L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.
«Una ricerca dell'Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione del gennaio
di quest'anno dice che alla domanda “Quanti sono i rom e i sinti in Italia?” il
35 per cento degli italiani pensa che sono più di mezzo milione, mentre solo il
6 per cento pensa correttamente che sono intorno ai 130 mila, l'altro 59 per
cento risponde che non lo sa. Il 24 per cento sa che più della metà dei rom sono
cittadini italiani, il 16 per cento che i rom non sono più prevalentemente
nomadi, il 37 per cento sa che non sono un popolo omogeneo per cultura e paese
di provenienza e solo lo 0,1 per cento, uno su ogni mille abitanti, ha tutte
quattro le informazioni». Così Dijana Pavlovic - attrice, giornalista e
attivista rom di origine serba - restituisce la profondità del solco che divide
l'etnia rom e sinta dal resto della popolazione italiana, in un volume che verrà
presentato oggi alle 17 a Cagliari, nell'Aula magna della facoltà di Scienze
politiche in viale Fra Ignazio 78, da Gianfranco Bottazzi, docente di Sociologia
economica, e Silvia Niccolai, docente di Diritto pubblico.
“Rom e Sinti in Italia” (Ediesse, pp. 268, euro 15, vedi
QUI ndr), curato da Roberto Cherchi e
Gianni Loy, è una raccolta di saggi promossa dall'Associazione Sucania e dalla
Fondazione Anna Ruggiu, che sulle problematiche della non conoscenza e degli
stereotipi negativi che gravano sull'etnia minoritaria, e insieme sui diritti
che ancora oggi le vengono negati, avevano già organizzato un seminario a
Cagliari lo scorso anno.
Davanti al gravissimo pregiudizio che negli ultimi anni è andata via via
inasprendosi nel nostro paese (l'unico in Europa e forse nel mondo che dal 1998
si è dotato di una legislazione speciale che in luogo del diritto comune ha
imposto per i rom una serie di norme tanto vessatorie quanto discriminatorie,
come quella sulle impronte digitali per i bambini), il volume propone numerosi
interventi volti da una parte a ricostruire il percorso millenario che ha
portato l'etnia romané in Europa, proveniente dall'India nord-occidentale, e
dall'altra a fornire un approfondito quadro analitico dei meccanismi attraverso
i quali si sostanziano tanto la sua oggettiva emarginazione, quanto i comuni
sentimenti di rifiuto che la circondano. Di particolare interesse - oltre
all'intervento della studiosa e ricercatrice di etnia sinta Eva Rizzin, dell'European
Roma Rights Center, che ricostruisce lo sconfortante panorama de
“L'antiziganismo in Italia e in Europa” - sono il saggio in apertura di Gianni
Loy (“Violino tzigano. La condizione dei rom in Italia”), quello di Tommaso
Vitale (“I nomadi come problema pubblico nelle città italiane”) e quelli di Luca
Bravi e di Paolo Finzi, storico editore di “A - rivista anarchica” e già amico e
complice di Fabrizio De André nelle sue incursioni musicali nella cultura
“zingara”, che propongono un'accurata ricostruzione del Porrjamos, lo sterminio
nazista dei popoli nomadi.
Ugualmente meritevoli di attenzione gli aspetti indagati dagli altri autori
della raccolta, Massimo Aresu (una lettura inedita dell'antica presenza rom in
Sardegna), Ilenia Ruggiu (sul tema della diversità come “bene pubblico”),
Roberto Cherchi (“I diritti dello straniero”) ed Ester Mura, l'ex direttrice di
un istituto di Monserrato che racconta la straordinaria esperienza di
integrazione che qualche anno fa portò tutti i bambini della locale comunità rom
a frequentare con successo la scuola.
Insieme a due ospiti affrontiamo due temi comunicanti: con Monica Rossi,
antropologa sociale, discutiamo della possibilità di inserimento lavorativo per
un Rom. Con Ermelinda Coccia, giovane regista, parliamo del documentario Me
Sem Rom e dell'idea di voler raccontare come lavoro una realtà ai limiti della
società.
Di Fabrizio (del 07/11/2009 @ 09:22:18, in Italia, visitato 1819 volte)
Il giorno 3 novembre, un bimbo Rom di 4 anni , di nome Mirko, viene
travolto a Messina, in pieno centro cittadino, da una macchina in transito. Il
piccolo trasportato all'ospedale più vicino non viene ricoverato per mancanza di
posti. Così sballottato fra un nosocomio e l'altro (che rifiutano il ricovero
per lo stesso motivo), viene trasferito in elicottero a Catania: muore durante
il trasferimento aereo, per il trauma cranico subito nell'investimento (già
appurato da una tac durante le visite agli ospedali).
