Da
Bulgarian_Roma (leggi anche
QUI ndr)
Human Rights Europe
5 aprile 2012 - I giudici hanno stabilito che lo sgombero dei Rom da un
insediamento a Sofia violerebbe i loro diritti umani.
Nella sentenza della Camera sul caso Yordanova e altri v. Bulgaria (ricorso
n. 25446/06), non definitiva, la Corte Europea per i Diritti Umani ha
stabilito, all'unanimità, che in caso di futura applicazione del
provvedimento di allontanamento nei confronti dei ricorrenti, ci sarebbe:
Una violazione dell'art. 8 (diritto alla vita privata e familiare) della
Convenzione Europea sui Diritti Umani.
Il caso riguardava il piano delle autorità di sgomberare i Rom da un
insediamento su un terreno comunale nell'area di Sofia chiamata Batalova
Vodenitsa. Il tribunale ha trovato che l'ordine di sgombero si basava su una
legge e relativa revisione in via di discussione, senza che fosse chiesto
all'autorità di bilanciare i diversi interessi coinvolti.
Fatti principali
I ricorrenti sono 23 cittadini bulgari che vivono nell'insediamento di Batalova Vodenitsa,
quartiere alla periferia di Sofia, che ospita circa 250 altri Rom. Arrivati e
qui insediatisi negli anni '60 e '70, spesso con le loro famiglie estese, gli
arrivi più recenti datano negli anni '90. Sono abitazioni improvvisate costruite
senza autorizzazione. Non ci sono fognature e acqua corrente. Chi vive lì
utilizza l'acqua di due fontane pubbliche.
Il terreno su cui si insediarono era inizialmente proprietà dello stato e dal
1996 è passato a far parte del comune di Sofia. I ricorrenti, come gli altri
abitanti dell'insediamento, non hanno mai cercato di mettere in regole le case
che hanno costruito. I ricorrenti lamentano di non poter richiedere la
regolarizzazione perché sono poveri ed isolati dal resto della società. Inoltre,
la legge in materia non consente loro di ottenere la proprietà delle loro case.
Non ci sono dubbi che quelle case non soddisfino i requisiti di base sulle
costruzioni e le norme di sicurezza, e non possono essere regolarizzate senza
una sostanziale ricostruzione.
Dall'inizio degli anni '90, in diversi quartieri di Sofia è cresciuta la
tensione tra i Rom degli insediamenti ed i loro vicini non-Rom. La questione è
stata ampliamente dibattuta e diversi politici si sono espressi per svuotare i
"ghetti rom" di Sofia. Sino al 2005, né lo stato né le autorità municipali hanno
cercato di traslocare i richiedenti e le loro famiglie.
Nel maggio 2006, il comune di Sofia trasferì la proprietà dei terreni
adiacenti a quelli occupati dai ricorrenti, a favore di un investitore privato.
Pochi mesi prima, il 17 settembre 2005, il sindaco distrettuale aveva imposto lo
sgombero forzato dei richiedenti, sospeso dai giudici in attesa della sentenza
d'appello. A gennaio 2006, il tribunale cittadino di Sofia dichiarò legittimo il
provvedimento di sgombero, in seguito confermato dalla suprema corte
amministrativa. I tribunali, ignorando l'argomento dei ricorrenti che uno
sgombero sarebbe stato sproporzionato, avendo loro vissuto nell'insediamento per
decenni, rilevarono che non avevano mostrato un motivo legale per occupare il
terreno e che il provvedimento di sgombero era legittimo.
A giugno 2006, il comune annunciò l'intenzione di sgomberare i residenti
illegali di Batalova Vodenitsa, ricorrenti inclusi, entro una settimana e di
demolire le loro case. Pressioni politiche, principalmente da componenti del
Parlamento Europeo, fecero sì che lo sgombero non avesse luogo. Tuttavia, il
sindaco dichiarò pubblicamente che non era possibile trovare una sistemazione
alternativa per gli abitanti dell'insediamento, dato che non erano registrate
tra i bisognosi di alloggio, ed il comune non poteva assegnare loro priorità
rispetto ad altri che erano in lista d'attesa da anni.
Il sindaco insisteva che il provvedimento di sgombero doveva essere eseguito,
ed il fatto che le famiglie rom non avessero dove andare fosse irrilevante.
Dopo un altro tentativo di rimuovere i richiedenti, a giugno 2008 il
tribunale indicò al governo che per il suo ruolo sulle misure ad interim, i
richiedenti non potevano essere sgomberati, fintanto che le autorità non
avessero assicurato al tribunale le misure da prendere per garantire l'alloggio
a bambini, anziani, disabili o persone comunque vulnerabili.
Il sindaco distrettuale informò il tribunale di aver sospeso l'ordine di
sgombero in attesa della risoluzione dei problemi abitativi dei residenti
nell'insediamento. Quindi la corte sollevò la misura cautelare. Nel contempo,
venne adottato un programma nazionale decennale per il miglioramento delle
condizioni abitative dei Rom in Bulgaria.
Un rapporto di monitoraggio del 2010 non registrava alcun progresso
nell'alloggio ai Rom. D'altra parte, i resoconti die media riportavano di
costruzioni per i Rom, in corso in diverse regioni della Bulgaria.
