Di Fabrizio (del 01/08/2013 @ 09:01:18, in Europa, visitato 1868 volte)
Denitsa Mihaylova: una donna bulgara fiera delle sue
origini rom
THOMSON REUTERS FOUNDATIONSource: Sun, 21 Jul 2013 11:03 PM Author: Nevena Borisova
(Nevena Borisova is a freelance journalist in Bulgaria)
Denitsa Mihaylova e sua figlia Madona. Photo: Nevena Borisova
Denitsa Mihaylova è la prima e, sinora, l'unica donna di origine rom che lavora
la Ministero degli Esteri. Parla a sua figlia Madona di 5 anni come ad
un'adulta, chiedendole di prendere le sue decisioni, compresa quella di ordinare
da un menu completo di piatti invitanti.
Nata in una famiglia di musicisti rom, Mihaylova è cresciuta in una famiglia
che è sempre stata "al di qua e al di là delle comunità rom tradizionali."
Assieme ai genitori, apprezzati musicisti in Bulgaria, Mihaylova sin da
bambina ha girato il mondo. Nei paesi visitati, compresi Spagna e Finlandia, i
Rom sono una comunità rispettata con un proprio posto nella società.
"Mi definisco una zingara, nonostante la connotazione che questa parola ha in
Bulgaria," spiega Mihaylova pranzando in un ristorante di Sofia, con sua figlia
che ascolta con attenzione. Nessuno dei commensali avrebbe immaginato che Mihaylova
fosse di origine rom, tranne quelli che la conoscevano, ma lei avrebbe comunque
voglia di raccontarsi.
Secondo un censimento del 2011, in Bulgaria ci sono 325.343, cioè il 4,4%
della popolazione. Tuttavia, secondo il
Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite all'inizio del XXI secolo c'erano
tra i 700.000 e gli 800.000 Rom. Molti di loro sotto la linea di povertà.
Racconta. "L'integrazione dipende anche da noi e perché accada occorre avere
un ruolo attivo. Nel complesso, la comunità deve uscire da un giro vizioso. Vale
per donne, bambini e uomini. Il circolo vizioso risiede nel fatto che molte
famiglie, non avendo reddito, non lasciano andare a scuola i loro figli. I loro
bambini indossano abiti sdruciti, molti di loro abbandonano o vanno a scuola
sino alla seconda o alla terza elementare, e dopo rinunciano per iniziare ad
aiutare i loro genitori."
Molti conoscono Mihaylova per il ruolo interpretato nella serie drammatica
Casa di Vetro, dove era Maya, una ragazza rom. Il regista Dimitar
Gochev ha presentato, per la prima volta in una serie bulgara, una trama basata
sui Rom e sulle sfide sociali che devono affrontare.
Quando iniziò la carriera al Ministero degli Esteri, gli amici avvisarono
Mihaylova di non rivelare le proprie origini, così "sarebbe stato più facile
avanzare in carriera." Ma lei lo fece lo stesso.
Aggiunge: "Sentivo in qualche modo l'obbligo di lavorare più di qualsiasi
altro; ho questo peso sulle spalle - cercare di cambiare gli stereotipi su di
noi."
La famiglia di
Mihaylova appartiene al clan Yerli - una comunità di mentalità aperta. Altri
clan, come i Kalderash, rifiutano l'idea che le donne vadano a scuola o lavorino
(SIC, conosco molte kalderasha, in Italia e
altrove che non corrispondono a questa immagine stereotipata, ndr). Fermamente contrari alle influenze
esterne, le ragazze dei clan Kalderash si fidanzano a 15 anni. L'ex marito di Mihaylova
è di origine Kalderash e non voleva affatto che lei avesse una carriera.
"Per loro le donne sono soltanto dei beni - forse avete sentito che le
vendono. Sposano le loro parenti quando sono giovani, così il loro denaro rimane
in famiglia. Non lo sapevo finché non ho incontrato il padre di mia figlia. Non
avevo amici nella comunità. Così, scoprii ad un certo punto che ero stata
tagliata fuori da tutto." dice.
Continua: "Ero incinta di Madona, quando lui cambiò completamente. Era
diventato geloso e tirannico. Non mi era permesso di alzare gli occhi da
terra... Dev'essere stato così sin dall'inizio, ma prima non me ne accorgevo.
Capisci, sei innamorata... Stavo studiando e non avevo altra scelta che
sopportare fino all'opportunità data dal mio attuale lavoro. Il mio ex marito è
un uomo di molti mezzi, ma non mi aiutò, perché io non obbedivo."
Mihaylova ha lottato per completare la sua istruzione. Ha frequentato le
lezioni col bambino addormentato in un cesto al suo fianco, come se avesse paura
che qualcuno potesse portarle via Madona.
L'esame per il posto al Ministero degli esteri ha cambiato la sua vita.
C'erano molti candidati, ma alla fine venne scelta lei. Sorride tuttora
ricordando quel punto di svolta.
Chiestole qual è il peggior problema della sua comunità, allora le si spegne
il sorriso.
