Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Mercoledì 29 gennaio, ore 20.45
Libreria Popolare, via Tadino 18 - Milano
Incontro con l'autrice Hajrija (Maria) Seferovic in compagnia
di Frances Oliver Catania e Fabrizio Casavola
Un piccolo libro che rappresenta una scommessa: avevamo incontrato qualche
anno fa questa anziana signora in un suo momento di grave difficoltà.
Assieme, si è provato ad affrontare i problemi (ancora irrisolti) e ci si è
conosciuti meglio.
Sempre assieme, si è messo per iscritto tutto quello che Maria Seferovic
ricordava di una vita, suo malgrado, avventurosa, i consigli e le conoscenze che
avrebbe potuto dare a qualche concittadino più giovane. Partendo da quello che
può interessare tutti noi: COME STAR BENE E COSA CUCINARE, aggiungendo qualche
altro rimedio e ricetta, e farcendo il tutto con qualche racconto nato proprio
nel suo nord est milanese.
Vi proponiamo, durante questo incontro, di provare a rifare lo stesso percorso
di conoscenza e di amicizia, parlando di viaggi e della cultura che nasce dal
continuo spostarsi, di rimedi naturali, di cucina (esotica?), concedendole un
sipario che le è stato a lungo negato.
Ed infine, la storia, grande e piccola: i due conflitti che hanno segnato la sua
vita. Perché, ci ritroviamo a due giorni dalle celebrazioni del Giorno della
Memoria, e visto che il rischio è di dimenticarsene subito, un buon modo per
tenere viva la memoria è cominciare a conoscersi, attraverso quella cultura che
è il vivere quotidiano.
Maria Seferovic forse l'avete intravista per la prima volta ripresa nel film
"Io, la mia famiglia rom e Woody Allen", arrancare con un carrello della spesa
nelle campagne lombarde. Nasce a Travnik (attuale Bosnia) nel 1938, prima di
cinque figli. La famiglia si spostava spesso per guadagnarsi da vivere con la
vendita di cavalli, e facendo pentole e piatti di rame che vendevano ai mercati.
Dalla fine degli anni '60 con la sua kumpanja alterna soggiorni in Italia e
nell'ex Jugoslavia, che abbandona definitivamente allo scoppio del conflitto
negli anni '90.
Attualmente risiede nel nord est milanese. Anche se scrive lentamente e a
fatica, è un'autentica enciclopedia vivente.
Di Fabrizio (del 18/01/2014 @ 09:01:12, in Italia, visitato 1660 volte)
Incontro con Alexian Santino Spinelli. Musicista, scrittore e docente
universitario - di Donato Savria
Il razzismo non ci appartiene, ma gli zingari se ne devono andare a casa loro.
Quante volte abbiamo sentito quest'affermazione? Politici, semplici cittadini,
vecchi, giovani.. troppo spesso la non informazione è peggiore di
un'informazione sbagliata. Il pregiudizio regna sovrano e noi, popolo del XXI
secolo, siamo così pigri da non voler cercare altre risposte, prendiamo per
buono ciò che ci dicono Tv, radio, giornali. Ascoltiamo una sola "campana", non
ci interessa altro.
E' arrivato il momento di aprire gli occhi, andare controcorrente; vogliamo
ricordare le persecuzioni che gli zingari hanno subìto nel corso della loro
storia millenaria e non vogliamo nascondere sotto il tappeto, com'è stato fatto
fino ad ora, le torture che hanno subìto in Germania e in Svizzera, storie
scomode per qualcuno. Distinguersi dalla massa e schierarsi con un popolo che
non è stato mai difeso da nessuno. L'uomo non nasce mendicante, ma lo diventa, e
se lo è diventato cerchiamo di capirne il motivo. Un popolo porta con sé
tradizioni che non devono assolutamente cadere nell'oblìo: proprio per questo
abbiamo raggiunto telefonicamente l'ambasciatore per la cultura romanì nel
mondo, Santino Spinelli, detto Alexian. Musicista compositore, cantautore,
insegnante, poeta, saggista. Ha due lauree: una in Lingue e Letterature
Straniere Moderne e l'altra in Musicologia, entrambe conseguite all'Università
degli Studi di Bologna. Insegna lingua e Cultura Romanì all'Università di
Chieti. Con il suo gruppo, l' "Alexian Group", tiene numerosi concerti di musica
romanì in Italia e all'estero.
Entriamo in un mondo completamente nuovo, la musica romanì. Se ne parla troppo
poco, e spesso non si da il giusto valore ed il giusto tributo. Quali sono le
caratteristiche?
Domanda difficile. Ci sono molti stili e molti contributi da parte delle diverse
comunità, ad esempio in Spagna il "flamenco", in Ungheria la "ciarda" e così
via. I rom hanno dato uno sviluppo notevole alla musica in ogni zona in cui si
sono stanziati. La musica romanì comprende tantissimi stili diversi, i quali
hanno arricchito l'arte e la cultura europea. I rom hanno introdotto, in Europa,
anche due nuovi strumenti, la "zurla" (oboe in legno di albicocco, formato con
profilo conico sia interno sia esterno, con padiglione svasato, munito di ancia
doppia montata su un cannello metallico con disco appoggia labbra) e Il "cimbalom"
(detto anche cembalo ungherese), uno strumento musicale a corde battute o
pizzicate, strumento che possiamo considerare antenato del pianoforte.
I grandi compositori europei hanno sempre dato una certa importanza alla musica
rom, soprattutto nei Paesi dell'est, come Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia,
etc.; queste nazioni, sotto il controllo asburgico in epoche passate, guardavano
il popolo e la cultura rom con occhi diversi, cercavano la libertà e vedevano in
loro il simbolo della libertà. La musica rom è diventata in questo modo musica
nazionale, è stata tenuta in considerazione da grandi compositori, da Johannes
Brahms, a Franz Peter Schubert, fino ai giorni nostri con Goran Bregovic'; una
schiera vastissima di autori e compositori che non hanno, però, riconosciuto
l'apporto che il nostro popolo ha dato alla musica.
L'"Alexian Group" da anni gira l'Italia, varcando spesso anche i confini
nazionali, portando la musica e la cultura romanì in giro per piazze, palazzetti
e teatri. E' stato difficile affermarsi e imporsi nel mondo musicale?
Il successo non è arrivato subito. E' arrivato con l'impegno, il lavoro, la
ricerca, la valorizzazione di un patrimonio artistico culturale, poi messo in
musica. Abbiamo cercato di creare una musica "rom europea"; stiamo lavorando per
pubblicare un nuovo cd, "ROMANO' DIVES" prodotto con la collaborazione de "L'orchestra Europea per la Pace" e dell'attore Silvio Orlando. Abbiamo avuto la
fortuna di suonare davanti al Papa emerito Benedetto XVI, in occasione della
festa della famiglia, in mondovisione con diretta anche su RAI 1, abbiamo avuto
l'onore di collaborare con tantissimi artisti provenienti da tutto il mondo;
avvenimenti che lasciano qualcosa di profondo dentro ma cerchiamo sempre di non
perdere di vista il nostro obiettivo: diffondere l'arte rom, la cultura e la
voce del nostro popolo. Europa unita e senza discriminazione, questo è quello
che vogliamo.
Molte sono le opere pubblicate dal suo gruppo, l'ultima uscirà a breve; dove
trovate l'ispirazione per andare avanti e continuare a produrre testi e canzoni?
L'ispirazione si può trovare in qualsiasi cosa. Noi, popolo da sempre
discriminato e sottovalutato vogliamo far conoscere la nostra cultura e la
nostra arte. Sicuramente sia la cultura, sia le emozioni profonde vissute
quotidianamente donano ispirazione per nuove opere.
Cosa vuol dire, oggi, essere rom in Italia?
Significa essere portatori di una cultura diversa, cultura che nasce intorno
all'anno 1000, una cultura che trova la sua patria in India, o meglio nelle
regioni a nord- ovest dell'India; rappresentiamo noi oggi un popolo che è stato
costretto a una migrazione forzata. La prima tappa è stata l'Europa e dopo,
attraverso le deportazioni, siamo arrivati in America, Australia e Africa. Oggi
con oltre sedici milioni di persone, i "rom", "sinti", "kalè", "manouches", "romaniche" (cinque gruppi, cinque etnie con origini simili, che noi chiamiamo
zingari), sono presenti con le loro comunità in tutti i continenti. In Italia
vivono circa 170.000 persone di etnia rom, di cui il 70% sono cittadini
italiani, residenti in Italia e vivono nelle case. Esempio pratico: italiano
campano, italiano rom. Sono due cose identiche.
