Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 20/02/2008 @ 09:19:49, in casa, visitato 2496 volte)
Da
British_Roma
By Grattan Puxon
Una bambina che sventola il suo pallone di S. Valentino nell'Alta Corte nel
pomeriggio finale del giudizio sui piani del comune di Basildon di spianare Dale
Farm, sembra il segnale di una pietra miliare che è la vittoria ottenuta dai
Viaggianti in Bretagna.
Mentre il giudice Andrew Collins non renderà pubblico il giudizio sino a
Pasqua, non c'è dubbio che il pallone è salito e sconfitto una politica
razzista che la Commissione sull'Eguaglianza ed i Diritti Umani ha detto al
giudice che non è differente da Ponzio Pilato.
Robert Allen, del CEHR, dice che Basildon ha reso palesemente chiaro che
l'unica sua volontà era di sbarazzarsi di Zingari e Viaggianti. "Noi diciamo che
questa posizione è direttamente discriminatoria," ha dichiarato Allen.
Gli sforzi dei capi del comune concernenti le relazioni razziali, le
responsabilità verso gli homeless, i bambini e gli infermi, e soprattutto il
violento sgombero di 90 famiglie di Dale Farm, sono state richiamate nei quattro
giorni dell'udienza non solo dagli avvocati ma dallo stesso giudice Collins.
Si è visto un video girato da Hazel Sillitoe dove Constant & Co., l'impresa
incaricata dello sgombero, devasta le mobile-homes e brucia gli averi dei
Viaggianti a Dale Farm, e il giudice Collins dice che gli sgomberi forzati di
questo tipo dovrebbero essere una cosa del passato. Ha poi detto che
indipendentemente dal risultato, chiederà un ripensamento delle politiche di
sgombero forzato condotte contro Zingari e Viaggianti in Inghilterra e Galles.
"Richiederò un serio ripensamento sul modo in cui hanno luogo gli sgomberi e
se l'uso di queste compagnie specializzate sia appropriato."
Nel frattempo, riguardo il destino delle famiglie a Dale Farm, che negli
ultimi sette anni hanno resistito ai tentativi di allontanarli dalla loro
propria terra, il giudice ha stabilito che il rifiuto di Basildon di fornire un
accomodamento alternativo era sbagliato. Ha detto che il comune era obbligato a
trovare loro un qualche posto dove risiedere permanentemente ed in modo salubre.
"Loro non vogliono per forza vivere a Basildon, ma devono farlo perché non
c'è altro posto dove andare," ha sottolineato il giudice Collins. "O bisogna
aspettare due o tre anni fintanto che non siano sviluppati nuovi siti?"
Alex Offer, rappresentante dei residenti di Dale Farm, ha ricordato che ka
sua associazione ha pure tentato di creare un terreno alternativo a Pitsea.
Questa sistemazione era stata caldeggiata da John Prescott, l'allora vice Primo
Ministro. Basildon rifiutò la proposta che l'anno scorso era stata soggetto di
un'interrogazione pubblica.
FUTURO INCERTO
Il dibattito presso l'Alta Corte si è centrato sulla possibile proposta di un
sito nel distretto di Basildon. L'Assemblea della Regione Orientale ha detto che
si necessitano 81 nuove piazzole di sosta. Il leader conservatore Malcolm
Buckley vorrebbe che altri comuni offrissero posti ai Viaggianti che vivono
nella Greenbelt dell'area. Ma ciò è lontano dal succedere.
Kathleen McCarthy, portavoce di Dale Farm spera che possa prevalere il
buonsenso e che sia concesso loro di rimanere nelle loro dimore attuali. Se
questo non fosse possibile per ragioni politiche, in pochi avrebbero intenzione
di trasferirsi su altri siti.
"Sarebbe un grande passo indietro," dice McCarthy. "Abbiamo creato qui la
nostra comunità e non vogliamo vederne la scissione. La soluzione migliore
sarebbe costruire un'altra Dale Farm da qualche altra parte."
Dale Farm Housing Association (DFHA) sta attualmente lavorando col Consiglio Zingaro
per acquisire lo status di proprietario sociale allo scopo di accedere ai fondi
offerti dalla governativa Housing Corporation. La DFHA, i cui membri possiedono
le cinquanta yards di Dale Farm, potrebbero sviluppare un'alternativa sulla
terra designata dal consiglio di Basildon, in adempimento dei suoi doveri sotto
l'Housing Act.
