Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
venerdì 19 marzo 2010 alle ore 21.30
All'ARCI TOM in Piazza Tom Benetollo 1, Quartiere Borgochiesanuova (sopra
supermercato FAMILA) Mantova
Vedi mappa
Per la prima volta a Mantova il nuovo gruppo musicale sinto che, nel solco della
tradizione, offre un mix esplosivo tra le generazioni passate e quella presente.
La musica de The Gipsyes Vaganes fonde i ritmi del jazz manouche e del flamenco
gitano con la tradizione musicale dei sinti estrakaria.
The Gipsyes Vaganes saranno a Mantova per promuovere Yuri Del Bar, un Sinto in
Consiglio comunale.
A seguire il concerto dei Sine Frontera.
SOTTOSCRIZIONE 3 € + TESSERA ARCI
L'evento su
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Di Fabrizio (del 17/03/2010 @ 09:23:27, in lavoro, visitato 1505 volte)
VERGOGNA!
Nella città delle bombe, I BRAVI RAGAZZI ROM DIVENTANO … INGOMBRANTI
E’ l’esperienza di imprenditoria Economica, Ambientale e Sociale più
significativa di Reggio Calabria e probabilmente dell’intero sud.
Un fiore all’occhiello – come in tanti si sono sempre affrettati sempre a dire
nei convegni o di fronte alle telecamere locali e nazionali –
Hanno deciso di ucciderla, cancellarla. Con un atto di sfrontato, calcolato
cinismo.
La cooperativa Rom 1995 la conoscono e l’apprezzano tutti.
Dal 1999 – epoca lontana della giunta Falcomatà – ha gestito in città il
servizio di raccolta dei rifiuti ingombranti e beni durevoli. Lo ha fatto anche
nell’era Scopelliti.
Rappresenta un piccolo, grande miracolo; un mix riuscito di efficienza,
professionalità, disponibilità, solidarietà.
E’ un esempio raro ,soprattutto a queste latitudini, di integrazione umana e
sociale dimostrato dal fatto che per servizio di raccolta degli ingombranti sono
regolarmente impiegati dieci ragazzi Rom. Nomadi, zingari, insomma.
Hanno vinto e hanno fatto vincere una scommessa difficile. Contro ogni
scetticismo. Roba da non crederci -
Ora avranno un premio: saranno giocoforza licenziati. Ricacciati nel ghetto e
nella strada. Dove però loro, persone capaci e responsabili, non intendono
andare.
La cooperativa ROM 1995 è un frutto di Legalità, ama la Legalità. Gestisce un
bene confiscato alla ‘ndrangheta che con un duro e paziente lavoro è stato
ristrutturato. Ora la Legalità è tradita e ferita.
La cooperativa Rom è amica dell’Ambiente. Gestisce un servizio di alto valore
ecologico. Incalcolabile il numero di rifiuti ingombranti (dai vecchi televisori
ai frigoriferi, dai materassi alle scaffalature) strappati alle fiumare e ai
cassonetti in questi oltre dieci anni di lavoro.
La cooperativa ROM 1995 è evidentemente un lusso per la nostra città,
un’anomalia. Non è incline alle mediazioni di basso profilo. Perciò si è deciso
di spazzarla via?
Se motivi ragionevoli non ce ne sono,le ragioni vanno cercate, come spesso
accade, dietro le quinte.
I fatti sono quelli raccontati dai responsabili della stessa cooperativa in
conferenza stampa. Incontestabili. Leggere per capire.
Dopo il bando per la gestione del servizio di raccolta differenziata, il gioco
passa in mano alla Leonia. Per la cooperativa Rom 1995 non c’è posto. Il bando
prevederebbe la possibilità di subappaltare, ma si scopre a giochi fatti, che la
Leonia (Società a maggioranza del Comune) aveva dichiarato di non volersi
avvalere di questa possibilità. Scopelliti e la sua Amministrazione avevano
rassicurato: state tranquilli, vi sarà la continuità del vostro prezioso
servizio, sarà prevista una nuova convenzione con voi. Tutte bugie. La
possibilità di affidamento alla cooperativa nel bando non ci sarà. Non la si è
voluta inserire (l’Amministrazione avrebbe potuto disporre preventivamente in
tal senso) né è stata prevista la gestione diretta del servizio da parte dello
stesso Comune. Un motivo ci sarà.
Quello che è accaduto è un fatto gravissimo e vergognoso. Una vera ingiustizia
che ci tocca direttamente, tocca direttamente tutta la città e non solo-
DOBBIAMO MOBILITARCI, FARE QUALCOSA
Chiediamo una soluzione immediata e convincente affinché il servizio di raccolta
di rifiuti ingombranti e di gestione della ricicleria che sta per essere aperta
sia affidato, come per il passato, alla cooperativa Rom 1995.
Se c’è la volontà questo è ancora possibile. Deve essere possibile.
O forse i ROM che gestiscono un bene confiscato danno un cattivo esempio. E’
un’onta, un fatto insopportabile da restituire alla “normalità”.
Dobbiamo decidere cosa fare e da che parte stare. Per questi motivi chiediamo a
tutti di aderire al nostro appello.
