Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 25/10/2007 @ 22:03:34, in Italia, visitato 2513 volte)
Anche a nome di Paolo Cagna e Dijana Pavlovic, vi invio qui sotto una
proposta di iniziativa che vorremmo prendere a partire da lunedì. Ci sembra
importante partire lunedì, pur se i tempi organizzativi sono stretti e pur non
essendoci modo e tempo di aprire un confronto approfondito. D'altra parte si
tratta di questioni di cui da tempo stiamo discutendo e che in linea generale
trovano tutti d'accordo. L'iniziativa in sé, anche dopo la buona riuscita della
"Settimana Rom", vuole essere un modo di dare concretezza a tanti discorsi e
anche di provare a rispondere a singole e materialissime contingenze, ora
drammatizzate dal freddo e dal brutto tempo.
L'idea è di partire lunedì con un primo gruppo di digiunanti (che oltre a
digiunare, stazioneranno tutto il giorno, e nei giorni successivi, con dei
cartelli in piazza della Scala).
Se le adesioni saranno molte, si potrà poi procedere "a staffetta", nei giorni e
settimane successive.
Dovendo domani già comunicare alla stampa l'iniziativa, vi chiediamo
cortesemente una sollecita decisione rispondendo a questo indirizzo mail:
sergiosegio@libero.it indicando,
oltre al nome e cognome:
- se si partecipa a titolo individuale
- se si preferisce specificare anche l'organizzazione di appartenenza
- se si è disponibili solo al digiuno (in questo caso specificando quale o quali
saranno i giorni in cui si digiunerà) o anche ad essere fisicamente presenti in
piazza della Scala, e in che giorni e orari.
- se si aderisce solo politicamente all'iniziativa ma senza digiunare e
presenziare in piazza della Scala.
Qui sotto trovate il testo con il quale abbiamo intenzione di gestire
l'iniziativa
Aspettiamo dunque un pronto riscontro Grazie - Sergio Segio
SALVIAMO LA VITA AI BAMBINI ROM :Un digiuno di protesta e di proposta!
Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case;
Voi che trovate tornando la sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
Che lavora nel fango
Che non conosce la pace
Che lotta per mezzo pane
Che muore per un sì e per un no.
Questi versi scritti da Primo Levi di ritorno dal lager ci commuovono e ci
indignano. Ma solo se rimangono sulla carta, se restano confinati nella Storia,
in un lontano passato. Eppure sarebbe facile accorgersi che ci parlano anche del
presente. Di questo presente in questa città di Milano. Ma anche di Roma, di
Livorno, di Bologna, di Pavia…
A Milano, con maggior sistematicità, determinazione e fors’anche cattiveria, da
tempo è in atto una sorta di “pulizia etnica”. Gli sgomberi forzati dei campi
rom hanno letteralmente e fisicamente buttato sulla strada centinaia di persone,
compresi anziani e malati, donne e bambini. Sgomberi effettuati senza concedere
alternative e senza che rispondessero a una qualche strategia da parte
dell’amministrazione pubblica che non fosse semplicemente quella, brutale, di
buttare queste persone nella disperazione, rendendo loro la vita così dura da
costringerle ad andarsene.
Una logica, oltre che cinica, miope. Perché queste persone non hanno un Paese
dove tornare. Anche nei luoghi da cui sono arrivati sono soggetti a repressione
e discriminazione, dunque non si capisce perché e come potrebbero tornarvi.
La politica degli sgomberi senza alternative produce e produrrà solo una
maggiore sofferenza e disperazione, comporta il fatto che centinaia di persone
sono costrette a vivere come topi, all’addiaccio, nel fango. In condizioni non
troppo dissimili da quelle di cui raccontava Primo Levi.
Anche oggi si può infatti essere scacciati e schiacciati, si può rischiare di
morire per un sì o per un no. A Milano, a Pavia. O a Roma, dove pochi giorni fa
è morto Francesco, piccolo rom di due mesi, congelato dal freddo in una tenda
dove era stato confinato con i suoi genitori dalla politica degli sgomberi.
Ogni anno nelle grandi città si parla di «emergenza freddo», come fosse un fatto
anomalo ed eccezionale. Di questa prevedibilissima emergenza muoiono ogni anno
decine e decine di bambini e anziani, di rom e di senza dimora. E ogni anno
assistiamo alle ipocrite e pilatesche lacrime di coccodrillo di troppi
amministratori pubblici.
Il Comune di Milano, dopo lo sgombero del campo di San Dionigi, si era impegnato
a garantire un minimo di risposta almeno a donne e bambini,ospitandoli nel
dormitorio pubblico di viale Ortles. Pur di fronte allo smembramento delle
famiglie, era meglio del niente. Eppure anche questa piccola e minima cosa non è
stata realmente garantita. Basta nulla per perdere anche questa minuscola
possibilità.
Da venerdì 19 ottobre una madre e i suoi quattro bambini, di cui tre
piccolissimi e in cattive condizioni di salute, sono in strada, cacciati dal
dormitorio perché si erano assentati due giorni, per assistere un parente
malato. Ora si trovano senza il minimo riparo, mentre cresce il freddo e
cominciano le piogge.
Di fronte a queste drammatiche situazioni, da mesi le istituzioni locali e la
prefettura si girano dall’altra parte. Fingono di non vedere, di non sapere, di
non avere responsabilità e doveri. Associazioni, forze sociali, sindacati hanno
inutilmente rivolto loro appelli, chiesto interventi e risposte.
Noi non abbiamo più nulla da chiedere al sindaco, all’assessore o al prefetto.
Il loro silenzio e immobilismo sono più eloquenti di tanti discorsi. Del resto,
troppe parole e riunioni sono state sinora generosamente, e inutilmente, spese.
Le parole, infatti, non costano molto.
Come don Abbondio non si poteva dare un coraggio che non aveva, così queste
istituzioni non possono dar mostra di responsabilità che evidentemente non
avvertono.
Da lunedì 29 ottobre noi, come singole persone più che come esponenti di
associazioni, effettueremo un digiuno totale, durante il quale sosteremo
fisicamente, ogni giorno, in piazza della Scala, davanti a Palazzo Marino.
Non per rivendicare qualcosa. Semplicemente per testimoniare e denunciare che
quattro bambini sono stati buttati per strada, che rischiano di ammalarsi e
anche di morire. Per chiedere a tutti e a ciascuno “Se questo è un uomo”, se è
tollerabile che tutto ciò accada nella ricca e democratica Milano, se davvero
non è possibile dare un segno di umanità e una risposta concreta a quei bambini
e al problema generale di cui essi sono parte e drammatica rappresentazione.
Di Fabrizio (del 25/10/2007 @ 09:08:50, in Regole, visitato 2139 volte)
Da
Mundo_Gitano
Oct 17, 2007 - 6:59 PM
http://www.typicallyspanish.com/news/publish/article_13088.shtml
Il giornale El Mundo riporta mercoledì il caso di una donna gitana a cui è
stata rifiutata la pensione di vedova dallo stato, perché si era sposato con
rito gitano. María Luisa Muñoz ora sta
portando il suo caso alla Corte Europea dei Diritti Umani a Strasburgo,
dopo sette anni di battaglie senza successo coi tribunali spagnoli.
Nel 1971 aveva sposato Mariano Jiménez, da
cui aveva avuto sei figli sino alla sua morte nel dicembre 2000. L'Istituto
Nazionale della Sicurezza Sociale (INSS) ha rifiutato la sua richiesta per
la pensione da vedova, arguendo che non erano sposati, nonostante diversi anni
di contribuzione al sistema.
