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La redazione
-

Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 31/07/2008 @ 08:48:30, in casa, visitato 2324 volte)

Da Czech_Roma

Brno, 21 luglio (CTK) - Il vice sindaco Rychnovsky ha detto lunedì ai giornalisti che sarà stabilita a Brno nei prossimi anni una rete di alloggiamenti sociali per aiutare le famiglie che non hanno redditi sicuri ed hanno alti debiti per gli affitti, per risolvere le loro difficoltà.

La rete di alloggiamenti sociali è necessaria soprattutto per quei Rom che spesso trovano problemi per gli affitti insoluti, ha detto.

E' utile aiutare queste persone come d'altronde c'è il pericolo che perdano la casa e che i loro figli finiscano senza necessità negli orfanotrofi, ha detto Rychnovsky.

La rete di alloggiamenti sociali sarà su più livelli e comincerà con gli appartamenti senza alcun servizio e con un guardiano che controllerà l'entrata alla casa così come il pagamento dell'affitto e delle apparecchiature, ha detto.

La famiglia che intendono pagare correttamente l'affitto saranno messe in grado di spostarsi in un alloggio migliore, ha detto Rychnovsky.

Secondo le stime degli esperti, vivono a Brno circa 5.000 Rom. Alloggio e mancato pagamento degli affitti sono tra i principali problemi affrontati dalla comunità.

La commissione che lavora sui problemi dei Rom ha quindi focalizzato le prime misure sul loro alloggio. Assieme all'agenzia governativa contro l'esclusione sociale che aiuta a migliorare la situazione dei Rom nei "ghetti" e che ha iniziato a lavorare a marzo, la commissione ha disegnato uno studio sull'alloggio dei gruppi socialmente esclusi della popolazione.

L'agenzia prevede di investire a Brno cinque milioni di corone. Sulla base dello studio la città preparerà i progetti necessari per domandare le sovvenzioni dai fondi europei.

La rete di alloggiamenti sociali si fonderà su queste sovvenzioni, ha detto Rychnovsky.

Il progetto principalmente prevede la ricostruzione degli alloggi attuali. Inoltre, sarà creato per tutte le parti della città un metodo unificato per risolvere il problema degli affitti insoluti, ha detto Rychnovsky.

Czech News Agency (ČTK).

 
Di Fabrizio (del 26/07/2008 @ 08:58:49, in casa, visitato 1913 volte)

Da British_Roma

A Rt Hon Jack Straw
Ministro della Giustizia

RECLAMO CONTRO GLI OPERATORI DI CONSTANT & CO

Spettabile Mr Straw,

Migliaia di Zingari in GB sono stati cacciati dagli operatori di Constant & Co, una compagnia che secondo il proprio sito web è specializzata nello sgombero dei Viaggianti.

Già centinaia di famiglie sono state brutalmente sgomberate dalle proprie terre, un processo criticato dall'Alta Corte e che molto presto potrebbe costare alla Gran Bretagna lo stesso tipo di condanna che ora è rivolta al trattamento dei Rom in Italia.

Secondo Sir Brian Briscoe, presidente della Task Force sugli Zingari, il Dipartimento per gli Affari Costituzionali ha accertato l'esigenza di regolare gli agenti della sicurezza privata e la necessità di un'esercitazio di consultazione, particolarmente per quanto riguarda la misura di procedura dei reclami.

Sir Brian continua dicendo che nel portare avanti le sue proposte sul regolare gli agenti della sicurezza, il Ministro della Giustizia dovrebbe assicurare copertura alle azioni degli operatori privati che sgomberano gli Zingari.

Alla luce di questa dichiarazione, chiediamo perché il Ministro, invece di accettare il dossier di 26 pagine sulle azioni dei dipendenti di sicurezza privata a voi sottomesso dalla Dale Farm Housing Association, l'ha soltanto girato al Governo Comunità Locali per una risposta.

Questo dossier, fornendo prova sulla negligenza sulle regole sanitarie e di sicurezza, richieste sulla valutazione del rischio prima degli sgomberi, e la distruzione e falò senza problemi di proprietà (invece della loro rimozione come specificato dagli ordini del tribunale), è pertinente alla richiesta di controllo degli agenti di sicurezza. Come sperimentato dalla nostra gente, gli sgomberi su larga scala, che coinvolgono polizia anti-rivolta e bulldozer che terrorizzano e traumatizzano i bambini, equivalgono alla pulizia etnica.

