Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
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Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 12/03/2009 @ 09:02:33, in Italia, visitato 1426 volte)

Oggi l'avvocatessa Federica Panizzo ha depositato presso la Procura della Repubblica l'esposto-denuncia, relativo al brutale blit della polizia del 5 marzo, quando in diverse città del Veneto sono stati schedati centinaia di rom e sinti. Con quella denuncia don Francesco Cipriani [anche lui tra gli «schedati»] e altri cittadini residenti in Strada La Rizza chiedono alla magistratura «di valutare se l'intera operazione si connoti, per le modalità con le quali è stata condotta e per aver coinvolto una intera categoria di persone, anche minori di età, cittadine e cittadini italiani individuate esclusivamente in base all'appartenenza a una minoranza etnica, per essere discriminatoria per motivi di appartenenza etnica, razziale, religiosa e lesiva, quindi, del principio della pari dignità sociale».
Pubblichiamo di seguito una lettera aperta alle autorità civili e religiose veronesi e alla stampa locale firmata da centinaia di persone [tra i primi firmatari Mao Valpiana, direttore di Azione nonviolenta; per informazioni e adesioni tel. 348 2863190, www.nonviolenti.org].

«Lettera aperta alle autorità civili e religiose veronesi e alla stampa locale»
Cosa accadrebbe se domani in un qualsiasi condominio di Borgo Roma, Borgo Trento o Borgo Venezia arrivassero funzionari di Polizia in divisa, svegliando all'alba tutti i membri delle nostre famiglie, per fotografarci di fronte e di profilo, con un cartello identificativo in mano, dicendoci che si tratta di un'operazione di controllo? come reagiremmo? Certamente lo riterremmo intollerabile e gravemente lesivo della nostra dignita'.

Noi sottoscritti, cittadine e cittadini veronesi, abbiamo saputo che, all'alba del 5 marzo 2009, agenti di Polizia della Questura di Verona hanno videofilmato e fotografato, di fronte e di profilo, le persone residenti o domiciliate presso le piazzole di sosta di Strada La Rizza, Forte Azzano, famiglie residenti in Verona da decenni; si tratta di nostri concittadini italiani che si riconoscono come appartenenti alla minoranza etnico-linguistica Rom.

Apprendiamo da un quotidiano locale che questi concittadini sarebbero stati fotografati da personale di Polizia con un cartello in mano indicante cognome, nome e data di nascita e numero progressivo, nonostante il possesso da parte loro delle carte di identita' e la loro regolare iscrizione ai registri anagrafici; sarebbero stati sottoposti a tale procedura anche alcuni minorenni.

In qualita' di semplici cittadini e cittadine, riteniamo che il possesso di carta di identita' e la regolare iscrizione nei registri anagrafici locali, dovrebbero preservarci, a prescindere dalla nostra appartenenza linguistica, religiosa, etnica o dalle provenienze culturali o geografiche di ciascuno di noi, dal subire metodi di identificazione che, al di fuori dei casi tassativamente previsti dal nostro ordinamento, riteniamo lesivi della dignita' personale.

Se, poi, come risulta da talune agenzie Ansa, tale procedura fosse stata effettivamente programmata unicamente con riferimento a persone residenti nei “campi nomadi” veneti, la nostra preoccupazione non potrebbe che aumentare: riservare un trattamento deteriore ad un'intera categoria di persone a causa della loro appartenenza ad una minoranza etnica, costituisce certamente offesa intollerabile ai piu' basilari principi giuridici su cui si fonda la nostra comunita'.

Dove non c'e' democrazia e dove non c'e' pace per i Sinti, i Rom, gli “zingari”, non ci sara' pace e democrazia neppure per tutti gli altri, perche' tutti siamo parte di questa citta': ci attiviamo dunque per noi stessi, per la nostra comunita' civile, per i nostri figli, perche' la citta' e la societa' in cui con responsabilita' ed onesta consapevolezza vogliamo vivere nasca dal rispetto del diritto e della vita di ognuno.

Non vogliamo limitarci ad una mera testimonianza di solidarieta', ma anche attivarci perche' tutti, ma proprio tutti, possano da una parte diventare titolari di diritti civili, economici, sociali, politici e culturali, e dall'altra assumersi la responsabilita' di doveri per una inclusione sociale che non comporti annullamento della propria specificita' e non generi e alimenti conflittualità».

