I Rom di Geyve (regione di Marmara), nonostante ogni tipo di pregiudizio e
calunnie rivolte loro, usano la loro creatività per rendere la loro vita simile
a quella dei fratelli e sorelle di altre parti della Turchia. Le famiglie a
Geyve inviano le mele cotogne difettose coltivate nelle locali aziende agricole
a compagnie di esportazione di marmellate e succhi di frutta.
I prezzi delle cotogne a Geyve sono bassi, a causa dell'abbondante raccolto.
Perciò i produttori non devono aggiungere quelle difettose alla loro lista di
vendita. Queste ultime sono ben sfruttate dai Rom, che le dividono dalle altre.
Il tasso di disoccupazione tra i Rom di Geyve è superiore alla media nazionale
del gruppo. Quindi questi Rom cercano di sfruttare ogni occasione per
sopravvivere alle circostanze, facendo delle cotogne un modo di vita, almeno per
ora.
RTV Slovenia:Bastoni fra le ruote, non nelle pentole - Testo: Bogdan Miklich.
Foto: Matek Kristovich Al lavoro
A Maribor si doveva aprire un ristorante rom, al quale avevano dato nome Romani kafenava, ma nel quartiere di Magdalena non sono d'accordo sul fatto che il
ristorante sia al numero 34 di via Gornega, dove prima si trovava la pizzeria
Chu-Chu. Per questo il sindaco Andrej Fishtravec non ha firmato il contratto
d'affitto.
Per il ristorante, nel quale cuoche rom avrebbero preparato piatti tipici della
tradizione rom e nel quale avrebbero lavorato camerieri rom, sono stati spesi
300.000 euro. Il progetto è finanziato all'85% dall'Unione Europea e per il
restante 15% dal Ministero per il Lavoro, la Famiglia e gli Affari Sociali.
Il capo del progetto Shtefan Simonchich ha chiarito che è stato confiscato
un'ora e mezza prima della firma del contratto, seppure il locale fosse vuoto da
più di un anno. Una delle ragioni per aprirlo nella zona è la vicinanza con
centro intergenerazionale. "Abbiamo buoni rapporti con tutte le organizzazioni
che lavorano nei dintorni" dichiara Simonchich. "Il ristorante rom
collaborerebbe con un centro intergenerazionale e con gli altri attori. In quella
zona vi sono più di 1000 metri quadri di superficie e quindi c'è posto per
tutti. Sarebbe utile a tutti che vi siano più attività cosicché vi siano più
clienti anche per gli altri." ragiona Simonchich che non si sa spiegare come il
quartiere di Magdalena abbia bloccato l'apertura del ristorante rom.
Nel piatto
Potrebbe derivare dal fatto che, in quel quartiere, gli abitanti di un
condominio abbiano dato la colpa ai rom per problemi condominiali. "Spero che il
sindaco ci ripensi, dato che ha un dottorato in sociologia e perciò sono certo
che capisca quando sia difficile includere le minoranze in alcuni quartieri e
che quindi permetta l'apertura del ristorante rom in quel locale." dice Simonchich che aggiunge come esso sia uno dei passaggi che potrà facilitare
l'inclusione dei rom. Il ristorante rom porterà loro speranze di assunzione dato
che a Maribor si è già alla seconda generazione di rom disoccupati. "In città
nemmeno gli sloveni trovano lavoro, figuriamoci i rom."
Il desiderio del ristorante, secondo le parole di Simonchich, è di aprire il
prima possibile in modo tale che i rom ottengano al più presto un lavoro.
L'ultima scadenza è a febbraio 2014 perciò dovrebbero già cominciare a
risistemare il posto e la rete elettrica. "Se non ci daranno quel locale ne
dovemmo trovare un altro sempre a Maribor poiché dobbiamo portare a termine il
progetto. Se il ristorante non sarà aperto entro il 1 febbraio dovremmo ridare
indietro il denaro. Se questo progetto, unico in territorio sloveno, non verrà
portato a termine sarà evidente il loro odio nei confronti dei rom." dichiara Simonchich.
