Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 31/05/2009 @ 09:53:36, in Italia, visitato 2354 volte)
Ricevo da Cristina Di Canio
Petru Birladeanu, cittadino rom di nazionalità rumena, era un suonatore di
organetto nella ferrovia Cumana che parte dal quartiere Montesanto di Napoli.
Tutti i viaggiatori lo conoscevano: un musicista, una persona gentile che
proponeva la sua arte per pochi spiccioli, sempre accompagnato da sua moglie.
Martedì sera un commando di 8 persone su quattro motociclette attraversa via
Pignasecca fino alla stazione della Cumana. Sparano in aria, all'impazzata. E'
l'ennesimo scontro per il territorio che vedrebbe gli affiliati del clan Sarno
di Ponticelli cercare di terrorizzare chi pensa di sostenere il ritorno su
piazza del vecchio boss Mariano, appena scarcerato.
Petru forse neanche la conosce questa storia. Ma alla stazione della Cumana
diversi colpi sono sparati ad altezza uomo, tra la folla che scappa. Forse hanno
avvistato qualcuno del clan avversario, forse sparano contro i vetri della casa
di qualche rivale, forse un errore... chissà. Un ragazzo di 14 anni viene
colpito alla spalla e per poco non ci rimette la pelle. Petru è meno fortunato:
le videocamere della Cumana lo riprendono mentre scappa e cerca rifugio come
tanti altri dentro la stazione. Il braccio intorno al collo della sua compagna,
un istintivo gesto di protezione. Ma una volta dentro si accascia: un proiettile
gli è entrato sotto l'ascella bucando cuore e polmoni. Gli lascia sul corpo uno
strano segno come di arma da taglio che inizialmente confonderà anche i medici.
Ma Petru muore "sparato", come si dice a Napoli, sparato per niente! Muore dopo
mezzora di agonia e i ritardi dei soccorsi che probabilmente hanno scontato
anche il caos e la paura che si era creata in tutta la strada. Malgrado
l'Ospedale Pellegrini fosse a 500 metri... La compagna piange disperata. Petru
aveva 33 anni...
La sua fine terribile ricorda quelle di altri, come Silvia Ruotolo, uccisa
anch'essa da un proiettile vagante al Vomero dodici anni fa. Ma la città non
condivide la stessa commozione. Forse siamo più cinici in generale, forse Petru
è "soltanto" un rom... sta di fatto che al momento in cui scriviamo non sono
previste fiaccolate, esequie ufficiali, interventi istituzionali in sostegno
della sua compagna... Nessun politico di professione o amministratore ha pensato
di prendre parola su una sparatoria così insensata nel centro della città che
dicono di voler rappresentare... Forse c'è un motivo a tutto questo.
Petru non ha avuto "l'onore" di essere veramente raccontato nei servizi di testa
dei tg, se non dentro la più complessiva e impigrita retorica sul consueto far
west napoletano. Un rom in cronaca senza essere accusato di stupro o di
omicidio, un rom vittima innocente non da dividendi politici, non serve alla
macchina della paura e della propaganda.
Anzi, alcuni quotidiani hanno inizialmente accreditato la tesi che fosse lui
l'obiettivo dei sicari..! Per qualunque "indigeno" in poche ore la polizia è in
grado di fornire un profilo attendibile su una possibilità del genere. Inutile
dire che Petru, quotidiano suonatore di organetto sulla Cumana, ben
difficilmente (!) rientrava in questo schema. Ma intorno allo straniero, per lo
più rom, si concede sempre un margine ulteriore all'incertezza, al sospetto,
anche se questo sospetto non ha nessun punto d'appoggio razionale.
Per la verità in questi giorni c'è stato un altro caso in cui l'informazione
napoletana non ha dato grande prova di sè: l'episodio che ha visto infine
l'arresto di cinque persone di nazionalità nigeriana a vico Vertecoeli. Con
l'eccezione di alcuni quotidiani, la gran parte, qualcuno perfino con imbarazzo,
ha accreditato la più inverosimile delle ricostruzioni: il rapimento premeditato
di una bambina di undici anni da parte di un gruppo di immigrati che abitavano
nel suo stesso cortile, per soddisfare le voglie di un boss pedofilo...!! A
Forcella...!
