Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
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L'essere straniero per me non è altro che una via diretta al concetto di identità. In altre parole, l'identità non è qualcosa che già possiedi, devi invece passare attraverso le cose per ottenerla. Le cose devono farsi dubbie prima di potersi consolidare in maniera diversa.

Wim Wenders
-

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 19/06/2012 @ 09:14:17, in casa, visitato 1831 volte)

Segnalazione di Mary Obrien

Un introduzione, magari non necessaria: di Dale Farm negli anni scorsi ne ho scritto molto e la storia la conoscete. Uno dei motivi del brutale sgombero di massa dell'autunno scorso fu che i Traveller avevano costruito in quella che viene definita la fascia verde di rispetto

Questo è l'ingresso di Dale Farm che accoglieva i visitatori l'estate scorsa

Così si presenta oggi. Senza parole. (foto thisistotalessex.co.uk)

Anzi no, la mente corre a qualcosa visto a gennaio 2011, stavolta alle porte di casa. E anche a questo.


Total Essex - A Dale Farm paura per i rifiuti tossici - 14 giugno 2012  Billericay Gazette

Volpi, ratti, escrementi umani e rifiuti scaricati illegalmente sono ammassati presso la ex dimora di centinaia di Traveller.

Circa otto mesi fa, dopo che il consiglio di Basildon aveva liquidato Dale Farm in un'operazione costata all'autorità 4,8 milioni di sterline, un attivista traveller afferma che lo stesso consiglio potrebbe essere costretto a riasfaltare quanto distrutto dagli esecutori dello sgombero l'ottobre scorso.

Sostiene che sono stati rinvenuti rifiuti tossici nel sito di Crays Hill - incluso asbesto - che sarebbe stato depositato in maniera illegale "almeno dagli anni '70 sino al 1994".

E' noto l'uso in precedenza all'insediamento di Dale Farm come sfasciacarrozze, meno si sa su come venisse adoperato per gettare i rifiuti.

All'ex proprietario dell'area, Ray Bocking, è stata notificata nel 1994 dal consiglio di Basildon una sanzione per l'uso dell'area come discarica.

Dopo le contestazioni di Bocking, in un rapporto del 1994, l'Ispettorato della Pianificazione notava che l'angolo occidentale di Dale Farm era usato per "stoccare ed eliminare rifiuti metallici..."

Si dice che i 100.000 metri cubi di rifiuti sono stati depositati dal consiglio di Dale Farm.

In seguito l'area venne livellata e ricoperta dal consiglio nel 1995, in quello che Bocking definisce un tentativo di  "distruggere le prove".

Dopo aver scavato sino a due metri e mezzo di profondità, all'indomani dello sgombero, si dice siano state rinvenute sostanze esposte, tra cui amianto.

Secondo l'attivista traveller Stuart Hardwicke Carruthers, l'Agenzia per l'Ambiente dovrebbe individuare il terreno contaminato, perché i Traveller rivolgano un'azione legale contro l'amministrazione.

Dice Carruthers: "[Durante lo sgombero] il consiglio è venuto sul nostro terreno a nome degli zingari.

"Se agli zingari fosse stato detto di ricoprire [con l'asfalto] i rifiuti, potrebbero citare in giudizio il consiglio, per l'uso da loro fatto del sito, dopo aver chiesto esattamente l'opposto."

Carruthers ha scritto all'Agenzia per l'Ambiente richiedendo un piano di chiusura del sito per "terreno contaminato da discarica non regolamentare ristabilta dal consiglio distrettuale di Basildon."

Parlando alla Billericay Gazette, dice Carruthers: "Una volta che una discarica è all'aperto, occorre il permesso dell'Agenzia dell'Ambiente per coprirla."

L'agenzia ha confermato che sta analizzando i rapporti sulla contaminazione a Dale Farm.

"Il problema di Tony Ball [leader del consiglio] è che una discarica svaluta la proprietà peggio che avere un sito zingaro," dice Carruthers.

"Tutti hanno interesse nella causa, perché chiunque viva ad Oak Road ha visto dimezzati i prezzi delle case, avendo una discarica comunale in fondo al giardino, ma senza nessuna licenza edilizia."

La casa di Len Gridley su Oak Road confina con Dale Farm. Il cinquantatreenne sta citando in giudizio il consiglio per la svalutazione della sua proprietà.

Gridley, che ha installato trappole per topi attorno alla sua casa, per fronteggiare un'esplosione di parassiti dopo lo sgombero, dice: "Nessuno metterà in vendita la sua casa ad Oak Road, per la semplice ragione che perderebbe  i suoi soldi. Siamo condannati a restare qui."

"Il consiglio mi ha messo in questa prigione, questa è la ragione per cui intendo combatterli in tribunale."

Attorno all'ex sito sono abbondanti immondizia abbandonata ed escrementi umani, perche i Traveller sulla strada non hanno servizi igienici adeguati.

Escrementi

Durante lo sgombero sono andati distrutti anche bagni e fognature. Questo ha portato un'evidente esplosione di ratti, topi e malattie tra la popolazione traveller.

28 milioni di sterline, e gli sgomberati all'inizio dell'inverno sono tornati alle loro piazzole distrutte, piazzandosi a i margini della strada


La foto è tratta da http://alefarm.files.wordpress.com/2011/09/ariel-scrape-yard-df001.jpg
Mostra com'era il terreno di Dale Farm, prima che i Travellers lo acquistassero e bonificassero: una discarica.