Il sindaco Fishtravec propone la ricerca di una locazione alternativa, cosa che
non piace ai coordinatori del progetto. "Da quando sono iniziati i problemi per
trovare un posto per il ristorante rom a Maribor sono aumentati i discorsi
contro i rom. Rimangono difficoltà tra gli abitanti rom e non-rom e arrendersi
porterebbe a aumentare i discorsi negativi. Le forbici e il nastro li ha in mano
il sindaco e perciò ancora una volta gli chiediamo di riconfermare il primo
locale scelto", afferma Simonchich.
Poiché il progetto ha titolo di cooperativa sociale hanno dovuto fare un
progetto ben sviluppato e evidenziare il numero di nuovi impieghi creati. Il
cibo sarà rom dei Balcani, del mediterraneo e turco. Vi saranno molte spezie.
"Sarà la cucina sana e saporita delle nostre mamme e delle nostre nonne" dice
Simonchich
"L'esperienza culinaria sarà arricchita da musica rom dal vivo e
aumenteremo le conoscenze della gente sulla cultura rom. Ci sarà anche la
possibilità di avere un bar. Il nostro obiettivo è di aumentare la vicinanza tra
la popolazione rom e non-rom grazie alla conoscenza del mondo rom e delle sue
tradizioni. Pensiamo che ciò possa arricchire la nostra città e richiamare
turisti, ci dispiace che alcuni non lo capiscano" dice Simonchich che, proprio
per questo, spera che le difficoltà vengano al più presto superate poiché il
progetto non porterebbe beneficio solo ai rom ma anche alla popolazione
maggioritaria.
Secondo il sindaco Fishtravec, se il quartiere di Magdalena vuole acquistare la
ex pizzeria Chu-chu e il relativo locale, il comune non darà loro le chiavi.
"Abbiamo chiarito con il comitato di quartiere che si possono vendere solo i
locali in cui il comitato svolge le sue attività. Il precedente sindaco ha dato
permessi non conformi alla legge anche se tali non si sono mai realizzati per
mancanza di un contratto d'affitto regolare" chiarisce Fishtravec e si augura
che le cose si sistemino. "Qui non si parla solo di xenofobia e di coabitazione
impossibile con altri gruppi etnici ma anche della realizzazione di un progetto
con fini politici positivi che spero di portare a termine a Maribor" afferma Fishtravec. Il motivo per una realizzazione impossibile per il comitato di
quartiere di Magdalena risiede nel fatto che esso è formato dai quadri dell'ex
sindaco.
Di Fabrizio (del 12/11/2013 @ 09:01:34, in lavoro, visitato 1571 volte)
Monta la protesta tra gli zingari che vogliono manifestare a Venezia - di
Cristina Giacomuzzo
VICENZA. La burocrazia rende la vita difficile non solo agli artigiani e
imprenditori, ma anche agli zingari. Sono tempi duri per chi, nomade, si arrabbatta rivendendo il ferro vecchio. Sì
perché da almeno due settimane i gestori degli impianti di recupero hanno
bloccato tutto: non accettano più nulla, in attesa di una interpretazione della
norma che rientra nel sistema della rintracciabilità dei rifiuti (Sistri). E
intanto anche alla Caritas di Vicenza c'è preoccupazione perché il termometro
sale. E c'è chi denuncia tutta la sua disperazione. E' Cristian Argentini, 39 anni, zingaro che abita
nell'hinterland: "Questa era l'unica certezza economica che avevo per assicurare
qualcosa da mangiare ai miei quattro figli in modo legale. Cosa devo fare? E'
così che ci costringono a rubare".