Probabilmente la più straordinaria panzana dell'ultimo anno per quella che,
da qualche racconto che è arrivato a noi, potrebbe benissimo essere una banale
rissa tra vicini. Non abbiamo certezze e non vogliamo distribuirne, né dipingere
sistematicamente il migrante come vittima innocente, ma digerire in maniera così
acritica la più improbabile delle storie, solo per la sua "notiziabilità", non
fa certo onore all'informazione.
Il tg1 ha fatto di meglio: oltre a riportare questa versione senza scomodare
nemmeno un condizionale, l'ha poi fatta seguire da un servizio sulla scomparsa
13 anni fà della piccola Angela Celentano! Così lo psicodramma collettivo
sull'uomo nero in agguato dietro la porta di casa è finalmente servito a oltre
dieci milioni di persone.
Eppure il pogrom feroce contro i rom, che a Ponticelli segui il presunto
(assai presunto..!) tentativo di rapimento di una neonata da parte di una
giovanissima rom, imporrebbe ben altra prudenza e attenzione. Ci sarebbe inoltre
la presunzione d'innocenza...
Sarebbe magari utile cercare gli avvocati dei nigeriani arrestati e
raccogliere almeno la loro versione... Qualche giornale sembra volerci provare
senza rimuovere la notizia. Se così è siamo pronti a dargli una mano.
Collettivo Napoli Internescional
Di Fabrizio (del 31/05/2009 @ 09:32:44, in Europa, visitato 2073 volte)
Segnalato da La Voix des Rroms
Le Parisien.fr
Orly - Sucy
Ambiente: tre giovani Rom hanno prevalso
Originari della Romania, hanno moltiplicato le operazioni di pulizia degli
argini della Senna o della Marna. Sono stati selezionati nel quadro di un
prestigioso premio internazionale 30.05.2009, 07h00
Ieri è stato un gran giorno per Madalina, Ancuta e Mugurel. Questi tre
giovani Rom rumeni, che vivono negli accampamenti precari a Sucy-en-Brie e ad
Orly, sono stati ricevuti nell'ambasciata di Svezia a Parigi per ritirare un
premio per un'operazione esemplare di educazione all'ambiente.
Selezionati nel quadro del prestigioso Stockholm Junior Water Prize 2009,
hanno ricevuto il 1° premio Azione terreno per aver pulito i bordi della Senna a
più riprese con l'associazione Ose (Organo di salvataggio ecologico). Dal 1990,
Ose organizza vaste operazioni di raccolta sugli argini della regione parigina,
ripescando tonnellate di rifiuti, del carrello di supermercato alla carcassa
d'automobile.
"Siamo molto fieri di partecipare a tutto questo", reagisce semplicemente
Madalina, dall'alto dei suoi 13 anni. Se non sono stati scelti per il grande
finale in Svezia, il mese prossimo, hanno ricevuto un assegno di 1.000 €.
"Compreremo del materiale scolastico, delle matite." Interviene sua madre: "Ed
anche dei vestiti!"
Un "colpo al cuore"
Incredibile avventura per i tre adolescenti arrivati in Francia da quattro
anni. Un po' intimiditi nell'elegante VII arrondissement e poco abituati ai
pasticcini, sono tuttavia stati oggetto di una valanga di complimenti. "Avete
messo il vostro talento a profitto di questa grande causa che è l'ambiente", li
ha ringraziati la giuria. Il suo presidente, Patrick Lavarde, che è anche
direttore generale dell'Ufficio nazionale dell'acqua e degli ambienti acquatici
(Onema), ha parlato di un "colpo al cuore" per un "dossier un po' particolare".