"I Rom sono tenuti nell'ignoranza e nella stupidità per ragioni politiche,
vale a dire per essere usati durante le elezioni e corrotti con i soldi. Ne sono
assolutamente convinta. I Rom sono tenuti apposta nell'ignoranza," sottolinea.
Le sue parole risuonano dei fatti legati all'educazione della comunità. Fu
solo nel 2009 che ebbe inizio il primo programma anzionale per l'istruzione dei
Rom.
"Tuttavia, lo scopo del programma era eccessivamente modesto," secondo un
articolo del marzo 2013 su Duetsche Welle. Vi si legge: "Con un budget di poco
superiore a 500.000 euro, il programma avrebbe raggiunto a fatica 1.200 rom"
Mihaylova ha una risposta sul perché questi progetti, rivolti
all'integrazione dei Rom in Bulgaria, non hanno successo:
"Purtroppo, lo scopo della maggior parte dei partiti rom, o dei cosiddetti
auto-proclamati leader, è di ottenere dividendi tramite alcuni eventi proforma,
prendere voti e fare niente," dice. "Vendono i voti dei Rom senza avere
richieste chiare. La nostra società rom ha bisogno di giovani che cambino questo
modello di pensiero."
Mihaylova visita spesso gli insediamenti rom per entrare in contatto con la
sua gente. Quello che la preoccupa maggiormente è il destino dei bambini.
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Reuters Foundation.
Di Fabrizio (del 31/07/2013 @ 09:01:50, in Europa, visitato 1672 volte)
Frescoes
porta turisti, speranza al villaggio rom
-
thv11.com
In questo remoto villaggio rom dell'Ungheria Orientale, è in pieno svolgimento
un festival musicale. E' parte di un progetto in corso dal 2009 - per attirare
visitatori che amano la musica e i murales, portando contemporaneamente soldi
nel villaggio di Bodvalenke (vedi QUI, ndr).
Dice
Ezster Pastor, creatore del progetto muralista: "L'idea dietro il nostro
progetto è semplice. Pittori rom creano murales sulle pareti delle case. Abbiamo
due obiettivi principali: combattere i pregiudizi anti-rom, che qui sono comuni
e dare a questa gente lavoro per contrastare la povertà."
Il progetto di Pastor, finanziato da due banche, ha già portato 29 murales. E
i turisti stanno affluendo a vedere i risultati: circa 3.500 visitatori ogni
anno, e visite guidate aiutano a spiegare l'ispirazione che sta dietro i
murales.
Dice Peter Boros, turista ungherese: "E' molto importante capire questa
cultura piena di colore, attraverso il cibo, la gente, l'atmosfera e
naturalmente, i murales sulle case, che raccontano storie meravigliose.
Simbolizzano qualcosa di cui sappiamo pochissimo. Qui, la si può scoprire ed
imparare."
In questa parte impoverita dell'Ungheria, i reddito medio è di 30 euro al
mese. La maggior parte dei 200 abitanti è disoccupata e vive di sussidi.
Dall'inizio del progetto, la loro vita è cambiata in meglio. I festival
permettono ai residenti di impiantare bancarelle per gli spuntini, vendere
prodotti da forno e artigianali.
Racconta Katalin Egri, che risiede a
Bodvalenke: "Ogni anno nel nostro villaggio, c'è il festival del drago e altre
celebrazioni. Ci visitano molte persone e questo ci aiuta a vivere. Prima, era
solo uno dei tanti villaggi poveri."
Gizi, un altro residente, dice: "E' cambiato tutto. Abbiamo visto i
cambiamenti nei nostri figli durante gli ultimi 4 anni, da quando hanno visto
così tante persone venire nel nostro villaggio.I prati delle case sono più
puliti e ci sono più opportunità di lavoro."
In Ungheria e in altri paesi dell'Est Europa, le comunità rom sono
discriminate e tenute distanti dalle altre. Con questo progetto, si spera di
cambiare questa mentalità, educando la gente sulla comunità rom e generando
redito per gli abitanti del posto. E i progressi sono evidenti - alla scuola
locale, la frequenza e le promozioni sono aumentati significativamente, da
quando un po' di vernice e un'idea brillante hanno riportato in vita il
villaggio.
Di Sucar Drom (del 30/07/2013 @ 09:02:32, in blog, visitato 1526 volte)
Cervello e razzismo
Quanti hanno coraggio di definirsi razzisti? Eppure, anche se non ci riteniamo
tali, ricerche recenti basate sul neuroimaging hanno mostrato che di fronte a
fotografie di persone appartenenti a gruppi etnici diversi nel cervello di
individui bianchi...
Sulla pelle dei rom
"Il nostro Piano Nomadi sarà una rivoluzione copernicana", disse nel 2008 il neo
sindaco Gianni Alemanno; "Un modello da esportare in tutta Europa" aggiunse il
ministro dell'Interno Maroni. Questo libro-inchiesta svela...
Corso di formazione per attivisti rom e sinti: al via le iscrizioni
L'Associazione 21 luglio e il Centro Europeo per i Diritti dei Rom (ERRC)
invitano tutti gli interessati a presentare la propria candidatura per il Corso
di formazione per attivisti rom e sinti. Il Corso, st...
