Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 06/05/2009 @ 09:01:37, in Regole, visitato 2385 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Napoli, 4 maggio 2009. "La giovane Rom ha subito una condanna assurda, senza
prove, senza indagini approfondite, senza buon senso," dichiarano i leader del
Gruppo EveryOne Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau. "Abbiamo
inviato al giudice del Tribunale d'Appello un dossier che ne dimostra
l'innocenza". Il grande giurista Juan de Dios Ramirez Heredia si è detto pronto
a "indossare la toga per difenderla, accanto all'avvocato Valle". Angelica viene
da Bistrita-Nasaud città della Transilvania. Era arrivata in Italia da pochi
mesi con il giovane marito Emiliano e alcuni familiari. Ha una figlia di 3 anni,
Alessandra Emiliana, che è rimasta in Romania. "Ma come possono pensare che
io abbia cercato di rapire una bambina?" protesta Angelica davanti a un
attivista di EveryOne, che ha avuto il permesso dal giudice di visitarla. "Sono
una mamma e se qualcuno mi portasse via la bambina, morirei dal dolore".
A Napoli la ragazza viveva di elemosina "e di qualche piccolo furto,"
confessa, "ma solo quando non sapevo come procurarmi da vivere, perché il mio
sogno era quello di lavorare, se solo avessi avuto un'occasione". Il 10 maggio
Angelica viene arrestata con un'accusa terribile: una donna di Ponticelli
afferma di averla sorpresa mentre avrebbe tentato di rapire la sua bambina in
fasce. "Per entrare nella stanza in cui dormiva la piccola," ricostruiscono gli
attivisti, "Angelica avrebbe dovuto trovare contemporaneamente aperti il
cancello esterno, il portone dell'edificio e la porta blindata
dell'appartamento, senza imbattersi in un inquilino e senza che la piccola, una
volta afferrata, si mettesse a piangere. Tutto questo, in un periodo
caratterizzato a Ponticelli da una vera e propria fobia nei confronti degli
'zingari', tanto che tre mesi prima era nato un Comitato di Ponticelli per il
problema dei Rom. Inverosimile".
Leggendo gli atti del processo e il dispositivo di sentenza, si rileva che
non esistono prove a carico di Angelica, ma solo la testimonianza della madre
della bambina neonata. "Non vediamo perché la donna avrebbe dovuto mentire,"
scrive il magistrato. "E' una sentenza priva di razionalità, proprio per la 'zingarofobia'
che si era impadronita in quei giorni degli abitanti di Ponticelli," prosegue
EveryOne. "La Storia ci insegna che fin dal Medioevo la sola presenza di
'zingari' vicino a un bambino 'cristiano' faceva gridare le comunità locali al
ratto di minore. Anche volendo credere alla buona fede dell'accusatrice, il
fattore-pregiudizio non può in alcun modo essere ignorato nel giudizio di un
caso come questo. Una perizia, che non è stata mai eseguita, avrebbe dimostrato
che Angelica avrebbe dovuto muoversi al rallentatore per essere vista dalla
madre, già sul pianerottolo e con la bimba in braccio, e quindi raggiunta e
bloccata. Sembra che la madre della neonata descriva una propria paura piuttosto
che un evento reale. I seguito è ancora più irreale. La madre leva la piccola
dalle braccia di Angelica, rientra in casa, pone la bambina a terra, grida e...
Angelica è rimasta ancora sul pianerottolo, giusto per farsi raggiungere dal
nonno della neonata e poi da altri vicini, che cercano di linciarla".
Alcuni cittadini di Ponticelli hanno ricordato che l'accusatrice ha
precedenti giudiziari per falso ideologico. Le stesse conclusioni tratte dal
Gruppo EveryOne e dal giurista spagnolo Heredia sono state tratte dal
giornalista investigativo spagnolo Miguel Mora sulle pagine di El Pais: "Il
teorema che ha portato alla condanna si basa solo sulle parole contraddittorie
dell'accusatrice. "Il caso di Angelica ha scatenato gli abitanti di Ponticelli,"
commentano gli attivisti, "che in men che non si dica hanno sgomberato con
brutalità i terreni occupati da Rom romeni, che erano al centro di un progetto
urbanistico in attesa di un finanziamento pubblico di milioni di euro,
finanziamento che poco dopo il 'pogrom' sono arrivati".
Angelica, secondo la giurisprudenza, è una "minore non accompagnata" e il
legislatore ritiene che un minore di età debba rimanere in Istituto il minor
tempo possibile, favorendo tutte le possibilità di reinserimento sociale. "Ma
Angelica è già dentro da un anno," conclude EveryOne, "e sconcerta il fatto che
non le sia stato concesso il patrocino gratuito per un motivo surreale: era
impossibile al magistrato stabilire le sue condizioni economiche in Romania". Se
in appello sarà fatta giustizia, per Angelica si aprono due possibilità: tornare
in Romania e ricostruirsi una vita con i suoi cari oppure restare in Italia,
grazie a una famiglia che si è offerta di aiutarla in un percorso di inserimento
sociale positivo, in attesa di ricongiungersi alla famiglia. Intanto il suo caso
ha destato l'attenzione della Commissione europea, del Cerd (Nazioni Unite) e
delle più importanti organizzazioni contro la discriminazione e gli abusi che
colpiscono il popolo Rom in Europa, da Union Romani a ERRC, dall'OSI al
Coordinamento Antirazzista Sa Phrala.