In effetti, gli altri premi sono usciti soprattutto dai licei tecnici. "Queste
popolazioni rom vivono senz'acqua, senza elettricità, talvolta accanto alla più
grande officina di trattamento dell'acqua nella regione parigina, a Orly. I
ragazzi scolarizzati sono anche degli ambasciatori vicini ai loro compagni
francesi. Separano i rifiuti, hanno tessuto legami con i comuni. C'è ugualmente
una dimensione artistica. I giovani hanno concepito delle sculture realizzate
con bottiglie di plastica, ferraglie, e le hanno esposte." Ma la loro situazione
resta precaria. Il 3 giugno, la giustizia deve esaminare la domanda d'espulsione
depositata dalla sindaca di Orly.
"Vorrei che fossero presi in maggior considerazione dai poteri pubblici",
commenta Edouard Feinstein, fondatore dell'Ose. "Ma questo premio, a cui nessuno
credeva quando si sono iscritti al concorso, è stata una grossa sorpresa." Sono
quasi due anni che ha spinto i Rom della Valle della Marna a pulire gli accessi
dei loro accampamenti.
Si è cominciato a Vitry, in un campo ormai sgomberato. Non è più finita.
"Siamo andati, il mese scorso, con gli adolescenti a pulire un sito sinistrato
nel parco naturale regionale dei vulcani dell'Avernia", riporta Edouard Feinstein.
Quest'estate, progettano di andare a pulire una montagna sulle alture di Nizza.
E domenica, Ose organizza una grande operazione di pulizia degli argini della
Senna e della Marna." Aperta a tutti.
Di Fabrizio (del 30/05/2009 @ 09:43:39, in Europa, visitato 2631 volte)
Situazione complicata e contraddittoria per le minoranze ed
i Rom in Kosovo. Mentre molti rifugiati all'estero vengono rimpatriati a forza
(se n'era scritto negli anni scorsi), le minoranze lì presenti vengono forzate a
lasciare il paese.
Da
Roma_ex_Yugoslavia, come al solito, la questione delle minoranze si
intreccia a tanti temi diversi.
27
maggio 2009, By Fatos Bytyci
PRISTINA (Reuters) - Dice un rapporto di mercoledì scorso che la mancanza di
volontà della leadership kosovara di etnia albanese nell'assicurare i diritti
alle minoranze, ha allontanato molti Bosniaci, Turchi, Rom ed altre minoranze
non-Serbe.
La maggioranza albanese ha dichiarato l'indipendenza nel febbraio dell'anno
scorso, nove anni dopo che la NATO aveva eseguito una campagna di
bombardamento durata 78 giorni, per cacciare le forze serbe dal Kosovo.
Da allora, si sono approfondite le divisioni etniche tra i due milioni di
Albanesi e i 120.000 Serbi rimasti nel paese, con 14.000 peacekeeper NATO e la
missione di 2.000 componenti dell'Unione Europea che sovrintendono ad una
fragile pace.
Il rapporto del Gruppo Internazionale sui Diritti delle Minoranze (MGI) dice
che Bosniaci, Croati, Gorani, Rom, Askali, Egizi e Turchi, che sono il 5% della
popolazione, affrontano discriminazioni e molti di loro da allora hanno lasciato
il paese.
"C'è mancanza di volontà politica e di investimenti sostanziali nello
sviluppo effettivo dei diritti delle minoranze tra la maggioranza albanese,"
dice. "Assieme ad una cattiva economia, queste condizioni significano che molti
componenti delle comunità minoritarie stanno lasciando definitivamente il nuovo
stato del Kosovo.
Il rapporto dice che il povero trattamento delle minoranze è stato dovuto
alla percezione che siano state alleate all'ex regime serbo negli anni '90, o
che abbiano fatto poco per opporvisi.
L'uomo forte della Serbia, Slobodan Milosevic, fu accusato dal tribunale per
i crimini di guerra delle Nazioni Unite per aver ucciso componenti dell'etnia
albanese in Kosovo, ma morì prima che il suo processo all'Aia fosse completato.
Le minoranze non-serbe in Kosovo hanno criticato la comunità internazionale
per dare troppa attenzione alle relazioni albanesi-serbe ed ignorare gli altri
gruppi.
"La priorità della comunità internazionale dovrebbe essere di assicurare che
ci sia qualche tipo di meccanismo dei diritti umani internazionali a cui le
minoranze in Kosovo possano appellarsi," ha detto in un'intervista Mark Lattimer,
direttore di MGI.
