Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 12/12/2009 @ 09:26:19, in Europa, visitato 2041 volte)
Draganesti Olt
da
CITYROM Una ricerca per la soluzione dei problemi abitativi delle
popolazioni emarginate
«Hanno costruito tutte queste case dall’Italia. Hanno fatto i soldi in
Italia. Anch’io ho comprato la casa». Maria abita a Draganesti, un paese di
dodicimila abitanti nella regione dell’Oltenia, in Romania. Ha cinquanta anni,
tre figli e sette nipoti ed è separata dal marito. Coi soldi che ha
guadagnato in Italia ha comperato una casa per il figlio maggiore. Č costata
undicimila euro. «Ho lavorato da una donna: lavavo, stiravo – dice in un buon
italiano –. Ho fatto anche la badante. Abitavo nella baracca. Mio figlio Michele
quando siamo arrivati aveva sette anni, è andato scuola per quattro anni. Una
famiglia italiana mi aiutava. Lo portavano in macchina a scuola e lo andavano a
prendere. Dormiva da loro tutta la settimana e la domenica mattina lo
riportavano in baracca. Ma i nostri parenti erano invidiosi e hanno detto che
quelli si approfittavano del bambino. Continuavano a dirlo e allora ho
denunciato la famiglia italiana. Ma poi ho ritirato la denuncia e abbiamo fatto
pace. Sono tornata qui perché sono ammalata. Depressione. Mio marito mi ha
mandato via e vivo da mio figlio maggiore. L’Italia mi ha distrutto. Tante
famiglie sono diventate ricche e tante si sono rovinate. Solo chi ruba e fa cose
brutte ha la casa grande, ha tutto…».
Ogni tanto Maria torna in Italia. Resta a Milano un mese dormendo in una
baracca in un campo abusivo. Con l’elemosina guadagna circa trecento euro. Porta
i soldi a casa e quando finiscono riparte. Č quello che fa la maggior parte dei
milletrecento rom che vivono a Draganesti (più del dieci per cento della
popolazione del paese). Viaggiano con un piccolo bus guidato da uno degli
abitanti, che per cinquanta euro assicura il collegamento con Milano e trasporta
anche pacchi e lettere. Qualcuno ha ottenuto un container nel campo comunale di
via Triboniano ma in genere i rom di Draganesti a Milano abitano nelle “baracchine”,
insediamenti abusivi che costituiscono una sorta di doppio milanese del loro
villaggio romeno. Sono loro che per anni hanno resistito a una serie di sgomberi
sotto il ponte di Bacula, nel quartiere della Bovisa, alla periferia nord di
Milano, ricostruendo ogni volta le baracchine. Dopo l’ultimo sgombero e la messa
in sicurezza dell’area da parte del comune, si sono trasferiti in una zona
abbandonata nel quartiere Lambrate.
Flora è tornata a Draganesti dopo l’ultimo sgombero, il marito è rimasto a
Milano. «Vasile chiede l’elemosina e poi mi manda i soldi. Li porta qui un amico
con la macchina. Io sto qui perchè i bambini vanno a scuola. Per ognuno di loro
il governo mi dà un sussidio di circa dieci euro al mese. Una volta sola li ho
portati per due mesi in Italia». A Milano Flora viveva col marito in una baracca
sotto il cavalcavia Bacula, costruita da loro stessi con assi di legno
recuperate dai cantieri e teloni di pvc. Misurava due metri per tre e c’era
spazio per un materasso e una stufa a legna. Si affacciava in uno spiazzo tra le
baracche dove gli abitanti del villaggio si riunivano per chiacchierare,
cucinare sulla griglia e mangiare insieme. A Draganesti Flora vive lungo la
strada che conduce al centro del paese, sui cui lati sorgono case monofamiliari
abitate da cittadini di etnia rom e non solo. Alcune sono piccole, costituite da
un’unica stanza fatta di mattoni di terra a vista. Altre sono più grandi, con i
tetti decorati con lamiera intagliata e un corridoio d’ingresso illuminato da
ampie finestre. Altre ancora sono nuove o in costruzione, molto più grandi, dai
colori vivacissimi, con torri, archi e cortili chiusi da cancellate. A
Draganesti non ci sono fogne e i servizi per la maggior parte sono costituiti da
una baracca in un angolo del cortile. Pochissime case hanno l’acqua corrente
mentre la maggior parte ha il pozzo in cortile.