Legambiente sta dalla parte dei ragazzi della Cooperativa ROM 1995. E voi?
SCHIERIAMOCI.
ANCHE NOI SCEGLIAMO ALMENO PER UNA VOLTA DI DIVENTARE INGOMBRANTI!
La pagina su
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Di Fabrizio (del 17/03/2010 @ 09:07:03, in Europa, visitato 1624 volte)
Di questa
storia se n'è parlato più volte in Mahalla
Osservatorio sui Balcani - Fuori dall'ombra
12.03.2010 Da Capodistria, scrive Stefano Lusa
Foto di Fabrizio Giraldi
Era la più grave violazione dei diritti dell'uomo della sua storia recente.
Ora finalmente sanata. La Slovenia ha restituito ai cosiddetti ''cancellati'' i
loro diritti. In 13.000 potranno ora riottenere la residenza
La Slovenia ha posto rimedio alla più grande violazione dei diritti dell’uomo
nella sua storia recente. Il parlamento, infatti, ha varato una norma che
consentirà a quei cancellati, che non avevano potuto farlo sin ora, di
riottenere la residenza. Dei complessivi 25.761 sono ancora oltre 13.000 coloro
che non hanno regolato il loro status. Nessuno sa quanti di essi vivano ancora
in Slovenia e quanti sono coloro che, dopo anni passati all’estero, possano
essere interessati a riottenere la residenza.
Il ministro degli Interni Katarina Kresal, nel presentare[] il provvedimento,
aveva invitato i deputati ad approvarlo “se non già per un vincolo etico nei
confronti delle persone a cui lo stato 18 anni fa ha fatto un torto, per
rispetto della costituzione”. Da anni la polemica sui cancellati è altissima e
anche questa volta il centrodestra non ha lesinato strali nei confronti del
ministro e del provvedimento. Molto si è puntato sui risarcimenti che adesso i
cancellati potrebbero richiedere alle vuote casse dello stato. La Kresal non si
è scomposta più di tanto e come al solito ha continuato a ribadire l’importanza
del rispetto della costituzione, delle leggi e dei principi dello stato di
diritto.
Ora ci saranno tre anni di tempo per presentare formale richiesta. Quello che,
però, appare più importante è che, in qualche modo, si chiede scusa per quanto
accaduto. C’è voluta una generazione di politici nuovi. Troppo giovani per
essere sulla scena politica all’epoca dei fatti e per avere scheletri negli
armadi.
La cancellazione risale all’epoca della proclamazione dell’indipendenza.
Lubiana, si era impegnata a concedere la cittadinanza a tutti i residenti che si
erano trasferiti nella repubblica dalle altre parti della federazione. Gli
immigrati erano circa 200.000. In oltre 170.000 ottennero la cittadinanza.
All’epoca qualcuno decise di andarsene, altri non riuscirono a raccogliere la
documentazione necessaria o si videro respinta la domanda, altri ancora non
presentarono richiesta di cittadinanza, pur avendo intenzione di continuare a
vivere in Slovenia. Per loro cominciò una vera e propria via crucis. Le autorità
pensarono bene di depennarli dall’elenco dei residenti. L’operazione comportò
per loro la perdita di tutti i benefit di cui godevano. Persero il diritto al
lavoro, all’assistenza sanitaria, all’acquisto a prezzo agevolato della casa ed
altro ancora. In sintesi persero il diritto di continuare a vivere nella
repubblica e si trovarono d’un tratto ad essere clandestini nel paese dove
avevano vissuto per decenni o erano addirittura nati.
La cancellazione avvenne in maniera arbitraria e del tutto illegalmente. In ogni
modo quell’operazione, fatta in gran segreto, poté contare su un consenso
sociale altissimo. L’opinione pubblica d’altronde pensava che, in fondo, quelli
erano potenziali nemici, oppositori dell’indipendenza slovena. In ogni modo
avevano avuto la possibilità di regolare la loro posizione e non avevano voluto
farlo. La cosa ovviamente non era vera, anche perché nessuno aveva spiegato loro
che se non avessero ottenuto la cittadinanza avrebbero perso anche i diritti
legati alla residenza.
Il problema dei cancellati cominciò ad emergere negli anni successivi. Le loro
tristi storie iniziarono ad essere raccontate dai giornali e già 15 anni fa il
neo nominato tutore dei diritti civili puntò il dito sulla questione sin dal suo
primo rapporto. Era facile rendersi conto che ci si trovava di fronte ad una
palese violazione dei diritti dell’uomo, orchestrata consapevolmente o meno
all’epoca del primo governo sloveno democraticamente eletto, formato da una
coalizione di centrodestra. Quando, poco dopo, il centrosinistra prese in mano
per più di un decennio le redini del paese non si preoccupò di porre rimedio
alla questione.
Il problema finì di fronte ai giudici della Corte costituzionale. Il primo
ricorso venne presentato nel 1994. Per arrivare ad una sentenza si dovette
attendere ben 5 anni. L’Alta corte stabilì l’illegalità della cancellazione e
diede 6 mesi di tempo al legislatore per correre ai ripari. Da quel momento i
politici, loro malgrado, cercarono una soluzione. Venne approvata una prima
legge che consentiva ai cancellati ancora in Slovenia di regolare la loro
residenza, successivamente vennero approvate delle modifiche alla legge sulla
cittadinanza che apriva loro le porte all’ottenimento del passaporto sloveno.