Il gruppo ha detto che assicurare la protezione delle minoranze aiuterebbe il
Kosovo nel cammino verso l'Unione Europea.
Il Kosovo è l'unico paese dei Balcani occidentali senza una chiara
prospettiva di unirsi al blocco, dato che alcuni stati membri incluse Spagna e
Grecia non l'hanno riconoscito. La Serbia guarda ancora al Kosovo come parte del
suo territorio storico, e ha chiesto alla Corte Internazionale di Giustizia
dell'Aia di giudicare sulla legalità della secessione.
Sempre da
Roma_ex_Yugoslavia uno dei tanti casi di rimpatrio forzato
28 maggio 2009 - Secondo informazioni del suo avvocato (vedi
comunicato stampa, pdf in tedesco ndr), la polizia ha arrestato il
ventiseienne Elvis A., lunedì 26 maggio 2009 attorno a mezzanotte, presso la sua
casa a Fuldatal, dove viveva con la sua compagnia e i loro due bambini, di un
anno e mezzo e di tre settimane, per essere rimandato in Kosovo, dove non ha
altri familiari. Secondo la stessa fonte, Elvis A. arrivò in Germania, nel
settembre 1999, con i genitori e altri fratelli, a seguito del conflitto in
Kosovo.
Invece di ricevere asilo, a Elvis A. venne garantito soltanto uno "status di
tollerato" ("Duldung"), che offre una protezione limitata contro
l'espulsione. Non solo, in questo modo Elvis A. non poteva ricevere una
formazione professionale o avere un lavoro regolare. Arrivato in Germania 82
giorni troppo tardi, ha perso l'opportunità che il suo caso fosse considerato
dalla cosiddetta "Härtefallkommission" che tratta i casi di particolare
sofferenza tra i richiedenti asilo.
Un mese fa Elvis A. ricevette una lettera, che gli chiedeva di lasciare la
Germania su "base volontaria". Riferendosi alla sua situazione familiare e
integrazione sociale, il suo avvocato richiese un permesso di residenza. Non ci
fu nessuna risposta, sino alla deportazione in Kosovo. Secondo il suo avvocato,
non c'è stato il tempo per fare ricorso legale.
Il governo federale tedesco ha recentemente concluso un
accordo di riammissione con le autorità kosovare che permette il rimpatrio
forzato di persone originarie del Kosovo, indipendentemente dal loro retroterra
etnica. Questo accordo è in contrasto e viola de facto la
posizione UNHCR sui bisogni di protezione internazionale continuata degli
individui del Kosovo, secondo cui i Rom ed i Serbi kosovari continuano ad
essere a rischio di persecuzione e a cui dovrebbe essere garantito l'asilo o
protezione sussidiaria.
La deportazione di Elvis A. coincide con la pubblicazione da parte del Gruppo
Internazionale sui Diritti delle Minoranze di un
rapporto che evidenzia la continuata discriminazione delle minoranze
etniche, che porta alla loro dipartita dal Kosovo. Il giorno stesso, la
Commissione contro il Razzismo e l'Intolleranza del Consiglio d'Europa, ECRI, ha
emesso il suo quarto
rapporto nazionale sulla Germania, in cui esprime le proprie critiche
riguardo le politiche restrittive del paese verso i richiedenti asilo.
In questo rapporto, l'ECRI dedica un'intera sezione alla situazione di chi è
stato ammesso in Germania sulla base dello "status di tollerato". Mentre si
elogiano gli sforzi della Germania per fornire una condizione provvisoria di
residenza a chi è in Germania da diversi anni, a cui ci si riferisce come "Bleiberechtsregelung",
fornendo loro adempimento a determinate condizioni, l'ECRI incoraggia le
autorità tedesche "a lavorare verso una soluzione che sia umana e pienamente
rispettosa dei diritti umani di tutte le persone, incluse quelle che non
beneficeranno delle disposizioni attuali, che hanno vissuto in Germania in
status di tolleranza per lungo tempo ed hanno sviluppato stretti legami con la
Germania." Elvis A. sarebbe certamente ricaduto in questa categoria.