In una lettera ai consiglieri, il Consiglio Zingaro chiede ai suoi membri in
considerazione del probabile risultato della revisione giudiziaria di esprimere
quale opzione preferirebbero, a) sviluppo sino a tre siti nel distretto, b) luce
verde per un parco espanso per mobil-homes a Pitsea, c) permettere agli attuali
residenti di rimanere a Dale Farm.
Il video su
youtube
Di Fabrizio (del 19/02/2008 @ 18:42:41, in scuola, visitato 3212 volte)
Ricevo da Maria Grazia Dicati
La raccomandazione nr 4 (2000) del Comitato dei Ministri agli Stati membri
sulla scolarizzazione dei fanciulli rom/sinti in Europa afferma :
“NEI PAESI IN CUI LA LINGUA ROMANÌ È PARLATA OCCORREREBBE OFFRIRE AI
FANCIULLI ROM/SINTI LA POSSIBILITÀ DI ACCEDERE AD UN INSEGNAMENTO NELLA PROPRIA
LINGUA MATERNA”
Prima di presentare il testo “Leggere e scrivere in romanés”, desidero
riportare due episodi : il primo ha come protagonista Baba una bambina rom e il
secondo si riferisce ad Andrea un bambino non rom
Baba: “ Perché io devo imparare la lingua italiana, mentre i miei
compagni non devono imparare la mia lingua?” chiedeva e, quasi per una forma di
protesta non parlava più italiano e alle mie domande rispondeva in romanès.
Andrea invece era un bambino non rom : nei tempi in cui si recitavano le
preghiere prima delle lezioni, avevo predisposto un foglio con la preghiera del
Padrenostro in romanès, in modo da alternarla con quella in italiano.
Andrea però perdeva regolarmente il foglio (così raccontava) e dovevo
ridarglielo ogni volta che si pregava in romanès.
Un giorno però il bambino non ce l’ha fatto più a raccontare queste bugie : “
Mia mamma mi strappa il foglio e non vuole che io reciti la preghiera con queste
parole” mi rivelò singhiozzando e vergognandosi di fronte ai compagni
Quale può essere quindi il punto d’incontro tra la richiesta di Baba e il
rifiuto dei genitori di Andrea ? Come conciliare le due posizioni ? E come
rispettare anche quei bambini Sinti o Rom che ti sussurrano all’orecchio : “ Non
dire agli altri che siamo perché il papà non vuole! “
La scuola, come Istituzione pubblica, si trova nella condizione di dover
contemplare le diverse opinioni per rispetto del singolo alunno che non deve
crescere in un contesto scolastico in contrapposizione con l’ambiente familiare;
ecco quindi l’importanza della progettazione e della chiarezza da parte di una
scuola diventata multiculturale.
Non è invece consigliabile intervenire in modo estemporaneo, in quanto il nostro
intervento didattico potrebbe essere sottovalutato, se non ostacolato dagli
stessi rom/sinti soprattutto per azioni relative alla lingua e cultura romanì,
ma anche dagli altri genitori preoccupati per il rallentamento del programma
scolastico.
Il testo “ Leggere e scrivere in romanés” vuole essere un attestato di
riconoscimento, attraverso il codice scritto, di una lingua orale
antichissima, una lingua ancora utilizzata da alcuni gruppi, ma che rischia di
scomparire non solo per il mancato riconoscimento legislativo, ma anche per
scelta di coloro che vogliono o che sono costretti a mascherare/rinnegare la
loro vera identità.
Il testo non si propone l’insegnamento del romanès, ma soprattutto la
valorizzazione della lingua madre per i bambini rom e sinti, il riconoscimento
della loro diversità linguistica e la comprensione da parte dei compagni e
dei docenti per eventuali difficoltà ed incertezze in lingua italiana, seconda o
terza lingua per gli alunni Sinti e Rom.
