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La redazione
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\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 15/03/2010 @ 09:40:40, in Italia, visitato 1637 volte)

Il lutto per Enea, un progetto per il futuro dei suoi coetanei

Enea Emil è l’ennesimo bambino rom morto nel rogo provocato dalla stufa che doveva riscaldarlo. Viveva in un rifugio di fortuna dopo essere stato sgomberato con la sua famiglia dal campo di via Triboniano dove, se non altro, avrebbe avuto quel minimo che garantisce la sopravvivenza di un essere umano e una piccola speranza per il proprio futuro.

La perdita della vita e del futuro di un bambino, stroncati in questo modo a Milano, la città dell’ EXPO, benestante e “accogliente”, significa una sconfitta della nostra società e nello stesso tempo non possiamo far finta di non vedere che c’è una responsabilità oggettiva in chi accetta che uomini, donne, bambini vengano lasciati vivere in condizioni di degrado così pesanti.

Milano è diventata in questi anni centro di una vera e propria “caccia al rom”, un carosello di sgomberi che insegue sempre le stesse comunità da un punto all’altro della città, un costo inutile e crudele che si limita a cancellare i tentativi di fissare piccoli pezzi di vita con bambini che vanno a scuola, uomini e donne che ottengono lavori anche regolari, ma più spesso in nero perché non c’è nulla di più facile che sfruttare la disperazione del nostro prossimo.

Eppure il ministero degli Interni ha stanziato 13 milioni di euro per affrontare la questione rom a Milano, una cifra che consentirebbe di avviare un percorso vero di integrazione: i Rom a Milano sono meno di circa 1500 regolari e circa altrettanti tra “tollerati” e abusivi secondo il censimento del prefetto. Dei 1000 coinvolti nella chiusura dei campi la metà è composta da cittadini italiani, alta è la frequenza scolastica non solo nei campi regolari ma anche in quelli abusivi dove operano le associazioni del volontariato. Ma il progetto del Comune prevede solo circa 4 milioni a questo scopo e il resto a interventi di “sicurezza”.

Noi siamo convinti che la sicurezza di una comunità si basi sulla sicurezza sociale dei suoi membri, qualunque sia la loro origine, etnia, cultura, religione, in una convivenza fondata sul rispetto reciproco. Per questa ragione chiediamo all’amministrazione cittadina due cose:

  1. Che cessi la politica di sgomberi inutilmente crudeli perché in due anni non hanno portato a nessun risultato se non a quello di distruggere i piccoli passi di integrazione realizzati. A meno che qualche centinaio di rom inseguiti dalle ruspe e dalle forze dell’ordine da un ponte all’altro, da una discarica all’altra non sia utile per altri scopi.
  2. Che si apra un reale confronto tra Comune, associazioni e comunità rom per discutere dell’utilizzo del finanziamento stanziato per affrontare dal versante giusto la “questione rom”, realizzando passi concreti di avviamento al lavoro, all’abitazione e alla scolarità di una comunità che nella nostra società è vittima di un pregiudizio e di una ghettizzazione che nega ai suoi componenti la dignità di essere umano a cui ha diritto ciascuno di noi.

Associazione Aven Amentza, associazione Upre Roma, CGIL Milano, Federazione Rom e Sinti Insieme, Gruppo Abele Milano, NAGA, Opera Nomadi Milano

 
Di Fabrizio (del 14/03/2010 @ 09:47:09, in Italia, visitato 2219 volte)

Di Lanfranco Sbardella - 11/03/10 18.31


Con più di un centinaio di milioni di euro si sarebbero potuti costruire degli alloggi stabili per i rom. Ogni anno, infatti, dal 1996 sono stati spesi circa 13 milioni di euro dal Comune di Roma. Partiamo dall'ordinanza n.80 del 23 gennaio 1996 del sindaco Francesco Rutelli. Poche pagine in cui l'amministrazione capitolina aveva fissato un numero chiuso per le presenze nei campi. I più fortunati avrebbero dovuto essere anche in possesso dei documenti, oltreché di un regolare permesso di soggiorno. Inoltre avrebbero dovuto mandare i figli regolarmente a scuola. A distanza di 13 anni, l'attuale Piano Nomadi della giunta Alemanno non sembra scostarsi molto da quella ordinanza: torna il numero chiuso e il possesso dei documenti. Rimarranno i cosiddetti campi sosta, aree recintate, in cui stavolta verranno effettuati lavori per l'allaccio idrico ed elettrico. Saranno dotati anche di un sistema di videosorveglianza.

