-12
milioni di persone le quali spesso vivono in condizioni di estrema povertà e
segregazione.
Johannes Hahn, commissario responsabile per la Politica regionale, ha espresso
il suo plauso per questa decisione: “La comunità Rom è la più grande minoranza
etnica in Europa ed è spesso vittima di emarginazione, deprivazione ed
esclusione sociale. Plaudo alla decisione odierna che consentirà alla politica
regionale di contribuire a spezzare il circolo vizioso di cui queste comunità
appaiono prigioniere. Questa iniziativa dovrebbe rientrare in un approccio
globale comprendente anche interventi negli ambiti dell'istruzione, della
salute, degli affari sociali e dell'occupazione.”
La legislazione sui Fondi strutturali in precedenza era estremamente restrittiva
in materia di interventi abitativi e il loro criterio di fruibilità era limitato
ai dodici nuovi Stati membri dell'UE (con eccezioni introdotte di recente per
misure di efficienza energetica ed energie rinnovabili) e per il rinnovo di
condomini esistenti nelle aree urbane. Resta il fatto però che le popolazioni
Rom vivono per lo più segregate in zone rurali e in case unifamiliari.
Le misure di recente adozione estenderanno il campo d'intervento del Fondo
europeo di Sviluppo regionale (FESR) agli interventi abitativi a favore delle
comunità emarginate in tutti gli Stati membri. La modifica riguarda
esplicitamente, anche se non esclusivamente, la popolazione Rom. Essa concerne
la sostituzione delle case attuali nonché la costruzione di case nuove, sia in
ambito rurale che urbano. Il finanziamento del FESR non è applicabile ad alloggi
privati, bensì soltanto a progetti attuati dalle autorità pubbliche.
Il sostegno per gli alloggi integra azioni di più ampia portata
La soluzione del problema abitativo è considerata un fattore cruciale per
migliorare l'integrazione dei Rom. Essa però deve rientrare in un “approccio
integrato” concepito e attuato dalle autorità nazionali e regionali per
affrontare altre tematiche quali l'istruzione, lo sviluppo delle abilità,
l'occupazione e la salute.
I Fondi strutturali europei cofinanziano già diversi progetti rivolti alle
comunità Rom, ad esempio per quanto concerne l'istruzione nella prima infanzia,
l'occupazione, la microfinanza e le pari opportunità (soprattutto la parità tra
i sessi). Ad esempio, grazie a un investimento UE (1,11 milioni di euro) un
nuovo progetto di risanamento urbano verrà realizzato a Nyiregyhaza, che ospita
una delle maggiori comunità Rom d'Ungheria. La scuola segregata verrà abolita e
si rinnoveranno le strade, i campi giochi e i servizi per l'infanzia.
Oltre ai finanziamenti disponibili tramite i programmi di politica regionale, il
Parlamento europeo ha assegnato alla Commissione europea 5 milioni di euro per
un progetto pilota sull'inclusione dei Rom articolato in tre assi: istruzione
nella prima infanzia, microfinanziamento e sensibilizzazione. Il progetto è
realizzato nel corso del 2010 ed è per l'essenziale rivolto alle comunità Rom
nell'Europa centrale e orientale.
Nota per i redattori
Nel luglio 2009 la Commissione ha presentato una proposta che è stata quindi
discussa dal Parlamento europeo e dagli Stati membri in sede di Consiglio.
Dalle ricerche condotte è emerso che nei paesi dell'Europa centrale e orientale
più del 50% della popolazione Rom vive in quartieri parzialmente o totalmente
segregati – una tendenza all'isolamento che si è intensificata negli ultimi
quindici anni.
Il 2010 è stato designato Anno europeo della lotta alla povertà e all'esclusione
sociale.
Per ulteriori informazioni:
http://ec.europa.eu/roma
Per scaricare il documento ufficiale in italiano:
IP-10-589_IT.pdf
Per scaricarlo in diverse lingue:
Di Fabrizio (del 02/06/2010 @ 09:31:08, in scuola, visitato 2047 volte)
Da
Romanian_Roma
Bucarest, 25/05/2010 - Secondo un portavoce di un tribunale rumeno, lo stesso
ha ordinato ad un insegnante di pagare una compensazione di 10.000 euro alla
famiglia di una bambina rom di 12 anni, ripetutamente esclusa dalla classe.
