Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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La redazione
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\\ Mahalla : Storico per mese (inverti l'ordine)
Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 31/01/2006 @ 18:14:13, in media, visitato 2590 volte)
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Fundación Secretariado Gitano

Fundación Secretariado Gitano (FSG) è un'organizzazione sociale spagnola non-profit ed interculturale, che agisce per lo sviluppo della comunità rom. Col supporto del Fondo Sociale Europeo, FSG sta sviluppando una campagna di responsabilizzazione sociale “Conoscere prima di giudicare”, che adopera diverse forme mediatiche per combattere stereotipi e pregiudizi contro il popolo rom.

La campagna contempla anche una canzone contro la discriminazione (ascoltabile su www.gitanos.org/conocelos) e un video musicale, in collaborazione con la famiglia Carmona, meglio conosciuto come il fusion group Ketama, che reinterpreta il flamenco tradizionale.

QUI, ulteriori informazioni sui partners del progetto.

Fonte: Romano_Liloro

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Di Fabrizio (del 31/01/2006 @ 13:18:48, in blog, visitato 2591 volte)
Immagine tratta da snapsoid.

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Di Fabrizio (del 31/01/2006 @ 10:11:45, in casa, visitato 3136 volte)

Romani CRISS
Roma Center for Social Intervention and Studies
19, Buzesti St., Sector 1Bucharest – Romania
Tel: 004 021/ 231 41 44 - Fax: 004 021/ 310 70 70
criss@romanicriss.org

25 gennaio 2006

COMUNICATO STAMPA

Ieri, 24 gennaio 2006, sono state demolite 7 case di Rom in strada Chitila Triaj a Bucarest. La decisione era stata presa dalla maggioranza del consiglio distrettuale 1. Il giorno prima della decisione, i Rom in questione sono stati avvertiti a voce che le loro case sarebbero state demolite.

Una delegazione di Romani CRISS ha assistito alla scena: sul posto erano presenti la polizia (arrivata con una camionetta e 10 auto, incluse le forze speciali di intervento), gendarmi e rappresentanti del distretto municipale. Inizialmente, a Romani CRISS è stato proibito l'ingresso nell'area, per quanto la delegazione si trovasse sulla pubblica strada a circa 500m. dalla scena.
A circa 50 Rom le cui case venivano demolite, non è stato permesso di prendere niente dai loro alloggi, nemmeno i documenti di identità. Tutte le proprietà (mobili, vestiti, apparecchiature elettroniche) sono state impacchettate e requisite dalla polizia, senza alcuna lista o verbale.

La testimonianza di Zamfir Zamfirel (a cui è stata demolita la casa): “Dove pensano che vada? Hanno distrutto la mia casa, lasciando fuori mia moglie con in braccio nostro figlio di un anno, solo un vestito leggero per tutti e due e senza poter nemmeno rientrare a prendere le scarpe o qualcosa da metterci. Non abbiamo neanche potuto prendere qualcosa da mangiare”.

I Rom denunciano di essere stati minacciati e malmenati; un ufficiale di polizia avrebbe colpito un Rom col calcio del fucile in un occhio, un membro di Romani CRISS ha poi accompagnato il ferito in ospedale. Un'altra persona malmenata è stata portata in ambulanza all'ospedale Matei Bals.

Romani CRISS esprime la propria preoccupazione riguardo la demolizione abusiva delle case, specialmente quando ciò avviene senza precedente comunicazione scritta, con decisione irrevocabile del tribunale e quando la temperatura esterna è di -15 º C. In aggiunta, non è stata prevista alcuna sistemazione alternativa, though mandatory under international legislation. Tutto ciò genera, secondo la nostra opinione, la violazione di una serie di standards minimi riguardo gli sgomberi e le demolizioni.