 
Di Fabrizio (del 18/06/2012 @ 09:22:44, in casa, visitato 1261 volte)

Da Roma_Francais

Incolpato di discriminazione contro i Rom

Il sindaco di un comune del sud della Croazia è stato accusato dal procuratore locale di "discriminazione razziale", dopo aver fatto pressioni su una famiglia rom, forzandola a lasciare il villaggio

Il tribunale regionale di Zara dice in un comunicato di aver accusato un "cittadino croato di Skabrnja, nato nel 1949", senza rivelarne il nome, di "discriminazione razziale". Secondo la televisione nazionale HRT, si tratterebbe di Luka Skare, sindaco di Skabrnja, piccola località non lontana da Zara.

"Davanti a diverse persone, che avevano chiesto minacciandola alla famiglia rom di lasciare Skabrnja, il sindaco ha invitato gli abitanti a prepararsi per un assalto dopo che la polizia se ne fosse andata," precisa l'accusa.

Queste minacce "sono state accolte con ansia e paura tra i Rom, che per questo hanno lasciato la città," dice la medesima fonte.

Proteste degli abitanti

L'incidente è successo all'inizio di maggio, quando una famiglia rom si era stabilita su un terreno da lei acquistato a Skabrnja. I circa 2.000 abitanti della località avevano protestato violentemente ed avevano cintato il terreno con una rete metallica.

Malgrado la reazione della stampa e delle istituzioni locali incaricate della protezione dei diritti umani, i 17 componenti della famiglia rom hanno lasciato Skabrnja dopo qualche giorno di tensione.

Secondo il censimento del 2001, vivono circa 9.500 Rom in Croazia, su una popolazione totale di 4,2 milioni di abitanti. Tuttavia, il governo stima che la comunità conti tra le 30.000 e le 40.000 persone, mentre le associazioni rom avanzano una cifra superiore alle 60.000.

 
Di Fabrizio (del 10/06/2012 @ 09:05:08, in casa, visitato 1366 volte)

L'Unione sarda 8/6/2012

Nessuna tensione tra le baracche: i vigili hanno trovato un clima rassegnato - Consegnati gli ordini ai 35 capifamiglia del campo

Le pattuglie della polizia municipale e gli assistenti sociali si sono presentati nel pomeriggio. Hanno varcato l'ingresso del campo nomadi sulla Statale 554 per consegnare i 35 avvisi di sgombero alle famiglie rom. Entro il 2 luglio dovranno andare via. L'atto formale segue l'ordinanza firmata dal sindaco Massimo Zedda in seguito al sequestro dei terreni inquinati disposto dalla Procura. Intanto l'assessorato regionale alla Sanità sta lavorando per modificare la destinazione d'uso dei 579mila euro prima destinati alla riqualificazione dei campi. Potrebbero essere dirottati a progetti di integrazione sociale. Non per contribuire al pagamento degli affitti per le abitazioni che in futuro ospiteranno le 157 persone (93 sono bambini e donne in gravidanza).

I TEMPI Meno di un mese dunque a disposizione delle famiglie per lasciare le baracche e del Comune per trovare una sistemazione. Ieri gli agenti della polizia municipale e gli assistenti sociali hanno trovato un clima di collaborazione nel campo nomadi. Le ordinanze sono state notificate quasi tutte (a parte alcuni capi famiglia assenti al momento dell'arrivo dei vigili urbani). Oramai nell'area sulla 554 ci si è rasseganti al destino di dover lasciare un luogo che, come scritto nel documento firmato dal primo cittadino di Cagliari, è «assolutamente incompatibile con la presenza di esseri umani».

IL SEQUESTRO Il campo, alcuni giorni fa era stato sottoposto a sequestro da parte della Procura. La disposizione era stata notificata al Comune e, mercoledì, il sindaco ha firmato l'ordinanza che obbliga le famiglie rom ad abbandonare le loro baracche. La relazione dei carabinieri del Noe era impietosa. L'area dove vivono i nomadi è inquinata e in condizioni igieniche preoccupanti. Il Comune oltre a occuparsi di trovare una sistemazione alternativa per le 35 famiglie, elaborerà un piano di intervento per la rimozione, lo smaltimento e il recupero dei rifiuti presenti con l'eventuale successiva bonifica dell'area. Compreso il sottosuolo. Ci vorrà parecchio tempo.

DOVE ANDRANNO Lo sgombero del campo è in parte iniziato con il progetto d'inclusione sociale. Le famiglie troveranno sistemazione in case con giardino o terreno sul litorale cagliaritano: il Comune contribuirà, almeno per il primo anno, al pagamento dell'affitto. Una partita che vede impegnata anche la Regione. L'assessorato alla Sanità è in contatto con l'amministrazione cagliaritana. C'è da trovare un modo per modificare la destinazione dei 579mila euro stanziati per la riqualificazione dei campi nomadi. Probabilmente, fanno sapere dall'assessorato guidato da Simona De Francisci, con una delibera di giunta (o con una norma nel prossimo collegato della finanziaria o un disegno di legge) questi fondi potrebbero essere reindirizzati in progetti per l'inserimento scolastico dei bambini e lavorativo per gli adulti.

Matteo Vercelli

 
Di Fabrizio (del 24/05/2012 @ 09:38:44, in casa, visitato 2335 volte)

Vorrei capire e non è facile... se in quel manifesto avessero scritto FUORI DALLE CASE POPOLARI I DELINQUENTI, il PDL avrebbe comunque mantenuto gli impegni, e non si sarebbe perso il senso di "destra" (serietà, sicurezza, difesa della proprietà privata) che pervade il manifesto.

Nessuno si è mai azzardato a dire che se uno è delinquente (che sia Rom o meno) non va messo al gabbio.