IL QUADRO. Argentini è uno dei circa seicento nomadi che abita ormai stabilmente
nel Vicentino. "Il 98 per cento di questi - assicurano dalla Caritas - vive di
questo tipo di lavoro". Un tipo di attività che aveva già ricevuto un primo giro
di vite quando si era imposto l'iscrizione alla Camera di commercio, proprio
come un qualsiasi ambulante. Adesso però si complica perché pare che gli
ambulanti del ferro debbano provvedere alla compilazione di specifici formulari
e un'altra lunga serie di incombenze burocratiche. Conferma Argentini: "Vendere
il ferro vecchio rappresenta per me, come per tanti altri zingari, l'unica
entrata economica. Io non chiedo la carità - dice - ma almeno mi sia dia la
possibilità di lavorare. Ora per continuare a fare questo mestiere, mi si
chiedono 9 mila euro di deposito per il mezzo che deve avere determinate
caratteristiche per il trasporto del materiale. Ma come faccio?".
IL TAVOLO. Il nodo sta venendo al pettine in tutta la sua complessità. In
Caritas a Vicenza da settimane si raccolgono le testimonianze di sinti vicentini
che si ritrovano chiuse le porte del gestore dell'impianto che non accetta più
il loro ferro. Per questo i volontari avevano tentato di affrontare il problema
direttamente con il gestore, ma hanno capito che è questione di legge.
L'Ufficio Ceco del Lavoro definisce le email di spam sui Rom come "bugie
e sciocchezze"- Praga, 1.8.2013 23:10
Un'altra mail disonesta sta circolando online, dove il presunto autore Jirhì
Mashka descrive come i Romanì starebbero "diventando ricchi" sfruttando il
welfare. Email bufala che è anche stata spedita più volte al news server
Romea.cz.
La Direzione Generale dell'Ufficio del Lavoro della Repubblica ha risposto
con un comunicato stampa, definendola "un mucchio di bugie e sciocchezze". Ne
pubblichiamo sotto la traduzione integrale:
Comunicato stampa dell'Ufficio del Lavoro della Repubblica Ceca: il
welfare è destinato solo ai veramente bisognosiryz, press release of the Labor Office of the Czech Republic
Sta circolando ultimamente un racconto online in cui Jirhì
Mashka, che firma la mail, descrive la vicenda di un romanì che gli avrebbe
raccontato come "si diventa ricchi", tra l'altro, truffando il welfare. Dato che
questa storia è semplicemente un mucchio di bugie e sciocchezze, l'Ufficio del
Lavoro della Repubblica Ceca (U'P) considera necessario spiegare il reale
stato delle cose riguardo il sistema di welfare in questo paese.
Secondo l'autore della mail, le "istruzioni" per ottenere la più alta somma
di denaro possibile da un comune o dallo stato, è di partorire un bambino
all'anno. Secondo la mail, ogni parto darebbe diritto ad un assegno di 230.000
corone (circa 90.000 euro, ndr).
E' un'assoluta sciocchezza. In primo luogo, la somma massimo che può essere
concessa a un genitore per ogni figlio è di 220.000 corone. L'ammontare e la
durata del beneficio dipendono dalle seguenti circostanze:
Almeno uno dei genitori deve avere, al momento del parto, un
reddito corrispondente al 70% del 30% delle rate dei requisiti
di soggiorno giornaliero (DVZ). Quest'informazione è necessaria
per calcolare l'aiuto finanziario da erogare durante il congedo
di maternità.
Se il reddito dei genitori eccede il DVZ, la maggior parte
dei richiedenti può sperare di ricevere non oltre 11.500 corone
al mese.
Se il reddito è inferiore o pari al 70% del 30% delle rate
DVZ, allora si può sperare di ricevere 7.600 corone al mese.
Se nessuno dei due genitori mostra un reddito su cui basare
un qualsiasi calcolo, allora il beneficio è di 7.600 corone (non
negoziabile) sino al compimento del nono mese dalla nascita del
bambino. Dopodiché la somma si riduce a 3.800 corone sino a
quando il bambino compie quattro anni.
E' anche necessario comprendere che detti benefici possono
applicarsi ad un bambino alla volta, di solito trattasi del più
piccolo.