La casa di Flora è stata dipinta recentemente di un arancione molto acceso e
ha gli infissi bianchi. «L’abbiamo ampliata due anni fa, con i soldi
dell’elemosina. Abbiamo unito le due vecchie stanze e ne abbiamo aggiunto
un’altra», racconta. La cucina è un piccolo edificio giallo indipendente,
situato nell’ampio cortile pavimentato. Sul retro si trovano un recinto con
polli e oche e la baracca di legno della latrina. Le stanze sono accoglienti,
ciascuna con un grande letto-sofà e tappeti colorati alle pareti. La stanza più
grande è riscaldata da un’antica stufa a legna in ceramica.
Poco lontano dalla casa di Flora abita Monica. Anche a Milano, sotto il
cavalcavia, Flora e Monica erano vicine di casa. Monica ha diciannove anni ed è
tornata da poco in Romania per partorire. Il bambino, nato otto giorni fa, l’ha
chiamato Armani. Il padre del bimbo e il cognato di Monica sono ancora a Milano.
Monica abita con il padre, la madre, il fratello di sedici anni e la sorellina
di sette in una casetta fatiscente che confina col cortile di una delle case più
grandi e vistose del paese. Anche questa appartiene a loro, l’ha costruita il
padre di Monica. Ma la casa è quasi vuota. Le sei ampie stanze hanno l’aspetto
intatto, così come il bagno piastrellato con vasca e doccia. Una stanza funziona
da guardaroba ed è piena di abiti tradizionali femminili. «Non posso dormire
nella casa nuova – dice la mamma di Monica –, non sono abituata. Non so quando
ci andremo. Adesso viviamo tutti insieme nella casa piccola».
Luciano ha ventiquattro anni. Lui una casa non ce l’ha. Abita dalla sorella
che al momento è a Milano. Fino a un mese fa anche lui era in Italia, con la
moglie e il figlio che ora ha un anno e mezzo. Era in regola, con la carta
d’identità italiana. «A Milano – dice – lavoravo per una ditta di materassi. Ho
anche il fatto il muratore. Ho distribuito volantini. Tre anni di lavoro e sono
riuscito a comprare solo un pezzo di terreno. Č costato quattromila euro. Voglio
costruirci la casa. La faccio con la terra perché non ho i soldi per i mattoni.
Il terreno è largo sette metri e lungo cento, ci voglio coltivare la verza, il
pomodoro… Qui lavoro per una famiglia rom, faccio trasporti con il loro carretto
a cavallo. Mi danno venti euro al mese. Anche mia moglie lavora due o tre ore al
giorno in casa loro. Ci sono anche i rom ricchi a Draganesti. C’è il più ricco
della Romania che ha quindici case, tutte uguali. Negli anni Novanta è stato in
Italia, in Germania, ha girato tutta l’Europa. Non si sa che lavoro fa, non si
può chiederglielo… Dall’Italia sono andato via perchè gli assistenti sociali
hanno preso mio figlio. Hanno detto che io e mia moglie facevamo accattonaggio.
Allora ho preso mio figlio e sono andato via. In Italia non torno senza un
lavoro».
Luciano a Draganesti sembra un’eccezione. Le scenografiche case di chi torna
dall’Italia con i soldi spiccano nel paesaggio agricolo depresso dell’Oltenia e
costituiscono un miraggio a cui è difficile resistere. I rom di Draganesti vanno
avanti e indietro da Milano a caccia di soldi, da ottenere con il lavoro,
l’accattonaggio o le attività illecite. D’altronde a Draganesti il lavoro non
c’è e quel poco è pagato malissimo. Un operaio in fabbrica guadagna duecento
euro e in questa zona la fabbrica è una sola. Produce vestiti e vi lavorano
duecento donne. Solo tre sono rom. (sp/…)
Di Fabrizio (del 11/12/2009 @ 09:40:40, in Europa, visitato 1694 volte)
Dear all,
My name is Ela Veresiu. I am PhD student at Witten/Herdecke University in Witten
Germany. I am studying city-life in large/global cities and how different people
from different ethnicities live together. This study was my idea and is
independent from the university. The starting point for my work is the Roma
community in Italy and in Europe. I am very interested in hearing stories about
every day life of members of the Roma community. If it is not too much trouble,
I was wondering if you would be interested in talking with me or if you could
put me in contact with anyone associated with the
http://www.sivola.net/dblog/ who would be interested in sharing their
stories with me. I am really interested in talking about everyday activities,
such as cooking, working, shopping. If you have time and are interested, a
conversation over skype or the telephone would be very much appreciated.