Chachipe a.s.b.l.
B.p. 97
L - 7201 Béreldange
e-mail: chachipe.info@gmail.com
www.romarights.wordpress.com
Di Fabrizio (del 30/05/2009 @ 09:08:18, in sport, visitato 2131 volte)
VILLAGGIO CHAMPIONS, SCENDE IN CAMPO NAZIONALE "HOMELESS"
A 100 giorni dalla finale della Homeless World Cup, che dal 6 al 13
settembre vedrà sfidarsi a Milano 500 giocatori di 48 nazioni, oggi nel
Villaggio della Champions League a Colle Oppio la rappresentativa italiana
Homeless ha battuto la squadra di giornalisti Vodafone per 5 a 4. In campo, per
una partita di calcio 5 contro 5, anche il campione Marcel Desailly, che ha
giocato con la maglia rossa "Vodafone". Gli avversari e campioni della partita
dimostrativa, maglia blu indosso, sono i giocatori della "Nuova
multietnica", una squadra composta da sud americani, africani, rumeni
"homeless", giovani sportivi con un passato da senzatetto reinseriti o nomadi
residenti in campi irregolari, come 3 calciatori romeni che ancora oggi vivono
in un campo rom alle porte di Milano.
(omniroma.it)
(26 maggio 2009 ore 14:47)
Da
U Velto
Vladimiro Torre è candidato a Reggio Emilia nelle prossime elezioni comunali.
Torre è candidato nelle liste di
Rifondazione Comunista, unica formazione
politica in Italia che ha chiesto a Rom e Sinti di candidarsi nelle proprie
liste per le elezioni europee e candidando
Dijana Pavlovic nella circoscrizione del Nord Ovest (Lombardia, Piemonte e
Liguria). Rifondazione conferma una sensibilità alle questioni delle
minoranze iniziata nel 2005 con la candidatura e la elezione di Yuri Del Bar nel
Consiglio comunale di Mantova.
Vladimiro Torre così si presenta ai reggiani
Mi chiamo Vladimiro Torre, sono sinto e cittadino italiano nato a Carpi (MO)
il 20.08.1946. Con la mia famiglia vivo a Budrio di Correggio (R.E.) dove ho
acquistato un terreno su cui ho montato delle casette prefabbricate per me e per
i miei figli. Ho sempre fatto il giostraio impegnandomi per migliorare le
condizioni della categoria e, più in generale, per i diritti dei sinti e dei
rom. Dopo diverse esperienze nel campo dell’associazionismo, nel 1998 ho fondato
la sezione reggiana dell’associazione Them Romanó - ONLUS – in collegamento con
l’associazione Them Romanó di Lanciano (CH), che oggi fa parte della Federazione
Rom e Sinti Insieme. Them Romanó di Reggio ha come scopi principali la tutela
dei diritti civili, la promozione della cultura, la formazione professionale dei
sinti e dei rom ed inoltre l’organizzazione di corsi e seminari per operatori
che lavorano a contatto con questa popolazione. Mi sono sempre battuto per
migliorare le condizioni di vita della mia gente, per dare loro la possibilità
di uscire dai cosiddetti “campi nomadi”, convinto che la difesa dei diritti di
tutti i cittadini italiani cominci proprio da quelli troppo spesso dimenticati
dei rom e sinti. Infatti, noi di Them Romanó abbiamo ottenuto un miglioramento
della legge regionale che prevede i “campo nomadi” introducendo, a livello
legislativo, la possibilità di costruire micro-aree al loro posto. Adesso ci
attende un’altra battaglia: quella di essere riconosciuti come minoranza
linguistica dallo Stato Italiano.
Nel 2005 ho pubblicato, con altri sinti, il libro “Storie e vite di sinti
dell’Emilia” della CISU Editore per far conoscere a tutti gli italiani la nostra
storia e le difficili condizioni della nostra vita.
