Rom e Sinti da tutto il mondo

Ma che ci fa quell'orologio?
L'ora si puo' vedere dovunque, persino sul desktop.
Semplice: non lo faccio per essere alla moda!

L'OROLOGERIA DI MILANO srl viale Monza 6 MILANO

siamo amici da quasi 50 anni, una vita! Per gli amici, questo e altro! Se passate di li', fategli un saluto da parte mia...

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Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località

La redazione
-

Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 25/01/2010 @ 09:43:41, in Italia, visitato 1542 volte)

Segnalazione di Isabella Bi

l' ASSOCIAZIONE DON NESI/COREA in collaborazione con la CIRCOSCRIZIONE 1 DEL COMUNE DI LIVORNO

organizza:
GIOVEDI' 28 GENNAIO ORE 21,15
In occasione del PORRAJMOS – la giornata della memoria dello sterminio dei popoli rom e sinti nei lager nazisti

ROM IERI E OGGI: PREGIUDIZIO, EMARGINAZIONE E RIFIUTO

In una società dove si consolida una antropologia del disprezzo e della disumanità verso l'altro, dove si rafforza la saldatura fra razzismo popolare e razzismo istituzionale, i rom rappresentano ancora l'ultimo gradino di questa "piramide" dell'emarginazione e del rifiuto.
Proviamo a comprendere come i nostri territori promuovono concrete pratiche di accoglienza ed interazione e come sviluppare forme di dialogo, comprensione e relazione.

Con la partecipazione e le testimonianze della Fondazione Michelucci di Firenze, dell'Associazione Africa Insieme di Pisa, di alcuni rappresentanti della comunità rom di Coltano e di alcuni operatori del sociale e del mondo dell'associazionismo.

Durante la serata sarà presentato anche il libro "Lungo la ferrovia" di Gianluca Giunchiglia (edizioni Erasmo)

INGRESSO LIBERO

ASSOCIAZIONE DON NESI/COREA
LARGO NESI 9 (ex via La Pira) Villaggio Scolastico di Corea
tel.fax: 0686 424637 email: associazione@associazionenesi.org - www.associazionenesi.org

L'evento su Facebook

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Di Fabrizio (del 24/01/2010 @ 09:45:35, in musica e parole, visitato 2110 volte)

GRANDE FESTA BALCANICA
domenica 31 gennaio Circolo Enosud - via Ollearo 5 MILANO

alle 17 "Poziv na festu" spettacolo musicale per bambini

alle 19 aperitivo balcanico a cura della Kafana Sevdah Marinkovic

alle 20.30 Muzikanti di Balval & Famiglia Mirkovic in concerto a seguire Jam Session

ingresso con sottoscrizione popolare NON POTETE MANCARE!

bambini, amici, conosciuti e sconosciuti, migranti, occupanti, fuggitivi,..ecc...vi aspettiamo!!

E' GRADITA LA PRENOTAZIONE PER L'APERITIVO ALL'INDIRIZZO festabalcanica@yahoo.com

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Di Fabrizio (del 24/01/2010 @ 09:33:36, in Italia, visitato 2510 volte)

Ricevo da Ernesto Rossi

Le tracce della piccola Denise Pipitone, la bambina siciliana scomparsa il 1° settembre 2004 vicino a casa, sono state seguite in tutt’Italia, controllando una serie di segnalazioni di persone che affermavano di averla vista.

Luoghi privilegiati di queste indagini furono campi e insediamenti rom e sinti. Ne seguirono insulti e aggressioni diffuse nei confronti di donne rom, e qualche arresto, annullato dal riconoscimento dell’inconsistenza delle accuse.

Perché, ’come tutti sanno’, o credono di sapere, gli ‘zingari’ rubano i nostri bambini, non contenti, evidentemente, di tutti quelli che hanno già. Anche se un’accurata ricerca universitaria sugli ultimi quarant’anni di analoghe notizie ha dato risultato zero: non c’è un solo caso accertato.

Una di quelle tracce portava anche a Milano. Una guardia giurata che stazionava all’esterno d’una banca affermò di aver visto la piccola, riconosciuta e filmata col cellulare per alcuni secondi, tutta imbacuccata per il freddo (era proprio il gennaio di cinque anni fa), in compagnia di alcuni ‘zingari’.