This is a link to my website for more information on my work:
http://www.roma-consumers.com/ .
Thank you very much in advance for your help.
Sincerely,
Ela Veresiu
Di Fabrizio (del 09/12/2009 @ 09:46:39, in Europa, visitato 1515 volte)
Da
Roma_Francais
Onofrei Miclescu, presidente dell'associazione Caravana Romilor -
LyonCapital.fr par Burlet Laurent
Si chiama Onofrei Miclescu e vive da quindici anni in Francia,
nell'agglomerato di Lione. Come tutti gli altri Rom dell'Est, conosce le
bidonville e gli squat. Ma lui ha avuto una possibilità in più. Dopo
l'espulsione nell'agosto 2007 dall'occupazione di La Soie, dove viveva assieme
ad altre 500 persone, è stato rialloggiato dal sindaco di Villeurbanne.
Da allora, vive in una piccola casa con tre dei suoi figli, ed un pezzo di
terreno a disposizione. Però, non ha dimenticato gli altri che continuano ad
errare. Nel maggio 2007, ha creato la sua associazione, Caravana Romilor, volta
a "difendere i Rom nell'accesso ai loro diritti all'impiego, alla
scolarizzazione, alla formazione, all'alloggio o alla sanità" ma ugualmente per
"cambiare l'immagine dei Rom in Francia e nell'agglomerato". Per il momento, la
sua associazione recluta soprattutto tra i Rom di Craiova, città nel sud della
Romania dove lui stesso è originario. Attualmente, i suoi "associati" si trovano
nell'ex officina di Saint Jean Industries, avenue Viviani a Vénissieux.
E' in materia di alloggio che i Rom della Caravana Romilor sono più avanti.
Domandano una "platz" (un terreno) dove installare delle case mobili.
"Occorrerebbe che gli abitanti utilizzassero le prestazioni familiari della CAF
ed un piccolo reddito durante alcuni mesi per apprendere il francese e formarsi.
Non è impossibile. Nantes e Parigi l'hanno fatto", precisa Onofrei Miclescu.
Seconda importante rivendicazione: il diritto al lavoro ancora fortemente
limitato sino al 2012. "In Romania ho lavorato come conducente professionale. Ma
qui, con la tassa che devono pagare le imprese, mi è difficile trovare un
impiego". Il presidente dell'associazione fa "una promessa al prefetto": "Se
otterranno gli stessi diritti degli Italiani o degli Spagnoli, i Rom non
eserciteranno più le attività illecite che oggi sono loro necessarie per vivere.
Oggi, non abbiamo niente, è normale che si sbagli!"
Di Fabrizio (del 08/12/2009 @ 09:48:42, in Europa, visitato 1820 volte)
Da
British_Roma
04/12/2009 - Un'importante agenzia UE dei diritti umani ha ammonito che Rom e
Viaggianti sono di gran lunga il gruppo minoritario più discriminato in Europa e
potrebbero diventare ancora di più un capro espiatorio durante questa
recessione.
Morten Kjaerum, direttore dell'Agenzia UE per i Diritti Fondamentali, ha
detto ieri che nei suoi recenti studi su 25.000 persone in tutta Europa ha
trovato che in quasi tutti i parametri - salute, istruzione, alloggio - i
due gruppi minoritari trovano alti livelli di discriminazione.
"Questo studio è stato condotto ai margini della crisi finanziaria che
sfortunatamente da allora è cresciuta. Abbiamo rilevato da alcuni studi
continuati un certo numero di capri espiatori riguardanti la comunità rom," ha
detto Kjaerum alla conferenza di Dublino per celebrare il 25° anniversario del Pavee Point
Travellers Centre.