Dal 1996 ad oggi il Comune di Roma ha speso circa dieci milioni di euro l'anno per la gestione dei campi sosta dove vivono i rom. La cifra comprende, come spiegano i bilanci del Palazzo Senatorio, il servizio di pulizia e ritiro dei rifiuti da parte di Ama, la municipalizzata che si occupa di tenere pulita la capitale; il pagamento di utenze per l'acqua e l'elettricità; la gestione del campo e i lavori di manutenzione. Oltre a questo capitolo di spesa si devono aggiungere anche tre milioni di euro, sempre annuali, che il Campidoglio stanzia per il cosiddetto privato sociale, o terzo settore, per i progetti di scolarizzazione. Dal 1996 al 2009 la situazione non è cambiata. Si continuano a spendere tanti soldi senza però conoscere i risultati prodotti. Non esistono infatti relazioni ufficiali sullo stato dei campi romani, tantomeno sui progetti di scolarizzazione. Un dato: la presenza dei bimbi rom in classe è pari al 40% del totale dei giovani in età scolare. Neanche questa cifra, fornita dalle associazioni che si occupano di portare i bambini rom a scuola, è ufficiale. Negli archivi del Comune non esistono dati. C'è di più: in 17 anni di progetti solo 20 ragazzi si sono iscritti alle scuole superiori.

Che cosa è successo con il cambio di amministrazione? L'attuale maggioranza ha voluto rispondere in particolare alle insicurezze dei cittadini provocate dalla cosiddetta “emergenza rom”. La Giunta, appena insediata, ha elaborato un documento: il Piano Nomadi. L'obiettivo è quello di superare lo stato delle cose entro i primi mesi del 2010. In campagna elettorale Alemanno aveva ipotizzato lo spostamento di tutti gli insediamenti fuori dalla città. Dal Piano nomadi emerge però un'altra prospettiva: i rom saranno sistemati in 13 aree, molte delle quali già presenti sul territorio cittadino. Nella capitale potranno rimanere solo 6.000 persone, con i documenti in regola, senza precedenti penali e con i figli regolarmente a scuola. Quanto si spenderà? Circa 23 milioni di euro. Proprio come voleva fare Rutelli nel 1996.
Si continuano dunque a spendere cifre consistenti con risultati al di sotto di quanto si potrebbe sperare. Nel 1996 i nomadi censiti dal comune erano 5.467, divisi in 50 aree. Nel 2009, dopo l'ultimo censimento della Croce Rossa, sono 7.177, divisi in più di 100 aree. In 13 anni le presenze sono salite del 31%, moltiplicando le difficoltà di un sistema che non è riuscito ad evolversi positivamente.
Dopo lo spostamento nel 2005 del più grande campo rom d'Europa che sorgeva nel quartiere Marconi (dove vivevano da 30 anni quasi 1.000 rom) è nato il campo di Castel Romano, sulla Pontina, un'area di quattro ettari dentro una riserva naturale. Una situazione che, secondo il Comune, doveva essere temporanea ma che poi ha assunto caratteristiche diverse. Il campo è ancora in piedi. Costo dell'opera: 5 milioni di euro. Proprio Castel Romano sarà una delle aree previste dal Piano Nomadi di Alemanno.

Nel 1991 sono arrivati i primi rom montenegrini e bosniaci che si stabilirono lungo il canale che costeggia il parco di Centocelle. Molti di loro, secondo quanto descrivono alcune relazioni fornite dall'antropologa sociale Monica Rossi, che aveva lavorato nel campo, non si accontentarono di costruire una baracca. L'85% dei presenti aveva dichiarato che, nel paese di appartenenza, viveva in alloggi stabili. Case distrutte dalle bombe oppure occupate durante la guerra dei Balcani, il conflitto che causò la fuga di migliaia di Bosniaci musulmani perseguitati dalle pulizie etniche.
Questo è un dato di partenza per provare a rispondere al tema del presunto nomadismo dei rom. Popolazioni che si definiscono per lo più stanziali e ormai poco inclini agli spostamenti. Proprio l'idea del continuo movimento ha portato ad utilizzare il vocabolo “nomade” in modo improprio.