Al nostro presidente Mauro, dell’Associazione Aven Amentza, fu chiesto dall’allora capo della Squadra mobile della Questura di Milano di adoperarsi per verificare, foto in mano, nei vari insediamenti di rom romeni, se fosse possibile reperire tracce del passaggio, se non della presenza della bambina.

Mauro, rom autorevole e conosciuto in tutte le comunità, a Milano e nell’hinterland, lo fece con costanza e passione per oltre un mese (gratuitamente, è bene dirlo), tanto che riuscì a ritrovare la… piccola: stava in un campo milanese con i suoi genitori, assai spaventati da tutto il putiferio, e stava bene. Per quanto si possa star bene in un campo.

Solo che era un maschietto.

Sei sicuro? chiese Mauro al suo interlocutore.

Assolutamente, l’ho visto fare pipì.

Poco dopo fui contattato da un regista televisivo per un’intervista a Triboniano. Questi accettò le condizioni dei capi rom: riprese solo dalla testa in giù, come gli spiegammo, perché già troppi rom hanno perso il lavoro perché identificati come tali dai loro ‘padroni’ in una ripresa o in una foto sui giornali. Così l’intervista si svolse coi tre capi di Triboniano nella ‘baracca’ di uno di loro, presente anch’io.

Ecco che alcuni giorni or sono leggiamo sui giornali la notizia che il gup di Marsala, Lucia Fontana, ha rinviato a giudizio, per il sequestro di Denise, la sorellastra Jessica Pulizzi e, per false dichiarazioni, il suo ex fidanzato Gaspare Ghaleb.

La bambina non ha dunque girato l’Italia e tanto meno in compagnia di famigerati ‘zingari’: un’altra bufala scoppia come una bolla di sapone, per ritornare nel mondo delle frottole e delle calunnie razziste, tanto amate da certi personaggi della nostra politica attuale e, purtroppo, piattamente seguite da certa stampa.

Milano, 20 gennaio 2010 Ernesto Rossi, presidente di Aven Amentza.

sede legale: Via Triboniano 212 – 20156 Milano (Italia). Tel. +39.(02).48409114
Costituita il 18 luglio 2004, registrata a Milano il 22 novembre 2004 , n° 104485 serie 3. Codice fiscale 97389270154

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Di Fabrizio (del 24/01/2010 @ 09:15:54, in musica e parole, visitato 2482 volte)

Venerdì 29 gennaio alle ore 21.15 la SVOBODA ORCHESTRA sarà in concerto per la Giornata della Memoria con lo spettacolo:
Canzoni e musiche della memoria, all’Oratorio di San Filippo Neri in via Maria Vittoria 5 – Torino – ingresso libero.

Per l’Orchestra sarà anche l’occasione per presentare il suo ultimo cd “Graditi Ospiti” appena pubblicato e interamente dedicato alle musiche degli ebrei e dei rom.
Il concerto sarà arricchito dall’accompagnamento di letture ispirate alla Shoah ebraica e al Porrajmos dei rom.

Il cd Graditi Ospiti nasce da una passione di lunga data per la musica yiddish e per quella rom, e vuole essere un omaggio a due popoli che, con la loro cultura e le loro tradizioni, hanno composto musiche e canzoni che a tutt’oggi sono apprezzate per la bellezza delle melodie, per le armonie suggestive, per la ritmica coinvolgente e per il cuore con cui vengono interpretate.
Da sempre ebrei, rom e sinti sono, loro malgrado, popoli erranti e le loro musiche sono frutto di scambi tra le loro culture e quelle dei paesi in cui si sono trovati a vivere. Il titolo – volutamente ironico – è in realtà un sentito ringraziamento rivolto a chi ci ha regalato canzoni così belle.

L'evento su Facebook

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Di Fabrizio (del 23/01/2010 @ 09:27:02, in Italia, visitato 1829 volte)

Noblogo Jan. 20th, 2010 at 12:47 PM

Il Casilino 900 è giusto che sia chiuso.
Sarebbe giusto che chi c'ha vissuto in questi anni trovasse una condizione di vita diversa dall'eterna condanna al "campo nomadi", una casa vera e non un container. Fuori da un recinto presidiato da telecamere ... fuori dal pregiudizio. Ma questo non è permesso. Non qui a Roma.