In Italia spesso il pregiudizio prende il sopravvento sulla razionalità e sulla
conoscenza diretta di un determinato argomento. L'Italia è un Paese razzista?
Gli italiani non sono razzisti per cultura, lo sono diventati ultimamente per
indottrinamento. Una buona parte del popolo italiano si è fatta pilotare e
aggirare da movimenti xenofobi e razzisti. La politica ha sfruttato e sfrutta,
troppo spesso, questo tema per fomentare la folla, per creare consenso. Tutto
questo porta a discriminare, non solo i rom, ma tutte le etnie diverse. Oggi la
società ha bisogno di scaricare le colpe, trovare un capro espiatorio, e come
sempre i più deboli subiscono una maggiore repressione, una maggiore forma di
discriminazione.
Integrazione, un tema molto attuale e discusso; negli ultimi dieci anni c'è
stato un cambiamento culturale nei confronti di persone di etnia rom?
Stiamo peggiorando giorno dopo giorno. L'Italia ha ignorato e continua a
ignorare le direttive indicate dall'Unione Europea; il nostro Paese sta
continuando ad adottare misure orrende di segregazione razziale, i campi nomadi.
Nel corso degli ultimi anni sono nate moltissime associazioni, ma il loro unico
obiettivo è speculare il denaro pubblico in maniera privata. Il rom oggi serve
per far girare questi soldi in teoria pubblici. La cultura sta morendo ogni
giorno, si sfrutta una cultura, la nostra, per spicciole politiche e giochi di
potere.
Campi nomadi come "campi d'internamento". Moltissimi comuni italiani oggi stanno
adottando provvedimenti noti sotto il nome di "Piano Nomadi". L'informazione ce
ne parla come un problema, arrivano notizie unilaterali, vuole dare una risposta
di contro-informazione?
I rom devono essere un problema per coloro i quali devono speculare sulla loro
pelle. Sono stanziati milioni e milioni di euro per queste persone, ma alla fine
non arriva assolutamente nulla. Le associazioni che si occupano di rom fanno
sparire questo denaro con progetti fasulli, senza alcun risultato.
Piano Nomadi. Cerchiamo di fare chiarezza in modo definitivo, i rom NON SONO
NOMADI PER CULTURA, quindi già l'approccio dello Stato italiano è sbagliato.
Perché bisogna creare campi nomadi e precludere la libertà di moltissime
persone? Questi esseri umani (non zingari, non rom, non nomadi, ma persone),
provengono dalle case, soprattutto dall'ex - Jugoslavia o dalla Romania.
Sedentari a tutti gli effetti in uno Stato, nomadi in un altro. Non ha senso.
Non siamo nomadi, ma migranti forzati. I rom sono costretti a vivere in
condizioni disumane, schiavizzati nei "lager moderni", spesso anche illegali.
Giorno dopo giorno non ci avviciniamo verso nessun miglioramento, anzi stiamo
indietreggiando. Questa segregazione contribuisce a creare il malcontento anche
della cittadinanza ubicata nei dintorni di questi pseudo-ghetti odierni. Non
possiamo parlare d'integrazione se al popolo italiano, i media, mostrano
solamente la desolazione e il degrado dei posti dove sono costretti a vivere i
rom. La cultura rom non è fatta di baracche fatiscenti, accattonaggio, fame e
miseria; ha radici profonde che proviamo a far splendere attraverso
l'informazione e l'arte.
Ai vari governi che si sono susseguiti fino ad oggi non interessa risolvere la
questione rom, non interessa dare dignità a persone normali, l'unico scopo è
fare voti attraverso propagande razziali e xenofobe e sfruttare il denaro
pubblico spettante a queste popolazioni. Non c'è nessuna differenza, Destra,
Sinistra, Centro, tutti hanno adottato la politica della discriminazione, tutti
egualmente corresponsabili.
Cultura romanì. Invece di restare chiusi nel nostro mondo, cosa dovremmo
apprendere e imparare?
Prima di tutto, il rispetto per le persone oltre gli stereotipi negativi;
conoscere prima di giudicare; avvicinarsi all'arte, la cultura, la letteratura e
la lingua rom poiché rappresentano un patrimonio per l'intera umanità, ma troppe
persone non sanno nemmeno che esiste tutto ciò. Gli stereotipi vedono sempre il
rom ai margini della società, quindi anche la nostra arte è declassata . E' come
accostare all'Italia solamente il fattore "mafia", eludendo la conoscenza di
Leopardi, Dante, Verdi, Puccini, etc. sono due piani completamente diversi e
vanno giudicati in modo completamente diverso. Troppo spesso si arriva a
generalizzare fino a un punto che sfiora l'assurdo, la cronaca diventa cultura.
La cultura rom vivrà solo se anche gli altri, i non rom, la terranno in vita.
Bisogna valorizzare e diffondere il genere rom affinchè non scompaia.
Un ringraziamento speciale ad Alexian Santino Spinelli. Trattare argomenti così
poco conosciuti e così delicati credo serva per migliorare, ognuno nel proprio
piccolo. Appena conclusa l'intervista, ripensando all'ultima dichiarazione
rilasciata mi è balzata alla mente una poesia di Vladimir Majakovskij, "Non
rinchiuderti Partito nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada";
certo, va inserita e adattata nel giusto contesto. Non possiamo isolarci e
prendere per buono tutto ciò che dice la televisione, non possiamo aver paura
degli "zingari" solo perché non li conosciamo, non possiamo giudicarli senza
averci mai parlato.
L'Alexian Group da anni si batte a favore dell'Intercultura; l'ultima notte del
2013 il gruppo si è esibito in terra sarda per un concerto in lingua rom in
collaborazione con l'artista italo-brasiliana, Pamela D'Amico, anche lei
impegnata da anni nel suo progetto: portare la cultura brasiliana nel nostro
Paese in maniera tale da non farci limitare a pensare al Brasile come terra di
calciatori o ballerine. C'è anche altro, basta solo informarsi e avere "fame" di
conoscenza.
L'anima e il cervello non hanno etnìe, facciamo tesoro di ciò che disse Vittorio
Arrigoni (eroe contemporaneo, morto per la libertà del popolo palestinese): "non
credo nei confini, nelle barriere, nelle bandiere. Credo che apparteniamo tutti,
indipendentemente dalle latitudini e dalle longitudini, alla stessa famiglia,
che è la famiglia umana".
Integrazione, cittadinanza attiva e partecipazione; non lasciamo che restino
solamente belle parole da sventolare nei momenti opportuni, facciamole diventare
realtà attraverso l'impegno e la conoscenza. Impariamo a rispettare popolazioni
con etnìe diverse e cerchiamo di coglierne i lati positivi, cerchiamo di
migliorarci e parliamo di "pregiudizio" solo come una piaga degli anni scorsi.
Solo su questi binari possiamo aspettarci un futuro più giusto, luminoso.
Di Fabrizio (del 16/01/2014 @ 09:01:25, in Italia, visitato 1398 volte)
Posted on 10 gennaio 2014 di associazione21luglio su
La voce degli attivisti rom e sinti
Ma perché se una bimba rom è bionda e chiara di carnagione, deve per forza
essere stata rubata? In molti purtroppo la pensano così. Di Sabrina Milanovic
Voglio raccontare, brevemente, l'esperienza di una mamma rom che ha vissuto
attimi di vera paura e di ansia quando l'hanno accusata di aver rubato
Fatima... sua figlia!
Conosco Fatima (2 anni, nella foto) e sua mamma personalmente ed è proprio
quest'ultima ad avermi dato l'input per parlare della sua storia e farla
conoscere all'esterno.
Il tutto è successo al porto di Olbia sei mesi fa all'incirca. Le autorità
portuali si sono allarmate dando della bugiarda alla ragazza riguardo la vera
identità della bimba, che secondo loro era stata rubata dalla stessa.
Una volta fatti tutti gli accertamenti del caso si son dovuti ricredere...
Ma
che paura!
La stessa mamma con la sua bambina, dopo un po' di tempo, si è ritrovata ad un
supermercato. Una signora quasi incredula di vedere questa bimba bionda con una
rom si è allarmata, ha chiamato i carabinieri e anche loro hanno dubitato del
legame di sangue tra la donna e la piccola.
Fatti gli accertamenti dovuti, si son scusati.
Insomma, a volte le mamme rom hanno paura di uscire con i propri figli o
affrontare un viaggio. E questo perché? Perché i loro figli sono semplicemente
biondi.
In molti pensano che i rom rubino i bambini. Eppure è un falso mito,
privo di ogni fondamento, come dimostrano anche recenti studi scientifici, come
la ricerca "La zingara rapitrice" condotta dall'Università di Verona.