Si deve aggiungere anche un'altra voce nel capitolo dei costi: lo sgombero di un campo rom, che coinvolgendo forze di pubblica sicurezza e macchinari speciali, arriva anche a costare migliaia di euro. Altri soldi. Perché allora siamo al punto di partenza? Alcune associazioni italiane come l'Arci e la Casa dei diritti sociali lamentano la “invisibilità giuridica” dei rom, la maggior parte oggi cittadini europei. Nel corso degli anni sembra essere mancato un indirizzo politico da parte delle istituzioni nazionali. Per quanto riguarda la capitale, le diverse giunte comunali hanno affrontato le fasi d'emergenza senza curarsi di fissare una strategia più generale. Chissà se la commissione d'inchiesta proposta dalla deputata del Popolo della Libertà, Jole Santelli, per indagare sulla condizione femminile e dei minori rom presenti in Italia, riuscirà a mettere in risalto adeguatamente questi aspetti.

 
Di Fabrizio (del 14/03/2010 @ 08:48:35, in Italia, visitato 2283 volte)

CNRmedia - 13/03/2010

Cronaca: Una ragazzino di 13 anni di etnia rom morto in un incendio divampato nel campo nomadi di via Novara, a Milano. L'ennesima tragedia di questo genere, in accampamenti dove le condizioni di vita sono precarie. A CNRmedia parla il presidente della Federazione Rom e Sinti insieme Radames Gabrielli

Il rogo si sarebbe sviluppato nella baracca dove il ragazzino viveva con i genitori, per una scintilla scaturita da una stufa a legna. Altre due persone sono rimaste ferite, e sono in condizioni non gravi. L'accampamento è abitato da venti famiglie, alcune già sgomberate da altre zone della città. Ora temono di essere mandate via anche da lì. "I campi nomadi sono da eliminare completamente; al loro posto bisogna però realizzare adeguate micro-aree attrezzate per aiutare Sinti e Rom" dice a CNRmedia Radames Gabrielli, presidente della 'Federazione Rom e Sinti insieme'. "Queste persone sono scacciate - aggiunge Gabrielli - e buttate per la strada. Per loro - conclude - non c'è niente di positivo".

 
Di Fabrizio (del 13/03/2010 @ 09:10:14, in Italia, visitato 1549 volte)

giovedì 18 marzo 2010 dalle 19.00
allo Spazio Forma Moods in Piazza Tito Lucrezio Caro, 1 - 20136 Milano, Italy

Partecipa a una serata che segna l'avvio di un progetto ambizioso: far vivere uno spazio culturale che promuova le forme espressive della cultura romanì nella società milanese.

Un ristorante tzigano vicino ai Navigli... un museo Rom a Rogoredo...

Non solo un modo per avvicinarsi alle tante facce di una cultura che ci affascina o suscita ribrezzo, ma la possibilità di prendere parte ai nuovi progetti che insieme ad alcune comunità rom di Milano stiamo cercando di realizzare.

Gli eventi che seguiranno nei prossimi mesi sono solo il preludio di un'offerta più ampia, impreziosita dai sapori e colori della gastronomia tzigana, le produzioni artistiche, la musica che potrai incontrare dal mese di ottobre, il lunedì sera, presso l'Open Restaurant & Bar dello spazio FORMA MOODS.

PRENOTA SUBITO LA PARTECIPAZIONE SCRIVENDO A: operanomadimilano@tiscali.it
www.operanomadimilano.org

PARTECIPANO: Roberto Durkovic e la sua band
Sartoria romanì

STAR GUEST: Jovic Jovica

L'appuntamento su Facebook

 
Di Sucar Drom (del 13/03/2010 @ 09:01:10, in Italia, visitato 1004 volte)

venerdì 19 marzo 2010 alle ore 21.00
presso ArciDallò in piazza Ugo Dallò a Castiglione delle Stiviere (MN)
Organizzato da L'A.M.A. con Sucar Drom e l'Istituto di Cultura Sinta:

- una storia scritta da altri, a cura dell'Istituto di Cultura Sinta
- proiezione del filmato "porrajmos" 10 minuti;
- interventi di leader sinti sulla realtà attuale;
- dibattito.