Come riportato dalla collega di Roma può diventare uno stimolo: “Gli
alunni che venendo a scuola sanno di trovare qualcosa, anche poco, che fa
riferimento al loro mondo "fuori" e che, anzi, li aiuta a comprenderlo e
valorizzarlo meglio (e questo vale per tutti gli alunni di origine diversa da
quella italiana) e che avvertono la curiosità degli autoctoni alla conoscenza e
allo scambio, trovano una diversa e più forte motivazione alla frequenza e
all'apprendimento anche quando questo prevede percorsi lunghi, a volte
differenziati o difficoltosi”
Il testo riporta i vocaboli in Romanés harvato ma, visto gli obiettivi più di
carattere educativo che cognitivo, può essere utilizzato anche nelle classi
dove frequentano bambini rom e sinti di altri gruppi.
Interessante la riflessione della collega M. Cristina Fazzi : ”Va precisato,
nel merito, che il romanes usato nel testo citato è quello dei Rom Harvati etnia
a cui non appartengono gli alunni che frequentano la nostra scuola, pur tuttavia
ci sono molte similitudini e soprattutto la metodologia di impostazione dei
testi ha offerto una forte motivazione a rimuovere quella forte ostilità che
questi bambini provano nel socializzare la loro lingua così come altri aspetti
della loro cultura al punto che per loro è tornato facile, spontaneo e
coinvolgente "ritradurre" tutti i vocaboli non "congruenti"
Giorgio Bezzecchi, mediatore culturale rom dichiara : “…….. una
particolare ATTENZIONE ALLA CULTURA ED ALLA LINGUA DEI ROM E DEI SINTI
non soltanto incoraggerà la frequenza, ma potrà fornire agli stessi un valido
aiuto perché acquistino una piena coscienza culturale dell’oggi e del domani….
…. GIOCARE IN ROMANES
Anche questo sussidio, come il testo in romanés vuole essere un ulteriore
contributo per la valorizzazione della lingua dei Rom e dei Sinti e quindi
veniva utilizzato alternandolo con altre tombole in lingua italiana
E’ risultato un ottimo strumento didattico che permetteva :
agli alunni non rom di capire le difficoltà dei bambini rom quando dovevano
chiedere all’insegnante di mostrare l’immagine, non conoscendo le parole della
tombola in italiano,
agli alunni rom di essere competenti e sicuri nell’individuare l’immagine
pronunciata in romanès, constatando che anche gli alunni non rom si trovavano
nelle loro medesime condizioni, non conoscendo le parole in romanés
Il mettersi ognuno al posto dell’altro e constatare le reciproche difficoltà,
contribuiva a creare condizioni più favorevoli per la comprensione e la
socializzazione tra alunni; spesso il bambino rom diventava un vero ed unico
protagonista di fronte ai suoi compagni, per i suggerimenti e il supporto
all’insegnante relativamente alla corretta pronuncia del vocabolo in romanés.
Oltre a queste finalità educative, il gioco serviva anche per l’insegnamento
individualizzato, in particolare per le esercitazioni di analisi e
sintesi di brevi e facili parole.
A tale scopo sono state selezionate parole di una o due sillabe semplici,
evitando vocaboli o lettere che sul piano fonetico potevano costituire un
problema di pronuncia da parte dell’insegnante che non conosce la lingua romanés.
Il programma è costituito da 14 unità didattiche, corrispondenti a 14
consonanti dell’alfabeto, per ognuna delle quali sono state selezionate 8 parole
per un totale di 112 vocaboli in romanés.
Il gioco è composto da :
24 cartelle con illustrazioni e parole in romanés
tessere con illustrazione e dietro la parola in romanès scritta in stampato
maiuscolo
tessere con illustrazione e dietro la parola in romanès scritta in stampato
minuscolo
tessere con l’ illustrazione e dietro la parola in italiano scritta in
stampato minuscolo
Si può giocare a tombola sia in romanés che in italiano utilizzando le varie
cartelle e le tessere corrispondenti.
Adoperando invece solo lo tessere con le illustrazioni e le parole sul retro
tessera, si può giocare a memory in coppia : si capovolgono coppie di tessere
con le illustrazioni e vince chi riesce a trovare il maggior numero di coppie
Finalità didattica del gioco “memory” è la corrispondenza tra stampato
maiuscolo e minuscolo in romanés e la corrispondenza tra parole in romanés e
parole in italiano
Concludo con un augurio che Spatzo (nella lingua dei Sinti Estrekárja
significa "uccellino, passero) rivolge ai Sinti affinchè non dimentichino la
lingua dei loro padri.