L'argomento, vitale per il benessere della nostra gente, è stato discusso nell'incontro del Consiglio Zingaro alla Greenwich University il 19 luglio e sarà nuovamente in agenda il 9 agosto. Spero in una vostra risposta soddisfacente entro quella data.

In fede,
Richard Sheridan
President Gypsy Council


[...]

 
Di Fabrizio (del 22/07/2008 @ 08:58:10, in casa, visitato 1890 volte)

Da Roma_Francais

Le Télégramme Morbihan - E'  stato rivelato venerdì il piano d'azione dipartimentale per l'alloggio di persone sfavorite nella regione di Morbihani. Il prefetto Laurent Cayrel, ritorna sulle priorità in materia d'alloggio per l'anno a venire.

Quali sono le caratteristiche di questo piano? Il piano è stato rivisto da un anno dal presidente del consiglio generale. Non era stato rivisto dal 1991 e mai più adattato. Deve rispondere a tre questioni. Come alloggiare le persone sfavorite? Come assicurare il loro mantenimento durante la residenza? Le persone devono poter pagare il loro affitto o ancora evitare un'espulsione precoce. E infine come si possono garantire i percorsi residenziali (fare in modo che la gente non resti a vita negli alloggi sociali)?

Come si ripartisce il Fondo di solidarietà per l'alloggio* (FSL)? Oggi, l'FSL è utilizzato al 60% per le persone desiderose d'accedere all'alloggio (una cifra al ribasso con il passaggio della cauzione d' un mese invece di due) ed al 40% per il loro mantenimento. E' gente che ha difficoltà a pagare il suo affitto ed i loro carichi. Incontrano in particolare difficoltà a pagare la loro fattura energetica.

Qual'è il rapporto tra la domanda e l'offerta di alloggi nel dipartimento? Abbiamo contato da 10.000 a 11.000 domande nel 2007. Una cifra stabile in rapporto al 2006. Di fronte a ciò, quest'anno abbiamo messo a disposizione delle persone sfavorite 7.500 alloggi. Restano da fare degli sforzi. Il termine per accedere ad un alloggio - ugualmente stabile - è oggi di 15 mesi nel Morbihan.

Questo piano dipartimentale ha fatto della lotta all'habitat indegno una priorità. E' stato stabilito un gruppo di lavoro per identificare gli alloggi insalubri. Rimetterà il suo rapporto alla fine del mese di settembre. Questo compito non è facile poiché i finanziatori e gli inquilini non si presentano per segnalare un alloggio insalubre. Per ora, se ci si fida ai dati nazionali, la proporzione degli alloggi insalubri è del 10%. Ciò che ne farebbe intorno a 3.000 nel Morbihan. Una volta identificati questi alloggi, vedremo caso per caso cosa conviene fare: può andare dal rinnovamento all'abbandono. Allora sarà stabilito un sistema d'aiuto. E' importante dire che non si lascerà la gente per strada.

Quali sono le altre priorità di questo piano? Abbiamo presentato una carta di prevenzione delle espulsioni locative per l'insieme dei parchi pubblico e privato. La firma dovrà aver luogo a settembre. D'altra parte, stiamo revisionando lo schema d'accoglienza della gens du voyage. L'obbiettivo è di trovare una via di sedentarizzazione progressiva.

 

* Il Fondo di solidarietà per l'alloggio (FSL) è finanziato dai dipartimenti. Permette di accordare un aiuto finanziario che faccia accedere alle persone in difficoltà ad un alloggio o di mantenersi.

Propos recueillis par Pierre Manière

 
Di Fabrizio (del 21/07/2008 @ 09:14:03, in casa, visitato 2120 volte)

Da Roma_Daily_News

Today's Zaman - Il sindaco Topbaş dice che il progetto di Sulukule dev'essere rivisto

Il sindaco di İstanbul Kadir Topbaş ha detto che la municipalità reesaminerà il progetto di rinnovamento urbano del quartiere Sulukule alla luce delle raccomandazioni dell'UNESCO.

Il pianificato progetto di rinnovamento urbano rilocherà gli abitanti di Sulukule

Giovedì 10 luglio 2008 - In un recente rapporto l'UNESCO ha puntualizzato che il pianificato progetto di rinnovamento urbano del quartiere Sulukule a Istanbul, abitato primariamente da Rom, consisterà nella demolizione dell'area e la rilocazione dei suoi abitanti. Sulukule è compreso nell'area dei Siti del Patrimoni Mondiali.