Ma... che senso può avere, nell'Italia che vorrebbe riappacificare fascisti e combattenti per la libertà (perché dopo 70 anni, la memoria per qualcuno è un lusso), un partito, senza il quale il governo non si reggerebbe, che si IMPEGNA, tra l'altro, a mandare i Rom fuori dalle case popolari? Essere di destra significa anche avere CORAGGIO, ditelo chiaramente cosa pensate: ROM = LADRI! O nooo? Volete mantenere il piede in due scarpe: democratici MA ANCHE razzisti?

Insomma, PDL CHE SI IMPEGNA, oltre alle parole ce l'avete un po' di COERENZA? Diteci, per favore, dove li vorreste mettere tutti questi ROM DELINQUENTI (extracomunitari a Pescara non potete dirlo, purtroppo per voi)?

Ragioniamo sulle cifre: 2.000 presenze rom su oltre 123.000 abitanti: non ditemi che siete voi gli assediati. Ma torniamo al dove metterli: tutti in galera? Non mi risulta che queste pensioni (a spese dello stato, ricordatelo) abbiano così tanti posti liberi, anzi mi risulta che da quelle parti sia sempre ALTA STAGIONE.

Nelle case popolari, giammai! E allora, continuo a non capire, perché se uno di loro si sistema altrove, sento parlare delle VILLE DEGLI ZINGARI?

Allora, lasciamoli marcire in un bel CAMPO fuori città, con baracche, container, telecamere a circuito chiuso e sistema fognario che reggerà (se va bene) due settimane? Dite che una roba simile l'hanno già inventata e non funziona?

Che poi, Pescara la conosco poco, ci sono stato una volta sola ospite di un convegno di un'organizzazione rom locale. Allora l'amministrazione era di colore opposto, mi stupì l'assenza quasi totale del resto della popolazione (rappresentanti istituzionali compresi), se si esclude un piccolo gruppo di Forza Nuova che si era imbucato per provocare. Ecco, forse loro avevano una soluzione: un bel rogo come nei vecchi tempi, e con qualche portacenere pieno avrebbero risolto la situazione. ANZI NO: neanche i nazisti (che rispetto a quei maccheroni di Forza Nuova, se si mettevano in testa una cosa, tiravano dritto) sono riusciti a risolvere il problema.

Un consiglio, PDL di Pescara: siate seri, impegnatevi ma usate il cervello, e non tentate di superare Hitler da destra (che c'è il rischio di capottarsi con un sorpasso azzardato)...

 
Di Fabrizio (del 22/05/2012 @ 09:52:21, in casa, visitato 1435 volte)

Ricevo e pubblico integralmente:

Carissimi,
visitando il vs sito, che riteniamo uno dei più aggiornati e interessanti, ci siamo imbattuti nell'articolo "Ecco le casette del campo rom in via Longhin" postato dal giornalista del Mattino di Padova Alberto Melis il 14/09/2011 (Alberto Melis in realtà aveva soltanto segnalato l'articolo, ndr.). Conoscendo molto bene la storia degli ultimi 15 anni del campo in questione, vorremmo aggiungere alcune importanti precisazioni.

Dopo anni di politiche efficaci che hanno permesso di smantellare il campo nomadi comunale di via Tassinari, con l'originale progetto di autocostruzione "dal campo nomadi alla città: il Villaggio della Speranza" (per i particolari vi rimandiamo al ns sito www.operanomadipadova.it), e l'autonomizzazione di decine di famiglie di rom serbi sia dal punto di vista lavorativo che abitativo (anche qui con il supporto dei nostri mediatori), l'Amministrazione comunale ha cambiato inspiegabilmente rotta.

La nostra Associazione ha lavorato per diversi anni in entrambi i campi nomadi comunali, tenendo la barra fissa su due concetti: smantellamento definitivo delle aree e coinvolgimento diretto delle persone nelle scelte che li avrebbero coinvolti. Per questo motivo, nel presentare il progetto "Villaggio della Speranza" all'ex Ministro del Welfare Ferrero, che ha deciso di finanziarlo, ci siamo fatti portavoce dei rom e dei sinti con proposte concordate con loro. Se per i sinti veneti di via Tassinari l'autocostruzione di tre minipalazzine, inaugurate il 2 febbraio 2010, per tre famiglie allargate ha rappresentato il migliore compromesso tra le tradizioni dei residenti e le disponibilità del Comune, per i rom di via Longhin la proposta era ben altra e riguardava l'individuazione di alcuni terreni privati.

L'attuale progetto di riqualificazione del campo nomadi comunale di via Longhin, che vede uno stanziamento di 480.000€, imposto ai rom come unica alternativa allo sgombero, vede la costruzione di 16 piazzole attrezzate di bagno e stanza adibita a soggiorno-pranzo in muratura, mentre la zona notte continuerà ad essere la roulotte. Le camere da letto saranno infatti costruite in seguito ad un eventuale ulteriore stanziamento pubblico di oltre 500.000 euro.

I diretti interessati si sono dichiarati da subito e più volte contrari al progetto, sostenendo che sempre di un campo nomadi si tratterà: tutti insieme e nel medesimo luogo. Quanti compagni di classe dei bambini andranno a fare i compiti nel ghetto ristrutturato? Quanti imprenditori saranno invogliati a valutare il curriculum di un residente dell'ormai nota via Longhin? Prima di firmare, pena la l'allontanamento e la cancellazione della residenza, l'accordo con il Comune, i capi famiglia dei circa 60 residenti hanno proposto ancora una volta soluzioni alternative più aderenti alle proprie esigenze nonchè maggiormente vantaggiose per le tasche dei concittadini ma che non sono state prese in alcuna considerazione.

