Lei che parte ha avuto nella sospensione dello stadio dello Steaua Bucarest?
È una lunga storia. Tutto è iniziato nel febbraio 2005, quando sono stato invitato a partecipare a una riunione mista dell’UEFA e della Commissione Europea sul razzismo. In quella sede ho presentato degli esempi basati sul comportamento dei tifosi durante alcune partite del campionato rumeno. Ho fatto riferimento soprattutto ai sostenitori delle squadre Dinamo, Universitatea Craiova, Otelul Galati, Steaua Bucarest e Poli Tmisoara.
Lei pensa che queste siano le squadre che hanno i sostenitori più razzisti?
Si è parlato molto della Dinamo, la squadra che ha avuto il maggior numero di canzoni e striscioni razzisti durante le partite. È inammissibile vedere striscioni lunghi 50 metri con scritte come «Morte agli Zingari!» Dopo questo incidente sono stato contattato da William Gaillard, direttore delle comunicazioni dell’UEFA, che mi ha detto che era necessario prendere delle misure per combattere il razzismo nei campi da calcio rumeni.
La Romania è davvero così razzista?
Non bisogna vederla in questo modo. Se vuole sapere qual’è il Paese che ha più problemi, è la Polonia. L’antisemitismo là ha raggiunto livelli molto alti. Poi ci sono la Slovacchia, l’Olanda e l’Italia. Quanto al nostro Paese, non si vuole ammettere che ci sono dei lati negativi. Prenderne coscienza sarebbe un primo passo. Oggi si è messo l’accento sul football perché noi, in seno alla Commissione Europea, stimiamo che lo sport possa avere un ruolo molto importante nello sradicamento del razzismo.
Cosa vuole dire esattamente?
Lasciate che vi faccia un esempio: qualche tempo fa, l’Inghilterra era il Paese col maggior numero di casi di razzismo sui campi di calcio. Abbiamo lanciato una campagna antirazzista, «Let’s kick racism out of football» con Thierry Henry e Patrick Vieira come testimonial contro il razzismo. E ha avuto un immenso successo.
Torniamo alla sospensione dello Steaua. Quale è stato più precisamente il suo ruolo in questo scandalo?
Tutto è scoppiato in occasione del famoso match Steaua - Dinamo del 13 aprile 2005, quando tutti, a partire dai tifosi e dal commentatore dello stadio, fino ad arrivare ai dirigenti della Lega Professionisti del Football (LPF) e della Federazione Rumena di Football (FRF), hanno avuto – in diversa misura - un comportamento razzista. Ho visto persone e immagini che mi hanno fatto rabbrividire. Il commentatore dello stadio, Gabi Safta, ha trasmesso dei messaggi e delle canzoni che incitavano all’odio e alla discriminazione. Il punto critico è stato raggiunto dallo stesso Safta, con i suoi insulti rivolti contro l’allenatore del FC Rapid, Razvan Lucescu.
È vero che l’atmosfera era piuttosto tesa in quell’incontro; ma lei accusa anche i dirigenti della FRF e della LPF. Che cosa hanno fatto?
Per prima cosa il signor Vali Alexandru, in quanto rappresentante della LPF non ha riportato nessuna annotazione, sulla sua scheda di osservazione, su quello che stava succedendo. Secondo lui la partita si è svolta in circostanze normali. «Che importanza hanno le canzoni trasmesse dagli altoparlanti, seguite d’altra parte dagli zingari? Sono loro che ci attirano i guai». Questo è inammissibile. Se in quel momento egli avesse preso delle misure drastiche, non si sarebbe giunti oggi alla sospensione dello stadio. Cosa ci si può aspettare da parte dei tifosi, se gli stessi dirigenti agiscono in tale maniera?
Ha cercato di parlare con lui?
Ho cercato di parlare con tutta la direzione della FRF. Purtroppo è più facile prendere contatti col primo ministro che con loro. Ho perfino inviato dei fax da parte della Commissione Europea, ma non ho avuto migliore successo. In ogni caso, dopo questo match tra Steaua e Rapid, il signor Alexandru è stato incaricato di osservare anche la partita successiva. Chi lo ha designato doveva essere cieco, o razzista!
Tutto questo per arrivare alla sospensione del terreno di gioco dello Steaua dopo il match di ritorno del secondo girone preliminare della Lega dei Campioni di Shelbourne. È stato lei a sporgere denuncia?
Io non ero al corrente degli incidenti di questa partita. L’UEFA mi ha domandato se io consideravo necessario inviare un fermo messaggio alla Romania. Questo era lo scopo della sospensione, che la gente prendesse coscienza di quello che stava succedendo. E la stampa ha reagito bene. Queste misure erano necessarie.
Ed è lì che scoppia lo scandalo. Lei ha ricevuto delle minacce per telefono?
Un gran numero. Anche rivolte alla mia famiglia. E anche centinaia di e-mail. Ho cercato di spiegare che non avevo niente né contro lo Steaua né contro le altre squadre. Non tutti i tifosi sono colpevoli. La colpa è dei dirigenti, che non prendono le misure necessarie.
Ha contattato qualcuno della FRF dopo questo incidente?
Non potevo farlo. Anche Christian Bivolaru, ex segretario aggiunto e direttore del Dipartimento di Relazioni Internazionali, ha reso una dichiarazione scioccante. È stato in occasione di un match del Sofia contro una squadra inglese. Un piccolo incidente tra alcuni spettatori bulgari e i due neri della squadra inglese ha avuto come strascico una ammenda per la Bulgaria da parte dell’UEFA. Io sono rimasto a bocca aperta quando ho sentito quello che ha detto il signor Bivolaru...
Qual’è oggi la soluzione per fermare il razzismo?
L’UEFA mette a disposizione delle federazioni di football un ammontare di 35.000 franchi svizzeri per delle iniziative di lotta al razzismo. Per contro, la Federazione rumena ha rifiutato questi soldi, sostenendo che in Romania non ci sono tali problemi. L’UEFA ci ha ugualmente proposto di seguire l’esempio dell’Inghilterra e di scegliere un testimonial antirazzista. Giocatori come Hagi, Belodedici, o Banel Nicolita rappresentano l’immagine dei calciatori misti del mondo sportivo rumeno. Sono i loro nomi che dovrebbero apparire nei giornali, non quelli dei patron dei club.
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