La Lombardia non si impegna contro il razzismo
Si chiedeva un "impegno" della giunta a "finanziare una campagna contro il
razzismo" con spot, inserzioni e corsi per i pubblici amministratori. Contro l’odg
hanno votato i partiti della maggioranza Pdl-Lega, così come la giunta -
presente in aula il governatore Roberto Maroni...
Ungheria, a fuoco i rom
Una serie di delitti costata la vita a 6 rom ed il ferimento di molti altri
sarebbe stata coperta da alcune strutture statali. I roghi neonazisti contro i
rom non interessano all’Ungheria. Der Spiegel racconta il processo ai neon...
Italia, al via il Piano Nazionale Antirazzismo
L'UNAR organizza martedì 30 luglio il Primo Meeting del Gruppo Nazionale di
Lavoro per l’elaborazione del Piano Nazionale Antirazzismo. Ne fanno parte le
associazioni, tra cui la Sucar Drom e la Federazione Rom e Sinti Insieme, che
h...
L'APPELLO. Replica all'assessore Sala sul progetto per l'area Cricoli. Il
presidente dell'associazione rom-sinti annuncia l'appoggio al sindaco e chiede
di essere coinvolto "Prima di sistemare il campo serve un confronto"
VICENZA. "Ora basta, vogliamo partecipare anche noi alle decisioni che ci
riguardano". Il messaggio è chiaro. Il mittente è Davide Casadio, presidente
dell'associazione sinti italiani e vicepresidente della Federazione rom sinti
insieme. Il destinatario è il Comune e l'oggetto della missiva è ormai noto: la
riqualificazione del campo nomadi di viale Cricoli.
"PAROLA A NOI". Non sono passate nemmeno 48 ore da quando Isabella Sala ha
assicurato che l'intervento "sarà eseguito al massimo entro un anno". Eppure Casadio frena l'assessore alla comunità e alle famiglie. "Prima di prendere
qualsiasi scelta - ammette - dobbiamo essere coinvolti. Se si vuole fare
qualcosa in nome dell'integrazione bisogna deciderlo assieme".
"ABBIAMO VOTATO VARIATI". Il presidente dell'associazione sinti italiani parte
da una premessa. O meglio, da un precedente. "Quando Achille Variati ha lanciato
la sua ricandidatura - commenta - siamo stati invitati a partecipare dall'allora
assessore Giovanni Giuliari. Abbiamo accettato e abbiamo anche votato il sindaco
alle elezioni di fine maggio. Per questo motivo crediamo che l'amministrazione
comunale debba ascoltarci".
TAVOLO TECNICO. Rom e sinti si dicono pronti a collaborare. "Anzi - continua
Davide Casadio - nei prossimi giorni chiederò un incontro con il prefetto, il
sindaco e gli assessori. Ci sono numerosi sinti nel Vicentino e il Comune
capoluogo deve attivare delle strategie di inclusione". Quelle che ha messo in
piedi da qualche anno l'Amministrazione. E lo dimostra la volontà di proseguire
con il progetto di riqualificazione del campo di viale Cricoli. "Tuttavia - fa
sapere il presidente - senza un vero dialogo non si va da nessuna parte".
Associazioni e volontari presentano una mozione. Il Comune chiede che
alle famiglie di impegnarsi di più a mandare i figli a scuola. L'assessore al
sociale: "I bambini non devono fare le spese dell'insolvenza degli adulti"
A meno di due mesi dall'inizio dell'anno scolastico 47 bambini rischiano di non
poter andare a scuola perché non esiste più un servizio di scuolabus. Succede
alla periferia di Pisa: i bimbi coinvolti fanno parte della
comunità rom del
campo di via della Bigattiera, strada che congiunge la città con il litorale.
Non mancano solo gli scuolabus: al campo rom non c'è acqua corrente e luce dal
2012. "Il diritto alla sopravvivenza viene ancora prima del diritto allo studio,
alla Bigattiera abbiamo fatto un salto all'indietro di 20 anni" denuncia padre
Agostino Rota Martir, sacerdote del campo di Coltano. Associazioni cittadine,
volontari e insegnanti hanno dato la loro solidarietà alla comunità rom della
Bigattiera attraverso una mozione dove si chiede al Comune di Pisa di
ripristinare al più presto il servizio di scuolabus e fare in modo che il
diritto allo studio non venga negato ai bambini del campo rom. Dal canto suo
l'amministrazione comunale chiede alle famiglie rom di impegnarsi maggiormente
nel mandare i figli a scuola. "I bambini non devono fare le spese
dell'insolvenza di nessun adulto - afferma Maria Luisa Chiofalo, assessora
comunale al Sociale e all'Istruzione - Il problema deve essere risolto entro
settembre, per questo è stato aperto un tavolo con la Regione Toscana per
gestire quella che per noi è un'emergenza".
Lo scuolabus che non c'è più
Il servizio attuale prevede tre pulmini impegnati nel trasporto degli studenti
provenienti dai campi rom di Coltano e Oratoio. Ma dal 2011 non è più previsto
il collegamento con la Bigattiera: il Comune lo ha tagliato perché classifica il
campo rom e i suoi abitanti come "abusivi". Ma la storia appare più complessa.