L'appuntamento su Facebook

 
Di Fabrizio (del 13/03/2010 @ 08:56:51, in Italia, visitato 1574 volte)

Leggo

Le temperature rigide e la neve che cade da ieri pomeriggio su Milano, non hanno fermato gli sgomberi di campi rom nel capoluogo lombardo i cui ormai ex occupanti sembrano essere gli unici ad aver subito disagi dalla nevicata fuori stagione che non ha avuto ripercussioni sulla viabilità. Secondo quanto ha spiegato l'Opera Nomadi, nonostante la inclemenza del tempo, la polizia locale ha effettuato due sgomberi tra ieri ed oggi in altrettanti campi. Gli agenti della polizia locale sono intervenuti infatti ieri un campo nomadi in via Bonfadini, dove avevano trovato rifugio una quarantina di persone, mentre oggi analoga iniziativa è stata adottata nella zona di via Bacula. «Mentre il maltempo continua ad imperversare e la neve cade da ore su Milano - spiega Maurizio Pagani, presidente dell'Opera Nomadi di Milano - gli sgomberi delle famiglie rom dai quartieri della città non subiscono interruzione. L'emergenza freddo del Comune di Milano da anni non contempla le condizioni di vita di chi è pi— esposto ai rigori dell'inverno e nemmeno la protezione Civile viene mai impegnata in attività essenziali di aiuto alle persone rom in difficoltà». Pagani conferma che ieri, gli sgomberi «hanno riguardato 40 persone di gruppo romeno, accampate in via Bonfadini, zona sud est, e oggi è toccato ad alcune decine di rom, donne e bambini compresi, ritornati a cercare per l'ennesima volta riparo sotto il Ponte Bacula, in zona Nord». A giudizio di Pagani si tratta, peraltro di sgomberi «inutili che non risolvono il problema e non disincentivano la presenza di persone sfollate che rimangono in numero uguale, ma che sembrano essere la sola risposta pubblica alla mancanza di politiche di accoglienza abitativa e integrazione sociale». Secondo le informazioni raccolte dall'Opera Nomadi di Milano, inoltre «aumentano le denunce su interventi della Polizia Locale che violando i beni privati delle persone da allontanare, esercitano anche forme odiose di condizionamento psicologico con la minaccia di sottrazione dei minori dalle loro famiglie, nel caso che queste si oppongano all'intimazione di abbandonare le loro case precarie e averi di prima necessità». «In questo quadro di mancanza assoluta di governo dei problemi emergenziali della città - spiega Pagani - il Comune dichiara di voler procedere anche allo smantellamento dei campi comunali abitati dai rom italiani. Nel frattempo, i milioni di euro messi a disposizione dal Governo per risolvere la questione abitativa dei rom nelle città non trovano alcun utilizzo, per mancanza di idee e volontà di aiutare le famiglie rom ad uscire da una delle condizioni sociali più gravi d'Europa» Infine ecco l'appello di Maurizio Pagani: «Per l'ennesima volta chiediamo la sospensione di qualsiasi intervento di allontanamento di persone senza la possibilità di una ricollocazione temporanea sicura».

 
Di Fabrizio (del 12/03/2010 @ 09:51:42, in Italia, visitato 1988 volte)

Lo scorso undici Febbraio due agenti di Polizia dipendenti dalla questura di Varese, città d’origine dell’attuale Ministro degli Interni leghista Bobo Maroni, sono entrati in un fast- food di un centro commerciale cittadino e l’hanno sorpresa mentre stava pranzando. Dopo averne controllato i documenti l’hanno invitata a seguirli in questura ove le è stato notificato il foglio di via dal capoluogo dell’Insubria in quanto persona pericolosa socialmente. Lucica Tudor comunque ha immediatamente presentato alla locale Prefettura ricorso contro quella che afferma essere una misura di polizia dettata solamente dal viscerale odio che gli italiani provano quotidianamente verso la sua gente, i Rom. “ Vorrebbero che scomparissimo dalla loro terra ma siccome in buona parte siamo cittadini romeni, cioè comunitari, devono accettare la nostra presenza accanto a loro, a certe condizioni, e ciò li manda in bestia” sottolinea la Tudor. Lucica non è però una romena, per giunta di razza zingara, qualunque:è la leader imperatrice dell’Alleanza per l’Unità dei Rom. E’ la rappresentante dei Rom romeni in tutt’Europa ed in questo ruolo è stata eletta nel 2003 con la benedizione di un Vescovo ortodosso. Sino ad allora, a far data dal 1992, era stata un’artista di successo ma un incidente la costrinse all’inabilità ed ancora oggi appare offesa ad una gamba.” Vorrei unire tutta la Nazione Rom, che non coincide con quella romena, e lavorare con i ventisette governi dell’Unione europea per il bene del mio popolo che, bisogna sempre rammentarlo, è nato e vive in buona parte entro i confini dell’Unione Europea. Purtroppo il governo italiano, ed oserei dire un po’ tutta l’opinione pubblica del vostro paese, è sorda a queste nostre istanze” si lamenta Lucica la quale già ha depositato presso la Prefettura della città del Ministro Maroni il proprio ricorso contro il provvedimento di polizia che ritiene ingiusto e lesivo dei suoi diritti fondamentali. Lucica infatti non vive ne di accattonaggio ne di espedienti ma dei proventi di un lavoro onesto seppur umile: è infatti una colf di una signora italiana. E’ dunque in grado di dimostrare di potersi sostenere in Italia con proventi legali ma tutto questo non è bastato ad evitarle l’espulsione dai confini comunali di Varese. Da qualche anno Lucica collabora con l’Associazione “ Rom per la Legalità” vicina ai City Angel di Milano. La sua nazionalità però l’ha portata ad essere considerata persona indesiderata cosiccome indesiderati sono quei tanti bambini rom che, esaudendo un desiderio del Ministro Maroni in persona e dalla sua collega bresciana Mariastella Gelmini, nello scorso autunno si sono iscritti con speranza alle scuole elementari del capoluogo lombardo salvo poi essere messi nell’impossibilità fisica di frequentarle grazie ai continui sgomberi di campi zingari nell’hinterland meneghino voluti dal Sindaco Moratti. A nulla in proposito sono valse le proteste della Curia ambrosiana e del suo Pastore, il Cardinale Tettamanzi.