“Purtroppo sono consapevole che si tratta di un augurio tardivo dal momento
che l'abbandono della lingua materna costituisce ormai un processo irreversibile
in questa fase storica.
Nel nostro mondo asservito al capitalismo ed al consumismo la gente impara le
lingue solamente se queste gli servono. Forse occorre cominciare a capire che si
può imparare (o re-imparare) una lingua per servire ad essa, per far sì che non
muoia ma continui ad esistere come un pezzo importante dell'identità di un
popolo...”
Di Fabrizio (del 19/02/2008 @ 08:49:45, in Europa, visitato 2258 volte)
Da
Slovak_Roma
12 Febbraio 2008, Kosice e Michalovce - Il 29 gennaio 2008, la Corte
Distrettuale di Michalovce si è pronunciata su un caso di discriminazione
sollevato nel 2005 da due OnG - Poradna e Nova Cesta - a favore di tre attivisti
Rom.
L'incidente successe nell'aprile 2005 quando ai tre attivisti Rom fu negato
l'accesso ad un caffè di Michalovce nella Slovacchia orientale, chiamato
IDEA. Il personale del locale hanno detto loro che il caffè era un club
privato e perciò, per entrare dovevano mostrare una tessera. D'altronde, nel
locale venivano serviti altri clienti non-Rom senza alcuna tessera e la
richiesta serviva solamente a prevenire l'ingresso dei Rom. Il caso venne
portato alla Corte Distrettuale di Michalovce che decise la prima volta il 31
agosto 2006. Originariamente la Corte si pronunciò a favore dei Rom, ma il
giudizio fu abbastanza confuso. Per esempio, il tribunale sentenziò che anche se
i Rom erano vittime di discriminazione, questa non era basata su base etnica.
[...] I Rom si erano in seguito appellati alla Corte Regionale di Kosice, che
aveva cancellato la prima istanza e riportato il caso alla Corte Distrettuale.
A questo punto il Tribunale aveva dichiarato la discriminazione razziale dei
tre attivisti. Aveva anche ordinato al caffè di mandare una scusa scritta ai tre
Rom. Comunque il Tribunale ha rifiutato la richiesta di danni e di una
compensazione finanziaria.
La decisione del Tribunale non è ancora effettiva e può essere ancora
appellata.
Per ulteriori informazioni:
Štefan Ivanco
Center for Civil and Human Rights - Poradna
Krivá 23, 040 01 Košice , Slovakia
tel: + 421 55 68 06 181
e-mail:
antidiskriminacia@poradna-prava.sk
Oz Nová Cesta
Nám. Slobody 1, 071 01 Michalovce , Slovakia
tel: + 421 56 64 26 938
e mail: ipcr@post.sk
Di Fabrizio (del 18/02/2008 @ 18:27:54, in casa, visitato 2090 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
La notte tra
giovedì 14 e venerdì 15 febbraio, una comunità di circa 40 rom romeni, che
da oltre un anno viveva in una baraccopoli in via Casal Quinitiliani a Roma,
sotto un’incessante minaccia di sgombero, ha occupato, nel V Municipio, uno
spazio abbandonato di proprietà del Comune. La comunità, composta da molte
donne e bambini, già dal mattino successivo, si è adoperata in lavori di pulizia
e organizzazione degli spazi che, oltre a rendere vivibile un’area abbandonata e
decadente, ha apportato una reale opera di riqualificazione del territorio.
POPICA ONLUS esprime la totale solidarietà a questa comunità che, con questa
azione, la prima a Roma di questo genere messa in atto da parte di rom, ha
voluto riaffermare il proprio diritto alla casa e all’esistenza.
POPICA ONLUS
Da
www.romaworld. ro
Damian Draghici è nato in una famiglia Rom di musicisti da cinque
generazioni. Lasciò la Romania prima dell'89, e la sua carriera musicale conta
due decadi. Una laurea cum laude al prestigioso Berklee Music College negli
Stati Uniti, ha suonato, negli anni, con grandi musicisti mondiali come pure
alla London Symphonic Orchestra. Ha vinto il Grammy award e rilasciato 17 albums.