Inizialmente era stata sostenuta la richiesta di
Maria Luisa, ma più tardi rifiutata da un appello dell'INSS. L'ultima risorsa
era la Corte Costituzionale, dove tutti i magistrati meno uno hanno deciso che
non si trattava di una scelta di discriminazione razziale.
La Fundación Secretariado Gitano, una OnG
che lavoro per la promozione della comunità Rom e che ha offerto supporto legale
a Maria Luisa, afferma che la sua situazione è un chiaro esempio di
discriminazione e "violazione dei diritti umani".
La FSG aggiunge che il matrimonio della coppia ha
avuto luogo prima della Costituzione del 1978, in un periodo in cui la legge
discriminava apertamente i gitani.
VENERDI 26 OTTOBRE ORE 21 A LECCO
SALA CONFERENZE BANCA POPOLARE DI SONDRIO VIA AMENDOLA
CONFERENZA E PRESENTAZIONE DEL DOPPIO DVD
A FORZA DI ESSERE VENTO
lo sterminio nazista degli zingari
IL POPOLO ROM IERI E OGGI
RELATORE
l'amico anarchico di Fabrizio De Andre'
PAOLO FINZI redattore di A rivista anarchica
ORGANIZZA CENTRO KHORAKHANE' LECCO
L'obiettivo della serata è comprendere e consocere la civiltà rom e sinti attraverso la storia di questo popolo, le persecuzioni dei campi nazisti e le vicende quotidiane del nuovo millennio nelle nostre città.
L'intento è riuscire ad aprire la strada per una discussione su uno degli aspetti ancora rimossi da quasi tutta la storiografia che si è occupata dei campi di tortura e di morte del regime nazista, ma anche e soprattuto perché, nel raccontare gli abomini di un passato ancora bruciante, getta una luce impietosa anche sull’oggi dimostrando lucidamente come poco, da sessant’anni a questa parte, siano cambiate le cose per gli zingari.
IL CORTO CIRCUITO, (attraverso questi DVD che presenteremo) che si viene a creare, man mano che il disco scorre sotto i nostri occhi, tra il racconto orale delle terribili scene di deportazione degli zingari e le immagini dell’oggi che le accompagnano e sostengono. Suoni e immagini finiscono, così, per determinare, nello spettatore, una sorta di ’contrappunto didattico’ in cui il passato della parola e del racconto finisce per illuminare di luce sinistra la realtà visibile e tangibile di un presente non poi tanto diverso. In questo modo l’occhio fenomenologico della videocamera sembra sempre cercare, nel presente dei campi rom fatti coi cumuli di spazzatura delle nostre "civili" città, i segni tangibili di un passato che continua a riemergere, tragicamente nell’oggi più di quanto ci piacerebbe credere.
Di qui le domande che aleggiano irrisolte a chiederci conto dei nostri persistenti pregiudizi su una realtà, quella zingaresca, che non conosciamo per davvero e che, quindi, non possiamo non continuare a temere.
Perché pochi di noi possono dire, rispondendo a Moni Ovadia, di avere un amico zingaro e molti di noi continuano a raccontare ai propri bambini, quando è l’ora di spaventarli per farli ubbidire, che se non tornano subito a casa poi arrivano i rom a rapirli e a portarli lontano, chissà dove.
Il merito dei documentari, comunque, non è solo quello di obbligarci a guardarci allo specchio scoprendo nei nostri atteggiamenti la stessa molla che muoveva i teorici nazisti dello sterminio finale, ma anche quello di riportare alla luce i dettagli di una storia che rischiava di restare taciuta per sempre perchè la cultura zingara è legata al solo racconto orale e, quindi, non accetta di prendere forma in un qualsiasi tipo di documento scritto.... Dello sterminio di Rom e Sinti (Porrajmos è la parola rom corrispondente all’ebraico Shoah) sappiamo, in effetti relativamente poco.
CON QUESTA SERATA VOGLIAMO, ANCHE A LECCO, PROVARE A RACCONTARE UNA STORIA. UAN STORIA VERA E DOVEROSA
e ora, grazie al lavoro in presa diretta delle videocamere, la voce zingara trova finalmente il suo spazio di espressione obbligandoci a fare i conti con i nostri fantasmi più terribili.
UN INCONTRO, UNA SERATA IMPORTANTE, ADULTA, CHE MERITA DI ESSERE PARTECIPATA.
VENERDI 26 OTTOBRE ORE 21 LECCO
SALA banca popolare di sondrio
VIA AMENDOLA ANG VIA PREVIATI
Di Sucar Drom (del 24/10/2007 @ 09:27:28, in blog, visitato 2030 volte)
Austria, la kossovara che commuove il mondo
"Non cacciatemi, non condannatemi all'espulsione e alla miseria. Se non potrò
restare qui mi toglierò la vita. Vivo e studio da voi, i miei amici sono
austriaci, vi chiedo solo quello che vi chiederebbe ogni mio coetaneo: una vita
normale qui in Austria dove sono cresciuta". Dal video spedito dalla
clandestinità a tutte le tv,...
Mai più bambini in carcere
Il diritto all'infanzia cambia ancora di più se si tratta del figlio di una rom
o di una italiana. Nel primo caso si finisce dentro, col proprio piccolo,
anche per un tentativo di furto di telefonino (sic!), nel secondo caso, per
fortuna, ciò non avviene anche per reati ben più gravi. In un paese che ama
definir...
Toscana, si deve cooperare con la Romania per creare sviluppo
“Lavoriamo insieme per una cooperazione che produca sviluppo: questa è l'unica
strada seria per evitare un'emigrazione scomposta dalla Romania all'Italia e per
tentare di scongiurare il ripetersi di tragedie come quella che ha visto la
morte dei 4 bambini rom sott...
Razzismo in Italia, ENAR Shadow Report 2006
"Sicuramente tra i gruppi più a rischio continuano a posizionarsi al primo posto
le popolazioni rom e sinte, che vivono quotidianamente pratiche di emarginazione
ed esclusione dai principali settori della vita economica, sociale e
professionale, oltre che risultare profondamente emarginati in settori quali
l’alloggio, l’istruzione, l’accesso ai servizi. Secondo il rapporto ECRI10, le
stime di questa popolazione oscillano tra le 120.000...
Roma, la Caritas presenta il XVII Dossier Statistico Immigrazione
Sarà presentato a Roma, martedì 30 ottobre, alle ore 10.30 presso il Teatro
Orione (via Tortona, 7), il XVII Dossier Statistico Immigrazione curato da
Caritas Italiana, Caritas diocesana di Roma e Fondazione Migrantes. Interverrà
il Ministro dell’Intern...
Prato, il "campo nomadi" fantasma...
«L'ufficio legale sta preparando gli atti per presentare una denuncia penale
contro ignoti, che al massimo lunedì sarà inoltrata alla Procura». Il
vicesindaco Roberto Bencini non ha nessun voglia di scherzare sul caso della
lettera falsa, con il logo del Comune di Prato, recapitata a cittadini residenti
nella zona attorno a via M...
Lecce, sarà ristrutturato il "campo nomadi"
La giunta comunale ha approvato il progetto definitivo dei lavori di
ristrutturazione del “campo nomadi” in località Masseria Panareo. Il progetto è
stato presentato dall' assessorato ai Lavori pubblici. Importante il contributo
della prefettura di Lecce che si è forte...