Attendiamo una rapporto ufficiale su quanto accaduto, sia da parte dell'amministrazione distrettuale, che da parte del Governo e delle forze politiche” ha dichiarato Magda Matache, direttrice esecutiva di Romani CRISS. In seguito, informeremo l'opinione pubblica, il governo, la presidenza e le istanze nazionali e internazionali sulla situazione. [...] Intendiamo denunciare in tribunale l'intreccio di responsabilità che ha portato a questa azione di distruzione di proprietà e violazione di domicilio.

Cezara David
PR Coordinator

Fonte: Roma_Rights

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Di Fabrizio (del 31/01/2006 @ 09:11:58, in Italia, visitato 2599 volte)
Dopo l'indigestione dei giorni scorsi, m'ero ripromesso di non tornare sulla Settimana della Memoria. Proposito non mantenuto, per una lettera che mi è arrivata domenica. Ho il permesso di ripubblicarla:

Ciao come va? Vorrei raccontarti della mia esperienza all'Holocaust Memorial Museum di Washington DC. se hai tempo/spazio magari... mi farebbe piacere dividere con te quanto accaduto.
Sono ormai anni che continuo ad affannarmi nel ricercare informazioni riguardo la deportazione di alcuni membri della mia famiglia al campo di Jasenovac.
Ho appena compiuto 29 anni, per ironia della sorte il 27 Gennaio.
Ogni compleanno lo passo pensando alla storia della mia famiglia e tutti i misteri di chi non ha voluto ricordare, condividere il dolore e le memorie con noi, ultimi arrivati.
Doveva essere stato davvero brutto venire dalla Jugoslavija negli anni della guerra... sfuggire a due pulizie etniche: alle Foibe e ai Partigiani...
La mia nonna aveva sposato un italiano, che rabbia a casa sua... lei e la sorella erano venute in Italia per cercare una vita migliore disonorando la famiglia con una tale scelta. Dopo la deportazione del padre e di altri parenti la mia nonna decise di riattraversare le linee e i campi di battaglia per andare a casa a cercare i suoi cari... aveva due bambini con sè e uno nella pancia...
Mio zio, infatti, è nato in Istrija a Pola Jugoslavija (come scritto buffamente sulla sua carta di identità!).
La nonna è tornata su un dragamine americano con i sui tre bambini... perchè i Partigiani titini avevano deciso di espellere gli italiani... e di nuovo in viaggio...
Mio padre è nato in Italia... mia nonna non ha mai voluto insegnare ai figli la sua lingua e nessuno l'ha conservata... La nonna è morta con un cognome diverso dal suo...una cosa che a me fa male.
Io ho studiato Filologia e Storia dell'Europa Orientale, sono tornata nella ex-Jugoslavia tante volte. Sarajevo è nel mio cuore tanto quanto Belgrado... la Croazia un po' di meno però quando posso tornare nella terra della mia famiglia il mio cuore si riempie di gioia e vorrei che anche gli altri miei parenti potessero capire quanto mi importa che non si dimentichi. Per motivi di ricerca ho contattato alcuni tra i più eminenti professori e su consiglio di uno in particolare sono andata a Washington DC al Museo dell'Olocausto ed ho chiesto agli illustrissimi ricercatori perchè per il campo di Jasenovac c'era solo una misera candelina...
Ho domandato perchè di un museo di 4 enormi piani non ci fosse che una parete e poco più dedicata agli Zingari. Mi hanno risposto che erano dispiaciuti ma... è una questione anche di finanziamenti e che le borse di studio vanno solo ai dottorandi e che il materiale c'è ma in Serbo-Croato ed Italiano chi lo leggerebbe? MI è sembrato quasi che qualcuno non ritenesse il "Porrajmos" e la "Shoa" come la stessa cosa...
Mi sconvolgeva il fatto che lì c'erano kilometri di libri e documenti, le pagine che avevo cercato per anni... ma non mi potevo fermare perchè non avevo abbastanza soldi ovviamente per sedermi a studiare.
Mi sono mangiata le mani... mi sarei seduta lì per settimane ma come avrei fatto?
Impossibile... devi provare di essere Rom per avere una borsa di studio... quanti ragazzi e ragazze non possono farlo! E non parlo solamente per me ma anche per i miei amici/che di Bosnia ed Erzegovina ad esempio. Molti non sanno infatti che nel paese chi si dichiara Rom può incorrere in una serie di problemi. Chi vorrà essere disciminato a norma di legge? Ma l'avete letta la Nuova Costituzione post-Dayton di BiH? Ma la vogliamo smettere?
Ho lavorato alla mia tesi "Conflitti Etnici e Migrazioni nella ex-Jugoslavia: il caso dei Rom di Bosnia ed Erzegovina" e ho "buttato il sangue" come si dice qui da noi a Napoli, nel vedere in che condizioni sono le Organizzazioni Rom in Bosnia ed Erzegovina e non c'è verso di aiutare nessuno perchè i finanziamenti non arrivano e se arrivano sono su base etnica, ancora ora distribuiti ai gruppi rom col contagocce.
Questa è solo una mia riflessione, se non si finanziano gli studi e la ricerca cosa mai si saprà di ciò che accade. La mia personale esperienza è che ogni volta che contatto un'università per chiedere di poter continuare a studiare storia e diritti delle minoranze riferendomi specificamente agli Zingari... non ci sono fondi... poi ci si meraviglia che i Rom sono oggi la comunità più discriminata d'Europa (e non solo). La disciminazione, l'ignoranza e il pregiudizio si infrangono con l'istruzione e la conoscenza dei fatti storici. L'omertà resta una cortina difficile da forzare...una barricata quasi invalicabile. Come già detto riguardo al documetario sul Porrajmos mi sembra che il comportamento istituzionale e dei media sia ben chiaro e definito e, purtroppo, maggiore è la competenza e la conoscenza del problema e minori sono le possibilità di arrivare a dare informazioni corrette perchè non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire.
Sono davvero sconfortata.