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Di Fabrizio (del 11/03/2009 @ 12:54:39, in Italia, visitato 1460 volte)

Da Peacelink

10 marzo 2009 - Sergio Paronetto

Molti non lo sanno. Chi le pronuncia forse non lo sa ma è bene rendersene conto. Tante frasi dure e aggressive ripetute a sostegno di ordinanze, di provvedimenti o di proposte legislative a favore dei padani doc, assomigliano a quelle che hanno preparato il clima politico e culturale delle leggi razziali in Germania (1935) e in Italia (1938). Senza abbondare in citazioni (la bibliografia al riguardo è immensa), mi limito a ricordare il programma del Partito nazionalsocialista, redatto da Hitler nel 1920, dove si afferma (dal n. 4 al n. 8) la famigerata teoria della “comunità di popolo” basata su concetto di Volksgenosse che significa “membro della comunità popolare”, di “razza tedesca”, l’unico a godere dei diritti di cittadinanza. Tutti gli altri sono “ospiti” sottomessi a una “legislazione per stranieri”. È questo che si vuole?

Chi ritiene esagerato il giudizio di imminente o diluito nazifascismo può almeno riflettere sulla logica tribale in cui stiamo cadendo. Vari esponenti politici di governo (nazionale e locale) sembrano pensare solo all’ indiano padano perennemente assediato o minacciato. Vogliamo vivere come tribù separate o parallele? Tribù significa sia gruppo etnico che organismo sociale determinato e omogeneo che occupa una regione sulla quale afferma diritti tradizionali.
Moltissimi rom, sinti o islamici sono italiani-padani da anni, eppure si cercano impronte e foto, si invoca la difesa della “comunità di popolo”, si moltiplicano controlli esasperati del tutto controproducenti, mai pensati, ad esempio, per i sospettati di criminalità mafiosa o di finanza nera (analizzata dal Financial Crimes Enforcement Network), per gli autori (in gran parte familiari o conoscenti) di violenza contro donne, bambini e bambine o per i responsabili di grandi evasioni fiscali o di vittime del lavoro.

Giorni fa, un gruppo di antropologi ha diffuso un appello dal titolo “La civiltà violata. Contro il ripiegamento autoritario e razzista che mina le basi della coesistenza”. Le loro argomentazioni assomigliano a quelle di molte organizzazioni sostenitrici della campagna “siamo medici non spie” o ai firmatari della recente lettera aperta riguardante l’inutile odiosa schedatura di persone (italiane e veronesi), avvenuta il 5 marzo scorso presso le piazzole di sosta di strada La Rizza, presso Verona.

Gli imprenditori delle paure aprono ferite e alimentano divisioni. La cultura del nemico ci rende tutti più infelici e insicuri. Il linguaggio volgare e violento che spesso ci avvolge tende a produrre inevitabilmente azioni volgari e violente. La vera sicurezza può essere solo costruita assieme come un bene comune.

Ultima osservazione. I sostenitori del binomio “sangue-suolo” sono pronti a brandire la croce come simbolo di un “cristianesimo senza Cristo” che mi sembra simile a quello propugnato dall’“Action francaise”, il movimento di Charles Maurras sostenitore di un “cattolicesimo anticristiano”, condannato da Pio X (1914) e da Pio XI (1926). Ogni progetto autoritario o totalitario ha bisogno di una religione civile settaria o guerriera.

Non è questa la cultura veronese in cui sono cresciuto.

Non è questa la fede cristiana espressa dal recente Sinodo diocesano.

Esiste una Verona ricca di risorse democratiche e di esperienze libere e solidali che forse si è assopita ma può risvegliare la sua identità relazionale e cosmopolita.

Qualcosa si muove. Per qualche mese alcuni autobus porteranno per Verona la scritta “Nella mia città nessuno è straniero”.

Verona 10.03.09

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Di Fabrizio (del 11/03/2009 @ 09:18:42, in Italia, visitato 1524 volte)

Ricevo da Maria Cristina Di Canio

DEGUSTAZIONE, ASSAGGI E SFIZI DELLA CUCINA BOSNIACA TRADIZIONALE

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Di Fabrizio (del 11/03/2009 @ 09:09:15, in Italia, visitato 1390 volte)

Da Avvisatore.it

Parla l'ex assessore alle Politiche sociali di Roma: 'Nel 2000 gli insediamenti abusivi erano passati da 51 a 16, avevamo realizzato 5 villaggi attrezzati e il Casilino 700 era completamente sgomberato' da Redattore Sociale

ROMA - Niente di nuovo sotto il sole. Il regolamento per la gestione dei campi rom della Capitale ricorda molto un'ordinanza emanata dall"allora sindaco Francesco Rutelli alla fine del 1996. Amedeo Piva, che in quel periodo era assessore comunale alle Politiche sociali, racconta le scelte di quella stagione politica e spiega cosa a suo parere andrebbe fatto per rendere le politiche sui rom realmente efficaci. Lo abbiamo intervistato.