Il Presidente Illy: la diversità è un vantaggio competitivo
Il Presidente Illy ha proposto l'esempio delle grandi istituzioni scientifiche
internazionali, dove vengono appositamente costituiti gruppi di ricerca
multiculturali, perché si è visto che in questo modo si accresce notevolmente la
creatività e la capacità di risolvere problemi complessi. Per questo, secondo il
presidente, il principale vantagg...
Saint Vincent (Aosta), il congresso delle Nazioni senza Stato d'Europa
Si è tenuto il 14 di ottobre a Saint Vincent (Aosta) il congresso delle Nazioni
senza Stato d'Europa (Conseu) convocato per "elaborare una serie di proposte
affinché la riforma delle istituzioni internazionali favorisca la
rappresentatività democratica e l...
Torino, molotov razzista? Inquirenti scettici
Un incendio si è sviluppato sabato notte, a Torino, in un piccolo insediamento
di Rom rumeni alla periferia settentrionale di Torino, nei pressi del torrente
Stura. Sull'accaduto stanno indagando i carabinieri.
Le fiamme sono divampate in un accampamento non autorizzato che sorge v...
Il Comune di Roma ruba i bambini ai Rom?
Il Comune di Roma sottrae cinque bambini rom alla madre. La più piccola di
undici mesi viene ricoverata all’ospedale. La madre è disperata, tutta la
famiglia è disperata. Una zia riesce a ritrovare la piccola di undici mesi e la
riporta alla madre. In seguito all'allarme lanciato dall'ospedale, che non aveva
più avuto notizie della bambina,...
Mantova, convocato il comitato "Rom e Sinti Insieme"
Sabato 27 ottobre 2007 alle ore 11.00 a Mantova, presso la Casa dello Studente
in piazza Virgiliana n. 55, è convocato il comitato “Rom e Sinti Insieme”.
All’incontro sono invitate tutte le associazioni e i gruppi rom e sinti. Si
discuterà della proposta di legge n. 2858, depositata dall’Onorevole Me...
Firenze, la retromarcia del Sindaco Domenici
La nuova ordinanza del Comune prevede una multa da 75 a 500 euro e il sequestro
delle relative attrezzature (stracci, secchio, detergenti) per chi viene trovato
agli incroci a chiedere denaro in cambio del lavaggio dei vetri dell'auto.
Rispetto ai provvedimenti precedenti, straordinari e limitati nel tempo ha
spiegato il sinda...
La Fondazione Migrantes compie vent'anni
La Fondazione Migrantes, l’organismo della Conferenza Episcopale Italiana che si
occupa della Pastorale Migratoria, compie in questi giorni 20 anni di vita. La
Migrantes nasce, infatti, nell’ottobre 1987 dalla naturale evoluzione di altri
organismi che per circa un secolo hanno testimon...
Albania, i Rom e i materiali ferrosi
L'esempio di un sacerdote e l'iniziativa di un italiano che ha coinvolto
nell'attività di recupero di materiale ferroso un migliaio di famiglie Rom come
suoi fornitori di rottami. Ora si sono assicurato un discreto reddito che, in
circa dieci anni di attività, ha con...
Roma, muore la prima bambina rom per il freddo
Una bimba rom rumena di due mesi è morta all'alba a Roma in una baracca sulle
sponde del fiume Tevere, all'altezza di piazzale della Radio, nel quartiere
Marconi. La bimba potrebbe essere morta a causa delle basse temperature
registrate la scorsa notte nella capitale. Ad avvertire il 118 è stata la mamma
della bambina, preoccupata che la piccola non respirava più. Il medico legale
non ha risco...
Milano, De Corato non trova i diecimila rom rumeni
"Attualmente la Polizia Municipale ha censito circa 800 rom stranieri in 8 dei
12 campi nomadi autorizzati. Che aggiunti alle circa 450 presenze di
marginalità, quasi totalmente romene, porta a circa 1200 presenze
identificate".Lo comunica il vice Sindaco e assessore alla Sicurezza del Comune
di Milano, Riccardo De Corato. "Lo scorso giovedì - spiega De Corato - è stato
censit...
Roma, vivono nella polvere...
Vivono nella polvere, come quella che secondo la mitologia indiana ha generato i
paria. Sono nati e cresciuti in Italia o sono a Roma da oltre trent'anni, i Rom
sgomberati da Tor Pagnotta lo scorso febbraio abitano ai margini di due
insediamenti Rom creati nel 2005 a Castel Romano, dotati invece (secondo loro)
di tutti i c...
Bambini nei "campi nomadi": quando anche la salute si fa precaria
Secondo una mappatura compiuta nel 2001, in Italia ci sono più di diciottomila
rom immigrati, giunti soprattutto dai paesi dell'Europa centro-orientale, che
vivono in insediamenti autorizzati e non, ai margini delle aree urbane, in spazi
abbandonati, poco visibili o comunque non commercialmente appetibili. A distanza
di cinque anni, i campi sono cresciuti nelle dimensioni e nuovi sono nati per
accomodare i bisogni dei nuovi venuti, soprattutto r...
Savigliano (CN), etnos e religione: il caso di Israele
Diffondiamo il comunicato inviato dall'Associazione Italia - Israele di Cuneo in
merito alla serata del 13 ottobre 2007 svoltasi a Savigliano nell'ambito della
manifestazione FestivalStoria. Sabato 13 ottobre si è svolto a Savigliano,
nell’ambito d...
Roma, siti segreti per i "mega campi nomadi"
A Roma scoppia la polemica sull’ubicazione dei quattro “mega campi nomadi”, dove
segregare le famiglie rom e sinte capitoline. Le dichiarazioni dell’assessore
alle Politiche della Sicurezza Jean-Leonard Touadi sulla scelta di tenere
segreti i luoghi dove sorgeranno i cosiddetti «villaggi della solidarietà» ha
suscitato ieri le proteste del cen...
Moni Ovadia, chi attacca i Rom è razzista
«Tutti coloro che attaccano e insultano i Rom esordiscono dicendo di non essere
razzisti: invece sono sempre e solo dei fottuti razzisti». Non ha mezze misure
Moni Ovadia, drammaturgo di origine ebraica da molti anni attivo in Italia, nel
parlare dell’«Altro e il suo ingombro», al centro della Lectio magistralis per
una laurea ad honorem ricevut...
Roma, AN vuole lo sterminio di Rom e Sinti in eccesso?
“Campi nomadi” fuori dai centri abitati, un periodo di permanenza che non deve
superare i 30 giorni e obbligo per i rom che usufruiscono degli insediamenti di
versare un contributo per le spese di gestione.
Sono questi i capisaldi della proposta di legge regionale, sicuramente
incostituzionale e probabilmente razzista diciamo noi di sucardrom, sulla
disciplina dei ...
Venezia, ...e per patria una lingua segreta
Quella che stiamo vivendo è una fase caratterizzata dalla complessità del
governo dell’inserimento delle comunità immigrate nel territorio a tutti i
livelli e nei diversi ambiti. Emergono in alcune realtà difficoltà particolari
legate alla crescente presenza nel territorio delle comunità rom e sinti, degli
“zingari”, il cui mo...
Parlamento Europeo, quando 27 seggi ai Rom e Sinti?
L'esigenza che nel Parlamento europeo tra i seggi spettanti all'Italia nei sia
previsto uno ciascuno per la Provincia autonoma di Bolzano e la Regione autonoma
Valle d'Aosta è stata ribadita oggi dal senatore Carlo Perrin, nell'intervento
in aula sulle mozioni relative all'attribuzione dei seggi italiani al Parlamento
europeo. "Il rispetto delle proprie minoranze è un segno forte anche per
affermare legittim...