La questione era diventata materia di scontro politico. Intanto i cancellati
avevano costituito una loro associazione. A battersi per i loro diritti oramai
erano scesi in campo Amnesty International, l’Istituto per la pace e le altre
organizzazioni impegnate sul fronte della tutela dei diritti dell'uomo. Al loro
fianco c’era anche un ex giudice della Corte costituzionale, Matevž Krivic, che
divenne il loro portavoce.
La battaglia continuò con nuovi ricorsi alla Corte costituzionale. I giudici
stabilirono che la residenza doveva essere riconosciuta retroattivamente, sin
dal momento della cancellazione. Il governo allora preparò un’apposita legge e
l’opposizione indisse un referendum. Nel 2004 il 94% degli elettori disse no
alla normativa, ma la partecipazione al voto fu solo del 31%. Si proseguì con
manifestazioni, scioperi della fame e ricorsi al Tribunale europeo per i diritti
dell’uomo.
La Slovenia, che era uscita dallo sfaldamento della Federazione jugoslava con
l’immagine di un paese ordinato, si trovava a dover rispondere di una palese
violazione dei diritti umani, ormai sotto gli occhi della comunità
internazionale.
L’impegno a risolvere definitivamente la questione è comunque venuto dal nuovo
governo. La soluzione della questione dei cancellati è stata persino inserita
nell’accordo di coalizione. Molti però dubitavano che si avesse realmente
intenzione di fare sul serio.
Il ministro degli Interni Katarina Kresal ha stupito tutti e non ha mancato di
precisare che era intenzionata a chiudere la vicenda anche a rischio della sua
popolarità. Il ministero, così, con gran sgomento dell’opposizione, prima ha
fornito il
dato esatto dei cancellati, poi ha portato a conclusione il
procedimento di riconoscimento della loro residenza con effetto retroattivo per
coloro che avevano già regolato il loro status ed infine ha fatto approvare la
legge che risolverà definitivamente il problema anche per gli altri.
In questi giorni così difficili abbiamo deciso di rendere più facile (e
gratuito) l'accesso al volume "Politiche possibili. Abitare le città con i rom e
i sinti" (Carocci, 2009, 300 p.).
Da oggi è disponibile per essere scaricato gratuitamente dal sito dell'editore.
E' sufficiente andare sul sito
www.carocci.it, schiacciare nel menu a sinistra il tasto "press on line",
registrarsi (senza costi) e scrivere nel menù di ricerca dei titoli "Politiche
possibili". Sarà possibile così scaricare il pdf dell'intero volume per una
agevole consultazione sul proprio computer o per stamparlo. Per chi ne avesse
l'esigenza rimane comunque possibile comprare la versione cartacea.
[...]
Desidero ringraziare sentitamente tutti gli autori che hanno contribuito con
passione civile e rigore analitico alla scrittura collettiva del volume, il dr.
Loris Caruso che mi ha aiutato nella revisione editoriale dei testi, Paola
Ciceri per la segreteria organizzativa dell'iniziativa (un po' faraonica, ma il
risultato ne valeva la pena), il dr. Aluigi alla Carocci per l'accompagnamento
editoriale sollecito, competente e puntuale, Laura di Martino, l'Arci Blob e
l'Arci di Milano per aver dato vita all'iniziativa seminariale da cui è partita
l'idea, e - last but not least - Maurizio Cabras per avermi coinvolto e spinto
nell'operazione e Luca Rodda per aver sempre creduto nell'iniziativa.
Un ringraziamento particolare va agli enti, organizzazioni sindacali,
cooperative e associazioni che hanno scommesso sulle ragioni e le modalità di
questa ricerca e la hanno resa possibile. La pubblicazione non sarebbe stata
possibile senza il contributo iniziale dell’Associazione dei Comuni per l’Adda e
il sostegno successivo di ARCIMilano, ARCIToscana, AUSERLombardia, Caritas
Ambrosiana, CGIL-Camera del Lavoro Metropolitana di Milano, Comune di Modena,
Forum del Terzo Settore della Lombardia, Opera Nomadi di Milano, Opera Nomadi di
Padova.
Con molta cordialità
Tommaso Vitale
Di Fabrizio (del 16/03/2010 @ 09:38:36, in blog, visitato 1886 volte)
...ed invece sono passati quasi 5 anni. Lo rileggo
volentieri per guardare (una volta tanto) la strada percorsa ...ed anche per
l'amico
Yuri del Bar, che a Mantova s'e' ricandidato alle elezioni comunali
Non sapevo cosa scrivere
(e invece)
Ho un mucchio di notizie arretrate da sbrigare e forse da pubblicare, ma e'
come se mi autocensurassi:
forse potra' interessare a qualcuno che nella Repubblica Ceca si continua a
parlare di sterilizzazione forzata delle donne Rom, senza la certezza se questa
pratica prosegua ancora oggi, o che la International Organization for Migration
abbia iniziato una propria campagna europea di assistenza a favore dei Rom
dell'Europa dell'Est, che vivono oggi una situazione per molti versi simile a
quella del nazismo (non lo dico io, e' quello che leggo sul loro documento).
