Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 01/04/2009 @ 08:51:32, in media, visitato 2133 volte)
Da
Roma_Francais (Ne avevo scritto sul mio vecchio blog
Pirori quattro anni fa - i link del test sottostante sono in francese)
mercoledì 25 marzo per Gregory Salomonovitch
Yves Calvi è comparso ultimamente davanti al TGI (Tribunal de
grande instance ndr) per "incitamento all'odio razziale" riguardo
la trasmissione "C dans l'air" sulla delinquenza ed i rom diffusa l'11 febbraio
2005
Con due dei suoi invitati presenti quel giorno in studio,
Xavier
Raufer
e Yves-Marie Laulan, l'animatore-produttore di France 5 è accusato di aver
proferito propositi "a carattere apertamente razzista". Era stata
depositata una querela da alcune associazioni rom - tra cui La Voix des Roms che
ha dedicato un sito
a questa vicenda - la
LICRA, la
LDH e
il
MRAP.
I querelanti accusano una "confusione costante" tra rom,
Rumeni, zigani e
gens du voyage
durante la trasmissione. I "ladri di polli" come lo riassume Yves Calvi.
Ma anche un "amalgama" tra i Rom e gli atti di delinquenza: furto,
mendicità, prossenitismo e prostituzione. Sollevano anche la mancanza di un
contraddittorio: in studio non era presente nessun rappresentante dei rom. Fatto
ugualmente denunciato da
CSA e dal Consiglio d'Europa.
E' soprattutto il titolo della trasmissione che sarà discusso a lungo in
Tribunale: "Delinquenza: la via dei Rom". Questo titolo, esposto durante tutta
la trasmissione, era un gioco di parole, s'è difeso
Calvi: "Non un solo istante si è voluto fare allusione a niente". Se
la parola "Rom" appariva nel titolo è "perché due terzi della trasmissione
sono stati consacrati ai rom", spiega "non si voleva fare sembrare questo
come una componente della trasmissione". Avrebbero anche potuto titolare:
"Delinquenza: tutte le piste portano ai Rom"...
Tra razzismo ordinario e incompetenza
Il tribunale è in presenza di propositi xenofobi? Numerosi passaggi della
trasmissione sono incriminati, come anche il tono con cui sono stati proferiti. Yves-Marie Laulan,
assente all'udienza, è accusato di essere quello che si è spinto più oltre:
"Non li si può integrare in una società come la nostra, si possono integrare i
bambini [...] nel lungo termine, a condizione di donare loro un'istruzione
corretta e di portarli fuori dall'ambiente familiare", aveva detto. Portare
via i bambini ai loro genitori, questo vi ricorda niente?
Quando Xavier Raufer, "criminologo", già membro di movimenti di estrema
destra, prende la parola a sua volta, è per denunciare il "massacro"
delle sue parole nella trasmissione ed una "denigrazione", "al limite
del tentativo d'intimidazione". Fa ugualmente allusione alle tecniche
utilizzate da alcune reti mafiose per attaccare legalmente quanti li combattono
sotto la copertura di una associazione. Un'insinuazione che ha provocato
l'indignazione delle parti civili.
Rom e mezzi d'informazione
L'avvocato Braun, per le associazioni, fustiga da parte sua presentazioni dei
Rom fatte nei media: "smettetela, smettetela di stigmatizzare!" grida in
destinazione del banco - quasi vuoto - dei giornalisti. Denuncia ugualmente il
cameratismo che ha avuto luogo in "C dans l'air" ed aggiunge in direzione degli
accusati: "sono nulli ed incompetenti, è incontestabile!" Questo
provocherà i fulmini dell'avvocato del criminologo, che fa il gesto di alzarsi e
di uscire dalla sala dell'udienza urlando: "è insopportabile!". Al limite
del ridicolo.
Viene di seguito il turno dei querelanti, e qui, il dibattito si allarga:
"quello che domandiamo è il rispetto". I rom sono "sistematicamente
ignorati in maniera costante e voluta dai media e dagli osservatori", "si
è già sottolineato abbastanza come abbiano una cattiva immagine!",
"perché non fare una trasmissione sui loro aspetti migliori?", stimano gli
uni e gli altri.
Per l'avvocato della Lega dei Diritti dell'Uomo, se c'è stato uno
scivolamento da una "trasmissione di carattere pedagogico verso un'ora di
pregiudizi razzisti", è perché "il titolo è diventato il soggetto"."Voi
siete un eccellente giornalista, signor Calvi, ma questa volta avete sbandato"
aggiungerà l'avvocato della Lega Internazionale Contro il Razzismo e
l'Antisemitismo. Il magistrato ha richiesto la condanna dell'animatore e dei due
invitati, come quella di Marc Tessier, direttore all'epoca di France Télévisions,
e di
Laurent Souloumiac, responsabile del sito internet di France 5. Tuttavia non è
stata specificata alcuna pena precisa.
"L'onore" di Yves Calvi
Calvi, alla barra come nel suo studio, tenta di condurre il dibattimento,
con un filo di nervosismo. Giustifica le opinioni presentando il principio
stesso di "C
dans l'air": "noi trattiamo dei soggetti d'attualità". Il tema era:
"la delinquenza è legata alle settori rumeni", un soggetto "mediatico"
all'epoca. Di seguito precisa la "scelta irreprensibile" degli
intervenuti e spiega che "è la questione delle vittime che è al cuore della
nostra trasmissione". Il suo "onore di giornalista" sarebbe in gioco,
inoltre, questo non è niente! Per tutta la durata del processo, con una grande
attenzione ha in ogni caso ascoltato gli argomenti degli uni e degli altri.
"Non comprendo bene cosa mi è successo" ammette, "accetto le osservazioni
ma non di essere complice d'incitamento
all'odio razziale".