Scriviamo al Presidente della Corte di Appello di Napoli Sezione Minorenni dr
Vincenzo Trione e al Presidente del Tribunale per i Minorenni di Napoli dr.
Stefano Trapani:
info@tribunalenapoli.it
tribmin.napoli@giustizia.it
Per informazioni:
info@everyonegroup.com
www.everyonegroup.com
Di Fabrizio (del 05/05/2009 @ 14:26:33, in casa, visitato 1641 volte)
Segnalazione di Ernesto Rossi
Popica onlus
Venerdì 1 maggio 2009, circa 60 rom romeni tra
uomini, donne e bambini, dell'insediamento romano di via di Centocelle, hanno
deciso di partecipare al corteo della MayDay con un proprio spezzone aperto da
uno striscione sul quale era scritto: "SIAMO ROM, NON SIAMO NOMADI VOGLIAMO
LA CASA. I Rom e le Romnì di via di 100celle". Durante il percorso della
manifestazione, nella quale si rivendicava casa e reddito per tutti e tutte, la
comunità ha anche diffuso un volantino nel quale veniva illustrata la propria
volontà di uscire allo scoperto e a rivendicare i propri diritti. Noi di
POPICA ONLUS, da sempre vicini alla comunità di via di Centocelle, esprimiamo il
nostro totale apprezzamento per l'iniziativa dei Rom e delle Romni, coi quali
quotidianamente collaboriamo. In particolare con questo comunicato vogliamo
segnalare all'opinione pubblica che quest'importantissima iniziativa cancella il
luogo comune dei Rom "geneticamente" predisposti a vivere in baracche senza luce
né acqua o nei cosiddetti campi nomadi. E mostra inoltre come in alcune comunità
Rom stia nascendo un genuino e fondamentale movimento per la rivendicazione dei
diritti. Noi di POPICA ONLUS continueremo ad essere al fianco di questa comunità
che sta smettendo di aver paura, cominciando un nuovo cammino sul quale ci
troveranno compagni di viaggio
Di Fabrizio (del 05/05/2009 @ 09:25:44, in Europa, visitato 1621 volte)
Da
Roma_Francais [Di Yenisch (o
Jenisch) se ne è già scritto, soprattutto riguardo alle persecuzioni che
hanno patito. Qua invece si parla dei loro problemi pratici nella vita di tutti
i giorni. Mi interessa anche l'attenzione data ai rapporti non facili con i
"nomadi" stranieri, il doversi differenziare da loro per sopravvivere all'ondata
di stigmatizzazione che riguarda tutti. Se alcune affermazioni possono
sembrare non condivisibili, teniamo conto che queste difficoltà ci sono anche da
noi, ad esempio tra Sinti/Rom italiani e stranieri.]
Da
AgriHebdo par Pierre-André Cordonier
Le famiglie Yenisch della Svizzera cercano disperatamente dei posti
dove stazionare. Fanno appello agli agricoltori che disporrebbero di terreni.
Gli Yenisch svizzeri, circa 3.500 famiglie o più, che in occasione del
ritorno del bel tempo si preparano a levare i campi per esercitare i loro
mestieri tradizionali in tutta la Svizzera. Dei nomadi, o piuttosto dei
semi-sedentari, svizzeri da secoli, e che soffrono della cattiva reputazione che
ha la gente di viaggio presso la popolazione.
Confusione ed amalgami
Succede che Zigani, Rom o Manouche provenienti dalla Francia sbarcano tutti
gli anni in Romandia nello stesso periodo. Una concorrenza per gli Yenisch, ma
soprattutto molta confusione ed amalgami. I piccoli furtarelli, danni, inciviltà
delitti commessi da questi nomadi venuti da fuori aizzano la popolazione che non
fa differenze. Risultato, gli Yenisch svizzeri hanno sempre più difficoltà a
trovare posti dove accamparsi per proseguire lo stile di vita a cui tengono
caramente.
"La situazione ha cominciato a deteriorarsi da una ventina d'anni ed è andata
peggiorando. Noi prima eravamo conosciuti e spesso ben accetti, ma oggi abbiamo
perso il nostro status svizzero", spiega Francis
Kalbermatter. "Da qui la creazione di un'associazione, che ha già un anno, allo
scopo di sostenere la ricerca dei luoghi di stazionamento e di offrire una
garanzia a terzi, agricoltori, comuni o altri. I membri che contravvengono alle
regole in vigore o si rendono colpevoli di delitti sono esclusi
dall'associazione, dove le regole sono molto severe.