Stranamente, non ci sono notizie di nuovi rimpatri forzati verso il Kosovo,
non so se dipenda dal silenzio stampa dei ministeri degli interni o per la
moratoria richiesta dall'UNHCR, in compenso in Gran Bretagna continua la
polemica tra il partito conservatore e il governo laburista sulle aree di
sosta...
Ne scriverei, se non fosse che sono cose scontate e che sono stanco di ripetere
le medesime notizie.
Ci sono stati dei momenti negli anni scorsi, in cui le notizie erano da
addentare come se fossi un mastino. Scontri violenti per motivi etnici, in
Romania, Slovacchia, Kosovo, un corrispondente macedone che prima mi scriveva
sotto i colpi di mortaio dell'UCK, e poi ferito dalla polizia durante una
manifestazione di protesta. Li' forse c'era un senso, perche' queste notizie non
arrivavano sui giornali italiani, se non dopo settimane. Li', nel silenzio
dell'informazione ufficiale, misuravo il senso della parola discriminazione.
Quella e' la discriminazione di "guerra". Poi c'e' l'altra discriminazione,
quella di "pace": nel lavoro, nella casa, nello studio o nell'accesso ai servizi
sanitari. Ma se nel caso della guerra potevo parlare di CENSURA, la
"discriminazione di pace" e' piu' ambigua: da una parte sullo Zingaro (uso
apposta il termine dispregiativo) si caricano tutta una serie di paure
secolari, dall'altra, fatichiamo a vederlo diverso da come ce lo siamo sempre
immaginato. Mi spiego: LORO non han voglia di lavorare, ma NOI
faticheremmo ad accettare un collega Sinto o una baby sitter Rom. LORO non
vogliono mandare i figli a scuola e NOI facciamo cambiare scuola ai nostri
bambini se 2 o 3 dei loro compagni di classe abitano in un campo sosta.
Dico che li abbiamo rinchiusi, prima che nei campi sosta, in un ruolo da cui
abbiamo paura che escano.
Allora, parlare delle discriminazioni quotidiane serve a poco, perche' sono
quelle cose che turbano per qualche giorno, ma ci rassicurano che il gradino
basso della societa' e' occupato, ed e' giusto cosi', perche' se e' occupato non
rischiamo di caderci noi. Proprio le cronache della "discriminazione di
guerra" mi hanno insegnato che qualsiasi siano i contendenti, i Rom sono sempre
i primi a pagare e, finito con loro, c'e' qualcun altro, che stava meglio, che si
ritrova al loro posto, suo malgrado.
Poi, ci sono i "bravi democratici": quelli che sono affascinati da un nomadismo
che se potessero i Rom si lascerebbero volentieri alle spalle, quelli che
"Zingaro e' cultura, e' musica, e' poesia". Si', ma che senso ha questa cultura, se
non ha possibilita' di esprimersi e di confrontarsi? Se rimane chiusa nei ghetti
o nei campi? E' come parlare dei menestrelli medievali, con la differenza che i
cavalieri antichi sono estinti, e qua ci riferiamo a un popolo che vive in mezzo
a noi. Insomma, buoni o cattivi, sembra che l'importante sia percepirli come
DIVERSI.
Diversi, lo siamo tutti, non vedo qua il problema. Il problema e' quando la diversita'
e' un alibi per vivere separatamente e senza confronto. Da questo tipo
di diversita', non puo' che nascere una societa' malata, da un lato e pure
dall'altro.
Mentre si continuano a tenere le distanze, i Rom e i Sinti (per natalita' o per
fuggire alle guerre e alle persecuzioni), sono diventati la minoranza etnica piu'
vasta della Comunita' Europea. 10/12 milioni (non lo sappiamo), piu' degli
abitanti dell'Austria o del Belgio. E si affacciano nuove generazioni.
Livia Jaroka e Yuri del Bar hanno in comune la giovane eta' (30 e 26
anni). E l'etnia. Per il resto sono DIVERSISSIMI: lei Ungherese e lui Italiano,
lei antropologa e lui mediatore culturale. Anche politicamente sono distanti:
Livia Jaroka eletta al Parlamento Europeo nel
Partito Popolare, Yuri del Bar al Comune di Mantova in Rifondazione
Comunista.
Livia Jaroka ha sponsorizzato il mese scorso un programma di formazione
professionale presso il Parlamento Europeo, per giovani Rom che possano in
futuro essere quel nucleo politico-intellettuale che e' mancato al suo popolo per
risollevarsi dal II dopoguerra (chi volesse ulteriori notizie, me le richieda
via email).
Yuri del Bar e' stato eletto con un programma che richiedeva la chiusura dei
campi sosta a favore di microareee, il diritto di voto ai migranti, piu' fondi
allo studio e sostegno alle famiglie.
Su di loro, la cappa mediatica che ricordavo prima. Eppure, credo che quei due,
cosi' DIVERSI, siano l'avanguardia di una nuova generazione che possa parlare in
prima persona del proprio popolo, perche' finalmente si racconti la miseria o la
gioia senza i NOSTRI giri letterari.