E' vero: la maggior parte dei rom ha famiglie numerose. Ma è proprio per questo
che io dico: ma con tutti i figli che già si hanno mica si va a rubare quelli
degli altri!! O no?
Lo dico molto spesso alla gente che me lo chiede di persona. Sperando che un
giorno, finalmente, di questi stereotipi non si parlerà davvero più!
Di Fabrizio (del 15/01/2014 @ 09:03:36, in Italia, visitato 1586 volte)
La situazione un anno e mezzo fa
A TUTTI COLORO CHE HANNO A CUORE LE SORTI E IL DESTINO DEGLI ESSERI UMANI IN
QUANTO TALI, AL DI LA' DEL COLORE, DELLA RELIGIONE, DELLA FEDINA PENALE....
A nome di alcuni insegnanti della scuola primaria di Via Russo, Milano,
scriviamo quanto segue:
Il giorno 2 gennaio 2014 due insegnanti della scuola di cui sopra si sono recate
a Mezzana Bigli, in provincia di Pavia, per salutare le famiglie rom, ma
soprattutto i bambini, che dal campo di Via Idro si sono trasferite in questa
località, dopo aver contratto un mutuo per l'acquisto di alcune vecchie cascine
e stalle. Tali famiglie sono state aiutate con un fondo (Piano Maroni?!)
elargito dallo stato attraverso la Casa della Carità con la promessa che
sarebbero stati aiutati nella fase di sistemazione delle "case" e di inserimento
nel tessuto sociale attraverso la ricerca di un lavoro.
Prima di recarci a Mezzana due famiglie in particolare ci hanno chiesto cibo e
vestiti e noi, grazie anche all'aiuto di alcune persone e alla colletta che
abbiamo fatto, abbiamo potuto portare un po' di scorte alimentari, indumenti e
alcuni giochi.
La situazione che abbiamo trovato è la seguente:
- una famiglia composta da 4 persone vive in una piccolissima
roulotte con una stufa a legna dove cucina, scalda l'acqua per
lavare e lavarsi. La loro abitazione ( 2 stanze) è inagibile: il
pavimento e i muri trasudano umidità, occorrerebbe sollevare le
piastrelle per collocare il "vespaio" in modo tale da areare il
tutto. Per fare questa modifica e anche tutte le altre occorrono
soldi! Non c'è l'elettricità;
- le case di altre due famiglie sono state sistemate
all'interno in modo abbastanza civile, tenendo conto che invece
dei vetri delle finestre sono stati messi dei lastroni di
plastica e che sul lettone di una delle due ci piove sopra in
caso di maltempo;
- un'altra famiglia che vive nella roulotte, di notte, dopo
aver scaldato per tutto il giorno una piccola stanza, si reca lì
per dormire;
- la legna per le stufe viene raccolta nei dintorni;
- la scuola di Mezzana è stata chiusa per mancanza di alunni e
quella più vicina è molto lontana, occorre portare i bambini in
macchina e per portarli occorre la benzina e quindi i soldi;
- tutte le abitazioni sarebbero comunque inagibili;
- c'è un unico bagno per tutti
Al di là di ogni considerazione politica sulle scelte fatte in precedenza e
che hanno portato delle persone a peggiorare il loro stile di vita ci chiediamo
se il Comune di Milano, la Casa della Carità, i Padri Somaschi, altri enti no
profit o volontari a qualunque titolo vogliono fare qualcosa.
I bambini non vanno a scuola, hanno freddo e fame. Le conseguenze di una simile
situazione potrebbero essere gravissime e controproducenti per coloro che hanno
invogliato tali famiglie a trasferirsi.
Noi continueremo, nei limiti delle nostre forze, a sostenerli ma non possiamo
certo sostituirci allo stato, al comune e a chi per esso opera nel sociale.
Un'altra cosa che possiamo fare come insegnanti e cittadini è dare voce al
disagio e alla sofferenza che abitano in quel di Mezzana Bigli chiedendovi delle
risposte certe che vadano ad alleviare la loro fatica di vivere.
Gennaio 2014
Seguono le firme di 16 insegnanti della scuola primaria di Via Russo 27
Di Fabrizio (del 14/01/2014 @ 09:04:24, in Italia, visitato 1715 volte)
07-01-2014 / POLITICA / IACOPO LAZZARESCHI CERVELLI
LUCCA, 7 gennaio - Consiglio comunale straordinario dedicato alla questione
campo nomadi e al progetto 'casette' depennato a mera 'ipotesi' e poi bocciato
dal sindaco Alessandro Tambellini con un
comunicato stampa diffuso prima della
fine dell'anno.
La seduta è iniziata con l'intervento di Marco Martinelli che ha illustrato i
punti dei due ordini del giorno depositati in Consiglio dal gruppo Forza Italia.
Il primo che chiedeva conto del progetto 'casette' e della spesa do 70mila euro
da parte dell'amministrazione e di altri 25mila euro della conferenza zonale dei
sindaci proponendo che fossero spesi in aiuto delle famiglie lucchesi bisognose;
l'altro richiedente l'impegno dell'amministrazione per la realizzazione di nuovi
strumenti urbanistici e di uno studio di fattibilità per riqualificare tutta la
zona ingrandendo le strutture sportive esistenti e restituzione a verde della
zona che ha gravi problemi di sicurezza in caso di alluvione.
L'assessore Ilaria Vietina ha preso la parola per ricostruire i fatti
sottolineando come la questione impropriamente definita "costruzione delle
casette" per il campo nomadi di via delle Tagliate, si sia basata non su
documentazione e dati forniti dall'amministrazione quanto su ricostruzioni
giornalistiche. "A fronte di un problema, in questa fase storica si è
proceduto a una campagna di stampa volta a disconoscere i risultati raggiunti
dalle commissioni" ha accusato. In pratica è sì esistita un proposta per le
strutture abitative "nessuno usa questa terminologia" ha sottolineato, ma è stato superata
come espresso nel
comunicato stampa del 28 dicembre.
L'assessore ha ripercorso i documenti consiliari dell'amministrazione Favilla
riprendendo un ordine del giorno approvato del 13novembre 2008 a firma Fava,
Martinelli, che invoca il superamento delle annose questioni del campo di via
della scogliera. Sempre durante il mandato Favilla il 12 gennaio 2012 poi veniva
approvato un ordine del giorno a firma Ramacciotti, Martinelli Baudone che
dichiarava l'esistenza di una situazione non sostenibile al campo di via delle
Tagliate con altissimi consumi di acqua a carico del Comune e impegnava
l'amministrazione controllo proposta urbanistica di smantellamento o adeguamento
o prevedere sito più idoneo. Ma l'unica azione valutata fu quella per
risparmiare acqua con l'istallazione impianti singoli con un preventivo di
78mila euro.
In continuità con quelle decisione l'attuale amministrazione ha realizzato i
lavori per l'istallazione di contatori dell'acqua (26 in tutto e rispettivi
allacciamenti) per 70mila euro di cui 61mila dai fondi di bilancio e 13mila euro
di finanziamento regionale campi nomadi. Questa soluzione ha garantito il
risparmio di 1/3 sulla bolletta Geal.
I 25mila euro della Conferenza zonale sono serviti per completare lo spostamento
del campo , la costruzione di una fognatura e la dotazione per ogni piazzola di
un estintore. L'assessore Vietina ha rigettato la proposta di destinare questi
fondi alle famiglie lucchesi in quanto impropria e discriminatoria "per
quanto riguarda politiche sociali non possono fare dei sistemi di selezione in
base all'origine. Tutte le famiglie hanno gli stessi diritti, e approvando una
risoluzione del genere il Comune di Lucca potrebbe infrangere le leggi
antidiscriminatorie" ha precisato.
Quanto al piano urbanistico di riqualificazione della zona l'assessore si è
augurato che il Consiglio dia delle direttive e studi delle soluzioni per la
riqualificazione considerando però che non si possono eliminare 150 persone, che
hanno bisogno di un processo di integrazione non attraverso l'assistenzialismo
ma attraverso la responsabilità.
Il consigliere ed ex sindaco di Lucca Pietro Fazzi (Liberi e Responsabili) ha
chiesto ironicamente se la questione delle casette se la fossero inventata i
giornalisti e ha criticano l'assessore e l'amministrazione per i toni tenuti
"come se le politiche sociali e l'inclusione fossero un'esclusiva della
maggioranza". Fazzi ha ricordato come durante la sua amministrazione siano stati
collocati i contatori e come abbia previsto che in ciascuna utoe fosse possibile
inserire un insediamento di un campo per avviare un'azione di smantellamento di
una zona golenale dove lasciare i nomadi significa accettare che possano andare
sott'acqua.