Domiciliati e viaggianti in Svizzera
Non è che gli Yenisch della Svizzera vogliano stigmatizzare i loro
confratelli stranieri. "Abbiamo sovente relazioni di vicinato serene", aggiunge
Sylvie Gerzner. Ma gli Yenisch tengono a smarcarsi da questa cattiva
reputazione, ereditata malgrado loro. "Noi siamo dei veri Svizzeri, abbiamo
comportamenti tipicamente elvetici, come l'igiene e la proprietà. Rispettiamo le
regole. E soprattutto, siamo domiciliati in Svizzera. Siamo quindi
rintracciabili facilmente e veniamo perseguiti legalmente se commettiamo delle
infrazioni. Cosa che sarebbe suicida, dato che siamo soliti tornare ogni anno",
intonano in coro i due responsabili. Gli Yenisch svizzeri d'altronde hanno come
tradizione di viaggiare solo in Svizzera.
Nessun problema oltre la Sarine (vedi
ndr)
Le autorità sono sensibili a questo problema e anche loro cercano delle
soluzioni. In tutti i cantoni. Vaud ha sistemato due posti di transito per la
gente di viaggio ed i comuni possono proporre luoghi di stazionamento secondo il
proprio bisogno, informa Pierrette Roulet-Grin, prefetto del distretto Jura-Nord
Vaudois, dal 2000 presidentessa del Gruppo di lavoro Gitans-Vaud (GT-Gitans-VD).
Ma questi ultimi non si presentano.
"Noi abbiamo dei comportamenti tipicamente svizzeri"
Ultima speranza: i contadini o proprietari di terreni sono pronti ad
affittare puntualmente un lotto. Nella Svizzera tedesca, è così da tempo, senza
alcun problema. Christian Stähli, agricoltore di Orges, è uno dei pochi a farlo
nella Svizzera romanda e conta circa 4.000 pernottamenti di gente di viaggio
all'anno, ha scritto il 16 aprile il 24 Heures Nord
vaudois-Broye. La famiglia Mast a Denens accoglie ugualmente degli Yenisch
durante sei mesi su 15 aree.
Ritorno per il contadino
"E' un ritorno per i contadini", precisa Francis Kalbermatter, "e stimiamo
che noi facciamo la nostra parte: le famiglie yenisch comperano i loro prodotti
all'azienda agricola se esiste l'offerta." Lo stesso per la legna, per il mitico
e tradizionale fuoco del campo al cadere della notte.
Riferimenti
Per tutte le proposte di messa a disposizione di terreni, contattare Francis
Kalbermatter, 1950 Sion 4, CP 4175, tél. 079 347 50 89,
francis-kalbermatter@hotmail.com o Sylvie Gerzner, 1462 Yvonand, CP 158,
tél. 076 222 2 66, sylvie70g@yahoo.fr
Quanti sono sensibili al mantenimento della cultura degli Yensich svizzeri
possono diventare membri-amici di Association Yenisch Suisse con una domanda
scritta e firmata al comitato dell'associazione
yenisch.suisse@gmail.com Sito
ufficiale: www.yenisch-suisse.ch
Per una ricerca su Internet, sono utilizzati diversi termini:
Yenisch, Yenische, Yenich, Jenisch, Jenische, ecc.
Blog:
http://yeniche1969.skyrock.com/
Di Fabrizio (del 05/05/2009 @ 08:58:11, in media, visitato 1467 volte)
Da
Roma_ex_Yugoslavia
Cari Amici, Colleghi e Fratelli!
Mi chiamo Sami Mustafa, vengo dalla comunità rom in Kosovo del piccolo
villaggio di Plemetina. Ho prodotto e diretto circa 20 documentari sulle
tematiche rom e dei diritti umani in generale in Kosovo, Polonia (documentario
promozionale) e Bosnia Erzegovina negli ultimi sette anni.
La maggior parte dei miei lavori è stata presentata in festival mondiali, e
"La Strada verso Casa" (documentario) è stato premiato dalla Critica al Festival
di Cannes del 2007. [...]
Quest'anno sono stato accettato alla Scuola Filmica di Praga (PFS) per un
corso di un anno nella sezione documentari e premiato col dimezzamento delle
tasse scolastiche dalla PFS e dalla Fondazione Ralph per una cifra di 6.900
euro. La Scuola Filmica di Praga è riconosciuta in tutto il mondo come una delle
migliori, ed io sono l'unico Rom a cui sia stato concesso di studiarvi. Ho
quindi bisogno di 6.900 euro per il resto delle tasse scolastiche, 2.500 per i
seminari estivi che servono a terminare il corso di studio, e 2.000 per le spese
vive durante l'anno. Quindi, in totale 11.400 euro per iniziare i miei studi
quest'anno e non perdere la borsa di studio della PFS e della Fondazione Ralph.
Dato che la PFS è un'università privata, non ho diritto a borse di studio
pubbliche per i Rom. Per questo, vi chiedo la possibilità di
sponsorizzazioni/donazioni ed in cambio posso lavorare ai vostri film
promozionali per le vostre compagnie, o in lavori che comprendano qualsiasi tipo
di processo filmico per ripagarvi, ma sicuramente non sono in grado di ridare i
fondi ricevuti in denaro.