Di Fabrizio (del 29/05/2009 @ 09:22:13, in media, visitato 2057 volte)
Sul sito della campagna "Giornalisti
contro il razzismo" chiunque può segnalare episodi di cattiva informazione
sui migranti, simili a quelli stigmatizzati nell'appello che ha dato il via alla
campagna. Il modulo di segnalazione presente in questa pagina serve per citare
episodi concreti e circostanze specifiche di servizi giornalistici che possono
alimentare la paura, il razzismo e la violenza. L'obiettivo non è la delazione,
ma l'esercizio del "consumo critico" di informazione da parte dei cittadini,
affinché le redazioni degli organi di informazione non siano soggette solamente
alla pressione che arriva dall'alto dei poteri politici, ma anche alla pressione
democratica che la società civile è in grado di esercitare dal basso.
Di Fabrizio (del 29/05/2009 @ 08:54:17, in blog, visitato 1899 volte)
Da
Rom Sinti @ Politica
Gli ultimi anni sono stati terribili per la popolazione immigrata, rom e
sinta, scelte e comportamenti sbagliati del passato e del presente hanno
determinato un clima di odio e di rifiuto contraddistinto da violenze e da forme
istituzionali di illegalità e di discriminazione.
Ma le reazioni agli atti di violenza e di discriminazione istituzionale pongono
in evidenza una questione sostanziale: l’incapacità di “produrre” cultura,
restando “incarcerati” all’interno di “gabbie culturali” di riferimento che
minano la credibilità per un rapporto vivo con la società.
Un rapporto vivo con la società, per produrre cultura, impedirà la morte della
propria cultura che per sua natura è dinamica.
E’ quindi necessario un lavoro culturale per innescare percorsi di reazione
positiva al confronto e allo scambio culturale.
Un lavoro culturale per far emergere un orientamento verso la partecipazione
attiva, verso una democrazia interculturale e passare dalla mediazione alla
partecipazione.
Ma cosa si intende per partecipazione attiva?
Altre volte in questo blog ho affrontato la questione della partecipazione
attiva di Rom e Sinti individuando due livelli di partecipazione:
Come un mezzo personale e strumentale.
Come un fine che investe processi di trasformazione di vasta
portata per produrre cambiamenti collettivi.
Infatti la partecipazione come un fine è un processo di azioni
attraverso le quali gli individui, le comunità e le organizzazioni guadagnano
padronanza sulle loro vite per migliorare l’equità e la qualità di vita.
La forma e la sostanza della partecipazione come un fine devono
avere una credibilità.
Un approccio partecipativo come un fine presuppone processi di
formazione alla partecipazione (capacity building), cioè lo sviluppo delle
capacità, affinché la partecipazione attiva sia efficace ed efficiente nel
perseguimento degli obiettivi.
Chi pensa che possa esserci una partecipazione attiva per tutti e per chiunque a
tutti i livelli e senza capacity building, purché si appartenga a quel
determinato gruppo, commette un grave errore che troppo spesso impedisce
il passaggio dalla mediazione alla partecipazione attiva e di conseguenza da una
statica democrazia multiculturale ad una dinamica democrazia interculturale.
La popolazione Rom e Sinta in Italia se vuole migliorare la propria condizione
di vita ed uscire dalla condizione di emarginazione ed esclusione sociale e
culturale deve investire tutto sulla partecipazione attiva sia delegando le
personalità Rom e Sinte in possesso di strumenti in grado di far crescere una
credibilità al dialogo diretto, attivo e propositivo, sia attivando processi di
di empowerment delle persone per produrre cambiamenti, un processo di
formazione alla partecipazione (capacity building).
Le associazioni amiche di Rom e Sinti devono investire in questo processo se
vogliono veramente essere utili alla popolazione Rom e Sinta ed alle loro
organizzazioni.
Nazzareno Guarnieri
Di Fabrizio (del 28/05/2009 @ 13:47:34, in Italia, visitato 2051 volte)
L’associazione per i diritti umani critica pacchetto sicurezza,
respingimenti e atteggiamento verso i rom
Roma – 28 maggio 2009 - "L'anno scorso Amnesty aveva avvertito che l'Italia
stava scivolando lungo una pericolosa china razzista. Quest'anno purtroppo
dobbiamo constatare che il paese ha ormai intrapreso questo cammino. La
repressione sui rom, con sgomberi e aggressioni da parte di privati cittadini, è
stato solo l'inizio di questo processo".