Tornato in Romania, ha fondato la band "Damian & Brothers. Filarmonika Romanes",
applaudita dal pubblico in Italia, Irlanda, Gran Bretagna, Belgio e Austria,
nel quadro di un progetto del Ministero degli Esteri dedicato alla diversità
culturale. Ambasciatore dei pari diritti, Damian Draghici tenta di capire le
ragioni dell'ondata di razzismo che ha preso di bersaglio il popolo Rom, ma
anche quello che ognuno di noi può fare per accettare la diversità.
[img]
"Molta gente ama la cultura Rom, ma non ama i Rom"
European Rom: Cosa intendi raggiungere, come ambasciatore per i pari
diritti?
Damian Draghici: Faccio quello che ho sempre fatto, cioè tentare di cambiare
la percezione della gente attraverso la musica. Ma penso che non sia
sufficiente, perché c'è un paradosso. Ho capito che la gente ama molto la
cultura Rom. Ci sono due soap opere rumene, centrate sui Rom, che hanno un
pubblico molto vasto. La musica zingara è molto popolare. Ma come può succedere,
che anche se molta gente ama questa cultura, disprezzano i Rom? Questo non lo
capisco. Molta gente nel nostro paese, inclusi i politici, non vogliono
riconoscere i Rom, vederli come uguali e, prima di tutto, come Rumeni. Non c'è
un passaporto che riporta "zingaro/Rom", ma Rumeno. Di conseguenza, dovunque,
nella Commissione Europea, nel Parlamento, nella Corte Europea dei Diritti
Umani, saranno rappresentati o difesi come Rumeni. Non sono rappresentati come
una categoria separata. Così come si può essere orgogliosi di essere musicisti
Rom in Romania - come Fanica Luca, Grigoras Dinicu, Ion Voicu e molti, molti
altri, così devono ammettere di essere pari cittadini di Romania.
European Rom: Come spiegheresti la situazione degli ultimi giorni, sia in
Italia che in Romania, dove i Rom sembrano essere gli unici da colpevolizzare?
Damian Draghici: Io penso che il razzismo non dovrebbe esistere. Se un
individuo commette un reato, questo non ha niente a che fare con l'etnia.
Stereotipiamo quando incolpiamo di un atto sull'etnia o la classe sociale della
rispettiva persona. E' un chiaro atto di discriminazione che non ha senso nel
2007, in un'Europa di cui adesso d'altronde siamo parte. Questo modo di pensare
non aveva senso cinquant'anni fa, figuriamoci ora.
European Rom: Perché il primo impulso è di dare la colpa all'etnia?
Damian Draghici: E' perché la gente usa molto gli stereotipi. Si può passare
facilmente dalla discriminazione all'odio razziale, sono lo stesso tipo di
attitudine. Si può educare qualcuno quando la conoscenza storica è interessata,
puoi insegnare qualcosa di nuovo. Ma per cambiare il sentimento, bisogna
comprendere che siamo tutti gli stessi. I rom non sono differenti dagli altri.
Siamo tutti gli stessi. Negli Stati Uniti, la gente è istruita a rispettare il
prossimo, sono istruiti alle differenze, ed a mostrare simpatia verso le altre
persone. Perché è solo l'istruzione che guida alla comprensione tra i popoli. Io
non enso che la situazione nel nostro paese potrà cambiare facilmente. Non penso
che un anno sarà sufficiente a risolvere questo problema. Si tratta di educare
una nazione intera.
European Rom: Cosa pensi di dovrebbe fare per fermare il razzismo?
Damian Draghici: L'unica cosa che possiamo fare, secondo me, è promuovere i
valori culturali e determinare la gente a a vedere che gli altri sono, infatti,
come loro. E far sì che la gente capisca i propri problemi reali.
European Rom: Tu quale ruolo, come persona istruita, dovresti prendere? La
cultura può superare le barriere della discriminazione?