Dottor Piva cosa accadeva ai tempi della prima giunta Rutelli?
A Roma, secondo un censimento molto capillare e puntuale fatto nel '95, c'erano 51 campi nomadi abusivi e 5.467 persone che vi vivevano dentro, più un altro migliaio tra rom e sinti fondamentalmente italiani che abitavano in appartamento. Su questa base il 26 gennaio 1996 è stata emanata un'ordinanza sindacale che dettava le regole per la permanenza dei rom nella città, censiva gli insediamenti esistenti e subordinava la permanenza nei campi a un permesso speciale che doveva essere assegnato dall'Ufficio immigrazione. Quindi il regolamento dei campi è una cosa già vista e già fatta.

Ha funzionato quel regolamento?
Alla fine del periodo in cui Rutelli è stato sindaco, quindi nel 2000, gli insediamenti abusivi erano passati da 51 a 16. Avevamo portato avanti una serie di interventi e avevamo realizzato 5 villaggi attrezzati con moduli abitativi, 3 campi attrezzati e 3 semi-attrezzati. Inoltre il Casilino 700 era stato completamente sgomberato e su quell'area era nato un parco. Quindi il percorso era già tutto tracciato e ben definito, e vedo che adesso le stesse regole vengono rilanciate dal prefetto per cercare di normalizzare queste presenze. Ciò non può che farmi piacere, ma non basta: i problemi dei rom sono i problemi degli italiani soltanto portati all'esasperazione.

Cosa fare allora?
L'intervento necessario è la scolarizzazione che però da sola non è sufficiente. Gli adolescenti che non trovano uno sbocco lavorativo corrono un rischio di devianza 100 volte superiore a quello dei giovani italiani. Quindi bisogna avere il coraggio di fare strategie a lungo termine. Occorre, infatti, un controllo sul territorio per far sì che i rom non aumentino a dismisura, ma se coloro che vogliono uscire dalle dipendenze causate dall'ambiente non hanno alcuna possibilità di successo alla fine perdono il coraggio di farlo. Voglio dire che se un giovane non vede che qualcuno più grande di lui è riuscito a inserirsi con soddisfazione nel mondo del lavoro fallisce tutto il processo di scolarizzazione, perché alla fine si chiederà: "ma a cosa serve tutto questo?".

Una scommessa ambiziosa.
Certo, non è che si risolva tutto dall'oggi al domani: c'è bisogno di un percorso chiaro e puntuale con dei seri investimenti che non devono limitarsi però alle sole attività di controllo, ma devono guardare anche all'integrazione dei giovani. Mi riferisco fondamentalmente al fatto di fare sempre politiche pensate sul breve termine e non sul lungo termine. Perché le politiche di inserimento devono puntare sulle nuove generazioni, e non su un processo dall'oggi al domani. Insomma, io vedo che si sta ricominciando da capo, e vorrei dire al sindaco che è bene che ci sia il regolamento, ma il vero investimento è sul medio-lungo periodo. (ap)

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Di Fabrizio (del 11/03/2009 @ 09:06:23, in conflitti, visitato 2116 volte)

Da Hungarian_Roma

Da Karin Bachmann, corrispondente di WZ - 06/03/09
Ungheria: squadre della morte contro i Rom?
La polizia cerca gli assalitori seriali

Budapest - Nel caso dei due Rom uccisi vicino a Budapest, cresce l'evidenza che sia stato un atto di assassini seriali. Questo è quanto ha detto giovedì davanti ai giornalisti Tibor Draskovics, Ministro della Giustizia. Nella notte del 23 febbraio, bombe molotov vennero lanciate contro la casa della famiglia Csorba. Mentre scappavano furono sparati dei colpi, e così morirono Robert Csorba, 27 anni e suo figlio di quattro anni e mezzo. L'assassinio ha causato orrore in tutta la nazione, e il funerale di martedì ha riunito molta gente e solidarietà. Vi ha preso parte anche il pubblicista András Biró, vincitore del Premio Nobel Alternativo.