Vi mando questo mio articolo sull'argomento; se vorrete pubblicarlo nel vostro
sito Mahalla sarà un piacere per me ed anche per Mirko.
Iryna Chumakova (titolare del giornale scritto in 9 lingue per gli
immigrati ( Siciliano) e del sito plurilinguewww.mondiemersi.it
Il piccolo Mirko non ce l’ha fatta, un’altra anima innocente è ritornata nella
mente di Dio, in attesa del giudizio finale. Un giudizio non certo come quello
espresso da parecchie persone quando si è saputo la provenienza della vittima:
un bimbo di 4 anni, Rumeno, ed inoltre appartenete alla comunità Rom di San
Ranieri, un mix micidiale!!!
Il fatto ci scuote molto meno di tanti altri fatti di cronaca, non tanto perché
si tratta di una ennesima vittima della strada, ma perché si tratta di un
“Extracomunitario”, uno di quelli che “chiedeva soldi” (anche se la famiglia
nega questo utilizzo del figlio), uno di quei bambini fastidiosi, arroganti, che
viveva male, anzi in modo sbagliato, alla periferia sporca ed estrema di una
città che ha poco di che vantarsi.
Il piccolo è stato sballottato da un nosocomio all’altro. Non c’è posto... è
stato risposto ai genitori, forse qualcuno avrà aggiunto... non per uno come
voi! Bastava un piccolo e tempestivo intervento chirurgico per poterlo vedere
ridere ancora, ma un elicottero ed uno spostamento di troppo in cerca di un
“posto non si sa dove” o meglio di qualcuno che lo accettasse, lo ha fatto
volare via.
Mi sono anche meravigliata della quasi inesistenza dei vari commenti che
abitualmente accompagnano gli articoli di cronaca , quelli che si leggono in
fondo alla pagina, nei vari giornali in web. Tempo fa per un articolo che
trattava un argomento così estremamente futile, su di un intervento del Sindaco
della nostra città, ho letto e contato divertita ben 18 commenti. Per gli
articoli su Mirko, che sono stati pochi ma giusti, a commentare questa sua
dipartita anomala... niente!!!
Con questo mio commento non voglio demonizzare la nostra non - sanità ( sarebbe
come rivoltare la lama in una ferita già aperta... troppo facile) voglio solo
porre un accento in più su un azione che potrebbe odorare di discriminazione
razziale e voglio chiedermi e chiedervi ... perché?
Molto probabilmente i riflettori si abbasseranno presto sull’argomento, come si
sono abbassati sulla disgrazia annunciata di Giampilieri, non fa tanto notizia
il figlio di un raccattatore di ferri vecchi e di una madre che chiedeva
l’elemosina, non interessa a nessuno. Si potrà solo udire il battito di ali di
un nuovo angelo che vola via da questa fredda società , un angelo Rom.
Di Sucar Drom (del 07/11/2009 @ 09:27:34, in blog, visitato 1768 volte)
Lastra a Signa (FI), EveryOne: le paure e i pregiudizi portano due rom in galera
Ieri mattina (28 ottobre), intorno alle 12, due Rom di 33 e 16 anni sono stati
arrestati dai Carabinieri presso il parcheggio dell’Ipercoop di Lastra a Signa
(Firenze), su denuncia di una donna che li ha accusati di volerle rapire il
figlio...
Milano, il Naga presenta il rapporto “Cittadini senza diritti”
Il Naga invita alla presentazione del rapporto “Cittadini senza diritti.
Rapporto Naga 2009. Ingombranti inesistenze”. La conferenza stampa di
presentazione si terrà a Milano, lunedì 2 nove...
Venezia, settimana decisiva per l'abitare delle famiglie sinte
Quella di oggi sarà una giornata di attesa per la giunta comunale. La speranza è
che il prefetto, che deve sciogliere il nodo gordiano del villaggio per le
famiglie sinte e decidere il da farsi, abbia compiuto la scelta. In una
direzione o nell'altra. La preoc...
Immigrati, l'integrazione è sicurezza
I dati che emergono dal dossier statistico sull'immigrazione della Caritas sono
assai significativi. In Italia gli immigrati regolari sono oltre quattro milioni
e mezzo, tenendo conto delle recentissime regolarizzazioni; quelli con il
permesso di soggiorno il 7,2%. Il Veneto è la seconda regione per presenza
(11,7%) dopo la L...
Mantova, carta bianca: il diritto di sapere, il dovere di informare
Anche quest’anno la Provincia di Mantova, per tramite dell’Assessorato alle
Politiche Sociali e Sanitarie, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura
del Comune di Mantova e della fondazione Umberto Artioli, promuove RintracciArti,
una manifestazione...