Di proprietà del Demanio l'area era stata data in concessione al Comune con un
contratto di tre anni (dal 2007 al 2010) affinché fossero regolarizzate le
posizioni abitative di 8 nuclei familiari. Circa 40 persone che, secondo il
Comune, non potevano usufruire delle abitazioni consegnate alla comunità rom di
Coltano nell'ambito del progetto per l'integrazione creato dalla municipalità
pisana "Città Sottili".
Allo scadere del triennio la concessione non è stata rinnovata e il numero degli
abitanti del campo è cresciuto: ad oggi vivono alla Bigattiera 150 persone, un
terzo sono bambini. "Per quanto riguarda le bimbe e i bimbi al campo non
autorizzato della Bigattiera - si legge in una nota del Comune di Pisa - solo
tre dei circa 50 appartengono a famiglie che sono residenti a Pisa e che
contemporaneamente sono nel comprensorio della scuola scelta: a questi è stato
regolarmente assegnato il servizio come in tutti gli altri casi cittadini (il
regolamento approvato dal consiglio comunale prevede che le famiglie richiedenti
debbano essere residenti a Pisa e coloro che scelgono la scuola fuori dal
comprensorio di residenza vengono serviti solo a riempimento di scuolabus
parzialmente pieni). Quella delle bimbe e dei bimbi del campo della Bigattiera,
che lo scorso anno hanno avuto frequenze in larga prevalenza basse o nulle,
assume dunque i contorni di un'emergenza".
L'assessora Chiofalo assicura: "Città Sottili è un progetto che ha prodotto
buoni risultati. I suoi limiti sono dovuti al fatto che non sempre c'è stata
collaborazione da parte delle famiglie per il proprio inserimento sociale e
lavorativo e soprattutto per l'impegno riguardo all'inserimento scolastico dei
proprio figli. In ogni caso l'equazione scuolabus-scolarizzazione non esiste".
Peraltro, nel caso della Bigattiera, a causa della scarsa frequenza degli alunni
i carabinieri hanno fatto scattare una denuncia per abbandono scolastico nei
confronti dei genitori e questo ha scatenato l'indignazione di associazioni e
volontari. Alcuni cittadini hanno deciso di presentare una mozione per il
ripristino del servizio di scuolabus che sarà discussa dal consiglio comunale di
Pisa nei prossimi giorni con il sostegno di alcuni gruppi consiliari.
Un campo senza acqua ed elettricità
Ma alla Bigattiera c'è un problema ancora più grave della mancanza dello
scuolabus: mancano acqua ed elettricità. Di fatto si va avanti con i generatori
e l'acqua corrente, anche se il sistema idrico è stato riallacciato
all'autoclave, è scarsissima. Come fanno sapere dalla direzione della Società
della Salute di Pisa entrambi i servizi sono stati tagliati nel 2012 in seguito
alle segnalazioni della Protezione Civile e dei vigili del fuoco che avevano
denunciato il deterioramento (anche a causa di manomissioni) e la pericolosità
degli impianti. E anche in questo caso a farne le spese sono soprattutto i
bambini.
Come spiega Milorad Petroski dell'Asifar, associazione per lo sviluppo
interculturale dei rom: "I bambini hanno detto di vergognarsi quando sono in
classe con i loro compagni perché sono sporchi, non possono lavarsi. Le madri
stesse non vogliono che vadano a scuola in quelle condizioni e mi hanno anche
detto che sarebbero disposte a farli andare a scuola a piedi se prima almeno
potessero lavarli. Qui non c'è nemmeno la possibilità di avere un frigorigero e
ogni volta che piove il campo si trasforma in un lago di fango". Sara Cozzani,
insegnante e presidente della sezione pisana di Opera Nomadi, aggiunge: "Come si
fa a vivere senza luce e acqua? Questa è un'emergenza umanitaria. Il Comune
insiste sull'autonomia delle famiglie ma in molti casi non è possibile. Oltre a
mancare lo scuolabus i bambini sono costretti ad andare a scuola sporchi. E'
degradante ed in alcuni casi, anche se isolati, perfino le insegnanti hanno
fatto degli apprezzamenti sull'odore dei bambini".
Anche se di elettricità e scuolabus ancora non si parla, l'amministrazione
comunale ha aperto un tavolo di confronto con la Regione Toscana per dare il via
ad un micro finanziamento finalizzato alla scolarizzazione dei bimbi rom della
Bigattiera che dovrebbe garantire la frequenza scolastica a settembre ma di
deciso non c'è ancora niente. "Sono stato al campo della Bigattiera venti giorni
fa - spiega l'assessore regionale al Sociale Salvatore Allocca - Queste persone
vivono senza i mezzi minimi. La Regione deve occuparsi di tutti e non lasciare
indietro nessuno. Per quanto riguarda il campo della Bigattiera stiamo pensando
ad un progetto di finanziamento leggero". Nel frattempo a pagare il prezzo più
alto sono i bambini.
Perché è candidata?