Questa udienza è stata anche una maniera di mobilitare l'opinione pubblica
sulla discriminazione subita dai rom e dalle associazioni. Bakchich è l'unico
media ad aver assistito all'intero processo, quando sono stati per questo
inviati 800 comunicati stampa.
Il Tribunale rimetterà il suo giudizio il prossimo 7 maggio.
Chi vuole, trova notizie anche sull'Humanité
Da
Roma_Francais
Nel 1939, cercando di sfuggire alla guerra civile seguita al colpo di stato
fascista del generale Franco, un milione di rifugiati varca il confine francese
con la Spagna.
Fra di essi vi sono anche molte famiglie rom, che giunte in territorio francese
finiscono nelle mani delle autorità locali e vengono rinchiuse in campi di
concentramento lungo le spiagge del Mar Mediterraneo, in luoghi oggi divenuti
meta di villeggiatura per i francesi. Da questi campi, tra il 1940 ed il 1944,
gli uomini vengono trasferiti dalle autorità francesi verso i campi nazisti.
Molti di essi riescono però a fuggire e a dare vita ad un movimento di
resistenza contro il fascismo, del quale pochi anni dopo i soli francesi, alla
vigilia della Liberazione, prenderanno tutto il merito.
Le donne ed i bambini rimangono a soffrire la fame, il freddo, le malattie e la
furia del mare, che regolarmente ne inghiotte a centinaia fra le sue onde. Nel
1944, dovendosi infine sbarazzare dei campi di concentramento, le autorità
francesi li rispediscono in Spagna dentro a carri bestiame.
Oggi, un produttore cinematografico catalano, Felip Solé, ha deciso di ricreare
gli eventi di questa "storia infame" in una pellicola con un budget limitato. Ha
chiesto ai figli, alle figlie e ai nipoti di quei rifugiati di partecipare alla
produzione di tale documento.
Molti di essi hanno risposto positivamente all'appello, e tra questi vi è mia
sorella a rappresentare la nostra famiglia.
Al telefono mi ha solo detto che: "... è stata un'esperienza tremenda,
avvolti dal freddo e dalla neve durante le riprese, alla fine nessuno di noi
riusciva a parlare; rom o no, ci gettavamo tutti nelle braccia gli uni degli
altri, e piangevamo...".
Lolo Del Carders
Ricevo da Agostino Rota Martir
Proprio così, vale la proprio la pena di pensarci un pochino sopra e...
diffonderlo.
Ciao Ago
"Non molesterai il forestiero né lo opprimerai perché voi siete stati
forestieri in terra di Egitto" (Esodo, 22,20)
Noi missionari/e sentiamo il dovere di reagire e protestare contro la strage in
atto nel Mediterraneo e le leggi razziste contro gli immigrati che arrivano
sulle nostre coste. Č una tragedia questa, che non ci può lasciare indifferenti:
migliaia e migliaia di africani che tentano di attraversare il Mare nostrum per
arrivare nell’agognato "Eden". Un viaggio che spesso si conclude tragicamente.
Dal 2002 al 2008 sono morti, in maggioranza scomparsi in mare, 42 mila persone,
secondo la ricerca condotta a Lampedusa da Giampaolo Visetti, giornalista di
La Repubblica. Trecento persone al giorno! Il più grande massacro europeo
dopo la II Guerra Mondiale che si consuma sotto i nostri occhi.
E qual è la risposta del governo? Chiudere le frontiere e bloccare questa
"invasione". E per questo il "nostro" governo ha stipulato accordi con la
Libia e la Tunisia. Il 5 gennaio 2009 infatti il Senato ha approvato il Trattato
con il governo libico di Gheddafi per impedire che le cosiddette carrette del
mare arrivino a Lampedusa. Com’è possibile firmare un trattato con un paese come
la Libia che tratta in maniera così vergognosa gli immigrati in casa propria?
Il 27 gennaio 2009 il ministro Maroni si è incontrato con il ministro degli
Interni tunisino per la stessa ragione. Il regime di Ben Ali in Tunisia non è
meno dittatoriale di quello libico. Questi tentativi italiani per bloccare
l’immigrazione clandestina, sono sostenuti dal Frontex, l’Agenzia Europea per la
difesa dei confini, che ha ricevuto oltre 22 milioni di euro per tali
operazioni.
Ci dimentichiamo però che questa pressione migratoria è dovuta alla tormentata
situazione africana, in particolare dell’Africa Centrale e Orientale. Le
situazioni di miseria e oppressione, le guerre troppo spesso dimenticate
dell’Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Ciad sospingono migliaia di persone a
fuggire attraverso il deserto per arrivare in Tunisia e Libia dove sono trattate
come schiavi: lunghi anni di lavoro in nero per ottenere i soldi per la grande
traversata (soldi che andranno alle mafie). E se riusciranno (pagando 3-4000
euro) ad attraversare il Mediterraneo ed arrivare a Lampedusa, verranno
rinchiusi in un vero e proprio campo di concentramento, il Centro di
"accoglienza" trasformato il 24 gennaio in Cie (Centro di identificazione ed
espulsione): un vero lager che può ospitare 900 persone ed invece ne contiene
1900! Di qui le drammatiche rivolte di questi giorni con i tentati suicidi di
parecchi tunisini che non vogliono essere rimpatriati perché sanno quello che li
attende.
Tutto questo grazie alla solerzia del nostro ministro Maroni che ha detto che
bisogna essere "cattivi" con gli immigrati. E il suo Pacchetto Sicurezza è la
"cattiveria trasformata in legge", come afferma il settimanale Famiglia
Cristiana. Infatti nel Pacchetto Sicurezza il clandestino è dichiarato
criminale. Una legislazione questa che ha trovato un terreno fertile, preparato
da un crescente razzismo della società italiana (così ben espresso dalla Lega!)
e da una legislazione che va dalla Turco-Napolitano (l’idea dei Centri di
permanenza temporanea) all’immorale e non-costituzionale Bossi-Fini, che non
riconosce l’immigrato come soggetto di diritto, ma come forza lavoro pagata a
basso prezzo, da rispedire al mittente quando non ci serve più.