Riporto un bel pezzo da ReteRom, il sito degli amici di Stalker, accompagnandolo da mie fotografie.
Un omaggio alla memoria che viene negata allo sfortunato popolo Rom.
Ho avuto il privilegio di parlare circa un anno fa con chi abitava questa bellissima casa.
Persone di una profondissima umanità, in particolare la padrona di casa che mi parlava delle speranze in un futuro migliore con la saggezza di chi atavicamente è abituato a seguire con rassegnata sopportazione l'eterno ciclo degli eventi.

MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2010
Tabula rasa
Oggi è il 19 gennaio del 2010
È cominciato lo sgombero del Casilino 900
È anche l’anniversario dell’occupazione della facoltà, la Pantera
20 anni di stalker e non riesco a dormire
Poche ore fa la demolizione della casa di Hakya
La casa in cui è nata Savorengo Ker
Ho visto saltare in aria di seguito
Le lamiere del tetto, i montanti in legno, un divano rosso, le scale
La ruota simbolo dei Rom al centro della facciata
Il cavallino accanto, ricordo dell’antico mestiere della famiglia
I gocciolatoi intagliati alla maniera di Hakya
Una stufa di ferro incastrata nei denti della ruspa
Un quadro ad olio con signora, un manifesto di Eminem
Un manifesto di Benito Mussolini, si davvero
Hakya ridendo ha detto ad Azzurra “era un parente.
La foto di un antenato!”
Ho immaginato il punto di vista di chi demolisce
Un video ripreso dalla cabina del macchinista
Di chi sono le mani su quelle leve?
Di chi guarda il video.
Telespettatori educati a non sapere
ora deformano la realtà guidando il video
Sicuri dietro il vetro del parabrezza
il macchinista esegue, demolisce la casa
magari una casa non ce l’ha nemmeno lui.
Una signora dice “io non ci voglio andare nei campi”
Un poliziotto “il campo di Salone
è un albergo a cinque stelle rispetto a questo”
indica la casa di Hakja in macerie,
io penso di no, sono sicuro di no, perché lo so, io so
una poliziotta aggiunge “ma a Salone ora c’è anche la ludoteca,
l’asilo dei bambini dentro al campo”
un’altra poliziotta “ d’estate ci mettono anche la piscina”
le signore Rom ci scherzano sopra, loro non lo sanno
non sono mai state a Salone, nessuno le ha mai portate
a vedere i container, neanche i mariti
Gli daranno un container di 18 metri quadri per sei persone
tre metri quadri a testa
riscaldamento, bagno, acqua e luce elettrica
e tutto intorno, stretti ogni 3 metri,
solo container e spazi tra i container
un posto dove incontrarsi è stato soppresso
per fare posto ai nuovi container per il Casilino 900
sulla recinzione ci sono 50 telecamere
non ci sono gli spazi per i mercatini
né dove lavorare i metalli, riciclare oggetti
sono tu non ci sono altre persone oltre ai Rom,
alle guardie e alle associazioni che li sorvegliano
e li portano a scuola, in città, città?
insomma oggi abbiamo visto demolire la casa di Hakya
e Azzurra dice di aver visto Mussolini

f.c.

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Di Fabrizio (del 23/01/2010 @ 09:22:04, in musica e parole, visitato 2379 volte)

Di Django Reinhardt s'è raccontato (qui e altrove) praticamente tutto. Per chi volesse ripassare la sua vicenda...

di Giordano Montecchi 18 gennaio 2010

La storia è di quelle che fanno palpitare: avventura e sventura mescolate insieme, di quelle storie che non basta un film per raccontarle. Perché è vita vera, sofferenza, passione, sogni, miseria, fortuna, genio e sregolatezza. Insomma: Django Reinhardt. Era il 23 gennaio di cent’anni fa. A Liberchies, qualche centinaio di anime poco a nord di Charleroi, Belgio, faceva un freddo cane. Appena fuori dal villaggio da qualche giorno c’era una carovana di zingari, cinque o sei roulottes malandate, coi loro cavalli smagriti, i falò per scaldarsi, e, al centro, una piccola tenda da circo. Quel giorno, in una delle roulotte, Laurence Reinhardt partorì un maschietto. Laurence era così scura di pelle da essere soprannominata «Negros». Era l’acrobata del circo ed rimasta incinta di Jean Vées, acrobata anche lui e, quando poteva, musicista: chitarra, violino, un po’ di tutto. Lei però non volle saperne di sposarlo. Il bambino si chiamò Jean-Baptiste, ma presto gli fu affibbiato l’immancabile soprannome: Django.