Carpi (MO), dibattito sul "campo nomadi" in Consiglio Comunale
Le aree riservate ai Sinti e l’aeroporto di Fossoli sono stati tra i temi
dibattuti giovedì 18 ottobre, nel corso del Consiglio comunale di Carpi.
L’assessore alle Politiche sociali Cinzia Caruso ha risposto infatti a due
interrogazioni di Luca Ghelfi (capogruppo Udc) e relative al “campo nomadi” di
via Nuova Ponente e ad un accampamento temporaneo nella zon...
Genova, incontro tra autorità italiane e rumene
Si è tenuta in prefettura a Genova la riunione tra le autorità italiane e rumene
per attivare nuove misure per fronteggiare l’emergenza rom nella città, come
previsto dal patto per la sicurezza. «La collaborazione fra Italia e Romania va
avanti e diventa sempre più concreta, per fronteggiare il problema sicurezza
legati anche ai rom...
Napoli, sopravvissuta romni ai campi di concentramento interviene all’incontro
di Sant’Egidio
La tavola rotonda “Violenza diffusa: un interrogativo inquietante”, all’interno
del Meeting uomini e Religioni organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio a
Napoli, è stata un’occasione per parlare della sofferenza della deportazione dei
Rom e dei Sinti nei campi di concentramento durante il nazismo. E’ intervenuta
infatti Ceija Stojka, una donna appartenente alla minoranza dei Rom Lovara che
vive in Austria, tra i pochi sopravvissuti durante le deportazi...
Milano, la disperazione della guerra tra i poveri
Inquilini regolari contro occupanti abusivi. È successo ieri pomeriggio in via
Lopez De Vega n. 8, a Quarto Oggiaro, dove una famiglia di rom con tre bambini
piccoli ha tentato di entrare in un appartamento vuoto da tempo. A cacciarli,
dopo ore di fronteggiamento e di minacce reciproche, sono stati gli stessi
abitanti del caseggiato, una quarantina di persone in tutto. Lo sta...
Di Fabrizio (del 23/10/2007 @ 09:22:31, in casa, visitato 2193 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
MITROVICA, Kosovo, October 16 (UNHCR) – L'agenzia ONU per i rifugiati ha
aiutato 92 membri delle minoranze kosovare dei Rom, Askali ed Egizi (RAE) a
ritornare nel loro quartiere nella città divisa di Mitrovica.
I RAE, di 18 famiglie, sono tornati lunedì e giovedì nel quartiere
meridionale della Mahala. Avevano lasciato Mitrovica nel 1999 e trovato rifugio
nel Kosovo settentrionale, come pure in Montenegro e nella città serba di Novi
Sad.
I 92 RAE sono entrati nel blocco di due edifici della Mahala, che era stata
distrutta dopo che otto anni fa gli abitanti erano scappati per paura degli
attacchi degli estremisti. Il comune di Mitrovica ha garantito il terreno su cui
sono stati costruiti i nuovi appartamenti.
I rifugiati sono stati accolti dall'UNHCR e da Fatmire Berisha, vice
presidente dell'assemblea municipale di Mitrovica, che si è impegnato ad
assistere alla loro reintegrazione. "Siamo felici di vedere la gente che torna
alle proprie case... e cominciare una nuova vita," ha detto Sunil Thapa, capo
dell'ufficio UNHCR di Mitrovica.
I RAE hano ricevuto pacchi con cibo e non-alimentari per un periodo iniziale
di tre mesi. L'agenzia ONU per i rifugiati li aiuterà e consiglierà nelle aree
dei diritti di proprietà, socio-economici, registrazione civile e capacità di
costruire ed iniziative redditizie.
L'UNHCR ha iniziato il ritorno assistito delle comunità RAE nella Mahala a
marzo, quando in 118 fecero ritorno. I ritornati hanno detto di non ritenere la
loro sicurezza la principale tematica, ma la polizia pattuglierà l'area.
Minire* madre di due figli, è felice di aver fatto ritorno
dopo otto anni passati in una serie di centri collettivi. "Siamo convissuti con
la povertà, senza adeguate condizioni igieniche e i miei bambini sono stati a
lungo malati," ricorda. "In questi ultimi due giorni ho pianto dalla felicità,"
aggiunge.
Ci sono scarse opportunità di impiego nella Mahala, benché i residenti più
intraprendenti tentino di decollare con alcune piccole attività: un internet
caffè, un bar e una sartoria con annesso negozio di vestiti. Minire spera di
poter adoperare le sue capacità di parrucchiera per fare un po' di soldi.
I fratelli Agron,* e Lumnije,*
rispettivamente di 11 e 10 anni, sono troppo giovani per ricordarsi il
quartiere, ma sono lo stesso eccitati nel traslocare nella nuova casa ed aiutano
i genitori portando le loro cose negli appartamenti. Si stanno anche informando
su come iscriversi a scuola.
"Abbiamo cambiato posto tante volte e a volte siamo stati obbligati a pagare
l'affitto" dice la loro madre ricordando la loro lunga assenza nel Kosovo del
nord. "in questi sette/otto anni ho fatto i mestieri di casa."
L'operazione di questa settimana è parte del Roma Mahala Return Project,
coordinato dalle autorità municipali in cooperazione con l'UNHCR ed altri
partners come l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE),
la missione ONU in Kosovo ed il Consiglio Danese per i Rifugiati. E' uno dei più
grandi progetti di ritorno in Kosovo.
Durante il conflitto in Kosovo del marzo-giugno 1999 oltre 900.000 di etnia
albanese furono forzati ad abbandonare il Kosovo. Fecero ritorno con l'ingresso
delle truppe NATO - iniziò allora l'esodo di 200.000 Serbi, Rom, Askali ed
Egizi. Secondo le stime UNHCR, circa 17.300 di loro hanno fatto ritorno.
Il fiume Ibar che attraversa Mitrovica, dal 1999 è diventato un simbolo della
divisione del Kosovo, con l'etnia albanese nel sud della città e quella serba
concentrata a nord. L'UNHCR stima in 21.000 il numero dei dispersi in Kosovo, di
tutte le comunità.
* Per tutelare gli interessati, i nomi sono stati
cambiati.
By Peninah Muriithi and Shpend Halili - In Mitrovica, Kosovo
Di Fabrizio (del 22/10/2007 @ 09:38:12, in Europa, visitato 2010 volte)
Romania: il sogno rom di una sanità migliore
19.10.2007 - Nonostante la retorica secondo cui la salute dei rom costituisce
una priorità, le autorità rumene mancano i loro impegni nel migliorare la
situazione nel maggior insediamento rom di Bucarest. Nostra traduzione
Di Marian Chiriac e Daniel Ganga* da Bucarest -
BIRN (tit. orig "Roma
Dream of Better Health in Romania", pubblicato il 26 settembre 2009)
Traduzione per Osservatorio: Marzia Bona
Quasi ogni mattina, appena si fa giorno, Gogu prende il suo carretto carico di
cianfrusaglie e rottami metallici e lentamente lo trascina fino al centro di
riciclaggio. Scarica lì il suo carretto e in cambio riceve una modica somma di
denaro, con cui riesce appena a pagarsi il cibo per la giornata. Quindi se
ne torna a casa.
Quello che fa ogni giorno Gogu, conosciuto anche come Ion Gogonet, non è niente
di insolito per molte delle persone che vivono a Ferentari. Situata all’estema
periferia sud di Bucarest, Ferentari è un grande quartiere a metà fra lo slum ed
il ghetto.
