Una baraccopoli del Ventunesimo secolo. Nella banlieu di Parigi
Quasi 4mila persone vivono in estrema povertà alla periferia della
capitale francese. Ma ottanta persone potranno presto avere una casa vera.
I grandi tendoni della celebre compagnia circense Cirque Du Soleil svettano
sulla spianata di Saint-Denis, alla periferia nord di Parigi. Ogni sera
centinaia di persone si riuniscono lì dentro per ammirare, naso all'aria, le
spericolate ed eleganti acrobazie degli artisti. Nessuno immagina che al di
là del recinto metallico che circonda il circo, lo show è ben diverso. Nessuna
sfavillante scenografia, nessun costume variopinto, poca spensieratezza e molte
preoccupazioni per i 600 gitani che cercano di sopravvivere nella loro misera
baraccopoli. E non sono i soli: in tutto circa 4mila persone conducono questa
vita ai margini di Parigi. Diverse associazioni cercano di addolcirla almeno un
po': Medici del mondo offre assistenza sanitaria, Emmaus e la Fondazione Abbé
Pierre si occupa della fornitura di alimenti, mentre ATD Quarto Mondo promuove
la lettura.
«Niente contratto di lavoro, se non paghi»
Marco è arrivato in Francia cinque anni fa, dalla Romania. Da gennaio 2007, con
l'ingresso del suo Paese nell'Ue, è formalmente un cittadino comunitario, ma ha
comunque bisogno di un permesso di lavoro. Ci mostra un contratto preliminare
che gli ha preparato una ditta di pulizia vetri. Ma un volontario di origini
rumene si dimostra scettico. «È molto difficile – spiega – ottenere un contratto
senza pagare una somma di denaro in cambio. Nella maggior parte dei casi il
datore di lavoro trattiene la prima busta paga in nome di uno scambio di
favori.» Ma Marco ci crede ancora: gli manca solo il certificato di residenza
per ottenere il prezioso permesso. Alcune associazioni si occupano di espletare
queste procedure burocratiche per i gruppi nomadi del villaggio, come gli
zingari. Ma i rumeni sono considerati una comunità stanziale e quindi non
possono beneficiare di questo servizio.
La maggioranza dei rumeni che vivono in questi accampamenti di fortuna
provengono dalle aree di Arad e Timisoara, nella Romania occidentale. Hanno
dovuto lasciare il loro Paese per sfuggire a una vita fatta di miseria e
discriminazione.
Una manciata di monete da 5 centesimi è stata impilata in un angolo della
capanna in cui vive Maria. In meno di dieci metri quadrati abitano quattro
persone. Maria non ha il tempo di spiegarci perché è emigrata in Francia. Ha
altre preoccupazioni. «Abbiamo diritto a qualche contributo?» chiede. I
volontari le dicono di rivolgersi a un assistente sociale. «Resteremo qui fino a
quando non ne avranno abbastanza di noi» dice con voce stanca, mentre si alza
per andare a raccogliere dei fiori. Più tardi la incrociamo nella metropolitana:
vende mazzolini di fiori a due euro ciascuno.
Chi fa le leggi?
Maria ci assicura che non deve pagare nulla per vivere nella sua capanna, ma un
volontario ci spiega che la questione è tabù. In ogni accampamento, infatti, c'è
una sorta di capo: generalmente è la persona che si è insediata per prima
nell'area. È lui che fa le leggi, risolve le controversie e riceve una sorta di
affitto per ogni baracca. A Saint-Denis il Cirque du Soleil ha portato l'acqua
fino al campo e ha anche installato dei lavandini. Ma le associazioni danno per
certo il fatto che “il capo” fa pagare due euro alla settimana alle famiglie che
li utilizzano.
Una nuova casa per trenta famiglie
Non lontano da Saint-Denis il Comune di Aubervilliers ha avviato un programma di
integrazione per dare una casa a trenta famiglie. L'iniziativa, sostenuta sia
dal Consiglio regionale che da quello locale, mira a smantellare le baraccopoli
e ha un costo di 1,2 milioni di euro, di cui solo il 7% proviene dalle casse
statali. Si tratta di un progetto innovativo perché associa all'offerta
abitativa il rilascio di permessi di lavoro.
Gli operai stanno effettuando gli ultimi ritocchi ai prefabbricati che alla fine
di giugno verranno messi a disposizione delle 82 persone coinvolte nel progetto,
in maggioranza zingari. «Abbiamo condotto una battaglia con lo Stato durata due
anni per ottenere i permessi di lavoro e di residenza per i destinatari, molti
dei quali lavorano in nero» afferma il consigliere cittadino Claudine Péjoux.
In attesa di traslocare, Elena Radasanu vive in un caravan preso a noleggio dal
Comune di Aubervilliers per un euro al giorno. Come lei decine di altre persone,
per un totale di quindici roulotte. Qui le condizioni di vita sono decisamente
migliori rispetto a Saint-Denis. Una recinzione circonda il campo e all'entrata
un servizio di sicurezza permette l'ingresso solo alle persone registrate.
«Siamo tranquilli. Qui non ci sono armi, droga, prostituzione ed è proibito fare
affari» spiega Elena. Sposata e con due bambini, è una degli 82 beneficiari del
programma di integrazione.
La testimonianza di Elena Radasanu: «Vogliamo soltanto essere una famiglia
normale»
In Romania c'era tanta povertà, così un bel giorno io e mio marito decidemmo di
venire a cercare lavoro in Francia. Un amico ci trovò un'occupazione nel settore
edilizio e il capo ci affittò una soffitta a Versailles. Ma il nostro amico
tratteneva il salario di mio marito per pagare i debiti e così decidemmo di
andarcene. Affittammo allora un monolocale nel sobborgo parigino di
Clichy-sous-Bois per il quale pagavamo una cifra esorbitante: 800 euro. Mio
marito continuò a lavorare nel settore delle costruzioni mentre io iniziai a
fare la cameriera in un bar portoghese. In questo periodo divenni madre di due
bambini. Tutto procedeva abbastanza bene finché il proprietario decise di
vendere l'appartamento.
Dovemmo così abbandonarlo e arrivammo al campo nomadi Chemin Vert di
Aubervilliers. Il capo non voleva farci entrare perché non siamo di origine
gitana, ma quando mio marito sborsò per una roulotte 700 euro accettò. Una
settimana dopo, però, un incendio distrusse parte del campo. Costruimmo quindi
una baracca, meglio che potevamo, e vivemmo lì per due mesi, fino a quando la
polizia non ci sfrattò tutti. Ma eravamo già stati scelti per il programma di
integrazione di Aubervilliers. Abbiamo vissuto in una tenda vicino alla Senna
per cinque mesi. Finché, lo scorso dicembre, il Comune ci ha fatto traslocare
nella roulotte dove viviamo tuttora. Abbiamo a disposizione riscaldamento,
acqua, elettricità, assistenza sociale, un indirizzo di posta e un contratto di
affitto. L'associazione Emmaus ci ha consegnato un buono per andare ad
acquistare dei mobili e io non vedo l'ora di trasferirmi nella nuova casa. Non
penso più a tornare in Romania. Entro tre anni vorrei avere una casa tutta mia.
Spero anche che i bambini vadano a scuola e che io e mio marito possiamo trovare
un lavoro stabile. Come una famiglia normale.
Mariona Vivar Mompel - París - 26.6.2007 | Traduzione: Sara Menegatti Cerlini