La legge infatti prevede, fra le altre cose, la possibilità che i medici
denuncino i clandestini ammalati, la tassa sul permesso di soggiorno (dagli 80
ai 200 euro!), le "ronde", il permesso di soggiorno a punti, norme restrittive
sui ricongiungimenti familiari e i matrimoni misti, il carcere fino a 4 anni per
gli irregolari che non rispettano l’ordine di espulsione. Maroni ha pure deciso
di costruire una decina di Centri di identificazione e di espulsione, ove
saranno rinchiusi fino a 6 mesi i clandestini. Questa è una legislazione da
apartheid: il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha
messo alla gogna lavavetri, ambulanti, Rom e mendicanti. Č una cultura xenofoba
e razzista che ci sta portando nel baratro dell’esclusione e dell’apartheid.
Tutto questo immemori di essere stati noi "forestieri in terra di Egitto"
quando così tanti italiani oltre al doloroso distacco dalla propria terra, hanno
sperimentato l’emarginazione, il disprezzo e l’oppressione.
Per questo noi chiediamo:
ai missionari/e, religiosi/e, laici/che impegnati con il Sud del mondo:
- di schierarsi dalla parte degli immigrati contro una "politica miope
e xenofoba" e che fa "precipitare l’Italia, unico paese occidentale,
verso il baratro di leggi razziali", come afferma Famiglia Cristiana.
- di organizzare una processione penitenziale, per chiedere perdono a Dio
e ai fratelli migranti per il razzismo, la xenofobia, la caccia al musulmano
che, come forza diabolica, sono entrate nel corpo politico di questa Italia.
alla Conferenza Episcopale Italiana:
- di chiedere la disobbedienza civile a queste leggi razziste. Č quanto ha
fatto nel 2006, in situazioni analoghe, il cardinale R. Mahoney di Los
Angeles, California, che ha chiesto nell’omelia del mercoledì delle Ceneri a
tutti i cattolici americani di servire tutti gli immigrati, anche quelli
clandestini.
alla Chiesa cattolica in Italia e alle altre Chiese:
- di riprendere l’antica pratica biblica, accolta e praticata anche dalle
comunità cristiane di fare del tempio il luogo di rifugio per avere salva la
vita, come indicato nel libro dei Numeri 35,10-12. Su questa base biblica
negli anni ’80, negli USA, nacque il Sanctuary Movement che oggi viene
rilanciato.
Come missionari/e facciamo nostro l’appello degli antropologi italiani: "Quell’antropologia
impegnata dalla promessa di ampliare gli orizzonti di ciò che dobbiamo
considerare umano deve denunciare il ripiegamento autoritario, razzista,
irrazionale e liberticida che sta minando le basi della coesistenza civile nel
nostro paese, e che rischia di svuotare dall’interno le garanzie costituzionali
erette 60 anni fa, contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle
leggi razziali. Forse anche allora, in molti pensarono che no si sarebbe osato
tanto: oggi abbiamo il dovere di non ripetere quell’errore".
Viviamo un tempo difficile, ma carico di speranza nella misura in cui siamo
capaci di mettere in gioco la nostra vita per la Vita.
Napoli, 9 marzo 2009
Comunità Comboniana - Rione Sanita (Napoli)
Alex Zanotelli e Domenico Guarino
Missionari Comboniani-Castelvolturno (Caserta)
Casa Rut – Suore Orsoline, Caserta
Casa Zaccheo – Padri Sacramentini, Caserta
Missionarie Comboniane – Torre Annunziata (Napoli)
Per adesioni cliccare su
http://www.nigrizia.it/doc.asp?id=11879&.IDCategoria=108
Aderiscono: padre Fernando Zolli (comboniano), Giovani impegno
missionario Campania, Nigrizia,
Di Fabrizio (del 01/04/2009 @ 09:38:54, in casa, visitato 2010 volte)
Da
Roma_Daily_News
Sulukule per noi era Parigi, questa è una prigione: i Rom
raccontano
ISTANBUL - Nel progetto per salvare
Sulukule, l'Amministrazione per lo
Sviluppo dell'Alloggio ha offerto case pubbliche per sistemare i Rom dal loro
quartiere. Tuttavia, sino ad oggi soltanto 27 delle famiglie vivono nelle nuove
case costruite a Taşoluk perché gli altri non potrebbero permetterselo.
La maggior parte delle 300 famiglie rom che sono state spostate da Sulukule a
Taşoluk non sono state capaci di adattarsi al loro nuovo ambiente a causa di
difficoltà finanziarie. Dopo sei mesi, restano solo 27 famiglie.
Le famiglie rilocate nelle nuove case, costruite dall'Amministrazione per
lo Sviluppo dell'Alloggio (o TOKI), hanno di fronte un debito di 15 anni. Rate
accumulate ed elettricità, gas ed acqua non pagate li hanno messi sulla strada
degli uffici di riscossione del debito.
Le famiglie stanno trasferendo i loro diritti su case i cui prezzi variano da
3.000 a 35.000 lire turche e stanno andandosene. Ci sono solo 27 famiglie Rom
rimaste a Taşoluk.
Vivendo alla soglia della fame
Normalmente, TOKI include nei suoi contratti standard una clausola che
impedisce il trasferimento degli alloggi per un anno, ma i contratti stipulati
con le famiglie rom non la contengono, aprendo la strada a trasferimenti a basso
costo.