Cosenza, firma anche tu la petizione contro gli allontanamenti di Rom rumeni
Domani mattina sarà presentata la petizione, che potete leggere di seguito, per
il ritiro dei decreti di allontanamento di cittadini rom rumeni che vivono a
Cosenza e per la tutela della comunità rom di Cosenza. Per aderire scrivere a
enzapapa@libero.it o telefonare al numero 347 0920375...
Venezia, il Comune e Sinti al contrattacco
Da una parte la diffida della Provincia all'Enel di allacciare alla rete
elettrica il nuovo campo sinti verrà impugnata avanti al Tar, dall'altra per far
entrare i 31 nuclei familiari nelle casette verrà impiegato, provvisoriamente,
un generatore elettrico. Il Comun...
Milano, le politiche attuate a "favore" dei Rom e Sinti sono repressive
Si è tenuto ieri a Milano il convegno “Rom e Sinti: dalla strategia europea alle
politiche sociali”, promosso dal Tavolo Rom e dalla Rappresentanza a Milano
della Commissione Europea. Numerosa la partecipazione, non solo da Milano, ma
anch...
Venezia, il giudice voleva il carcere per Gentilini
Gentilini, per la “grave pericolosità della condotta” sarebbe stato meglio in
carcere che a piede libero. Lo ha scritto il giudice veneziano Luca Marini,
nelle sei cartelle di motivazioni della condanna per istigazione all’odio
razziale n...
Roma, l'isola che c'è
Esiste un mondo meno visibile, meno chiacchierato, probabilmente anche meno
esteso, nel grande calderone della scolarizzazione dei minori rom che risiedono
nel Comune di Roma. Questo mondo è fatto di madri e padri che colgono nel senso
più pieno...
Casarano (LE), l’amichevole dell’interazione
Il 27, 28 e 29 Marzo si è conclusa a Roma, presso il Centro Olimpico di Acqua
Acetosa, la Campagna per l’Interazione promossa dal “Ministero del Lavoro, della
Salute e delle Politiche Sociali” e ...
16° Alexian and International Friends, il Premio Phralipè 2009 a Miriam Meghnagi
L’Alexian and Internazional Friends ovvero un “trasguardo” musicale
internazionale è giunta alla sua 16° edizione. L’evento di grande portata
artistica e culturale si terrà presso il teatro Fedele Fenaroli di Lanciano
sabato 7 Novembre e sabato 14 Novembre a partire dalle ore 21. La kermesse è ...
MantovaJazz 2009, Django’s Jungle
E’ stato presentato questa mattina il programma del MantovaJazz 2009. Quest’anno
il festival è dedicato a Django Reinhardt, sinto manouche che ha reinventato il
jazz. Django è forse la cosa più sorprendente accaduta al jazz...
Klara è una ragazza italo/ungherese di madre tzigana. Dall'Ungheria tiene un
blog in italiano che qualche volta parla anche di storie tzigane.
Nei prossimi giorni a partire da questo pubblicherà delle favole
Lo zingaro e l'orco
C'era una volta in un luogo lontano lontano, nascosto fra le montagne che si
trovano ad est, un villaggio di contadini con tantissime case ma disabitato.
Anzi, non proprio disabitato, uno degli abitanti era rimasto, ma tutti gli altri
se li era mangiati un terribile Orco che bazzicava da quelle parti. E siccome
era un Orco che aveva sempre un grande appetito, per primi si era mangiato i
bambini grassottelli, poi quelli più magrolini, poi le ragazze ne’ troppo grasse
ne’ troppo magre e poi, via via, anche gli uomini e le donne più giovani. Degli
altri, che avevano la carne meno tenera, ne aveva fatto salse, intingoli,
conserve, salamini, oppure li aveva messi in salamoia.
La tregua invernale delle espulsioni locative comincia oggi (2 novembre ndr)
e finirà il 15 marzo. Ma le popolazioni che vivono nelle roulottes non sono
interessate a questa misura. I Rom per esempio sono contrari a cambiare
accampamento, cosa che peggiora la loro situazione sanitaria.
Senza libretti sanitari, ancora meno medici curanti ed per finire poco di
cure. La situazione dei Rom, espulsi regolarmente dei loro accampamenti,
preoccupa Médecins du monde. I volontari dell'OnG si recano nei campi e
constatano in particolare che bambini non sono vaccinati contro malattie come il
tetano, cosa che pone un problema di sanità pubblica.
[...]