Vi saremo molto grati se dalle pagine del vostro sito deste voce alle nostre perplessità per mantenere sempre alta l'attenzione circa l'efficacia dei certi progetti di integrazione e sulle modalità con cui vengono realizzati

Cordiali saluti,

Opera Nomadi di Padova - Onlus

 
Di Fabrizio (del 13/05/2012 @ 09:11:55, in casa, visitato 1822 volte)

Sitart.org  Milano 19 - 20 Maggio 2012

ZigzArt è il titolo dell'evento promosso da SITART nel campo Rom di via Idro a Milano.
Il progetto nasce con le intenzioni di riqualificare più che il luogo, le relazioni tra i Rom e i cittadini in occasione della festa di "Via Padova è meglio di Milano" cantiere d'integrazione multiculturale in progress.

Gli artisti: Ilaria Beretta, Beppe Carrino, Angelo Caruso, Federico De Leonardis, Carlo Dulla, Pino Lia, Elisabetta Oneto, Sabina Sala, Stefano Sevegnani, con la direzione artistica di Jacqueline Ceresoli, hanno creato installazioni site-specific, temporanee sul luogo, per condividere con gli abitanti un progetto di estetica sociale e di arte sostenibile.
Sitart, da anni agisce nei luoghi urbani con azioni di Social Art: una forma di arte pubblica attiva, temporanea, che trasforma le relazioni tra gli artisti, le persone, il luogo e il pubblico in un progetto di attivazioni di dinamiche culturali e sociali.

Social Art di Jacqueline Ceresoli

Nell'era dell'iperconnessione veloce "Tout change, tout bouge, tout va de plus en plus vite" e la rete per alcuni è una corsia preferenziale che accelera contatti ed evoluzioni sociali, per altri, gli emarginati digitali, separa vite, stili e identità di moltitudini di persone che si rifugiano in campi situati ai confini della città dove, nei migliori casi, si recupera un modello di comunità agricola, di villaggio contadino, in alternativa al modello urbano, ponendo alla base della società non il denaro, ma il patto di rispetto e di solidarietà tra gli individui.

Il Campo di via Idro è un Eden anomalo, trasformato in centro di convivenza tra etnie diverse, situato al termine di via Padova e vicino alla Tangenziale est, abitato da oltre 20 anni da circa 120 Rom Harvati, diventati cittadini italiani. Questa tribù urbana è costituita da residenti iscritti al Servizio Sanitario con bimbi scolarizzati e la metà di loro ha meno di 18 anni. Date queste condizioni di stanzialità, ex nomadi hanno trasformato il campo in una comunità, dove si contano più case che roulotte, molte delle quali con verande, orti o giardini, cavalli, galli e galline, tacchini, cani, gatti, ponendosi in un rapporto osmotico con il territorio, ma non con il tessuto urbano. In questa comunità di integrati, ma divisi dai cittadini per scelte di vita, 9 artisti italiani diversi per età, formazione e linguaggi adottati, hanno creato site-specific e installazioni a tecnica mista temporanee sul luogo, per condividere con gli abitanti un progetto di estetica sociale e di arte sostenibile promosso da Sitart.

ZigzArt nasce con le intenzioni di riqualificare più che il luogo, le relazioni tra i Rom e i cittadini in occasione della festa di via Padova, cantiere d'integrazione multiculturale in progress.
Dall'inizio di via Idro, lungo la Martesana, all'angolo di via Padova fanno capolino le vele colorate e i nastri di carta riflettente che definiscono un "Isola" immaginaria di Stefano Sevegnani, affacciata sul Naviglio.
Da via Padova fino al Villaggio Idro si estende intorno alla campagna limitrofa il "Serpente d'oro", di Sabina Sala, composto da chicchi di grano: l'oro del Mediterraneo e delle civiltà contadine.
Ilaria Beretta evoca il concetto di "migrazione" con una gigantesca capanna di stoffa, come ready made del nomadismo dei Rom, prototipo di abitazione di uomini in movimento, divenuti stanziali con la casa.
All'ingresso del Villaggio, troverete disegnato sul muro con martello e scalpello l'opera "Pastorale" di Federico De Leonardis, un grande bastone, simbolo del pastore che guida e accudisce al suo gregge, come insegna di un modello di vita idilliaca e bucolica, come alternativa a quello urbano.
Angelo Caruso ricopre con "Foulards" variopinti di gusto gitano, donati dalle donne del Villaggio, "la grande serra del perduto lavoro" della Cooperativa Rom che coltivava piante da vendere al mercato ora abbandonata, qui riutilizzata come rifugio per galline e altri animali da allevamento, cavalli al pascolo, liberi di circolare sull'antistante orto coltivato: è un'altra evocazione simbolica di vita agreste, perduta con la rivoluzione industriale, quando l'uomo ha interrotto la relazione con la natura.