Alla conferenza stampa, Topbaş ha detto di avere il rapporto e di essere informato sui fatti."Sono preoccupati sulla cultura del posto e che non vada persa in complessi di grandi appartamenti. Ed anche noi lo sappiamo. Ma puntualizzo il fatto al presidente dell'UNESCO che quando si progetta un posto dove vivano le famiglie, non sarà sufficiente alloggiare tutte le famiglie di Sulukule, a meno che non ci siano costruzioni di appartamenti," ha dichiarato.

Il sindaco ha detto che i residenti di Sulukule vivono in condizioni di tale povertà da gettare l'acqua delle pulizie per le strade, notando che questa è una situazione inaccettabile. Ha puntualizzato che a Sulukule ci sono costruzioni ad un piano abitate da troppe persone. Topbaş ha notato che i funzionari UNESCO non potrebbero offrire altre soluzioni e che concordino con lui quando dice che ci sono due opzioni - preservare le attuali condizioni o costruire appartamenti moderni. "Non vogliamo sradicare qualcosa nella nostra cultura. Non vogliamo neanche trattare ingiustamente la gente... Rivedremo il progetto e troveremo una via di mezzo," ha dichiarato.

La relazione sullo stato di avanzamento dell'UNESCO - recentemente preparata da una delegazione di quattro membri del Centro Patrimoni Mondiali dell'UNESCO, che ha portato ad un'ispezione di cinque giorni a maggio per determinare se la città, Capitale Culturale Europea per il 2010, debba essere consegnata alla lista "in pericolo" dell'organizzazione - è stata resa pubblica settimana scorsa.

Secondo la relazione, Istanbul, attualmente nella Lista dei Patrimoni Culturali, l'anno prossimo è attesa ad onorare il suo impegno nel prendere le misure necessarie per la protezione dei suoi siti storici e sradicare le inadeguatezze determinate dalla delegazione. Altrimenti, sarà messa nella Lista UNESCO dei Patrimoni Mondiali in Pericolo.

 
Di Fabrizio (del 07/07/2008 @ 10:34:29, in casa, visitato 1437 volte)

Da La Stampa

Nel campo di Ponte Decima dove la proroga è scaduta una settimana fa: seicento rom che la giunta Veltroni ha parcheggiato nella più grande area naturalistica del Lazio di FLAVIA AMABILE


L'uomo che vedete nella foto in fondo al post è Nedzad Hamidovic, il capo del campo nomadi di Ponte Decima. Tutti lo chiamano semplicemente Meo. Ha compiuto cinquant'anni dieci giorni fa e da quasi quaranta vive in Italia. Viene da Sarajevo, è fuggito con la famiglia nel 1967, è abituato agli alti e bassi: sa bene che per loro si preparano tempi difficili.

Da tre anni vivono in un campo irregolare, illegale, provvisorio. Non per colpa loro. Fu il Campidoglio dell'era Veltroni a spostarli dal loro precedente insediamento. Dopo 27 anni lui e altri ottocento rom (ma anche qualche extracomunitario) lasciavano Vicolo Savini, quartiere Ostiense, zona viale Marconi. In cambio di quello che molti di loro consideravano il loro quartiere, molto più centrale e collegato, furono catapultati in una specie di landa desolata e oltretutto nel bel mezzo di una riserva naturale protetta dove non sarebbe possibile tagliare nemmeno un centimetro d'erba. Figurarsi far spuntare dal nulla alcune centinaia di containers.

'Una situazione provvisoria', aveva spiegato loro il vice capogabinetto del Campidoglio dell'epoca, Luca Odevaine, agli abitanti di vicolo Savini. 'Due mesi', e avrete la sistemazione definitiva, aveva assicurato. Odevaine ha un passato da militante ambientalista, da uno come lui alcune parole risuonano più veritiere. Ed invece era solo una delle tante promesse non mantenute di questa vicenda ormai prossima ad esplodere.

Da tre anni il campo vive di proroghe. Il 30 giugno è scaduta la quinta, secondo molti anche l'ultima. Da maggio la maggioranza in Comune ha cambiato colore. Odevaine e Veltroni sono lontani, ora a guidare il Campidoglio ci sono Alemanno e il centrodestra che questa vicenda del campo rom nella riserva naturale protetta non l'hanno mai digerita. Gli attacchi sono già partiti. Gli abitanti della zona hanno lanciato una petizione per mandare via il campo. E il centrodestra ha rivolto un'interrogazione urgente al presidente della Regione Lazio Piero Marrazzo per sapere ''cosa intende fare la giunta regionale per tutelare la riserva naturale e bonificare l'area''.