Tra i 200 e i 400 Rom sono per esempio stati espulsi martedì dalla CRS
(Compagnies Républicaines de Sécurité ndr) dai loro accampamenti di Villetaneuse
a Seine-Saint- Denis che occupavano da luglio. Il 14settembre la giustizia ha
dato ragione ad un società proprietaria del terreno di cui aveva chiesto
l'evacuazione. 88 Rom avevano accettato una proposta di sistemazione volontaria
ad agosto. Carine Juste, sindaca comunista di Villetaneuse, aveva sottolineato
la partecipazione dei comuni al finanziamento dei campi d'inserimento di Seine-Saint-
Denis. Ma aveva giudicato l'impegno dello Stato "non all'altezza" in un
settore che impegna "la responsabilità nazionale ed europea".
L'arrivo della tregua invernale, che sospende le espulsioni tra il 1 novembre
e il 16 marzo, non riguarda i Rom. Associazioni di sostegno ai gitani, gens du
voyage e Rom hanno chiesto quest'ultime settimane che la tregua invernale si
applichi all'habitat mobile. Vedono nella situazione attuale una
discriminazione supplementare per queste popolazioni.
In Francia, 400.000 persone sono ufficialmente registrate come "gens du
voyage e Rom". Un terzo è ancora nomade ed il 95% di loro sono Francesi. Il
termine di Rom designa in Francia soprattutto Zigani d'origine rumena, bulgara o
iugoslava. I Rom sono la più grande minoranza dell'Europa con quasi 10 milioni
di persone. Sono all'origine un popolo nomade i cui antenati hanno lasciato il
Nord-ovest dell'India all'inizio dell'XI secolo. Sono stati allora catturati e
messi in schiavitù prima di disperdersi attraverso l'Europa.
vi prego indicarmi il titolo del vostro media Rom o relativo ai Rom
(giornale, rivista, radio, canale televisivo) con le indicazioni e-mail, sito
web, telefono, al seguente indirizzo
romale@zahav.net.il
Di Fabrizio (del 09/11/2009 @ 09:32:38, in Europa, visitato 1832 volte)
segnalazione di Nadia Marino
di Carla OSELLA in "Pabay, nel mondo degli zingari" (ed. INTERFACE-AIZO)
Un giorno Pabaj mi telefonò dal bar emozionata: "Attilia, devi venire subito,
perché è arrivata mascia (nonna) Draga dalla Germania, la devi conoscere anche
tu, è una delle poche zingare che sono uscite dai lager, te ne avevo parlato
tempo fa, ricordi? Vieni in fretta, ti aspetto". Che bella sorpresa poterla
vedere, parlarle, ascoltare dalla viva voce un pezzo di storia, anche se tragica
di un periodo che non avevo mai vissuto. Sarei corsa immediatamente al campo
volando le scale, ma il giorno dopo avevo il compito in classe di matematica e
quindi non potevo andare impreparata; ci pensai un attimo, poi decisi che avrei
potuto rubare un po’ di tempo al sonno il giorno dopo, anche se al mattino ero
sempre stanca e facevo fatica ad alzarmi.
Mascia Draga valeva bene un po’ di sonno! Quando arrivai, c’erano molti Rom
accanto a lei, uomini, donne, ma, nonostante facessi degli sforzi per vederla,
non ci riuscivo perché era coperta da una piccola folla. In un angolo trovai una
sedia vuota e vi salii sopra per vederla. Era una donna minuta, molto anziana,
con un diclò (fazzoletto) verde intenso che le copriva i capelli, aveva una
maglia rossa da cui spuntava una camicetta con la gonna lunghissima, come
portavano le donne del campo.
Lei parlava piano e c’era attorno silenzio, davvero strano in un ambiente sempre
chiassoso e pieno di bambini, ma loro non c’erano. Infatti, quando succede
qualcosa d’importante, i bambini vengono allontanati. Vidi solo Sanella
seminascosta dietro la gonna di sua nonna.
A poco a poco molti Rom se ne andarono e nella baracca rimasero solo poche
donne, allora Pabaj mi disse: "Vieni, che ti faccio conoscere la Mascia!".
Mi avvicinai a quella zingara un po’ intimorita, aveva qualcosa di misterioso,
che non sapevo definire. Appena si accorse della mia presenza mi disse: "Vieni
piccola gagì, fammi vedere il viso" e, mentre mi diceva questo, cominciò a
fissarmi negli occhi. "Hai il viso buono - mi disse - perciò puoi essere amica
dei Rom".
Sentii che arrossivo fino alle orecchie per quel complimento e mi sembrò di
essere ancora più piccola. Nonna Draga mi fece un vero e proprio interrogatorio
chiedendomi qual era il motivo per cui venivo al campo e se mi piacevano gli
zingari.