Quel crimine è parte di una serie di seri atti criminosi di violenze contro i Rom. Secondo Draskovics, tutte queste azioni sono successe in maniera simile. I crimini che accaddero prima, successero ad una distanza di due o tre minuti dall'autostrada M3. L'autostrada era sorvegliata, ragione per cui probabilmente gli autori dell'assassinio fecero la "scelta pragmatica" di attaccare un villaggio accanto all'autostrada M5. Non necessariamente il crimine deve avere un retroterra di destra, perché, diversamente da Tatárszentgyörgy, la paramilitare Magyar Garda non marciò da quelle parti. I media ungheresi hanno speculato su "squadre della morte" indipendenti, senza nessun collegamento con la scena dell'estrema destra ed ha seguaci in 4 delle 19 contee ungheresi.

Nel contempo, la Magyar Garda ha annunciato uno spiegamento a Szikszó vicino alla città industriale di Miskolc per il 14 marzo. Gli esperti temono che possano esserci scontri con i Rom in occasione con l'anniversario della Rivoluzione Ungherese.

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Di Fabrizio (del 10/03/2009 @ 18:48:53, in Regole, visitato 1878 volte)

Riporta la cooperativa sociale Pralipe di Pescara

Care/i,
il ddl sicurezza prevede una norma, passata quasi inosservata, che impedisce la registrazione alla nascita dei figli di cittadini stranieri irregolari, in palese violazione della Costituzione e della Convenzione ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza.

Le conseguenze di tale modifica normativa sarebbero gravissime: i bambini non registrati alla nascita resterebbero senza identità, completamente invisibili; vi è inoltre il forte rischio che i bambini nati in ospedale non vengano consegnati ai genitori privi di permesso di soggiorno e siano dichiarati in stato d'abbandono; per evitare questo, è probabile che molte donne in condizione irregolare decidano di non partorire in ospedale, con serissimi rischi per la salute della madre e del bambino.

Vi inviamo in allegato una lettera che intendiamo inviare (a firma di ASGI e di tutte le altre organizzazioni che vorranno aderire) alle Commissioni Affari Costituzionali e Giustizia della Camera, alla Commissione Infanzia e ai capigruppo.

Preghiamo tutte le organizzazioni che volessero aderire, di inviare l'adesione all'indirizzo info@asgi.it entro martedì sera 10 marzo.
Ci scusiamo con il brevissimo tempo a disposizione, ma l'esame del ddl inizia martedì e dunque i tempi sono strettissimi.

Grazie e a presto,
Elena Rozzi


Alla cortese attenzione
dei membri della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati
Dei membri della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati
Dei membri della Commissione parlamentare per l’Infanzia
Dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati

9 marzo 2009

Oggetto: Conseguenze dell’art. 45, comma 1, lett. f) del ddl C. 2180 sul diritto del minore a essere registrato alla nascita

L’art. 45, comma 1, lett. f) del disegno di legge “Disposizioni in materia di sicurezza”, approvato dal Senato e attualmente all’esame della Camera (C. 2180), introduce l’obbligo per il cittadino straniero di esibire il permesso di soggiorno in sede di richiesta di provvedimenti riguardanti gli atti di stato civile, tra i quali sono inclusi anche gli atti di nascita1.

L’ufficiale dello stato civile non potrà dunque ricevere la dichiarazione di nascita né di riconoscimento del figlio naturale da parte di genitori stranieri privi di permesso di soggiorno.

La norma che impedisce la registrazione della nascita si configura come una misura che oggettivamente scoraggia una protezione del minore e della maternità. Una simile norma appare dunque incostituzionale sotto diversi profili. In primo luogo comporta una palese violazione del dovere per la Repubblica di proteggere la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo (art. 31, comma 2 Cost.) e sfavorisce il diritto-dovere costituzionale dei genitori di mantenere i figli (art. 30, comma 1 Cost.). In secondo luogo viola il divieto costituzionale di privare della capacità giuridica e del nome una persona per motivi politici (art. 22 Cost.) ed è noto che la dottrina si riferisce alle privazioni per qualsiasi motivo di interesse politico dello Stato.

La norma è altresì incostituzionale per violazione del limite previsto dall'art. 117, comma 1 Cost. che impone alla legge di rispettare gli obblighi internazionali. Essa si pone infatti in palese contrasto con la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza del 20 novembre 1989, ratificata e resa esecutiva con legge 27 maggio 1991, n. 176 che agli articoli 7 e 8 riconosce a ogni minore, senza alcuna discriminazione (dunque indipendentemente dalla nazionalità e dalla regolarità del soggiorno del genitore), il diritto di essere “registrato immediatamente al momento della sua nascita”, il diritto “ad un nome, ad acquisire una cittadinanza e, nella misura del possibile, a conoscere i suoi genitori ed a essere allevato da essi”, nonché il diritto “a preservare la propria identità, ivi compresa la sua nazionalità, il suo nome e le sue relazioni famigliari”. La disposizione in oggetto violerebbe inoltre l'art. 24, comma 2 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, firmato a New York il 16 dicembre 1966, ratificato e reso esecutivo con legge 25 ottobre 1977, n. 881, che espressamente prevede che ogni bambino deve essere registrato immediatamente dopo la nascita ed avere un nome.