Elisabetta (kcerka_vjetra)
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Di Sucar Drom (del 30/01/2006 @ 21:08:31, in Italia, visitato 3356 volte)
BOLOGNA – Un accordo di cooperazione per gestire una presenza non sempre facile. E’ il protocollo d’intenti tra il Comune di Bologna e quello di Craiova, in Romania, da dove arriva la maggior parte dei rumeni – di etnia rom – che oggi vivono nel capoluogo emiliano-romagnolo. E’ stato siglato stamani dai due sindaci, Sergio Cofferati e Antoie Solomon, alla presenza della delegazione di Craiova, di rappresentanti dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), dell’Anci e del Comune di Nantes. "Questo è un protocollo importante, ci abbiamo lavorato a lungo, la vicesindaco Scaramuzzino si è impegnata nella costruzione di una griglia di intenti con questa città – ha esordito Cofferati – . Credo che i processi migratori, in tutt'Europa, abbiano bisogno del ruolo attivo delle amministrazioni: vanno gestiti insieme, dal momento della partenza all'arrivo, fino a un eventuale ritorno in patria". Dal canto proprio Salomon ha detto di essere a Bologna "per vedere la situazione dei nostri immigrati. La Romania è un paese in transizione, ha molti problemi, sociali ed economici, che non ci saremmo aspettati". Due, ha aggiunto il sindaco rumeno, "sono le Romanie: una dove la gente è estremamente ricca, l'altra dove la gente è estremamente povera. Da qui, nasce il fenomeno dell'immigrazione".

