Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

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Notizie in italiano dai Rom, Sinti, Kalé, Pavees di tutto il mondo

La redazione
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 11/12/2007 @ 10:15:11, in sport, visitato 2064 volte)

Da Romanian_Roma

Il 7 dicembre 2007 Banel Nicolita, giocatore dello Steaua Bucarest e della nazionale rumena, è stato nominato Ambasciatore contro il razzismo e la violenza in Romania.

Banel Nicolita è al momento il terzo giocatore rumeno più popolare ed è anche Rom e questo riconoscimento è un grande successo. Non soltanto è il primo riconoscimento del razzismo in Romania contro i giocatori Rom, ma anche perché Banel ha riconosciuto pubblicamente la propria origine etnica. La cerimonia è stata trasmessa dalle principali stazioni TV con accenti molto positivi. [...] Alla nomina erano presenti diplomatici britannici, USA, francesi, olandesi e tedeschi e l'ambasciatore britannico ha tenuto un discorso. La notizia è stata in cima alle cronache sportive per 3 giorni. All'evento erano presenti un gran numero (circa 300) di bambini Rom che hanno ricevuto regali dalle mani di Banel Nicolita (offerti dai differenti sponsors). Altri due famosi giocatori di origine etnica mista hanno preso parte all'evento e sono stati molto contenti di aiutare a promuovere il messaggio.

Abbiamo ricevuto le felicitazioni sia dalla presidenza che dall'ufficio del primo ministro, entrambe le istituzioni hanno voluto essere coinvolte nel promuovere questa manifestazione nel paese e a fine gennaio parleremo di ciò con Ministero dell'Educazione, l'Agenzia Nazionale per gli Sport e la Federazione Calcio Rumena. Un settore della FIFA ha seguito l'evento e lo promuoverà con una campagna in preparazione per la Coppa Mondiale in Sud Africa.

[...]

Saluti
Valeriu Nicolae

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Di Sucar Drom (del 10/12/2007 @ 08:41:25, in blog, visitato 1721 volte)

Romania, vittoria di Basescu alle elezioni per Strasburgo
I risultati ufficiali diffusi in Romania e relativi alle elezioni valide per l’elezione dei rappresentanti di Bucarest al Parlamento europeo, sono ormai pressoché definitivi e non hanno riservato grandi sorprese.
Vincitore è risultato il Presidente della Repubblica Traian Basescu il c...

Brescia, in Consiglio Comunale si prepara la cacciata dei Sinti Italiani
Torna a riunirsi il consiglio comunale di Brescia: la presidente Laura Castelletti ha convocato la seduta a Palazzo Loggia nella giornata di oggi, martedì 4 dicembre, alle ore venti. L'assemblea affronterà, in base a una specifica richiesta dei gruppi di minoranza del centrodestr...

Treviso, usiamo con gli immigrati i metodi delle SS
«Usare con gli immigrati lo stesso metodo delle SS: punirne dieci per ogni torto fatto a un nostro cittadino». Ha usato queste parole, a quanto scrive «La Tribuna», il consigliere leghista di Treviso Giorgio Bettio, intervenuto durante il consiglio comunale per dare il suo appoggio all'ordinanza anti-sbandati e chiedere metod...

La paura e il razzismo
Il 4 novembre Alessio Bacchi per sucardrom ha scritto: l’Italia si è persa, la bestia è scatenata. Molti hanno criticato il nostro intervento soprattutto per il parallelismo dell’oggi con la Germania nazista e l’Italia fascista. Il Ministro Amato continua ad arrabbiarsi con la stampa estera che sta martellando il nostro Paese per la svolta xenofoba che ha investito la politica e la società civile. Ancora ieri Amato è intervenuto al Senato affermando: «h...

Sindaci nordisti e immigrati paria
Dall’ordinanza contro i lavavetri del sindaco di Firenze, all’ordinanza antisbandati del sindaco di Cittadella, il passo era purtroppo fatale e prevedibile. Non poteva bastare a impedirlo, nei due mesi che le separano, il decreto governativo che autorizza i prefetti a espe...

Monsignor Montenegro, "anche l'indifferenza è violenza"
Monsignor Montenegro, o “Padre Franco” come più semplicemente ama chiamarlo chi gli è più vicino, sa sempre trovare le parole giuste. Il Vescovo ausiliare di Messina la Parola l'ha portata in giro per il mondo, l'ha fatta ascoltare a coloro che hanno sempre vissuto nella sofferenza, e alle parole ha sempre fatto seguire le azioni. Per questo oggi è presidente della Caritas Ita...

Veltroni non caccia in massa i Rom, li vessa...
''Le espulsioni di massa non sono previste dalla normativa europea. Se ne può parlare solo quando si è all'opposizione. Questa è una materia in cui la politica esercita uno dei suoi vizi peggiori, che si chiama demagogia''. Così il sindaco di Roma Walter Veltroni risponde all...

Alexian Group, il ritmo della musica rom e…
Volete organizzare una serata /concerto per il vostro festival, manifestazione, festa della birra, di piazza, comunale, religiosa, sagre, feste di paese, feste di quartiere, raduni, in locali… L’Alexian Group vi propone un viaggio ideale attraverso l'intimità di un’arte ass...

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Di Fabrizio (del 09/12/2007 @ 09:32:17, in Italia, visitato 2289 volte)

La Rete Antirazzista Sud-Ovest Vi invita e Vi prega diffondere ai più l'iniziativa con dibattito sulla questione Rom,
Grazie in anticipo per quello che potrete fare.
Saluti

Irico Alberto
x conto Rete Antirazzista Sud-Ovest

Conoscere e comprendere

Giovedì 13 dicembre ore 20.30

Centro Polifunzionale Foscolo
Via Ugo Foscolo, 3 Corsico

Proiezione del documentario: ”OPERA GAGIA” di Antonio Bocola

Intervengono:
Claudio Mendicino - Rete Antirazzista Sud-Ovest - Dijana Pavlovic - Cittadina Italiana e Rom
Prof. Tommaso Vitale - Dipartimento di sociologia e Ricerca Sociale dellUniversità degli Studi Milano - Bicocca
Ernesto Ferrario - Assessore alla Pace, Gemellaggi e Cooperazione Internazionale Corsico
Mariangela Monga - Responsabile all’ Assessorato Provinciale ai Diritti del Cittadino e al Nomadismo

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Di Fabrizio (del 08/12/2007 @ 22:27:03, in Italia, visitato 1942 volte)