Sergio Bagnoli

 
Di Fabrizio (del 12/03/2010 @ 09:18:33, in Italia, visitato 1801 volte)

Segnalazione di Ivana

link per chi legge da Facebook

su youtube o anche sui siti del Corriere e di Repubblica, trovate molto materiale. Qua si riassume in poco più di due minuti una lunga e intensa mattinata

E visto che in Mahalla non ci facciamo mancare niente:

Jovica riconoscimento ad un artista

Non conosco quali pensieri abbiano ispirato il Ministro Maroni allorquando ha deciso di accogliere la richiesta del musicista Jovic Jovica, e di moltissimi amici e artisti che l’hanno sostenuta, di annullamento di un’espulsione comminata mentre era in corso di rilascio un permesso di soggiorno per meriti artistici.
Mi piace però pensare o forse sperare, che questo gesto così imprevedibile e sorprendente, riveli una passione per la musica, che accomuna, anziché dividere, al di là delle sovrastrutture ipocrite del pensiero contemporaneo e dei pregiudizi da cui è pesantemente condizionato.
Conosco Jovica da molto tempo, anni ormai, che abbiamo spesso percorso insieme tra molte difficoltà e poche speranze.
Di sé stesso, della sua musica, ama spesso ripetere: “Da che sono nato nella mia vita c'è musica. Il mio bisnonno era violinista. E' morto a 106 anni, sdraiato sul letto, con la testa appoggiata al muro e il violino in mano, mentre suonava. L'abbiamo trovato così e abbiamo fatto fatica a separarlo dal violino, perché le sue dita erano rigide. Non riesco a pensare a una morte più dolce”.

Tempo fa ebbi la fortuna di visitare la “Kafana” (Taverna) che gestiva in gioventù a Pozarevac, 40 km. da Belgrado, prima della guerra.
Un luogo in cui il tempo è rimasto immobile, avvolto nelle reti di ragnatele che trattengono i ricordi, quelli belli e quelli brutti.
Un’amica comune, un giorno, andò alla ricerca nella sonnolente campagna serba della sua amatissima fisarmonica cromata, la stessa che oggi lo accompagna su tutti i palcoscenici.
Tre anni fa, insieme alla sua famiglia, ottenne una piazzuola nel campo comunale di via Sesia, a Rho.
Neanche questo fu facile o scontato, mentre oggi i nuovi amministratori locali quel campo lo vorrebbero chiudere, ricacciando tutti per strada.
Nell’esaltazione del momento qualcuno ha forse azzardato accostamenti un po’ eccessivi…lontani dal carattere umile e gentile di Jovica, paragonandolo al jazzista Django Reinhardt..
Io mi limito a pensare che una comunità, come quella rhodense, che si rivela così incapace di entusiasmarsi per la ricchezza culturale che la circonda, dimostri solo quanto sia destinata a rimanere l’ombra di sé stessa, vittima di insignificanti “ombre” politiche che la amministrano attraverso le istituzioni locali, come le ragnatele che avvolgono la lontana “Kafana” di Jovica…

Maurizio Pagani
Presidente Opera Nomadi Milano

 
Di Fabrizio (del 11/03/2010 @ 09:43:14, in Italia, visitato 2682 volte)

Scrive Gaia Moretti

Oggi alle ore 12.30 i portavoce rom di Tor de Cenci sono stati convocati in V dip. Dal Dir. Scozzafava, Com. VVUU Di Maggio, Lattarulo e altri della segr. della Belviso.