Le spiegai il mio desiderio di conoscere meglio chi viveva nelle roulottes. "Tu
sei la figlia dei signori delle case di pietra, cosa ci fai in mezzo a questa
brutta gentaglia zingara?".
Mi colpì l’ironia con cui diceva quella frase; allora intervenne Pabaj a
spiegarle che ero sua amica da molto tempo.
Avrei voluto chiederle tante cose del suo passato, della sua deportazione nel
più grande campo di concentramento nazista, ma non osavo. Pabaj però leggeva le
mie domande negli occhi e fece lei la domanda che mi interessava. "Le abbiamo
parlato molto di te, voleva sapere qualcosa della tua giovinezza".
Un’ombra di tristezza passò sul suo viso, si strinse le mani con forza, quasi a
voler scacciare il passato, e mi rispose: "Non mi piace parlare del passato,
perché è stato una cosa troppo angosciante, ma forse è importante che la gente
sappia che anche il popolo zingaro, come il popolo ebreo, ha pagato con oltre
cinquecentomila morti la follia del nazismo. Anche per noi c’è stato
l’olocausto".
Mi sedetti accanto a lei in silenzio per ascoltare una storia sconosciuta ai
più. Raccontò che abitava in una piccola città della Francia, quando una notte
arrivò la GESTAPO (la polizia nazista) nel campo.
"Era un piccolo campo come questo con le baracche, faceva freddo, era tardi ed
eravamo tutti a letto. Sono entrati con i mitra spianati e ci hanno fatto
scendere, dicendoci che ci portavano in un posto dove raccoglievano tutti gli
zingari; il mio papà cercò di spiegare all’ufficiale che eravamo nomadi capitati
lì per caso, che non eravamo neppure francesi, ma loro non vollero sentire
nulla".
Sua madre coprì bene il fratellino più piccolo e lo mise in braccio al padre,
mentre aiutava gli altri a vestirsi in fretta per evitare qualsiasi questione
con i poliziotti. Poi li portarono ad una stazione, di cui lei non ricordava
neppure il nome, e vennero caricati su un carro merci.
"Avevamo molta paura e anche tanta fame. Il viaggio fu molto lungo, durò
parecchi giorni, finché arrivammo ad una piccola stazione polacca, in uno strano
posto davanti ad un cancello di ferro dove c’era scritto in tedesco "Arbeit
Macht Frei", cioè "Il lavoro rende liberi".
Guardandoci attorno, vedevamo che dagli altri vagoni scendevano dei gagé, donne
con i bambini cariche di borse e valigie. Ad un certo punto si separarono: un
gruppo da una parte "per le docce"- dicevano - e noi dall’altra.
Ma quando la colonna incominciò la sua lenta marcia, vidi che era composta di
ammalati e di bambini. Mi sentii gelare il cuore con il presentimento che
qualcosa dovesse succedere; quel giorno fu l’ultima volta che vidi la mamma".
Il racconto diventava sempre più interessante, la baracca si era di nuovo
riempita di persone; chi era seduto ai piedi della mascia Draga, chi stava
diritto, tutti pendevano dalle sue labbra. "Solo quando i russi giunsero al
lager, seppi che mia madre era stata messa nei forni crematori, dopo essere
passata dalle docce".
Mentre parlava, si asciugò con il dorso della mano le lacrime che le scendevano
dal volto. "A noi hanno fatto un segno che ho ancora sul braccio". Si tirò su la
manica e potei leggere bene inciso "Z24161". La nonna disse: "Vi racconto tutto
ciò che ho visto e vissuto, ma non è da raccontare ai bambini; invece è
importante capire che l’odio porta al razzismo e il razzismo uccide in molti
modi, con la morte fisica e con quella morale". Mi spiegò come si poteva
uccidere il cuore degli uomini con l’emarginazione:
"Tu sei un gagì, cosa vuoi sapere di queste cose? Tu vivi bene nella tua casa,
nessuno viene a controllarti. Per noi invece non è così, quando vai a fare la
spesa, ti servono prima degli altri, perché hanno timore che rubi qualcosa, o se
sali sul tram, nessuno si siede vicino a te, perché sei zingaro. Si rifiutano
non solo di parlarti, ma di starti accanto, quasi avessimo la peste".
Sentivo che era dura, ma la capivo, perché anch’io a scuola avevo dovuto lottare
con i miei compagni per difendere gli zingari; ricordavo ancora l’episodio in
cui un bambino mi aveva detto con disprezzo: "Sei solo una zingara" e io l’avevo
ringraziato, perché, se avessi potuto scegliere, avrei proprio voluto essere
zingara.