Solomon ha detto di essere al corrente delle difficoltà incontrate dall'amministrazione comunale bolognese nel "gestire" la presenza rumena (dal Ferrohotel di via Casarini a Villa Salus, fino all'attuale sistemazione di circa un centinaio di persone in container a Santa Caterina di Quarto, ndr), "e a questo proposito invito il sindaco Cofferati a Craiova, che è una città molto bella, dove cent'anni fa sono arrivati tanti italiani, che hanno formato una comunità. Noi non staremo con le mani in mano, sappiamo che c'è il problema della criminalità organizzata, vedremo cosa fare". La maggior parte dei rumeni immigrati a Bologna, dunque, sono di etnia rom; a margine della firma ufficiale del protocollo, avvenuta nella Sala Rossa di Palazzo d'Accursio, il sindaco Solomon ha spiegato che i rom a Craiova e dintorni sono circa 40.000, che i più "non posseggono la carta d'identità, non mandano i figli a scuola e si vantano di essere i peggiori dei peggiori". Numerosi gli obiettivi del protocollo: dallo scambio di esperienze in materia di servizi alla persona a relazioni tra le Università delle due città, a scambi formativi e investimenti per favorire l'occupazione degli abitanti di Craiova. "Per noi è fondamentale – ha ricordato la vicesindaco Adriana Scaramuzzino – che chi decide di lasciare la Romania alla volta dell'Italia conosca bene la normativa in tema d'immigrazione del nostro paese, e sia informato sulle reali possibilità che ci sono dal punto di vista dell'inserimento e dell'integrazione". (cor)


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Di Fabrizio (del 30/01/2006 @ 13:19:18, in Italia, visitato 2707 volte)
da RomanoLil:

Documento inedito, 1943.
“Già la 3^ internazionale comunista, tra i nuovi sistemi escogitati per intensificare l’attività comunista … provvide ad affidare a carovane di zingari speciali incarichi per la propaganda di partito. La vita nomade degli zingari e la loro facilità di spostamento… consente contatti con gli ambienti operai e dei contadini e permette d’assolvere gli incarichi sovvertitori”.

REGIA QUESTURA DI ROVIGO

Rovigo 28-5-1943
OGGETTO: Carovane di zingari

Ai Podestà e Commissari Prefettizi della Provincia
Ai Comandi Compagnia CC. RR.
Ai Comandi tenenza CC. RR.
Al Comando Reparto Agenti di P.S.

Viene segnalato a questo Ufficio che, in questi ultimi giorni, delle carovane di zingari, più o meno numerose, sostano e transitano indisturbate nel Polesine, malgrado le disposizioni da tempo impartite e, da ultimo, con circolare 12-8-1942, circa il loro rastrellamento, l’assegnazione ai campi di concentramento, e la corresponsione dei sussidi.
Occorre subito e nella maniera più energica che sia ripresa l’attività di tutti gli Organi di Polizia della Provincia, diretta a combattere tale fenomeno.
Come è noto, gli zingari sono sempre stati pericolosi alla sicurezza pubblica quali autori di reati comuni, ed alla pubblica sanità quali apportatori di malattie contagiose ma, nell’attuale momento, in cui la nostra nazione è impegnata in un conflitto di vita o di morte, occorre considerare il fenomeno anche e specialmente dal punto di vista politico.
Già la 3^ internazionale comunista, tra i nuovi sistemi escogitati per intensificare l’attività comunista nei paesi dove il comunismo vive ed opera in forma clandestina, provvide ad affidare a carovane di zingari speciali incarichi per la propaganda di partito.
La vita nomade degli zingari e la loro facilità di spostamento da un centro all’altro, consente, se vengono tollerati tali spostamenti, contatti con gli ambienti operai e dei contadini e permette d’assolvere gli incarichi sovvertitori di cui sopra.
Pertanto si rivolge viva raccomandazione agli Uffici ed ai comandi d’indirizzo, perché provvedano senza indugio ai fermi di tali zingari, alla loro identificazione, al loro interrogatorio, trasmettendo a questo ufficio, con le generalità complete e gli estremi dei documenti di identificazione, gli atti assunti, per i provvedimenti da adottare a loro carico, secondo risultanze.

Resto in attesa d’un cenno di ricevuta e di assicurazione.

30 maggio 1943 (Anno XXI)
Il Commissario Pref.zio Bruno Nedella
Il Questore A. Lazio
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Di Fabrizio (del 30/01/2006 @ 13:04:37, in sport, visitato 3869 volte)
Un po' tempo fa, mi segnalarono un interessante articolo di Valeriu Nicolae sul razzismo negli stadi, sul corrispettivo rumeno della nostra Gazzetta dello Sport.