F. A., un Rom che ha vissuto alla soglia della fame prima di essere spostato
a Sulukule, ha detto: "Ci hanno portato qui, dicendo che siamo poveri, ed ora ci
stanno trattando come se fossimo ricchi. Non potremmo pagare i nostri debiti;
vengono dall'ufficio riscossione. Così di giorno stiamo a Fatjh e non verranno a
prendere la nostra roba."
Un'altra donna ha detto, "Sulukule per noi era Parigi. Questa è una prigione.
Diventiamo nevrotici. Moriamo lentamente."
Gürkan Tokay, un altro residente, ha descritto la morte di suo padre.
"Qui non c'è un centro sanitario; è a 2 km. da qui. Mio padre si è ammalato
pochi mesi fa. Penso fosse un attacco di cuore. Siamo corsi al centro sanitario,
che era chiuso perché era notte. Così l'abbiamo portato ad
Arnavutköy. Là c'è un ospedale, privato. Mio padre è morto prima che potessero
intervenire. Hanno voluto 250 lire. Ci hanno chiesto dei soldi per il morto e
non hanno rilasciato il corpo."
TOKI ha costruito le case per gente in difficoltà finanziarie nel 2008. Di
1.402 case, 450 sono state riservate ai Rom rilocati da Sulukule. E' stata
organizzata una lotteria e sono state scelte 300 famiglie sono state scelte per
vivere negli appartamenti da 280 a 425 lire al meseper 15 anni. Il comune di
Fatih ha sistemato due autobus di linea per il trasporto: uno da Taşoluk a Fatih,
che arriva alle 7 di mattina ed uno da Fatih a Taşoluk che arriva alle 8.
Non è lasciata nessuna solidarietà
Sükrü Pendük, presidente della Fondazione per lo Sviluppo della Cultura di
Sulukule, ha detto: "La mia gente è stata bandita dalle proprie case, dove
vivevano assieme al vicinato, per questi edifici di cemento. Avevamo una cultura
di quartiere con solidarietà sociale che teneva in piedi le famiglie."
C'è una sola drogheria a Taşoluk, che non vende a credito. L'unico posto dove
socializzare è la casa del tea condotta da Göksel
Küçükatasayan, che ne aveva una anche a Sulukule. Ma è vuota anche nei fine
settimana.
"Non posso fare affari, sono in debito," ha detto
Küçükatasayan."Ce ne andremo da qui. E' fuori dalle nostre mani."
Non ci sono scuole superiori. I bambini che hanno iniziato la scuola primaria
con due mesi di ritardo, stanno avendo problemi di adattamento. Alcuni di loro
non sono stati accettati a scuola con la giustificazione che erano sotto
programma.
Di Fabrizio (del 02/04/2009 @ 08:53:29, in Italia, visitato 1556 volte)
Da Roma_Italia
QUI il testo originale in inglese ed un minivideo in italiano. QUI invece l'appello di Amnesty International di due settimane fa
31 marzo 2009 - I Rom che vivevano sotto il cavalcavia Bacula nel nord di Milano [...] martedì sono stati sgomberati a forza dalle autorità locali. Secondo la stampa locale, 70 dei circa 150 Rom che vivevano lì sono stati dispersi senza una sistemazione alternativa.
Alcune famiglie sono già state rialloggiate in strutture private. Una famiglia ha accettato riparo temporaneo nel dormitorio cittadino.
Non risulta ci sia stata una consultazione con la comunità sullo sgombero proposto, ne tentativi consistenti di identificare con loro una qualsiasi alternativa fattibile allo sgombero. Appare che le autorità non hanno preparato nessun piano per un'adeguata sistemazione alternativa o discusso di questo con gli interessati.
La pratica del comune nelle precedenti occasioni è stata di offrire alcune forme di rifugio a breve termine (settimane o pochi mesi), e soltanto alle donne e ai bambini piccoli, nei dormitori cittadini per senza tetto. In alcuni casi, in questa occasione, sembra che non sia stata fatta nemmeno questa offerta.
Prima di essere sgomberata, la comunità viveva in tende e baracche sotto il cavalcavia Bacula, senza acqua corrente, fognature o elettricità. Senza sistemazione alternativa, le famiglie si sposteranno in un altro campo improvvisato o rischiano di essere completamente senza riparo.
La maggior parte dei Rom che vivevano nel campo di Bacula hanno alle spalle almeno uno sgombero forzato. Circa 110 di loro si ritiene siano stati sgomberati a forza, nell'aprile 2008, da un altro campo non autorizzato della città, in via Bovisasca.
Di questi 110, almeno 100 sono stati probabilmente sgomberati a forza, nell'ottobre 2007, dallo stesso campo di Bacula dove vivevano ora. Diversi dei precedenti sgomberi forzati hanno comportato la distruzione di proprietà, incluse baracche, vestiti, materassi ed in qualche caso, medicine e documenti. © Amnesty International
Di Fabrizio (del 02/04/2009 @ 09:07:24, in scuola, visitato 2146 volte)
Segnalazione di
Tom Welschen
LeLuminarie.it 30 Marzo 2009
Direzione Didattica “Alcide De Gasperi“
P.zza Papa Giovanni Paolo II, 24 – 90146 – Palermo - Tel 091 513992 – Fax 091
6702949
E-mail: paee013002@istruzione.it -
elemdegasperi@libero.it
Questa mattina la zona compresa tra il campo Rom, Stadio e Piazza G. Paolo II
(ex P.zza A. De Gasperi), è stata tappezzata da manifesti razzisti,firmati da
Forza Nuova e da altre sigle, nei confronti dei Rom del campo nomadi della
Favorita e degli immigrati in genere.
Il contenuto offende la nostra sensibilità di persone, cittadini ed educatori.