Zigzagando dentro il villaggio, lungo la strada principale, noterete l'installazione "Fiat Lux", realizzata con alcune centraline di energia in disuso, trasformate da Carlo Dulla in simbolici altarini, in cui compaiono ex voto di luce, di gas e di acqua come apparizioni, presenze miracolose non sempre garantite in questo campo.
Davanti al Centro Polifunzionale del villaggio, pensato come presidio sanitario, sociale e culturale, sempre chiuso e poco utilizzato dal Comune, Elisabetta Oneto presenta, "Pori", un'installazione di code di cavallo, che per i Rom rappresenta un mezzo di trasporto, di sostentamento ed è il simbolo della loro cultura nomade.
All'interno dell'edificio, Beppe Carrino ha rivestito una stanza con "Scritture del corpo": una serie di disegni a matita che rappresentano i calchi di mani, piedi e fronte di varie persone e abitanti del Villaggio. Questa istallazione ambientale prevede il coinvolgimento del pubblico che si presterà a lasciare una traccia del suo passaggio nel campo.
Nel cortile dell'edificio dismesso, c'è ormeggiata una "Bari–Barca" di Pino Lia, a forma ellittica, in centro una ruota, simbolo del timone, circondata da ramificazioni dalle quali pendono guanti in lattice e rose con immagini multietniche, come metafora del viaggio e delle migrazioni di popoli sulla scia del sogno di una terra promessa.
Sitart, da anni agisce nei luoghi urbani con azioni di Social Art: una forma di arte pubblica attiva, temporanea, che trasforma le relazioni tra gli artisti, le persone, il luogo e il pubblico in un progetto di attivazioni di dinamiche culturali e sociali, mettendo in discussione il ruolo dell'artista in questo ambito, meno autoreferenziale e più utile alla collettività, sull'esempio della "Scultura Sociale" di Beuys e trasforma Milano in un prototipo di "Museo diffuso", dal centro alle periferie, open-space di un'arte sostenibile contro la museificazione dell'arte contemporanea, dinamica e complessa.

Info:
Titolo: ZigZart - Evento organizzato da SITART - Ideato e curato da Angelo Caruso - Direzione artistica Jacqueline Ceresoli - Direzione all'accoglienza nel Villaggio Fabrizio Casavola - Luogo: via Padova angolo via Idro al Campo Nomadi sul Naviglio Martesana. - Periodo: 19+20 Maggio 2012

Partner: Comunità Rom di Via Idro, Comitato Vivere in Zona 2, Associazione AB, City Art, Anpi Crescenzago, Martesana 2, Teatro degli incontri.

Per info: Angelo Caruso - Cell. 3357689814
info@sitart.orgwww.sitart.orgwww.meglioviapadova.org
Per informazioni: City Art, tel. 02-87167065, cell. 335-7689814, www.cityart.it, info@cityart.it

Patrocinio: Comune di Milano - Consiglio di Zona 2

 
Di Fabrizio (del 03/05/2012 @ 09:23:17, in casa, visitato 1752 volte)

Da Bulgarian_Roma (leggi anche QUI ndr)

Human Rights Europe

5 aprile 2012 - I giudici hanno stabilito che lo sgombero dei Rom da un insediamento a Sofia violerebbe i loro diritti umani.

Nella sentenza della Camera sul caso Yordanova e altri v. Bulgaria (ricorso n. 25446/06), non definitiva, la Corte Europea per i Diritti Umani ha stabilito, all'unanimità, che in caso di futura applicazione del provvedimento  di allontanamento nei confronti dei ricorrenti, ci sarebbe:

Una violazione dell'art. 8 (diritto alla vita privata e familiare) della Convenzione Europea sui Diritti Umani.

Il caso riguardava il piano delle autorità di sgomberare i Rom da un insediamento su un terreno comunale nell'area di Sofia chiamata Batalova Vodenitsa. Il tribunale ha trovato che l'ordine di sgombero si basava su una legge e relativa revisione in via di discussione, senza che fosse chiesto all'autorità di bilanciare i diversi interessi coinvolti.

Fatti principali

I ricorrenti sono 23 cittadini bulgari che vivono nell'insediamento di Batalova Vodenitsa, quartiere alla periferia di Sofia, che ospita circa 250 altri Rom. Arrivati e qui insediatisi negli anni '60 e '70, spesso con le loro famiglie estese, gli arrivi più recenti datano negli anni '90. Sono abitazioni improvvisate costruite senza autorizzazione. Non ci sono fognature e acqua corrente. Chi vive lì utilizza l'acqua di due fontane pubbliche.

Il terreno su cui si insediarono era inizialmente proprietà dello stato e dal 1996 è passato a far parte del comune di Sofia. I ricorrenti, come gli altri abitanti dell'insediamento, non hanno mai cercato di mettere in regole le case che hanno costruito. I ricorrenti lamentano di non poter richiedere la regolarizzazione perché sono poveri ed isolati dal resto della società. Inoltre, la legge in materia non consente loro di ottenere la proprietà delle loro case.

Non ci sono dubbi che quelle case non soddisfino i requisiti di base sulle costruzioni e le norme di sicurezza, e non possono essere regolarizzate senza una sostanziale ricostruzione.

Dall'inizio degli anni '90, in diversi quartieri di Sofia è cresciuta la tensione tra i Rom degli insediamenti ed i loro vicini non-Rom. La questione è stata ampliamente dibattuta e diversi politici si sono espressi per svuotare i "ghetti rom" di Sofia. Sino al 2005, né lo stato né le autorità municipali hanno cercato di traslocare i richiedenti e le loro famiglie.

Nel maggio 2006, il comune di Sofia trasferì la proprietà dei terreni adiacenti a quelli occupati dai ricorrenti, a favore di un investitore privato. Pochi mesi prima, il 17 settembre 2005, il sindaco distrettuale aveva imposto lo sgombero forzato dei richiedenti, sospeso dai giudici in attesa della sentenza d'appello. A gennaio 2006, il tribunale cittadino di Sofia dichiarò legittimo il provvedimento di sgombero, in seguito confermato dalla suprema corte amministrativa. I tribunali, ignorando l'argomento dei ricorrenti che uno sgombero sarebbe stato sproporzionato, avendo loro vissuto nell'insediamento per decenni, rilevarono che non avevano mostrato un motivo legale per occupare il terreno e che il provvedimento di sgombero era legittimo.