Lido Fava (Liberi e Responsabili) ha ricostruito la storia del progetto delle
casette partito dalla scoperta di fondi regionali e che avrebbe definitivamente
trasformato l'insediamento delle Tagliate da di passaggio a campo stanziale.
Fava ha definito la maggioranza "pasticciona, inconcludente e confusionaria".
E' a questo punto che ha fatto ingresso in aula uno striscione portato da alcuni
rappresentanti di Giovane Italia con la scritta: "Case ai rom, e ai lucchesi
contribuenti?" subito requisito dai commessi.
La seduta è proseguita con la difesa della linea dell'amministrazione attraverso
gli interventi di Valentina Mercanti che ha sottolineato l'inutilità del
Consiglio quando tutta la polemica si sarebbe potuta fermare in commissione a
novembre e invece si è portata avanti fino ad ora con ordini del giorno
vagamente razzisti, e quelli di Alessandro Berolucci e Erica Picchi (PD) e
Diana Curione e Claudio Cantini (Lucca Civica) basati sull'importanza
dell'integrazione nei confronti di Rom e Sinti.
Angelo Monticelli (Insieme per Favilla sindaco) ex assessore al sociale ha
difeso l'operato della precedente amministrazione ed ha criticato l'approccio
dell'assessore Vietina che ha invitato ad abituarsi a collaborare con
sensibilità diverse non parlando ex-cattedra.
Ma un duro affondo nei confronti dell'amministrazione Tambellini è venuto dal
consigliere Roberto Lenzi (IdV) che ha accusato la giunta di scarsa trasparenza
sul progetto scoperto dai consiglieri attraverso gli organi di stampa:
"L'assessore ha cercato di trasformare un'evidente sconfitta in una vittoria
dopo la smentita dal sindaco con comunicato stampa". Il progetto secondo Lenzi è
venuto fuori dalla scoperta casuale di una linea di credito della Regione
Toscana che andava sfruttata, non da una progettualità meditata.
In un intervento di replica Marco Martinelli ha accusato l'assessore Vietina di
un sconcertante tentativo di mascherare il fatto di essere stata sconfessata
nell'azione politica dal sindaco. "In questi mesi - ha affermato il
capogruppo di Forza Italia - l'assessore Vietina ha strizzato l'occhio alle
frange più estreme della sinistra, nei casi dell'occupazione di Agorà e Madonne
Bianche, ed è stata sconfessata nella sua linea politica della volontà di
portare avanti i progetti delle casette per i nomadi", il consigliere ha ripercorso la linea
ricostruita da alcuni quotidiani sul progetto casette confermato anche
dall'assessore regionale. Giorgio Mura (Noi per Lucca al Centro) ha sottolineato
come "invece di cercare le cose che ci accomunano si cercano quelle che ci
dividono".
Francesco Battistini (PD) ha polemizzato durante la replica di Martinelli ma che
alla fine si è augurato di poter mettere le basi con un gruppo di lavoro a delle
azioni reali e non a delle promesse enunciate solo in ordini del giorno come ha
fatto l'amministrazione Favilla.
Nel passaggio finale il sindaco Alessandro Tambellini ha ripercorso la storia
dei campi nomadi lucchesi, una realtà da più di mezzo secolo aggravata dal
flusso migratorio nato dalla fine della Guerra fredda. Tambellini ha dichiarato
di essere sindaco di tutti quanti risiedono nel Comune
"La verà lucchesità, voglio ricordare che questa è una città che nel Medioevo ha
accolto gli Ebrei che di qui sono passati per poi diffondersi in Europa. Siamo
una città che ha saputo accogliere e che ancora deve sapere accogliere senza
pregiudizi e prevenzioni. Crediamo che la vera lucchesità risieda in questi
valori e in questa forza". Il sindaco ha rilevato come la questione casette
abbia avuto una rilevanza mediatica impropria e si è augurato l'impegno da parte
di tutti per stabilire insieme percorsi per soluzioni concrete. Alla fine della
seduta i due ordini del giorno Martinelli - Macera sono stati bocciati assieme a
quello presentato da Laura Giorgi assente alla seduta che comunque inviato un
intervento scritto.
"Fondamentale è premettere che tutte le persone hanno pari diritti, pari
doveri e pari dignità e che questa sera siamo stati chiamati a discutere,
attraverso un consiglio straordinario richiesto dalla minoranza sul progetto
delle "casette di legno", un progetto che era una delle ipotesi al vaglio
dell'amministrazione per risolvere la questione dei "sinti, rom e camminanti",
ma non più oggetto di discussione dell'amministrazione stessa.
Mi permetto di estendere il tema della discussione considerato che gli argomenti
sociali raramente vengono trattati in Consiglio Comunale.
La crisi economica e sociale ha acutizzato e reso palese un fenomeno in corso da
almeno venti anni e cioè lo sviluppo di nuove vulnerabilità sociali e la nascita
di recenti categorie di persone in difficoltà (giovani, donne, persone che
perdono il posto del lavoro e che non riescono più ad accedervi) con gravi danni
sulla salute delle persone stesse e sul tessuto economico e sociale.
In generale l'ampliamento delle vulnerabilità sociali è un fenomeno complesso
che si inserisce in alcuni grandi passaggi della nostra società (invecchiamento
della popolazione, frammentazione delle famiglie, precarizzazione della
condizione di vita-lavoro) ed allarga e ristruttura l'area del disagio.
La discussione iniziata stasera ci fa riflettere sul fatto che la struttura dei
servizi di welfare che abbiamo conosciuto a partire dagli anni '70 non sembra
più adeguata a comprendere e gestire le nuove problematiche che attraversano i
cittadini.
Le complicazioni di questi servizi non derivano da un loro cattivo
funzionamento, ma in particolar modo dal mutamento del loro oggetto di lavoro:
se la società cambia velocemente, i servizi di welfare, occupandosi dei problemi
che le persone incontrano nel vivere quotidiano, dovranno necessariamente
rielaborare profondamente il loro modo di lavorare e di incidere in termini di
efficacia, efficienza ed economicità nei confronti della società.
"Dobbiamo quindi pensare di creare le condizioni per accompagnare chi per vari
motivi si trova in un momento di difficoltà e questo fa sì che chi potrebbe
avere le potenzialità per condurre una vita dignitosa, attualmente rischia di
non poter accedere a nessun tipo di ammortizzatore momentaneo e che diventi
quindi a sua volta un "nuovo povero".
La trasformazione epocale che stiamo attraversando segnala un'emergenza che si
propone come terreno particolarmente adatto allo sviluppo di nuove sinergie tra
politiche e servizi di welfare da una parte e la necessità di vivere ripensare i
servizi di welfare dall'altra parte.
Colgo l'occasione del dibattito per chiedere all'amministrazione di affrontare
in senso ampio il tema del sociale, impegnando le persone in una modalità che
richiami il binomio "diritto-doveri", facendo emergere eventuali fenomeni di "assistenzialismo cronico", sviluppando le autonomie, le responsabilità e le
potenziali capacità di ogni persona.
Importante sarebbe comparare i bilanci preventivi e consuntivi degli ultimi
anni, anche per verificare in modo analitico l'effettiva rispondenza alle
priorità dell'amministrazione e soprattutto alla realizzazione concreta di
politiche rispondenti alle esigenze reali di tutta la popolazione.
Auspico che venga prestata massima attenzione al tema di politiche di educazione
civica in ottica di prevenzione e promozione di salute (salute inteso come
benessere fisico, sociale ed economico) di attuazione di politiche per la "non
autosufficienze", per la disabilità, per i giovani e per gli anziani,
confrontandosi con istituzioni che hanno già attuato buone pratiche e
coordinandosi con i comuni della piana, ottimizzando i servizi sociali e
coinvolgendo il fondamentale operato del terzo settore.
Sollecito l'amministrazione a considerare l'emergenza lavoro come priorità
trasversale per le attività dell'amministrazione ed attuare le azioni possibili,
collaborando con tutti gli enti competenti e prevedendo politiche di sviluppo
economico che possano rilanciare l'economia del nostro territorio ed a tal
proposito i consiglieri di Lucca Civica in data 12 dicembre hanno presentato due
documenti da discutere in consiglio comunale quanto prima.
Parlando dei rom, sinti e camminanti non possiamo comunque ignorare il fatto che
è necessario poter individuare soluzioni che permettano a tutte le persone di
poter vivere in modo dignitoso, avendo la possibilità di poter accedere alle
opportunità necessarie per partecipare appieno alla vita economica, sociale e
culturale, come espresso dalla Commissione Europea nel 2004 per definire il
concetto di inclusione sociale.
