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di Donatella Papi
Una montante polemica nelle scorse settimane ha riguardato i rom e i campi
dove vivono comunità di nomadi. Si è sollevato il coperchio e pareva che tutto
il male fosse nel numero elevatissimo di romeni che vivono in condizioni
precarie nel nostro Paese. Sono tornata sui luoghi dove sono stati eseguiti gli
sgomberi. Ecco cosa è il degrado.
LA CANZONE
Il governo cade qui, nei campi rom del lungo argine del Tevere. Dove è stata
uccisa Giovanna Reggiani, dove Giovanna ha alzato gli occhi al cielo nella sua
ultima ora. Il Parlamento della XV legislatura si conclude tra quello che
resta di uno sgombero eseguito nel chiasso delle accuse. La Seconda Repubblica
finisce sotto il sudiciume e i resti di un'umanità incompresa, e non amata.
Li hanno mandati via. Come è stato chiesto coi rimpatri. Li hanno trasferiti
come previsto dalle ordinanza delle autorità prefettizie, del sindaco Veltroni e
come stabilito dal decreto del Ministero dell'Interno. Pensavano che fossero
loro, i rom, il volto sporco delle nostre città. Via loro puliti noi, come fosse
una rimozione. Così sono partiti: i bambini cresciuti sotto i cieli, le donne
con le grazie da gitane, i ragazzini e gli uomini dalla faccia dura. Sono
partiti, sotto l'eco roboante dei media. Via dagli argini, via dal fiume, via
dalle baracche.
Via anime. Via vita. Però il degrado è là. Sempre là. Non lo ha tolto nessuno.
E' fatto di argini incolti e dimenticati dal susseguirsi delle amministrazioni,
di un verde piegato dall'incuria, di canne intrecciate coi rifiuti. Poi fango,
melma, avanzi sedimentati in una poltiglia maleodorante e scivolosa. Una colata
di indecenza e cartacce, lattine, bottiglie. Rifiuti. Di gente che passa e getta
nella grande pattumiera cittadina.
Sono tornata dove li avevo conosciuti, i rom. Sotto il ponte bianco che porta
allo stadio Olimpico. Si erano mimetizzati, nascosti, ma in quegli anfratti
erano riusciti a creare sapori di minestre e dare una dimensione esistenziale a
luoghi di fantasmi. Pensavo di trovare il vuoto della loro presenza e quegli
spazi tornati alla proprietà capitolina. Invece d'un tratto davanti ai miei
occhi si è presentato lo scenario di una devastazione: mucchi di oggetti,
materassi logori, vecchie pentole, stracci, cuscini, ferri vecchi. Dai rom alla
vera discarica. Rifiuti e animali. Nessuno ha pulito, nessuno ha tolto nulla.
Tutto è lì. Abbiamo solo gettato via corpi di bimbi, di famiglie e di genti
rassegnate al freddo e alle difficoltà di patrie che avrebbero bisogno di
collaborazione. Li abbiamo buttati come sagome sui carri della peste di Milano.
Siamo noi la coscienza sporca collettiva.
I rom sono partiti, una notte. Dopo le urla e il sacrificio di Giovanna
Reggiani. Mi avevano telefonato terrorizzati, li avevano minacciati di dar fuoco
alle baracche. "Via - avevo detto loro -, via. A casa, qui non siete più sicuri.
Poi vedremo dalla Romania come aiutarvi". Avevano preparato i bagagli in fretta,
le poche cose che erano riusciti a portare con loro. Il resto chi doveva
togliere e pulire se non che noi, gli italiani che hanno chiesto di restituire
Roma al decoro e alla pulizia? Andate a vedere. Roma non è più pulita senza i
rom, perché non sono loro la causa del male. Il male è l'immoralità elevata a
politica che ricade sulle nostre vita come barbarie violenta e assassina. La
vergogna è che sulle disgrazie delle umanità meno fortunate i nostri onorevoli
fanno il loro spot promozionale, la puntata di un Porta a Porta, il picco di un
consenso, la loro farsa quotidiana. Nessuno poi amministra, organizza, lavora.
L'azienda romana addetta alla pulizia e ai rifiuti urbani fa commesse
all'estero, pensate che vince gare per insegnare agli altri come si tengono le
città pulite. Affari, sempre un giro di denaro nelle mani delle dirigenze. Fini,
che ha posto il problema dell' assunzione di responsabilità, gli hanno dato del
'fascista' e lo hanno infilato in un gossip. La sinistra radicale sostiene che è
nazismo chiedere gli sgomberi, ma il sudiciume non lo tocca e la gente la lascia
nelle baracche senza assistenza. Poi ci sono i ministri, i prefetti, le
autorità, gli esperti, i convegnisti, le società di appalto, le dirigenze, i
manager, ma chi pulisce Roma e l'Italia? E di che segno è il sudiciume?
Il sudiciume non è solo rifiuti e cartacce. E' qualcosa di peggio. E' l'assenza
di amore, di bene, di dignità, di correttezza. Di fede. E sì! E' assenza di
valori, di uguaglianza, di fraternità, di rispetto per l'altro, di solidarietà
verso il prossimo, di comprensione per i sofferenti, di civiltà nel cuore e
mente volta verso l'alto. E dove non c'è anima, abituatevi, ci sono topi e
ratti, poi insetti e poi e poi...
Ecco i rom ci vivono in quella terra di confine, dove il male vuole prevaricare
il bene. Ma essi vestono il lato oscuro e maligno delle cose coi loro mantelli
di canti, di cose, di amori, di figli, di espedienti. Ogni tanto, seppiatelo,
qualcuno cede. Ecco spiegati i rom. Li abbiamo mandati via, anche giustamente,
ma per la loro sicurezza e la troppa indigenza, per l'insopportabile condizione
di abbandono. Loro non ci sono più, resta solo il degrado. Di cui siamo
responsabili.