Da parte del sistema di supporto statale (SSP) c'è un altro beneficio,
offerto come complemento direttamente al minore. E' un sussidio di base, a lungo
termine, alle famiglie con figli, per aiutarle a coprire i costi associati al
mangiare e alla crescita, che altrimenti sarebbero scoperti. Una qualifica per
questo sussidio è il reddito della famiglia inferiore a 2,4 volte il reddito di
sussistenza rispetto alla dimensione della famiglia. Nel decidere l'ammontare
del sussidio, è determinante il reddito dichiarato nel corso dell'anno
precedente, inclusi i benefici genitoriali. L'ammontare di questo sussidio
dipende dall'età del bambino.
Non esiste la possibilità di distribuire in anticipo sotto forma di assegno
questo denaro. I sussidi vengono elargiti mensilmente da U'P, tramite conto
bancario o inviati all'ufficio postale.
Un altra tesi contenuta nella mail suggerirebbe a un padrone di casa di farsi
carico del maggior numero possibile di affitti, per così poter ricevere migliaia
di corone dalle casse comunali, a rimborso di alloggio e facilitazioni. In primo
luogo, ciò sarebbe illegale. Se U'P o qualsiasi altro corpo amministrativo
dovesse venire a conoscenza di un simile processo, dovrebbe immediatamente
sottoporlo alle autorità di polizia giudiziaria della repubblica. Riguardo alle
competenze di U'P, è in grado di dedurre la somma di tale eccedenza da quanto
erogato come welfare, e recuperarlo dalla persona interessata (nei casi critici,
si può coinvolgere un'agenzia di recupero crediti).
In tale contesto, l'U'P ritiene importante sottolineare che nessun comune è
coinvolto nel pagare affitti individuali. L'autore di quella mail pensa
probabilmente si riferisce ai contributi alloggiativi nel sistema SSP, o altre
forme di aiuto per le abitazioni , disponibili per le popolazioni in difficoltà
materiale. I costi dell'alloggio, per esempio, della corrente e dell'affitto,
dev'essere regolarmente documentato da parte dei richiedenti, sia su base
mensile che trimestrale. Gli organi competenti stabiliscono la somma specifica
del sussidio secondo il reale e riconosciuto costo dell'abitazione. In entrambe
i casi, famiglie o individui, bisogna avere un reddito basso.
Intanto che il contributo alloggiativo viene elargito, il proprietario o
l'affittuario registrati all'indirizzo come residenti permanenti, hanno titolo a
detto contributo soltanto se il 30% del reddito familiare non è sufficiente a
coprire il costo dell'alloggio (35% a Praga) e se il 30% (35% a Praga) del
reddito familiare è inferiore ai costi normativi pertinenti stabiliti per legge.
Entrambe i sussidi possono essere rimborsati nel corso di 10 anni, per un
massimo di soli 84 mesi. L'unica eccezione riguarda le case abitate da persone
oltre i 70 anni, o quelle abitate da persone con disabilità residenti in
appartamenti progettati o ristrutturati sulla base delle loro esigenze.
L'autore di questa mail piena di favole menziona anche quanto sia facile
ottenere aiuti finanziari per l'acquisto di vestiti, carbone o cibo. Sostiene
che una famiglia di cinque componenti può accumulare con questi benefici sino a
30.000 corone al mese.
L'autore intende riferirsi a quanti sono in difficoltà materiale e, ad
esempio, ususfruiscono di contributi di sussistenza. Questi sussidi non possono,
nel caso delle famiglie, arrivare a tali somme di denaro. Si basano
sull'ammontare del reddito minimo di sussistenza stabilito legalmente.
L'autore della mail non dimentica di menzionare altri benefici che ritiene
siano a portata di mano. Menziona sussidi per l'acquisto di cartelle e altro
materiale scolastico per bambini.
Questo tipi di sussidi vengono elargiti ai bisognosi come assistenza
immediata straordinaria. Tuttavia, anche in questi casi non è possibile abusare
dei sussidi preposti. Per riceverli, si deve presentare il motivo provato di
tale richiesta. La sede decentrata di U'P è ovviamente in grado di fornire
il finanziamento quanto prima possibile, perché il richiedente non abbia
problemi inutili. Nel contempo, però, detti uffici valutano i casi individuali
attentamente. Tengono registrazione su come il richiedente adopera il denaro e
gli chiedono di predisporne documentazione. Last but not least, ogni U'P
è anche in gradose ci fossero dubbi sull'impiego corretto del sussidio, di
avvalersi tramite pagamento diretto nel caso di doposcuola, campi, ecc.