Se avete consigli, suggerimenti o volete farmi da sponsor, potete contattarmi
a romawood@gmail.com [...] Ulteriori
dettagli sul corso universitario, sui miei film o la mia biografia, li trovate
su www.romawood.org o
anche
www.myspace.com/sami_mustafa
Sperando di sentirvi presto, in fede
Sami Mustafa
Plemetina Obilic 28213
10000 Pristina, Kosovo
Tel: +381 28 467813
Mob: +381 65 6594567 | +377 44 908234
Di Fabrizio (del 04/05/2009 @ 16:39:17, in media, visitato 1399 volte)
Incredibile! Basta una storia strappalacrime perché uno dei
più razzisti giornali italiani decida di fare quello che sarebbe il suo
compito: informare e non fare da altoparlante ad una sola voce (quella del più
forte, di solito). Riporto tutto il pezzo, non perché sia veritiero o magari
commovente al punto giusto, ma perché in tutta la vicenda del un padre di un
personaggio pubblico, nessuno prima aveva voluto sapere anche la sua versione.
INTERVISTE 04/05/2009 - Si chiama Sahit Berisa, ha 39 anni ed è il padre di
Ferdi, il vincitore dell'ultima edizione del Grande Fratello. Oggi vive in un
campo nomadi del Centro Italia e ha rilasciato una lunga intervista al
settimanale Di Più, nella quale si rivolge direttamente al figlio "Quando ti ho
portato sul gommone in Italia, volevo solo il tuo bene". Sul suo conto sono
state dette tante cose, il figlio ha raccontato con amarezza la sua triste
infanzia ma ora Sahit cerca un riavvicinamento, giurando: “non voglio i tuoi
soldi”.
Tutto è iniziato con la separazione in casa, tra i genitori del giovane rom: “Io
e mia moglie non andavamo più d’accordo, litigavamo sempre. Io avevo le mie
colpe, non ero un marito perfetto, un padre perfetto, non trovavo un lavoro
stabile, continuavo a vendere stracci e a vivere alla giornata, a volte facevo
tardi, esageravo con il bere. La vita a casa nostra era diventata impossibile,
mia moglie aveva un altro e non mi voleva più. Lei al Gf, rivolgendosi a Ferdi,
ha raccontato che la maltrattavo che ero io ad avere un’altra ma non è così. Non
so perché mia moglie scarica tutte le colpe su di me, so che la verità è che
ormai non potevamo più stare insieme..."
"Ricordo che me ne sono andato di casa dopo un brutto litigio. Mi sono
trasferito da un mio parente e fin da quel momento il mio unico pensiero è stato
il bene dei figli. A casa mia non ci potevo più tornare perché mia moglie mi
cacciava, il suo nuovo uomo non mi faceva entrare, non mi facevano vedere i
bambini. Se mi avvicinavo mia moglie urlava: "'Ho una nuova vita, qua non c'è
posto per te vattene!". Ho provato a mettere a posto le cose, ma non ci sono
riuscito. Mi tormentavo, sapevo di avere sbagliato anch'io: la mia vita
disordinata, la mancanza di un lavoro, non mi avevano dato la possibilità di
garantire alla mia famiglia la serenità, e la situazione era tracollata. Mi ero
ritrovato da solo. E mi preoccupavo per Ferdi, perché senza un padre accanto
qualcuno poteva metterlo fin da piccolo su una brutta strada, in una realtà come
la nostra, di grande povertà. Tanti amici, tanti parenti, mi dicevano che Ferdi
e sua sorella non erano sereni a casa con la mamma...".
"Allora, mi sono detto che c'era un solo modo per risolvere il problema: portare
via i figli da quella casa. Così ho organizzato tutto. In una valigia ho messo
qualche vestito; sono andato di nascosto a prendere i bambini. Ho portato Elfa
da mia mamma, in un paese vicino, e le io detto: "Mamma, crescila meglio che
puoi: se viene mia moglie a cercarla. spiega che Elfia sta meglio con te". Poi,
sono andato via con Ferdi. Lui allora aveva 9 anni. Volevo andare in Italia con
un gommone, assieme ad altri come me, come noi, perché tutti dicevano che in
Italia c'era la ricchezza, che si poteva trovare la felicità. Tanti rom come me
fanno così, anche questo fa parte della nostra storia, del nostro modo di
vivere. Avevo organizzato il viaggio con persone che conoscevo. Mi è costato tre
milioni, una cifra enorme. Avevo raccolto tutti quei soldi facendo debiti con
alcuni miei parenti, avevo promesso che in Italia avrei trovato un lavoro e
avrei restituito tutto. Ricordo solo che Ferdi, quando siamo saliti sul gommone,
mi ha detto: "Papà, dove andiamo?", e io gli ho risposto: "A cercare una vita
migliore, figlio mio".