Occorre delineare metodologie nuove tese a superare la connotazione emergenziale
dei tradizionali interventi nei confronti delle popolazioni Rom e Sinte al fine
di intervenire in maniera strutturata nell'ambito dell'istruzione, della salute,
dei servizi sociali, della formazione, della promozione dell'accesso al lavoro e
delle soluzioni abitative.
A mio avviso solo una ricerca sul campo rigorosa e che utilizza una pluralità di
fonti (la conoscenza diretta dei rom e sinti di riferimento, l' ascolto delle
loro istanze, la conoscenza dei luoghi di vita, l'analisi delle politiche
locali, l'eventuale terzo settore coinvolto ecc.) può offrire un quadro su cui
iniziare ad individuare le criticità e le priorità sulle quali lavorare con
progetti a lungo termine".
Diana Curione, Consigliera Comunale Lucca Civica
Campo nomadi, dibattito lungo e complesso ieri in consiglio comunale. Fra gli
interventi più legati al tema dell'inclusione e della lotta alla marginalità
quello di Alessandro Bertolucci del Partito Democratico. Ve lo proponiamo
integralmente. "Vorrei dire per prima cosa che se siamo qua a discutere
parzialmente di marginalità, non è per nostro volere. Noi consideriamo tutte le
marginalità sullo stesso piano. Naturalmente non ci sottraiamo ma dispiace
dirlo, anche i media, su questo tema, non hanno aiutato a fare chiarezza. Però
dimostrano una loro forza politica. Forse è anche merito loro se abbiamo questo
Consiglio. Tutto questo dibattito innescato, poteva essere l'occasione per fare
un pò di chiarezza sul mondo Rom e invece si è preferito parlare alla pancia.
Chiarezza sulla loro storia, sulla loro cultura, sulle loro tradizioni. Errori e
comportamenti personali finiscono spesso per identificare la cultura di
un'intera popolazione, ma sono fatti che vanno perseguiti con le normali misure
di legge. Quelle che valgono per tutti. Si tende così ad emarginare e condannare
senza capire. Si ha la percezione di un fenomeno molto esteso ed invece siamo di
fronte ad un qualcosa di molto limitato. Si creano quei circoli viziosi che si
autoalimentano e tutto fanno tranne quello di contribuire ad affrontare le
situazioni con razionalità. Come amministratori pubblici abbiamo il dovere di
occuparci delle marginalità, della loro inclusione, perché questa diventa
condizione determinante e qualificante per una società che vuole dare a tutti
gli individui che ne fanno parte, le stesse opportunità di diventare parte
attiva ed essere considerati "normali".
"I percorsi di inclusione non sono mai assoluti, anzi, sono efficaci solo
quando si adattano al contesto. Tutti gli studi, comunque, mettono la condizione
abitativa come presupposto essenziale per l'ottenimento dei maggiori risultati
da tutti gli altri aspetti caratterizzanti l'inclusione, quali la formazione
scolastica, la possibilità di accedere al mondo del lavoro e a quello dei
servizi. La scuola, ancora una volta si conferma baluardo di integrazione. Lo è
anche per noi, sia chiaro, che però, visto che ne abbiamo la possibilità,
dobbiamo vigilare e pretendere una formazione all'altezza dei tempi e invece in
questi anni abbiamo assistito all'eliminazione dell'insegnamento dell'educazione
civica e la riduzione di ore di materie altrettanto importanti. Lo è per le
seconde generazioni di immigrati così come per Rom, Sinti e Camminanti. Deve
anzi preoccuparci che tra le giovani generazioni di questi ultimi, ci sia una
percentuale intorno al 10% che non sa leggere e scrivere. Non addentriamoci poi
nell'ottenimento di un titolo di studio dove si raggiungono percentuali molto
più alte, segno dell'abbandono scolastico precoce. Con l'abbandono scolastico si
crea di conseguenza il non ottenimento di un titolo di studio che a sua volta è
conseguenza dell'opportunità di trovare o meno lavoro. E' facile capire come
tutto si lega. Se degrada la condizione abitativa, vale per tutti, ma ripeto,
stasera il nostro campo è un po' ristretto, quindi campi non autorizzati,
condizioni interne del campo, posizione rispetto ai servizi, ecc., se degrada la
condizione abitativa, vengono meno, in maniera proporzionale, tutte le altre
condizioni per una piena integrazione. Queste brevi considerazioni generali ci
aiutano senz'altro a capire la situazione locale nostra. Ma cominciamo a mettere
qualche punto fermo. Ci troviamo davanti a tre vie che potremmo anche chiamare
soluzioni, ma è una parola che non voglio usare. Troppo evocativa. Passiamo alla
seconda strada: potrebbe essere quella di continuare a far finta di nulla, che
poi non è nemmeno vero, perché come abbiamo visto, basta che uno pensi, dico
basta che uno pensi, a possibili alternative, che si scatena il putiferio.
Sicuramente è quello che preferisce fare il gruppo consiliare di Forza Italia
autore dell'ordine del giorno e richiedente questo Consiglio straordinario. Lo
vogliamo dire che per risalire a qualcuno che ha pensato a questo problema prima
di questa amministrazione, occorre andare indietro nel tempo fino alla giunta
Lazzarini negli anni novanta! Vogliamo dirlo che chi adesso si agita perché
sempre questa amministrazione ha speso alcune migliaia di euro per dotare di
singoli contatori per l'acqua le piazzole, sono gli stessi che hanno permesso
un'erogazione indifferenziata e incontrollata, anonima e fonte di spreco a
totale carico dell'amministrazione. per di più, se non ricordo male, lasciataci
in eredità dal punto di vista economico. Terza via: dare quel minimo di dignità,
mi fermo qui. Certo non posso dire che la condizione abitativa non sia
importante. Chi sta nei campi, adesso non gode certo di condizioni adeguate, ma
fortunatamente c'è una collocazione spaziale tutt'altro che ghettizzante,
essendo vicino alla città e ai servizi, che ne attenua un po' la gravità.
Dobbiamo pensare alle esperienze di quelle città che hanno preferito non vedere,
allontanando a dismisura i campi con costi economici enormi e costi sociali
altissimi. Abbiamo detto che la condizione abitativa che non può essere scissa
da quella spaziale, sono condizioni indispensabili affinché i servizi erogati
dal servizio sociale, possano raggiungere la piena efficienza. Mi riferisco
all'inclusione scolastica, compreso il contrasto all'abbandono, a quella
lavorativa, su cui anche altri Enti pubblici con più specifiche competenze
avrebbero, a mio parere, dovere di intervenire, a quella sociale rispetto al
welfare. Non meno importante che effetti positivi vengano ottenuti anche dal
punto di vista economico in termini di rapporto favorevole tra risorse impiegate
e benefici per la collettività come dimostrato in tutti gli studi compiuti sul
tema. Perché su questo punto in particolare e stata focalizzata l'attenzione dei
detrattori. Ma direi che ci sono i presupposti per pensare a qualcosa oltre il
campo. Viene naturale pensare a collocazioni stabili, case popolari, housing
sociale, riutilizzo e sistemazione, anche da parte degli stessi interessati di
strutture abbandonate e dismesse dove anche le relazioni possono slegarsi dal
gruppo di riferimento. Non bisogna nasconderci che sono progetti ambiziosi e
necessitano di tempi importanti. Fare questo, tantomeno pensarci, non significa
essere buonisti o scordarci dei problemi dei lucchesi, come ci ricorda
Martinelli in quel pessimo odg che trasuda di luoghi comuni e discriminazione.