A giugno 2006, il comune annunciò l'intenzione di sgomberare i residenti illegali di Batalova Vodenitsa, ricorrenti inclusi, entro una settimana e di demolire le loro case. Pressioni politiche, principalmente da componenti del Parlamento Europeo, fecero sì che lo sgombero non avesse luogo. Tuttavia, il sindaco dichiarò pubblicamente che non era possibile trovare una sistemazione alternativa per gli abitanti dell'insediamento, dato che non erano registrate tra i bisognosi di alloggio, ed il comune non poteva assegnare loro priorità rispetto ad altri che erano in lista d'attesa da anni.

Il sindaco insisteva che il provvedimento di sgombero doveva essere eseguito, ed il fatto che le famiglie rom non avessero dove andare fosse irrilevante.

Dopo un altro tentativo di rimuovere i richiedenti, a giugno 2008 il tribunale indicò al governo che per il suo ruolo sulle misure ad interim, i richiedenti non potevano essere sgomberati, fintanto che le autorità non avessero assicurato al tribunale le misure da prendere per garantire l'alloggio a bambini, anziani, disabili o persone comunque vulnerabili.

Il sindaco distrettuale informò il tribunale di aver sospeso l'ordine di sgombero in attesa della risoluzione dei problemi abitativi dei residenti nell'insediamento. Quindi la corte sollevò la misura cautelare. Nel contempo, venne adottato un programma nazionale decennale per il miglioramento delle condizioni abitative dei Rom in Bulgaria.

Un rapporto di monitoraggio del 2010 non registrava alcun progresso nell'alloggio ai Rom. D'altra parte, i resoconti die media riportavano di costruzioni per i Rom, in corso in diverse regioni della Bulgaria.

Decisione del tribunale

Art. 8 (diritto alla vita privata e familiare)

Il tribunale ha osservato che i richiedenti hanno vissuto per diversi anni con le loro famiglie in case di fortuna, diventate la loro dimora, a prescindere che essi le occupassero legalmente o meno. Se i richiedenti fossero espulsi dal loro insediamento e dalla loro comunità, sarebbe quindi influenzata negativamente la loro vita privata e familiare.

Il tribunale ha considerato legittimo che le autorità, ai fini dello sviluppo urbano, cercassero di recuperare un terreno da chi lo occupava illegalmente. Non c'è dubbio che le autorità avessero titolo in materia per rimuovere i richiedenti che hanno occupato illegalmente terreno comunale. Tuttavia, per decenni le autorità hanno tollerato gli insediamenti illegali rom a Batalova Vodenitsa. Ciò aveva permesso ai richiedenti di sviluppare forti legami col luogo e costruirsi lì una vita comunitaria.

Nonostante quanto sopra, ai sensi della Convenzione non c'era l'obbligo di fornire alloggio ai ricorrenti. Tuttavia, in casi eccezionali l'articolo 8 prevede l'obbligo di garantire un riparo alle persone particolarmente vulnerabili.

Il tribunale ha notato che a norma di legge, allora alle autorità municipali non venne richiesto di considerare la sproporzione di un possibile sgombero di quanti vivevano nell'insediamento, o dei vari interessi coinvolti. Il tribunale ha rilevato un approccio di per sé problematico, dovuto alla mancanza di rispetto del principio di proporzionalità.

In questo caso, non è in discussione che le loro case non incontrassero i requisiti minimi sanitari e costruttivi, riguardo la sicurezza e la salute. Nondimeno, il tribunale ha notato che il governo non ha mostrato metodi alternativi per affrontare questi problemi, come legalizzare le costruzione ove possibile, costruire fognature pubbliche ed impianti idrici, oltre a fornire assistenza nel reperire un alloggio alternativo quando lo sgombero fosse reso necessario [...].

Pertanto, l'affermazione del governo che lo sgombero dei ricorrenti fosse la soluzione più appropriata, è stata indebolita.

Inoltre, prima di emettere il provvedimento di sgombero, le autorità non avevano considerato il rischio che in questo caso i ricorrenti sarebbero rimasti senza casa, dichiarando invece che si trattava di un rischio irrilevante.

Il tribunale ha inoltre sottolineato che,nel contesto dell'artt. 8, lq specificità dei ricorrenti in quanto gruppo socialmente svantaggiato, come i loro particolari bisogni, andavano considerati nella valutazione di proporzionalità che le autorità nazionali erano obbligate a considerare, senza averlo fatto.

Infine, per quanto riguarda l'argomento del governo secondo cui i vicini dei ricorrenti si fossero lamentati di loro, il tribunale notava che alcune delle lamentele, ad esempio quelle sui rischi sanitari ed i reati che sarebbero stai commessi dai Rom, avrebbero potuto giustificare misure adeguate, se fosse stato osservato il principio di proporzionalità. Le autorità non hanno indagato sulla veridicità delle accuse. Tuttavia, parte delle lamentele contenevano richieste illegittime.

Il tribunale ha concluso che l'ordine di sgombero del 2005 era basato su una legge, e rivisto sotto procedura decisionale, nessuna delle quali richiedeva la sproporzione rispetto allo scopo perseguito. Quindi ci sarebbe una violazione dell'art.8 se venisse eseguito il provvedimento di sgombero.

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Il tribunale non ha trovato nessuna questione distinta riguardo all'art. 14, e che non fosse necessario esaminare separatamente le altre obiezioni dei ricorrenti.

Art. 46 (esecuzione del giudizio)

Il tribunale ha ritenuto che le misure generali che le autorità dovrebbero adottare al fine dell'attuazione della sentenza, così da evitare violazioni simili in futuro, debbano includere un cambiamento di legge e delle pratiche, per essere certi che gli ordini di sgombero per terreni ed edifici pubblici, anche in caso di occupazione abusiva, individuando chiaramente gli scopi perseguiti dallo sgombero, dai diretti interessati e le relative misure che garantiscano la proporzionalità.