Nel richiedere qualsiasi sussidio, o dal sistema si sostegno sociale statale
o come aiuto per persone in difficoltà, il richiedente eil beneficiario devono
anche fornire documentazione su tutte le forme di reddito. Se queste dovessero
essere nascoste, il richiedente può essere multato e deve rimborsare all'U'P la
somma erogata.
Le "istruzioni online su come diventare ricchi" terminano con un romanì
immaginario che descrive l'opzione degli "acquisti", ad esempio di prodotti
elettronici attraverso layaway (VEDI,
ndr.) e portarli poi al più vicino negozio dei pegni. L'autore sottolinea
anche che il miglior modo per accedere ai sussidi è di usare forza e pressioni
contro il personale U'P.
E' altamente probabile che un simile scenario comporterebbe un reato.
Inoltre, nel valutare le richieste di quanti sono in disagio materiale, U'P
registra sempre tutte le fonti di reddito del richiedente e le attività in suo
possesso.
Se qualcuno tentasse di fare pressioni fisiche o verbali al personale U'P,
sarebbe considerata na forma di comportamento criminale, e le informazioni in
merito comunicate immediatamente alle autorità di perseguimento penale.
Corrisponde al vero che a volte il personale può trovarsi in situazioni simili,
ma questo non soltanto con persone di origine romanì.
Tutte le nostre sedi hanno preso le necessarie misure di sicurezza e
collaborano con la polizia municipale o con servizi di sicurezza privata, nel
caso di simili incidenti. Il suo personale non si sottomette né a minacce né a
violenze.
Di Fabrizio (del 10/07/2013 @ 09:06:24, in lavoro, visitato 1336 volte)
Un articolo di
Ilaria Sesana, su
CORRIEREIMMIGRAZIONE. A parte la partecipazione emotiva dell'autrice,
non racconta molto di nuovo e non entra nel merito delle soluzioni possibili.
Utili i dati su una catastrofe ecologica, che comunque sentiamo lontana, come
se il Ghana fosse su un altro pianeta. Non è l'ecatombe di
Bhopal,
per fare il primo esempio che mi viene in mente, ma un avvelenamento, vittime e
carnefici assieme; lento e progressivo e soprattutto silenzioso.
Succede però qualcosa che fa impazzire il quadro informativo: situazioni
simili le viviamo anche in Italia, ad esempio in quella parte di Campania che
difatti è stata rinominata "Terra dei Fuochi", o in quei campi rom dove
nell'indifferenza o nell'inazione totale la vita si svolge proprio come nel
sobborgo di Accra. E un fenomeno che altrimenti passerebbe sotto silenzio, ci
indigna quando ce lo ritroviamo sotto casa.
Omertosi i Rom, per paura di perdere l'unica fonte di
reddito, complici molti non-rom che forniscono la maniera prima da smaltire,
agli altri non rimane che protestare - anche animatamente - ma senza una
soluzione a portata di mano.
Questo il video girato da Ilaria Sesana, se qualcuno volesse farlo
circolare, soprattutto tra i Rom (non credo cambierà niente, ma cos'altro si può
fare?).
Di Fabrizio (del 02/07/2013 @ 09:07:26, in lavoro, visitato 1315 volte)
Segnalazione
di Giacomo Marino
Pubblicato in data 28/giu/2013
Campagna Dosta! a Reggio Calabria il 5 dicembre 2012. Il dr Lamberti, nella
qualità di imprenditore, riporta l'esperienza positiva registrata nella sua
azienda con un gruppo di lavoratori rom .
Aiutare i soggetti più deboli a mettere a fuoco - e poi nero su bianco - i
propri punti di forza professionali. Succede nel capoluogo siciliano. Un'idea da
esportare.