Nata nel villaggio di Xanthi, proviene da un gruppo rom. Fino all'età di 14
anni - quando si è sposata - Sabiha ha percorso tutta la Grecia, vendendo
fiori a celebrazioni e festival stagionali. Però, già in età giovanile ha
asserito fortemente il suo diritto all'istruzione, nonostante le varie
difficoltà. Nel 2006, ha deciso di istituire la "Associazione Educativa e
Culturale Speranza di Donne Rom", per il diritto all'istruzione infantile, ma
anche con l'obiettivo generale di miglkiorare le condizioni di vita dei
residenti. Da allora ha partecipato a
conferenze e forum europei in difesa dei diritti delle donne rom per una vita
migliore e più dignitosa, e nel 2009 ha vinto il Premio Internazionale Coraggio per le
Donne, per la sua presenza ricorrente nel mettere in luce e affrontare i
problemi della comunità rom. In questo momento, oltre che attivista è studente
di secondo grado.
Il comune nega ai bambini del campo rom un mezzo per raggiungere la scuola. Ma
la città insorge.
Ma i bambini rom a scuola ci vogliono andare? Secondo un antico stereotipo, la
"cultura" dei rom e dei sinti non vedrebbe di buon occhio le "nostre"
istituzioni educative. Ricerche più documentate,
come quelle dell'Associazione
21 Luglio di Roma, mostrano invece le numerose forme di discriminazione e di
esclusione nell'accesso alla scuola dell'obbligo (e non solo a quella).
A Pisa, però, è successo qualcosa che rovescia i pregiudizi diffusi: perché qui
è il Comune che ha cercato di impedire la scolarizzazione dei rom, cancellando
il servizio di scuolabus per i bambini del campo "Bigattiera". La vicenda ha
suscitato un'imprevista mobilitazione di associazioni, famiglie e insegnanti.
Vale la pena, dunque, vedere più da vicino quel che è successo.
Il campo della Bigattiera
La "Bigattiera" è la strada che congiunge la città di Pisa al litorale. D'Estate
è molto trafficata, soprattutto nel week-end: le famiglie che non possono
permettersi una vacanza prendono la macchina e se ne vanno sulla spiaggia a
prendere un po' di sole. Con l'arrivo della stagione più fredda, la strada
diventa deserta: anche perché siamo lontani dai centri abitati, non ci sono
negozi né case, tutto intorno si vedono solo campi e terreni coltivati. A
perdita d'occhio.
In fondo alla "Bigattiera" c'è il vecchio campeggio della Polizia di Stato: un
tempo serviva agli agenti delle forze dell'ordine per farsi un po' di ferie.
Poi, alla fine degli anni Novanta, è stato adibito a centro di accoglienza per i
migranti albanesi. Rimasto vuoto per anni, nel 2007 è stato utilizzato dal
Comune per collocarvi alcune famiglie rom, in attesa di una sistemazione
migliore.
Doveva essere un campo temporaneo - "di transito", si diceva - ma come spesso
accade (almeno in Italia) il provvisorio è diventato definitivo. E i rom sono
rimasti lì fino ad oggi.
Nel frattempo lo "statuto" del campo è diventato oggetto di uno strano
dibattito. Il Comune, che pochi anni prima aveva aperto l'insediamento, adesso
lo considera "abusivo". La Regione, nella sua mappatura ufficiale, lo classifica
invece come "ufficiale o riconosciuto". Un pasticcio terminologico che copre
finalità diverse: perché l'Amministrazione comunale, fino a poco tempo fa, non
faceva mistero di voler sgomberare il campo, mentre a Firenze si elaboravano
progetti di inserimento abitativo graduale delle famiglie. Ma non divaghiamo, e
torniamo alla vicenda dello scuolabus.
La soppressione dello scuolabus
Alla fine di ottobre 2011 Guia Giannessi, insegnante nelle scuole dell'obbligo,
si rivolge alla stampa locale per denunciare un fatto che giudica molto grave:
il piccolo autobus (il "pulmino", come lo chiamano i pisani), che accompagnava a
scuola i bambini della Bigattiera, è stato soppresso. "Negli anni",
spiega la Giannessi ad un giornale locale,
"eravamo riusciti a portare i bambini rom a
scuola. Ora gli sforzi degli insegnanti e dei genitori rischiano di andare
perduti".
In effetti, per le combattive maestre del complesso scolastico "Niccolò Pisano"
l'inserimento dei bambini della Bigattiera era un vero e proprio vanto. "I
bambini avevano cominciato a frequentare con continuità", ci racconta Cristina Fontanelli,
"molti avevano ottimi voti, e si era creato un clima di amicizia con
i loro compagni di classe...".
Dopo la denuncia della Giannessi, la Giunta comunale interviene per spiegare i
motivi della sua decisione. "Nel momento in cui avevamo detto che il campo sulla
Bigattiera doveva essere chiuso -
dice l'assessore alle politiche sociali, Maria
Paola Ciccone, alla fine di ottobre 2011 - non potevamo attivare il servizio,
sarebbe servito solo ad illudere chi invece deve andarsene". Per "non illudere",
insomma, è meglio impedire ai bambini di andare a scuola...