La sentenza è stata salutata come un colpo contro la segregazione in un paese
che ha una delle più vaste comunità rom in Europa, anche se molti nascondono la
loro origine etnica per paura di discriminazioni.
Il portavoce ha detto all'AFP che la corte d'appello nella città meridionale
di Craiova "ha obbligato" l'insegnante Lenuta Daba a pagare 10.000 euro o
l'equivalente in valuta locale, i lei, a Pompiliu
Ciurescu, il padre della giovane Rahela.
Il giudizio è stato emesso il 19 maggio e martedì è stato reso pubblico ai
media.
I mezzi d'informazione riportano che l'insegnante della città sud-occidentale
di Voloiac aveva ripetutamente rifiutato nel 2007 alla ragazza di entrare in
classe.
Daba ha negato di averla discriminata, invocando irregolarità amministrative
riguardo il trasferimento di Rahela da un'altra scuola.
L'OnG per i diritti dei Rom Romani Criss ha lodato la decisione del
tribunale.
"La somma è l'inizio. La decisione deve diventare un segnale per quanti
adoperano la discriminazione e la segregazione nell'istruzione, che è un diritto
fondamentale," ha detto ad AFP la rappresentante Monica Vasile.
Il censimento del 2002 dice che ci sono circa 530.000 Rom nel paese, ma le
OnG indicano il numero di circa due milioni e mezzo.
Un numero imprecisato di bambini rom non vanno a scuola o terminano gli studi
dopo la scuola primaria. Secondo uno studio governativo del 2008, il 19% dei Rom
tra i 18 e i 29 anni non sono mai andati a scuola, confrontato all'1,8% dei
Rumeni non-Rom.
Di Fabrizio (del 03/06/2010 @ 08:54:56, in scuola, visitato 2200 volte)
Segnalazione di Tommaso Vitale
Giugno 2009
chiediamo ai bambini delle scuole della zona di far vivere il loro zaino
"passandolo" ai bambini del campo rom di Rubattino.
Settembre 2009
la raccolta ha avuto un grande successo: i 36 bambini di Rubattino iniziano la
scuola avendo tutti zaino, astuccio e quaderni.
L’inverno scorso è stato durissimo, tanti sgomberi, tanto freddo, tanta
precarietà, ma i bambini ce l’hanno fatta quasi tutti a continuare a venire a
scuola pur tra mille difficoltà.
Anche quando le ruspe macinavano zaini e lavoro, eravamo pronti a ricominciare.
Ora ci prepariamo al nuovo anno
con tanti nuovi bambini iscritti. Vi chiediamo ancora di far continuare a vivere
lo zaino di vostro figlio sulle spalle di un altro bambino.
Chiediamo
a ogni scuola di organizzare la raccolta e poi di contattare uno di noi che
passerà a ritirare il materiale.
Sono molto graditi anche astucci nuovi e quadernoni, meglio se a quadretti.
Grazie e buona estate!
Il gruppo mamme e maestre delle scuole Feltre e Pini
Per informazioni e raccolta rivolgersi a:
Assunta Vincenti
assuntavincenti@live.it
Flaviana Robbiati
flavianarobbiati@tiscali.it
Marialuisa Amendola
marialuisa.amendola@tiscali.it
Giugno 2010
Di Fabrizio (del 03/06/2010 @ 09:52:26, in Italia, visitato 1877 volte)
31 maggio 2010
Un grave episodio di discriminazione a Palermo contro una famiglia rom
raccontato da Mario Affronti.
Il fatto: una bella e numerosa famigliola Rom, cui è stato assegnato un
appartamento confiscato alla mafia secondo una procedura pienamente legale, è
stata rifiutata dai condomini sia di via Bonanno e sia (è notizia di oggi) di
Corso Calatafimi.
Parlo di bella e numerosa famiglia per conoscenza personale. La mia famiglia è
stata ospite lì al campo Nomadi della Favorita in ripetute occasioni, anche a
cena, presso la casa-baracca in cui vivono (non so come facciano a mantenerla
dignitosamente pulita senza acqua né servizi igienici) e i miei figli assieme ad
altri ragazzi della Lega Missionaria Studenti hanno fatto attività di
doposcuola, e non solo, per tutti i bambini del campo grazie alla loro preziosa
collaborazione.