Margaret Greenfields, oratrice della Buckinghamshire New University ed
autrice del rapporto sui Viaggianti per la Commissione Britannica
sull'Uguaglianza ed i Diritti Umani, ha detto che i Viaggianti Irlandesi in
Inghilterra affrontano un'ostilità più estrema degli zingari britannici.
"Uno studio ha trovato che il 35% dei britannici riteneva accettabile la
discriminazione contro i Viaggianti. Si appoggia sull'esistente pregiudizio
anti-Irlandese... Mi hanno persino sputato durante degli incontri dove parlavo a
favore dei Viaggianti," ha detto la dottoressa Greenfields.
La conferenza ha sentito gli esempi dove i membri della comunità stanziale
entrava in conflitto coi Viaggianti. Uno schema abitativo dei Viaggianti a Skerries
ha attratto 1.182 obiezioni, con i locali che minacciavano di esumare i corpi
dei loro parenti da un vicino museo se il consiglio locale avesse completato i
lavori.
"All'inizio di quest'anno una casa destinata ad una famiglia viaggiante a
Tipperary è stata data alle fiamme prima che la famiglia potesse trasferirvisi.
Questo ci ricorda che i Viaggianti sono tuttora uno dei gruppi più disprezzati
ed esclusi nella società irlandese," ha detto Martin Collins, uno dei fondatori
del Pavee Point, che fa campagne a favore della comunità viaggiante (vedi
QUI ndr).
Ha anche riflettuto sui progressi fatti dalla comunità viaggiante da quando è
stato fondato il Pavee Point, notando che 50 Viaggianti si sono laureati
all'università negli anni recenti e tre Viaggianti stanno attualmente studiando
al Royal College of
Surgeons.
Anastasia Crickley, presidente dell'Agenzia con base a Vienna per i Diritti
Fondamentali, ha detto che in Irlanda c'erano buone strutture che potevano
aiutare a terminare la discriminazione contro i Viaggianti, ma c'è stata
spesso una mancanza di volontà politica nell'implementare i piani.
L'accesso ad una sistemazione opportuna rimane critico per la comunità
viaggiante, anche se negli anni recenti sono stati compiuti alcuni progressi.
Nel 2002 il 37,6% dei Viaggianti non aveva accesso all'acqua potabile, mentre il
35,2% non aveva fognature. Queste cifre cadono rispettivamente al 26,4% e al
25,3% nel 2006.
Di Fabrizio (del 06/12/2009 @ 09:01:30, in Europa, visitato 1619 volte)
Da
Czech_Roma. Per una volta, un
lieto fine
Ostrava, 2.12.2009, 14:02, (ROMEA) I dottori hanno rilasciato oggi Natálka
dall'ospedale, per continuare la degenza a casa. La bimba rom di due anni aveva
sofferto di severe ustioni come risultato di un attacco incendiario contro la
sua famiglia a Vítkov. Continuerà comunque ad andare regolarmente all'ospedale e
probabilmente dovrà subire ulteriori operazioni. Sconterà l'impatto del trauma
per il resto della vita.
"Il trattamento è stato molto impegnativo dal punto di vista medico. Nessun
altro infante di quell'età con ferite tanto estese era mai sopravvissuto prima
in questo paese." ha detto a ČTK Michal Kadlčík, rappresentante della
divisione del Centro Trattamento Ustioni dell'ospedale di Ostrava.
La madre di Natálka, Anna Siváková, non sa come ringraziare i dottori. "Dire
grazie non basta. E' troppo poco: le hanno salvato la vita. Vorrei dare loro un
abbraccio enorme," ha detto la giovane donna.
Oggi, dopo sei mesi di degenza in ospedale, la signora Siváková porterà sua
figlia a vivere nella nuova residenza di Budišova nad Budišovkou. La famiglia ha
ottenuto la casa con i soldi di una sottoscrizione pubblica. Le due sorelle e a
suo padre la stanno aspettando assieme agli altri parenti. "E' tanta la voglia
di rivedere Natálka che sono rimaste a casa da scuola," ha detto Siváková.
ROMEA, ČTK, translated by Gwendolyn Albert
Di Fabrizio (del 05/12/2009 @ 09:40:06, in Europa, visitato 1641 volte)
TicinoOnLine
BERNA - Il Consiglio federale ha approvato il quarto rapporto
sull'applicazione della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie. Esso
fornisce uno spaccato della politica linguistica della Svizzera con particolare
attenzione alla promozione dell'italiano e del romancio.