Significa altresì ragionare con la testa, dando forza ai valori che dovrebbero
essere alla base di una convivenza civile, moderna e allo stesso tempo radicata
nella cultura di un paese, ma vorrei dire di una città, che ha fatto
dell'accoglienza e della solidarietà, la propria bandiera. Dicevo di un
ragionamento complesso che appunto tiene insieme ideali e valori al pragmatismo,
perché è ormai letteratura che investire in inclusione, socializzare, ha costi
enormemente inferiori a quelli di interventi tampone". Purtroppo la bandiera,
quella della solidarietà, quella dell'accoglienza, è un po' sbiadita. Lo dico
con rammarico perché di questo hanno colpa soprattutto le Istituzioni, chi ne è
rappresentante. La politica stessa. Non c'è più l'autorevolezza, quella che
nasce da sentirsi interpreti veri della società in grado di prendersi
responsabilità importanti. Indicare la strada. Tutto, oggi, sembra invece essere
legato al consenso fine a se stesso. All'attenzione dei media, alla loro
capacità di modificare le percezioni. Il referendum, per esempio, lo richiede la
Giorgi per il M5S nel suo odg, è uno strumento importante che non può diventare
surrogato della democrazia dei luoghi deputati ed elettivi. Così si sminuiscono
le Istituzioni, il valore del mandato ricevuto dagli elettori. E scusate se mi
permetto, ma non facciamo il bene delle Istituzioni nemmeno confezionando
Consigli speciali più o meno aperti su argomenti che possono trovare
collocazione tradizionale e che nella maggior parte dei casi non sono
frequentati dagli stessi richiedenti. Ho la convinzione che nel nostro impegno
da amministratori, abbiamo il dovere, in alcuni casi, per così dire, di tapparci
le orecchie, di isolarci quel tanto che basta quantomeno a provare a pensare,
senza condizionamenti esterni. Magari arriveremo alle stesse conclusioni, ma a
quel punto forse avremo più chiaro quali siano i valori e gli ideali che ci
muovono. Io ho una domanda da fare. Se mi devo attenere a come sono stati
impostati gli odg presentati dalle opposizioni, ho già la risposta, ma
piacerebbe sentirlo dalle parole dei proponenti e da tutti gli altri che hanno
mostrato una linea simile. Vorrei capire se pensano comunque, magari avete un
concetto diverso dal mio, che l'inclusione sia passaggio necessario e
fondamentale. Se così fosse sarebbe possibile un minimo di ragionamento. Si
potrebbero mettere in campo esperti che studiano il fenomeno. A proposito,
immagino che ne abbiate consultati di autorevoli per il deliberato finale,
quello dove chiedete di destinare le risorse esclusivamente ai lucchesi.
Sappiano Martinelli e gli altri che è già così. Sappiano che anche loro da
sempre hanno destinato risorse, magari malvolentieri, magari non seguendone la
reale destinazione e i conseguenti risultati, a Rom, Sinti, Camminanti e
immigrati. Risorse molto esigue rispetto al totale della spesa sociale del
Comune ( come ha detto l'Amministrazione). E comunque deve essere chiaro che
fare integrazione costa. L'importante è farla bene per ottenere risultati. Anche
se non immediati. Tutti conosciamo le condizioni dei due campi principali:
quello di via della Scogliera e quello di via delle Tagliate. Vado alla
conclusione e ne approfitto per un parziale riepilogo. Sappiamo delle
problematiche igienico sanitarie e di sicurezza. Sappiamo che molti nuclei
familiari hanno fatto richiesta di assegnazione di alloggi di edilizia popolare.
Almeno noi sappiamo che questa è sicuramente l'opportunità maggiore che può
essere data per realizzare un inclusione stabile, ma sappiamo anche che questa
possibilità ha bisogno di tempi molto lunghi per essere attuata. Sappiamo che
molti degli abitanti dei campi sono lucchesi, quantomeno per residenza, da molto
tempo. Si è saputo della possibilità di un finanziamento dedicato che però aveva
scadenze a breve e che non ci ha permesso di valutare appieno un progetto che vi
si adattasse. Sapete che quel poco tempo non ha permesso di fare alcuni passi
tecnici e urbanistici abbastanza complessi. Sapete di quanto comunicato dal
Sindaco in merito ad un progetto mai arrivato sul tavolo di una commissione e
nemmeno sul tavolo di una redazione, luogo quanto mai preferito in questi ultimi
tempi. Sapete che nonostante il soprassedere da uno studio, da un'opportunità
che si era aperta, è stato ribadito e ricordato quanto il tema, la sua
drammaticità, sia all'ordine del giorno e che una soluzione prima o poi andrà
trovata. Per tutto questo giudico negativo, e anche pericoloso, di questo me ne
assumo la responsabilità personale, L'odg presentato da Martinelli a nome del
gruppo Forza Italia. Pericoloso non tanto per il contenuto strumentale, quanto
per il messaggio che contiene. Un messaggio di esclusione, di occultamento, di
denigrazione, di isolamento. Una condizione mentale che influenza qualsiasi
ragionamento. Anche lontano dal tema che stiamo trattando stasera. Un messaggio
deleterio soprattutto per le nuove generazioni, per i nostri figli che più di
noi dovranno confrontarsi con situazioni simili e in crescendo. Stesso pensiero
per quanto riguarda l'odg presentato dalla Consigliera Giorgi di cui credo aver
già dato un giudizio nella parte iniziale e centrale dell'intervento. Credo che
si debba fare tutt'altro. Non possiamo e non vogliamo nascondere la polvere
sotto il tappeto. Semmai rilanciare l'impegno a trovare soluzioni adeguate con
il minor costo possibile per la collettività, e vorrei che si intendesse che i
costi non sono sempre da riferire al conto economico. Chiaramente senza nulla
togliere ad altri e semmai rafforzando gli altri fronti di intervento possibili
con la costituzione di un patto che unisca gruppi marginali, enti, associazioni
e cittadini, in un percorso di conoscenza e approfondimento per la ricerca delle
soluzioni più efficaci, affinché si giunga anche ad un sentire più condiviso di
diritti e doveri reciproci. Termino veramente, ma è necessario ricordare che
l'Europa ci guarda, e non è uno sguardo benevolo. Continuiamo ad applicare
alcuni aspetti del Decreto emergenza Rom decaduto nel 2011, non è stata
distrutta la banca dati su base etnica creata in occasione del censimento dei
Rom, vengono fatti ulteriori tagli al personale dell'ufficio nazionale
antidiscriminazione razziale (Unar) che è l'organo nazionale di tutela
dell'uguaglianza che ha il compito di attuare la strategia nazionale
d'inclusione Rom Sinti e Camminanti. Lo dico, perché non abbiamo battuto ciglio
nell'inserire nella nostra Costituzione il pareggio di bilancio, di fatto
mettendo in secondo piano il lavoro, nonostante questo sia protagonista
dell'articolo 1. Non è un bell'andare per i diritti, figuriamoci per i doveri.
Di Fabrizio (del 10/01/2014 @ 09:05:51, in Italia, visitato 1677 volte)
Un incubo è qualcosa di personale o di politico?
Uno dei miei incubi diurni, ricorrente, è la faccia serena del sindaco Pisapia
che si trasforma nei freddi volti dei suoi predecessori di centro-destra.
Preciso: non è una constatazione politica, è prima di tutto un malessere
personale.
Motivato o meno, ho cercato di analizzare il mio malessere, sotto diversi
aspetti.
E mi sono ritrovato in ZINGAROPOLI, la convivenza obbligata tanto temuta, che
tutti opprime ma che fa sopravvivere tutti, basta che niente cambi.
Personale, perché non chiedo a nessuno di condividere questo malessere.
Politico, perché mi è giunta voce che tra un anno e mezzo, forse due, si
eleggerà un nuovo sindaco, e sarebbe il caso di fare (già adesso) un bilancio
che parta dalle aspettative sollevate nel 2011 sino all'attuale palude.
Non un libro solo su Milano, spesso e volentieri gli scritti spazieranno oltre
le mura cittadine.
Al solito, mi piacerebbe sapere cosa ne pensate.
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Pubblicato 9 gennaio 2014
Lingua Italiano
Pagine 97
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Tanta roba nella
libreria di Mahalla
Di Fabrizio (del 08/01/2014 @ 09:00:56, in Italia, visitato 1273 volte)
Il viale ripulito dalle foglie dai quattro ragazzi sinti. FOTO DELLAI
L'iniziativa rientra nel progetto "Giovani in SINTOnia" che punta a favorire
l'integrazione in paese Il parroco: "Un ottimo lavoro" di Giordano Dellai su
IL GIORNALE DI VICENZA
05/01/2014
Giovani sinti sgombrano dalle foglie il parco del patronato. L'operazione di
raccolta e di deposito nei cassonetti del verde è stata compiuta nel periodo
natalizio da quattro adolescenti residenti nella comunità sinti di Sandrigo. I
ragazzi, coordinati da Elena Grolla, attivista del progetto "Giovani in SINTOnia
con Sandrigo", hanno raccolto l'abbondante fogliame accumulatosi dopo l'autunno
nel parchetto degli impianti parrocchiali, liberando anche il viale di passaggio
tra il duomo e la sala Arena. Un'operazione che pone un altro filo di
comunicazione tra il gruppo sinti e la comunità di Sandrigo.