Così la presidente di Amnesty International, Christine Weise, che ha presentato
a Roma il rapporto 2009 dell’associazione per i diritti umani.
Amnesty punta il dito contro le aggressioni a rom e sinti "che ancora non
vengono riconosciuti come minoranze nazionali" e contro gli "sgomberi forzati
illegittimi", mentre ai prefetti sono stati accordati poteri speciali per
controllare gli insediamenti rom. Anche un gruppo di esperti dell’Onu, ricorda
il rapporto, ha commentato con "sbigottimento la retorica aggressiva e
discriminatoria usata da alcuni leader politici, tra cui membri del governo, nel
riferirsi alle comunità rom".
Quanto al pacchetto sicurezza, denuncia il rapporto 2009, “non fa altro che
aumentare l'insicurezza delle persone che già sono in grandissime difficoltà".
Weise ha contestato l’aggravante di clandestinità, che "fa distinzione fra i
reati commessi da italiani o da immigrati irregolari", e ha parlato di
"criminalizzazione dei gruppi minoritari, elemento tipico di ogni campagna
elettorale".
"La politica dell'immigrazione italiana e i respingimenti dei rifugiati che
arrivano con le barche in alto mare – ha aggiunto Weise - e' espressione di un
disprezzo dei diritti umani e delle persone veramente disperate che qui cercano
solo aiuto". "L'Italia –ricorda Amnesty - sarà ritenuta responsabile di quanto
accadrà ai migranti e richiedenti asilo riportati in Libia", dove non esiste
"una procedura d'asilo'' e non viene offerta "protezione a migranti e
rifugiati".
Leggi
Amnesty International: I diritti umani in Italia
Di Fabrizio (del 28/05/2009 @ 09:22:16, in Italia, visitato 3714 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
fotografie di Simona Caleo, Giorgio de Finis, Max Intrisano e Massimo
Percossi
a cura di Michele Carpani e Max Intrisano
al Padiglione 2B. Facoltà di Architettura Roma Tre. Via Aldo Manuzio 72 (Ex
Mattatoio di Testaccio)
dal 5 al 15 giugno 2009 - Inaugurazione 5 giugno ore 18.30
Quattro fotografi raccontano attraverso i loro diversi sguardi il progetto di
ricerca transdisciplinare "Campus Rom, oltre i campi nomadi", attivato
dal 2007 insieme a diverse comunità rom di Roma, da Stalker –
Osservatorio Nomade in collaborazione con la ricerca "Nomadismo e Città" del
Dipartimento di Studi Urbani dell’Università di Roma Tre, volto ad
affrontare l’emancipazione civile, culturale, economica, sociale e abitativa dei
Rom, verso il superamento della realtà dei campi nomadi in Italia. Le foto
saranno montate sui pannelli dell’installazione "?" di
Stalker-Osservatorio Nomade presentata all’ultima Quadriennale di Roma, e
saranno accompagnate dai due film documentari, "Rom to Roma, diario nomade"
di Giorgio de Finis e "Savorengo Ker, la casa di tutti" di
Fabrizio Boni, e dalla presentazione dei cinque numeri della rivista "Roma
Time" che raccontano il percorso della ricerca svolta fino ad oggi. La
mostra ospita inoltre due percorsi volti all’autorappresentazione e
all’autopromozione dei Rom:
- Romané Chavé laboratorio/concorso di fotografia rivolto ad
adolescenti Rom e Sinti, promosso da Roma Onlus e Casa dei Diritti
Sociali – Focus, e condotto da Fulvio Pellegrini.
- Romanò Hapé progetto gastronomico di economia solidale rivolto a
donne Rom e Sinte
promosso da Roma Onlus e Stalker Osservatorio Nomade, condotto da
Giulia Fiocca e Paola Marotti.
Durante l’inaugurazione si potrà gustare una cena preparata da Romanò Hapè.