Il bilancio di competenze - lo spieghiamo per chi non ne avesse sentito parlare
- è uno strumento finalizzato a mettere a fuoco le capacità e le risorse della
singola persona, in modo da facilitarne l'inserimento nel mondo del lavoro o la
crescita professionale. In genere viene “somministrato” a manager,
professionisti e a giovani in cerca della prima occupazione.
Come mai, vi domanderete, ne stiamo parlando su Corriere Immigrazione? Perché da
circa un mese, a Palermo, il
Fo.rom sta provando a utilizzare questo strumento a
vantaggio della locale comunità romanì. Si tratta, in prevalenza, di kosovari e
serbi. La maggior parte di loro vive all'interno del campo rom, ai margini del
parco della
Favorita, nelle vicinanze dello stadio di calcio. Altri invece sono
dislocati nel centro storico della città. Pochi hanno una casa vera e quasi
tutti vivono in condizioni precarie.
Mentre scriviamo ci risultano portati a compimento trenta bilanci. Altri
quarantacinque saranno stilati nelle prossime settimane. Attraverso un
questionario semi-strutturato, si prova a tirar fuori tutto quello che può
valorizzare le esperienze maturate negli anni. Capita spesso che le persone
sappiano fare delle cose particolari e/o utili (a livello artigianale, per
esempio), ma non si rendano pienamente conto del valore del proprio know how.
Tirare fuori certe informazioni, esplicitarle e metterle nero su bianco è molto
utile per darsi un nuovo punto di partenza e una speranza di riscatto. E
sortisce effetti positivi anche dal punto di vista psicologico. Ogni bilancio,
infatti, è una storia, e rispettandola e portandola alla luce, le si dà il
valore e il riconoscimento che merita. Chi fa i bilanci, certamente, deve
possedere una reale capacità d'ascolto, che è qualcosa che va oltre la tecnica
dell'intervista aperta: è un'arte della relazione, un incontro tra due persone e
un percorso a ritroso nel tempo, a volte doloroso, che traccia storie e profili
di immenso valore.
A circa un mese dall'avvio del progetto, si cominciano a vedere i primi
risultati: due ragazze, per esempio, sono state inserite all'interno di un corso
base di taglio e cucito organizzato da una sartoria sociale di Palermo,
organizzata sotto il segno del riciclo e del riuso. Ma altri (buoni risultati)
non mancheranno. È solo questione di tempo e di bilancio.
Di Fabrizio (del 07/06/2013 @ 09:05:42, in lavoro, visitato 1211 volte)
Leggevo martedì scorso questo accorato grido di dolore:
Milano: annullati eventi estivi, soldi spesi per il campo nomadi
(clicca sull'immagine per leggere tutto l'articolo)
Immagino che la prima reazione degli amati lettori sarà stata del tipo:
"Razzisti senza neanche più un briciolo di vergogna", magari
con qualche riserva su quel lussuoso destinato al nuovo campo
dell'Ortomercato.
Ma come sapete, per quanto io sia persona di saldissimi principi (o
quantomeno, ci si prova), il mio approccio alla morale e ad appioppare giudizi
(la chiamo: sovrastruttura) è piuttosto elastico.