Le conseguenze di tale modifica normativa sui bambini che nascono in Italia da genitori irregolari sarebbero gravissime.

I minori che non saranno registrati alla nascita, infatti, resteranno privi di qualsiasi documento e totalmente sconosciuti alle istituzioni: bambini invisibili, senza identità, e dunque esposti a ogni violazione di quei diritti fondamentali che ai sensi della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza devono essere riconosciuti a ogni minore. Ad esempio, in mancanza di un documento da cui risulti il rapporto di filiazione, molti di questi bambini non potranno acquisire la cittadinanza dei genitori e diventeranno dunque apolidi di fatto. Per tutta la vita incontreranno ostacoli nel rapportarsi con qualsiasi istituzione, inclusa la scuola. Proprio a causa della loro invisibilità, saranno assai più facilmente vittime di abusi, di sfruttamento e della tratta di esseri umani.

In secondo luogo, vi è il forte rischio che i bambini nati in ospedale non vengano consegnati ai genitori privi di permesso di soggiorno, essendo a quest’ultimi impedito il riconoscimento del figlio, e che in tali casi venga aperto un procedimento per la dichiarazione dello stato d’abbandono. Questi bambini, dunque, potranno essere separati dai loro genitori, in violazione del diritto fondamentale di ogni minore a crescere nella propria famiglia (ad eccezione dei casi in cui ciò sia contrario all’interesse del minore), sancito dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza e dalla legislazione italiana.

E’ probabile, infine, che molte donne prive di permesso di soggiorno, temendo che il figlio venga loro tolto, decidano di non partorire in ospedale. Anche in considerazione delle condizioni estremamente precarie in cui vivono molti immigrati irregolari, sono evidenti gli elevatissimi rischi che questo comporterebbe per la salute sia del bambino che della madre, con un conseguente aumento delle morti di parto e delle morti alla nascita.

Per evitare queste gravissime violazioni dei diritti dei minori (oltre che dei loro genitori), rivolgiamo un appello ai Parlamentari affinché respingano la disposizione di cui all’art. 45, comma 1, lett. f) del disegno di legge “Disposizioni in materia di sicurezza” (C. 2180).

A.S.G.I.

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Di Fabrizio (del 10/03/2009 @ 10:16:53, in Italia, visitato 1508 volte)

Sabato 14 e Domenica 15 Marzo 2009
Convento della SS. Annunziata -Libreria Feltrinelli

Nell'ambito del FESTIVAL DEI DIRITTI UMANI promosso dalla PROVINCIA DI PARMA in collaborazione con FORUM SOLIDARIETÀ

il circolo culturale IL BORGO in collaborazione con il FORUM interreligioso 4 ottobre, l'Associazione SILENTIA LUNAE, il circolo C. CATTANEO e con il patrocinio dell'ISTITUZIONE BIBLIOTECHE del Comune di Parma

invitano a
"Minoranze: diritti e doveri"
INCONTRI E DIBATTITI SUL DIRITTO ALL'IDENTITÀ a Parma, in Italia ed in Europa

Sabato 14 e Domenica 15 Marzo 2009
Convento della SS. Annunziata -Libreria Feltrinelli

Due giornate dedicate ad un riflessione sul tema delle "minoranze" nelle società italiana ed europea e sul delicato rapporto fra diritti e doveri che le riguarda.
Al centro dell'attenzione sarà il caso della minoranza rappresentata dai popoli ROM, SINTI; un insieme di comunità che conta all'incirca 12 milioni di persone in tutta Europa, quasi tutti cittadini di uno stato membro dell'Unione, eppure considerati come stranieri dall'opinione pubblica e dai mass media. I ROM ed i SINTI, dunque, costituiscono una realtà assai interessante e rappresentativa, in quanto lo status di "minoranza" in cui vivono non è dovuto al colore della pelle o alla cittadinanza.
L'evento sarà anche l'occasione per parlare dei diritti e dei doveri di tutte le persone che, per vari motivi, si trovano ad essere "minoranza". L'obiettivo è quello di suggerire pensieri e strategie che portino ad una civile reciproca convivenza e ad una serena integrazione, in Italia ed in Europa, nel rispetto dei diritti e dei doveri di tutti.