Una "gara di solidarietà"
Non basta. Nell'Estate 2012, il Comune taglia la luce e l'acqua corrente: il
campo rimane al buio, privo dei servizi essenziali che consentono la
sopravvivenza. La situazione delle famiglie, che tra l'altro restano sotto
minaccia di sgombero, è letteralmente disperata.
Per loro fortuna, però, i rom non sono soli: l'accorata denuncia delle maestre e
la mobilitazione dei genitori lasciano il segno nell'opinione pubblica. Molte
associazioni e volontari si mobilitano. E così, per un intero anno succede
quello che difficilmente accade quando si parla di rom. I compagni di classe
vanno a trovare i bambini al campo, i genitori portano la loro solidarietà alle
famiglie, mentre la Pubblica Assistenza del Litorale Pisano organizza uno
"scuolabus autogestito" con i propri volontari. Tutto questo non risolve i
problemi, ma è un sostegno concreto a famiglie in difficoltà.
Ritorno di fiamma
Il resto è cronaca dell'oggi. Il 26 e 27 maggio 2013 si tengono anche a Pisa le
elezioni amministrative. Il Sindaco uscente Marco Filippeschi - di
centro-sinistra - viene riconfermato, ma qualche volto nuovo fa capolino nel
Palazzo Comunale. L'assessore Ciccone - quella che aveva cancellato lo scuolabus
- non c'è più, e tra i nuovi consiglieri comunali vi sono alcuni che hanno
seguito da vicino la vicenda della Bigattiera.
Pochi giorni dopo le elezioni, arriva però una notizia che sa di beffa: i
Carabinieri hanno aperto un'indagine contro alcune famiglie della Bigattiera,
per evasione dell'obbligo scolastico. Come dire: prima si impedisce la
scolarizzazione dei bambini, poi si denunciano le mamme perché non portano i
figli a scuola... Ed è proprio questa notizia che riattiva la mobilitazione di
associazioni, insegnanti e volontari.
Comincia così a circolare un appello che chiede l'immediato ripristino
dell'energia elettrica, dell'acqua corrente e dello scuolabus: nel giro di poche
ore, vengono raccolte 250 firme di altrettante personalità note a livello locale
(tra cui quella dell'allenatore della squadra di calcio cittadina).
Incoraggiati da questo primo successo, i promotori dell'iniziativa decidono di
fare il secondo passo:
scrivono una mozione che obbliga il Sindaco a riattivare
i servizi tagliati, e la consegnano al Consiglio Comunale, chiedendone
l'approvazione. Due gruppi di minoranza - il Movimento Cinque Stelle e la lista
civica di sinistra "Una Città in Comune", in coalizione con Rifondazione -
firmano il testo e lo presentano formalmente al Consiglio. I gruppi della
maggioranza, pur non firmando la mozione, si dicono interessati a muoversi: e la
Presidente della Commissione sociale convoca un'audizione con le associazioni
promotrici.
In bilico
La vicenda non è ancora chiusa, e i suoi esiti sono tutt'altro che scontati. La
prossima settimana la mozione approderà in Consiglio Comunale, e le intenzioni
della maggioranza non sono ben chiare. Da una parte, sono molti i sostenitori
del Sindaco che intendono voltare pagina rispetto al passato, e che sono decisi
a garantire almeno i diritti fondamentali alle famiglie rom. Dall'altra parte,
vi sono fortissime resistenze: la riattivazione dei servizi al campo della
Bigattiera viene interpretata da alcuni come una pericolosa delegittimazione
dell'operato della "vecchia" Giunta.
Intanto, fuori da Pisa si discute di "strategia nazionale di inclusione dei
rom", e in alcune città toscane si sperimentano forme innovative di superamento
dei campi. Può darsi che questo vento di novità porti qualche folata anche nei
pressi della Torre Pendente. Staremo a vedere.
Di Fabrizio (del 25/07/2013 @ 09:09:12, in media, visitato 1792 volte)
MEDIAROMAI mass media non dovrebbero provocare odio a Bursa
22 luglio - I cittadini questa mattina si sono svegliati questa mattina leggendo
notizie riguardo a tensioni a Bursa (nella regione di Marmara). Secondo quanto
pubblicato "un giovane rom ha ferito una ragazza con un fucile", e la famiglia
di lei ha assaltato l'insediamento rom e dato fuoco ai loro mezzi di trasporto.
I media non sottolineano l'origine etnica dell'altra parte, ma soltanto quella
dei Rom. Anche se enfatizzano che una delle parti in causa è rom, nessuno di
loro è stata chiamato a testimonianza, dando un'informazione
pregiudizievole.
Non abbiamo la possibilità di sapere cos'è realmente accaduto nel quartiere Osmangazi Gueneshtepe
di Bursa, causa il solito modo dei media di fare notizia. Non siamo stati in
grado di contattare chi vive laggiù. Quindi non conosciamo i dettagli
dell'incidente e la sua reale portata. D'altra parte, è lampante che i mass
media vogliano legittimare quanto è accaduto. Vogliono cioè legittimare gli
attacchi alle case rom e l'aver bruciato i loro mezzi di trasporto. Nelle
cronache, incolpano i Rom di rubare e i loro cavalli di sporcare le strade,
usando questi dettagli per giustificare il comportamento di una folla aggressiva
che si può vedere nel loro video. Non c'è tuttavia nessuna ragione per
giustificare un linciaggio.