Il fatto impone alcune riflessioni ed una chiara presa di posizione. Trattasi di
un chiaro caso di discriminazione razziale che ci fa ritornare indietro nel
tempo e che sembra grave in quanto riguarda il nostro tessuto sociale, la nostra
gente, il popolo palermitano che invece, anche in un recente passato, ha
mostrato un atteggiamento di accoglienza e di ospitalità verso l'altro,
specialmente se diverso. Non è un problema di quartiere più o meno "in", di zone
più o meno esclusive o degradate della nostra città. Non riguarda solo i ricchi
che hanno paura di essere derubati ma, per lo stesso motivo, anche i poveri che
pensano di rischiare anche quel poco che hanno. È appunto un problema sociale di
cui gli zingari (che tra l'altro rubano anche i bambini) rappresentano la punta
d'iceberg, ma che interessa anche gli immigrati terzomondiali, oggi numerosi
nelle nostre contrade, gli omosessuali ed in generale tutto quanto non rientra
nei nostri canoni ormai diventati angustamente ed inesorabilmente etnocentrici.
La causa di tutto ciò – e veniamo così alla prima riflessione – è innanzitutto
una mancanza di conoscenza. Il compianto mons. Luigi Di Liegro, quando era
direttore della Caritas diocesana di Roma, diceva che in fondo si ha paura di
tutto ciò e di chi non si conosce. La paura è normale nell'approccio col
diverso. Soltanto il desiderio di conoscere può superarla per consentire un
dialogo che oggi sembra diventato impossibile. Di fatto la nostra società è
diventata più cattiva. Come sempre, quando ci si chiude pensando che l'altro
possa essere una minaccia e non invece una risorsa proprio a motivo della sua
diversità.
Questa deriva individualista e cattiva del nostro tessuto sociale – seconda
riflessione – è anche colpa nostra. Colpa di chi in questi ultimi anni ha
conosciuto queste persone toccando con mano le derive positive di questa
relazione sia per sé che per la società tutta. Come mai sullo zingaro,
sull'immigrato è prevalsa l'idea che essi costituiscono un problema di sicurezza
sociale e non una vera e propria opportunità di crescita civile?
Come mai un po' in tutta Italia si moltiplicano gli episodi di discriminazione
razziale di cui l'UNAR giornalmente ci fa un triste e macabro resoconto? Perché
non abbiamo saputo testimoniare la verità su queste persone? Perché è passata
questa idea nefasta e non la nostra secondo cui il diverso rappresenta una
ricchezza non solo sociale ma anche economica, politica e religiosa?
Già, religiosa. In questo campo – terza riflessione – il pericolo è
rappresentato soprattutto dal musulmano che ormai apertamente attenta alla
nostra identità (quale?) religiosa e che bisogna contrastare in tutti i modi più
o meno leciti. I cattolici palermitani hanno dimenticato che l'unica moschea
presente nella loro città è un ex-chiesa donata allo scopo dall'Arcidiocesi
rappresentata allora dall'indimenticabile cardinale Pappalardo.
E ritornando ai Rom, non tutti forse sappiamo quanto Paolo VI, ebbe a dire
rivolgendosi agli Zingari: «voi siete nel cuore della Chiesa»! Non tutti forse
sappiamo quanto la dignità cristiana, nella loro condizione, abbia ricevuto
attraverso la beatificazione di Zeffirino Giménez Malla (1861-1936), detto "il
Pelé", uno Zingaro spagnolo appartenente al gruppo nomade dei Kalós.
In realtà quella degli zingari è una realtà che interpella tutti ma soprattutto
noi cristiani in quanto è difficile affermare che essi sono nel cuore della
Chiesa. Ciò che si vede e rende tristemente addolorati è l'indifferenza o una
vera e propria opposizione. Solo gradualmente e molto lentamente, oggi nel
nostro Paese alcune comunità si sono aperte all'accoglienza, ancora troppo
poche, peraltro, perché gli Zingari possano scoprire il volto materno e fraterno
della Chiesa. I segni del rifiuto persistono, dunque, e si perpetuano,
suscitando, in genere, poche reazioni e proteste in chi ne è testimone.