Per sfamare mio figlio dovevo arrangiarmi con l'elemosina per le strade, ed ero
costretto a portare Ferdi con me, non potevo lasciarlo solo. La notte dormivamo
nei campi rom, il giorno lo passavamo agli angoli dei marciapiedi. Una vita
dura, durissima. Alcuni come me, gente di strada che incontravo, avevano scelto
una via più facile, piccoli espedienti, piccoli furti. Ma io non volevo farmi
trascinare, per il bene del bambino, e continuavo ad andare avanti solo con
l'elemosina. Di una cosa sono orgoglioso: in tutti quei mesi che ho passato con
lui in Italia gli ho sempre dato un tetto sotto cui dormire. Non l'ho mai fatto
dormire per strada. Se un giorno, con l'elemosina, riuscivo a raccogliere
quaranta o cinquantamila lire, non lo portavo neanche al campo rom. Cercavo
qualche pensione da poco per dargli un letto come si deve.
C'era la paura di essere fermati dalla polizia, noi clandestini senza un
permesso di soggiorno. Infatti, quello che temevo è successo. Un giorno ci hanno
fermato per strada. Hanno controllato i documenti e mi hanno portato via il mio
bambino, perché hanno detto che non ero nelle condizioni di crescerlo. Sì,
avevano ragione, ero e rimango un vagabondo senza fissa dimora, ma che cosa
potevo fare? Ferdi piangeva: "Papà papà, stai con me", mi diceva tra le lacrime.
Non potevo fare niente per trattenerlo. È l'ultima volta che l'ho visto, ricordo
i suoi occhi gonfi e il suo sguardo spaventato. Non mi hanno neanche voluto dire
dove lo portavano. "Ecco, Sahit", mi dicevo "hai sbagliato tutto". "Hai perso
tutto", mi ripetevo. "Tuo figlio te l'hanno portato via, tua figlia non sai come
sta, non hai più nessuno". Ero disperato. Ricordo che ho preso un treno per
raggiungere il campo rom dove ho gli amici più cari. Ma non ho dormito in
roulotte. Ho dormito per una settimana sulla spiaggia, al freddo. Questo è
successo dodici anni fa, nel 1997, quando Ferdi aveva 10 anni, dopo che eravamo
stati insieme un anno in Italia. È allora che mi sono perduto”.
“Quando ho perso mio figlio, sono morto dentro e sono finito su strade
sbagliate. Ho cominciato a rubare, ho ripreso a bere. Sono finito in carcere
quattro volte, ho condiviso anche una cella con dodici persone e un solo bagno
per tutti. A volte mi ha sfiorato il pensiero di farla finita, ma non ho avuto
il coraggio perché, in fondo continuavo ad avere un obiettivo, ritrovare i miei
figli, riabbracciarli. La mia era ed è una vita da fuggitivo, disgraziato. Ma
non ho mai smesso di pensare a Ferdi. Chiedevo di lui ai parenti che vivono nei
campi rom. Sì, perché tra noi ci si aiuta, se si può. Siamo tanti, sparsi
ovunque. Una volta un cugino mi ha detto che forse Ferdi era a Cagliari mi sono
precipitato là. in un istituto religioso. Ma non mi hanno neanche fatto
entrare”.
“Dopo tante ricerche, tre o quattro anni fa, sono riuscito ad avere il suo
numero di telefono tramite un nostro parente. L'ho chiamato con le mani che mi
tremavano e gli occhi lucidi. Ma lui, mio figlio, è stato freddo, mi ha detto
solo: "Papa, quando sarò pronto mi farò vivo", e ha messo giù il telefono senza
neanche dirmi dove era. Allora, sono stato male, ho pensato che ce l'aveva con
me, che non mi perdonava la vita che gli aveva fatto fare, e chissà cos'altro.
Io cercato di capire, ho fatto tante telefonate, finché un parente che è rimasto
in contatto con lui mi ha detto che Ferdi aveva saputo brutte cose sul mio conto
e non voleva vedermi: pensava che l'avevo portato via con la forza da casa,
diceva che l'avevo picchiato e che lo avevo costretto a rubare”.
“Mi trovavo nel campo rom della Romagna quando Davide, un mio amico, mi ha
detto: "Sahit, credo proprio che tuo figlio sia in televisione". Tutti là,
infatti, sanno da anni la mia storia, sanno di Ferdi, del mio tormento. Non
volevo crederci: mio figlio in televisione? Quando ho visto Ferdi, al Grande
Fratello, ho fatto salti di gioia. Vedere che stava bene, che è bello, che è
sano mi rendeva contentissimo. L'ho baciato sullo schermo, ho pianto. Per tre
mesi ho guardato sempre Ferdi, attaccato alla televisione. Ho seguito tutto, mi
sono emozionato, ho riso, ho pianto. Sono stati i tre mesi più belli della mia
vita. Ho visto il messaggio della mamma, la mia ex moglie, mi accusava di averla
maltrattata, e ho sofferto. Allora, ho contattato la redazione del Grande
Fratello, ma mi hanno detto che Ferdi non voleva vedermi. Lo immaginavo, lui
pensa che io sia stato cattivo con lui. Poi, ho rivisto mia figlia in
televisione che parlava dalla Germania con Ferdi che era nella Casa. Anche lei
non la vedevo da moltissimi anni, e ho pianto ancora. Poi, mi sono arrabbiato
quando Gianluca, il concorrente di Napoli, ha accusato mio figlio di volere fare
piangere con la sua storia e gli ha dato una spinta. Poi. sono stato contento
quando Ferdi ha raccontato di essere cresciuto bene all'istituto Don Orione e
con un'altra famiglia. Ho applaudito quando Ferdi ha baciato Francesca e ho
festeggiato con i miei amici rom quando ha vinto. Così sono come rinato”.