I rom avevano con loro le firme di tutti gli abitanti del campo che chiedevano di non essere trasferiti né a C. Romano né alla Barbuta, ma di rimanere a Tor de Cenci con la richiesta di riqualificazione dell’esistente, e le hanno consegnate ma sono state rifiutate dagli astanti.

Le personalità istituzionali che stanno provando a predisporre il piano di trasferimento hanno dichiarato:

  • il campo si deve chiudere. Voi portavoce dovete convincere i “vostri” a tutti i costi.

Intanto faremo lavorare la vostra coop. e la vostra associazione alla gestione di Tor de Cenci finchè non lo chiudiamo. (?)

Lunedì 15 inizieranno le operazioni di foto segnalamento della Polizia. Ritornate Venerdì 19 con le firme di chi vuole essere assistito, con cifra da concordare, per il rimpatrio . (?)

I rom, allibiti, hanno chiesto spiegazioni e si son sentiti rispondere:

  • in XII municipio ci devono essere massimo 600 rom, che per 10 municipi fa 6000 rom che è il numero massimo che la giunta ALEMANNO ha deciso di “accogliere” nella Roma Capitale.

I rom hanno chiesto di spostare quelli di C. Romano a Tor de Cenci, ma la risposta è stata che il campo di Tor de Cenci è troppo vicino ai cittadini di TdC e Spinaceto.(?)

Ritornati al campo i rom hanno chiesto aiuto, vogliono la presenza delle associazioni, dei giornalisti e soprattutto di AVVOCATI che li garantiscano da eventuali “procedure” sommarie.

Ora permettetemi una riflessione personale:

alla faccia della “trattativa”, prima fuori gli italiani, perché “vogliamo trattare solo con i rom”, poi “faremo solo passi concordati con i portavoce”, e ora dichiarazioni di guerra con modalità che dovrebbero far rabbrividire tutti:

max 6000 rom suddivisi in 600 per i municipi limitrofi alla provincia, lontani dai centri abitati

e infine video sorvegliati H24, senza contare false promesse e carte false e intanto fotosegnalamento a tutti cittadini italiani rom compresi.

Io allerterei Famiglia Cristiana , la Comunità Ebraica (Magiar o Pacifici), il Vaticano e qualche intellettuale di peso che s’incazzi, se avete idee e contributi son bene accetti.

Davide Zaccheo e Paolo Perrini

 
Di Fabrizio (del 11/03/2010 @ 09:36:35, in Italia, visitato 2006 volte)

Repubblica Milano

Un vino Rom - Rosso di origine migrante - per sostenere progetti di integrazione dei bimbi nomadi di Milano, sgomberati dal campo di via Rubattino lo scorso settembre. L'idea di vendere bottiglie di Merlot e Sangiovese 2007 - prodotte in una unica partita di poche migliaia di esemplari dalla cooperativa Eughenia - è venuta alle mamme e alle maestre del quartiere Feltre e Lambrate a Milano. In questo modo, grazie all'iniziative di mamme e maestre, si potrà continuare a a sostenere l'integrazione delle famiglie rom che da due anni mandano i loro bambini nelle scuole elementari della zona.

Sostenuto dalla Comunità di Sant'Egidio e Naga - si legge in una nota - il progetto prevede borse di studio per i piccoli e l'inserimento lavorativo delle famiglie che in Romania lavoravano la terra nelle cascine e nelle aziende agricole situate nell'hinterland. I vini Rom sono in vendita unicamente allo stand di InterGAS Milano di Fa' la cosa Giusta!, fiera nazionale del consumo critico e degli stili di vita sostenibili, in programma alla Fiera di Milano dal 12 al 14 di marzo prossimi.

(10 marzo 2010)


Ricevo inoltre

Cari amici e conoscenti che state seguendo la vicenda dei bimbi rom di Rubattino, della battaglia delle loro maestre e di noi tutti che li vogliamo veder andare a scuola come e con i nostri bambini,ho il piacere di inviarvi, di seguito sotto nella mail, le etichette del vino ROM, Rosso di Origine Migrante, che venderemo alla fiera “Fa’ la cosa giusta”, 12-14 marzo, presso lo stand di Intergas (che raggruppa tutti i Gruppi di Acquisto Solidale milanesi) per finanziare borse di studio e di lavoro per loro e per i loro fratelli più grandi, ma anche per i loro genitori.