IL BANJO A DODICI ANNI. La carovana viaggò ancora molto. Girovagarono per l’Italia, poi furono in Algeria e infine si fermarono alla periferia di Parigi. Sua madre gli regalò un banjo, e a dodici anni Django accompagnava già suo padre e suo zio che si esibivano al caffé del mercato delle pulci di Clignancourt, poco fuori Parigi. Django era bravo, molto bravo, suonava la chitarra con una grinta e una velocità da lasciare a bocca aperta. A diciotto anni aveva già registrato qualche traccia, aveva la sua piccola fama, ma era e restava uno zingaro e ogni notte tornava a dormire nella sua vecchia roulotte. La sua seconda nascita avvenne nel 1928 e fu tragica. Era ottobre, il 26. Jack Hylton, leader di un’orchestra alla Paul Whiteman piuttosto famosa, gli offrì di entrare nella sua band per una tournée in Inghilterra. Era fatta!
Forse quella sera Django era eccitato, fatto sta che rovesciò la candela accesa e i fiori di celluloide da vendere l’indomani davanti al cimitero presero fuoco e in un baleno la roulotte fu avvolta dalle fiamme. Bella Baumgartner, la sua compagna, se la cavò con poco, ma Django riportò ustioni gravissime sul lato destro del corpo e alla mano sinistra. Diciotto interminabili mesi di ospedale, e alla fine, mignolo e anulare della mano sinistra rimasero paralizzati. I medici furono unanimi: la sua carriera di musicista era finita. Ma non sapevano con chi avevano a che fare. Perché da quel rogo di miseria ed emarginazione, qualcosa che ben conosciamo ancora oggi, era nato Django Reinhardt, il dio zingaro della chitarra. Dio, perché nessun essere umano avrebbe potuto essere così testardo, inventarsi un modo di suonare con solo due dita e diventare un virtuoso impressionante, rivoluzionando la tecnica e il destino della chitarra.

La carriera fu sfolgorante. Incontrò il suo alter ego in Stéphane Grappelli, violinista tanto per bene quanto Django fu sempre imprevedibile, sbruffone, spendaccione. Col loro celeberrimo Quintette du Hot Club de France furono i protagonisti assoluti del trapianto del jazz in Europa, con Monsieur Grappelli perennemente imbarazzato per le figuracce cui lo costringeva Django: analfabeta vero, per il quale un contratto era solo carta; nomade nell’anima, bisognoso ogni tanto di sparire per tornare alla sua roulotte e alle sue radici. Django era fin troppo «fenomeno» per accodarsi a una musica altrui qual era in fondo il jazz. Andò in America, ma il suo idolo Duke Ellington fu una delusione: tutto troppo ordinato, ufficiale, per lui che non volle mai leggere una nota di musica. Django era un sinti, che in Francia sono detti manouche, ricchi come tutte le etnie zingare di una loro tradizione musicale tutta chitarre e violini. Django la «contaminò» e nacque il jazz manouche, jazz portatile: chitarra e violino solisti, niente batteria ma due chitarre e contrabbasso per la pompe, così si chiama quel ritmo indiavolato che ti scortica e sale su dalle piante dei piedi.

INCIDENTE PITTORESCO Curioso sfogliare le pagine di allora. Per André Hodeir, grande jazzologo, Django non era jazz, ma solo un «incidente pittoresco». Ma girate oggi per dischi, o per locali. I gruppi di giovani e giovanissimi, calamitati da questo modo sfrenato di scoparsi la chitarra, sono una schiera e gli scaffali, quelli che restano, pieni di questa musica, un po’ jazz un po’ world music, con protagonisti dai nomi così inesorabilmente diasporici: Bireli Lagrène, Stochelo Rosenberg, Angelo Debarre, Tchavolo Schmitt ecc. Hodeir toppò, ma non Eric Hobsbawm, che nascosto dietro lo pseudonimo di Francis Newton nel 1959 pubblicava The Jazz Scene, magnifica storia del suo oggetto amato. Dice Hobsbawm: «è significativo che Reinhardt sia fino ad ora il solo europeo che abbia conquistato un posto nell’Olimpo del jazz... ed è significativo che si tratti di uno zingaro». Perché insistere su quel «significativo»? Perché un grande storico come Hobsbawm aveva capito che il destino del jazz non era quello di essere solo la musica dei neri. Il jazz era l’annuncio che una nuova musica alzava la voce: la musica di quelli che il «primo mondo» ha sempre ignorato o odiato. Django è storia di adesso.