E veniamo così alla presa di posizione. È giunto il tempo in cui, scosse la
coscienze, i cattolici decidano di vivere la caritas piena verso questa
popolazione. La Chiesa deve riconoscere il loro diritto di "voler vivere
insieme", provocando e sostenendo una sensibilizzazione in vista di una maggiore
giustizia nei loro confronti, nel rispetto reciproco delle culture, orientando i
propri passi sulle orme di Cristo, in risposta alle aspettative di questa
popolazione nella sua ricerca del Signore.
A tale scopo esiste anche una motivazione di ordine teologico che rappresenta il
sale di tutta la pastorale della Migrantes (l'organismo ufficiale della C.E.I.
per le persone in mobilità – zingari ed immigrati ma anche emigranti, marittimi,
fieranti e circensi): la condizione itinerante, sia nella sua oggettiva
realizzazione, sia come visione di vita, rappresenta un richiamo permanente a
quel «non abbiamo quaggiù una città stabile, ma cerchiamo quella futura» (Eb
13,14). Il compito da intraprendere, affinché gli Zingari, particolarmente
vulnerabili, si considerino e siano accettati come membri a pieno titolo della
famiglia umana, è perciò grande e urgente.
Alla pace autentica e duratura, quella che dovrebbe caratterizzarla come
riflesso della "famiglia divina" (la Santissima Trinità), non si arriva però –
ritorniamo al fatto di cronaca – fuori da un contesto di giustizia e di
sviluppo. Fra la popolazione zingara va quindi custodita la dignità e rispettata
la identità collettiva, vanno incoraggiate le iniziative per il suo sviluppo e
difesi i diritti. Per comprendere adeguatamente la storia spesso drammatica di
questa popolazione, occorre tener presente non solo la sua situazione di
minoranza in seno alla società, ma anche la sua specificità nei confronti delle
altre minoranze. La sua peculiarità sta infatti nel fatto che gli Zingari
costituiscono una minoranza senza un preciso insediamento territoriale o uno
Stato di riferimento originario – non avendone pertanto un suo eventuale
sostegno. Questo "vuoto" di garanzie politiche e di protezione civile rende
molto critica la vita degli Zingari.
I Governi nazionali e locali (in questo caso il Comune di Palermo) debbono
rispettare questa minoranza tra le minoranze e riconoscerla, contribuendo a
sradicare gli episodi di razzismo e di xenofobia ancora diffusi, che provocano
discriminazione in materia di impiego, di alloggio e di accesso. La gente di
Palermo, il popolo ed i cristiani anagraficamente così numerosi, devono
ritrovare la propria vera identità, prima che vada irrimediabilmente perduta.
(Mario Affronti, responsabile del Centro diocesano per la Pastorale delle
Migrazioni di Palermo)
Da
Czech_Roma
AFP By Jan Marchal
OSTRAVA, 27/05/2010 - La famiglia Podrany viveva una vita tranquilla in un
villaggio abitato prevalentemente da Rom, finché una sera di marzo una bottiglia
molotov fu lanciata in casa loro attraverso una piccola finestra.
"Un odore cattivo mi ha svegliato. Ho preso un bicchiere d'acqua e l'ho
gettato sul fuoco," dice la tredicenne Sabina Podana, indicando la finestra che
lascia passare solo una scheggia di luce dentro la stanzetta.
La finestra della modesta casa dei Podrany a Bedriska, un insediamento ai
margini della città orientale di Ostrava, ora è stata riparata e le tracce del
fuoco sul tappeto sono scomparse.
La reazione istintiva della ragazza impedì che quella bottiglia riempita di
etere potesse causare un disastro, ma rimane la paura.
"Da quel giorno, ho paura che possa accadere qualcosa," mormora la ragazza.
che intende diventare una cuoca.
"Guarda questa casa, è fatta tutta di legno. Se Sabina non si fosse
svegliata, il fuoco si sarebbe propagato in fretta," dice Dusan, il padre di
Sabina, in piedi nel piccolo giardino della casa ad un solo piano con il tetto
di lamiera ondulata.
Dusan Podrany, che ha un'impresa di costruzioni, si lamenta della crisi
economica globale e della mancanza di lavoro nella regione martoriata dalla
disoccupazione.
Dice che voterà alle elezioni parlamentari del 28 e 29 maggio, anche se non
crede che i politici siano realmente interessati ai Rom.
"Se lo fossero, queste cose non succederebbero. Hanno anche permesso al
Partito dei Lavoratori di emergere," dice.