Il rapporto prende posizione sulle raccomandazioni del Consiglio d'Europa, che
chiedeva in particolare ai cantoni Ticino e Grigioni di promuovere
l'italiano e il romancio. Nel canton Grigioni l'introduzione del rumantsch
grischun nelle scuole è un progetto pilota ancora in fase di realizzazione. Per
quanto concerne la raccomandazione di utilizzare il romancio nelle sfere
pubbliche, Coira ha fatto sapere che la legge cantonale sulle lingue garantisce
l'uguaglianza delle tre lingue ufficiali del Cantone (italiano, tedesco e
romancio).
Il Consiglio d'Europa aveva raccomandato anche alla Svizzera di mantenere
vivo il dialogo con chi parla la lingua jenisch (il popolo Jenish rappresenta la
terza maggiore popolazione nomade europea, dopo i Rom e i Sinti). Berna risponde
di sostenere un progetto realizzato dagli jenisch stessi, che permette loro di
mantenere e promuovere la loro lingua e cultura.
La Svizzera ha approvato la ratifica della Carta europea delle lingue regionali
o minoritarie nel 1997. I paesi coinvolti sono tenuti a consegnare ogni tre anni
un rapporto. Le finalità essenziali della Carta sono: conservare e promuovere la
pluralità linguistica come uno degli elementi più preziosi della vita culturale
europea.
Di Fabrizio (del 05/12/2009 @ 09:01:47, in Europa, visitato 1795 volte)
Ricevo da Roberto Malini
nell'immagine tratta da Wikipedia:
La Giralda di Siviglia. Attualmente campanile della Cattedrale, era in età
islamica il minareto della Grande Moschea
Milano, 2 dicembre 2009. Dall'Italia l'intolleranza si diffonde in Svizzera,
dove un referendum ha proibito la costruzione di nuovi minareti. E' stato
facile, per il Partito Popolare Svizzero (SVP), di estrema destra, ottenere il
57% dei voti. Nel clima di diffidenza e sospetto che caratterizza oggi la
Svizzera, come si poteva credere che il popolo decidesse di manifestare apertura
verso la fede islamica? Perché mai avrebbe dovuto farlo, visto che i media
descrivono tutti i musulmani come nemici della civiltà occidentale? A causa
delle politiche contro i Diritti Umani, l'Unione europea rischia una vera e
propria crisi della democrazia. La democrazia si fonda infatti sulle
Costituzioni e le carte che tutelano i diritti delle minoranze, visto che le
maggioranze hanno quale privilegio intangibile - nell'istituzione democratica -
il diritto di governare. Nel nostro continente è in vigore la Carta dei diritti
fondamentali nell'Unione europea (http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf).
La "volontà popolare", spesso manipolata attraverso i media e la propaganda, non
può e non deve sostituirsi ai Diritti Umani. In Italia movimenti
anti-immigrazione e anti-minoranze come la Lega Nord, Forza Nuova, i partiti di
estrema destra e, ormai, anche il Pdl chiedono ai cittadini: "Volete i Rom?",
"Volete i rifugiati?", "Volete gli stranieri poveri?", prospettando scenari
apocalittici o invasioni barbariche. I cittadini rispondono "no, non li
vogliamo" e le Istituzioni fanno leggi razziali. Con i referendum, si ottengono
gli stessi risultati. Ma tutto questo è illegittimo e antidemocratico, perché
viola i diritti delle minoranze, che non dovrebbero essere in discussione. Per
recuperare la democrazia, è necessario impedire la propaganda e i referendum
contro le minoranze. Altrimenti, sull'onda della "volontà popolare", presto i
comparti sociali più vulnerabili saranno privati dei più elementari diritti
della persona: "Volete le sinagoghe?", "Volete coppie omosessuali in giro per le
città?", "Volete che circolino pubblicazioni che presentano altre forme di
cultura, religione, civiltà?", "Volete che il denaro pubblico sia speso per dare
assistenza ai poveri?", "Volete che si diffondano modi di vivere alternativi a
materialismo e consumismo?". Un po' di propaganda e la risposta sarà sempre
"no". No alle diversità, che spaventano il "comune buon senso". Senza
l'inviolabilità dei Diritti Umani, vi sono le atrocità che si commettono da
sempre in nome del popolo, quello steso popolo che applaudiva l'Inquisitore
assistendo al tragico spettacolo dei roghi; quello steso popolo che acclamava
Hitler e i suoi volenterosi carnefici; quello stesso popolo che in tante
occasioni ha partecipato attivamente a pogrom e purghe etniche; quello stesso
popolo che. armato di badili, picconi e bastoni, massacrava il popolo ebraico
negli Stati Baltici, affiancando le sanguinose operazioni degli Einsatzgruppen.
