di
Alberto Melis
«Una ricerca dell'Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione del gennaio
di quest'anno dice che alla domanda “Quanti sono i rom e i sinti in Italia?” il
35 per cento degli italiani pensa che sono più di mezzo milione, mentre solo il
6 per cento pensa correttamente che sono intorno ai 130 mila, l'altro 59 per
cento risponde che non lo sa. Il 24 per cento sa che più della metà dei rom sono
cittadini italiani, il 16 per cento che i rom non sono più prevalentemente
nomadi, il 37 per cento sa che non sono un popolo omogeneo per cultura e paese
di provenienza e solo lo 0,1 per cento, uno su ogni mille abitanti, ha tutte
quattro le informazioni». Così Dijana Pavlovic - attrice, giornalista e
attivista rom di origine serba - restituisce la profondità del solco che divide
l'etnia rom e sinta dal resto della popolazione italiana, in un volume che verrà
presentato oggi alle 17 a Cagliari, nell'Aula magna della facoltà di Scienze
politiche in viale Fra Ignazio 78, da Gianfranco Bottazzi, docente di Sociologia
economica, e Silvia Niccolai, docente di Diritto pubblico.
“Rom e Sinti in Italia” (Ediesse, pp. 268, euro 15, vedi
QUI ndr), curato da Roberto Cherchi e
Gianni Loy, è una raccolta di saggi promossa dall'Associazione Sucania e dalla
Fondazione Anna Ruggiu, che sulle problematiche della non conoscenza e degli
stereotipi negativi che gravano sull'etnia minoritaria, e insieme sui diritti
che ancora oggi le vengono negati, avevano già organizzato un seminario a
Cagliari lo scorso anno.
Davanti al gravissimo pregiudizio che negli ultimi anni è andata via via
inasprendosi nel nostro paese (l'unico in Europa e forse nel mondo che dal 1998
si è dotato di una legislazione speciale che in luogo del diritto comune ha
imposto per i rom una serie di norme tanto vessatorie quanto discriminatorie,
come quella sulle impronte digitali per i bambini), il volume propone numerosi
interventi volti da una parte a ricostruire il percorso millenario che ha
portato l'etnia romané in Europa, proveniente dall'India nord-occidentale, e
dall'altra a fornire un approfondito quadro analitico dei meccanismi attraverso
i quali si sostanziano tanto la sua oggettiva emarginazione, quanto i comuni
sentimenti di rifiuto che la circondano. Di particolare interesse - oltre
all'intervento della studiosa e ricercatrice di etnia sinta Eva Rizzin, dell'European
Roma Rights Center, che ricostruisce lo sconfortante panorama de
“L'antiziganismo in Italia e in Europa” - sono il saggio in apertura di Gianni
Loy (“Violino tzigano. La condizione dei rom in Italia”), quello di Tommaso
Vitale (“I nomadi come problema pubblico nelle città italiane”) e quelli di Luca
Bravi e di Paolo Finzi, storico editore di “A - rivista anarchica” e già amico e
complice di Fabrizio De André nelle sue incursioni musicali nella cultura
“zingara”, che propongono un'accurata ricostruzione del Porrjamos, lo sterminio
nazista dei popoli nomadi.
Ugualmente meritevoli di attenzione gli aspetti indagati dagli altri autori
della raccolta, Massimo Aresu (una lettura inedita dell'antica presenza rom in
Sardegna), Ilenia Ruggiu (sul tema della diversità come “bene pubblico”),
Roberto Cherchi (“I diritti dello straniero”) ed Ester Mura, l'ex direttrice di
un istituto di Monserrato che racconta la straordinaria esperienza di
integrazione che qualche anno fa portò tutti i bambini della locale comunità rom
a frequentare con successo la scuola.