Aderiscono all'iniziativa:

SABATO 14 MARZO 2009
– Dalle ore 10,30
Incontro con gli studenti nelle scuole con Carlo Berini (Associazione Sucar Drom) e Elvis Ferrari (Associazione Sinti Italiani)

– Ore 15,45
Convegno nella Sala dell'Ordine Francescano del Convento della SS. Annunziata (ingr. Via Imbriani 2)
Saluti di Eugenio Caggiati, Presidente del circolo Il Borgo
P. Vittorio, Superiore del Convento della SS. Annunziata
Gabriele Ferrari, Assessore alle Politiche Internazionali della Provincia di Parma

– Ore 16,00
"IDENTITA' ROM e SINTA - LA QUESTIONE SICUREZZA E LEGALITÀ"
Conversazione con Yuri Del Bar, Sinto, Consigliere Comunale di Mantova e Alessandro Simoni, Docente di sistemi giuridici comparati. Università degli Studi di Firenze
Conduce: Mihai Mircea Butcovan, giornalista

– Ore 17,00
"DIRITTI E DOVERI DELLE MINORANZE IN ITALIA ED IN EUROPA"
Tavola rotonda con:
Don Luigi Valentini, Vicario della Diocesi di Parma
Tana de Zulueta, giornalista
Alessandro Olmo Circolo C. Cattaneo - Associazione amici della Fondazione Einaudi
.
Dibattito
Moderatore:
Alessandro Bosi, Docente Università degli Studi di Parma

– Ore 19,30
Degustazioni di cucina indiana
con il cuoco Gautam Talukdar (su prenotazione a Maria cell. 3498333689, euro 15 a persona, bambini gratis)
con percorsi musicali "Fra tempi e culture" proposti dall'Ensemble Silentia Lunae e con la partecipazione dell'attore Pino Petruzzelli

DOMENICA 15 MARZO 2009
– Ore 11,00
Libreria Feltrinelli, via della Repubblica 2
Saluto di Gian Luca Lottici, del circolo Il Borgo
Conversazione con Pino Petruzzelli, attore e regista autore del libro NON CHIAMARMI ZINGARO e Tommaso Vitale, ricercatore di sociologia, Università di Milano Bicocca co-autore con Giorgio Bezzecchi e Maurizio Pagani del libro I ROM E L'AZIONE PUBBLICA
Moderatore:
Luciano Mazzoni, Presidente Istituzione Biblioteche e portavoce del Forum 4 ottobre

MARTEDÌ 17 MARZO 2009
– Ore 18,00
Circolo Il Borgo, Via Turchi 5
MINORANZE: RIFLESSIONI OPERATIVE
Conduce Roberto Abbati, Esperto di progettazione sociale di Forum Solidarietà

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Di Fabrizio (del 10/03/2009 @ 09:33:58, in Europa, visitato 1150 volte)

Ricevo da Biancamaria Del Conte

L'università di Bucarest che sta portando avanti un progetto sull'inserimento al lavoro dei rom e i sui mestieri tradizionali, mi ha chiesto se la mettevo in contatto con una ong o una onlus italiana come partner di ricerca.

Chi fosse interessato rivolgersi a
Biancamaria Del Conte
presso I girasoli dell'est onlus
delconteb@libero.it

Fatevi vivi!

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Di Fabrizio (del 10/03/2009 @ 09:28:38, in musica e parole, visitato 1395 volte)

Da Roma_Francais

Cari amici,

Un gruppo di eccellenti artisti da Jodhpur, "Rhytm of Rajasthan", con la famosa danzatrice Sua Devi Kalbeliya (dal film "Latcho Drom" di Tony Gatlif)...

sarà in tour in Europa a luglio e agosto 2009. E' davvero una buona notizia, perché il loro lavoro è davvero notevole!

Hanno pochi giorni disponibili tra il 4 e il 12 agosto 2009 e sarebbe per loro complicato tornare in India per 9 giorni e poi ancora indietro in Europa, così vorrei aiutarli a trovare qualcuno che può ospitare la loro performance da qualsiasi parte in Europa durante quel periodo.

Le buone notizie sono che saranno in Portogallo, senza che gli organizzatori debbano pagare loro il viaggio dall'India e che il loro cachet per la performance è realmente ragionevole!

Sua Devi Kalbeliya e suo marito sono conosciuti in tutto il mondo per il loro straordinario lavoro, come Nitin Harsh per i suoi eccellenti film sulla cultura rajasthani.