Di Fabrizio (del 16/03/2010 @ 09:23:18, in Europa, visitato 1648 volte)
Da
Roma_Francais
I Rom: una libertà pagata cara
par D. Sabo
Le popolazioni nomadi zigane si confrontano a discriminazioni persistenti
e subiscono una profonda esclusione sociale. Iniziative cittadine ed azioni di
sensibilizzazione permettono, in alcuni casi, di contrastare gli attentati ai
loro diritti.
Occorre vedere il magnifico film "Liberté" di Tony Gatlif. Si riferisce
alla persecuzione dei Zigani durante la II guerra mondiale. Una zona d'ombra che
il cineasta ha superbamente messo in luce con la storia di Taloche, uno zigano
internato nel campo di Montreuil-Bellay, sotto Vichy, storia ispirata del libro
di Jacques Sigot "Questo filo spinato dimenticato dalla storia" (edizioni
Wallâda).. Non lo si ricorda spesso
ma sui due milioni di zigani che vivevano in Europa, tra i 250.000 ed i
500.000 furono deportati nei campi di concentramento. Pochi lo sanno: 40.000
zigani sono stati rinchiusi in trenta campi francesi durante la guerra. Il
rigetto della popolazione dei Rom è antico e persiste,, per quanto siano del
tutto cittadini europei. Dopo gli allargamenti del 2004 e del 2007, i Rom
costituiscono la più grande minoranza etnica della UE. Malgrado la loro
cittadinanza europea, restano vittime di ostracismo e si confrontano con le
discriminazioni. Il considerevole apporto che queste popolazioni potrebbero
avere nella società europea è ignorato, per l'effetto di stereotipi e pregiudizi
che si esprimono con discriminazioni economiche, sociali e politiche. Tre
rapporti* sul razzismo, la xenofobia, l'antisemitismo e
l'intolleranza in Repubblica Ceca, Grecia e Svizzera, sono stati pubblicati il
15 settembre 2009. Anche se si osserva un'evoluzione positiva in ciascuno dei
tre stati membri del Consiglio d'Europa, i rapporti rilevano, nel contempo,
alcuni fatti che rimangono preoccupanti. In Repubblica Ceca, i Rom si
confrontano con la segregazione nell'istruzione e l'alloggio ed alla
discriminazione nell'impiego. Si osserva un'intensificazione che lascia
ammutoliti, delle attività di gruppi di estrema destra. Un nuovo codice penale è
stato adottato nel 2008 e contiene disposizioni più complete in materia di lotta
al razzismo. In Grecia, i Rom conoscono ugualmente problemi di impiego, di
alloggio e di giustizia. La legislazione che proibisce l'incitamento all'odio
razziale è ancora poco applicata. Anche in Svizzera si assiste ad una
pericolosa intensificazione dei discorsi politici razzisti contro i nuovi
cittadini. La legislazione non è sufficientemente sviluppata per trattare la
discriminazione razziale diretta che tocca in particolare i musulmani, le
persone originarie dei Balcani, della Turchia, dell'Africa ma anche la gens du
voyage. Segnali incoraggianti La situazione è particolarmente
delicata per le donne rom. E non solamente in questi tre paesi. Il 12 gennaio
2010, le donne rom hanno urgentemente invitato i governi europei a rispettare i
loro diritti fondamentali. Alcuni di questi governi praticano la sterilizzazione
forzata. Misure concrete sono prese poco a poco per compensare le vittime,
sanzionare gli autori di tali atti ed avviare una riforma del settore medico
pubblico perché i diritti delle pazienti siano rispettati. Le conclusioni di
una conferenza delle donne rom europee che si è tenuta ad Atene l'11 ed il 12
gennaio 2010, hanno sottolineato la necessità di prevenire ogni segregazione di
fatto in materia di alloggio e d'istruzione, promuovendo i principi di qualità e
d'integrazione. Le partecipanti hanno ugualmente incoraggiato le militanti rom e
chi difende i diritti umani ad agire presso le comunità rom per sensibilizzarle
nei loro diritti fondamentali e facilitare il loro accesso ai servizi pubblici
ed ai dispositivi destinati a far rispettare la legge. L'integrazione delle
comunità rom dipende dalla responsabilità condivise tra gli stati membri e la
UE. La UE dispone di un solido arsenale giuridico per lottare contro le
discriminazioni. Ricorre ai fondi strutturali europei ed organizza iniziative di
sensibilizzazione sulle discriminazioni nei confronti dei Rom. Inoltre,
un'azione coordinata è condotta in alcuni grandi settori particolarmente
importanti per l'integrazione dei Rom, come l'istruzione, l'occupazione e
l'integrazione sociale. Nel quadro della sua partecipazione al "2010 - Anno
europeo di lotta contro la povertà e l'esclusione sociale", la direzione
Istruzione, Cultura, Multilinguismo e Gioventù della Commissione Europea
organizza un'esposizione ed una conferenza dedicate all'aiuto che forniscono i
programmi dell'UE alla minoranza rom. Ed in Francia? Neppure
nell'Esagono, la situazione dei Rom è facile. Per la maggior parte cittadini
dell'Unione Europea dopo l'entrata della Romania e della Bulgaria in
quest'insieme, sono trattati come "cittadini di seconda zona". Le Comunità
zigane sono le prime vittime della politica del numero e della paura in materia
d'immigrazione. Inoltre gli ostacoli all'azione umanitaria si sono intensificati
e moltiplicati nel 2008-2009. L'azione umanitaria è sistematicamente considerata
come sospetta dai pubblici poteri. È un fenomeno nuovo di cui si possono
purtroppo citare numerosi esempi. "Le popolazioni sono state incessantemente
sgomberate e rese precarie, ciò che impedisce alle OnG di di occuparsene e
mantenere un legame sociale. Le loro espulsioni ripetute senza soluzione di
rialloggiamento comportano esaurimento, interruzione di cure e di seguito
medico, in particolare delle donne incinte e dei bambini" deplora il dott.