Il partito di estrema destra famoso per la sua retorica anti-Rom, è stato
recentemente disciolto da un tribunale, ma gli è stato permesso di prendere
parte alle elezioni con un nome differente.
Il Partito dei Lavoratori ha ottenuto l'1,07% alle elezioni europee del 2009,
raggiungendo la soglia prevista per ottenere i rimborsi elettorali UE - e
portando a compimento il suo obiettivo per il voto.
Il voto europeo ha avuto luogo dopo un attacco incendiario di quattro
skinhead - ora sotto processo ad Ostrava - contro una casa rom nella vicina
città di Vitkov [leggi
QUI ndr].
Dopo l'attacco contro la casa dei Podrany, Sabina ed i suoi genitori non
potevano consolarsi pensando all'incendio a Vilkov ed a Natálka, la bambina rom
di due anni che ha passato metà anno lottando per la vita con ustioni sull'80%
del corpo.
Natálka è miracolosamente sopravvissuta all'attacco, ma ha sofferto di ferite
che la segneranno per tutta la vita.
A Bedriska, sembra che l'attacco sia stato motivato piuttosto da discussioni
coi vicini, ma rientra perfettamente nel contesto generale dei sentimenti
anti-Rom nella società ceca, dicono i commentatori.
Un recente sondaggio ha mostrato che quattro Cechi su cinque trovano
problematico vivere con la minoranza rom.
"I genitori spesso condizionano i loro figli a pensare che i Rom siano
qualcosa di estraneo e pericoloso," dice Kumar Vishwanathan, 47 anni nato in
India, arrivato nella Repubblica Ceca 20 anni fa e che aiuta la minoranza rom
locale dal 1997.
"E poi un giorno, una madre spingerà suo figlio a buttare una bomba contro la
casa accanto, abitata da una famiglia rom - è quel che è successo qui," ha
aggiunto.
"Ci fu una grande inondazione quell'anno (1997). Le famiglie bianche che
avevano perso le loro case ne ottennero di nuove, mentre i Rom furono spostati
in case mobili," dice
Vishwanathan, che ora guida una OnG chiamata Vzajemne
souziti (Vivere Insieme), con base ad Ostrava.
"Compresi subito che non era l'alluvione il problema più grande. Avevano
problemi anche col lavoro, con l'istruzione, la comunicazione con le autorità,
con la polizia," aggiunge.
"Ma il problema essenziale era che la società non accetta i Rom, che
preferirebbe sbarazzarsene e vivere senza di loro," dice.
La minoranza Rom ceca - se ne stimano 300.00 su una popolazione totale di
10,2 milioni - dice di essere vittima di gravi discriminazioni.
Secondo un sondaggio dell'Agenzia UE per i Diritti Fondamentali, circa l'83%
dei Rom cechi dice di aver sofferto di ingiustizie razziali.
"La Repubblica Ceca ha di certo numerosi programmi di aiuto per i Rom, ma
molti rimangono inapplicati," dice Lucie Horvathova, l'unica Rom tra i 5.050
candidati a concorrere per el elezioni generali di quest'anno.
"Le autorità non affrontano abbastanza seriamente l'estremismo," dice la
candidata dei Verdi.
"E nessuno se n'è interessato finché non ci sono stati gli attacchi di Vitkov
e Bedriska," aggiunge.
Di Fabrizio (del 04/06/2010 @ 09:05:52, in casa, visitato 1773 volte)
Gli zingari rappresentano un pericolo per i cittadini rhodensi?
A prestare attenzione a quanto accade nella vicina Milano e in molti Comuni
dell'hinterland confinanti, tutti interessati dalle medesime opere: Expò, Fiera,
speculazione edilizia… sarebbe forse più saggio preoccuparsi, in modo grave e
legittimo, degli appetiti e dei grandi profitti della 'ndrangheta che prosperano
nella produttiva Lombardia, spesso tra la disattenzione generale e le zone
d'ombra in cui s'indebolisce l'operato della Pubblica Amministrazione, piuttosto
degli orticelli in cui "pascolano" le famiglie rom…
Tuttavia, per tornare ad argomenti più "tranquillizzanti" e che paiono riempire
di colore l'operato di facciata di questa Amministrazione, ci chiediamo che
cosa avrebbe pensato il Signor Sindaco se fosse transitato dal campo rom di via
Sesia, Sabato scorso, imbattendosi in una quindicina di bambini intenti a
giocare liberi e gioiosi, tornando con la memoria a ritroso alle strade sterrate
battute in campagna elettorale, in visita ad alcune di quelle famiglie zingare
che, una volta diventato primo cittadino, avrebbe fatto poi sgomberare (ma
allora, che cosa era andato a dir loro in quelle settimane??).