Quando riceveremo i dettagli sull'incidente, li diffonderemo. A questo punto,
censuriamo le provocazioni e l'approccio unilaterale dei media. Non è
giornalismo usare argomenti che possono portare a gravi tensioni tra cittadini
Rom e non-Rom. Ci auguriamo che che simili discorsi separatisti e provocatori
terminino presto.
Di Fabrizio (del 24/07/2013 @ 09:03:45, in conflitti, visitato 1978 volte)
Amo i francesi perché dietro la loro boria e sciovinismo, si cela la
coscienza di essere popolo. E popolo, significa far parte di una comunità, a cui
vengono riconosciuti diritti, e non gentili concessioni. Dove il diritto non ha
bisogno di essere declinato con l'aggettivo "civile", ma è quasi un comandamento
religioso. Ovvio, anche lì i diritti vengono bellamente infranti, ma la cosa
difficilmente passa sotto silenzio.
Accade nella terra delle baguettes che
un deputato si lasci andare a commenti poco corretti. In Italia la notizia viene
ripresa dal
Corriere della Sera. Poteva succedere
dovunque, ma in quattro e quattr'otto il francese è stato costretto a
dimettersi. QUESTA LA DIFFERENZA FONDAMENTALE.
NOTE A MARGINE
Indignez-vous
nasce 3 anni fa come libriccino che presto spopola in Francia. L'autore è un
autore tedesco che ne ha viste di tutti di colori.
Il libro vende bene anche da noi, ma rimane il problema di mettere assieme il
nostro tradizionale menefreghismo con i valori dell'indignarsi. Paese il nostro
di guelfi e ghibellini, metà della popolazione lo ignora, l'altra metà scopre lo
slogan INDIGNATEVI, evidentemente lo trova di suo gusto, e da quel momento
nessuno ha più avuto scampo: ci si indigna nella chiacchiere da bar, su FB, i
siti di petizioni fanno affari, per non parlare dello spam... tanto,
tutto resta come prima, visto che i nostri colpevoli hanno pelle (e lacrime) da
coccodrilli. MODA. Innocua (e funzionale) che può adattarsi all'antirazzista da
tastiera, al legaiolo, alla grande firma da giornale, al grillino che sino a due
anni fa era un servetto compiacente, al sinistro che invidia la destra.
Indignarsi: Ingenuamente mi chiedo cosa possa aver detto quel
deputato francese di così scandaloso. Niente di differente da quel che pensa (di
nascosto) buona parte della popolazione che i Rom li conosce solo attraverso i
mezzi di informazione (buoni quelli! Prima istigano e poi scrivono
articoli indignati contro il razzismo).
Ci indigniamo perché NON E' BELLO prendersela con degli sfigati a vita (poveriiiini)?
O ancora perché NON STA BENE tirare nuovamente in ballo zio Adolfo? O perché
"PRIMA VENNERO A PRENDERE GLI ZINGARI..."?
A tutto c'è rimedio, m'hanno sempre insegnato i Rom, vediamo però di
capirci:
SFIGATI: Ricordavo all'inizio che neanche la Francia è il
paradiso, anzi quanto a razzismo neanche lì si scherza. Come da
noi, le radici del razzismo stanno nella legge e nella sua
interpretazione. Ad esempio,
la legge obbliga i comuni francesi sopra i 5.000 abitanti a
predisporre aree attrezzate per accoglienza delle popolazioni
vacanti. Buona parte dei comuni interessati preferisce pagare
multe salate (siamo in Francia!) piuttosto che rispettare la
legge ma inimicarsi i votanti. Ai Rom, alla gens de voyage,
non resta quindi che sistemarsi dove e come possibile, preda
delle stigmatizzazioni del deputato di turno (di solito MP o FN,
ma qualche volta si intrufolano anche i socialisti).
ZIO ADOLFO: Rileggevo una recente lettera aperta dalla
Repubblica Ceca. Se lo zietto non è riuscito lui, con tutto
l'apparato che aveva a disposizione, a sterminare I ZINGARI,
pensate che qualcun altro possa farcela? E come, di grazia? I
Francesi, come gli Italiani del resto, l'hanno provato il
tallone nazista, e non è che quell'ideologia si è fermata a
Rom, Ebrei, oppositori politici o religiosi... Iniziato con
qualcuno (l'appetito vien mangiando), ha proseguito fino a
volersi pappare l'Europa intera. Secondo voi, è possibile un
nazismo democratico e selettivo, che se la prenda con I ZINGARI ma che non tocchi il buon padre di famiglia, timorato di dio e
della polizia? Forse dobbiamo ripartire dagli anni '40? Altrimenti,
da dove si riparte? Vi propongo un esame: in quella frase su
Hitler che non sterminò abbastanza zingari, cosa avete inteso?