COMUNICATO STAMPA - Invito

MILANO, ITALIA. ROM E POLITICHE SOCIALI, TRA INSICUREZZA E INTOLLERANZA

CONFERENZA STAMPA LUNEDÌ 10 DICEMBRE, ORE 14,30, PRESSO LA CAMERA DEL LAVORO DI MILANO

Il 10 dicembre la Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo compie 59 anni. Ma non lo si direbbe, tanto è vasto e sistematico il panorama delle violazioni e delle discriminazioni che colpiscono singoli individui e interi popoli ai quattro angoli del mondo. In aree di guerre, di conflitti e di dittature, con stragi, genocidi e uccisioni. Ma anche in Paesi a salda tradizione democratica, dove la tortura viene ora addirittura teorizzata e neppure più nascosta, come a Guantanamo.
Seppure su un piano diverso, la violazione dei diritti avanza e si estende anche nelle nostre città, dove la questione della legalità e della sicurezza non di rado viene strumentalizzata politicamente e diviene pretesto per politiche miopi e autoritarie, che trasformano i problemi sociali in questioni di ordine pubblico.
Uno di questi problemi riguarda i Rom. In generale, e a Milano in modo particolare, dove le autorità cittadine dal 2003 all’ottobre 2007 hanno fatto 340 interventi di sgombero in aree dismesse e insediamenti abusivi; mentre da gennaio 2007 a oggi sono stati più di 65. Questi sgomberi quasi mai sono stati accompagnati da alternative, ma si sono limitati a scacciare con le ruspe, costringendo all’addiaccio e a condizioni di vita ancora peggiori uomini e donne, anziani e bambini.
È un modo di spostare il problema, di nascondere la polvere sotto il tappeto. Ma in questo caso, la polvere è costituita dalla vita di migliaia di persone, di centinaia di famiglie smembrate e perseguitate senza colpa, se non quella di essere poveri e privi di opportunità abitative.
Si tratta di una politica, o meglio di una non-politica, che insegue le logiche di emergenza, incapace com’è di analisi dei problemi, di ascolto, confronto, programmazione, risposte equilibrate.
Ma l’unica emergenza, in questo caso, è quella umanitaria.
Per questo motivo un gruppo di associazioni il 10 dicembre, alle ore 14,30 presso la Camera del Lavoro di Milano (corso di Porta Vittoria 43) terrà una Conferenza stampa sui problemi dei rom a Milano, significativamente e simbolicamente indetta nella Giornata mondiale dei Diritti Umani.
Occasione e motivo della conferenza stampa è la nascita di un Cartello permanente delle associazioni milanesi che operano per promuovere una città e politiche inclusive.
· Saranno illustrate le prime proposte del Cartello di associazioni, finalizzate a uscire dalla logica dell’emergenza e a chiedere confronto e cambiamento di rotta alle istituzioni locali.
· Proposte che troveranno un successivo momento di dibattito e verifica in un Convegno che si terrà a metà gennaio a Milano, cui sono stati invitati i ministri con competenze sui problemi posti.

Prime adesioni al Cartello e saranno presenti:

Caritas Ambrosiana
Acli Milano
Arci
Opera Nomadi Milano
Associazione Rom e Sinti Insieme
Gruppo Abele Milano
Comunità di S.Egidio
Cgil Camera del Lavoro di Milano
Naga
Associazione Nocetum
Associazione Aven Amenza
Padri Somaschi
Associazione Liberi

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Di Fabrizio (del 08/12/2007 @ 14:19:39, in casa, visitato 1818 volte)

Da Roma_ex_Yugoslavia

By Kristina Lozo and Bozidar Jovanovic in Belgrade

07 12 2007 Le autorità di Belgrado affermano che il progetto di spostare centinaia di Rom dalle loro baracche proseguirà, nonostante l'opposizione degli altri abitanti della città che non vogliono i Rom come vicini.

A solo pochi metri da uno dei principali ponti di Belgrado, 237 famiglie Rom sono accampate in mezzo ai ratti e a mucchi di immondizia.

Per molti queste baracche sono la loro unica casa. Ora è prevista la loro demolizione per una ristrutturazione del ponte Gazela in previsione per l'anno prossimo.

"Questa non è vita, non abbiamo niente per vivere" dice Cakan Sabanovic, in sei in famiglia.

Gli abitanti di questa baraccopoli stanno attendendo con ansia notizie su dove saranno spostati dopo che le loro dimore saranno demolite. Il 24 settembre le autorità serbe hanno bandito un'asta per la ricostruzione del ponte Gazela, e sei compagnie straniere hanno sottoposto le loro offerte. L'importo è di 77 milioni di €.

La Banca d'Investimento Europea fornirà metà dei fondi, ed il resto sarà a carico della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo con base a Londra.

Il comune di Belgrado si è impegnato ad allocare fondi per sistemare le 237 famiglie che saranno sgomberate dalla baraccopoli.

Il ponte Gazela fu costruito 30 anni fa, ed ha bisogno di una sistemazione dopo decenni di incuria e traffico pesante. I lavori, che originariamente dovevano partire questo mese, sono stati dilazionati a primavera 2008, a causa dell'inverno incombente.

Lo spostamento di quanti vivono sotto il ponte avverrà d'accordo con le decisioni del municipio di Belgrado, che si è assunto la responsabilità di trovare una casa a queste famiglie," dice Tamara Motrenko, della compagnia statale Putevi Srbije che ha vinto il bando di ricostruzione.

"Penso che le famiglie Rom saranno spostate prima che inizi la revisione del ponte," dice Zivojin Mitrovic, incaricato governativo che si occupa delle aree di vita malsane.

Motrenko, d'altra parte, dice che lo spostamento dei Rom non influirà sull'inizio dei lavori.

La baraccopoli ha una fognatura ed un servizio idrico dilapidati e le famiglie si sono collegate alla rete elettrica con sistemi "fai da te".

Le condizioni di vita sono terribili. Quando piove c'è fango dappertutto con cavi dappertutto," dice Branko Kalanjos, che vive lì con i quattro figli.

Tutti i suoi figli vanno a scuola e il più grande ha iniziato la scuola secondaria.

"Immaginate, i miei bambini trottano tre miglia nel fango per andare a scuola," aggiunge Branko.

Le autorità cittadine avevano già provato a spostare queste famiglie in un blocco d'appartamenti a Nuova Belgrado.