Promuovere la cultura rajasthani è un modo per promuovere la cultura romanì e dovremmo lavorare assieme su questo!

[...]

Per avere maggiori informazioni, potete contattarmi a simonajovic@gmail.com , o contattare direttamente Nitin Harsh: nitin@rajfolkseries.com - www.rajfolkseries.com

Vi ringrazio in anticipo per il vostro aiuto!

Simona Jovic
President of Humanitarian and Cultural Organization "Roma of the World"
Dancer, singer and performer - Dances of the Roma
www.simonajovic.com

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Il Paese delle donne online

Antiziganismo in Italia e non solo: che fare...
Dal sito di "osservAzione", organizzazione non governativa per attività e ricerche sul razzismo anti-Rom e anti-sinti, riprendiamo questa intervista a Eva Rizzin, sinta che dopo il dottorato di ricerca in geopolitica e geostrategia continua ad essere attiva nella lotta per i diritti di sinti e (...)
Redazione

Per il tuo dottorato hai studiato l'antiziganismo nell'Europa allargata, si tratta di un fenomeno diffuso?
L'Europa dei “ventisette”, da est ad ovest, da nord a sud oggi risulta essere attraversata da violenze e da discriminazioni contro le minoranze.
Le recentissime ricerche condotte da vari Istituti europei come l'Eumc [European Monitoring Centre on Racism and Xenophobia], l'Ecri [European Commission against racism and intollerance] dimostrano che i rom costituiscono una minoranza fortemente discriminata. L'Eumc li descrive come il gruppo più vulnerabile, maggiormente deprivato dei propri diritti umani ed esposto al razzismo nell'Unione europea.
Ma nonostante esistano ricerche e rapporti che rivelano l'esistenza della discriminazione, i fenomeni di violenza contro i rom aumentano sempre più, fenomeni questi che dimostrano che l'antiziganismo esiste e si sta sviluppando sempre di più in tutta l'Europa, Italia compresa. In Italia tale fenomeno rimane inosservato perché purtroppo spesso il pregiudizio nei confronti dei rom viene considerato normalità come abbiamo dimostrato in Cittadinanze Imperfette.
L'antiziganismo è un comportamento sociale che oggi persiste anche nel nostro paese; persiste nei pensieri, nei sentimenti e nei comportamenti di molte persone e istituzioni. E' un sentimento pericoloso che alimenta il vortice di discriminazione nel quale i rom e i sinti sono colti, una discriminazione che di fatto però rimane completamente ignorata. Radicato nella storia, alimentato dai mass media e molte volte anche da partiti politici, largamente sottovalutato dagli esperti, il sentimento anti-rom oggi in Europa si presenta a livelli drammatici.

Come si colloca l'Italia?
Il nostro paese non si sottrae agli atteggiamenti discriminatori. Gli stessi campi nomadi sono un esempio evidente della segregazione razziale che esiste in Italia: spazi dove i diritti non esistono, spazi che somigliano a delle riserve indiane, spazi che favoriscono l'esclusione sociale e ostacolano qualsiasi possibilità di interazione sociale, spazi che condannano le minoranze rom e sinte all'annientamento culturale. Nonostante il riconoscimento dei diritti delle comunità rom e sinte sia diventato un importantissimo tema europeo, sta di fatto che a livello nazionale la legge 482/99 sui diritti delle minoranze linguistiche presenti nel territorio italiano, ha volutamente escluso il ròmanes dal dettato delle minoranze linguistiche.
I rom e i sinti sono stati esclusi dai vantaggi di tale legge, per il fatto di non essere legati a un territorio determinato.
Una legge la 482/99 che disattende norme, principi ed impegni internazionali in particolare la carta europea delle lingue regionali minoritarie (in vigore dal 1 marzo 1998) che prevede esplicitamente norme (punto C)«anche per le lingue sprovviste di territorio come l'yiddish e il (ròmanes) ».
La decisione di escludere il romanes fra il dettato delle lingue minoritarie è stato un atto gravissimo è sottolinea palesemente la discriminazione di una popolazione che già in quel tempo era fortemente emarginata.