Molti magazzini, un paio di bar che lasciano alquanto a desiderare, qualche
negozio in pessime condizioni, un parco che sembra più grigio che verde e una
mensa gratuita per i poveri, questa è Zabrautului Street.
La zona è nota per i suoi monolocali in brutti palazzi a cinque piani, con i
panni stesi fuori ad asciugare e piccole finestre dalle quali in ogni momento
spunta la testa di una donna che grida ai bambini che giocano a palla di sotto,
fianco a fianco con i cani che rovistano nella spazzatura.
Qui, in questo mondo stile-ghetto sporco ma vivace, vive Ion Gogonet, un rom di
50 anni.
Il suo monolocale è di appena sedici metri quadrati; comprende una piccola
cucina e un bagno di tre metri quadrati. Ad ogni modo è allacciato alla rete
elettrica e al sistema di acqua corrente, il che secondo chi ci abita non è
poco, da quando non molto tempo fa gli edifici sono stati privati di questo
genere di servizi di base.
Qui è dove vive la famiglia di Gogonet: la sua compagna, Ilie Stela, 33 anni, e
tre bambini – due dei quali frequentano ancora le scuole elementari. Il loro
padre dorme in un altro letto perché in passato ha avuto la tubercolosi. Ha 72
buchi nei polmoni, e la vita in un contesto povero e insalubre lo hanno reso
infermo. Eppure, rifiuta di vedere un medico, in parte per negligenza e in parte
per pudore e paura che lo sappiano i suoi amici.
Solo due anni fa un assistente sanitario è riuscito a convincerlo ad iniziare il
trattamento per la TB.
Adesso sta bene, anche se soffre ancora dei postumi. Almeno adesso non è più
contagioso.
Gogonet è solo uno dei beneficiari della campagna di prevenzione e trattamento
della TB avviata da svariate ONG, principalmente americane, e finanziata dall’USAID,
l’Agenzia Internazionale degli Stati Uniti per lo Sviluppo.
Il motivo per cui è stata pensata questa campagna è che la Romania ha il più
alto tasso europeo di incidenza della tubercolosi, ed il numero di casi è
raddoppiato negli anni ’90. Secondo le statistiche ufficiali, nel 2006,
l’incidenza della TB in Romania era di 117,8 casi ogni 1000 abitanti.
In ogni caso, secondo i dati epidemiologici, la comunità rom è circa 10 volte
più colpita dalla TB rispetto al resto della popolazione. Fra le cause di ciò ci
sono l’accesso limitato ai servizi sanitari pubblici, una scarsa conoscenza in
materia sanitaria, l’analfabetismo diffuso, le condizioni di vita in luoghi
affollati ed insalubri e la povertà in generale.
Taves Batalo!
I rom si salutano fra loro ogni giorno con l’espressione taves batalo – che
significa “Stai bene”. La salute viene apprezzata da chiunque indipendentemente
dalla sua origine etnica, specialmente in Romania dove il sistema sanitario
pubblico si trova ancora in condizioni critiche.
Secondo un’inchiesta condotta in aprile dal Romanian Center for Economic
Policies, CEROPE, la quota erogata per la salute in Romania è di soli 470 $
annui pro capite, ben al di sotto della media mondiale di 650 $ a persona.
“La Romania è in una situazione negativa per ciò che riguarda il servizio
medico, con una distribuzione regionale insoddisfacente, in cui le aree rurali e
le comunità più povere che vivono ai margini della società risultano le più
svantaggiate”, sottolinea l’inchiesta.
“Una spiegazione si trova nell’insufficente finanziamento del servizio di salute
pubblica, assieme alla crisi prolungata del fondo di assicurazione sanitaria e
allo scarso budget destinato al settore, attorno al 3 -4% del PIL, in netto
contrasto rispetto all’8 -9% dei paesi più sviluppati d’Europa”.
In questo già difficile quadro, i rom si distinguono per la posizione negativa
che occupano.
Ufficialmente sono 550.000 le persone di etnia rom, che corrisponderebbero al
2,6% dei 21 milioni di abitanti della Romania. Ma molti studi e statistiche
sostengono che il numero si aggiri attorno ad 1- 1,5 milioni.
La situazione a Ferentari è particolarmente allarmante. A soli 8 chilometri dal
centro di Bucarest, molte migliaia di rom vivono in condizioni spaventose.
“Non c’è niente che possiamo fare, figlio mio. E’ così che sono abituati a
vivere. Il camion della spazzatura non viene quasi mai da queste parti, ma il
fatto è che sono le persone a non meritarselo. Non è come quando Ceausescu era
vivo, le persone erano più rispettose, perché avevano paura”, dice una donna
anziana, ricordando i giorni del dittatore comunista, Nicolae Ceausescu, mentre
vende semi di girasole tostati.
Uno dei problemi principali della zona è che le persone non hanno un lavoro
stabile, fatto che impedisce loro di contrarre un’assicurazione medica.
“Se non hai un documento di lavoro o un qualche certificazione del tuo datore
che dica che sei un contribuente, non puoi accedere ad un medico di famiglia. E’
qui che inizia il problema “, dice Ioana Constantin, assistente sanitaria a
Ferentari.
La gente reclama un centro medico per la zona. “Il più vicino si trova a 15
fermate d’autobus”. La distanza ed il costo delle corse sono scoraggianti. “In
effetti c’è un centro medico un po’ più vicino, ma è privato, e quindi caro”,
aggiunge Ioana.
Priorità, o no?
Finora, il ministero della Sanità non ha programmi espliciti per la comunità
rom. Questo in base all’idea che la malattia e la sofferenza non abbiano niente
a che vedere con la provenienza etnica di ciascuno.
A partire dal 2001, anno in cui la Romania ha adottato il regolamento europeo
che proibisce la classificazione dei pazienti in base all’etnia, non è più
disponibile alcun dato ufficiale sui problemi di salute dei rom.
Sorprendentemente, si sente spesso dire che i rom siano il principale
destinatario delle strategie governative di promozione della salute e di lotta
alla povertà. Ad ogni modo, non c’è molto che il ministero della Sanità possa
fare per la gente di Ferentari.
“Attualmete, la zona non rientra fra le priorità del ministero. Le cose
potrebbero cambiare solo se l’Autorità per la Salute Pubblica di Bucarest, ASPB,
o qualche ONG, identificassero dei problemi specifici e proponessero un piano
concreto per migliorare le condizioni della zona”, dice la dottoressa Hanna
Dobronauteanu, consigliere per la questione rom presso il ministero della
Sanità.
Per ora a Ferentari – in mancanza di un impegno sostanziale e di lungo termine
da parte del governo - solo le iniziative o i progetti delle singole ONG
sembrano portare risultati, pur rimanendo limitate negli scopi.
Centinaia di migliaia di euro sono stati spesi in ogni tipo di programma,
compresa la lotta alla TB, l’ educazione sessuale e la pianificazione familiare,
la diagnosi del tumore al seno e altri programmi. Ma tutto ciò, finora, sta
producendo pochi risultati visibili.
“I progetti portati avanti fino a questo momento dovrebbero essere solo l’inizio
di una campagna ampia e coerente pensata rispetto ai complessi problemi di
salute della popolazione di Ferentari”, dice Alina Constantinescu, un’attivista
dell’organizazione americana Doctors of the World.
“Di certo sono stati molti utili, ma non sempre indirizzati alle necessità più
stringenti”.