Il tentativo è fallito a causa delle proteste di quanti non volevano i Rom come vicini di casa. Anche quanti il cui lavoro è di eliminare gli slum anti igienici, hanno qualche simpatie per questa attitudine.
"Se qualcuno mi chiedesse se voglio i Rom del ponte Gazela come vicini, probabilmente direi no," dice Mitrovic.
Altri paesi europei hanno problemi simili. Secondo la televisione belgradese B92, le autorità slovacche hanno ricevuto minacce anonime dopo aver costruito appartamenti per i Rom che vivevano nelle baraccopoli, mentre alcune famiglie Rom della capitale slovena Lubiana sono state allontanate per motivi ecologici ed igienici dicendo loro di non fare più ritorno.

Mitrovic dice che sono stati predisposti 100 siti per il rialloggio dei Rom di ponte Gazela, ma che c'è il rifiuto di identificarli per la possibilità di proteste di massa di quanti sono riluttanti a vivere accanto a questo gruppo etnico.

Gli stessi Rom sono incerti sui benefici del loro spostamento e, come dice uno di loro, vogliono rimanere uniti.

Il segretariato governativo per il welfare sociale ed infantile è tra i coordinatori del progetto.

"L'idea è di integrare i Rom nella società civile in termine di assistenza sociale ed infantile, scolarizzazione ed impiego per quanti vivono sotto il ponte Gazela che abbiano i fogli di residenza," dice Ljiljana Jovcic, capo del segretariato.

Il segretariato ha raccolto i nomi di tutti i Rom che vivono sotto il ponte e disegnato una mappa sulla base di dove saranno rilocati. Molti di loro non sono registrati come residenti a Belgrado, essendo arrivati nella capitale serba per cercare migliori condizioni di vita.
Il segretariato dice che a tutti verrà data sistemazione, aggiungendo che sono stati create due categorie.

"Un gruppo consiste nei residenti legali a Belgrado, che saranno sistemati permanentemente. Gli altri che sono arrivati nella capitale per lavorare occasionalmente e verrà data loro qualche tipo di sistemazione collettiva. Vorrebbero essere nel primo lotto ma ancora non abbiamo deciso se questo sia fattibile," dice Mitrovic.

Sentire tutti gli abitanti del ponte Gazela ha impiegato 10 giorni, mentre la seconda fase, rivolta alle case future, dovrà essere completata per la fine del 2007.

"Vogliamo fornire a queste persone i loro bisogni basici. Avranno acqua corrente, elettricità, bagni, scolarizzazione e lavoro, con uno stipendio sufficiente a pagare le bollette," dice Mitrovic.

Il segretariato per il welfare sociale ed infantile ha anche giocato un ruolo per trovare casa agli abitanti Rom.

"Stiamo cercando le soluzioni giuste perché alla famiglie Rom siano offerte migliori condizioni di vita ed abbiano la possibilità di integrarsi nella società, " dice Ljiljana Jovcic.

Mica Tapirovic, una residente del ponte Gazela, dice che "tutti noi speriamo in una vita migliore e io voglio dimenticare come viviamo qui." Aggiunge: "Spero che non dovremo tornare qui dopo lo spostamento." [...]

"Vogliamo che l'insediamento porti migliori condizioni di vita, facendo attenzione a quanto potrebbe diventare incompleto e difettoso. Non vogliamo ripetere la disastrosa situazione attuale," spiega Mitrovic.

Ci sono molti pregiudizi sui Rom come pigri e gente litigiosa, ma nessuno di quanti abbiamo sentito a ponte Gazela ha detto di preferire di vivere in mezzo al fango e alla spazzatura, senza elettricità, acqua corrente o lavoro.

"Dove c'è volontà, c'è una strada. Noi apprezzeremmo molto migliori condizioni di vita se ci spostano," dice Branko Kalanjos.
Le autorità cittadine dicono che ci sono soldi a sufficienza per completare il progetto.

Danijel Djularis, capo dell'ufficio serbo dell'Agenzia di Ricostruzione Europea, ERA, ha recentemente affermato che l'ERA si sta preparando ad investire 2 milioni di € per risolvere il problema dei Rom, non appena il municipio di Belgrado sottoporrà un piano fattivo.

Mitrovic, d'altra parte, rimane scettico su quante promesse possano concretizzarsi. Dice "Sinora, la cosa non è andata oltre gli accordi e le promesse preliminari."

Kristina Lozo and Bozidar Jovanovic are reporters with the Rom Radio in Obrenovac. Balkan Insight is BIRN`s online publication.
This article was published with the support of the British embassy in Belgrade and Organization for Cooperation and Security in Europe, OSCE, mission in Serbia, as part of BIRN's Minority Media Training and Reporting Project

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Di Fabrizio (del 07/12/2007 @ 11:15:20, in Europa, visitato 1752 volte)

Da Roma_Italia

Al Primo Ministro Mr. Romano Prodi

Spettabile Signore!

L'ultima volta abbiamo ricevuto diverse informazioni sui Rom e le loro difficoltà. I Rom Bielorussi esprimono la loro profonda preoccupazione sulle recenti violenze contro i Rom Rumeni in Italia. Siamo anche preoccupati sulla mancanza di azioni effettive delle autorità Italiane per prevenire le aggressioni ai Rom Rumeni.

Vogliamo protestare contro la campagna di minaccia razziale in Italia contro i Rom.

Il governo Italiano ha emesso un decreto che facilita le espulsioni dei Rumeni ed i Rom in particolare. Questo decreto viola leggi fondamentali, come la libertà di movimento ed altri diritti umani basici. Inoltre il governo italiano deve considerare che la Romania è un membro dell'UE. Come membro della UE tutti i cittadini Rumeni, senza distinzione di etnia e nazionalità, hanno libero accesso a tutti glli stati membri UE. Così i Rom Rumeni possono restare in Italia quanto lo desiderano. Non hanno bisogno di alcun tipo di permesso, precetto, visto o altro. Sono Europei. Inoltre voglio sottolineare che le espulsioni non sono una soluzione universale a tutti i problemi. Il Popolo Rom è la parte più vulnerabile della società in tutti i paesi.

L'espulsione dei Rom dall'Italia è una violazione dei Diritti Umani, degli accordi di base tra gli stati e una violazione della Costituzione Italiana.

I Rom Bielorussi chiedono al governo Italiano di cancellare urgentemente il decreto d'emergenza sull'espulsione dei Rom.

Speriamo che soltanto cooperando possiamo raggiungere il successo e la prosperità.