Quella di Decima Malafede è la più grande e preziosa riserva naturale del Lazio: 6150 ettari di superficie, un paradiso per aironi, garzette e gallinelle d'acqua. E il Campidoglio invece ha speso una cifra che dovrebbe aggirarsi intorno ai 700 mila euro per trasferirci i rom da vicolo Savini con una deroga speciale alla legge regionale 29/97 giustificata dalla temporaneità della presenza.

Sostenitori della temporaneità della presenza sono da sempre innanzitutto i rom. All'inizio, per sottolinearlo, avevano preteso che vi fossero solo tende. Dopo qualche mese sono arrivati i container e le speranze che le promesse fossero mantenute sono definitivamente caduti dopo la prima proroga, poi la seconda, e tutte le altre.

Ai rom Ponte Decima non è mai piaciuto. Non c'è acqua potabile, solo di pozzo piena di terra. Non c'è una fermata dell'autobus, se non a un chilometro di strada a piedi da percorrere sulla via Pontina, una delle strade più pericolose d'Italia. Qualche settimana fa, infatti, una rom è stata travolta e uccisa da un'auto in corsa e chissà se riceverà mai un rimborso visto che non è del tutto regolare andarsene in giro su una strada simile.

Il primo centro abitato è a cinque chilometri di distanza e da quando sono lì stanno perdendo i rapporti con la città. I rom di Ponte Decima sono persone che in buona parte il lavoro ce l'hanno, la carta d'identità anche. I loro figli sono nati in Italia, sono registrati all'Anagrafe e hanno il codice fiscale come ogni altro cittadino italiano. Il Comune di loro conosce tutto. Meo mostra il censimento del '95 quando tutti loro erano più giovani ma già schedati e fotografati dal Comune, gestione Rutelli. 'Ci sono quelli che rubano tra noi' ammette Meo, 'ma sono la minoranza e di sicuro stare qui non aiuta nessuno a vivere di qualcosa che non siano i furti'.

L'effetto del trasferimento si nota dalle percentuali di partecipazione alle scuole. Una delle più basse fra i campi nomadi di Roma. Circa il 10% in una città che nell'anno scolastico 2006/7 (l'ultimo con dei dati ufficiali) ha visto un aumento del 36% dei bambini rom che frequentano le scuole. Quell'anno c'erano 17.458 alunni appartenenti a comunità nomadi. L'anno precedente erano 12.816 e l'anno prima ancora 12.598.

In base ai dati forniti dal Ministero dell'Istruzione, gli alunni rom, sinti e camminanti sono 3.136 alla scuola dell'infanzia; 9.595 alla scuola primaria; 4.398 alla scuola secondaria di primo grado e 329 alla scuola secondaria di secondo grado. La crescita maggiore si è verificata alla scuola primaria, con un +46%, mentre si conferma negli anni la crescita, lenta ma costante, dei bambini che si avvicinano alla scuola dell'infanzia.

In tutte le fasce di età, la presenza femminile è la metà di quella maschile. Solo il 46% di chi ha frequentato la scuola primaria si iscrive alla scuola secondaria di primo grado, mentre alla secondaria di secondo grado arriva il 3,4% di chi ha iniziato la scuola dell'obbligo. In generale, secondo le audizioni del gruppo di lavoro sui minori rom, sinti e camminanti che sta stendendo il Piano nazionale infanzia 2008/09, in Italia ci sono 35mila rom fra i 6 e i 14 anni e 70mila under 18.

Per tutti loro qualcosa si potrebbe fare attraverso i finanziamenti del Fondo sociale europeo Nel corso dell'ultima programmazione, dal 2000 al 2006, sono stati attribuiti 275 milioni di euro per altrettanti progetti dedicati specificatamente ai Rom e durante lo stesso periodo circa un miliardo di euro è stato dedicato a progetti per le popolazioni più vulnerabili, compreso i nomadi.

 
Di Fabrizio (del 07/07/2008 @ 09:35:10, in casa, visitato 1468 volte)

Ricevo da Andrea

Questa mattina un gruppo di famiglie rumene ha occupato una casa abbandonata da molti anni nel quartiere Aurora, vicino a Porta Palazzo, a Torino. Queste famiglie, fino ad oggi, hanno vissuto nel campo di Via Germagnano, in mezzo ai topi e al fango. Fuori dalla casa hanno appeso uno striscione: "Una casa per tutti". L'occupante più giovane ha un anno, il più anziano ottantuno.
Ora stanno ripulendo tutto, per trasformare questa casa in un posto bello da viverci.
Serve solidarietà. Sono in via Pisa 5.