Quello stesso popolo che oggi - nonostante gli insegnamenti che la Storia
recente cerca invano di trasmetterci - sorride agli sgherri e applaude il loro
operato quando sgomberano un insediamento Rom o arrestano qualche immigrato
scampato alle guerre o alle carestie nei Paesi poveri. Totale disumanità. Grado
zero della democrazia.
Di Fabrizio (del 01/12/2009 @ 08:55:58, in Europa, visitato 1766 volte)
Da
Roma_Francais
OSTROVANY - Lucia Kucharova non vuole più guardare dalla finestra da quando
la vista è ostruita dal muro che separa le capanne circondate di rifiuti dove
vivono circa 1.200 Rom, dal resto del villaggio di Ostrovany, nella Slovacchia
dell'est
Due Rom dietro il muro costruito per isolarli dal villaggio di Ostravany in
Slovacchia, 11 novembre 2009
La costruzione di cemento di 150 metri di lunghezza e due di altezza,
eretta il mese scorso con un costo di 13.000 euro, suscita l'indignazione dei
Rom e dei difensori dei diritti umani.
"E' discriminazione. Il sindaco avrebbe piuttosto dovuto spendere quei soldi
per costruire delle abitazioni per noi," protesta Lucia Kurachova, Rom di 25
anni. Cyril Revak, sindaco dal 1991 di questo villaggio di 1.800 abitanti, evita
prudentemente di parlare di "muro". Ma ne giustifica la costruzione accusando la
comunità rom di furti.
"Il recinto non impedisce ai Rom di venire al villaggio. Impedisce loro
giusto di penetrare nei giardini privati per rubare. Non sono che piccoli furti,
soprattutto d'autunno. La gente non può più coltivare legumi nei giardini,
perché vengono rubati," afferma il sindaco.
Anche se largamente maggioritaria a Ostrovany, la comunità rom non partecipa
affatto alla vita pubblica, affermando che non cambierebbe niente. "Ho votato
per il muro, dato che il consiglio municipale l'avrebbe deciso in ogni modo,"
riconosce d'altra parte Dezider Duzda, l'unico Rom tra i nove consiglieri
municipali.
Ai piedi del muro, Alena Kalejova cerca dei mozziconi. "Le sigarette sono
troppo care. Si vive a mala pena con i 150 euro al mese della disoccupazione,"
spiega questa giovane madre rom di 21 anni.
Quasi tutti i membri della comunità sono senza lavoro.
Di Fabrizio (del 28/11/2009 @ 09:49:25, in Europa, visitato 2105 volte)
Da
British_Roma
24 Dash.com Published by Jon Land
25/11/2009 - Oggi quindici bambini sono ritornati e sei persone sono state
rilasciate senza accuse, dalla polizia che investigava su un presunto traffico
infantile.
I giovani della comunità rom di Manchester erano stati presi in carico dopo
che la polizia li aveva trovati a tre diversi indirizzi all'inizio di questa
settimana.
Gli investigatori ritenevano che fossero obbligati a commettere piccoli
crimini, ma la polizia metropolitana di Manchester ha ora appurato che non
c'era alcuna evidenza di sfruttamento o criminalità.
La polizia ha eseguito gli accertamenti nell'area di Agnes Street a Gorton e
di Stockport Road a Longsight nelle prime ore di lunedì.
C'è una numerosa comunità rom nelle aree di Gorton e Longsight, che si stima
in 1.000 persone.
Un portavoce della polizia metropolitana di Manchester ha detto: "Due uomini
e quattro donne, di età compresa tra i 23 e i 32 anni, che erano stati arrestati
per il sospetto di traffico di persone, sono state tutte rilasciate senza
carichi pendenti."