Spero che questi incidenti non possano influenzare su tutte le relazioni interetniche  in Italia. Spero che l'Italia, come paese democratico, possa trovare il coraggio e la saggezza di sedersi ad un tavolo e trovare la soluzione.

Con i migliori saluti

Kalinin Nicolas

Delegato Bielorusso al Forum dei Rom e Viaggianti Europei (ERTF)

3.12.2007

Minsk

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Marco Brazzoduro segnala questo articolo da Comincialitalia.net

di Donatella Papi

Una montante polemica nelle scorse settimane ha riguardato i rom e i campi dove vivono comunità di nomadi. Si è sollevato il coperchio e pareva che tutto il male fosse nel numero elevatissimo di romeni che vivono in condizioni precarie nel nostro Paese. Sono tornata sui luoghi dove sono stati eseguiti gli sgomberi. Ecco cosa è il degrado.
LA CANZONE

Il governo cade qui, nei campi rom del lungo argine del Tevere. Dove è stata uccisa Giovanna Reggiani, dove Giovanna ha alzato gli occhi al cielo nella sua ultima ora. Il Parlamento della XV legislatura si conclude tra quello che resta di uno sgombero eseguito nel chiasso delle accuse. La Seconda Repubblica finisce sotto il sudiciume e i resti di un'umanità incompresa, e non amata.

Li hanno mandati via. Come è stato chiesto coi rimpatri. Li hanno trasferiti come previsto dalle ordinanza delle autorità prefettizie, del sindaco Veltroni e come stabilito dal decreto del Ministero dell'Interno. Pensavano che fossero loro, i rom, il volto sporco delle nostre città. Via loro puliti noi, come fosse una rimozione. Così sono partiti: i bambini cresciuti sotto i cieli, le donne con le grazie da gitane, i ragazzini e gli uomini dalla faccia dura. Sono partiti, sotto l'eco roboante dei media. Via dagli argini, via dal fiume, via dalle baracche.

Via anime. Via vita. Però il degrado è là. Sempre là. Non lo ha tolto nessuno. E' fatto di argini incolti e dimenticati dal susseguirsi delle amministrazioni, di un verde piegato dall'incuria, di canne intrecciate coi rifiuti. Poi fango, melma, avanzi sedimentati in una poltiglia maleodorante e scivolosa. Una colata di indecenza e cartacce, lattine, bottiglie. Rifiuti. Di gente che passa e getta nella grande pattumiera cittadina.

Sono tornata dove li avevo conosciuti, i rom. Sotto il ponte bianco che porta allo stadio Olimpico. Si erano mimetizzati, nascosti, ma in quegli anfratti erano riusciti a creare sapori di minestre e dare una dimensione esistenziale a luoghi di fantasmi. Pensavo di trovare il vuoto della loro presenza e quegli spazi tornati alla proprietà capitolina. Invece d'un tratto davanti ai miei occhi si è presentato lo scenario di una devastazione: mucchi di oggetti, materassi logori, vecchie pentole, stracci, cuscini, ferri vecchi. Dai rom alla vera discarica. Rifiuti e animali. Nessuno ha pulito, nessuno ha tolto nulla. Tutto è lì. Abbiamo solo gettato via corpi di bimbi, di famiglie e di genti rassegnate al freddo e alle difficoltà di patrie che avrebbero bisogno di collaborazione. Li abbiamo buttati come sagome sui carri della peste di Milano. Siamo noi la coscienza sporca collettiva.

I rom sono partiti, una notte. Dopo le urla e il sacrificio di Giovanna Reggiani. Mi avevano telefonato terrorizzati, li avevano minacciati di dar fuoco alle baracche. "Via - avevo detto loro -, via. A casa, qui non siete più sicuri. Poi vedremo dalla Romania come aiutarvi". Avevano preparato i bagagli in fretta, le poche cose che erano riusciti a portare con loro. Il resto chi doveva togliere e pulire se non che noi, gli italiani che hanno chiesto di restituire Roma al decoro e alla pulizia? Andate a vedere. Roma non è più pulita senza i rom, perché non sono loro la causa del male. Il male è l'immoralità elevata a politica che ricade sulle nostre vita come barbarie violenta e assassina. La vergogna è che sulle disgrazie delle umanità meno fortunate i nostri onorevoli fanno il loro spot promozionale, la puntata di un Porta a Porta, il picco di un consenso, la loro farsa quotidiana. Nessuno poi amministra, organizza, lavora. L'azienda romana addetta alla pulizia e ai rifiuti urbani fa commesse all'estero, pensate che vince gare per insegnare agli altri come si tengono le città pulite. Affari, sempre un giro di denaro nelle mani delle dirigenze. Fini, che ha posto il problema dell' assunzione di responsabilità, gli hanno dato del 'fascista' e lo hanno infilato in un gossip. La sinistra radicale sostiene che è nazismo chiedere gli sgomberi, ma il sudiciume non lo tocca e la gente la lascia nelle baracche senza assistenza. Poi ci sono i ministri, i prefetti, le autorità, gli esperti, i convegnisti, le società di appalto, le dirigenze, i manager, ma chi pulisce Roma e l'Italia? E di che segno è il sudiciume?

Il sudiciume non è solo rifiuti e cartacce. E' qualcosa di peggio. E' l'assenza di amore, di bene, di dignità, di correttezza. Di fede. E sì! E' assenza di valori, di uguaglianza, di fraternità, di rispetto per l'altro, di solidarietà verso il prossimo, di comprensione per i sofferenti, di civiltà nel cuore e mente volta verso l'alto. E dove non c'è anima, abituatevi, ci sono topi e ratti, poi insetti e poi e poi...

Ecco i rom ci vivono in quella terra di confine, dove il male vuole prevaricare il bene. Ma essi vestono il lato oscuro e maligno delle cose coi loro mantelli di canti, di cose, di amori, di figli, di espedienti. Ogni tanto, seppiatelo, qualcuno cede. Ecco spiegati i rom. Li abbiamo mandati via, anche giustamente, ma per la loro sicurezza e la troppa indigenza, per l'insopportabile condizione di abbandono. Loro non ci sono più, resta solo il degrado. Di cui siamo responsabili.