"E' una dimostrazione che il progetto Giovani in SINTOnia va avanti, seppur con
qualche difficoltà - spiega il parroco mons. Venanzio Rigoni - I ragazzi hanno
raccolto e trasportato le foglie, lavorando di buona lena e rendendo così meglio
percorribile il vialetto. Sono soddisfatto del loro lavoro e con me anche molti
sandricensi che hanno commentato favorevolmente l'iniziativa".
Il progetto "Giovani in SINTOnia con Sandrigo" (...)
Leggi l'articolo integrale sul Giornale in edicola.
Di Fabrizio (del 31/12/2013 @ 09:09:00, in Italia, visitato 1920 volte)
Al Prefetto di Palermo
Al Sindaco di Palermo
Alla Giunta e al Consiglio Comunale di Palermo
Al Presidente della II Circoscrizione di Palermo
All'UNAR.
Apprendiamo dalla comunità Rom dell'imminente sgombero coatto dell'asilo nido di
via XXVII Maggio, nel quartiere Sperone, nel quale risiedono da circa quattro
anni 10 famiglie Rom, composta da 25 adulti e 15 minori.
In una situazione generale della città che presenta, da troppo tempo, una
carenza di appartamenti, non comprendiamo quali siano i motivi d'urgenza dello
sgombero, perché non sussistono problemi di “ordine pubblico” o di
“insostenibile stato di degrado”, soprattutto nel periodo più freddo dell'anno,
mettendo per strada interi nuclei familiari. Sono stati tagliati tutti gli
allacci alla rete idrica, così come è stato danneggiato il generatore di
corrente di loro proprietà, quindi costringendoli al buio, al freddo e senza
acqua.
Non comprendiamo, inoltre, le pressioni fatte dai residenti del quartiere o da
singoli consiglieri di circoscrizione, dato che non esiste un progetto a breve
di utilizzo o intervento sull'immobile in questione, di fatto abbandonato al
degrado da anni.
Le comunità Rom sono stremate, in condizioni igienico-sanitarie pessime,
sottoposte a sgomberi e criminalizzazioni di fronte all'opinione pubblica che
vanificano ogni loro tentativo di costruire una vita degna che permetta loro una
reale integrazione. In questa situazione è facile promuovere l'odio tra la
popolazione, sfociando in una guerra fra poveri.
Non vogliamo trovare soluzioni univoche e immediate, ma lavorare a lungo
termine, collaborando assieme, mettendo in moto tutte le capacità e le risorse a
disposizione, puntando ad una vera inclusione di questa Comunità, in coerenza
con la Strategia Nazionale di Inclusione Rom, Sinti e Caminanti.
Ci rivolgiamo al Sindaco, alla Giunta, al Consiglio Comunale, al Presidente
della II circoscrizione, per chiedere:
di far revocare lo sgombero e concordare delle alternative, attraverso il
dialogo, che consentano di trovare una soluzione costruttiva.
Firmatari:
- Idea Rom - sezione di Palermo
- Idea Rom Onlus Torino
- Opera Nomadi RC
Di Fabrizio (del 28/12/2013 @ 09:04:55, in Italia, visitato 1914 volte)
Botta - Risposta e ritorno a Mahalla
Da
Città Ideale
Siamo nelle festività, il periodo meno adatto per discutere di un tema
sociale come quello della Comunità sinti a Buccinasco. Perché sono anni che
Buccinasco ha investito sulla integrazione della Comunità . Si sono impegnati
amministratori e società civile; l'associazione Apertamente ha quale attenzione
principale, se non unica, la Comunità sinti.
Succede proprio in questi giorni che la Comunità sinti (forse non tutti di Buccinasco ma anche di persone che hanno residenza nel nostro campo sinti) sono
oggetto di cronache preoccupate per vicende truffaldine ben organizzate (VEDI
il CorrieredellaSera). Secondo Repubblica tutti i sei componenti arrestati vivono
nel campo sinti di Buccinasco; tutti, dicono i giornali con precedenti penali.
Tutti arrestati; con reati diversi. L'attività agli inquirenti appare
organizzata e condotta da persone "esperte", per cui si teme una organizzazione
più ramificata, con anziani soli truffati e danneggiati o a rischio di esserlo.
Da qui l'invito a prestare attenzione, a non fidarsi di sconosciuti (e
sconosciute) incontrati per la strada che offrono aiuti diversi per introdursi
in casa.
Questa la vicenda che parla di 22 truffati ed un "bottino" di 300mila euro. Qui
a Buccinasco qualche precisazione diventa inevitabile. Il Corriere riporta nomi
e funzioni svolte fra cui una signora che non ha residenza al campo sinti e che
nel suo appartamento di Buccinasco curava la raccolta della refurtiva e il suo
smistamento, oltre a trattare cocaina in quantità non marginale, con le dosi
pagava anche i sinti. Sembrerebbe punto di riferimento di tutto il sistema
(quello scoperto).
La signora in questione, vedova di un confinato a Buccinasco dagli anni settanta.
Lui (dai famigliari con precedenti penali ripetuti), considerato componente
della malavita organizzata nel Sud Ovest Milano. Insomma, il quadro che sembra
delinearsi è quello che vede i sinti come "manovalanza esperta" che opera a
supporto di pezzi di malavita ben più organica.
Scenario che non può e non deve lasciare indifferenti a Buccinasco. Le forze
dell'ordine certo; ma è situazione sulla quale ci si deve interrogare nella
nostra Comunità: chi stiamo aiutando con elargizioni a vario titolo? Tutte le
persone coinvolte, scrivono i giornali, risultano disoccupate e senza alcun
reddito. Vivono forse di sostegni erogati con i danari della nostra Comunità?
Il processo di integrazione vive di un modello codificato e testato? (posto che
ci sia, a Buccinasco). E' evidente che si stanno denunciando buchi
preoccupanti. Che l'impegno delle amministrazioni succedutesi sembra essersi
limitato a una sorta di carità compassionevole, per il resto affidata
all'impegno volontaristico di qualche Cittadino: certo meritevole di
apprezzamento. Il tutto però drammaticamente insufficiente, visto quanto appare
da questa vicenda.
Sarebbe facile ora l'accusa alla amministrazione per la vicenda sugli abusi
all'Enel Sole e il suo rincorrere comportamenti non leciti e cercare di
tamponarli, sminuirli, quasi di nasconderli. Si dimostra come non mai
insufficiente la motivazione di non parlarne per non rinfocolare un rifiuto dal
sapore razzista. Tenere nascoste le magagne è sbagliato: occorre che si guardino
con la necessaria responsabilità, chiarezza e serietà. Amministrare comporta dar
conto delle decisioni e della loro utilità: la compassionevole carità è cosa
altra e diversa.
Il problema è reale e merita la massima attenzione della Comunità, a cominciare
dai nostri amministratori. Convinti che la soluzione non può essere
l'allontanamento ma anche che qualsiasi insediamento stabile (come è aspirazione
programmatica del mandato Maiorano), è fuori discussione: sarebbe un ghetto.
Centro di degrado sociale e malavita, che così si radicherebbe ancora di più.
Crediamo opportuno e indifferibile un approfondimento serio sul tema sinti.
Erogare a pioggia contributi diversi senza che questi siano legati a un percorso
preciso e deciso di normalizzazione e integrazione civica, è uno spreco.
Soprattutto dannoso per i destinatari; contributi così erogati consolidano
comportamenti devianti, estranei alla società civile.
In risposta all'ennesimo articolo di Saccavini su
"CITTA' IDEALE":
Buccinasco: i sinti, l'assistenza e un progetto di integrazione
Apertamente è una Associazione di volontariato,
formata da Sinti e non, da dieci anni opera per la realizzazione di un Progetto
di "Inclusione Sociale" della locale Comunità sinta residente a Buccinasco
dall'inizio degli anni '80. Intenzione dichiarata di tale Progetto è
innanzitutto contribuire al raggiungimento del soddisfacimento di bisogni
primari come: Salute, istruzione, casa, lavoro.
Nel rispetto delle comuni leggi nazionali ed internazionali ricordando che in
caso di inosservanza delle leggi penali e civili la responsabilità è sempre
individuale: a Buccinasco, al Q.re Terradeo, come ovunque.
Per il raggiungimento di questo obiettivi Apertamente si è dovuta negli anni
confrontare con due Amministrazioni locali (Carbonera, Cereda), con il nominato
Commissario Straordinario (Iacontini) e attualmente con l'Amministrazione
Maiorano. Con le Amministrazioni Provinciali: Colli, Penati ed ora Podestà, e
ben 4 Direttori del Parco Agricolo Sud Mi (Ceriani, Ghiringhelli, Cioffi e ora a
interim De Cataldo)
Ogni volta che uno di questi interlocutori cambia, si ricomincia da capo per
quanto riguarda i contatti per la presentazione, discussione realizzazione dei
nostri Progetti.