“”Le cause reali sono la povertà, la disoccupazione e la mancanza di
educazione”, continua la Constantinescu, e avverte: “Inoltre, da quando la
Romania è entrata nell’Unione Europea, gli Stati Uniti ed altri paesi
occidentali hanno smesso di finanziare molti progetti ritenendo che il nostro
paese ora sia in grado di risolvere da solo i propri problemi. Personalmente lo
dubito.”
Pianificare è ciò che facciamo meglio!
Rispetto alla questione rom, il ministero della Sanità sostiene il ruolo degli
assistenti sanitari, membri della comunità locale, formati per facilitare la
comunicazione fra i pazienti ed i loro medici. Di conseguenza, i 500 assistenti
che attualmente lavorano in Romania – tutte donne- devono entrare nelle case
della gente, capire i loro problemi e tentare di risolverli.
Effettivamente, non si limitano alla cura dei problemi di salute, ma aiutano i
membri della comunità rom anche ad ottenere i documenti d’identità e i
certificati di nascita, oltre a trasmettere alle autorità i problemi sociali
riscontrati.
Anche se con l’intervento degli assistenti sanitari sono stati fatti molti passi
in avanti, i problemi sono ancora distanti dall’essere risolti. Anzitutto, il
loro impiego è a tempo determinato, normalmente un anno, dopodiché i loro
contratti vengono rinnovati per un altro anno, cosa che li rende estremamente
precari.
In secondo luogo il loro salario - pagato dall’Autorità per la Salute Pubblica -
è lontano dall’essere soddisfacente, 125 euro nel migliore dei casi.
Inoltre, rimangono le difficoltà d’accesso da parte dei rom ai servizi di salute
pubblica. Mentre il ministero della Sanità sostiene che siano migliorate, le ONG
locali sono di un'altra opinione.
Daniel Radulescu, coordinatore del progetto salute dell’organizzazione rom
Romani Criss, dice: “Anche se ora sono molte di più le persone affiliate ad un
medico, ciò non significa che abbiano un accesso effettivo ai servizi erogati.
Molto spesso, ci vengono testimoniate attitudini razziste da parte dei medici.”
Anche il Segretario del Ministro della Sanità, Ervin Zoltan Szekely, conferma
l’esistenza di questi casi. “Recentemente siamo stati informati di una donna rom
che ha sporto un reclamo per non aver ricevuto un’assistenza medica adeguata,
dovendo così affrontare serie complicazioni nel dare alla luce suo figlio.
Accertato l’accaduto è stata imposta una sanzione disciplinare al medico, ma non
per comportamento discriminatorio, bensì per aver fornito un’assistenza medica
inadeguata. In sostanza, il medico non è stato ripreso per discriminazione,
perché questo comportamento risulta difficile da provare.”
Romani Criss segue anche casi di segregazione all’interno degli ospedali – cosa
illegale in Romania – ma ammette che anche queste circostanze sono difficili da
provare. “La discriminazione e la segregazione non sono stati la nostra priorità
finora, ma stiamo pensando di includere questi aspetti fra gli obbiettivi delle
nostre indagini”, dice Szekely.
Molti rom sperano che tali promesse possano segnare un effettivo miglioramento
nell’attitudine ufficiale, migliorando l’accesso ai servizi sanitari per la loro
comunità.
* Marian Chiriac è Direttore di BIRN in Romania e Daniel Ganga è giornalista
freelance. Balkan Insight è una pubblicazione on line della rivista BIRN.
Daniel Sershen 10/15/07 - Yangi Makhalla, una polverosa periferia ai
margini della città meridionale di Oriz, ha una cattiva fama. In molti sono
riluttanti a metterci piede, l'insediamento ospita la popolazione kirghiza dei
Lyuli, un'abbandonata minoranza dell'Asia Centrale.
Invece, il cittadino medio incontra i Lyuli in un contesto differente:
mendicanti, predizione della fortuna o raccolta metalli, plastica e altri
materiali riciclabili. In una regione dove molti sono poveri e svantaggiati, i
Lyuli sono i più marginalizzati tra i marginalizzati.
Nina Kadryan, lavoratrice non-Lyuli di un servizio sanitario locale, dice
che i suoi colleghi erano scioccati dall'apprendere che lei visita regolarmente
l'area. "A volte mi chiedono, Non hai paura di frequentarli? Ma continuo a farlo
ogni giorno," ci dice.
Il punto di vista dalla Yangi Makhalla è piuttosto differente. E' il mondo
esterno che minaccia, oltre il muro di terra battuta che insieme li circonda e
li imprigiona. "Molti non escono dal quartiere," dice Abdurashid Urinov,
presidente dell'associazione dei residenti. Descrive un ciclo continuo di
diffidenza tra i Lyuli e gli altri, approfondito dalla mancanza di documenti ed
informazioni. "La maggior parte di loro non conosce i propri diritti."
Gli studiosi collegano i Lyuli ai Rom dell'Europa Orientale - tracciando per
entrambe i gruppi un'origine comune nel subcontinente indiano. Alcuni dei
leaders considerano i due gruppi distinti, puntando alle differenze nella lingua
e nella religione. La maggior parte dei Lyuli sono musulmani, mentre la maggior
parte dei Rom europei sono cristiani.
Nell'intento di sedentarizzare i Lyuli che erano itineranti, i sovietici
crearono Yangi Makhalla - che in uzbeko significa nuovo quartiere - dopo la II
guerra mondiale. Il gruppo aveva il proprio kolkhoz, o fattoria collettiva e
vivevano una vita tollerabile e segregata, secondo Urinov. Il collasso sovietico
del 1991 pose la fine alla fattoria collettiva, la terra divisa e redistribuita,
molti dicono in maniera non paritaria. Nel contempo, secondo Arsen Ambaryan,
direttore di un locale gruppo sui diritti umani, la politica del governo
kirghizo si è irrigidita. "Qui non ci sono conflitti diretti tra stato e
comunità, dicono le autorità. Se non ci disturbate, noi non vi disturbiamo. E'
una situazione di guerra e non di pace."
Nel 2004 il gruppo Ambaryan (Nostra Legge) ha condotto una ricerca lunga un
anno sulle condizioni di vita dei Lyuli nella regione di Osh. Si stima a
popolazione Lyuli in 3500, con la disoccupazione al 90%. Alcuni Lyuli
sopravvivono coltivando il loro residuo pezzo di terra, o lavorando a giornata
nei campi. Molti si sono rifugiati nell'accattonaggio.
Ma nonostante tutte le cose che mancano a Yangi Makhalla - acqua, denaro,
assistenza medica, educazione nella lingua Lyuli - ci sono delle mancanze più
critiche. Molti residenti non hanno documenti, vivendo senza accesso ai servizi
chiave governativi. Per quanto residenti a Yangi Makhalla, molti non hanno
registrato i loro passaporti dopo il crack della burocrazia sovietica, non
potendosi permettere il passaggio ai documenti kirghizi.
"Devo cambiare il mio passaporto, ma non ho i soldi" dice Israel Rzayev,
disoccupata che campa coltivando un pezzetto di terra.
In una regione dove la corruzione è alta e la polizia può fermare i passanti
con qualsiasi pretesto, dice Urinov, avventurarsi fuori casa senza un passaporto
valido è un invito all'estorsione. Un Lyuli detenuto, dice, "potrebbe anche aver
ragione, ma sarà sempre nel torto perché non ha documenti." Anche la ricerca di
lavoro senza documenti è difficile, aggiunge Urinov.