Decisione del tribunale
Art. 8 (diritto alla vita privata e familiare)
Il tribunale ha osservato che i richiedenti hanno vissuto per diversi anni
con le loro famiglie in case di fortuna, diventate la loro dimora, a prescindere
che essi le occupassero legalmente o meno. Se i richiedenti fossero espulsi dal
loro insediamento e dalla loro comunità, sarebbe quindi influenzata
negativamente la loro vita privata e familiare.
Il tribunale ha considerato legittimo che le autorità, ai fini dello sviluppo
urbano, cercassero di recuperare un terreno da chi lo occupava illegalmente. Non
c'è dubbio che le autorità avessero titolo in materia per rimuovere i
richiedenti che hanno occupato illegalmente terreno comunale. Tuttavia, per
decenni le autorità hanno tollerato gli insediamenti illegali rom a Batalova Vodenitsa.
Ciò aveva permesso ai richiedenti di sviluppare forti legami col luogo e
costruirsi lì una vita comunitaria.
Nonostante quanto sopra, ai sensi della Convenzione non c'era l'obbligo di
fornire alloggio ai ricorrenti. Tuttavia, in casi eccezionali l'articolo 8
prevede l'obbligo di garantire un riparo alle persone particolarmente
vulnerabili.
Il tribunale ha notato che a norma di legge, allora alle autorità municipali
non venne richiesto di considerare la sproporzione di un possibile sgombero di
quanti vivevano nell'insediamento, o dei vari interessi coinvolti. Il tribunale
ha rilevato un approccio di per sé problematico, dovuto alla mancanza di
rispetto del principio di proporzionalità.
In questo caso, non è in discussione che le loro case non incontrassero i
requisiti minimi sanitari e costruttivi, riguardo la sicurezza e la salute.
Nondimeno, il tribunale ha notato che il governo non ha mostrato metodi
alternativi per affrontare questi problemi, come legalizzare le costruzione ove
possibile, costruire fognature pubbliche ed impianti idrici, oltre a fornire
assistenza nel reperire un alloggio alternativo quando lo sgombero fosse reso
necessario [...].
Pertanto, l'affermazione del governo che lo sgombero dei ricorrenti fosse la
soluzione più appropriata, è stata indebolita.
Inoltre, prima di emettere il provvedimento di sgombero, le autorità non
avevano considerato il rischio che in questo caso i ricorrenti sarebbero rimasti
senza casa, dichiarando invece che si trattava di un rischio irrilevante.
Il tribunale ha inoltre sottolineato che,nel contesto dell'artt. 8, lq
specificità dei ricorrenti in quanto gruppo socialmente svantaggiato, come i
loro particolari bisogni, andavano considerati nella valutazione di
proporzionalità che le autorità nazionali erano obbligate a considerare, senza
averlo fatto.
Infine, per quanto riguarda l'argomento del governo secondo cui i vicini dei
ricorrenti si fossero lamentati di loro, il tribunale notava che alcune delle
lamentele, ad esempio quelle sui rischi sanitari ed i reati che sarebbero stai
commessi dai Rom, avrebbero potuto giustificare misure adeguate, se fosse stato
osservato il principio di proporzionalità. Le autorità non hanno indagato sulla
veridicità delle accuse. Tuttavia, parte delle lamentele contenevano richieste
illegittime.
Il tribunale ha concluso che l'ordine di sgombero del 2005 era basato su una
legge, e rivisto sotto procedura decisionale, nessuna delle quali richiedeva la
sproporzione rispetto allo scopo perseguito. Quindi ci sarebbe una violazione
dell'art.8 se venisse eseguito il provvedimento di sgombero.
Altri articoli
Il tribunale non ha trovato nessuna questione distinta riguardo all'art. 14,
e che non fosse necessario esaminare separatamente le altre obiezioni dei
ricorrenti.
Art. 46 (esecuzione del giudizio)
Il tribunale ha ritenuto che le misure generali che le autorità dovrebbero
adottare al fine dell'attuazione della sentenza, così da evitare violazioni
simili in futuro, debbano includere un cambiamento di legge e delle pratiche,
per essere certi che gli ordini di sgombero per terreni ed edifici pubblici,
anche in caso di occupazione abusiva, individuando chiaramente gli scopi
perseguiti dallo sgombero, dai diretti interessati e le relative misure che
garantiscano la proporzionalità.
Riguardo le singole misure necessarie a porre un termine alle violazioni e
per fornire una riparazione per qualsiasi danno causato ai ricorrenti, il
tribunale ha stabilito che l'ordine di sgombero del 2005 vada abrogato o
sospeso, in attesa di misure che garantiscano come le autorità si siano adeguate
ai requisiti della Convenzione, come chiarito nella sentenza.
Art. 41 (soddisfazione delle parti)
Il tribunale ha stabilito che la dichiarazione di violazione dell'art. 8
costituisce di per sé un'equa soddisfazione per qualsiasi danno non pecuniario
sostenuto dai ricorrenti. Per quanto riguarda costi e spese, ha dichiarato che
la Bulgaria dovrà versare 4.000 euro ai ricorrenti.