Riguardo le singole misure necessarie a porre un termine alle violazioni e per fornire una riparazione per qualsiasi danno causato ai ricorrenti, il tribunale ha stabilito che l'ordine di sgombero del 2005 vada abrogato o sospeso, in attesa di misure che garantiscano come le autorità si siano adeguate ai requisiti della Convenzione, come chiarito nella sentenza.

Art. 41 (soddisfazione delle parti)

Il tribunale ha stabilito che la dichiarazione di violazione dell'art. 8 costituisce di per sé un'equa soddisfazione per qualsiasi danno non pecuniario sostenuto dai ricorrenti. Per quanto riguarda costi e spese, ha dichiarato che la Bulgaria dovrà versare 4.000 euro ai ricorrenti.

 
Di Fabrizio (del 19/04/2012 @ 09:36:20, in casa, visitato 1732 volte)

Da Roma_Daily_News

I Rom di Sulukule Rinnovamento urbano, chi ne sta traendo profitto?

Non rimane molto del quartiere rom di Sulukule, una volta così pittoresco.

Per anni, migliaia di Rom da tutto il mondo hanno vissuto nello storico insediamento della capitale Istanbul.

A causa di un piano di rinnovamento urbano (vedi QUI ndr) sono stati obbligati a a lasciare Sulukule.

Il video di Amnesty International (7'52"), sottotitolato in inglese, olandese, francese e spagnolo.

 
Di Fabrizio (del 10/04/2012 @ 09:20:46, in casa, visitato 1511 volte)

OPERA NOMADI DI REGGIO CALABRIA - COMUNICATO STAMPA

Il razzismo contro i rom continua ad essere esercitato nel territorio della nostra provincia per ostacolare l'inserimento abitativo di questi cittadini e quindi il superamento dei ghetti.

Nell'ambito dell'operazione di equa dislocazione delle famiglie rom, pochi giorni fa, il Sindaco del Comune di Melito Porto Salvo ha assegnato un alloggio popolare ad una famiglia rom che abita in una baracca con una bambina affetta da una grave malattia congenita. Ma prima che il Comune potesse consegnare l'alloggio l'immobile è stato occupato abusivamente da un'altra famiglia melitese per impedire l'insediarsi dei rom.

Il sindaco di Melito Porto Salvo è intervenuto tempestivamente sfrattando gli occupanti, ma questi hanno cominciato a protestare contro la famiglia rom e contro l'Amministrazione comunale dichiarando che non intendono accettare dei rom nel loro quartiere. Questa famiglia, che dopo tanti anni è riuscita ad avere un alloggio adeguato dove poter curare la figlia, ora si trova a dover affrontare il rifiuto di questi concittadini con la preoccupazione per quanto potrebbe accadere.

Purtroppo queste azioni razziste sono un copione che si ripete ormai da anni. Altre occupazione abusive di alloggi destinati alle famiglie rom si sono verificate nei mesi passati nel comune di Gioia Tauro e qualche anno fa anche a Reggio Calabria è avvenuta la stessa cosa in concomitanza con l'operazione di equa dislocazione. Nella stessa città di Melito Porto Salvo, pochi anni fa, sei alloggi destinati alle famiglie rom sono stati incendiati. Queste azioni sono state contrastate adeguatamente sia dalle Amministrazioni comunali che dalle stesse famiglie rom e dall'Opera Nomadi e quindi anche se hanno rallentato i progetti di inserimento abitativo non hanno impedito che si raggiungessero dei risultati. Tuttavia è mancata una condanna di queste azioni da parte della comunità civile nel suo complesso. E' chiaro che queste azioni di discriminazione non sono casi isolati, come spesso si vuole lasciare intendere, ma sono l'espressione di un pensiero diffuso nella nostra società secondo il quale i rom sono dei cittadini “inferiori” che non possono vivere insieme alle altre persone. Questo è il motivo della mancata condanna. Nonostante da anni abbiamo recepito le leggi europee contro il razzismo, abbiamo un Ufficio Nazionale contro il Razzismo che dipende dal Governo nazionale, vengono realizzate continue iniziative di contrasto alla discriminazione e dal 28 febbraio 2012 l'Italia ha una strategia nazionale per l'inclusione delle comunità rom che prevede il superamento dei ghetti, in alcuni comuni ( Cosenza, Roma, ecc..) si progettano ancora campi ghetto e si continuano a realizzare azioni razziste.

Qualcosa non ha funzionato. A differenza di quello che si dice nei dibattiti e sui media il razzismo fa parte integrante della nostra cultura locale e nazionale. La nostra cultura, come tutte le culture occidentali, contiene come suoi elementi interni sia il razzismo che l'antirazzismo. Pertanto il razzismo si potrà combattere adeguatamente solo dopo che avremmo ammesso la sua esistenza effettiva nella nostra cultura, e quindi non più come elemento estraneo che sporadicamente interessa la nostra società ( Bauman Z., Modernità e Olocausto, 1992) ma quale elemento costituente che va estirpato lavorando dall'interno.