“Quando Ferdi è uscito, ho tirato nuovamente fuori il bigliettino su cui anni
prima avevo segnato il suo numero. Non sapevo se chiamarlo o no, ero combattuto.
Ho deciso di chiamarlo dopo che a un giornale, il vostro Dipiù, Ferdi ha detto
che poteva dimenticare il passato, e che poteva pensare di riabbracciare me, suo
padre. L'ho chiamato con il cuore che mi batteva: "Figlio mio. sono tuo
padre...", gli ho detto. Ma lui, proprio come aveva fatto anni prima, mi ha
interrotto e ha detto: ' Papà, mi farò vivo io quando sarò pronto, ora devo
andare". In quel momento, ricordo, sono crollato su una sedia, con gli occhi
gonfi. Lo so, forse ho chiamato troppo presto, ma ho agito d'istinto, non potevo
aspettare, Ferdi ha bisogno di tempo. Lo so. lui pensa ancora che io ho fatto
del male, e non sarà facile fargli cambiare idea dopo tanti anni”
“Lo so. forse qualcuno, lui stesso pensa che adesso io mi sono fatto vivo perché
è ricco famoso. Ma non è così. Non ho mai avuto una casa. Vivo con i vestiti che
trovo. E credo di avere pagato per gli errori che ho fatto. I guai e l'amarezza
mi hanno consumato nel corpo e nella mente. Da quando ho perso mio figlio, non
ho più avuto un obiettivo. Ho solo il pensiero fisso di rivedere lui e la
sorella. Il Grande Fratello ha riportato la speranza, mi ha fatto ritrovare mio
figlio. Il mio sogno è uno solo. Abbracciare, anche solo per un minuto. Ferdi e
sua sorella, parlare con loro...".
Di Fabrizio (del 04/05/2009 @ 09:31:02, in Europa, visitato 2289 volte)
Da
Bulgarian_Roma
30 aprile 2009 FOCUS News Agency
Sofia - La Bulgaria è tra i paesi dove la minoranza rom si sente meno
discriminata, lo rivela un'indagine UE sui diritti delle minoranze. Secondo
quanto riportato, soltanto il 26% dei Rom in Bulgaria si sente vittima di
discriminazione. La Bulgaria viene seconda nella lista dei paesi più tolleranti,
subito dopo la Romania, dove il 25% dei Rom dice di essere discriminato.
La ricerca coinvolge sette stati membri UE - Bulgaria, Grecia, Polonia,
Repubblica Ceca, Romania e Ungheria. La Repubblica Ceca è riportata come la meno
tollerante verso la propria popolazione rom, dato che il 64% dice che i propri
diritti non sono osservati.
Da
Theatre Rom
Presentazione del libro "Speranza" di Antun Balzevic
Venerdì 8 Maggio alle 19:30 presso il laboratorio socio-culturale TANA LIBERI
TUTTI sarà presentato il libro “Speranza” di Antun Balzevic, in arte Tonizingaro,
con prefazione di Moni Ovadia:
Una snella raccolta di racconti e poesie scritte dall’aurore serbo nel corso di
questi ultimi anni, capace di intelligente ironia e sagace critica sociale.
In primo piano il popolo Rom, la sua quotidianità, la condizione esistenziale e
le sue relazioni con la società, argomenti questi che Toni conosce molto bene in
quanto da anni impegnato come mediatore culturale tra i Rom romani e il
Campidoglio. Uomo dalla vita traboccante di esperienze, avendo trascorso periodi
di disperazione e povertà come momenti di grande slancio e soddisfazioni, è
riuscito a concentrare alcune delle sue più interessanti impressioni in questo
testo che sa approfondire alcune questioni di particolare complessità con un
linguaggio spesso esilarante e comunque sempre accessibile ad un pubblico vasto.
In queste pagine Toni, zingaro metropolitano, ripone la speranza per un avvenire
migliore non solo per il proprio popolo ma per l’umanità tutta, perché, questo è
certo, nessuna società può considerarsi salva se ancora non sa superare e
“sconfiggere l’ignoranza e l’intolleranza”, sa che siamo ancora lontani da ciò
ma spera che le sue parole e le sue esperienze possano spostare qualcosa nel
quadro odierno, possano toccare la mente ed il cuore di qualcuno, anche pochi,
ma che possano aprire le loro menti e disporsi alla reciproca ospitalità.
In occasione della presentazione Tonizingaro sarà protagonista di un reading
musicato dalla sua band, il tutto accompagnato dagli ormai tipici aperitivi
della Tana, ancora una volta impegnata in eventi capaci di offrire un mix di
cultura, svago e socializzazione.