Dall'inizio della nostra esperienza di Associazione abbiamo cercato e trovato
collaborazione con quanto si muoveva nel sociale sul territorio del comune e
comuni limitrofi (Associazioni, Caritas Decanale, le Parrocchie, le Cooperative
Sociali). Abbiamo da circa cinque anni per operare con maggior efficacia come
Apertamente, preso contatto con altre associazioni aventi finalità simili alla
nostra (Caritas, Naga, Comunità di S.Egidio, Padri Somaschi, Casa della Carità,
Opera Nomadi, Amnesty International, Avvocati per niente, ecc.) raggruppate nel
Tavolo Rom e Sinti di Milano. Inoltre collaboriamo con dipartimenti
dell'Università Bicocca e di Pavia con le quali abbiamo partecipato
all'organizzazione di eventi sui temi riguardanti queste minoranze etniche.
Recentemente abbiamo promosso a Buccinasco un pubblico evento sul tema "Crisi
economica, lavoro che manca.. alcune proposte".
Pensiamo di fare cosa utile, portare a vostra conoscenza la riflessione
riportata qui sotto (il ritorno a
Mahalla, ndr.), che interamente
condividiamo. Essa ben descrive il contesto nel quale quotidianamente ci
troviamo ad operare.
Per Associazione Apertamente di Buccinasco
Ernesto Rossi, Augusto Luisi
Buccinasco 27.12.2013
Di Fabrizio (del 27/12/2013 @ 09:05:40, in Italia, visitato 2212 volte)
...o superare l'inconciliabilita' culturale?
di Rita Mazzeo, 22-12-2013 su
Pontediferro.org
La parola "campo" ha assunto, già da alcune decine di anni, accezioni
negative: campo di concentramento o di internamento, campo di lavoro forzato,
campo rifugiati, campo profughi, sono alcuni tra gli esempi che si possono fare,
insieme ai cosiddetti "campi nomadi". Tutte, in effetti, evocano il concetto di
ghettizzazione e, del resto, il termine stesso "ghetto" ha un'origine semitica,
risalente all'ebraico-caldeo (linguaggio utilizzato da rabbini ed ebrei dopo la
dispersione) e indica "separazione" o "siepe chiusa".
I campi nomadi, negli ultimi anni, sono stati denominati in vario modo
(campi autorizzati, campi sosta, villaggi attrezzati, campi tollerati, villaggi
della solidarietà, e così via), tuttavia i diversi modelli utilizzati dalle
istituzioni per accogliere e ospitare camminanti nelle nostre città, hanno
prodotto, in differente misura, segregazione spaziale e socio-culturale, di
quelle comunità.
Anche i campi autorizzati o attrezzati, infatti, sono collocati in genere
nelle periferie, spesso non collegati dal trasporto pubblico ai centri urbani,
vicini a discariche o a grandi assi viarie, per cui le persone che vi abitano
sono emarginate e rimangono del tutto estranee alla realtà della società
cittadina.
Molte organizzazioni internazionali e della società civile hanno presentato
rapporti di denuncia nei confronti di tale politica in Italia, e delle connesse
operazioni di sgombero (Commissione per i diritti umani del Consiglio d'Europa
nel 2009 e 2011, Associazione 21 luglio nel 2010, Osservatorio Internazionale
per i diritti umani nel 2011), promuovendo il sostegno all'inserimento
abitativo. In questo senso, alcune sperimentazioni alternative al campo sono
state fatte, a livello locale. Esempi di politiche abitative, rivolte a rom e
sinti poveri, sono a Venezia, Padova e Bologna, dimostrando quanto la dignità di
un alloggio sia prerequisito necessario all'integrazione.
Nelle grandi città italiane, il modello del campo (sorto negli anni '60 in
risposta a un'emergenza e poi diffusosi ampiamente negli anni '80) è ancora oggi
prevalente, anche perché permangono pregiudizi e stereotipi nei confronti di rom
e sinti, indistintamente, come il nomadismo e l'inconciliabilità culturale. In
realtà, oggi è stanziale l'80% dei rom e dei sinti europei, in Italia gran parte
di loro sono residenti da più di un secolo e almeno 80 mila hanno cittadinanza
italiana. Circa 12 milioni sono stimati i rom europei, di cui 140 mila nel
nostro Paese. Tra loro, successi professionali ed economici, occultando però la
propria origine per paura di discriminazioni, ma anche gruppi molto poveri e
altri, provenienti dalla ex Jugoslavia, dalla Bulgaria e dalla Romania, fuggiti
dalle guerre. Tutti sono per noi "zingari", sebbene rom e sinti siano gruppi
molto differenti e con una storia europea che dura da almeno 6 secoli. In
particolare, Rom è uno dei principali gruppi etnici della popolazione di lingua
romanes/romani, originaria dell'India del Nord. Elementi costanti nella loro
storia sono la persecuzione, la riduzione in schiavitù, la deportazione e lo
sterminio.
Al loro primo apparire in Europa, il nomadismo è stato considerato come una
maledizione di Dio, la pratica di certi mestieri (come forgiatori di metalli)
ricondotta per superstizione alla magia e le arti divinatorie alla stregoneria.
Perciò, tendenzialmente, le società moderne hanno cercato di liberarsene,
anche con l'eliminazione fisica e tutti i Paesi europei hanno adottato bandi di
espulsione, fino a giungere agli estremi del genocidio dei rom, insieme a quello
degli ebrei, durante il nazismo in Germania.
In Italia, gli ultimi trent'anni di pratiche assistenziali e servizi
esclusivi, sebbene tramite operatori motivati e competenti, hanno determinato un
ampliamento della distanza fra rom e resto della società.
Si potrebbe, invece, prendere spunto da alcuni Paesi europei dove la
questione rom è stata affrontata sulla base di un principio di garanzia
dell'uguaglianza. In Spagna, ad esempio, i gitani meno abbienti vivono in case
popolari come ogni altro cittadino svantaggiato. In Germania, una legge
riconosce i rom come "minoranza nazionale", a differenza dell'Italia che con la
legge 482 del 1999, escluse i rom e i sinti dalle 12 minoranze linguistiche
riconosciute, e quindi dalle tutele che ne derivavano.
Dopo il censimento del 2008, effettuato in Italia negli insediamenti di
nomadi, il Governo Maroni ha dichiarato lo stato di emergenza nelle Regioni di
Campania, Lombardia e Lazio (prorogato poi fino al 2011) ed esteso
successivamente al Veneto ed al Piemonte. I Prefetti di Roma, Milano e Napoli
sono stati nominati commissari delegati per la realizzazione degli interventi
necessari al superamento dello stato di emergenza nei propri territori
regionali, sono assistiti dalla forza pubblica e possono collaborare con altri
soggetti pubblici e, per i profili umanitari e assistenziali, con la Croce Rossa
Italiana. Le linee guida per l'attuazione, emanate dal Ministro Maroni,
ribadivano che il fine delle ordinanze era di rimuovere le situazioni di degrado
esistenti nei campi e promuovere condizioni di vivibilità nella legalità per le
comunità nomadi, consentendo l'accesso ai servizi di carattere sociale,
assistenziale, sanitario e scolastico, soprattutto per i minori, maggiormente
esposti a rischi di abuso e di sfruttamento. I principi fondamentali e le
modalità da seguire nell'identificazione di chi risiede nei campi nomadi tengono
conto delle indicazioni e delle raccomandazioni formulate dal Garante per la
protezione dei dati personali. "Il Governo, dichiarava Maroni, "vuole la tutela
di chi vive in queste situazioni di degrado, la tutela dei minori, per toglierli
dalla clandestinità, per toglierli dall'ombra, per dare loro un futuro".
A seguito della dichiarazione di stato di emergenza, sono state stanziate
risorse straordinarie per Roma, Napoli e Milano, con la maggiore presenza di
rom, che sono state gestite in modo straordinario per identificare le
popolazioni rom, sgomberare i campi abusivi, monitorare quelli autorizzati e
costruirne nuovi, promuovendo interventi di inserimento sociale all'interno di
questi ultimi.
Finalmente, l'anno scorso, è stata adottata per la prima volta, una strategia
nazionale che sottolinea il carattere discriminatorio ed escludente dei campi
nomadi e si pone l'obiettivo del loro superamento. Nonostante tale novità e la
sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l'illegittimità dello
stato di emergenza avviato nel 2008, le politiche continuano ad affrontare la
questione con una logica emergenziale e di sicurezza.
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