Nonostante il limite esistente nella strategia di lotta al razzismo, nella provincia di Reggio Calabria dei risultati sono stati raggiunti. Negli ultimi 10 anni attraverso il progetto di equa dislocazione circa 20 famiglie rom sono state inserite nel tessuto urbano del comune di Melito Porto Salvo ed oggi abitano civilmente accanto alle famiglie non- rom. Nello stesso periodo, nel comune di Reggio Calabria, circa 102 famiglie sono state inserite in 80 condomini diversi che si trovano su tutto il territorio comunale da Gallico a Pellaro. Anche questi rom di Reggio Calabria vivono bene accanto alle famiglie non rom. Questo ci fa capire che l'opposizione che quasi sempre caratterizza il primo momento dell'inserimento nel quartiere è condizionato dal pensiero razzista comune, ma viene superata gradualmente con il contatto personale e diretto tra rom e non-rom (Teoria del contatto di G. Hallport). Queste 122 famiglie vivono bene con i loro vicini di casa i quali hanno finalmente capito che i rom sono persone come loro, che gli stereotipi negativi diffusi non corrispondo alla realtà e che con loro ci si può vivere assieme nello stesso condominio. Il progetto di equa dislocazione realizzato nei due comuni attraverso la collaborazione tra Amministrazioni comunali, Opera Nomadi e famiglie rom ha quindi permesso a ben 122 famiglie di uscire dai ghetti e di inserirsi nella società. Da pochi mesi anche il comune di Gioia Tauro ha avviato il progetto di equa dislocazione per le famiglie rom e ha già dislocato la prima famiglia.

Alla luce della buona esperienza realizzata a Melito Porto Salvo l'Opera Nomadi prega la comunità del luogo, la Chiesa, le associazioni del terzo settore, i candidati a sindaco e tutta la società civile, da sempre molto sensibile verso i problemi sociali, a prendere una posizione su questo caso di non accoglienza per far capire alle persone che si ostinano a non accettare i rom che bisogna abbandonare i pregiudizi perché i rom sono persone come loro e che respingerli significa respingere se stessi.

Reggio Calabria, 7 aprile 2012
Opera Nomadi di Reggio Calabria
Il presidente Antonino Giacomo Marino

 
Di Fabrizio (del 06/04/2012 @ 09:00:09, in casa, visitato 1512 volte)

Amnesty International Data di pubblicazione dell'appello: 02.04.2012 - Status dell'appello: aperto

Dal 19 marzo circa 1500 famiglie rom sono a rischio sgombero forzato dall'insediamento informale di Belvil, Belgrado, capitale delle Serbia. Le famiglie non sono state informate su dove saranno rialloggiate e potrebbero essere reinsediate in condizioni inadeguate o rimanere senza casa.

Lo sgombero dell'insediamento era stato precedentemente minacciato dalle autorità di Belgrado nel marzo 2010. Le autorità locali avevano affermato che la maggior parte dei residenti dell'insediamento di Belvil sarebbero stati sgomberati per far posto a strade di accesso ad un nuovo ponte sul fiume Sava. Non era stato predisposto alcun piano di reinsediamneto ne era stata avviata una consultazione con i residenti.

A seguito alla campagna di Amnesty International e delle organizzazioni locali per i diritti umani, lo sgombero era stato sospeso. Come risultato della pressione esercitata, la Banca Europea degli Investimenti (Bei), uno degli finanziatori del progetto del ponte di Sava, ha dichiarato che lo sgombero sarebbe dovuto avvenire in conformità con gli standard internazionali.

Nell'aprile 2011, le autorità cittadine, coadiuvate dalla Bei, convocarono una riunione con i residenti di Belvil che vivono lungo la strada di accesso (circa 100 famiglie) e promisero che lo sgombero sarebbe avvenuto nel rispetto degli standard internazionali sui diritti umani. Le autorità promisero che avrebbero elaborato un dettagliato piano d'azione per il reinsediamento in accordo con le persone coinvolte. Ai residenti sarebbero state assegnate delle case prefabbricate, considerate da Amnesty International un alloggio adeguato.

Tuttavia i residenti di Belvin non sono più stati contattati dalle autorità cittadine fino al 15 marzo 2012 quando gli è stato comunicato che sarebbero stati sgomberati al più presto.

Nonostante le assicurazioni da parte della Bei e delle autorità cittadine, il 16 marzo le autorità della città di Belgrado hanno distribuito la notifica di sgombero ai residenti di Belvil. Gli è stato chiesto di distruggere e lasciare le loro case, senza alcuna consultazione preventiva e senza ricevere alcuna informazione su possibili piani di reinsediamento.

Egregio Sindaco,

Sono un simpatizzante di Amnesty International, l'Organizzazione non governativa che dal 1961 agisce in difesa dei diritti umani, ovunque nel mondo vengano violati.

Sono molto preoccupato per il rischio di sgombero di 1500 famiglie rom a Belvil, un insediamento informale di Belgrado.

Il 16 marzo le autorità della città di Belgrado hanno distribuito la notifica di sgombero ai residenti di Belvil. Gli è stato chiesto di distruggere e lasciare le loro case, senza alcuna consultazione preventiva e senza ricevere alcuna informazione su possibili piani di reinsediamento.

Essendo la Serbia uno Stato parte dei trattati internazionali e regionali che vietano gli sgomberi forzati, Le chiedo di:

  • fermare lo sgombero delle famiglie rom che vivono a Belvil e altrove a Belgrado;
  • avviare una consultazione reale con tutte le persone interessate per trovare tutte le possibili alternative agli sgomberi;
  • fornire alle persone interessate un piano per il loro reinsediamento, compresa la fornitura di un alloggio adeguato;
  • assicurare che gli sgomberi siano eseguite come ultima risorsa e dopo che siano state prese tutte le tutele legali e le garanzie, compreso un reinsediamento completo e un piano di compensazione per tutte le persone interessate.

La ringrazio per l'attenzione.

Scarica l'appello in favore dei rom in Serbia (.pdf 14.21 KB)

 

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