Ricevo da Agostino Rota Martir
Con noi Rom è inevitabile parlare di integrazione, tutti ne parlano. E’ da
almeno 10 anni che anche noi qui a Pisa siamo gli "oggetti" da integrare:
abbiamo visto passare sopra le nostre teste tante persone, associazioni,
Fondazioni, operatori, esperti..tutti pronti a lanciare su di noi la loro
ricetta miracolosa, con l’obiettivo di portarci alla meta della desiderata
integrazione. Noi abbiamo cercato di "cambiare", era la condizione per far parte
del progetto "Città sottili".
"Dovete cambiare per ottenere..", era il ritornello sulla bocca di molti.
"Bisogna che voi mandiate i vostri bambini a scuola, se volete poi..".
"Dovete smettere di mandare le vostre donne con i bambini a mendicare in città
se volete restare dentro il Progetto."
Lungo tutti questi anni abbiamo cambiato tante cose, anche a costo di sacrifici
e di rinunce, a volte questi cambiamenti erano dolorosi, anche se questo nessuno
lo riconosce, ma il villaggio ci attendeva.
"Dovete abbattere le vostre baracche se volete far parte del villaggio che
verrà.."
"Dovete spostarvi più in là, dovete restringervi."
"Dovete impedire l’accesso al campo a nuovi Rom, altrimenti il villaggio non si
farà."
"Dovete dire a quelle persone di uscire dal campo, se volete continuare a
rimanere nel Progetto!"
"Ma quelle persone sono mio padre e mia madre".
"Non importa, se ne devono andare è per il Progetto!"
Il villaggio Rom che sta per finire ha comportato tanto impegno e difficoltà,
sia da parte dell’Amministrazione, che ringraziamo di cuore, ma soprattutto da
parte nostra. Abbiamo accettato con tanta speranza ben 7 anni fa, quando
l’assessore di allora dott. Marco Macaluso ci presentò le modalità del progetto
e la descrizione del Villaggio che sarebbe sorto all’interno del campo. A tutte
le famiglie, ad ognuna singolarmente fu anche chiesto espressamente cosa
sceglievano: rimanere nel campo in attesa del villaggio o andare subito in un
appartamento. Chi otteneva una sistemazione in casa o in appartamento si
impegnava a non far ritorno al campo, a chi invece rimaneva nel campo veniva
chiesto soprattutto di portare pazienza nel sopportare i disagi della vita al
campo e di collaborare in attesa di entrare nel nuovo villaggio. "Basta campi!",
si diceva allora e si continua a ripeterlo, come se per noi Rom il campo è la
nostra scelta di vita: ci fu imposto a suo tempo e si continua a farlo passare
come una nostra scelta di vita. L’integrazione sembrava praticamente il
passaggio automatico dal campo all’appartamento.
Ora veniamo a conoscenza che la maggioranza delle famiglie che vivono al campo
di Coltano non entrerà nel villaggio, la precedenza andrà ad altri, esattamente
a chi da anni vive in appartamento, ma allora noi chiediamo: dove sta la
fedeltà alle tante promesse che ci avete fatto?
A cosa è servito pazientare e collaborare attivamente se poi alla fine qualcuno
subdolamente cambia le regole di nascosto e trama alle nostre spalle?
Praticamente a quei Rom che avevano accettato di "integrarsi" nelle case (perché
noi non lo stiamo facendo?), ora viene chiesto di tornare nel "villaggio"…
ma
non si erano già integrati? Che ne sarà di quelle famiglie che in tutti questi
anni hanno atteso il Villaggio e che all’ultimo momento si vedono escluse senza
alcuna spiegazione?
Se usiamo parole forti è perché siamo ormai stanchi di fare domande al
responsabile del progetto, ma in cambio cosa riceviamo? Silenzi, Bugie, falsità,
doppiezza, non considerazione. L’elenco sarebbe lungo e penoso.. eppure si
tratta delle nostre vite e quelle delle nostre famiglie. Noi esprimiamo tanti
dubbi sul modo in cui il responsabile del progetto lo sta portando avanti e
chiediamo al sig. Sindaco un suo diretto intervento perché trovi persone capaci
di assumere un atteggiamento di correttezza e lealtà "anche verso di noi",
atteggiamenti minimi indispensabili perché l’integrazione cammini verso la sua
giusta direzione. Quella correttezza che da anni viene chiesta a noi Rom e che
in tante situazioni crediamo di averla dimostrata, ma vogliamo vederla anche
negli stessi operatori verso di noi, soprattutto quando questi trattano delle
nostre esistenze e del nostro futuro! Diversamente si rischia un abuso!
Fino a qualche anno fa noi Rom ci sentivamo parte della cittadinanza di Pisa,
partecipavamo con entusiasmo a varie iniziative cittadine proponendo la nostra
cultura, la nostra storia, cercando di trasmettere la nostra fiducia nella vita,
ora invece ci sentiamo messi in disparte, come zittiti. Questa comunicazione
venne interrotta, forse ritenendola inutile o uno spreco di energie da gestire
con competenza e professionalità sempre da altri, ma estranei a noi e spesso
diffidenti.
Il Progetto rischia di erodere quelle che erano le nostre radici, la nostra
comune appartenenza di popoli Rom, un risultato è che ora, anche tra di noi ci
guardiamo con diffidenza e sospetto. E’ forse questo il prezzo da pagare per
l’integrazione? Quando ci sarà strappata anche l’anima potremo dire di esserci
meritato il diploma della integrazione?
Noi Rom di Coltano da anni stiamo chiedendo agli operatori del Progetto di
trovare una soluzione al Permesso di Soggiorno, per riuscire in seguito a
trovare un lavoro.. Perché si è fatto niente al riguardo quando la Legge era più
favorevole, rispetto a quella in vigore oggi?
Campo Rom di Coltano (PI) - 8 Novembre 2009 -
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