"Pure i quindici bambini [...] che erano stati temporaneamente presi in
carico dai Servizi Infantili Comunali, sono ritornati alle loro famiglie."
Il soprintendente Paul Savill, che ha condotto l'operazione, ha detto:
"Avevamo il dovere di agire per il sospetto che i bambini che vivono nella
comunità rom potessero essere vittime di traffici nella cintura di Manchester.
Dovevamo verificare che non ci fossero problemi ed assicurarci che i bambini non
fossero sfruttati."
"Assieme al Consiglio Municipale abbiamo condotto le indagini e siamo
soddisfatti di non avere trovato prove di sfruttamento o criminalità, così
abbiamo rilasciato tutti gli arrestati, senza che vi sia alcun carico nei loro
confronti, ed i bambini sono stati riportati alle loro famiglie."
"Vorrei elogiare tutti quanti sono stati coinvolti per la loro cooperazione
offerta alla nostra indagine."
"Il nostro scopo primario è stato di salvaguardare il benessere di questi
bambini, ed abbiamo cercato di condurre le indagini nel modo più rapido
possibile, per minimizzare la disgregazione sia dei bambini, che dei loro
genitori e della comunità rom."
"Vorrei ancora sottolineare che questa operazione non intendeva stigmatizzare
i Rom insediati nella nostra comunità. Stiamo lavorando molto duramente, assieme
a tutti i nostri partner, per aiutarli ad inserirsi qui e continueremo a dar
loro tutto l'appoggio possibile per programmare una nuova vita a Manchester."
Di Fabrizio (del 27/11/2009 @ 09:49:19, in Europa, visitato 2217 volte)
Da
Hungarian_Roma (con un
link per chi conosce un po' d'inglese)
TheBudapestTime.hu by Alice Müller
Sabato, 21 novembre 2009 - Un villaggio vicino al confine ungherese con una
popolazione di 200 abitanti e affetto da disoccupazione e povertà, si sta
preparando a diventare un'attrazione turistica. No, non si tratta di turismo del
disastro. Il villaggio spera di attrarre turisti con i suoi murales. Ispirati
alla rabbia.
"Due anni fa vidi in televisione la Guardia Ungherese marciare davanti al
palazzo di Sólyom. La totale ignoranza ed intolleranza di quella gente mi rese
così furioso che la rabbia mi portò a questo," dice Eszter Pásztor,
iniziatrice del progetto "Freszkófalu". Pásztor è arrivata all'idea di un
villaggio di affreschi per quello che aveva visto in villaggi egiziani che
vivevano di turismo. La possibilità che i turisti vengano a Bodvalenke non è per
niente irragionevole.
La rete di caverne Aggtelek è a meno di 20 km., e non lontano dal villaggio
c'è una strada gotica con un diverse chiese attrattive. Proprio ai margini del
villaggio inizia una palude con rari animali e specie di piante. Attualmente si
stanno completando i programmi per i percorsi turistici attraverso la Grande
Pianura.
Povertà zingara
"Quando arrivammo in questa -Ungheria da terzo mondo- e preparavamo da
mangiare nella cucina dell'ufficio, i bambini del villaggio si allineavano di
fronte alla nostra finestra per vederci mangiare. Comprendemmo che un gran
numero di bambini avevano fame, mentre gli altri erano gonfi, ma completamente
malnutriti," ricorda Pásztor. "Se vuoi davvero combattere la povertà, allora
devi attaccarla da tutti i fronti," aggiunge. Dei 200 residenti del villaggio,
il 58% sono Zingari, ma la percentuale schizza se si guarda la popolazione con
meno di 60 anni: i non-Rom sono solo l'8% della popolazione del villaggio sotto
i 60 anni.
Su tutta la popolazione del villaggio, ci sono due persone con lavori
regolari: uno nell'ufficio del governo locale e l'altro in una succursale di una
clinica. Due donne del villaggio impiegate in una fabbrica di vestiti, hanno
perso il loro lavoro quando la ditta si è spostata in Ucraina perché là ci sono
oneri salariali più bassi. E' davvero sorprendente che il reddito medio è di
soli 16.000 fiorini (59 €u.). Come risultato a malapena ci si può permettere
l'autobus verso il villaggio vicino.