Pigrizia e poca o nulla conoscenza della lingua, rimandai di continuo la traduzione. Grazie all'OSSERVATORIO SUI BALCANI, ecco la versione in italiano:



Romania, calcio e razzismo

25.01.2006

Canti, striscioni, insulti contro i Rom. Anche in Romania, come in altri Paesi europei, il razzismo è entrato negli stadi, coinvolgendo non solo i tifosi ma anche dirigenti e commentatori. Sospeso il campo dello Steaua Bucarest, un’intervista a Valeriu Nicolae, dello European Roma Information Office (ERIO)

Di Daniel Nazare et Sebastian Stan, ProSport , 9 gennaio 2006; traduzione di Ramona Delcea per Le Courrier des Balkans, e di Carlo Dall'Asta per Osservatorio sui Balcani

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Secondo Valeriu Nicolae «i grandi nomi del football rumeno non si impegnano affatto nella lotta contro il razzismo, e anzi incoraggiano la discriminazione negli stadi».

Valeriu Nicolae ha accettato di rilasciare un’intervista a Prosport sulla sospensione del terreno di gioco comminata alla Steaua Bucarest. Nicolae fa parte della Commissione Europea, come coordinatore della rete europea per la lotta contro il razzismo. Ammette di ricevere centinaia di e-mail e di telefonate di minaccia provenienti dalla Romania.

"More Tigane" (Morte agli Zingari), striscione esposto dai sostenitori della Dinamo nel corso di una partita contro il Rapid Bucarest

Lei che parte ha avuto nella sospensione dello stadio dello Steaua Bucarest?

È una lunga storia. Tutto è iniziato nel febbraio 2005, quando sono stato invitato a partecipare a una riunione mista dell’UEFA e della Commissione Europea sul razzismo. In quella sede ho presentato degli esempi basati sul comportamento dei tifosi durante alcune partite del campionato rumeno. Ho fatto riferimento soprattutto ai sostenitori delle squadre Dinamo, Universitatea Craiova, Otelul Galati, Steaua Bucarest e Poli Tmisoara.

Lei pensa che queste siano le squadre che hanno i sostenitori più razzisti?

Si è parlato molto della Dinamo, la squadra che ha avuto il maggior numero di canzoni e striscioni razzisti durante le partite. È inammissibile vedere striscioni lunghi 50 metri con scritte come «Morte agli Zingari!» Dopo questo incidente sono stato contattato da William Gaillard, direttore delle comunicazioni dell’UEFA, che mi ha detto che era necessario prendere delle misure per combattere il razzismo nei campi da calcio rumeni.

La Romania è davvero così razzista?

Non bisogna vederla in questo modo. Se vuole sapere qual’è il Paese che ha più problemi, è la Polonia. L’antisemitismo là ha raggiunto livelli molto alti. Poi ci sono la Slovacchia, l’Olanda e l’Italia. Quanto al nostro Paese, non si vuole ammettere che ci sono dei lati negativi. Prenderne coscienza sarebbe un primo passo. Oggi si è messo l’accento sul football perché noi, in seno alla Commissione Europea, stimiamo che lo sport possa avere un ruolo molto importante nello sradicamento del razzismo.

Cosa vuole dire esattamente?

Lasciate che vi faccia un esempio: qualche tempo fa, l’Inghilterra era il Paese col maggior numero di casi di razzismo sui campi di calcio. Abbiamo lanciato una campagna antirazzista, «Let’s kick racism out of football» con Thierry Henry e Patrick Vieira come testimonial contro il razzismo. E ha avuto un immenso successo.

Torniamo alla sospensione dello Steaua. Quale è stato più precisamente il suo ruolo in questo scandalo?