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Di Fabrizio (del 05/12/2007 @ 09:07:09, in Kumpanija, visitato 1958 volte)

Da Macedonian_Roma

Contributed by: WMC_News_Dept. - Interview by Ivana D'Alessandro

Esma Redzepova, la cosiddetta "Regina degli Zingari" è unaincredibile artista che coopera con la campagna Dosta! che promuove un miglior riconoscimento della cultura rom e del loro essere cittadini europei. Nominata per il Premio Nobel per la Pace nel 2003, Esma è stata anche la prima artista yugoslava a calcare le scene dell'Olympia di Parigi. Orgogliosa delle proprie origini, Esma ha cominciato a cantare dall'età di 13 anni. Il suo matrimonio con un "gagio", Stevo Teodosievski, fu uno scandalo prima di diventare il simbolo del dialogo tra la comunità rom e la società maggioritaria. L'abbiamo incontrata a Friburgo, nel quadro di un'attività che è tuttora una sorpresa ma che verrà annunciata su www.dosta.org.

Signora Redzepova, lei è una cantante conosciuta a livello internazionale, è stata nominata al Premio Nobel per la Pace, è sposata con un non-Rom... Molti direbbero che lei non corrisponde all'immagine dei Rom che comunemente ha la gente, Si considera un'eccezione?

E'una domanda molto importante: se sono un'eccezione per il popolo Rom e per essere stata nominata al Nobel per la Pace. Sento dii aver fatto molto per la popolazione Rom. Sono stata la prima cantante che ha cantato in romanes nel mondo, sono la Regina ufficiale della musica rom, incoronata a Chandigarh, in India nel 1976. D'altra parte, sono speciale nel mondo musicale, non un'eccezione per essere Rom. E' vero che ho fatto molto per dare visibilità alla cultura Rom e per tenere insieme Rom e non-Rom, ma questo è normale, niente di eccezionale.

I Rom sono tuttora la minoranza più discriminata in Europa. Secondo lei quali sono le ragioni di ciò e come l'esempio di personalità come lei  può invertire la situazione?

Posso dire che la discriminazione contro i Rom è sempre esistita, ma il popolo Rom l'ha sempre affrontata con dignità e l'ha sempre combattuta. Posso dire che i Rom sono un popolo duro, che vive in tutto il mondo, ed è l'unico popolo che non ha mai dichiarato guerre, l'unico popolo che non ha assimilato degli altri.

L'attitudine Rom dovrebbe essere emulata e la loro cultura riconosciuta. Anch'io, quando ero giovane, ho sofferto la discriminazione. Per esempio, alla scuola elementare nessuna bambina voleva sedersi accanto a me, per la mia pelle scura, perché ero differente dagli altri. Devo dire che ho avuto dei momenti difficili nella mia vita di cantante rom, ma ho sempre provato a dimenticare quei brutti momenti e cercato di ricordare le cose piacevoli che mi sono successe come Esma Redzepova Teodosievska.

Come spiegheresti a un non-Rom chi sono i Rom e cosa significhi esserlo nella società odierna?

Per me essere Rom significa felicità. Può sembrare strano a qualcuno che si sia felici di essere Rom. Ma sono orgogliosa della mia origine etnica perché sono orgogliosa della storia del mio popolo, della ricchezza della mia cultura e dell'attitudine pacifica e cosmopolita del mio popolo che è sempre stato di una grande apertura mentale. Il popolo Rom dovrebbe avere il diritto di scegliere il posto dove vivere, perché non hanno un paese proprio.

Come vede la condizione delle donne Rom nella nostra società, e quale il loro contributo alla Romanipen, l'identità e cultura Rom?

Devo dire che in Macedonia c'è un gran numero di donne Rom che giocano un ruolo attivo non solo nella vita familiare, ma anche nella vita sociale: Molte donne Rom lavorano sulle tematiche rom, difendono i diritti dei Rom e lottano per il riconoscimento della cultura rom. La presenza delle donne Rom nella società è anche dimostrata dal numero di donne Rom scolarizzate, che è in costante aumento. In Macedonia ci sono ragazze e giovani donne che hanno educazione superiore e grande conoscenza delle tematiche rom. Io sono tra quante lavorano sulle tematiche rom e fanno un lavoro positivo per la comunità Rom.

Quali messaggi vorresti indirizzare ai non-Rom che leggono questa intervista?

Il mio messaggio a tutti sarebbe di smettere di combatterci, di insegnare la tolleranza, il rispetto e la mutua comprensione per garantire un miglior futuro ai nostri figli ed un mondo migliore dove vivere.

This interview was made for the Council of Europe's Dosta! - Basta! campaign. "Dosta" is a Romani word meaning "enough." Dosta is also an awareness raising campaign which aims at bringing non-Roma closer to Roma citizens. For more information about Dosta, go to www.dosta.org.

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Di Sucar Drom (del 04/12/2007 @ 09:26:25, in blog, visitato 1464 volte)

Libertà di stampa, esprimi la tua opinione
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Il 22 novembre le ruspe hanno abbattuto le povere capanne dei rom di Tor di Quinto a Roma con tutto il loro contenuto nel massimo disprezzo dei diritto degli abitanti che dovevano quanto meno essere avvertiti per salvare le loro cose, i loro ricordi, oggetti necessari alla loro vita raminga. Rai tre mostrava una bambina che al ritorno della scuola non trova più la sua casa. Non sa neppure dove and...

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Di Fabrizio (del 03/12/2007 @ 09:06:36, in blog, visitato 1585 volte)

Da Nazione Indiana

di www.autistici.org/ojak

Questa è la prima versione di una contro-inchiesta su quanto è successo a Torino. Un campo rom viene attaccato: alle 3 del mattino di domenica 14 ottobre, alcune molotov vengono lanciate sopra il muro di cinta che delimita il campo. Scoppia l’incendio e gli abitanti del campo riescono a fuggire prima che qualcuno possa essere vittima dell’incendio.