Ma forse si trattava di una spensieratezza solo momentanea, tipica dei bambini,
che presto verrà interrotta e riportata alla realtà dal prossimo allontanamento
di un'anziana signora non da una casa occupata illegalmente e magari attraverso
il pagamento di una mazzetta a chi controlla il racket degli "affitti" (come a
Baggio, in via Lorenteggio, a Q.to Oggiaro o v.le Sarca… e a Rho, come stanno le
cose?), ma a una persona ammalata, con difficoltà di deambulazione, nemmeno un
euro in tasca, insomma, un'anziana come tante che si vedono anche qui rivolgersi
ai centri di carità perché i servizi pubblici sono assenti o distratti, forse un
po' più malconcia della nostra più nota "vicina di casa".
Nulla di nuovo sembrerebbe suggerirci l'esperienza, considerato anche il
sospetto che grava per i ricorrenti "abusi d'ufficio", ai danni dei più deboli
s'intende (come l'allontanamento di un dializzato dalla propria casetta, la
contestazione impropria di utilizzo delle strutture comunali a due nuclei, il
rifiuto della residenza a chi avrebbe tutti i diritti di chiederla e ottenerla,
l'abbandono di persone in stato di grave sofferenza psicofisica, le violenze
morali a cui vengono sottoposti i minori, non dai propri genitori (!!), ma da
chi occupa i Servizi, cioè rappresenta le Istituzioni).
E' Il paradosso imbarazzante di un'Amministrazione che per affrontare la
ricollocazione di 7 famiglie rom, l'anno scorso prima presenta un Piano
d'Integrazione (per oltre 1 milione di euro) che gli viene assegnato dal
Ministro Maroni, come per molti altri Comuni, indirizzando poi (ma forse sarebbe
più logico dire "distraendo"?) i finanziamenti statali assegnati verso azioni
non finalizzate allo scopo dichiarato (ma non erano i Rom i furbacchioni?!).
E che, invece di affermare con fatti verificabili e tangibili i principi di
trasparenza pubblica che contraddistinguono il carattere di ogni buona
amministrazione (e che come sappiamo prevengono sul nascere comportamenti e
interessi illegittimi di chicchessia), si abbandonano a litigi interni alla
maggioranza o a politiche demagogiche e creative, anziché gestire le risorse a
disposizione della collettività per dare un sostegno all'abitazione, senza
magari ricadere nelle solite pratiche del clientelismo... clericale.
O ancora, forse solo per acquietare una scuola, quella di Via Tevere, che
esplode di tensioni e contraddizioni (perché anche la scuola fa parte della
società…e ci sono dentro tutti, autoctoni, immigrati, rom, gente perbene,
disonesti semplici e disonesti "organizzati" ecc.), si chiude gli occhi per il
lavoro di educatori che si occupano dei bambini zingari (ma non, si badi bene,
per quelli che frequentano le medie, come se un adolescente non avesse bisogno
di un aiuto a quell'età... e infatti ogni due per tre i bravi ragazzi rhodensi,
come gli altri, ricadono nel bullismo...), salvo poi togliere a quegli stessi
bambini la speranza in un futuro migliore o anche "solo" il container dove
abitano... tanto non sono forse "nomadi"?
Sarà per ricambiare la fiducia risposta da un'Amministrazione generosa nei Suoi
confronti, prima attraverso un incarico a termine poi con un concorso "fatto a
misura", certo è che molti degli atti sottoscritti dal Dirigente ai Servizi
Sociali verso i concittadini di via Sesia, che ci mette la faccia oltre che la
responsabilità (ma chi gliene chiede conto?), non sembrano rispondere alle
finalità di sostegno e aiuto alle persone in difficoltà, ma vengono comunque
attuate in modo autoritario quanto avventato, trascurando il proprio ruolo
istituzionale, anche solo con il buonsenso... infierendo, in ultimo, contro una
persona anziana, non diversa dai tanti anziani che a parole si dovrebbero
tutelare.