Di fronte a questa esplosione di manifesta intolleranza non possiamo rimanere a
guardare in silenzio.
La nostra scuola, che accoglie da 15 anni i bambini Rom e di nazionalità non
italiana, intende dare una risposta di accoglienza, serenità, umanità al
tentativo di diffondere paura, terrore e conseguente avversione nei confronti
della comunità Rom e di tutti gli immigrati.
VENERDI’ 3 APRILE ALLE ORE 18 INCONTRIAMOCI TUTTI NELLO SPAZIO VERDE ATTREZZATO
DI VIALE DEL FANTE, TRA LO STADIO DELLE PALME E IL CAMPO ROM, PER UN SIT-IN DI
PROTESTA CONTRO QUESTO TENTATIVO DI DISUMANIZZAZIONE DELLA SOCIETA’ E PER LA
DIFESA DEI DIRITTI FONDAMENTALI DELL’UOMO.
VI INVITIAMO A DIVULGARE L’INIZIATIVA E A PARTECIPARE NUMEROSI, COINVOLGENDO
SCUOLE, STUDENTI, FAMIGLIE, CITTADINI
(In allegato uno dei manifesti di Forza Nuova)
M.Giovanna Granata (Dirigente Scolastico) e i Docenti
Di Fabrizio (del 02/04/2009 @ 09:16:27, in lavoro, visitato 1684 volte)
Da
Coopofficina
Riciclare il ferro è un'attività che si fa da tempo immemorabile: era un
lavoro non nobile ma che aveva una sua dignità. Al tempo del fascismo "dare
ferro alla patria" era diventato addirittura un dovere patriottico. Oggi, ci
sembra di essere più ricchi di allora, ma riciclare il ferro è pur sempre un
attività che rigenera delle preziose materie prime che altrimenti dovremmo
importare dall'estero. Ed è materiale che altrimenti finirebbe in discarica o
disperso ai bordi delle strade. Chi potrebbe mai dir male del recupero del
ferro?
E invece, in Italia, ci ritroviamo con delle leggi che possono essere
interpretate in modo da rendere illegale il recupero del ferro o di qualsiasi
altro materiale. Non solo, ma abbiamo anche qualcuno che si è messo di buona
volontà a interpretarle in questo modo e anche ad applicarle distruggendo
un'attività che stava dando lavoro a decine di famiglie e facendo un'opera utile
a tutti.
La storia comincia qualche anno fa, in Toscana dove, con il supporto delle
istituzioni e della magistratura, sono nate tre cooperative sociali gestite
principalmente dai Rom locali per il recupero del ferro di scarto. Era un lavoro
duro e pesante, che però rendeva anche discretamente e permetteva ai membri
delle cooperative di vivere in modo dignitoso.
Negli ultimi mesi, tuttavia, queste cooperative sono state soggette a una serie
di ispezioni da parte dalla polizia del corpo forestale. Gli agenti si sono
presentati all'improvviso, mitra in mano, requisendo i documenti e controllando
tutto. Ma, nonostante le irruzioni spettacolari, non è stato possibile trovare
niente di illegale o estraneo alle attività delle cooperative. Niente droga,
niente refurtiva, niente del genere. La documentazione di rito era tutta a
posto, con tutti i fogli e i moduli del caso: i "Fir" formulari di
identificazione rifiuti, regolarmente compilati in quattro copie per ogni carico
riciclato.
Poteva finire così? Assolutamente no! E, infatti, una delle norme fondamentali
della burocrazia è che qualsiasi cosa fai, anche se ti ha detto di farla un
funzionario, puoi sempre trovare un funzionario uguale e contrario al quale non
va bene. Se questa norma si aggiunge all'altra che dice che comunque vada, devi
sempre pagare, allora la burocrazia si trasforma in una trappola mortale dove
qualsiasi cosa fai sei fregato.
Qui, i funzionari che hanno esaminato la documentazione delle cooperative hanno
deciso di interpretare in senso restrittivo e letterale la norma detta della
"tracciabilità dei rifiuti" che vuole che se ne debba sapere la strada percorsa
fin dall'origine. La norma è sensata in termini generali ma, ovviamente, se la
si applicasse alla lettera, non sarebbe possibile riciclare niente. Ogni tappo e
ogni bottiglia avviate al riciclo dovrebbero essere accompagnate da un modulo
fir in quattro copie con il nome, cognome, indirizzo e codice fiscale della
persona che le ha buttate nel cassonetto.
Questo vale anche per il ferro raccolto dalle cooperative, che era ferro trovato
agli angoli delle strade o recuperato presso cantieri e cose del genere. Nei
moduli fir, come "origine del rifiuto" c'era la cooperativa. Questa è
un'interpretazione valida della legge e, comunque, l'unica possibile se uno
vuole riciclare quello che altrimenti resterebbe abbandonato in giro.
Ma chi ha inventato questa guerra contro il recupero del ferro ha trovato il
modo di usare la norma per distruggere le cooperative. Stabilito che l'origine
dichiarata dei carichi di ferro non era quella giusta, ne consegnue che ogni
modulo era irregolare. Siccome la norma prevede una multa da 1000 euro in su per
ogni irregolarità, il risultato finale è stato un totale di 19 milioni di euro
di multa fatte alle tre cooperative (questo è un totale provvisorio, le multe
continuano ad arrivare). Ovviamente, le cooperative non possono che chiudere in
queste condizioni; fra le altre cose si sono visti anche sequestrati i
furgoncini che usavano per lavorare.