TANA LIBERI TUTTI, via G. Pitacco n 44 (zona Largo Telese)
tanaliberitutti@gmail.com
tanaliberitutti.blogspot.com
www.myspace.com/tana_liberi_tutti
Noi e Voi
Noi non ci vergogniamo perché ci chiamiamo, come dite Voi occidentali,
Zingari e perché veniamo da terre lontane piene di fango. Ascoltateci, perché
pure da noi esiste una per voi sconosciuta cultura.
Voi prima fate interrogatori e siete sospettosi, siete lontano dai vostri stessi
figli, dietro al tavolo non mettete mai uno sconosciuto.
Voi potete bere non offrendo a nessuno un bicchiere di vino.
Da noi le tradizioni ancora sono primitive, noi facciamo entrare tutti sotto il
nostro tetto, da noi ancora ci si bacia con gli sconosciuti.
Voi davvero avete milioni di statue di Cristo, ogni statua per ognuno di voi, le
avete per le strade, nelle scuole, nelle galere e sulle colline.
Da noi la gente quando crede in Dio lo porta dentro il cuor suo, e pure quando
dorme lo prega.
E’ vero che Voi per affrontare la vita avete a disposizione le macchine e tutto
quello che vi serve.
Noi ancora usiamo i nostri tradizionali strumenti per sopravvivenza, ma da noi
tutto è sano, la natura come la gallina, la morte, la nascita e la vita.
Voi avete le vostre leggi della scienza e della libertà, ma tutte scritte su un
pezzo di carta. Noi viviamo secondo le nostre leggi non scritte, viviamo liberi
e rispettiamo le nostre regole fatte di natura, di fuoco, di acqua e di vento.
Da voi davvero è tutto prescritto, come si beve, si mangia, si parla e ci si
veste, da noi quando si parla si urla, e gesticoliamo con le mani, quando
mangiamo la zuppa la risucchiamo rumorosamente, di pelle di animali sono fatti i
nostri guanti e le nostre scarpe.
Abbiamo tante abitudini dei contadini, ma pure gli antenati dei re erano
contadini. Occidente quando era arrabbiato ci tagliava la gola, bruciava e
distruggeva le nostre case, ma noi siamo quelli che sopportano tranquilli quello
che ci fanno, noi non pensiamo che tutto il mondo è nostro, noi non permetteremo
che per la colpa nostra gli innocenti piangeranno.
La nostra anima è grande come il mondo pur che siamo pochi, noi cantando e
ballando accompagnati dalla musica andiamo avanti verso il futuro.
Di Fabrizio (del 04/05/2009 @ 09:07:10, in media, visitato 1601 volte)
Da
CinemaItaliano.info
30/04/2009, 20:43 - Delle immagini in bianco e nero, che provengono
dal passato: un accampamento di Rom colto in alcuni momenti tipici della sua
quotidianità: le donne accudiscono i bambini, gli uomini battono il rame….. su
queste immagini di repertorio la voce off di un'anziana rom kalderasha, Emilia,
racconta degli spostamenti continui, del montaggio e smontaggio delle tende nei
diversi paesi toccati dal loro incessante cammino di zingari, sempre alla
rincorsa delle sagre e delle feste patronali.....
... Il volto di Emilia oggi, segnato dal tempo e dalla vita, che prosegue il
suo racconto all’interno della piccola roulotte in cui vive, nell’accampamento
nel cortile dell’ex foro boario di Testaccio, a Roma…..
... Rasema ha venti anni meno di Emilia, ma non si direbbe: il suo volto di
sessantenne è segnato da rughe profonde, anche se la sua espressione mantiene un
che di infantile, specialmente quando sorride. Ci racconta del suo arrivo in
Italia dalla Bosnia, nel lontano 1969, con il marito e un bambino piccolo in
braccio.
Oggi vive nel piccolo campo all’Arco di Travertino, circondata dall’affetto e
dal rispetto dei figli e degli innumerevoli nipoti. E il suo modo di vedere la
vita, tradizionale, “all'antica”, dissolve.....
... Nel racconto delle esperienze di Umiza, romnì bosniaca che ha da poco
superato la trentina e che è arrivata in Italia da Mostar quando aveva solo
pochi mesi. Oggi vive in un container del villaggio attrezzato di via Cesare
Lombroso, accanto ai suoi anziani genitori e ai fratelli.
Un marito perennemente in galera, la fatica di portare avanti la famiglia e
far crescere i suoi due figli da sola..... la vita non è affatto semplice per
Umiza, che si arrangia recuperando materiali di ogni genere nei cassonetti della
spazzatura, per poi rivenderli nel mercatino aperto vicino al campo…..
... La stessa forza di Umiza anima le attività di Sevla, romnì quarantenne
che è riuscita ad uscire dal campo di vicolo Savini e a garantire un tetto ai
suoi otto figli occupando una casa abbandonata. Sevla è un'ottima ballerina di
danze balcaniche e una donna forte, espansiva e solare. Ha messo a frutto le sue
capacità creative con determinazione e passione, insegnando le danze
tradizionali rom e avviando un'attività di piccolo artigianato. Tutta la vita di
Sevla risente della presenza del ricordo del fratello morto oramai quasi
vent'anni fa, il celebre poeta zingaro Rasim Sejdic, come dimostra anche
l'educazione che ha scelto di dare ai suoi figli, così orientata verso
l'espressione artistica,.....