Ottenere vantaggi
L'unico negozio del villaggio sfrutta la situazione vendendo al doppio del
prezzo normale.
Il fenomeno degli usurai è fin troppo facile da comprendere in un simile
retroscena. Non stupisce che non tutti non sono contenti del progetto, che
minaccia di portar via loro dei clienti.
Resistenze da superare
Ma ci sono anche altri ostacoli da superare. "All'inizio, nel marzo 2009, non
è stato facile. Non volevo e non potevo iniziare a cercare i finanziamenti prima
del beneplacito del villaggio. La reazione iniziale di molti residenti è stata:
"Non puoi dipingere la mia parete." "Poi, alcuni dell'assemblea del villaggio
hanno ricordato che c'era un tale János che aveva un cavallo ed un carro che si
potevano usare per trasportare i turisti, mentre una donna di nome Zsusza
avrebbe potuto cuocere il vakaró (focaccia tradizionale) per gli ospiti, ed il
resto è seguito a valanga."
Attualmente non ci sono infrastrutture per i turisti; ristoranti, ostelli e
campeggi esistono solo nell'immaginazione, perché non c'è mai stata l'esigenza
di migliorare le infrastrutture per i residenti. Diverse famiglie del villaggio
sono già state in grado di trasferirsi dalle case a rischio di crollo o senza
riscaldamento, in case ristrutturate nel centro del villaggio.
Già questa è stata una piccola rivoluzione sociale, dato che nel centro
villaggio vive la popolazione di etnia ungherese, che non voleva dei Rom in
questa parte "pulita". I ragazzi vengono a giocare e fare i compiti
nell'ufficio. Nel retro c'è persino un'azienda agricola per i bambini, dove
prendersi cura di conigli, lepri e due capre. La squadra di quattro operatori
sociali assieme a Pásztor assiste i residenti del villaggio nella nutrizione e
nelle visite ai pubblici uffici.
L'arte
Pareti dipinte dai 10 ai 25 metri decorano il villaggio.
La Fondazione Laboratorio Culturale Europeo ha finanziato i creatori di
questi lavori, tutti Rom, tramite una competizione nazionale. Perché non è stato
approcciato nessun artista ungherese? "Hanno avuto le possibilità di esibirsi.
Non si tratta di questo," dice asciutta Pásztor. Il progetto infatti significa
molto di più: è sulla cultura rom, spesso disprezzata in Ungheria e messa in
primo piano. Alcuni affreschi presentano leggende zingare, ma rimarranno un
mistero per molti visitatori se nessuno le spiegherà.
Così un tour dei dipinti apre un mondo unico di immaginazione, per esempio,
la credenza che originariamente i Rom volassero per aria come uccelli. Come
risultato di una ricca festa, le ali ali diventano braccia, e da allora in poi
hanno viaggiato a piedi. O che la luna ed il sole siano stati rubati da un
mostro e liberati da due suonatori di tromba:uno trasportò la luna diventando
sempre più pallido fino a divenire l'uomo nella luna, mentre l'altro che
trasportò il sole ne fu bruciato - diventando con la sua pelle scura l'antenato
degli zingari. Ma vengono rappresentati anche argomenti attuali: la striscia di
uccisioni di Rom l'anno scorso è il motivo di un affresco nel centro del
villaggio.
Ancora da fare
Camminare con Pásztor per Bodvalenke fornisce un'idea di che cosa si
prospetta avanti. La fontana della piazza del villaggio sarà adornata con un
drago che verrà dipinto una volta l'anno da residenti ed ospiti, in occasione
del festival di primavera. Pásztor spiega come un cortile semi abbandonato
diventerà un giardino con uno spazio per i falò. Un edificio in abbandono
diventerà un negozio di oggetti costruiti dagli abitanti, come cesti intessuti e
gioielli.
Tuttavia, ci sono ancora da sviluppare accordi di cooperazione con i villaggi
attorno, e con gli operatori turistici sulle possibili offerte. La speranza che
il villaggio possa reggersi sulle sue gambe è visibile sulle facce di molti dei
suoi abitanti.
Donazioni
European Workshop Cultural Society, 1121 Budapest,Konkoly- Thege M. út 50.
Registry number: 9511
Account number:
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10918001-00000046- 61280007
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