Questo è il volantino che stanno distribuendo nel quartiere:
CI SIAMO STANCATI DI QUESTA MISERIA
Siamo un piccolo gruppo di famiglie rumene, famiglie di lavoratori, con tanti bambini che vanno a scuola.

Fino a ieri abbiamo vissuto in condizioni durissime. Abitavamo nelle baracche di via Germagnano: un campo sovraffollato e sporco, senza acqua né elettricità, con i bambini sempre in pericolo in mezzo ai topi e ai serpenti.

Quando c'è stata l'alluvione, solo un mese fa, al campo l'acqua era dappertutto e sono dovuti arrivare i Vigili del Fuoco per toglierla. Ma tolta l'acqua è rimasto il fango dentro alle nostre case e tanti dei nostri figli si sono ammalati.

Ora ci siamo stancati di questa miseria. Da ora in poi vogliamo vivere una vita normale, come tutti voi. È per questo che abbiamo occupato questa casa: sappiamo che è illegale, ma sappiamo anche che è
una cosa giusta.

Questa casa è stata abbandonata e vuota per tanto tempo, ma noi la faremo rivivere e la trasformeremo in un posto bello per viverci, per noi e per i nostri bambini.

Vi ringraziamo per la vostra attenzione,

I nuovi abitanti di Via Pisa 5

 
Di Fabrizio (del 29/06/2008 @ 08:45:09, in casa, visitato 2157 volte)

Da Roma_Daily_News

Sabato, 21 giugno 2008 - ISTANBUL – Turkish Daily News

Operai della municipalità di Fatih-Istanbul giovedì hanno distrutto una casa nel quartiere di Sulukule, anche se dentro c'era ancora gente, così si è lamentato un portavoce di un'organizzazione che combatte la trasformazione urbana dell'area. La municipalità ha rifiutato le accuse.

Sulukule è sotto esame da quando un progetto di trasformazione urbano è cominciato nell'area, il cui progetto vorrebbe eliminare lo spazio vitale e minacciare la cultura del popolo Rom, che hanno vissuto nel quartiere da secoli.. Ciononostante, la municipalità ha iniziato le demolizioni a febbraio.

La casa al numero 15 di via Neslişah Camii è stata distrutta anche se non era tra gli edifici indicati da distruggere come parte del progetto, ha reclamato Hacer Foggo, rappresentante della Piattaforma Sulukule. "Gli abitanti hanno pensato che fosse un terremoto. Nella casa c'erano due sorelle. Nessuno è stato ferito nella demolizione, ma la casa è inabitabile," ha detto. Foggo ha anche lamentato che, testimoniano i residenti del quartiere, la squadra di demolizione ha detto "Abbiamo distrutto la casa per errore" e sono andati.

Mustafa Çiftçi, consigliere comunale per le aree rinnovabili, ha rigettato le lamentele, dicendo che non c'è stata alcuna demolizione di un edificio che non fosse vuoto. "Prendiamo rapporti per impedire situazioni come queste. Distruggiamo edifici che siano assolutamente vuoti," ha detto Çiftçi.

 
Di Fabrizio (del 27/06/2008 @ 11:59:20, in casa, visitato 2460 volte)

Da L'Espresso local

di Sergio Campofiorito - "Finalmente!" esclamano in coro i due giovani sinti che da una settimana stanno lavorando nell’area a nord dell’ex foro Boario per costruirsi la propria abitazione nuova. Torso nudo e cappellino da baseball per contrastare il sole cocente, pelle abbronzata, sudore e fatica, loro sono contenti lo stesso. Juri Pavan ha 23 anni, il suo "collega muratore" Reggy, 17, vivono nel campo nomadi di corso Australia da 12 anni. In poco meno di una settimana hanno già messo su i quattro muri portanti del primo condominio: saranno tre in tutto, le palazzine dei sinti, e ospiteranno dodici alloggi.

Mauro Maurizi, 40 anni, muratore da 26, è il capocantiere alla dipendenze della ditta Cpm: è lui che guida i due ragazzi tra calce e mattoni: "Nonostante l’inesperienza stanno facendo un ottimo lavoro - commenta il capo - non si può chiedere più di tanto ma tra circa sei mesi contiamo di arrivare al tetto".
Da lunedì a venerdì, ogni giorno sveglia all’alba e otto ore di duro lavoro. Ma guai lamentarsene, anzi. Virgilio Pavan, 49 anni, giostraio originario di Este e consigliere nazionale dell’associazione Opera Nomadi, guarda i suoi ragazzi: "In questo campo vivono undici famiglie per un totale di 35 persone, di cui molti bambini. Attendiamo da vent’anni la realizzazione di queste case, finalmente i fondi sono stati sbloccati e adesso ci mettiamo al lavoro con tanta felicità. Ci teniamo a ribadire che non siamo rumeni o slavi o magrebini, siamo italiani in tutto e per tutto: basta discriminarci".