Bernard dell'associazione Médecins du Monde. Occuparsi dei più poveri diventa
sempre più difficile. L'80 % dei pazienti non hanno alcuna copertura malattia
mentre vi avrebbero diritto ed il 20 % non dipendono da alcun dispositivo.
Nell'estate 2009, lo stato francese ha chiesto l'espulsione del campo
urgentemente installato a Saint Denis da Médecins du Monde per famiglie rom
sulla strada. La mobilizzazione de più di trenta associazioni (Fondazione Abbé
Pierre, Soccorso cattolico, Romeurope, ATD Quarto Mondo, il Droit au Logement
(DAL), la Lega dei Diritti dell'Uomo (LDH), Rete Istruzione Senza Frontiere) e
l'azione della giustizia hanno permesso tuttavia di contrastare questa
richiesta.
Il tribunale ha così respinto la domanda d'espulsione formata dal prefetto di
Seine Saint Denis, riconoscendo così la situazione urgentemente umanitaria nella
quale si trovano i Rom dell'Ile de France. "Una presa di coscienza della gravità
della situazione sanitaria dei Rom comincia ad emergere„ si rallegra
Médecins du Monde anche se rimane da trovare una soluzione definitiva per le
famiglie. * Questi rapporti fanno parte del quarto
ciclo seguito dall'ECRI. ECRI è un meccanismo indipendente dal Consiglio
d'Europa che si occupa dei problemi del razzismo e dell'intolleranza, prepara
relazioni ed indirizza delle raccomandazioni agli Stati membri. Le relazioni per
paese, con le osservazioni dei governi allegate, sono disponibili su:
www.coe.int/ecri
Di Fabrizio (del 15/03/2010 @ 09:40:40, in Italia, visitato 1637 volte)
Il lutto per Enea, un progetto per il futuro dei suoi coetanei
Enea Emil è l’ennesimo bambino rom morto nel rogo provocato dalla stufa che
doveva riscaldarlo. Viveva in un rifugio di fortuna dopo essere stato sgomberato
con la sua famiglia dal campo di via Triboniano dove, se non altro, avrebbe
avuto quel minimo che garantisce la sopravvivenza di un essere umano e una
piccola speranza per il proprio futuro.
La perdita della vita e del futuro di un bambino, stroncati in questo modo a
Milano, la città dell’ EXPO, benestante e “accogliente”, significa una sconfitta
della nostra società e nello stesso tempo non possiamo far finta di non vedere
che c’è una responsabilità oggettiva in chi accetta che uomini, donne, bambini
vengano lasciati vivere in condizioni di degrado così pesanti.
Milano è diventata in questi anni centro di una vera e propria “caccia al rom”,
un carosello di sgomberi che insegue sempre le stesse comunità da un punto
all’altro della città, un costo inutile e crudele che si limita a cancellare i
tentativi di fissare piccoli pezzi di vita con bambini che vanno a scuola,
uomini e donne che ottengono lavori anche regolari, ma più spesso in nero perché
non c’è nulla di più facile che sfruttare la disperazione del nostro prossimo.
Eppure il ministero degli Interni ha stanziato 13 milioni di euro per affrontare
la questione rom a Milano, una cifra che consentirebbe di avviare un percorso
vero di integrazione: i Rom a Milano sono meno di circa 1500 regolari e circa
altrettanti tra “tollerati” e abusivi secondo il censimento del prefetto. Dei
1000 coinvolti nella chiusura dei campi la metà è composta da cittadini
italiani, alta è la frequenza scolastica non solo nei campi regolari ma anche in
quelli abusivi dove operano le associazioni del volontariato. Ma il progetto del
Comune prevede solo circa 4 milioni a questo scopo e il resto a interventi di
“sicurezza”.
Noi siamo convinti che la sicurezza di una comunità si basi sulla sicurezza
sociale dei suoi membri, qualunque sia la loro origine, etnia, cultura,
religione, in una convivenza fondata sul rispetto reciproco. Per questa ragione
chiediamo all’amministrazione cittadina due cose:
- Che cessi la politica di sgomberi inutilmente crudeli perché in due anni
non hanno portato a nessun risultato se non a quello di distruggere i
piccoli passi di integrazione realizzati. A meno che qualche centinaio di
rom inseguiti dalle ruspe e dalle forze dell’ordine da un ponte all’altro,
da una discarica all’altra non sia utile per altri scopi.