Cosa sareste disposti a tollerare? Cioè: i nazisti avrebbero
dovuto sterminare l'etnia (che vivesse in casa o nei carri) e/o
chi viveva in determinate condizioni (cioè, indipendentemente
dall'etnia, fuori dai nostri canoni)? Capiremmo meglio
1) sin
dove saremmo in grado di tollerare (quanto il nazismo può essere
accettabile) 2) ci daremmo nel contempo una definizione, magari
approssimativa, di cosa NOI intendiamo per zingaro (cosa noi ne
conosciamo), senza la quale brancoleremo nella pura accademia,
3) definiti i punti 1 e 2 e NON PRIMA, potremmo forse
dedicarci alle possibili soluzioni.
POI VENNERO A PRENDERE...: Non si tratta di difendere (a
prescindere) gli insediamenti abusivi, altrimenti la situazione
diverrà comunque invivibile per tutti. Ma di riconoscere a chi vi abita
gli stessi diritti e lo stesso rispetto di qualsiasi altro
cittadino. Perché i diritti (ed il rispetto) o sono di tutti,
oppure sono privilegi. E poi per una ragione molto più
egoistica: le botte di Genova alla caserma di Bolzaneto, certe
cariche di polizia, per non parlare dell'imbarbarimento del
linguaggio politico, lo squilibrio dell'informazione sulla Val
di Susa, sono anche il risultato di quel "nazismo
democratico e selettivo" applicato lontano dai riflettori e
dai registratori, in quella terra di nessuno che sono i campi
rom. Dato che la sperimentazione ha dato buoni frutti, se non
altro a livello di reazione di massa, ecco che la stessa peste
può dilagare. SIETE AVVERTITI.
NOTE FINALI
Martedì scorso a Milano è stato sgomberato il cinema occupato Maestoso.
Non mi interessano tanto le ragioni di quest'operazione,
giusta o sbagliata che sia, ma vorrei sapere se
le modalità di
questo sgombero non debbano preoccupare (stavo per scrivere INDIGNARE) di più un LIBERALE
(ammesso che esistano ancora) piuttosto che uno STALINISTA
(ammesso che esistano ancora).
Sono solo io a notare che tra uno sgombero "civile" e quello
di un campo, non ci sono solo affinità nei metodi, nella
"marginalità" dei soggetti coinvolti, ma anche sulle aree
coinvolte? Terreni, edifici, abbandonati e tolti al bene comune,
di cui qualcuno d'improvviso si riappropria in modalità più o
meno ufficiali, più o meno d'emergenza, per ritornare NON LUOGHI
a sgombero avvenuto. Sapendo, che ad ogni sgombero segue una
nuova occupazione.
Di Fabrizio (del 23/07/2013 @ 09:06:08, in casa, visitato 1768 volte)
19-07-2013
di Angela Sannai
ROMA - Energia pulita e a basso costo per rom e sinti, che oggi si trovano di
fronte a bollette da 6-700 euro al mese, troppi per le loro tasche. Il Comune di
Bologna vuole riconvertire l'energia nei campi nomadi, magari coi pannelli
fotovoltaici. Lo annuncia questa mattina in question time l'assessore al
Welfare, Amelia Frascaroli, rispondendo a una domanda della consigliera della
Lega Nord, Lucia Borgonzoni, che accusa l'amministrazione "di aver elargito
somme pubbliche", ai nomadi, "continuando in tale politica di donazione con
poche speranze di riavere quanto anticipato".
Il fatto è, precisa l'assessore, che tutte e tre le aree sosta del Comune sono
alimentate con energia elettrica che viene usata per ogni cosa, dal
riscaldamento durante l'inverno, alle piastre per cucinare fino agli
scaldabagno, e quindi alle famiglie arrivano bollette da 6-700 euro mediamente,
una spesa alla quale non possono fare fronte. "La prima cosa da fare, quindi,
sarebbe mettere le persone in condizioni di non pagare somme che incidono così
tanto sulla loro spesa mensile". Ed è per questo che "stiamo perseguendo l'idea
di una riconversione energetica delle aree sosta che ricondurrebbe i costi a
delle cifre sostenibili anche per chi ha un'economia famigliare di reddito medio-basso o basso". Detto questo, "credo si debba andare sempre più verso una
responsabilizzazione o quantomeno una responsabilità condivisa nei confronti di
queste persone".
Quanto ai kosovari di via della Canapa, gli stessi che lunedì scorso hanno fatto
irruzione in Consiglio comunale, e sui quali Borgonzoni chiede chiarimenti,
l'assessore comunica che negli anni hanno accumulato morosità per 59.000 euro.
Rispetto poi ad eventuali aiuti, "invece voglio ribadire che l'aiuto è stato già
ampiamente dato in questi anni", sottolinea Frascaroli suscitando l'entusiasmo
della leghista. "E' evidente- prosegue l'assessore- che le situazioni sono già
ampiamente conosciute, quindi non hanno bisogno di essere conosciute adesso".
Poi, se nel momento dello sfratto, dell'allontanamento delle persone dagli
stabili di via della Canapa, "si verificassero situazioni di particolare
fragilità, soprattutto dove ci sono minori, è evidente che prenderemo misure di
protezione". Ma questo "non significa che andiamo a mettere in atto chi sa quale
sostegni, ché appunto credo che siano stati già tutti giocati".
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