... E la passione per la danza, che pratica con impressionante bravura,
Daniela l’ha ereditata proprio dalla madre. A diciannove anni Daniela ha
rifiutato con serena determinazione lo stile di vita tradizionale della sua
comunità che le proponeva un matrimonio precoce e il ruolo di madre e moglie
sottomessa al marito. Il suo principale obiettivo è invece quello di cambiare le
sue condizioni di vita: chiudere definitivamente con la vita del campo nomadi,
trovare un lavoro che le permetta di rendersi autonoma, ma senza rinunciare a
divertirsi, come è nei desideri di qualsiasi ragazza della sua età.....
... E una voglia quasi sfrenata di vivere pienamente la sua giovinezza
caratterizza lo stile di vita di Mirela, ventenne che vive nel villaggio
attrezzato di via dei Gordiani. Mirela è una forza della natura: volitiva,
travolgente, sensuale, con un modo tutto suo, sincero e diretto, di esprimersi.
Non veste “alla zingara”, rifiuta anzi di indossare le tradizionali lunghe gonne
a fiori e frequenta comitive di ragazzi italiani, rifuggendo la compagnia degli
altri Rom. Questo suo comportamento la mette in cattiva luce dentro la comunità:
non sono in pochi, e non solo gli adulti o gli anziani ma anche le sue coetanee,
a considerarla una “poco di buono”.....
... Charlotte, invece, è una diciottenne che è riuscita a gestire
armoniosamente e con consapevolezza il rapporto difficile tra il mondo dei Rom e
il mondo dei “Gagé”: ha conseguito la licenza media, si è iscritta al corso per
volontaria del servizio civile e ha iniziato a fare le prime esperienze come
mediatrice culturale nella scuola elementare vicina al campo di Testaccio, dove
vive con la sua famiglia. Ma la dolcezza del suo volto è contraddetta dal guizzo
ribelle dello sguardo, quando ricorda con orgoglio di essere sempre riuscita a
ribellarsi agli aspetti più arretrati della sua cultura di origine.
Ricevo da Marco Brazzoduro
Mercoledì 6 maggio 2009 ore 17.30 - Palazzo Englefield - Via Quattro
Novembre, 157 - Roma
La Edup è lieta di invitarla alla presentazione del libro di Marcella
Delle Donne
I FIGLI DEL VENTO Storie zingare
Edup
Ne discutono
Raniero La Valle Giornalista
Alessandra Broccolini Etnoantropologa
Esma Haminovic Rappresentante Cooperativa sociale ROM Bosnia
Erzegovina
Modera
Raffaele Bracalenti Presidente dell’Istituto Psicoanalitico per le
Ricerche Sociali
Sarà presente l’autrice
Marcella Delle Donne Docente di Sociologia delle Relazioni etniche
dell’Università di Roma “Sapienza”
Lettura di brani scelti
Fabiana Lazzaro Attrice
Seguirà un piccolo concerto di musicisti ROM
Edup - Edizioni dell’Università Popolare
www.edup.it -
info@edup.it
Tel. 06.69204371
Di Fabrizio (del 03/05/2009 @ 09:40:33, in scuola, visitato 1434 volte)
Da
Czech_Roma
12/4/2009 - Venerdì il Tribunale Cittadino di Praga ha rigettato il reclamo del
Rom ceco Jaroslav Suchy, che aveva chiesto 500.000 corone al Ministero
dell'Istruzione, accusando la repubblica di averlo deprivato di un'istruzione
adeguata. Suchy, 31 anni, dichiara di essere stato spedito in una scuola
elementare per bambini con difficoltà di apprendimento nel 1985, soltanto a
causa della sua origine etnica e sociale. Il tribunale ha concluso che Suchy non
ha provato la sua accusa. D'altra parte, Suchy può appellarsi al verdetto. Il
ministero ha puntualizzato che le performance di Suchy nella scuola per
bambini "lenti" mostrano che non sarebbe stato in grado di studiare in una
scuola standard.
Ma Suchy ha obiettato che lo staff del pensionato infantile dove è cresciuto
gli dava dei sedativi, aggiungendo che a quel tempo era una pratica
istituzionale usuale per calmare i bambini iperattivi. Gli alunni delle
cosiddette "scuole speciali" erano generalmente considerati ritardati mentali ed
era molto difficile per loro ricevere istruzione secondaria.
Scrive Pravo che nel 1999, Suchy passò un corso per completare le elementari
e nel 2005 fece gli esami per la scuola superiore alla scuola secondaria romanì
di Kolin, nella Boemia centrale. Suchy dice di aver deciso di compilare un
reclamo dopo che la Corte Europea dei Diritti Umani a Strasburgo, nel 2007,
parteggiò per 18 Rom cechi che avevano fatto causa per essere stati mandati in
una scuola elementare per alunni con difficoltà di apprendimento ad Ostrava,
nord della Moravia.
© The Prague Daily Monitor
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