Chi non potesse sostenere il progetto con l’acquisto diretto di questo vino lo potrà presto fare sottoscrivendo quote per le borse studio e lavoro che stiamo istituendo con la Comuità di Sant’Egidio.

Ma l’importantissimo sostegno che, come genitori e maestre delle scuole di Lambrate, vi chiediamo è la segnalazione di possibilità di stage di lavoro, da retribuirsi con le nostre borse, anche di breve periodo, presso cascine, officine meccaniche, imprese edili ecc.; inoltre cerchiamo segnalazioni per case in affitto, anche modeste o da ristrutturare, presso cascine, in aree peri-urbane, che possano essere economicamente accessibili a queste famiglie.

Il progetto abitativo e quello lavorativo hanno come garanti, anche finanziariamente, Segnavia- padri somaschi e la Comunità di S. Egidio, che affiancano da anni le famiglie rom nel loro percorso di integrazione.

Molti capifamiglia hanno al momento già contratti di lavoro ed esperienze lavorative precedenti. Ma precarietà dei loro lavori sommata alla loro estrema indigenza ed alla loro persecuzione tramite gli sgomberi continui li tiene oppressi e senza uscita dalla loro condizione.

Allego anche una significativa cronologia dell’esperienza di Rubattino scritta da alcune maestre.

Alla vostra salute con un bel bicchiere di Rosso di Origine Migrante!

assunta vincenti

INTORNO A RUBATTINO: STORIA DI UN’INTEGRAZIONE POSSIBILE

Da quasi due anni le scuole elementari della zona Lambrate, a Milano, sono coinvolte in un percorso di integrazione scolastica dei bambini rom. Intorno a questa realtà si è costituita una rete fatta di volontari, cittadini, associazioni del territorio, insegnanti, genitori, parrocchie, a sostegno di un processo di integrazione che cerca di tenete conto di tanti aspetti della vita: socialità, lavoro, casa, scuola anche per ragazzi e adulti, aiuto concreto nei momenti più drammatici. Questo lavoro viene continuamente interrotto e reso difficile dagli sgomberi, che però paradossalmente hanno rinsaldato le relazioni tra le persone italiane e rom. Ora queste a queste famiglie vogliamo bene, le stimiamo, soffriamo con loro per le ingiustizie subite.

Possiamo forse lasciarli soli?

Giugno 2008:

Le maestre vengono a sapere che dopo l’estate arriveranno 9 scolari rom.

“Ragazze, ricordiamoci di tenere stretta la borsetta!” è il commento di qualcuna, iniziano contatti preoccupati tra alcuni genitori decisi a opporsi; tutti gli altri tacciono e lasciano fare.

Settembre 2008

Preparandosi ad accoglierli, qualche maestra immagina bambini con comportamenti problematici, poco abituati alle regole.

Arrivano invece bambini educatissimi, che tengono gli occhi bassi e non dicono una parola, disciplinati, ubbidienti. All’inizio cercano sicurezza cercando di fare gruppo tra di loro durante gli intervalli.

Capiamo che il lavoro non comincerà dai quaderni, ma dal restituire ai bambini rom la dignità di tutti i bambini.

I volontari della Comunità di S. Egidio e dei Padri Somaschi, che seguono quotidianamente la comunità rom, con pazienza ci aiutano a capire un mondo che non può essere guardato solo con i nostri occhi.

Fuori da scuola genitori italiani e genitori rom iniziano a conoscersi

Un anno di lavoro

L’inizio è stato duro per molte maestre e per loro.

Loro parlano il romanes, noi l’italiano.

Per noi è normale avere degli orari scanditi, l’acqua e il bagno (scopriremo che i bambini rom, che non ce l’hanno ci vanno spessissimo e si lavano, si pettinano, si profumano), del materiale di cui avere cura….

Loro in silenzio si adattano a tutto, ma chissà che fatica è per loro il nostro “dare per scontato”!

Per molti di loro è la prima occasione per stare con bambini non rom: un mondo sconosciuto. Per molti di noi i loro genitori sono i primi rom guardati senza paura. Un po’ alla volta ci si scopre uguali; le differenze ci sono, ma come è normale che accada quando le provenienze sono diverse.