Così, il risultato è che decine di famiglie hanno perso il lavoro, le
cooperative hanno chiuso e riciclare il ferro è diventato un'attività illegale
in Toscana. Adesso, i Rom che gestivano le cooperative non potranno fare altro
che tornare a lavori saltuari e al nero - se non illegali - e ad essere un peso
per la comunità. Un altro risultato è stato di fermare un'attività che poteva
essere un esempio su come gestire quelle cose che chiamiamo "rifiuti" ma che non
lo sono, ma sono invece materie seconde di cui abbiamo disperatamente bisogno
per mandare avanti il "sistema Italia".
Non so cosa pensate voi di questo disastro. A me ricorda cose come il "cupio
dissolvi" di cui parlava Paolo di Tarso, oppure l' "istinto di morte" di cui
parlava Sigmund Freud. O forse la leggenda dei lemming che corrono come pazzi
per buttarsi giù tutti insieme dal precipizio. Oppure, quelle belve in gabbia
che finiscono per impazzire e per automutilarsi.
Per ogni volta in questo paese che qualcuno riesce a mettere su qualcosa di
buono, viene sempre fuori qualcun altro che lo distrugge facendo del male anche
a se stesso e a tutti quanti. Questa è l'essenza di questa guerra contro il
recupero delle risorse: comunque vada, siamo tutti sconfitti. ( Ugo Bardi)
L'articolo di Repubblica sulla faccenda del 15 marzo 2009
LE COOPERATIVE sociali specializzate nella raccolta di rottami metallici
sono in ginocchio. Nel giro di sei mesi il Corpo Forestale dello Stato ha
elevato verbali di contravvenzione per quasi 19 milioni di euro nei
confrontidelle cooperative La Bussola di Pistoia, I Ferraioli di Prato e L’Olmatello
di Firenze e dei soci raccoglitori di ferraglie, per lo più rom e slavi. La loro
colpa: aver trasportato «rifiuti speciali non pericolosi con formulari di
identificazione rifiuto (Fir) recanti dati inesatti». Per molti dei soci,
avviati al lavoro dalla magistratura e da enti che si occupano del recupero
sociale di ex detenuti, è a rischio il percorso di riabilitazione.
Spiega l’avvocato Luca Mirco, che li assiste nei ricorsi alla Amministrazione
Provinciale: «Questo sistema di cooperative è nato con il favore della politica.
Č un lavoro utile all’ambiente e contribuisce alla sicurezza sociale, perché
allontana dalla illegalità soggetti svantaggiati. Ai soci vengono dati in
comodato gratuito furgoncini sui quali caricano ferraglie raccolte nei
cassonetti dei rifiuti o fra gli scarti dei cantieri edili, per portarle ai
centri di raccolta autorizzati, come Toscana Rifiuti. Qui i rottami vengono
pesati e i raccoglitori incassano subito il corrispettivo, che per l’80% va a
loro e per il 20% alla cooperativa. In questo modo riescono a mantenere le
famiglie».
Dopo i controlli del Corpo Forestale, però, molti di loro hanno ricevuto verbali
di contravvenzioni per cifre spaventose. E i furgoncini sono stati sequestrati.
«Si era creato un circolo virtuoso — sottolinea l’avvocato Mirco — era un modo
per riabilitare molti soggetti. Ora però sono spaventati a morte».
La Forestale ha applicato le norme in materia ambientale, che prescrivono la
tracciabilità dei rifiuti. I Fir (formulari di identificazione rifiuti) devono
riportare nome e indirizzo del produttore e del detentore. Nei formulari
controllati dalla Forestale, alla voce produttore o detentore risulta indicata
la cooperativa di appartenenza dei raccoglitori. Ma nessuna delle tre coop
produce o ha in deposito rifiuti. Di qui le contestazioni. Per ogni Fir inesatto
la legge prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 1600 a 9300 euro.
Poiché, secondo le accuse, tutti i Fir sono inesatti, le sanzioni hanno
raggiunto cifre stratosferiche.
«Ma come si fa a indicare la provenienza di un cassonetto o una
discarica?», obietta l’avvocato. Una via di uscita per non distruggere il lavoro
dei ferraioli potrebbe esserci. La legge sui rifiuti esenta gli ambulanti dalla
compilazione dei formulari. Ma chi rilascia la licenza di ambulante? La Camera
di Commercio dice che deve farlo il Comune. Il Comune dice che con la legge
Bersani la licenza non c’è più. E allora? Č stato chiesto un parere all’Albo
nazionale gestori ambientali. Ma nessuno ha risposto.
Di Fabrizio (del 02/04/2009 @ 09:24:19, in casa, visitato 1481 volte)
Da
British_Roma
Secondo un nuovo rapporto della Commissione per i Diritti Umani e
l'Eguaglianza, basterebbe un miglio quadrato di terra in tutta l'Inghilterra per
fornire a tutte le famiglie Zingare e Viaggianti di un numero sufficiente di
siti. Investire in misura adeguata genererebbe reddito per i consigli,
migliorerebbe le relazioni tra comunità e fornirebbe una sistemazione decente.
Lo studio mostra che siti autorizzati e ben condotti potrebbero esistere in
armonia nelle comunità, aggiungendo che i comuni stanno spendendo ogni anno 18
milioni di sterline dei contribuenti, per sgomberare Zingare e Viaggianti da
siti non autorizzati.
Read more on
http://www.themovechannel.com/news/f53541cd-2667/
Di Fabrizio (del 03/04/2009 @ 08:50:59, in lavoro, visitato 1670 volte)
Da
Roma_Francais
Le
Courrier des Balkans Minoranze ed impiego in Bosnia "Il 99% dei Rrom sono
disoccupati" Dalla nostra corrispondente a Sarajevo. In linea: venerdì 27
marzo 2009
Come permettere ai Rom di trovare il loro posto nella società bosniaca?