Tutto è scoppiato in occasione del famoso match Steaua - Dinamo del 13 aprile 2005, quando tutti, a partire dai tifosi e dal commentatore dello stadio, fino ad arrivare ai dirigenti della Lega Professionisti del Football (LPF) e della Federazione Rumena di Football (FRF), hanno avuto – in diversa misura - un comportamento razzista. Ho visto persone e immagini che mi hanno fatto rabbrividire. Il commentatore dello stadio, Gabi Safta, ha trasmesso dei messaggi e delle canzoni che incitavano all’odio e alla discriminazione. Il punto critico è stato raggiunto dallo stesso Safta, con i suoi insulti rivolti contro l’allenatore del FC Rapid, Razvan Lucescu.

È vero che l’atmosfera era piuttosto tesa in quell’incontro; ma lei accusa anche i dirigenti della FRF e della LPF. Che cosa hanno fatto?

Per prima cosa il signor Vali Alexandru, in quanto rappresentante della LPF non ha riportato nessuna annotazione, sulla sua scheda di osservazione, su quello che stava succedendo. Secondo lui la partita si è svolta in circostanze normali. «Che importanza hanno le canzoni trasmesse dagli altoparlanti, seguite d’altra parte dagli zingari? Sono loro che ci attirano i guai». Questo è inammissibile. Se in quel momento egli avesse preso delle misure drastiche, non si sarebbe giunti oggi alla sospensione dello stadio. Cosa ci si può aspettare da parte dei tifosi, se gli stessi dirigenti agiscono in tale maniera?

Ha cercato di parlare con lui?

Ho cercato di parlare con tutta la direzione della FRF. Purtroppo è più facile prendere contatti col primo ministro che con loro. Ho perfino inviato dei fax da parte della Commissione Europea, ma non ho avuto migliore successo. In ogni caso, dopo questo match tra Steaua e Rapid, il signor Alexandru è stato incaricato di osservare anche la partita successiva. Chi lo ha designato doveva essere cieco, o razzista!

Tutto questo per arrivare alla sospensione del terreno di gioco dello Steaua dopo il match di ritorno del secondo girone preliminare della Lega dei Campioni di Shelbourne. È stato lei a sporgere denuncia?

Io non ero al corrente degli incidenti di questa partita. L’UEFA mi ha domandato se io consideravo necessario inviare un fermo messaggio alla Romania. Questo era lo scopo della sospensione, che la gente prendesse coscienza di quello che stava succedendo. E la stampa ha reagito bene. Queste misure erano necessarie.

Ed è lì che scoppia lo scandalo. Lei ha ricevuto delle minacce per telefono?

Un gran numero. Anche rivolte alla mia famiglia. E anche centinaia di e-mail. Ho cercato di spiegare che non avevo niente né contro lo Steaua né contro le altre squadre. Non tutti i tifosi sono colpevoli. La colpa è dei dirigenti, che non prendono le misure necessarie.

Ha contattato qualcuno della FRF dopo questo incidente?

Non potevo farlo. Anche Christian Bivolaru, ex segretario aggiunto e direttore del Dipartimento di Relazioni Internazionali, ha reso una dichiarazione scioccante. È stato in occasione di un match del Sofia contro una squadra inglese. Un piccolo incidente tra alcuni spettatori bulgari e i due neri della squadra inglese ha avuto come strascico una ammenda per la Bulgaria da parte dell’UEFA. Io sono rimasto a bocca aperta quando ho sentito quello che ha detto il signor Bivolaru...

Qual’è oggi la soluzione per fermare il razzismo?

L’UEFA mette a disposizione delle federazioni di football un ammontare di 35.000 franchi svizzeri per delle iniziative di lotta al razzismo. Per contro, la Federazione rumena ha rifiutato questi soldi, sostenendo che in Romania non ci sono tali problemi. L’UEFA ci ha ugualmente proposto di seguire l’esempio dell’Inghilterra e di scegliere un testimonial antirazzista. Giocatori come Hagi, Belodedici, o Banel Nicolita rappresentano l’immagine dei calciatori misti del mondo sportivo rumeno. Sono i loro nomi che dovrebbero apparire nei giornali, non quelli dei patron dei club.