I ragazzi, che hanno seguito un corso per l’autocostruzione, guadagnano 800 euro al mese, di cui 300 trattenuti come anticipo sull’affitto. Gli appartamenti, infatti resteranno proprietà del Comune. Sulle polemiche esplose dalla Lega nei giorni scorsi, Juri e Reggy ribattono duro: "Da vent’anni i sinti aspettano queste case, adesso che ce le stiamo costruendo da soli, le meritiamo".

Intanto, l’altra sera la giunta ha dato via libera al secondo stralcio del progetto, autorizzando la spesa di 418 mila euro per le altre due casette, mentre 400 mila erano stati già stanziati dal ministero della Solidarietà sociale presieduto dell’allora ministro di Rifondazione, Paolo Ferrero.

Il gelo invernale o la canicola estiva patita dagli occupanti del campo nomadi in tutti questi anni saranno presto soltanto un lontano ricordo.

 
Di Fabrizio (del 24/06/2008 @ 10:37:20, in casa, visitato 1558 volte)

Da Libero.it

Lunedí 23.06.2008 12:41 "Si può essere esemplari anche nel demolire le baracche. Forse una cerimonia di addio sarebbe stato chiedere troppo, ma far sapere a quelle persone dove sarebbero andate ad abitare qualche giorno prima di demolire loro la casa sarebbe stata una normale regola di educazione civica".

La sala principale della Casa dell’Architettura è al buio. Lo schermo nero è attraversato dalle parole inviate in una lettera al ex sindaco di Roma, Veltroni, in occasione dello sgombero di Campo Boario, un campo Rom a Testaccio. Compaiono le prime immagini di "Rome to Roma - diario nomade". È un film documentario di Giorgio De Finis sui rom realizzato dal Laboratorio di Arte urbana Stalker di Roma, in collaborazione con l’Università di Roma Tre e l’Università di Belgrado presentato nella capitale alla presenza del Prefetto Carlo Mosca, Don Bruno Nicolini, presidente Centro Studi Zingari e una platea piena di studenti. Il documentario è la cronaca di un seminario che ha visto oltre 40 studenti provenienti da tutto il mondo andare alla scoperta dei campi nomadi delle capitali.

Partito da Roma, il gruppo di studenti ha attraversato l’Adriatico alla scoperta dei campi rom della capitale serba Belgrado, e poi ancora di Skopje, in Macedonia. Quella di Roma, però, è stata la tappa più importante ed una sperimentazione particolare che ha portato alla luce una realtà complessa, come spiega lo stesso Prefetto di Roma, Carlo Mosca. "Roma è ricca di temi complessi - spiega il Prefetto -. È una città dove si vive drammaticamente il tema della casa, dove ci sono 6 mila procedimenti per sfratti, 2 mila sfratti esecutivi, dove c’è una carenza abitativa che portano a tutta una serie di condizioni che creano frattura sociale. Ma Roma è anche una città che è coinvolta in un altro tema, quello delle popolazioni senza territorio. Questo non è un tema di ordine pubblico e sarebbe molto facile ridurlo a tema di sicurezza pubblica: è un tema squisitamente sociale".

Altra questione è quella della battaglia dei numeri dovuta alla mancanza di un vero e proprio censimento, segno anche questo di non curanza della presenza di questo "popolo leggero". "Sul territorio romano  - continua Mosca - qualcuno dice che siano 9 mila, qualcuno 15 mila, qualcun altro arriva a stimare queste popolazioni su 20 mila. Il primo obiettivo è innanzitutto conoscere questa realtà. Ci sono zingari che abitano a Roma da 40 anni. È una realtà che merita attenzione e conoscenza per sapere chi sono, a quale etnia appartengono, che età hanno e quali problemi. Bisogna cominciare ad ascoltare i rom".

Il progetto di un film, l’interesse da parte del Laboratorio Stalker e di alcuni docenti universitari, nasce dai recenti eventi che hanno interessato i rom. Sgomberi e allontanamenti sono state la miccia di un progetto che da anni aveva investito nella ricerca all’interno dei campi rom. "Allontanare i rom dalla città di Roma - racconta Lorenzo Romito, tra i fondatori del gruppo Stalker - e concentrarli in quelli che sono stati chiamati i villaggi della solidarietà, ci ha preoccupati e abbiamo sentito il bisogno di fare quel che potevamo. Cercare di fare rete tra le università e confrontarci con questo fenomeno insieme agli studenti". L’idea del film e del seminario nascono anche da precedenti iniziative del gruppo.