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Di Fabrizio (del 22/01/2010 @ 09:36:36, in Europa, visitato 1664 volte)

Segnalazione di Paolo Ciani

Budapest (Ungheria): "Zingari, europei senza patria". Un convegno all'Accademia della Scienze, promosso dalla Comunità di Sant'Egidio, raccoglie le voci solidali con il popolo rom

La Comunità di Sant’Egidio dell'Ungheria promuove un convegno dal titolo: “Zingari: europei senza patria”, il 22 gennaio, all’Accademia delle Scienze di Budapest.

L'iniziativa nasce dall'esigenza di reagire alla serie di attentati compiuti in Ungheria negli ultimi due anni contro gli zingari, esprimendo la vicinanza al dolore delle vittime, contro il pregiudizio e la violenza verbale e fisica, che feriscono tragicamente non solo i loro bersagli, ma anche i loro portatori e la società nel suo insieme.

La Comunità di Sant’Egidio ha inteso così raccogliere le voci solidali con la popolazione rom, e offrire le motivazioni per opporre alle derive antigitane una vera cultura dell’accoglienza e della dignità della persona, insieme a piste di integrazione.

Al convegno intervengono, tra gli altri: Péter Szőke, responsabile della Comunità di Sant’Egidio in Ungheria e funzionario del Ministero degli Affari Esteri; Katalin Katz, della Hebrew University, Jerusalem, esperta di prestigio internazionale dell’olocausto dei rom; Ceija Stojka, scrittrice rom di nazionalità austriaca, sopravvissuta all’olocausto; János Ladányi, dell'Università Corvinus di Budapest; mons. Marco Gnavi, della Comunità di Sant’Egidio; mons. János Székely, vescovo ausiliare di Esztergom-Budapest, responsabile della Conferenza episcopale ungherese per la pastorale degli zingari e una rom ungherese, madre e nonna di due zingari uccisi lo scorso anno a Tatárszentgyörgy.

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Di Fabrizio (del 22/01/2010 @ 09:30:43, in casa, visitato 1676 volte)

Segnalazione di Tommaso Vitale

Il villaggio rom a Coltano - Pisa - 14/gen/10
Dal sito della
Fondazione Michelucci:

Terminati i lavori del nuovo villaggio. Un’area residenziale attrezzata per 17 famiglie rom

Un'area residenziale - che sostituisce il fatiscente "campo nomadi" - voluta dal Comune di Pisa e sostenuta dalla Regione Toscana, per superare l'abitare inferiore e marginalizzante di una popolazione svantaggiata, stigmatizzata e ad economia debole.