Con l'istruzione ed il lavoro, rispondono in coro Sanela Bešić e Ramiz Sejdić,
due responsabili di OnG rrom a Sarajevo. Ebbene, secondo le statistiche
ufficiali, il 99% dei Rrom di Bosnia Erzegovina sono alla disoccupazione dalla
fine della guerra e della transizione liberale. E riguardo alla situazione
economica e dell'incompetenza dei loro rappresentanti politici, i Rrom rischiano
di subire per ancora molto tempo le discriminazioni e l'esclusione.
Par Vanessa Pfeiffer
©RIC, Sarajevo
Da qualche mese, si può leggere sui manifesti che ricoprono le strade di
Sarajevo "Anche noi, vogliamo una vita degna di un essere umano" [1].
Questa campagna di sensibilizzazione, iniziata dal Centro d'informazione rrom
(RIC) di Sarajevo, sostenuta dall'organizzazione umanitaria World Vision e dalla
Commissione Europea, si inscrive nel quadro della promozione del Piano d'azione
per i Rrom nei settori dell'impiego, dell'alloggio e della sanità (pubblicato a
gennaio 2009). L'adozione di quest'ultimo da parte del Consiglio dei Ministri il
3 luglio 2008, ha permesso alla Bosnia Erzegovina di diventare l'11° membro del
Decennio per l'Integrazione dei Rrom (2005-2015) [2].
Le OnG rrom si attivano al fine di applicare le misure concrete prese nei
mesi scorsi a livello nazionale. Per esempio, questo Piano d'azione prevede che
le imprese bosniache che assumessero dei Rrom beneficerebbero di alcuni
vantaggi, tra cui un aiuto finanziario dallo Stato.
Così, una delle priorità di questo Piano d'azione è, senza sorpresa,
l'accesso all'impiego. Questa misura condiziona molto evidentemente l'accesso
ala sanità e l'ottenimento di alloggi decenti e mira a far uscire questa
popolazione da una situazione di estrema precarietà, essendo oggi i Rrom la
minoranza nazionale più numerosa e più povera del paese. Il tasso di
disoccupazione è certamente molto elevato in Bosnia Erzegovina (circa il 47%
della popolazione ed il Cantone di Sarajevo conta 71.000 persone alla ricerca di
un impiego), ma la minoranza rrom è particolarmente toccata da questo fenomeno.
In effetti, il 99% dei Rrom di Bosnia Erzegovina è alla disoccupazione (sapendo
che il paese conta tra i 76.000 ed i 100.000 Rrom secondo le stime delle OnG
locali) e tra quanti di loro hanno un lavoro, solamente il 2-3% lavorano nel
settore pubblico. Nel Cantone di Sarajevo, solo l'1% dei Rrom hanno un impiego
per una comunità che non cessa di crescere e che conta attualmente tra le 8.000
e le 10.000 persone [3]. Per (soprav)vivere, una gran parte
della comunità rrom recupera e rivende materiale di ogni sorta di materiale
(ferro, alluminio, ecc.) destinato al riciclaggio. D' altronde, il Piano
d'azione preconizza lo sviluppo nel settore ambientale, favorendo il loro
accesso ai Rrom.
Le Courrier de la Bosnie-Herzégovine ha incontrato nel febbraio
2009 due dei membri del Consiglio dei Rrom di Bosnia Erzegovina [Vijeće Roma BiH].
Sanela Bešić è coordinatrice del Consiglio dei Rrom e del Centro d'informazione
rrom (RIC) di Sarajevo. E' pure rappresentante dei Rrom di Bosnia Erzegovina al
Forum europeo dei Rrom e membro del Comitato per i Rrom del Consiglio dei
Ministri. Ramiz Sejdić è, quanto a lui, presidente dell'associazione "Prosperità
dei Rrom" di Sarajevo e mediatore nell'ambito del programma "Pristup" (Accesso)
che fornisce aiuto in materia di orientamento e impiego. Tutti e due ci hanno
confidato le difficoltà con le quali si sono confrontati nella loro lotta
quotidiana per l'integrazione dei Rrom nella società bosniaca. Un'integrazione
che passa soprattutto per il loro inserimento nel mercato del lavoro.
Malgrado le difficoltà, sono determinati a proseguire nei loro sforzi per
costruire l'avvenire dei Rrom di Bosnia Erzegovina, anche se l'appello al
rispetto dei diritti delle minoranze lanciato dalle istituzioni europee ed
internazionali, come da alcune OnG rrom e non rrom, non sembra essere realmente
inteso dalle autorità bosniache. Queste affermano di avere questioni più
importanti da affrontare, in vista della situazione economica, politica e
sociale della Bosnia.
"In Bosnia Erzegovina, i tre popoli principale [bosniaco, croato e serbo]
lottano per il potere. Non abbiamo posto in questo dibattito, siamo la loro
ultima preoccupazione", dichiara Sanela Bešić. "Tutti parlano della crisi
economica ma per noi, è crisi da più di dieci anni...", aggiunge. Ricorda come
la guerra sia stata una vera rottura per i Rrom, nel senso che la
maggioranza di loro non hanno più ritrovato l'impiego che avevano nelle officine
prima del conflitto.
In più, Sanela Bešić evoca casi in cui i Rrom hanno salari tre volte
inferiori ai non-Rrom per esercitare la stessa professione. Inoltre, i giovani
rrom diplomati fanno fatica a trovare un impiego qualificato. Ciò malgrado, le
OnG intendono continuare a sostenere l'istruzione. Una vera scommessa sul
futuro.