"Questo percorso è più ampio di quello che si vede nel film, è cominciato con un corso universitario durante il quale siamo andati ad esplorare le rive del Tevere, per incontrare migliaia di persone che abitano e vivono in questi luoghi. Abbiamo proposto un corso che ci portasse dentro la realtà dei campi per imparare dai rom".

Salviati, Casilino 900, Campo Boario e attraversando il mare Gazela, Kralijevo, Shutka. Questi i campi rom e le realtà attraversate dai giovani osservatori e futuri architetti con lo scopo di pensare un modello abitativo nuovo, leggero e che risponda alle esigenze di tutti. "Si tratta di comprendere e realizzare quelle pratiche abitative e costruttive che sono proprie delle diverse realtà rom - Francesco Careri, decente di arte civica presso l’università di Roma Tre e fondatore del Laboratorio Stalker -. Provare ad inserirle in un disegno che sia ammissibile e comprensibile da tutti. Questo non solo per accompagnare i rom nella loro emancipazione abitativa in Italia, ma anche per apprendere da loro strategie che possano contribuire a offrire soluzioni al più generale problema della casa che le nostre città si trovano ad affrontare".

Tre settimane per portare alla luce una realtà abitativa estrema fatta di ripari, nascondigli e vere e proprie baraccopoli dove trovano rifugio persone invisibili ad una città inaridita e che da anni guarda il fiume come ad un ostacolo da attraversare.

"L’aspetto più grave che pesa sull’integrazione – spiega don Bruno Nicolini, presidente Centro Studi Zingari - è questo disprezzo tremendo, ma soprattutto la mancanza di fiducia. Bisogna entrare nel tempo della responsabilità, è il tempo in cui occorre dare fiducia alle comunità. Ci chiedono fiducia, ma la fiducia viene sono se diamo loro responsabilità".

Dai rom, secondo don Bruno Nicolini, possiamo imparare tanto sulle diversità e sulla importanza che loro le attribuiscono. I rom riportano al centro dell’attenzione i rapporti primari tra le persone, rapporti che forse la nostra città contemporanea ha perso di vista. La pellicola continua a scorrere.

"Queste non sono immagini di Roma – scriveva Pier Paolo Pisolini nel 1966 parlando delle borgate –.  So ben figurarmi gli occhi che sorvolano queste immagini senza guardarle. Sono gli occhi di coloro che pensano che le borgate non siano non solo un problema loro, ma un problema attuale". La sala è illuminata dalle immagini degli sgomberi. Il film viene trascinato via dallo schermo con le ruspe e la luce scompare con le baracche di Casilino 900, parete dopo parete. Resta il silenzio prima dell’applauso, resta ancora una delle domande della voce narrante: sarebbe possibile sgomberare e trasferire con la partecipazione, invece che demolire con le ruspe e sgomberare con la forza?

 
Di Fabrizio (del 16/06/2008 @ 09:43:37, in casa, visitato 1799 volte)

Da Roma_Daily_News

9 giugno 2008 By PELIN TURGUT - Time.com

All'ombra dei merli bizantini, un gruppo di ragazze ridenti va avanti e indietro fra le case cadenti, smettendo occasionalmente di vibrare le loro anche e di roteare i loro polsi. Sono inseguite da diversi ragazzi urlanti, che le afferrano e le spingono "in prigione" verso un angolo. I bambini del quartiere impoverito di Sulukule a Istanbul - patria della più antica comunità rom del mondo - chiamano questo gioco Poliziotti e Ballerine, versione locale di Guardie e Ladri emendata per riflettere sulla loro esperienza di essere nati in una vita di danza e caccia dalla polizia.

E' giovedì pomeriggio presto e i bambini giocano per strada invece di essere a scuola. La ragione della loro assenza ingiustificata, d'altra parte, è la paura. "I bambini sono spaventati," dice Dilek Turan,  uno studente di psicologia volontario a Sulukule. "Non vogliono andare a scuola perché sono preoccupati di tornare a casa e non trovarla più." C'è una ragione: il piano cittadino di demolire le loro case parte di un controverso progetto di rinnovamento urbano in vista di Istanbul Capitale Culturale Europea nel 2010.