Le premesse

6 Aprile 2007: “Emergenza Freddo” è il nome di un progetto assistenziale di aiuto ai senzatetto torinesi nel periodo invernale. In particolare nella zona di Basse di Stura da tre anni si ricoverano in roulottes della protezione civile circa 30/40 famiglie rom che stanno affrontando un momento difficile, parenti malati, bimbi molto piccoli, a rischio obiettivo con il sopraggiungere dell’inverno [1]. Solitamente all’arrivo della primavera, e dell’esaurimento dei fondi (centinaia di migliaia gli euro stanziati - circa 150 mila nel 2006), il campo viene chiuso, le roulottes portate via ed i rom rispediti in Romania via aerea, perché extracomunitari. Questa primavera succede un fatto nuovo: diventati cittadini europei i rom rumeni accolti in via Besse di Stura si opporranno a più riprese alla chiusura del campo di “Emergenza Freddo” che li costringerebbe a trovarsi di nuovo un’altra sistemazione in attesa dell’autunno. Di tornare in Romania non se ne parla più: in quel paese un forte clima di discriminazione e di razzismo diffuso sin ai livelli più alti delle istituzioni (il 19 maggio 2006 il presidente romeno Basescu apostrofa una giornalista troppo curiosa con l’epiteto “sporca zingara”) convincono i più a restare in Italia alla ricerca di migliori condizioni di vita. Solo alcune famiglie accettano un contributo del Comune per prendere il pullman e tornare in Romania: alcuni accettano e molti di loro si rivedono a Torino dopo solo due settimane (raccontano di essere stati fatti scendere dal bus appena passata la frontiera rumena, alcuni senza un soldo ed a centinaia di chilometri da casa). Due giorni di presidio sotto il Comune di Torino, (mercoledì e giovedì 28-29 marzo), un presidio nella notte l’11 aprile non smuovono di un unghia la decisione del Comune di chiudere.

Appena dopo Pasqua inizia lo smantellamento. Alcune famiglie torneranno ad insediarsi sulle rive dello Stura, altre tentano la strada dell’insediamento in un campo in via Druento, al confine di Torino, zona Stadio delle Alpi. Tentativo sfortunato perché saranno ripetutamente vittime di sgomberi fino a sparpagliarsi negli altri campi abusivi cittadini. Nel mentre che i vigili terrorizzano le famiglie di via Druento, scoppia un altro bubbone: è la volta di Lungo Stura Lazio, dove un campo assurge agli onori della cronaca per via di un incendio particolarmente sostanzioso di cavi di rame che provoca un nuvolone nero che investe l’Iveco, i cui stabilimenti sono dall’altro lato della strada rispetto all’insediamento. È l’occasione d’oro, anche sotto la spinta di un abortito presidio leghista sotto al Comune (Carossa presenta interrogazione al Consiglio Comunale il 23 aprile 2007), per tentare lo sgombero di tutta la zona, altamente popolata (300/400 persone). Sgombero che si svolge nervosamente ed in maniera confusa per tutta l’estate. Le roulottes vengono fatte spostare altrove, ogni tanto di buon mattino qualche ruspa mandata dal Comune si presenta e distrugge un paio di baracchine, puro stile Palestina. Lo stesso accade in Strada dell’Arrivore, dalla sponda opposta del fiume [2].

Nascita di un campo

Il campo di via Vistrorio nasce così, nei primi giorni di maggio del 2007, da questo turbine di ripetuti sgomberi e girovagare di baracche e roulottes per la città. Ci abitano circa una ventina di famiglie, meno di dieci roulottes ed il resto baracche di fortuna. Il campo è in una posizione particolare, quasi sulle rive dello Stura, al fondo di un parco di periferia con poca frequentazione, sia diurna che notturna, al fondo di un quartiere popolare, tra Corso Giulio Cesare e Corso Vercelli. Le palazzine più vicine al campo distano centinaia di metri. E’ completamente cinto da mura, vi si entra solo da un cancello arrugginito che viene chiuso dagli abitanti del campo all’imbrunire. Dentro non c’è luce né acqua, la fontanella da cui tutti si approvvigionano è poco distante, nell’area mercatale che incrocia via Vistrorio. E’ una ex officina di riparazioni, completamente invasa dalla vegetazione. All’interno c’è una costruzione abusiva che anni prima aveva ospitato altri stranieri e, forse, al momento dell’ingresso delle famiglie questo spazio è abitato [3].Il quartiere si accorge della presenza delle famiglie rom dall’andirivieni di persone che riempiono le taniche d’acqua alla fontanella, dall’uscita al mattino presto e rientro di quelli che sono usciti a lavorare, dalle immancabili biciclette con le cassette di plastica legate con cui molti fanno il giro della città a recuperare metallo. In quasi tutte le famiglie c’è una persona che lavora, alcuni in progetti di inserimento lavorativo, gli altri in nero. Qualche donna esce per lavori di pulizia. Nella zona non si registrano casi eclatanti di insofferenza, ed anche i media lasciano in pace questo piccolo campo. Si dimenticano di citarlo sulle mappe realizzate per i lettori impauriti, e pochi articoli su questo insediamento escono sui giornali, anche quelli più accesi nell’indicare i rom come causa di tutto il disagio sociale.

Le ronde a Tossic Park

Rispetto al campo, Parco Stura si trova dalla parte opposta di Corso Giulio Cesare. Un altro luogo salito agli onori della cronaca perché ribattezzato Tossic Park, e indicato dai media tutti come luogo di spaccio massiccio di sostante stupefacenti e forte presenza di stranieri, naturalmente tutti spacciatori secondi i giornali. L’intensità mediatica della vicenda illumina i riflettori sui neo-costituiti Comitati Spontanei che iniziano campagne di protesta e raccolte firme per “restituire il parco ai cittadini”. Anche Azione Giovani ed Alleanza Nazionale scendono in strada [4].La prima conseguenza di questa mobilitazione è l’episodio incredibile di una retata che si conclude con l’annegamento di due ragazzi dentro il fiume (ottobre 2006), dove si erano gettati per sfuggire ai controlli incrociati delle pattuglie di polizia e carabinieri che avevano completamente circondato il parco. Queste due morti scateneranno una protesta proseguita per più giorni da parte di un folto gruppo di stranieri, che chiedono che vengano fatte le ricerche per il recupero dei corpi altrimenti dimenticati nel fiume.

Parallelamente alle retate delle forze dell’ordine i Comitati non esitano pubblicamente a proclamare l’utilizzo di “ronde” che dovrebbero colpire i clienti degli spacciatori, i “tossici” che raggiungono il parco sulla linea del 4, metropolitana leggera. La dinamica con cui le ronde agiscono è semplice: ci si prepara alla fermata del 4 più vicina al parco, si aspetta che esca uno che si individua come “un tossico” e lo si prende a bastonate. Di episodi simili se ne registrano parecchi, alcuni tossicodipendenti decidono non certo di diradare le escursioni nel parco ma cominciano a muoversi in orari più favorevoli, anche tardi nella notte. (Il giornale di strada Polvere, uscito nell’Ottobre 2007, ospita una lunga intervista ad alcuni tossicodipendenti su quanto succede nel parco, una cinquantina le aggressioni denunciate nell’articolo). Alcune di queste azioni delle ronde vengono persino riportate, con tanto di fotografie del “tossico” pestato e sanguinante sui giornali cittadini, segno evidente che le ronde agiscono alla presenza di fotografi e giornalisti, in pieno sole.