Per esempio, attraverso il programma "Pristup", Ramiz Sejdić permette ai Rrom
che lo desiderano di proseguire negli studi da dove li avevano interrotti,
grazie ad un accordo stabilito con diverse scuole primarie e secondarie del
cantone di Sarajevo. Inoltre questo programma, sostenuto dall'ambasciata di
Spagna e lanciato nel 2007 dall'AECID (Agenzia Spagnola per la Cooperazione
Internazionale e lo Sviluppo), favorisce l'accesso al lavoro dei Rrom nel
Cantone di Sarajevo aiutandoli a effettuare tutti i passi necessari per la
ricerca di un lavoro. Ugualmente assicura di seguire i candidati per studiare la
loro integrazione nel mercato del lavoro. L'agenzia conta quattro impiegati, di
cui due Rrom, ed ha aperto le porte tre mesi fa nel centro di Sarajevo.
Questa esperienza è unica in Bosnia Erzegovina ed i risultati ottenuti in
Spagna (dove si trovano 70 agenzie di questo tipo) e negli altri paesi dei
Balcani - in particolare in Romania - incoraggiano ad estendere questo programma
al Cantone di Tuzla, una delle regioni del paese che conta più Rrom.
Ramiz Sejdić insiste sulla buona accoglienza che è riservata a quanti
vogliono beneficiare di questi programmi. Alcuni hanno bisogno di essere
ascoltati e rassicurati in interviste che durano dai 30 ai 45 minuti. "Quando
vanno ad iscriversi come richiedenti lavoro, li si iscrive in due minuti, poi
non li si ricorda mai più", precisa. Quanto all'agenzia, contatta regolarmente i
suoi candidati per proporre loro offerte d'impiego, soprattutto nel settore
delle pulizie o della vendita. L'agenzia conta oggi 95 tirocinanti e 5 di loro
sono riusciti a trovare un lavoro nel Cantone di Sarajevo. Sono manutentori e
giardinieri (parchi, fiumi).
Tuttavia, molti Rrom non credono più in questo tipo di programma e Ramiz
Sejdić spiega che la maggior parte del suo lavoro, in quanto mediatore, è di
riconquistare la loro fiducia.
Questa diffidenza s'esprime ugualmente riguardo ai leader politici rrom.
Molti di loro dimenticano la loro comunità una volta arrivati a posti
importanti. Questa mancanza di fiducia nelle elite politiche è un serio freno ad
una mobilitazione politica più importante delle comunità rrom. La figura di
leader è totalmente svuotata di credibilità.
Sanela Bešić e Ramiz Sejdić concordano nel dire che i Rrom che si sono
iscritti ad un partito politico o un sindacato bosniaco non difendono più laloro
comunità, ma unicamente il loro proprio interesse e quello della loro
organizzazione. Secondo loro, solo la creazione di un partito politico o di un
sindacato rrom in Bosnia Erzegovina sarebbe suscettibile di risolvere questo
problema di rappresentazione, permettendo alla comunità rrom ed ai suoi
leader di pesare nel paesaggio politico bosniaco. Per restare fedeli al detto
"niente per noi senza di noi" [4].
[1] I mi želimo život dostojan čovjeka
[2] Il Primo Ministro di Bosnia Erzegovina, Nikola Spiric, ha
firmato la Dichiarazione del Decennio il 4 settembre 2008, nel corso della 14^
riunione dei membri del Decennio dei Rrom a Belgrado.
[3] Tutte queste cifre sono approssimative, dato che è molto
difficile recensire il numero esatto dei Rrom, soprattutto a causa delle
migrazioni economiche.
[4] "Ništa za nas bez nas"
Di Fabrizio (del 03/04/2009 @ 09:07:23, in Italia, visitato 1587 volte)
Sugli organi di stampa gira la notizia che questa volta lo sgombero del campo
ROM di via Bacula di lunedì 30 marzo (vedi
QUI ndr) è stato effettuato offrendo a tutti delle alternative
abitative.
Questo era quello che il Tavolo Rom, composto da tutte le realtà associative
che si occupano di Rom e Sinti a Milano si auspicava, tanto è vero che nelle
ultime settimane, con diverse modalità, si era chiesto a Comune e Prefetto di
non procedere allo sgombero se non dopo aver trovato delle alternative
umanamente accettabili
Quello che è successo invece è il solito sgombero senza soluzioni.
Sì, perché va detto che le soluzioni offerte dal Comune, che le famiglie hanno
rifiutato, erano le soluzioni solite, quelle che prevedono lo smembramento delle
famiglie, tanto è vero che le quattro famiglie a cui è stata proposta una
soluzione diversa, che tenesse insieme le famiglie e non separasse donne, uomini
e bambini, l’ hanno accettata.
Quello che ci chiediamo è: perché solo quattro famiglie e non tutte?
Come si è potuto accettare che le altre famiglie fossero condannate a girare per
la città sotto la pioggia, senza riparo e senza cibo? Con quale criterio i
“meritevoli” sono stati accolti, e gli altri cacciati?
L’aggravante dello sgombero di via Bacula è proprio l’inganno,
Era stato detto che le soluzioni c’erano per tutti, e cosi non è stato.
Il risultato è che ancora una volta non si è affrontato il problema della
situazione disastrosa in cui vivono i Rom nella città di Milano, accampati in
campi di fortuna, senza un vero alloggio, senza acqua, senza servizi.
Dopo lo sgombero di Bacula ci sono solo ancora più famiglie con bambini
piccoli in giro per la città, sotto la pioggia e senza prospettiva se non quella
di finire in un altro luogo abusivo, da cui verranno di nuovo sgomberati, anche
perché le elezioni si avvicinano, e bisogna dimostrare fermezza contro i deboli.
Il Tavolo Rom non si stancherà di ribadire che questa politica è fallimentare,
umilia i diritti delle persone, metti donne, uomini e bambini in situazioni
inacettabili, e continuerà ad agire con tutti gli strumenti possibili, sia
politici che del diritto, affinché anche a Milano venga ristabilito il diritto
di tutti a condizioni di vita dignitose.
Tavolo Rom Milano
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