Damian Draghici: Sto cercando di fare quel che posso. Ciò che sto facendo
attraverso la mia attività professionale, come ambasciatore per i pari diritti e
come uomo, un essere umano,è far comprendere gli altri che anche noi siamo
esseri umani, come loro, ed abbiamo gli stessi problemi del resto dei Rumeni. E
che siamo soltanto un popolo che vive assieme, vive accanto. Spero che così io,
ma anche altri Rom, saremo in grado di cambiare la percezione negativa dei Rom e
fare che la gente ci accetti.
European Rom: Quanto ci vorrà?
Damian Draghici: Non posso saperlo. Se tutto va come spero e se riuscirò a
girare un film sulla cultura Rom, spero che questo avrà un significativo effetto
internazionalmente, e penso che cambierà qualcosa della percezione negativa.
Scritto da Ana Dinescu - 03 febbraio 2008
Di Sucar Drom (del 17/02/2008 @ 09:10:12, in blog, visitato 1411 volte)
Porrajmos, ti ricorda qualcosa?
L’associazione Amalpé Romanò ha pubblicato nel proprio spazio web l’intervento
di Roberto Ermanni (Arci Toscana), tenuto durante l’evento "Cancellati due e più
volte, la persecuzione infinita dei Rom. Porrajmos passati e presenti" che si è
svolto il 25 gennaio 2008 a Capannori (LU) nell'ambito dell'iniziativa "...
Berlusconi, tolleranza zero con i Rom
"In Italia oggi c'è più paura, più povertà, più insicurezza. Proprio ora ho
varato il primo messaggio di promozione sui muri d'Italia, solo per quaranta
giorni perchè poi la par condicio ci impedirà di a...
Rom e Sinti, l'UNICEF precisa la propria posizione
La dottoressa Laura Baldassarre dell’Unicef Italia, Area diritti dell'infanzia,
ha inviato la seguente nota a sucardrom, dopo la pubblicazione del nostro
intervento "L'Unicef pensa che i bambini sinti e rom siano disabili?...
Le strade dell’alcol in Italia
È risultato positivo al test dell’alcol il 32enne che guidava l’auto coinvolta
nell’incidente avvenuto nel dicembre scorso in provincia di Bergamo in cui hanno
perso la vita padre, madre e una bimba di dieci anni che viaggiavano su una Fiat
Punto. Si era messo al volante del su...
Il Kosovo e i simboli nazionali
L'agenzia russa Ria Novosti informava alcuni giorni or sono che, secondo la
televisione kosovara “le varianti della bandiera e lo stemma” del Kosovo
indipendente erano ormai pronte...
Milano, la Provincia sostiene il progetto "Vivere in Romania"
Con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita degli adolescenti disagiati
in Romania e favorire l’inserimento di rom e romeni nella vita sociale,
economica e culturale locale, la Provincia di Milano ha deci...
Madonna ti invitiamo...
Madonna è a Berlino per presentare il suo primo lavoro da regista e afferma: «se
il mio sogno è di diventare regista sul serio? Well — risponde Madonna — mi
hanno invitato al festival come regista. Non ho bisogno di sognare: sta accadend...
Anno Europeo del Dialogo Interculturale
In una società in rapida evoluzione, in un mondo sempre più interconnesso, anche
le varie culture e tradizioni si mescolano dando un'accelerazione al processo...
Da
Mundo_Gitano
[...]
Dalila Gómez, ex candidata al
Senato per il Polo Democrático Alternativo (PDA) è una giovane e bella gitana
colombiana che, come succede con le minoranze più antiche, proietta la sua
azione politica cercando migliori destini per il suo popolo, visibilità e
riconoscimento con equità in un paese che perorala politica del dialogo per
ottenere la pace.
Quali obiettivi animano la sua presenza nel Polo Democrático Alternativo?
Il popolo intende essere interculturale in una società maggioritaria a volte
ostile ed escludente e cerca di vivere questa interculturalità vivendo questi
aspetti positivi delle altre culture per rafforzare la sua propria.
Dentro questa interazione c'è il vincolo al Polo Democrático Alternativo,
precisamente per le coincidenze che ha il mio popolo nella sua essenza con l'Ideario de Unidad del Polo.
Importante è ciò che vediamo su come dev'essere la vita di comunità, con
principi, con valori, con la difesa della vita stessa, della diversità, con
principi. Questo è quel che vediamo nel PDA.
