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La partecipazione attiva
Di Fabrizio (del 29/05/2009 @ 08:54:17, in blog, visitato 1892 volte)

Da Rom Sinti @ Politica

Gli ultimi anni sono stati terribili per la popolazione immigrata, rom e sinta, scelte e comportamenti sbagliati del passato e del presente hanno determinato un clima di odio e di rifiuto contraddistinto da violenze e da forme istituzionali di illegalità e di discriminazione.

Ma le reazioni agli atti di violenza e di discriminazione istituzionale pongono in evidenza una questione sostanziale: l’incapacità di “produrre” cultura, restando “incarcerati” all’interno di “gabbie culturali” di riferimento che minano la credibilità per un rapporto vivo con la società.

Un rapporto vivo con la società, per produrre cultura, impedirà la morte della propria cultura che per sua natura è dinamica.

E’ quindi necessario un lavoro culturale per innescare percorsi di reazione positiva al confronto e allo scambio culturale.

Un lavoro culturale per far emergere un orientamento verso la partecipazione attiva, verso una democrazia interculturale e passare dalla mediazione alla partecipazione.

Ma cosa si intende per partecipazione attiva?

Altre volte in questo blog ho affrontato la questione della partecipazione attiva di Rom e Sinti individuando due livelli di partecipazione:

Come un mezzo personale e strumentale.

Come un fine che investe processi di trasformazione di vasta portata per produrre cambiamenti collettivi.

Infatti la partecipazione come un fine è un processo di azioni attraverso le quali gli individui, le comunità e le organizzazioni guadagnano padronanza sulle loro vite per migliorare l’equità e la qualità di vita.

La forma e la sostanza della partecipazione come un fine devono avere una credibilità.

Un approccio partecipativo come un fine presuppone processi di formazione alla partecipazione (capacity building), cioè lo sviluppo delle capacità, affinché la partecipazione attiva sia efficace ed efficiente nel perseguimento degli obiettivi.

Chi pensa che possa esserci una partecipazione attiva per tutti e per chiunque a tutti i livelli e senza capacity building, purché si appartenga a quel determinato gruppo, commette un grave errore che troppo spesso impedisce il passaggio dalla mediazione alla partecipazione attiva e di conseguenza da una statica democrazia multiculturale ad una dinamica democrazia interculturale.

La popolazione Rom e Sinta in Italia se vuole migliorare la propria condizione di vita ed uscire dalla condizione di emarginazione ed esclusione sociale e culturale deve investire tutto sulla partecipazione attiva sia delegando le personalità Rom e Sinte in possesso di strumenti in grado di far crescere una credibilità al dialogo diretto, attivo e propositivo, sia attivando processi di di empowerment delle persone per produrre cambiamenti, un processo di formazione alla partecipazione (capacity building).

Le associazioni amiche di Rom e Sinti devono investire in questo processo se vogliono veramente essere utili alla popolazione Rom e Sinta ed alle loro organizzazioni.

Nazzareno Guarnieri