Pagani Maurizio - Presidente Opera Nomadi Milano
Ricevo da Marco Brazzoduro
Domenica 6 giugno, dalle 11.30
Metropoliz – via Prenestina 911 - Roma
La comunità dei rom e delle romni provenienti dalla Romania, sgomberati nel
novembre 2009 da via di Centocelle e da allora al centro di un percorso di
rivendicazione del proprio diritto all'abitare degno assieme ai BPM, organizza
un pranzo tipico di auto-finanziamento per continuare il proprio percorso di
auto-determinazione.
Un pranzo (7 euro, all inclusive!) che vuole diventare anche un punto d'incontro
per parlare di sé, della propria storia, della propria lotta, un pranzo per
superare il pregiudizio attraverso il contatto diretto, attraverso i propri
occhi e la propria pelle.
Si potrà inoltre ricorrere ai servizi della ciclo-officina, ascoltare la musica
rom, acquistare oggetti al mercatino del riuso, giocare con i bambini, parlare e
confrontarsi... Un pranzo per ribadire che l'unica risposta alla speculazione e
al consumo del territorio si chiama auto-determinazione, verso la nascita di una
città meticcia davvero accogliente.
Vi aspettiamo!
Popica Onlus
www.popica.org
5x1000 a Popica - c.f. 97436100586
Di Fabrizio (del 05/06/2010 @ 09:37:18, in Italia, visitato 1841 volte)
4 giugno 2010 - di Tiziana Paolocci
Il campo nomadi di Tor de' Cenci tra tre mesi sarà solo un ricordo. Il
Campidoglio ne ha disposto la chiusura tra settembre e ottobre prossimo e ieri
il delegato del sindaco alla Sicurezza, Giorgio Ciardi, lo ha comunicato
ufficialmente durante un sopralluogo nell'accampamento compiuto insieme al
presidente della commissione comunale Politiche sociali e sanità, Giordano Tredicine, al capo dell'Ufficio per il coordinamento operativo all'emergenza
rom, Antonio Di Maggio e al presidente del municipio XII, Pasquale Calzetta.
«Entro fine mese riteniamo che vengano individuate le aree destinate ai futuri
campi nomadi attrezzati - ha spiegato Tredicine - lunedì verranno aperte in
prefettura le buste del bando che contengono i siti candidati. Dovrebbero essere
quattro, tre maxicampi e uno transitorio, ma non escludiamo che possano essere
di più se le aree candidate sono piccole».
Il primo insediamento che chiuderà i battenti sarà quello della Martora,
seguito da Tor de' Cenci, mentre riprenderanno tra qualche settimana le
operazioni di fotosegnalamento degli abitanti nell'insediamento sulla via
Pontina. Fino a oggi sono stati censiti infatti circa cento maggiorenni, ma ne
mancano ancora 230. Ciardi ha promesso anche la realizzazione di un tavolo
tecnico composto dai rappresentanti del Comune coinvolti nel piano nomadi per
suggerire le priorità nei trasferimenti, in relazione alla vicinanza o meno con
i centri abitati. Al tavolo, che si riunirà mensilmente per delineare le varie
strategie operative, siederanno anche Tredicine e il presidente della
commissione Sicurezza Fabrizio Santori che lavorerà in sinergia con il direttore
del V dipartimento Angelo Scozzafava.
I nomadi guardano al futuro con entusiasmo, anche se trapela qualche timore
riguardo ai tempi e ai modi del loro trasferimento. «Siamo pronti ad andar via
se viene mantenuta la parola data, ma il campo non si muove da qui finché quello
nuovo non sarà pronto», dichiara Ferid Sejdic, portavoce del campo Tor de Cenci.
«Vogliamo sapere con certezza in che zona andremo a vivere - sottolinea
Sejdic - siamo qui da quindici anni. È fondamentale che si rispettino gli
impegni. Abbiamo firmato l'accordo per il trasferimento alcuni giorni fa perché
ci è stato detto che una nostra cooperativa si occuperà della manutenzione e
della pulizia del nuovo campo. In questo modo il Comune invece di pagare
soggetti esterni ci darà la possibilità di avere un lavoro onesto».
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