Breve biografia dei fotografi:
SIMONA CALEO: fotografa e giornalista, ha lavorato per il Gruppo
Espresso, il Gruppo Epolis e attualmente collabora con il World Food Programme.
Le sue foto sono state pubblicate dai maggiori quotidiani e magazine italiani.
Ha collaborato con Stalker/On e con lo European Roma Right Center.
GIORGIO DE FINIS: antropologo, regista, fotografo. Le sue fotografie sono
state esposte alla IX e alla XI Mostra internazionale di Architettura della
Biennale di Venezia, al Museo Nazionale della Cina, alla Triennale di Milano, e
nell'ambito di FotoGrafia, edizione 2008. Di recente ha pubblicato per le
edizioni Postcart il libro fotografico Aut not Out. Ritratti di bambini con
autismo.
MAX INTRISANO: fotografo professionista affianca all'attività di
ritrattista la ricerca sullo spazio urbano, ha pubblicato su molti magazine e
curato campagne internazionali nel settore musicale, attualmente collabora con
varie case editrici, e con Stalker/ON.
MASSIMO PERCOSSI: fotoreporter, da anni documenta la cronaca della
capitale per le maggiori agenzie giornalistiche. Attualmente collabora con
l'Ansa.
Per informazioni: campusrom.foto@gmail.com
Michele Carpani Mob. 328.6744087, Max Intrisano Mob. 347.6405448
Di Fabrizio (del 28/05/2009 @ 09:18:38, in casa, visitato 2708 volte)
Da
Roma_Francais (delle demolizioni in Russia se ne è scritto
QUI,
QUI,
QUI,
QUI,
QUI e
QUI)
Il reporter di FRANCE 24 è andato in Russia per incontrare gli zingari.
Considerati cittadini di seconda classe, sono vittime di numerose
discriminazioni.
Il rapporto è stato filmato a Chudovo, a sud di San Pietroburgo.
venerdì 22 maggio 2009, By FRANCE 24 (text) / Ilhame TAOUFIQI (video)
LINK
FRANCE 24 si è incontrata con gli zingari di Chudovo, una città situata circa
100 km. a sud di San Pietroburgo. La comunità di 2.000 individui si è
insidiata là nel 1986, subito dopo il disastro di Chernobyl, ma senza permessi
scritti.
Per 20 anni, le autorità locali non si sono preoccupate della loro presenza,
ma col collasso dell'Unione Sovietica ogni cosa è cambiata. Ora il terreno dev'essere
registrato e occorre pagare. Nella primavera del 2007, poliziotti e soldati
hanno agito per demolire le case degli zingari. Oggi, sembrano nuovamente sotto
minaccia.
Dal 2005, l'amministrazione ha irrigidito le leggi sull'occupazione delle
terre. Per esempio, ha ordinato la demolizione di uno dei campi zingari
installato a pochi metri da una fabbrica d'asfalto chiusa cinque anni fa, per
ragioni di salute pubblica. Ma le case dei Russi situate 50 metri più in là non
sono minacciate [di demolizione].
La prossima primavera, gli Zingari dovranno spostarsi. Pagando 4.000
rubli per registrare il terreno, avranno il permesso di installarsi in un
terreno paludoso schiacciato tra l'autostrada e la ferrovia, con nessuna scuola
vicina. Qui, la gente è piuttosto ostile. "Conosciamo molto bene cosa fanno.
Rubano la legna per il fuoco, causano problemi dappertutto," dichiara la decana
del villaggio, che intende inviare una petizione a Mosca contro gli zingari e
dice che farà tutto il possibile per fermare il trasferimento.
La comunità zingara non è trattata meglio dalle autorità locali.
L'amministrazione rurale si rifiuta di registrarli. Così perdono l'accesso
all'assistenza sanitaria, tutti gli aiuti familiari e quindi ogni esistenza
legale.
La città di Chudovo non è un caso isolato. Dal 2006, mezzo milione di zingari
russi sono stati vittime di espulsioni forzate. Nonostante la condanna dei
gruppi dei Diritti Umani e un ammonimento dell'ONU, la Federazione Russa sinora
non ha fatto niente per risolvere il problema.
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