Il primo periodo è per conoscersi e imparare a comunicare: vita quotidiana e gioco sono la strada migliore da seguire.

SETTEMBRE 2009

Gli alunni rom nelle nostre scuole sono diventati 26, altri 10 frequentano altre scuole elementari o medie della zona.

Le relazioni tra italiani e rom si intensificano: le maestre vengono invitate a una festa di battesimo al campo, i bambini rom vanno alle feste di compleanno dei compagni, fanno delle merende insieme, i genitori scambiano qualche parola tra loro, in una classe gli scolari usano i loro risparmi per regalare alla compagna rom l’astuccio delle Winks che le piace tanto…

Nella scuola di Via Pini viene aperto una sportello settimanale di ascolto e consulenza curato dai Padri Somaschi, rivolto a insegnanti e genitori.

In un anno abbiamo imparato tanto e abbiamo accumulato tante belle storie.

All’inizio della scuola arriva come una doccia fredda l’annuncio dell’imminente sgombero del campo, dove ormai vivono 300 persone rifugiatesi lì in seguito agli sgomberi di altri campi.

Si possono perdere 36 scolari senza batter ciglio? Inizia una battaglia fatta di raccolte firme, parte del quartiere si mobilita, sulla stampa il fatto che degli italiani agiscano in favore dei rom ha un’eco grandissima e le iniziative a sostegno della comunità di Rubattino si moltiplicano e raccolgono un numero sempre maggiore di sostenitori.

Si mobilita anche Amnesty International, si cerca un dialogo con le istituzioni.

All’inizio di novembre una fiaccolata porta la solidarietà dei cittadini italiani fino al campo rom, dove avvengono incontri commuoventi: solitamente le torce arrivavano ai campi per dare fuoco alle baracche, qui vogliono solo illuminare facce di persone che per la prima volta si incontrano.

19 novembre 2009

Il giorno prima della celebrazione dei 20 anni della Convenzione dei Diritti dell’Infanzia il campo di via Rubattino viene sgomberato.

20 novembre 2009

Le famiglie si accampano nel capannone semi crollato della Innocenti di fronte all’ex campo, in mezzo a macerie e topi.

21 novembre,

Sgombero da parte della polizia dal capannone, 30 minuti per andarsene. “esodo” verso la chiesa di S.Ignazio. L’arcivescovo e la chiesa Milanese intervengono.

Donne e bambini trovano rifugio temporaneo in vari centri di accoglienza. Dopo tornano alla baracchine, dispersi in tante zone della città e nell’hinterland. Li seguiamo come possiamo, senza mai perderli di vista.

De Corato annulla la festa organizzata per celebrare lo sgombero.

Nonostante tutto una dozzina di bambini continua a frequentare le scuole

Gennaio 2010

molte famiglie si rifugiano al campo di Redecesio dopo aver subito numerosi altri sgomberi (Corsico, Bovisa, Bovisasca, Chiaravalle)

Inutili gli appelli dell’Arcivescovo Tettamanzi che in occasione della festa di S.Ambrogio in chiesa si rivolge agli amministratori chiedendo di non vanificare quello che i rom stanno costruendo insieme ai volontari, della Caritas che chiede inutilmente al Sindaco una moratoria degli sgomberi almeno nel periodo di grande freddo.

16 febbraio 2010

Sgombero di Redecesio. Sono sempre le stesse famiglie. L’accanimento porta a intervenire su queste persone altre 5 volte nella stessa giornata. Siamo accanto a loro, salviamo materassi, coperte, pentole, vestiti. Li ospitiamo nelle nostre case.

In seguito troveranno rifugio in un edificio messo a disposizione da un comune vicino.

Adesso

In questi mesi abbiamo imparato a conoscerci e a capire.

I bambini vengono a scuola con assiduità, nei momenti di grande difficoltà andiamo a prenderli nei posti in cui sono dispersi, le famiglie contano su di noi e noi ci troviamo a svolgere il compito che dovrebbe essere della protezione civile.

A renderci diversi dalla protezione civile è il fatto che ora noi a queste famiglie teniamo, che ci vogliamo bene, che siamo indignati nel vedere le ingiustizie che sono costretti a subire.

Molti gruppi, scuole, parrocchie, ci chiedono di raccontare.

Molti ci offrono disponibilità a collaborare. Arrivano proposte che mai avremmo pensato. Forse Milano ha ancora voglia di solidarietà, di una legalità che non sia a senso unico, di legami e di giustizia.
 

 

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