- Che si apra un reale confronto tra Comune, associazioni e comunità rom
per discutere dell’utilizzo del finanziamento stanziato per affrontare dal
versante giusto la “questione rom”, realizzando passi concreti di avviamento
al lavoro, all’abitazione e alla scolarità di una comunità che nella nostra
società è vittima di un pregiudizio e di una ghettizzazione che nega ai suoi
componenti la dignità di essere umano a cui ha diritto ciascuno di noi.
Associazione Aven Amentza, associazione Upre Roma, CGIL Milano,
Federazione Rom e Sinti Insieme, Gruppo Abele Milano, NAGA, Opera Nomadi Milano
Di Fabrizio (del 15/03/2010 @ 09:19:14, in Europa, visitato 1399 volte)
Da
Roma_Francais
Par Chloé Leprince
05/03/2010
Eccetto che sulle pagine locali del Parisien, l'espulsione della gens du voyage
da un accampamento a Ris-Orangis (Essonne) ha fatto poco rumore. Tuttavia,
almeno in due avete allertato a riguardo Rue89 negli ultimi giorni. Piuttosto
offesi da ciò che ritenevate rilevare dai slittamenti elettoralisti in questo
dipartimento dell'Ile-de-France.
Al cuore delle vostre reazioni: il tono utilizzato da un sindaco dell'UMP dei
dintorni nel gridare vittoria. Precisamente Stéphane Beaudet, eletto nel 2001
sindaco della cittadina vicina di Courcouronnes.
In un messaggio inviato ai suoi amministrati il 1 marzo e sul suo blog, il
sindaco scrive in grassetto: "Abbiamo vinto!" Si bea che "l'appello alla
mobilitazione" abbia pagato - "un metodo che funziona", recita l'editto che
chiamava gli abitanti del suo comune a manifestare contro la presenza,
dall'estate 2009, di una quindicina di carovane in un piccolo bosco nella vicina
località.
Stéphane Beaudet quindi non era immediatamente coinvolto nella questione: il
terreno in oggetto appartiene allo stato ed è situato nel territorio di Ris-Orangis.
Ne le Parisien del 26 febbraio, lo riconosceva lo stesso sindaco:
"Il terreno non appartiene al comune, quindi non posso far ricorso alla
giustizia per far chiudere [l'accampamento]."
Crociata contro quanti "fanno marcire la vita degli abitanti".
Tuttavia, se la cosa esce dalle sue prerogative, il sindaco UMP sembra avere
deciso di partire per la crociata. Un po' troppo, il termine di "crociata"? L'
appello alla mobilizzazione era però esplicito. Un opuscolo, redatto in parte in
lettere maiuscole, che gridava così da alcune settimane:
"La partenza immediata della gens du voyage non sarà negoziabile."
Per arringare i suoi amministrati, Stéphane Beaudet non ha lesinato i toni
razzisti. In particolare ha accusato la gens du voyage di Ris-Orangis di
"avvelenare la vita degli abitanti".
Precisione significativa: il fatto è che l'eletto è, d'altra parte, candidato
della maggioranza presidenziale nell'Ile-de-France alle regionali. Caso del
calendario? Mentre la scadenza elettorale si avvicinava, il tono s'è fatto più
duro. Al punto che Stéphane Beaudet aveva semplicemente chiamato i suoi abitanti
a costruire pareti di terra attorno all'accampamento allo scopo di bloccarne l'
accesso. Ciò che non ha mancato di offendere il sindaco di Ris-Orangis.
Quest'ultimo è socialista.
Di Fabrizio (del 15/03/2010 @ 09:14:29, in media, visitato 1982 volte)
Da Demetrio Gomez
Carlos Mendoza è un giornalista Rrom honduregno e presenta un notiziario; è stato nominato come miglior
presentatore dell'anno, aiutiamolo a vincere, entrate nell'evento e votate per
lui. Diffondete. Grazie!
(cliccare su
Presentador de Noticias)
Di Fabrizio (del 14/03/2010 @ 09:47:09, in Italia, visitato 2219 volte)
Di Lanfranco Sbardella - 11/03/10 18.31
Con più di un centinaio di milioni di euro si sarebbero potuti costruire degli
alloggi stabili per i rom. Ogni anno, infatti, dal 1996 sono stati spesi circa
13 milioni di euro dal Comune di Roma. Partiamo dall'ordinanza n.80 del 23
gennaio 1996 del sindaco Francesco Rutelli. Poche pagine in cui
l'amministrazione capitolina aveva fissato un numero chiuso per le presenze nei
campi. I più fortunati avrebbero dovuto essere anche in possesso dei documenti,
oltreché di un regolare permesso di soggiorno. Inoltre avrebbero dovuto mandare
i figli regolarmente a scuola. A distanza di 13 anni, l'attuale Piano Nomadi
della giunta Alemanno non sembra scostarsi molto da quella ordinanza: torna il
numero chiuso e il possesso dei documenti. Rimarranno i cosiddetti campi sosta,
aree recintate, in cui stavolta verranno effettuati lavori per l'allaccio idrico
ed elettrico. Saranno dotati anche di un sistema di videosorveglianza.