Dopo un periodo di alta esposizione mediatica si spengono le luci su Tossic Park, le notizie diventano stantie, il pubblico vuole emozioni nuove. Si fanno alcuni lavori di pulizia del parco davanti al Novotel, un albergo di lusso, viene approvato il progetto di costruzione di un campo da golf (i cittadini del quartiere sono tutti appassionati di questo popolare sport…), nel parco viene installato un “punto verde” (uno dei pochi nell’estate 2007: il Comune ha pochi soldi da spendere per via dei debiti post olimpiadi) e ci sarà la festa dell’Unità in settembre. Le ronde sembrano ritornate a posare i bastoni, o semplicemente nessuno ne parla più.

Tossic Park resta comunque un pozzo senza fondo da cui attingere ogni tanto articoli sensazionali ed emozionanti quando i giornali stentano a riempire le cronache: il terribile luogo tornerà in auge per tutta l’estate ed oltre [5].

Le premesse dell’incendio

In autunno la situazione dei rom al campo sembra farsi più difficile. Il proprietario ha deciso di rifare la denuncia per occupazione abusiva che aveva giàsporto tre anni prima, ma che non era mai stata eseguita ed era decaduta. Ci sono anche alcuni contatti tra proprietario e rom, alla presenza di mediatori, tentativi di rinviare la denuncia e quindi lo sgombero in attesa di un deciso miglioramento delle condizioni di vita delle famiglie: alcuni aspettano che un’assunzione possa fornire loro l’occasione per trovare una casa in affitto, altri sperano di passare lì l’inverno, magari riuscendo a trovare il sistema di collegarsi alle utenze, anche pagando. Nessuno è pronto per essere nuovamente sgomberato, nessuno ha un altro luogo verso cui dirigersi. Gli altri campi cittadini scoppiano di gente, ed è molto difficile che altre due decine di famiglie possano ancora trovare spazio. Sebbene il proprietario rifiuti qualunque possibilità di accordo, non risulta neppure che si attivi per portare avanti la denuncia. Gli episodiMartedì 18 settembre, verso le 23, mentre i rom sono già chiusi all’interno del campo, con il cancello chiuso, due uomini entrano all’improvviso, bussano a tutte le roulottes e le baracche svegliando tutti ed urlando. Sono molto agitati e nervosi, raccontano le testimonianze, riescono ad impressionare ed a zittire con il loro tono, gli urli e le minacce, anche gli uomini più robusti del campo, che si limitano spaventati a chiedere a questi di uscire. Potevano essere armati, potevano non essere soli ma attesi da qualcuno all’esterno, nessuno del campo reagisce. Dopo un po’ i due se ne vanno con una minaccia chiara: o se ne andranno o lì brucerà tutto. Alcuni solidali con i rom fanno avere al campo un paio di estintori per un pronto intervento.Nei giorni seguenti un ragazzo del campo si reca in caserma per denunciare l’accaduto alle forze dell’ordine, gli viene risposto che se venisse accolta la denuncia automaticamente il campo verrebbe sgomberato, trovandosi in situazione di evidente illegalità. Il ragazzo desiste e decide di non sporgere più denuncia. Di questo episodio, naturalmente, i giornalisti che provano a chiedere ai commissariati di zona non ricevono che risposte negative.

Nello stesso periodo avviene un altro fatto: i rom vanno con taniche e fusti a prendere l’acqua alla fontanella: si è però sparsa la voce nel campo che qualcuno aspetti là a bella posta per aggredire chi si avvicina dei rom. Alcuni uomini robusti vanno a verificare, riempiono le taniche e ritornano senza problemi. Invece un ragazzo che non è di quel campo ma in visita, una volta giunto alla fontanella viene aggredito a pugni. Le testimonianze dicono che il picchiatore fosse un ragazzo con alcuni vistosi tatuaggi, già visto in zona. Verso la fine di settembre c’è un altro raid, questa volta il gruppo è più numeroso, ma si limita ad urlare fuori dal campo e da distante, non avvicinandosi. Gente giovane, una decina.

Nella notte tra sabato 13 e domenica 14 ottobre, alle 3.30 del mattino iniziano a partire le telefonate di allarme. Alle 5 finalmente la voce che c’è stato un incendio al campo si sparge. Chi arriva sul posto trova i vigili urbani e qualche auto dei carabinieri, i vigili del fuoco se ne sono già andati. Sono arrivati dopo 30 minuti dalla chiamata, un tempo troppo lungo per salvare qualcosa in un campo di baracche e roulottes.

Le testimonianze raccolte

I primi racconti sono confusi di mille sfaccettature che però nella sostanza concordano: una donna ha sentito un rumore ed è quindi stata pronta a verificare di cosa si trattasse e lanciare l’allarme. Non si sa il numero delle bottiglie lanciate, sembra 3, ma tutti al campo concordano che si trattasse di benzina dal forte odore, anche gli estintori messi in funzione non hanno potuto salvare il campo dalle fiamme. Nella fretta di uscire, di mettere in salvo i bambini molte famiglie hanno perso nell’incendio tutto ciò che possedevano, non solo quindi i documenti, ma anche le cartelle mediche, i soldi, i vestiti e le scarpe, i telefonini, i quaderni ed i libri dei bambini, ottenuti da pochi giorni grazie allo sforzo di maestre delle scuole di zona e altri solidali, i generatori, le cucine ed il pentolame etc. Qualcuno ha provato ad uscire ed inseguire il/i responsabili, che sono stati visti scappare e montare su un auto che si è allontanata veloce. Chi è uscito ha raccontato di aver seguito chi fuggiva ma di essersi fermato dopo poco per paura.Nei giorni seguenti le versioni più gettonate su giornali e TV spaziavano dalla vendetta tra gruppi rivali, per esempio con i sinti del campo poco distante di via Lega (in realtà una certa insofferenza verso i nuovi arrivati i sinti l’hanno espressa, ma non apertamente, e i rom pur poco distanti non hanno di fatto mai dichiarato di conoscere i vicini né di aver avuto a che fare con loro), all’autocombustione, ovvero che fossero stati loro stessi a darsi fuoco per profittare della prossima apertura invernale del campo di “Emergenza Freddo” che li avrebbe di certo accolti. Quest’ultima ipotesi sfiora il grottesco: appare su La Stampa di lunedì 16 settembre a firma Angelo Conti (che la mattina dell’incendio si presenta verso le 9 e chiacchiera per circa 20 minuti con donne e uomini del campo), a riprova della veridicità dell’ipotesi il giornalista afferma che gli pare strano che nessuno si sia fatto male, e che la perdita dei documenti sia stata più una fortuna che un guaio per molti dei rom. Queste versioni totalmente campate in aria vengono avallate dalle dichiarazioni dei carabinieri che sostengono che i rom avessero sentore di uno sgombero imminente e che quindi avessero astutamente deciso di giocare d’anticipo.