Il progetto dell’area residenziale per famiglie rom a Coltano nasce all’interno di un piano di sistemazioni abitative “Le città sottili”, voluto dall’amministrazione comunale (con riferimento alla L.R. Toscana 2/2000) e rivolto ai gruppi rom presenti sul territorio con diversi insediamenti.
I riferimenti dell'intervento di superamento del vecchio campo (il cui progetto preliminare è stato realizzato dalla Fondazione Michelucci) trovano i loro presupposti nella particolare localizzazione dell’area di intervento (all’interno di un parco naturale) e nell’esigenza di dare una risposta concreta alla richiesta di un abitare non più precario e marginalizzante per una popolazione svantaggiata ad economia debole.
A fronte di una scelta localizzativa, che non presenta le condizioni più favorevoli che a favorire il difficile processo di inserimento urbano e sociale dei Rom (prossimità urbana, servizi territoriali, vicinanza di istituti scolastici, ecc.), l’attenzione è stata rivolta a ribaltare l’attuale situazione di “apartheid” geografico e sociale, pensando l’intervento come realizzazione di un borgo abitato nella campagna, in prossimità della via Aurelia, e di un complesso di abitazioni con servizi in relazione col parco.
In tal senso le scelte progettuali sono andate nella direzione di un progetto naturalisticamente integrato e rispettoso del territorio inteso come risorsa, rifacendosi nelle tipologie all’edilizia presente in maniera diffusa nell’area: la casa colonica a un piano a pianta generalmente quadrata con un corpo basso che si estende su di un lato e utilizzato in passato per l’attività agricola.
L’intervento prevede 17 unità abitative in muratura, aggregate in tre corpi di fabbrica in linea, distribuiti lungo un percorso pedonale che attraversa longitudinalmente il lotto; dal punto di vista costruttivo è stato previsto un sistema a muratura facilitata, ipotizzato per un intervento in autocostruzione, con elementi in polistirene espanso a riempimento in calcestruzzo, integrato a pannelli-cassero in materiale sintetico e cemento armato per i solai.
Nell’ottica di facilitare una vita di relazione aperta al proprio gruppo parentale allargato e un luogo dove i bambini e gli adolescenti possano trovare la piena sicurezza di una crescita non necessariamente penalizzante come quella dei classici campi, è stata realizzata una netta divisione fra la viabilità pedonale e carrabile, mentre gli alloggi hanno una fascia di pertinenza a verde in grado di garantire continuità fra interno ed esterno dell’alloggio.
I tre corpi di fabbrica si articolano intorno allo sviluppo di un modulo abitativo standard di 60,3 mq., che variando per disposizione e diminuzione dei locali crea un disegno d’insieme articolato che pure in una situazione di contiguità, garantisce un buon livello di privacy.
Nella definizione dell’alloggio tipo, le indicazioni progettuali - condivise anche con i futuri abitanti - hanno tenuto conto della particolare utenza sfruttando al massimo l’utilizzo delle superfici disponibili.
Nonostante il progetto sia stato pensato ipotizzando un intervento in autocostruzione, la realizzazione finale con il cantiere aperto ad aprile 2007 è stata affidata esternamente a seguito di appalto pubblico.
La base d'asta per la realizzazione del villaggio è stata di 920.000 euro.
Il cantiere con la realizzazione completa delle opere previste è stato consegnato all'Amministrazione comunale di Pisa il 9 dicembre 2009.

SCHEDA TECNICA
superficie coperta
tipo A = 60,3 mq.
tipo B = 45,9 mq. (sopraelevazione)
tipo A = 12 moduli = totale mq. 723,6
tipo B = 5 moduli = totale mq. 229,5 (sopraelevazione)
totale superficie coperta mq. 723,6
volume coperto
tipo A = 60,3 X 2,70 = mc. 162,81
tipo B = 45,9 X 2,70 = mc. 123,93
tipo A = 12 moduli = totale mc. 1953,72
tipo B = 5 moduli = totale mc. 619,65
totale tipo A + totale tipo B = mc. 2573,37
Progetto definitivo
Studio Tecnico Mugello (con la collaborazione della Fondazione Michelucci)
Progettazione: Geom. Stefano Zanieri
Progettazione e direzione dei lavori: Geom. Gianfranco Chiarelli
Progettazione strutturale: Ing. Paolo Collini
Le varie fasi progettuali che hanno portato alla realizzazione del progetto sono state attuate in collaborazione con gli uffici tecnici dell’ASL 5 (Ing. Stefano Bonechi)

MC

Allegati:


Dopo le polemiche seguite alla chiusura del progetto Città Sottili di Pisa, ho chiesto un parere informato ad Agostino Rota Martir, che i lettori di questo blog già conoscono, e che vive ed opera con i Rom di Coltano da molti anni. Ecco cosa m'ha scritto:

Caro Fabrizio, grazie dell'attenzione e la gentilezza di chiedere un mio parere, ecco ci tengo a sottolineare che è innanzitutto un mio parere, anche se nasce molto dal sentire dei Rom di Coltano e sono anche il frutto di tanti anni di ascolto, di pazienza, di delusioni e amarezze e prese in giro, di sotterfugi che contraddistingue il comune di Pisa, in primis i responsabili del progetto denominato "Città Sottili".
Non è ancora il momento di fare (almeno per me) una valutazione complessiva sul Progetto del Villaggio Rom di Coltano, cosa che penso di fare più avanti, farlo ora forse significa mettere a disagio... (per non dire altro) delle famiglie Rom: è anche per questo che voglio parlare solo a titolo personale.

Mi limito a rispondere-commentare i contenuti della pagina che ho scaricato dal link che mi hai mandato.