Concorda la moglie del mullah locale. "Se qualcuno va a lavorare al bazar e
la polizia lo trova senza documenti, pagherà una bella multa.
Più discutibili ma persino più importanti i certificati di nascita, perché
permettono di accedere ai benefici governativi ed, eventualmente, passaporti
propri. Ma il costo degli ospedali di maternità, per cui molte Lyuli
partoriscono in casa, ciò significa che i loro bambini non sono registrati
all'anagrafe.
Nella ricerca su circa 400 famiglie, il gruppo Ambaryan ha trovato che il 45%
dei bambini non ricevono supporto governativo per mancanza dell'atto di nascita.
"Siamo già alla terza generazione senza documenti."
Rzayev e gli altri genitori Lyuli sottolineano il circolo vizioso per cui la
mancanza di documenti preclude la possibilità di ottenere impiego o benefici di
stato, cosa che impedisce ai loro figli di migliorare la loro vita. "La neve
arriva presto - ma non abbiamo niente da mettere ai piedi dei bambini" dice
Rzayev, aggiungendo che questo significa che probabilmente non andranno a scuola
d'inverno.
Come parte dello studio, Ambaryan appoggia la sfida legale di una famiglia di
cinque persone completamente senza documenti, per vincere finalmente un giudizio
con le autorità per l'identificazione dei querelanti. Ambaryan spera che il caso
sia un precedente. Nel contempo, Kadryan dice che i Lyuli del Kyrgyzstan
continueranno la loro vita ai margini. "Qui non si vive - si sopravvive. E la
gente sopravvive come può."
Editor’s Note: Daniel Sershen is a freelance journalist based in Bishkek.
Di Fabrizio (del 20/10/2007 @ 09:05:40, in Italia, visitato 2352 volte)
Ricevo da Marcel Costache
Caro Fabrizio,
Venerdì scorso sono stati di nuovo lanciati petardi e bombe carta contro i 10
bambini con 4 uomini (uno su una carozzina, perché è disabile) e 4 donne che
vivono all'interno della cascina Gandina, struttura di Pieve Porto Morone
(provincia di Pavia). I rom sono gli ultimi dei 200 che stavano all'ex Snia
-Pavia e che sono stati sgomberati.
"Criminali per bene-nazi duri e impuri pronti a tutto", (come dice "Il
Settimanale Pavese"), hanno nuovamente cinto d'assedio i Rom chi vivono nella
cascina Gandina, gridato insulti,lanciato petardi e bombe carta. Sono stati
circa 150, scrive il giornale.
Lunedì è stata incendiata l'auto di un rom che vive alla cascina Gandina,
all'altezza del ponte sul Po. Un rom chi sta lavorando e che adesso non ha più
un mezzo per raggiungere il suo posto di lavoro.
Questa é la tolleranza italiana?!
Voglio che tu faccia conosciuto questo messaggio,
Grazie,
Marcel
Di Fabrizio (del 19/10/2007 @ 09:33:03, in Europa, visitato 1912 volte)
Da
Mundo_Gitano
Madrid (España)/11 de octubre de 2007/(CIMAC/ AmecoPress) .- Rosalía Vázquez,
esperta di cultura e tradizioni gitane e sin da giovane interessata nella
partecipazione al movimento associativo gitano, parla della storica
discriminazione che soffrono le persone Gitane, soprattutto le donne, e sulla
necessità di rompere con questa.
Nel 1980 fondò la Asociación Gitana de Cantabria, e co-fondatrice di Unión
Romaní e, nel 1995 fondò la Asociación de Mujeres Gitanas ALBOREÁ. Attualmente è
portavoce del Consejo Estatal del Pueblo Gitano e Presidente della Federación
Nacional de Mujeres Gitanas (Kamira), una piattaforma che riunisce 14
associazioni di donne gitane in tutta la Spagna
Perché una Federazione delle donne gitane?
La Federazione ha circa sei anni, e riunisce tutte le Associazioni per essere
più forti e creare un progetto comune e un'unità di visione. Non è solo una
Federazione spagnola, ma nasce con vocazione europea e di proiettarci nelle
istituzioni come il Consiglio Europeo Gitano. Come programmi di base, la
Federazione alfabetizza e prepara le donne perché abbiano un posto di lavoro e
siano visibili nella società.
Come sono considerate le donne nella cultura gitana?
Le donne gitane, sia dentro che fuori la cultura gitana, hanno sofferto
discriminazioni. Solo per essere gitane sono state perseguitate nelle decadi
passate, con leggi contro di noi. Arrivammo nel 1425 e già con i Re cattolici si
promulgò la prima legge di persecuzione. Ora siamo dimenticate in un angolo, in
un angolo c'è la cultura gitana e nel fondo, ci sono le donne gitane. Non ci
hanno permesso di svilupparci e sinora abbiamo potuto soltanto sviluppare la
sopravvivenza.
Il ruolo delle donne nella cultura gitana è sempre stato rimanere coi nostri
figli ed aiutare i mariti perché non abbiamo avuto altri spazi. Come donne
abbiamo capito che siamo il motore del cambio in tutti i popoli, non solo quello
gitano. La Spagna è avanzata assieme alle donne. Intendiamo che l'educazione e
la formazione sono gli strumenti più efficaci per lo sviluppo personale e
collettivo del nostro popolo. Da qui siamo interessate nel dare educazione alle
nostre figlie perché abbiano un futuro sicuro.
Le donne gitane si sono evolute negli anni?
Ci siamo svegliate e sappiamo che dobbiamo essere integrate nella società e
lottare. Attraverso le associazioni e le federazioni gitane ci uniamo e
riflettiamo su cosa conviene fare secondo le necessità del popolo gitano.
Esaminiamo la nostra cultura e tradizioni.
Ci sono ghetti che non sono progrediti però ci sono dei gitani che
collettivamente si sono svegliati e ci hanno motivato per uscire da una
situazione di marginalità. Ci sono gitane universitarie, e le madri chiedono che
le nostre figlie stiano negli organi direttivi, nella politica, nelle
istituzioni del governo. La nostra lotta è per questo, vogliamo lavorare e che
le nostre donne non siano più invisibili.
Il popolo gitano non può più continuare ad essere invisibile. Le donne gitane
hanno compreso il nostro lavoro e vogliono conquistare spazi come stanno facendo
le donne non gitane, non vogliamo restare in disparte ma lavorare assieme a
loro. Le istituzioni pubbliche e politiche sono quelle che devono dare spazio
alle donne gitane.
Che tipo di discriminazioni si incontrano dentro e fuori la cultura
gitana?
Le donne sono in generale discriminate e le donne gitane, doppiamente. Siamo
invisibili e non ci danno spazi per svilupparci e partecipare. Questi spazi
devono arrivarci dalle istituzioni, come ricorda la nostra Costituzione
spagnola. Noi lottiamo, ma sono le amministrazioni, centrali ed autonomiste,
quelle che devono appoggiarci per compiere la Costituzione.Non abbiamo bisogno
di un aiuto paternalista, abbiamo bisogno di ascolto ed appoggio.
In Andalusia, il governo autonomista ha dato spazio ai collettivi gitani;
senza dubbio, il nord della Spagna è ad anni luce, se non siamo discriminate
dalle istituzioni stesse.
Cosa credi che possa adottarsi per finire con la discriminazione?
Darci più possibilità non solo consiste, per un'Associazione, nello sperare
in un progetto di sviluppo, perché questo da solo è niente. C'è da colmare un
debito storico nell'offrire una vera educazione alle nostre famiglie, e avere
rispetto come gitani.