Vengono spontanee alcune domande: Che ragioni avrebbe un cittadino neo-comunitario di bruciarsi i documenti che invece gli danno accesso al lavoro, ad affittare una casa, ad usufruire dei servizi? Per giunta rifare i documenti, per un rumeno significa dover ritornare in Romania ed aspettare almeno un mese per le pratiche, non si possono fare dall’Italia. Un grande sbattimento insomma. Perché alcuni non avrebbero salvato il telefonino, strumento che permette loro di prendere eventuali chiamate di lavoro? E bruciarsi i soldi che idea balzana sarebbe (H. F. ha perso bruciati 600 euro guadagnati in un mese di lavoro in fabbrica)? Chi ha mai garantito a questi rom la sicurezza che in caso di incendio sarebbero finiti ricoverati nel campo di Emergenza Freddo? Come potevano immaginarsi un trattamento “di riguardo” persone che si erano subite nei 6 mesi precedenti almeno altri due sgomberi? Perché vittime di un incendio?

Anche la tesi dei Carabinieri che i rom avessero sentito di uno sgombero imminente è fasulla e non sta in piedi. Per tutto il 2007, e in tutti gli sgomberi eseguiti nell’area, carabinieri e vigili sono passati ad avvisare molto prima dell’imminenza dello sgombero, operatori e volontari hanno sempre saputo prima quali fossero le intenzioni di Comune e Questura, che di fatto hanno delegato in molti casi proprio agli operatori l’aiuto ed il sostegno a chi veniva mandato via (nel caso dello sgombero di via Druento per tutta la giornata un camion prestato ad alcuni operatori da un privato ed un carro attrezzi pagato con soldi della Caritas sono stati gli unici mezzi a consentire ai rom di recuperare baracche e roulottes e a spostarsi in un altro campo).

Quello che tutti i giornali non hanno data come ipotesi, se non riportando con forti dubbi le parole dei rom, è quella che l’incendio del campo di via Vistrorio sia da attribuire ad un attentato, lucidamente compiuto per risolvere drasticamente una questione che tardava a venir affrontata dalle istituzioni. Un gruppo di fascisti, o giustizieri di zona o venuti da fuori, che hanno agito in un clima mediatico e politico arroventato, dove la sola parola rom già manda in fibrillazione i cantori della sicurezza e legalità. Clima mediatico che arma la mano di chi poi decide di passare a vie di fatto contando sull’approvazione sussurrata da parte degli abitanti del quartiere (La domenica dell’incendio un gruppo di abitanti della zona ha dichiarato apertamente che, pur disapprovando l’incendio, questo aveva sortito l’effetto voluto: che se ne andassero).

Chi ha colpito ha scelto un bersaglio a caso, un campo piccolo, in cui ci abitano poche persone, una sessantina in tutto, di cui solo una ha precedenti penali, in cui la maggior parte delle persone ha un impiego, ed in cui la totalità delle famiglie ha iscritto e manda i figli a scuola, ciò a riprova che dietro questo gesto non si può nemmeno cercare la reazione di qualche vicino danneggiato in qualche modo dalla presenza di questi rom, ma piuttosto lo sfogo di un desiderio di annichilimento dello straniero, del diverso, del rom, cieco ed ingiustificato. Chi ha colpito ha vigliaccamente trovato un campo comodo da attaccare perché ben nascosto ed isolato, lontano da possibili testimoni, con rischio inesistente di subire qualche reazione.

Che giornali e TV abbiano spudoratamente tentato di offuscare quanto è successo dietro cortine di falsità si può spiegare col fatto che in città, politici, istituzioni, informazione cittadina stanno giocando un gioco pericoloso attivando campagne mediatiche continue ed incessanti di odio contro i rom, assurti a male del secolo, e promuovendo campagne securitarie che presentano ai cittadini i rom come nemico pubblico numero uno, primi responsabili della difficoltà di tirare avanti, del disagio sociale, “dell’insicurezza”. Un gioco pericoloso che provoca lo scatenarsi di ronde e campi bruciati, pericoloso ma desiderato, provocato e perseguito fino in fondo per basse esigenze di consenso e per vendere qualche notizia forte. Gioco pericoloso di cui non si ha il coraggio di sostenere la paternità quando si intuisce possa esplodere tra le mani.

Meglio venirci a raccontare che si sono bruciati il campo da soli, piuttosto che ammettere che, a furia di invocare l’odio, finalmente in città circolano impunite bande di giustizieri pronti ad aggredire i più deboli, i più poveri, i più indifesi in nome della legalità e sicurezza.

Chi sarà la prossima vittima? Il prossimo ad essere bastonato o bruciato vivo? Un barbone? Un tossico, un clandestino, uno straniero?

Dedichiamo questo scritto a Bogdan Mihalcea, “clandestino”, morto a 24 anni, risucchiato nel tombino di una fogna da un’onda di piena mentre lavorava, in nero, senza protezioni, neanche una corda di sicurezza, per conto della SMAT, le acque potabili torinesi. Era il 6 luglio 2006, la città era ancora pavesata dei festoni delle Olimpiadi Invernali appena trascorse.NOTE[1] Vedi la delibera comunale del 2006: www.comune.torino.it/giunta_comune/intracom/htdocs/2006/2006_10277.html[2] Vedi piccolo video girato col telefonino: www.autistici.org/ojak//wordpress/?p=25

[3] Potete vedere il campo, dopo l’incendio, in due video su youtube al link: it.youtube.com/watch?v=dQ4Lwqrw30g

[4] “Per il funerale soldi dai pusher”, La Stampa, 13/10/2006

[5] “Travestiti da agricoltori a Tossic Park – Nuovo stratagemma dei carabinieri per prendere in flagrante gli spacciatori, La Stampa, 11/10/2007

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