"Ma - riprese mascia Draga, dopo un po’ di silenzio - bisogna imparare sin da
piccoli a capire che tutti hanno il diritto di vivere. Il sole sorge per tutti e
la pioggia cade per tutti, tutti abbiamo fame e tutti abbiamo sete, ci sono
tante cose simili per i gagé e simili per gli zingari ed anche per i neri
dell’Africa, bisogna scoprirle".
Dopo un momento aggiunse: "Hai una nonna? Vai da lei e chiedile cosa vuol dire
ciò che ti ho detto. Chi ha vissuto molto, ha acquistato saggezza e bisogna
imparare ad ascoltare il passato per non commettere gli stessi sbagli per
l’avvenire". Nonna Draga abbassò la voce quasi volesse parlare a se stessa e
disse: "Non potevo ritornare in quel posto, ma ci sono andata alcuni anni fa e
ho pianto di rabbia, vedendo Auschwitz diventata un museo e constatando che in
mezzo alle baracche, dove sono morte migliaia di persone, i ragazzini spesso
mangiano patatine fritte e bevono Coca-Cola".
Spiegò: "Ho voluto andare a vedere le baracche del settore zingaro, ma le
intemperie le hanno distrutte. C’è solo uno spiazzo vuoto, però ho sempre in
tasca un pezzo di pietra che ho raccolto".
Poi si alzò con maestà dalla sedia, come se fosse una regina e con voce più
forte soggiunse: "Quando sarai grande, ricordati di ciò che ti disse una vecchia
zingara: la pace tra i popoli nasce cercando i valori che uniscono e non le
divisioni. Facciamo attenzione che il nazismo non torni in Europa, già troppi
innocenti hanno pagato".
Ero rimasta senza fiato; quella piccola donna minuta, dalla voce giovane, aveva
raccontato cose mai sentite. Avrei voluto abbracciarla, ma non osavo davanti a
tutti i Rom, tuttavia quando l’avvicinai, lei mi strinse forte e mi fece una
carezza.
"Vai, piccola gagì, oggi ho parlato troppo per la mia età".
Di Fabrizio (del 10/11/2009 @ 09:28:09, in scuola, visitato 1806 volte)
Segnalazione di Tommaso Vitale
09 novembre 2009 - di Paolo Repetto
Ieri a Milano fiaccolata a sostegno dei senza casa accampati in via Rubattino e
in attesa da mesi dello sgombero. In corteo anche le insegnanti dei bambini e le
mamme dei compagni di scuola
La lettera che ieri chiamava a raccolta uomini e donne di buona volontà, in
vista della fiaccolata milanese in difesa dei cittadini rom in attesa di
sgombero, è di per sé significativa: "Molti di voi – scriveva Basilio,
volontario di un circolo Arci della zona, ai suoi "contatti" via e-mail – sono
certamente consapevoli della situazione drammatica dei rom che stanno in via Rubattino; sapete anche che molti bambini di quel gruppo sono positivamente
inseriti a scuola, e che l’azione delle maestre e dei genitori della scuola
hanno sin qui impedito lo sgombero, privo di soluzioni organizzative che
consentano la prosecuzione delle iniziative di integrazione".
Lo sgombero, si leggeva ancora, "è sempre più vicino: Flaviana, una delle
maestre, e altre persone che lavorano come volontari a via Rubattino chiedono di
trovarci oggi, domenica 8 alle 18.00-18.30, per una fiaccolata di solidarietà
con queste persone. L’appuntamento è alla fontana tra i supermercati".
La fiaccolata si è poi regolarmente svolta, vedremo quali effetti riuscirà a
sortire nei prossimi giorni.
Va però ricordato che sia dell’eventualità di ristabilire l’ordine (per così
dire) nella strada periferica milanese sia soprattutto dell’impegno a favore dei
progetti di integrazione si parla da tempo, ovviamente in ambienti circoscritti,
molto distanti da quei meccanismi funzionali alla lobotomizzazione delle
coscienze e all’individualismo spinto che appassionano sempre più i mass media
nostrani.
A lanciare l’allarme contro il possibile brutto finale di una bella storia era
stata Amnesty International insieme alle associazioni di solidarietà cittadine
(dalla comunità di Sant’Egidio all’Arci, passando per alcune parrocchie e il
Naga, centro medico aperto agli immigrati e attivo da decenni a Milano).
Tutti assieme si mossero a difesa della comunità rom sistemata in via Rubattino.
