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L'inchiesta/ "Rome to Roma", viaggio tra i campi rom
Di Fabrizio (del 24/06/2008 @ 10:37:20, in casa, visitato 1559 volte)

Da Libero.it

Lunedí 23.06.2008 12:41 "Si può essere esemplari anche nel demolire le baracche. Forse una cerimonia di addio sarebbe stato chiedere troppo, ma far sapere a quelle persone dove sarebbero andate ad abitare qualche giorno prima di demolire loro la casa sarebbe stata una normale regola di educazione civica".

La sala principale della Casa dell’Architettura è al buio. Lo schermo nero è attraversato dalle parole inviate in una lettera al ex sindaco di Roma, Veltroni, in occasione dello sgombero di Campo Boario, un campo Rom a Testaccio. Compaiono le prime immagini di "Rome to Roma - diario nomade". È un film documentario di Giorgio De Finis sui rom realizzato dal Laboratorio di Arte urbana Stalker di Roma, in collaborazione con l’Università di Roma Tre e l’Università di Belgrado presentato nella capitale alla presenza del Prefetto Carlo Mosca, Don Bruno Nicolini, presidente Centro Studi Zingari e una platea piena di studenti. Il documentario è la cronaca di un seminario che ha visto oltre 40 studenti provenienti da tutto il mondo andare alla scoperta dei campi nomadi delle capitali.

Partito da Roma, il gruppo di studenti ha attraversato l’Adriatico alla scoperta dei campi rom della capitale serba Belgrado, e poi ancora di Skopje, in Macedonia. Quella di Roma, però, è stata la tappa più importante ed una sperimentazione particolare che ha portato alla luce una realtà complessa, come spiega lo stesso Prefetto di Roma, Carlo Mosca. "Roma è ricca di temi complessi - spiega il Prefetto -. È una città dove si vive drammaticamente il tema della casa, dove ci sono 6 mila procedimenti per sfratti, 2 mila sfratti esecutivi, dove c’è una carenza abitativa che portano a tutta una serie di condizioni che creano frattura sociale. Ma Roma è anche una città che è coinvolta in un altro tema, quello delle popolazioni senza territorio. Questo non è un tema di ordine pubblico e sarebbe molto facile ridurlo a tema di sicurezza pubblica: è un tema squisitamente sociale".

Altra questione è quella della battaglia dei numeri dovuta alla mancanza di un vero e proprio censimento, segno anche questo di non curanza della presenza di questo "popolo leggero". "Sul territorio romano  - continua Mosca - qualcuno dice che siano 9 mila, qualcuno 15 mila, qualcun altro arriva a stimare queste popolazioni su 20 mila. Il primo obiettivo è innanzitutto conoscere questa realtà. Ci sono zingari che abitano a Roma da 40 anni. È una realtà che merita attenzione e conoscenza per sapere chi sono, a quale etnia appartengono, che età hanno e quali problemi. Bisogna cominciare ad ascoltare i rom".

Il progetto di un film, l’interesse da parte del Laboratorio Stalker e di alcuni docenti universitari, nasce dai recenti eventi che hanno interessato i rom. Sgomberi e allontanamenti sono state la miccia di un progetto che da anni aveva investito nella ricerca all’interno dei campi rom. "Allontanare i rom dalla città di Roma - racconta Lorenzo Romito, tra i fondatori del gruppo Stalker - e concentrarli in quelli che sono stati chiamati i villaggi della solidarietà, ci ha preoccupati e abbiamo sentito il bisogno di fare quel che potevamo. Cercare di fare rete tra le università e confrontarci con questo fenomeno insieme agli studenti". L’idea del film e del seminario nascono anche da precedenti iniziative del gruppo.

"Questo percorso è più ampio di quello che si vede nel film, è cominciato con un corso universitario durante il quale siamo andati ad esplorare le rive del Tevere, per incontrare migliaia di persone che abitano e vivono in questi luoghi. Abbiamo proposto un corso che ci portasse dentro la realtà dei campi per imparare dai rom".

Salviati, Casilino 900, Campo Boario e attraversando il mare Gazela, Kralijevo, Shutka. Questi i campi rom e le realtà attraversate dai giovani osservatori e futuri architetti con lo scopo di pensare un modello abitativo nuovo, leggero e che risponda alle esigenze di tutti. "Si tratta di comprendere e realizzare quelle pratiche abitative e costruttive che sono proprie delle diverse realtà rom - Francesco Careri, decente di arte civica presso l’università di Roma Tre e fondatore del Laboratorio Stalker -. Provare ad inserirle in un disegno che sia ammissibile e comprensibile da tutti. Questo non solo per accompagnare i rom nella loro emancipazione abitativa in Italia, ma anche per apprendere da loro strategie che possano contribuire a offrire soluzioni al più generale problema della casa che le nostre città si trovano ad affrontare".

Tre settimane per portare alla luce una realtà abitativa estrema fatta di ripari, nascondigli e vere e proprie baraccopoli dove trovano rifugio persone invisibili ad una città inaridita e che da anni guarda il fiume come ad un ostacolo da attraversare.

"L’aspetto più grave che pesa sull’integrazione – spiega don Bruno Nicolini, presidente Centro Studi Zingari - è questo disprezzo tremendo, ma soprattutto la mancanza di fiducia. Bisogna entrare nel tempo della responsabilità, è il tempo in cui occorre dare fiducia alle comunità. Ci chiedono fiducia, ma la fiducia viene sono se diamo loro responsabilità".

Dai rom, secondo don Bruno Nicolini, possiamo imparare tanto sulle diversità e sulla importanza che loro le attribuiscono. I rom riportano al centro dell’attenzione i rapporti primari tra le persone, rapporti che forse la nostra città contemporanea ha perso di vista. La pellicola continua a scorrere.

"Queste non sono immagini di Roma – scriveva Pier Paolo Pisolini nel 1966 parlando delle borgate –.  So ben figurarmi gli occhi che sorvolano queste immagini senza guardarle. Sono gli occhi di coloro che pensano che le borgate non siano non solo un problema loro, ma un problema attuale". La sala è illuminata dalle immagini degli sgomberi. Il film viene trascinato via dallo schermo con le ruspe e la luce scompare con le baracche di Casilino 900, parete dopo parete. Resta il silenzio prima dell’applauso, resta ancora una delle domande della voce narrante: sarebbe possibile sgomberare e trasferire con la partecipazione, invece che demolire con le ruspe e sgomberare con la forza?