Pensiamo che tramite il Polo possiamo sottolineare un primo elemento
fondamentale che è la visibilità del popolo gitano. In secondo luogo dimostrare
alla gente chi siamo realmente, perché a volte come siamo, impregnati di
un'essenza anarchica, ci contestano l'essere vincolati ad un partito politico.
Dobbiamo quindi affermarlo, facciamo così, primo perché è un partito
progressista, secondo, perché avere una condizione etnica non ci preclude al
diritto della partecipazione politica, dove possiamo decidere senza che altri lo
facciano per noi.
Istruzione pertinente e di qualità
Quali iniziative porterete per combattere la discriminazione e per
ottenere visibilità e partecipazione come popolo?
Noi registriamo la discriminazione verso il nostro popolo in Colombia nel
disegno delle politiche pubbliche, perché queste sono generalmente per tutti, è
molto differente disegnare una politica pubblica per un gruppo etnico che per la
società maggioritaria. La società gagia, maggioritaria, ha molte opportunità
senza rinunciare al proprio patrimonio culturale, come succede nel nostro caso.
Uno degli elementi omogeneizzanti è precisamente quello dell'istruzione.
Lo Stato è il primo discriminatore del popolo gitano, perché non esiste un
referente dal punto di vista educativo per verificare se stiamo ricevendo
un'istruzione di qualità. Necessitiamo di referenti dal punto di vista gitano.
Predomina in Colombia un sistema d'istruzione dove non esistiamo nella storia.
Ci sono una serie di elementi che si scontrano con l'essenza gitana come le
gerarchie ed i tempi. Noi misuriamo l'autorità da altri punti, misuriamo altri
tempi, l'organizzazione è praticamente piana. Nel popolo Rom tutti comandano a
casa loro. Tutti sono patriarchi e le decisioni si prendono attraverso
un'istanza collettiva.
Soluzione politica con molto dialogo
Dal punto di vista gitano, che soluzioni vedete al conflitto
colombiano?
La pace, e le soluzioni che si possono dare a questo conflitto sembrano come
se avessero un nome proprio, come se avessero un padrone. Se noi siamo in un
paese come la Colombia, dobbiamo cercare uscite e cercare la pace tanto anelata,
perché la parola pace si è deteriorata nei tempi e limiti che le competano, così
che questa situazione si veda riflessa in molteplici aspetti che incidono
contro, da quello politico, all'economico, al sociale. Consideriamo che come
gruppo etnico e anche con gli indigeni e gli afrocolombiani, possiamo proporre
importanti alternative per risolvere il conflitto ed ottenere la riconciliazione
dei colombiani.
Un passo importante è il ritorno a valori come la vita, la collettività, la
sensibilità sociale. Non siamo isole, e questo implica lo scollamento del
materiale. Il conflitto consiste nel controllo del territorio, lì dove ci sono
ricchezze e diversità. Occorre trovare una soluzione politica attraverso molto
dialogo: riscattare il valore della parola.
Noi siamo un popolo di tradizione orale e mai abbiamo avuto bisogno di
firmare documenti o altre cose simili per stabilire una coerenza tra quanto si
pensa, si dice e si fa. Molte volte si pensa una cosa, se ne dice un'altra e se
ne fa un'altra distinta, questo produce uno choc. La soluzione al conflitto
passa per la negoziazione e come sempre occorre equilibrare gli interessi delle
parti per raggiungere la soluzione.
La proposta Rom al Polo Democrático Alternativo
Si è pensato a materializzare l'iniziativa Rom in un progetto di
legge?
Abbiamo una proposta presentata al Comitato Esecutivo Nazionale dal Polo
Democrático Alternativo, dalla sa branca parlamentare, che si riassume in un
progetto di legge simile alla Ley Gitana, qualcosa che si avvicina alla Legge 70
del 1993 per le comunità indigene. Vogliamo sviluppare l'articolo sette della
Costituzione, dove recita che questo è un paese plurietnico e culturale, dove
fare azioni informative per quanti siano stati discriminati attraverso la
storia.
State organizzando la celebrazione del Giorno Internazionale del
Gitano, cosa perseguite con questo evento?