Partiamo dal titolo: "Autocostruzione": niente di più falso e fuorviante. Era nelle intenzioni iniziali quello di coinvolgere i Rom nell'autocostruzione, ma è sempre rimasto sulla carta, una semplice buona intenzione. E si è fatto veramente poco per coinvolgere i Rom in questo, anche perché gran parte dei Rom erano privi di un Regolare Permesso di Soggiorno: senza Soggiorno, niente Party!!
Quindi il villaggio è stato interamente costruito dalle ditte Italiane. Non è vero che è la costruzione è iniziata nel 2007!! I Rom stanno aspettando dal 2002 e i primi lavori sono incominciati (se ricordo bene) nel 2004.
Nella presentazione si parla di "coinvolgimento" dei Rom, anche questa è risultata una bella intenzione, posso dire che il comune ha creduto pochissimo coinvolgere i Rom, semplicemente ha dato la priorità ad Associazioni, "esperti" Rom, operatori, Cooperative che spesso hanno gestito con ambiguità la vita dei Rom: decidere al posto loro, pensare al loro futuro con schemi e visioni discutibili e anti-Rom. Spesso il coinvolgimento si limitava a chiedere ai Rom di ubbidire a promesse che venivano poi spesso disattese dai stessi responsabili del Progetto. Il Progetto ha di fatto diviso la comunità dei Rom, creando rivalità e sospetti tra gli stessi, e la cosa triste è il sospetto che spesso tutto questo rispondeva a tattiche che i responsabili operavano deliberatamente: "Dividi et impera". In nome dell'integrazione spesso vengono calpestati e silenziati i diritti dei Rom. Perché è più importante far vedere alla cittadinanza che i Rom sono sotto "controllo", e sbandierare quei risultati che vogliamo vedere...ma in questi lunghi anni le condizioni di vita sono forse migliorate? Si, è vero c'è a fianco un bel villaggio in muratura, tutto cintato, asciutto..mentre i Rom che vivono accanto da anni vivono allagati alla prima pioggia, le fogne che escono maleodoranti, e tante famiglie sono ancora senza servizi igienici, messi in attesa dal 2003 con la promessa di avere un alloggio, di pazientare, di collaborare... mentre ora il Comune fa sapere che deciderà una commissione (l'ennesima), tutta nuova, completamente inesperta e priva di memoria storica, che ancora una volta stabilisce nuovi criteri, arbitrari e discriminatori... perché la maggioranza delle famiglie sembra che verrà esclusa!

Altra grossa delusione (più corretto dire constatazione) è il ruolo della Fondazione Michelucci di Firenze. Sinceramente mi chiedo come una Istituzione così famosa e ricercata possa pensare che il Villaggio appena realizzato tenga conto dello stile di vita, ma sopratutto dell'abitare Rom. Sarebbe bene che la stessa Fondazione si pronunci in merito e risponda ad alcune domande precise: "Il Villaggio così com'è è adesso, è lo stesso progetto che la Fondazione ha presentato al comune quando le fu chiesto la consulenza?" Ritiene la Fondazione Michelucci che la realizzazione finale del Villaggio di Coltano è pensato e adatto per famiglie Rom?"
A me sembra che la Fondazione Michelucci si è mostrata attenta a rispettare la vocazione dell'area del Parco naturale di Coltano, cosa senz'altro lodevole e meritevole, ma pensare di superare la logica dei campi forse ci vuole ben altro, non basta certo sostituire una parola con "villaggio Rom" per far credere chissà quale novità, quando tutto il resto non fa altro che ripetere le stesse logiche dei campi...

Termino qui, pur avendo tante altre cose da dire, preferisco rimandarle ad un'altra occasione, scusami la poca chiarezza e un po' di imprecisione.
Ciao Ago

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Di Fabrizio (del 22/01/2010 @ 08:59:30, in Kumpanija, visitato 1498 volte)

Da TheatreRom

Una mattina mi sono svegliato di soprassalto per le urla, esco fuori dalla roulotte e vedo una scena meravigliosa. Due pantere dei carabinieri di zona, che ci conoscevano tutti, e un brigadiere che parlava con il vecchio Sefko, che era considerato l’uomo di fiducia di tutto il campo (se uno vuole far sapere in giro una cosa, basta raccontarla a Sefko e raccomandargli di non dirlo a nessuno: stai sicuro che nel giro di un’ora tutti gli zingari, carabinieri, polizia, pompieri e pure gli autisti dell’Atac sapranno che cosa è successo). Sento il brigadiere che gli fa delle domande:
Brigadiere: “di chi è tutta questa roba?”, indicando un barile, uno di quelli di gasolio che era strapieno di rame squagliato.