Quali sono le priorità su cui bisogna intervenire? A chi spetta prendere l'iniziativa?
La prima priorità è includere il ròmanes nell'elenco delle minoranze linguistiche storiche indicate nella legge 482.
Ritengo che sia necessario adottare azioni che siano in grado di combattere i drammatici livelli di discriminazione che colpiscono l'Europa e in particolare anche l'Italia.
Le istituzioni nazionali ed europee dovrebbero applicare la legislazione esistente che vieta le discriminazioni razziali e promuovere una forte cultura antidiscriminatoria e delle pari opportunità.
Bisognerebbe sensibilizzare maggiormente l'opinione pubblica sulla situazione dei rom e sulla discriminazione da essi subita, cercando di coinvolgere il grande pubblico in un dibattito aperto sul significato della diversità come fonte di vitalità socioeconomica che dovrebbe essere sfruttata, valorizzata e goduta in quanto elemento che arricchisce il tessuto sociale e componente importante del benessere economico. Anche se l'Unione Europea possiede uno dei quadri legislativi in materia più avanzati al mondo, lo stato di protezione delle minoranze è ancora molto debole.
Apparentemente i cittadini europei conoscono poco i diritti e i doveri che derivano da tali disposizioni, ossia che tutti, indipendentemente dalle origini etniche, dalla religione, dalle convinzioni personali, da eventuali handicap, dall'età e dagli orientamenti sessuali, hanno diritto ad essere trattati allo stesso modo.
E' necessario a mio avviso informare meglio i rom e i sinti della protezione giudica esistente e dei mezzi disponibili per combattere la discriminazione.
È necessario promuovere l'incremento della partecipazione dei rom e dei sinti a tutti i settori e a tutti i livelli della società,
Una politica che favorisce le pari opportunità, infatti, non riguarda solamente l'eliminazione delle discriminazioni, ma anche la promozione di una partecipazione piena per tutti.

Cosa si puo' fare per favorire la partecipazione di rom e sinti?
Anche se oggi vi è in atto un notevole processo politico adottato dalle Istituzione Europee nei confronti dei rom, la debolezza sta nel fatto che la maggior parte delle decisioni adottate non prendono purtroppo in considerazione la partecipazione politica attiva dei diretti interessati nelle politiche che li riguardano.
L'assenza endemica dei rom coinvolti nelle attività delle organizzazioni internazionali e nazionali che si occupano dei rom stessi è notevole.
Sarà difficile poter parlare di un futuro costruttivo dei rom se non si è in grado di promuovere il pieno coinvolgimento dei rom e sinti come soggetti attivi e partecipi delle politiche che riguardano la loro esistenza.
E' necessario adottare un approccio che sia in grado di consentire ai rom e ai sinti di divenire promotori della propria autonomia sociale e culturale. Vi è la necessita di garantire l'effettiva partecipazione dei rom alla vita politica, soprattutto per quanto riguarda le decisioni che interessano la vita e il benessere delle loro comunità.
I partiti politici, sia a livello nazionale che europeo, dovrebbero riformare le proprie strutture e procedure interne al fine di rimuovere ogni ostacolo diretto o indiretto alla partecipazione dei rom e ad incorporare nella propria agenda politica e sociale programmi specifici finalizzati alla loro piena interazione.
Un compito sicuramente complesso che richiederà di intraprendere azioni coordinate in vari settori, in particolare in quelli di istruzione, dell'occupazione, delle abitazioni e dei servizi sociali.
Un modo importante per cambiare l'immagine che si ha dei rom, a mio avviso , è quello di coinvolgere maggiormente i rom stessi, sia nella politica che nei media.
I media sono un altro settore in cui una maggiore presenza dei rom è cruciale. C'è una specie di isterismo dei media nei confronti dei rom, spesso dipinti, in modo erroneo ed inaccettabile, come una minaccia alla sicurezza nazionale.

Una figura come la tua e' piuttosto rara in Italia, che tipo di contributo ti senti di dare per migliorare le condizioni di rom e sinti?
E' risaputo che il pregiudizio parte dalla non conoscenza quindi penso che il primo contributo che posso dare è quello di far conoscere all'opinione pubblica che si puo' essere sinti o rom, essere fieri delle proprie radici etniche e poter comunque essere dei soggetti attivi e partecipi della nostra societa'.
Combattere l'esclusione sociale e i pregiudizi richiede uno sforzo ampio di collaborazione fra autorità pubbliche, partner impegnati nella difesa dei diritti umani, organizzazioni non governative e società.
La collaborazione è essenziale nella concretizzazione delle politiche che possono o non possono realizzare a favore dei rom e dei sinti.
La costituzione recente del Comitato Rom e Sinti Insieme può essere un ottimo trampolino di lancio.
Ogni individuo rom o sinto ha la possibilità di fare una reale scelta etica. Io ho scelto l'attivismo nella speranza di poter dare un contributo positivo alla società, cercando di abbattere gli stereotipi esistenti attraverso la conoscenza e il dialogo.

Data di pubblicazione: 08|03 |09

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