Vogliamo pubblicare un libro, se l'Istituto della Cultura e Turismo ci dirà
sì, e così l'8 aprile, Giorno Internazionale del Gitano, potremo lanciare la
pubblicazione che sarà presentata dagli autori. Con la celebrazione del Giorno
Internazionale del Gitano cerchiamo soprattutto la visibilità, farci sentire. E'
un atto politico e culturale, nel quale con i fatti facciamo sentire che viviamo
in questo paese, che siamo anche colombiani e che è importante lottare per
compensare questo debito storico che si ha con la nostra comunità, in
particolare con Bogotà, una delle nostre città preferite che amiamo molto e
perché siamo contenti qui, e partendo dal nostro processo ci siamo dati molti
strumenti a livello nazionale ed internazionale.
Por: Álvaro Angarita - Periodista y sociólogo
Tomado de:
http://colombia. indymedia. org/news/ 2008/01/78661. php
Corporación para el Análisis, la Investigación, la Educación para la Paz y la
Resolución de Conflictos CREARC
"Juntos construyendo la paz"
Honro el lugar donde dentro de ti, reside todo el Universo.
Honro el lugar dentro de ti donde, si tú estás en ese lugar dentro de ti y yo
estoy en ese lugar dentro de mí, somos sólo uno.
Namaste
Telefax: (571)2831013 - 2830203
E-mail: crearc@gmail.com
http://nuestronombre.es/crearc
http://crearc.blogspot.com
Bogotá - Colombia - Suramérica
Di Fabrizio (del 16/02/2008 @ 09:32:27, in blog, visitato 1809 volte)
Scrive
Gennaro Carotenuto...
Un miliardario milanese residente in Svizzera non è un immigrato albanese. E
così scopriamo l’acqua calda che la giustizia non è uguale per tutti. Marco
Ahmetovic, il cittadino albanese che uccise quattro ragazzi nell’ascolano fu
giustamente arrestato. Per i quattro morti o perché albanese? Preferisco
pensare per i quattro morti anche se il pogrom che ne bruciò il campo nomadi fa
pensare ad altro.
Al contrario l’uomo che ieri a Milano ha assassinato una signora di 52 anni
(un’altra ha perso una gamba e 26 ne ha mandati in ospedale), a bordo di un
Porche Cayenne, non è stato arrestato. Ovviamente la mia è bieca demagogia…
Di Fabrizio (del 15/02/2008 @ 18:09:03, in casa, visitato 2389 volte)
Ricevo da Marco Brazzoduro
Giovedi 14 una comunità di rom romeni, da oltre un anno stanziata in una
baraccopoli ripetutamente minacciata di sgombero, ha occupato, sostenuta da
associazioni gagè e da volontari di varia estrazione, uno spazio abbandonato
nelle adiacenze della stazione Tiburtina. E' la prima volta che i rom a Roma
promuovono un'iniziativa di lotta per il riconoscimento di un diritto
fondamentale ripetutamente calpestato.
Questa sera alle 21, in via delle Cave di Pietralata, altezza civico 81, si
svolgerà una assemblea cittadina di sostegno e domani mattina sabato 16 alle
11.30 si terrà una conferenza stampa.
Da
Romano Them
12 Febbraio 2008 - Secondo la stampa, il Montenegro starebbe aspettando una
nuova ondata di rifugiati se il Kosovo dichiarasse l'indipendenza. Riportando il
Commissario Montenegrino per i Rifugiati, Zeljko Sofranac, i giornali dicono che
il Montenegro dovrebbe, in questa situazione, reagire come uno stato moderno
applicando i trattati e le convenzioni internazionali.
Riferendosi alla situazione del 1999, quando il Montenegro accettò di
ospitare un gran numero di rifugiati come parte di un piano internazionale per
il contenimento regionale della crisi dei rifugiati, il Commissario ha affermato
che il suo paese non sarebbe pronto ad accettare nel lungo periodo rifugiati da
altri paesi.
Ad otto anni dalla fine della guerra, il Montenegro conta ancora circa 16.000
profughi dal Kosovo, molti dei quali Rom. Diventando rifugiati dopo
l'indipendenza montenegrina dalla Serbia, fronteggiano espresse discriminazioni
e devono accettare terribili condizioni di vita nei campi rifugiati o in ripari
privati.
|