Sefko: “bambini”, e indicava due ragazzini di 4 -5 anni massimo.

Brigadiere: “ma che, mi stai prendendo per il culo, come cazzo loro possono portare due quintali e mezzo di rame squagliato?

Sefko: “ma che ne sanno bambini, signor brigadiere, quanto pesano due quintali e mezzo, sono solo bambini e ancora non vanno a scuola e non conoscono matematica.” Quando ho sentito la risposta di Sefko mi sono ammazzato di risate, ridevo cosi tanto che ho smesso ridere dentro la caserma, perché mi hanno portato per accertamenti dei documenti, che io regolarmente non avevo.

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Segnalazione del Centro Sociale SOS Fornace

[...] La giornata di ieri sarà ricordata per sempre come una delle pagine più vergognose vissute dalla nostra città nella sua storia recente. Dopo lo sgombero di settimana scorsa, che ha colpito un rom cieco e in dialisi, ieri un nucleo famigliare allargato composto da un uomo di 22 anni - cittadino italiano e metalmeccanico -, 4 donne e 10 bambini, tutti di etnia rom, si è visto strappare quel poco che aveva da un esercito di un centinaio di uomini in divisa che hanno così portato a compimento la "soluzione finale" prospettata dall'amministrazione razzista di Rho per la comunità rom, e cioè il progetto scientifico di un loro allontanamento dal territorio rhodense. La casa dove risiedeva il nucleo famigliare è stata sgomberata ed abbattuta dalle ruspe, e gli abitanti sbattuti su una strada.
Durante lo sgombero, in spregio ad ogni più elementare diritto umano, non è stato preposto dall'amministrazione rhodense alcun tipo di intervento di carattere "sociale" o...

Comunicato

Rho, 19 gennaio 2010.. A pochi giorni dalla ricorrenza della Giornata della Memoria, il Sindaco ciellino Zucchetti ha voluto festeggiare con uno sgombero il Porrajmos, lo sterminio nazista di Rom e Sinti. La Giunta razzista della città di Rho, dopo lo sgombero di settimana scorsa di un rom cieco e in dialisi, molto pericoloso per la sicurezza dei cittadini, questa mattina ha mandato un dispiegamento impressionante di Polizia Locale, Polizia di Stato e Carabinieri per sgomberare una decina di bambini e alcuni adulti che vivevano nella propria casa in via Magenta, abbattuta dalle ruspe.

Nonostante Zucchetti abbia fatto proprio lo slogan di Expo 2015, “Nutrire il Pianeta”, la solidarietà e l’umanità non abitano a palazzo Visconti, soprattutto quando si avvicina la campagna elettorale delle regionali e, per nascondere la servitù degli amministratori leghisti e ciellini alla Fiera e ai palazzinari, che loro rappresentano contro gli interessi della città, si tenta di puntare il dito ancora una volta contro i rom, come facevano i nazisti, indicandoli come capro espiatorio di tutti i mali della città.

Dopo avergli confiscato i terreni che avevano acquistato regolarmente da italiani, dopo avere incassato diverse rate del condono per alcune migliaia di euro per poi dichiararlo illegittimo, ora il Sindaco, appena uscito da Messa, gli ha fatto abbattere la casa, interrompendo così di fatto l’iter scolastico dei bambini e mettendo a rischio la posizione lavorativa dell’unico uomo della famiglia, tra l’altro cittadino italiano.

Tutti gli sgomberi di Rom che stanno avvenendo a Rho negli ultimi mesi sono finalizzati anche a liberare terreni che con il Pgt cambieranno destinazione d’uso, essendo inseriti in aree di trasformazione che da agricole diventeranno edificabili. Così nella città vetrina di Expo i razzisti e gli speculatori viaggiano a braccetto, compiendo l’ennesimo atto disumano.

Alcuni esponenti del centro sociale Fornace, tenuti a distanza dalla Polizia, hanno assistito alle operazioni di sgombero testimoniando alle persone vittime di questa ingiustizia, la propria solidarietà. Nei prossimi giorni ci saranno a Rho iniziative di protesta.

sosfornace@inventati.org
www.sosfornace.org

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