Venne diffuso anche un appello volto a sensibilizzare i genitori delle altre
classi scolastiche facenti parte del plesso che ospita i bimbi romanì, chiedendo
la disponibilità a firmare la lettera redatta da una maestra della scuola di via
Pini, Flaviana Robbiati, e indirizzata al sindaco di Milano, Letizia Moratti, al
Prefetto e commissario straordinario per l’emergenza "nomadi" (anche se il
popolo romanì non è più tale da decenni), oltre che all’assessore competente
(con delega alle politiche sociali e alla scuola).
Da circa due anni, spiegava la lettera, è presente sul territorio la comunità
rom e sinti di via Rubattino: proprio grazie alla "collaborazione tra istituto,
volontari della comunità di S. Egidio, Padri Somaschi e parrocchie, sono stati
avviati percorsi di integrazione, primo fra tutti quello di scolarizzazione dei
bambini".
A frequentare le classi sono 36 bambini, che "a seguito dell’imminente sgombero
del campo, si vedranno impossibilitati a continuare la frequenza: ciò potrebbe
compromettere la possibilità di questi scolari di veder realizzato il loro
diritto all’istruzione e potrebbe interrompere il percorso di integrazione che
ha coinvolto nel corso dello scorso anno gli scolari rom insieme a quelli del
quartiere e le loro famiglie. La rete di relazioni e il clima positivo venuti a
instaurarsi potrebbero essere vanificati se questi bambini non verranno messi
nelle condizioni di poter continuare a frequentare le scuole cui sono
attualmente iscritti".
La lettera chiedeva dunque alle istituzioni un impegno per evitare la
"cessazione della possibilità di frequentare i nostri istituti". Pertanto "le
istituzioni da voi rappresentate si attivino affinché le famiglie rom del campo
di via Rubattino, con figli nell’età della scuola dell’obbligo, siano messe
concretamente nelle condizione di poter continuare ad adempiere al loro
diritto/dovere di mandare i figli a scuola, non in una scuola qualunque, ove
tutto il percorso didattico e di integrazione andrebbe ricostruito, ma in
continuità con quanto già in atto. Crediamo che il diritto alla scuola non possa
essere garantito solo formalmente dal fatto che esistono istituti scolastici su
tutto il territorio italiano, ma che vada fatta una scelta sostanziale e che si
comprenda come l’interruzione di percorsi avviati significhi in realtà la
negazione dei diritti di questi bambini".
La vicenda che riguarda la cittadinanza di via Rubattino, quella italianissima
affiancata alla comunità romanì, porta con sé alcuni insegnamenti rivolti alla
coscienza di ciascuno e alla classe politica: l’integrazione è possibile e può
arricchire le persone al di là della classe sociale, della razza o della lingua
d’origine. Di certo non la si costruisce sugli slogan o come conseguenza di
vuoti richiami "buonisti". Può germogliare come frutto di lunghi e faticosi
interventi sul territorio, che richiederebbero tra l’altro adeguate sponde sul
terreno comunicativo: per rendere partecipe il cittadino "comune" di ciò che di
buono può accadere tra immigrati e nomadi accampati nel quartiere accanto al
suo.
Ad oggi si tratta di un’eresia, visto che al teleutente viene riservato
esclusivamente il fatto di cronaca scelto tra i più raccapriccianti, che vede
protagonista il "marocchino" (o l’albanese…) che, ha "infierito sul vicino di
casa" dopo averlo "trucidato" e dopo aver "beneficiato dello sconto di pena".
Un’eresia che però vale la pena praticare, per contribuire a salvare la nostra
società dalla sua drammatica involuzione.
Di Fabrizio (del 10/11/2009 @ 09:50:07, in casa, visitato 1658 volte)
Ricevo da Agostino Rota Martir
Con noi Rom è inevitabile parlare di integrazione, tutti ne parlano. E’ da
almeno 10 anni che anche noi qui a Pisa siamo gli "oggetti" da integrare:
abbiamo visto passare sopra le nostre teste tante persone, associazioni,
Fondazioni, operatori, esperti..tutti pronti a lanciare su di noi la loro
ricetta miracolosa, con l’obiettivo di portarci alla meta della desiderata
integrazione. Noi abbiamo cercato di "cambiare", era la condizione per far parte
del progetto "Città sottili".
"Dovete cambiare per ottenere..", era il ritornello sulla bocca di molti. "Bisogna che voi mandiate i vostri bambini a scuola, se volete poi..".
"Dovete smettere di mandare le vostre donne con i bambini a mendicare in città
se volete restare dentro il Progetto."
Lungo tutti questi anni abbiamo cambiato tante cose, anche a costo di sacrifici
e di rinunce, a volte questi cambiamenti erano dolorosi, anche se questo nessuno
lo riconosce, ma il villaggio ci attendeva.
"Dovete abbattere le vostre baracche se volete far parte del villaggio che
verrà.."