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Di Fabrizio (del 30/01/2006 @ 01:07:51, in Europa, visitato 2629 volte)

L'Inviato Speciale dell'ONU intende incontrare le Organizzazioni della Società Civile
Karin Waringo, Brussels

Durante una conferenza stampa presso la Commissione Europea, l'Inviato Speciale ONU e capo della delegazione internazionale sul futuro politico del Kosovo, Martti Athisaari, ha detto di voler incontrarsi con le organizzazioni della società civile durante la prossima visita in Kosovo.

Rispondendo alla domanda su come intende assicurare che gli interessi delle minoranze non-Serbe siano rispettati durante i colloqui, e quando avesse pianificato di parlare con questi gruppi, il diplomatico finlandese ha risposto di essersi già incontrato con i rappresentanti politi ci dei Serbi di Kosovo e delle altre minoranze.[...] Inoltre s'è incontrato con i Serbi della chiesa ortodossa di Decani.

Riguardo alle associazioni, ha aggiunto: “Sono a conoscenza di attivi gruppi femminili e vorrei incontrare anche questi.”

27.01.06

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Di Fabrizio (del 29/01/2006 @ 17:53:34, in Italia, visitato 2876 volte)

Pubblicato mercoledì 25 gennaio sul quotidiano La Prealpina. Per gentile concessione dell'autore:

In queste fredde e ostili città, dove muore un rom al giorno
 
Un’altra notte di questo rigido inverno polare è trascorsa portandosi via l’ennesima vita, quella di una bambina rom di 29 giorni morta per il freddo.
La terza vittima in quattro giorni.
In tutta la Provincia, in tutte le aree metropolitane di questo nostro distratto e ostile Paese, quella “Rom” non è più solo una delle irrisolte questioni morali e civili che imbrigliano le deboli e incerte volontà di politici e amministratori pubblici, ma uno strazio colpevole e continuo che si consuma nell’indifferenza istituzionale e della gente comune.
Mai prima d’ora la mancanza di un progetto generale di accoglienza e di politiche sociali di integrazione aveva colpito così a fondo i tanti volti e persone della “diaspora” rom.
Ai pregiudizi atavici e alle connotazioni negative che da sempre accompagnano questo popolo, si aggiungono i drammi quotidiani e le violenze nascoste consumate negli slum delle grigie periferie cittadine, dove migliaia di persone vivono in quartieri di baracche senza strade, né elettricità, né acqua corrente, vittime di una massiccia disoccupazione e discriminati nell’accesso all'assistenza sociale e sanitaria.
Se è vero che in altri luoghi, distanti solo qualche decina di chilometri più a nord di dove si è consumata l’ultima tragedia, forse complice il peso degli ingenti interessi economici che circondano le Olimpiadi invernali, il Comune di Torino ha allestito strutture di emergenza per migranti e rom senza casa aiutandoli almeno a sopravvivere, da noi le tragedie stesse diventano occasione per infierire sulle vittime e per annunciare l’inizio di nuovi violenti e inutili sgomberi degli indesiderati.
Ormai non ci sono più aggettivi per descrivere la vergogna e la denuncia delle responsabilità oggettive di chi dimentica troppo spesso la natura del proprio ruolo di amministratore della Regione Lombardia o di un Ente Locale qualsivoglia, ignorando colpevolmente i bisogni primari dei cittadini più deboli, come i rom, o calpestando le leggi che ci siamo dati per vivere insieme a loro, o infine sbeffeggiando i richiami della comunità europea di cui facciamo parte tutti quanti.
Occorre però saper guardare anche oltre all’emergenza, costruendo un nuovo orizzonte culturale e politico che ponga fine alla costruzione dei campi nomadi, veri e propri spazi di negazione che amplificano le condizioni di emarginazione, discriminazione e disperazione, ma che ancora oggi sono l’unica risposta pubblica al diritto di luogo di vita per le genti rom.
 