Intendiamo che l'educazione è la cosa più importante per uscire dalla
marginalizzazione: con l'educazione, il resto viene per aggiunta. Nella misura
in cui otterremo formazione potremo essere indipendenti, esporre le nostre idee
e svilupparle. Le istituzioni debbono appoggiare e rinsaldare questa educazione
però senza farci smettere di essere gitane.
E' molto difficile essere donne del secolo XXI ed essere gitane, vogliamo
portare la nostra essenza e valori col rispetto ai nostri anziani e all'unità
familiare. A volte per acquisire conoscenze, dobbiamo smettere di essere gitane,
e non vogliamo smettere di esserlo.
Il Governo ha fatto qualcosa di importante per l'integrazione delle
persone gitane?
Assolutamente niente. Siamo cittadine spagnole ed in tutte le iniziative
politiche siamo meno di zero. Occorre una discriminazione positiva perché le
donne gitane inizino ad essere visibili.
Attraverso i suoi 50 anni ha vissuto la discriminazione?
Ricordo quando ero bambina, con la dittatura franchista, c'erano negozi con
un cartello che proibiva l'ingresso a gitane e gitani. Le mie amiche entravano e
io restavo sulla porta aspettando che uscissero.
Adesso, per una ragione o per l'altra, continuo ad incontrare situazioni di
discriminazione. Non voglio che le mie figlie soffrano queste situazioni di
diseguaglianza e lotterò con le unghie e coi denti. Non vogliamo più essere
invisibili e lotteremo per un'uguaglianza di opportunità reale per le donne
gitane.
07/MC/GG/CV
Fuente: CIMAC NOTICIAS. Periodismo con perspectiva de género. México, D.F.
Tomado de:
http://colombia. indymedia. org/news/ 2007/10/73476. php
PRORROM
PROCESO ORGANIZATIVO DEL PUEBLO ROM (GITANO) DE COLOMBIA / PROTSESO
ORGANIZATSIAKO LE RROMANE NARODOSKO KOLOMBIAKO [Organización Confederada a
Saveto Katar le Organizatsi ay Kumpeniyi Rromane Anda´l Americhi, (SKOKRA)]
Di Fabrizio (del 18/10/2007 @ 09:33:11, in Regole, visitato 2092 volte)
Ostrava, 12.10.2007, 17:05, (ROMEA/CTK) Oggi il Tribunale Regionale di Ostrava ha riconosciuto un compenso di CZK 500.000 ad una donna Rom di 30 anni, Iveta Červeňáková, per essere stata sterilizzata contro la propria volontà. [...] Secondo Kumar Vishwanathan di Vzájemné soužití (Vita Insieme) è storicamente il primo caso del genere. La donna venne sterilizzata 10 anni fa. "Non venne sufficientemente informata e solo sette anni più tardi seppe di aver subito questo intervento," dice Vishwanathan.
Il Tribunale ha sancito che la donna ha diritto a scuse e compensazione per danni fisici e psicologici. [...] Il giudice Otakar Pochmon ha detto che l'intervento sulla madre di due bambini è stato irreversibile. La violazione avvenne nel luglio 1997, all'ospedale cittadino di Ostrava.
L'ospedale ribatte di avere il consenso scritto della paziente e intende appellarsi alla Corte Suprema. Marie Dlabalová, portavoce dell'ospedale ha detto che sono coscienti del verdetto odierno e ritengono necessario aspettare la sentenza scritta per depositare l'appello.
Dlabalová aggiunge che sulla sterilizzazione esiste un'inchiesta del Ministero della Salute: "Indagini simili sono state iniziate su cinque casi, in nessuno dei quali è stato provato di essere stati commessi dei crimini."
Il 7 luglio 1997 Červeňáková (nata Holubová) diede vita con parto cesareo alla sua seconda figlia, Kristýna. Durante la stessa operazione venne sterilizzata. Anche se si sapeva in anticipo che avrebbe partorito con taglio cesareo, i dottori non seguirono il processo legale per ottenere il suo consenso alla sterilizzazione. I dottori non chiesero il suo parere fino a che non era sotto anestesia. Al tempo dell'operazione chirurgica la donna aveva 19 anni. [...]
Per sette anni Červeňáková ha avuto come l'impressione che le fosse stata applicata una spirale. Quando ha chiesto al suo medico di rimuoverla perché voleva un altro figlio, ha appreso la verità. Lei e il marito stanno ora considerando un'adozione. "Ho già tutti i moduli necessari da compilare. Vorrei in casa un bambino piccolo."
Il suo avvocato, Michaela Kopalová della Lega per i Diritti Umani, dice che la procedura ospedaliera è piena di deficienze. "La commissione che doveva decidere sul permettere la sterilizzazione, si è riunita 10 giorni dopo che la mia cliente aveva partorito. Non esistono documenti che possono provare che lei sia stata messa dell'avviso che la sterilizzazione era irreversibile."
Sul verdetto del Tribunale Regionale, dice ""E' il verdetto più avanzato emesso nella Repubblica Ceca sulla violazione dei medici dell'integrità fisica delle partorienti. Credo che i tribunali in futuro continueranno a rispettare la Corte Suprema, che richiede una compensazione monetaria nei casi di violazione dei diritti della persona, senza limitazione di status."
Secondo la Lega per i Diritti Umani, il compenso monetario è solo il primo passo verso una reale giustizia per queste serie violazioni dei diritti umani. Il trattamento arbitrario di queste donne le ha per sempre deprivate della possibilità di avere figli propri. La somma ottenuta è esattamente la metà di quanto originariamente richiesto. Il primo caso di sterilizzazione illegale portato nei tribunali, quello di Helena Ferenčíková, raccolse le scusa ma nessun compenso per prescrizione dei termini. Ora quel caso è in appello alla Corte Suprema di Brno. Negli anni recenti la Corte ha stabilito che le violazioni dei diritti personali non sono soggette a questa limitazione.
Il caso Červeňáková è il secondo di sterilizzazione forzata del Tribunale di Ostrava. Nel 2005 si era pronunciato proprio su quello di Helena Ferenčíková, che aveva 22 anni al tempo dell'operazione, ma si era risolto solamente con una lettera di scuse, perché non era stata sufficientemente informata prima della sterilizzazione. Ma per scadenza dei termini, il tribunale aveva rigettato la richiesta di un indennizzo di un milione di corone. Kopalová dice che il verdetto di oggi risolleva anche il caso Ferenčíková. La Lega per i Diritti Umani sta facendo uso di questa opportunità per criticare il governo, che per lungo tempo non ha voluto rispondere alle sollecitazioni interne ed internazionali sulle donne sterilizzate all'epoca del comunismo e negli anni '90. Il governo si fa forte del fatto che i cittadini poveri, incluse le donne sterilizzate in questa maniera, non hanno le capacità finanziarie per farsi rappresentare nei tribunali, e lo stato non ha investito somme per assistere le vittime delle violazioni passate. I casi Ferenčíková e Červeňáková, sterilizzate in ospedali differenti, sono solo la punta di un iceberg. Dice ancora Kopalová: "Io sto rappresentando tre donne, ma so che ci sono circa altre 90 che si sono rivolte alla giustizia." Secondo la sua opinione, i dottori e gli ospedali rispondono coi medesimi argomenti: "Un terzo parto cesareo avrebbe rappresentato un significativo pericolo alle madri e così loro hanno agito nel loro interesse."
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