Fu in era bizantina che gli antenati dei bambini rom di Sulukule si accamparono per la prima volta su questo particolare pezzo di terra, accanto al Corno d'Oro e appena fuori dalle mura del V secolo della vecchia Costantinopoli. La prima registrazione della comunità, circa nel 1050, si riferisce ad un gruppo di persone, che si riteneva provenissero dall'India (dove, per la verità, molti storici credono siano originari i Rom), accampati in tende nere fuori dalle mura cittadine. Dopo la conquista ottomana di Costantinopoli, alla comunità fu garantito il permesso ufficiale del sultano Sultan Mehmet II di avere dimora in quello che ora è Sulukule.

Per secoli la comunità rom si è guadagnata da vivere come indovini e ballerini per la corte ottomana, e più tardi per i Turchi - una tradizione portata sullo schermo nel film di James Bond Dalla Russia con Amore. Le loro fortune ebbero una svolta negativa negli anni '90, quando le loro "case d'intrattenimento" - abitazioni private dove le famiglie zingare cucinavano e ballavano per i loro concittadini benestanti - furono chiuse con l'accusa di gioco d'azzardo e prostituzione.
I Rom di Istanbul sono molto poveri, guadagnano in media circa $250 al mese, ma la terra che abitano, una volta periferica e senza importanza, è ora un bene immobiliare molto apprezzato a pochi minuti dal centro città. Se gli appaltatori ed il comune locale hanno il loro senso, l'intero quartiere di Sulukule  - che ha 3.500 residenti - verrà raso al suolo entro la fine dell'anno per far posto a 620 case signorili in stile neo-ottomano.

"Ogni giorno, ci domandiamo quale casa verrà demolita," dice Nese Ozan, volontario della Piattaforma Sulukule, una coalizione di architetti, attivisti e lavoratori sociali contro la demolizione. Ogni tre o quattro case derelitte di un blocco, una è stata ridotta ad un mucchio di residui e di metallo ritorto. Una X rossa segna le prossime, quelle in prima linea per le squadre di demolizione.

Mustafa Demir, sindaco della municipalità conservatrice di Fatih che sponsorizza il programma di demolizione, dice che c'è bisogno di un progetto di rinnovamento sociale "per rimpiazzare i tuguri". Il Primo Ministro Recep Tayyip Erdogan ha chiamato Sulukule "terribile" ed espresso stupore per le proteste anti-demolizione. Che il quartiere abbia un disperato bisogno di risanamento è chiaro, ma i critici accusano le autorità di aver mancato di includere una delle più antiche comunità nei piani per lo sviluppo. Invece, ai Rom sono state offerte due opzioni: possono vendere le loro proprietà a basso prezzo (o doversi trovare di fronte all'esproprio), o traslocare nel quartiere popolare di Tasoluk, a circa 25 miglia dalla città, e pagare un'ipoteca di oltre 15 anni che pochi possono permettersi.

"La municipalità non capisce che se intende rinnovare quest'area, c'è bisogno di fare in maniera che permetta alla comunità di continuare a vivere qui," dice Ozan. "Non possono limitarsi a sgomberare tutti, radere l'area la suolo e costruire un sobborgo. Questa è una comunità storica."

Il ricercatore rom britannico Adrian Marsh vede un programma più scuro al lavoro. "Quello che abbiamo è la municipalità più religiosa del paese che si confronta con quello che ritiene storicamente il gruppo più irreligioso ed immorale," dice. "Se rigenerassero la comunità in maniera inclusiva, avrebbero 3.000 voti extra, ma non stanno agendo così. Perché? Perché considerano la comunità di Sulukule irrecuperabile." Soluzioni a lungo termine come permettere ai Rom di impiantare music halls legali ed ottenere un guadagno, non sono gradite alle autorità locali dominate dagli islamisti, perché non intendono promuovere questo tipo di intrattenimento, ragiona Marsh.

Questo è molto più certo: disperdere la comunità rom di Sulukule distruggerà la loro cultura, che è legata alla vita comunale. Famiglie estese condividono case e forme musicali, usando le strade come estensione delle loro stanze. "Sulukule presenta un modo di vita unico," ha concluso un gruppo di ricerca sul design urbano dell'University College di Londra. "Questo dev'essere tenuto in conto e preservato quando viene introdotto un nuovo sviluppo per l'area."

La Piattaforma Sulukule ha richiesto un'ingiunzione del tribunale contro la demolizione ed il parlamento ha ha nominato un comitato di studio. Ma i bulldozer non aspettano. Il gioco di Poliziotti e Ballerine non sta andando bene per lo spettacolo.

 

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