Opera Nomadi di Milano
Il Vicepresidente
Maurizio Pagani
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Di Daniele (del 29/01/2006 @ 10:42:13, in musica e parole, visitato 3872 volte)

Corriere.itSabato 28 Gennaio 2006 Torna alla home page di Vivimilano.it


sotto la lente

Roberto Durkovic suona dal vivo il 30 gennaio alla Casa 139

Quella musica tzigana che sale dal metrò

Il quinto album dell’artista, «Semplicemente vita», unisce l’ispirazione del cantautore ai ritmi balcanici

AUDIO

A me mi piace vivere alla grande

Il mago dei colori

Li ha conosciuti mentre suonavano canzoni tzigane in metropolitana per guadagnarsi da vivere. Li ha seguiti vagone dopo vagone, li ha presi con sé e assieme a loro è arrivato a esibirsi davanti a Papa Wojtyla, in piazza San Pietro. Il viaggio artistico di Roberto Durkovic, madre italiana e padre cecoslovacco, comincia così, dopo un incontro casuale e un po’ magico con un gruppetto di rumeni. Il risultato è una musica che ha patrie diverse, o forse non ne ha affatto, e la conferma arriva dall’ultimo lavoro: «Semplicemente vita» (etichetta Storie di Note).

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Il quinto cd di Roberto Durkovic si muove tra sonorità tzigane e cantautorato italiano, canzone jazzata, echi mitteleuropei e influenze flamenche. Si parte con una cover di Fanigliulo, «A me mi piace vivere alla grande», in una versione orecchiabilissima. Dopodichè arrivano la fisarmonica, il violino e il contrabbasso di «Scintille», i ritmi gitani e le percussioni de «Gli uomini di Lisa», l’allegria un po’ alla Bregovic del «Mago dei Colori» (il pezzo strumentale suonato il primo aprile 2004 davanti a Giovanni Paolo II durante la giornata «Il Papa incontra i giovani») fino alla veneziana «Soffio» e a «Fantasisti del metro», che racconta l’inizio di tutta la storia: «Come un treno locale ci fermavano in ogni stazione, una chitarra un pianoforte, gioia come Savicevic con il pallone». Si conclude con «Insonnia d’estate», arricchita dalla voce di Silvia Scrofani.

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Per partire dal principio, bisogna dire che la carriera di Durkovic comincia una ventina d’anni fa. «Ho iniziato a suonare per ribellione, strimpellando Guccini, e ho fatto la gavetta sui Navigli, esibendomi nei vari locali milanesi». In quel periodo si avvicina al Club Tenco e nel ’93 ottiene una segnalazione al premio della critica «Sanremo Nuovi Talenti». Arrivano i primi due dischi, sperimentali e un po’ artigianali. «Poi, dopo il fortunato incontro in metrò con i miei amici rumeni, ho potuto finalmente realizzare un grande sogno: unire due anime, legate probabilmente alle mie origini. L’anima italiana, cantautorale e quella tzigana. Ma non mi sono fermato qui: nel mio gruppo sono entrati anche musicisti cileni, ucraini e spagnoli».

Assieme a questa allegra combriccola Durkovic realizza un altro paio di dischi prima di arrivare al risultato più maturo, «Semplicemente vita», che lui presenta così: «E’ un lavoro che ha diversi colori, diverse gradazioni. C’è ovviamente il colore balcanico, qualcosa di sudamericano e pezzi molti intimi, sentimentali. Un disco che è il proseguimento di questo mio viaggio a contatto con la strada, il racconto di emozioni vissute assieme a musicisti straordinari che sono spesso costretti a suonare ai margini. Persone che mi hanno regalato una grande ricchezza, musicale e culturale». Niente male, per una storia cominciata per caso, tra i vagoni del metrò.

INFORMAZIONI:
ROBERTO DURKOVIC lunedì 30 gennaio La Casa 139, via Ripamonti 139 Milano ore 22 info: www.robertodurkovic.com, www.lacasa139.com.


di Germano Antonucci


(rif: la storia raccontata in Mahalla)



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