"Dovete spostarvi più in là, dovete restringervi."
"Dovete impedire l’accesso al campo a nuovi Rom, altrimenti il villaggio non si
farà."
"Dovete dire a quelle persone di uscire dal campo, se volete continuare a
rimanere nel Progetto!"
"Ma quelle persone sono mio padre e mia madre".
"Non importa, se ne devono andare è per il Progetto!"
Il villaggio Rom che sta per finire ha comportato tanto impegno e difficoltà,
sia da parte dell’Amministrazione, che ringraziamo di cuore, ma soprattutto da
parte nostra. Abbiamo accettato con tanta speranza ben 7 anni fa, quando
l’assessore di allora dott. Marco Macaluso ci presentò le modalità del progetto
e la descrizione del Villaggio che sarebbe sorto all’interno del campo. A tutte
le famiglie, ad ognuna singolarmente fu anche chiesto espressamente cosa
sceglievano: rimanere nel campo in attesa del villaggio o andare subito in un
appartamento. Chi otteneva una sistemazione in casa o in appartamento si
impegnava a non far ritorno al campo, a chi invece rimaneva nel campo veniva
chiesto soprattutto di portare pazienza nel sopportare i disagi della vita al
campo e di collaborare in attesa di entrare nel nuovo villaggio. "Basta campi!",
si diceva allora e si continua a ripeterlo, come se per noi Rom il campo è la
nostra scelta di vita: ci fu imposto a suo tempo e si continua a farlo passare
come una nostra scelta di vita. L’integrazione sembrava praticamente il
passaggio automatico dal campo all’appartamento.
Ora veniamo a conoscenza che la maggioranza delle famiglie che vivono al campo
di Coltano non entrerà nel villaggio, la precedenza andrà ad altri, esattamente
a chi da anni vive in appartamento, ma allora noi chiediamo: dove sta la
fedeltà alle tante promesse che ci avete fatto?
A cosa è servito pazientare e collaborare attivamente se poi alla fine qualcuno
subdolamente cambia le regole di nascosto e trama alle nostre spalle?
Praticamente a quei Rom che avevano accettato di "integrarsi" nelle case (perché
noi non lo stiamo facendo?), ora viene chiesto di tornare nel "villaggio"…
ma
non si erano già integrati? Che ne sarà di quelle famiglie che in tutti questi
anni hanno atteso il Villaggio e che all’ultimo momento si vedono escluse senza
alcuna spiegazione?
Se usiamo parole forti è perché siamo ormai stanchi di fare domande al
responsabile del progetto, ma in cambio cosa riceviamo? Silenzi, Bugie, falsità,
doppiezza, non considerazione. L’elenco sarebbe lungo e penoso.. eppure si
tratta delle nostre vite e quelle delle nostre famiglie. Noi esprimiamo tanti
dubbi sul modo in cui il responsabile del progetto lo sta portando avanti e
chiediamo al sig. Sindaco un suo diretto intervento perché trovi persone capaci
di assumere un atteggiamento di correttezza e lealtà "anche verso di noi",
atteggiamenti minimi indispensabili perché l’integrazione cammini verso la sua
giusta direzione. Quella correttezza che da anni viene chiesta a noi Rom e che
in tante situazioni crediamo di averla dimostrata, ma vogliamo vederla anche
negli stessi operatori verso di noi, soprattutto quando questi trattano delle
nostre esistenze e del nostro futuro! Diversamente si rischia un abuso!
Fino a qualche anno fa noi Rom ci sentivamo parte della cittadinanza di Pisa,
partecipavamo con entusiasmo a varie iniziative cittadine proponendo la nostra
cultura, la nostra storia, cercando di trasmettere la nostra fiducia nella vita,
ora invece ci sentiamo messi in disparte, come zittiti. Questa comunicazione
venne interrotta, forse ritenendola inutile o uno spreco di energie da gestire
con competenza e professionalità sempre da altri, ma estranei a noi e spesso
diffidenti.
Il Progetto rischia di erodere quelle che erano le nostre radici, la nostra
comune appartenenza di popoli Rom, un risultato è che ora, anche tra di noi ci
guardiamo con diffidenza e sospetto. E’ forse questo il prezzo da pagare per
l’integrazione? Quando ci sarà strappata anche l’anima potremo dire di esserci
meritato il diploma della integrazione?
Noi Rom di Coltano da anni stiamo chiedendo agli operatori del Progetto di
trovare una soluzione al Permesso di Soggiorno, per riuscire in seguito a
trovare un lavoro.. Perché si è fatto niente al riguardo quando la Legge era più
favorevole, rispetto a quella in vigore oggi?
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