Dal 1996 ad oggi il Comune di Roma ha speso circa dieci milioni di euro
l'anno per la gestione dei campi sosta dove vivono i rom. La cifra comprende,
come spiegano i bilanci del Palazzo Senatorio, il servizio di pulizia e ritiro
dei rifiuti da parte di Ama, la municipalizzata che si occupa di tenere pulita
la capitale; il pagamento di utenze per l'acqua e l'elettricità; la gestione del
campo e i lavori di manutenzione. Oltre a questo capitolo di spesa si devono
aggiungere anche tre milioni di euro, sempre annuali, che il Campidoglio stanzia
per il cosiddetto privato sociale, o terzo settore, per i progetti di
scolarizzazione. Dal 1996 al 2009 la situazione non è cambiata. Si continuano a
spendere tanti soldi senza però conoscere i risultati prodotti. Non esistono
infatti relazioni ufficiali sullo stato dei campi romani, tantomeno sui progetti
di scolarizzazione. Un dato: la presenza dei bimbi rom in classe è pari al 40%
del totale dei giovani in età scolare. Neanche questa cifra, fornita dalle
associazioni che si occupano di portare i bambini rom a scuola, è ufficiale.
Negli archivi del Comune non esistono dati. C'è di più: in 17 anni di progetti
solo 20 ragazzi si sono iscritti alle scuole superiori.
Che cosa è successo con il cambio di amministrazione? L'attuale maggioranza
ha voluto rispondere in particolare alle insicurezze dei cittadini provocate
dalla cosiddetta “emergenza rom”. La Giunta, appena insediata, ha elaborato un
documento: il Piano Nomadi. L'obiettivo è quello di superare lo stato delle cose
entro i primi mesi del 2010. In campagna elettorale Alemanno aveva ipotizzato lo
spostamento di tutti gli insediamenti fuori dalla città. Dal Piano nomadi emerge
però un'altra prospettiva: i rom saranno sistemati in 13 aree, molte delle quali
già presenti sul territorio cittadino. Nella capitale potranno rimanere solo
6.000 persone, con i documenti in regola, senza precedenti penali e con i figli
regolarmente a scuola. Quanto si spenderà? Circa 23 milioni di euro. Proprio
come voleva fare Rutelli nel 1996.
Si continuano dunque a spendere cifre consistenti con risultati al di sotto di
quanto si potrebbe sperare. Nel 1996 i nomadi censiti dal comune erano 5.467,
divisi in 50 aree. Nel 2009, dopo l'ultimo censimento della Croce Rossa, sono
7.177, divisi in più di 100 aree. In 13 anni le presenze sono salite del 31%,
moltiplicando le difficoltà di un sistema che non è riuscito ad evolversi
positivamente.
Dopo lo spostamento nel 2005 del più grande campo rom d'Europa che sorgeva nel
quartiere Marconi (dove vivevano da 30 anni quasi 1.000 rom) è nato il campo di
Castel Romano, sulla Pontina, un'area di quattro ettari dentro una riserva
naturale. Una situazione che, secondo il Comune, doveva essere temporanea ma che
poi ha assunto caratteristiche diverse. Il campo è ancora in piedi. Costo
dell'opera: 5 milioni di euro. Proprio Castel Romano sarà una delle aree
previste dal Piano Nomadi di Alemanno.
Nel 1991 sono arrivati i primi rom montenegrini e bosniaci che si stabilirono
lungo il canale che costeggia il parco di Centocelle. Molti di loro, secondo
quanto descrivono alcune relazioni fornite dall'antropologa sociale Monica
Rossi, che aveva lavorato nel campo, non si accontentarono di costruire una
baracca. L'85% dei presenti aveva dichiarato che, nel paese di appartenenza,
viveva in alloggi stabili. Case distrutte dalle bombe oppure occupate durante la
guerra dei Balcani, il conflitto che causò la fuga di migliaia di Bosniaci
musulmani perseguitati dalle pulizie etniche.
Questo è un dato di partenza per provare a rispondere al tema del presunto
nomadismo dei rom. Popolazioni che si definiscono per lo più stanziali e ormai
poco inclini agli spostamenti. Proprio l'idea del continuo movimento ha portato
ad utilizzare il vocabolo “nomade” in modo improprio.
Si deve aggiungere anche un'altra voce nel capitolo dei costi: lo sgombero di
un campo rom, che coinvolgendo forze di pubblica sicurezza e macchinari
speciali, arriva anche a costare migliaia di euro. Altri soldi. Perché allora
siamo al punto di partenza? Alcune associazioni italiane come l'Arci e la Casa
dei diritti sociali lamentano la “invisibilità giuridica” dei rom, la maggior
parte oggi cittadini europei. Nel corso degli anni sembra essere mancato un
indirizzo politico da parte delle istituzioni nazionali. Per quanto riguarda la
capitale, le diverse giunte comunali hanno affrontato le fasi d'emergenza senza
curarsi di fissare una strategia più generale. Chissà se la commissione
d'inchiesta proposta dalla deputata del Popolo della Libertà, Jole Santelli, per
indagare sulla condizione femminile e dei minori rom presenti in Italia,
riuscirà a mettere in risalto adeguatamente questi aspetti.
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