Detto questo, mi rivolgo a tutti quei Rom e Sinti che tuttora svolgono
attività di intrattenimento, cercando di farsi accettare dai gagé, ma
padroneggiando ancora a stento determinati loro meccanismi economici e
culturali. Fossi in loro, scriverei alla redazione (redazione@voxnews.info) una letterina di questo
tenore (leggete anche le note):
e abbiamo letto il vostro articolo di settimana scorsa riguardo la
mancanza di eventi per "Verdestate". Gradiremmo porre rimedio a questa
incresciosa situazione (son problemi!), proponendoci per allietare i vostri
pomeriggi e le vostre serate estive (la mattina si dorme o si lavora...). Siamo
Rom (e/o Sinti) anche noi, ma per niente "nomadi", e questa ci pare l'occasione
più opportuna per iniziare ad appianare vecchie divergenze (o quantomeno
provarci), a cominciare con l'impatto che può avere sulla zona il previsto campo
all'Ortomercato. Speriamo di cuore che non siate infastiditi dal nostro essere "zingari":
sarebbe strano (non ci permettiamo di dire RAZZISTA) lamentarsi della mancanza
di eventi estivi, ma opporvisi se questi vedano la nostra partecipazione. Ovviamente, in quanto professionisti (2), non possiamo
esibirci a titolo gratuito, ma riteniamo giusto che ad adeguata prestazione
debba corrispondere adeguato compenso. TENIAMO FAMIGLIA (3). Con i nostri più distinti saluti,
Firma
Note:
1: scegliere la propria
categoria, sono possibili scelte multiple;
2: ricordarsi di dare di sé
un'immagine seria e professionale. Anche se il vostro capitale
iniziale è minimo, viviamo gli ultimi scampoli di un
capitalismo-straccione dove la prima impressione3 vale anche di
più delle proprie capacità;
3: è l'occasione per
dimostrare non solo la propria volontà di integrarsi, anche
economicamente, nella società maggioritaria. Quel "TENIAMO
FAMIGLIA" dimostra di aver appreso la filosofia economica della
cultura italiana
Politics.hu- Orban guarda ai Rom come una "risorsa nascosta" per
l'economia ungherese - by MTI (Magyar Tàvirati Iroda)
Martedì il primo ministro ha detto che il governo considera i Rom d'Ungheria
una "risorsa nascosta" e non un problema.
Mentre la maggioranza dei partiti vede i Rom come fossero un problema, il
governo vede la comunità come "un'opportunità", un potenziale inesplorato per
l'economia del paese, ha detto Viktor Orban alla sessione del Consiglio degli
Affari Rom a Budapest.
"Per cui, per noi non è soltanto una questione di diritti umani, come i Rom
vivano in Ungheria, ma anche una sfida economica e sociale," ha detto.
Ha aggiunto che non devono considerarsi secondari né gli aspetti dei diritti
umani, né quelli sociali o economici.
Orban ha definito molto importanti le opportunità d'impiego per i Rom,
notando che lo schema di avviamento lavorativo del governo è più uno strumento
che una meta. Parlando nel contesto del quadro strategico per i Rom europei,
Orban ha notato che l'Ungheria si è impegnata a sollevare mezzo milione di
persone dalla povertà e ha anche sottolineato l'accordo quadro siglato tra il
governo e l'Auto-Governo Rom Nazionale (ORO), per creare 100.000 posti di lavoro
per i Rom entro il 2015.
Ha detto che istruzione per i Rom, e permettere loro di preservare la propria
cultura è ugualmente importante.
Ha sottolineato: "E' nostro desiderio, scopo e programma assicurare che i Rom
di Ungheria possano trovare il loro posto nel futuro dell'Ungheria."
Rivolgendosi agli intervenuti,il ministro alle risorse umane, Zoltan Balog,
ha notato che l'Ungheria ha incluso nella strategia rom la sicurezza pubblica e
la cultura come aree ulteriori, accanto all'impiego, all'istruzione,
all'assistenza sanitaria e all'alloggio. Tra i risultati raggiunti sinora, ha
elencato l'impiego dei Rom nell'ambito del regime dei lavori pubblici, nuove
borse di studio, formazione sull'applicazione delle leggi ed eliminazione delle
baraccopoli.
Florian Farkas, capo dell'Auto-Governo Rom Nazionale, ha detto che sinora
54.000 Rom sono stati inclusi nello schema governativo di opere pubbliche.
Alla riunione hanno partecipato i ministri degli interni e dell'economia
nazionale, ed anche il capo ufficio del primo ministro.
Sono numerosi i cittadini di origine rom che vogliono una diversa identità
non per sfuggire alla giustizia, ma al pregiudizio. Un pregiudizio che mette a
repentaglio tanti diritti, compreso quello al lavoro.
"Può sembrare assurdo, ma cambiare cognome è l'unica soluzione. Solo che ci
vuole troppo tempo e io debbo lavorare". Sandro (necessario omettere il cognome)
è un cittadino italiano di origine rom: "Cittadino da tre generazioni - ci tiene
a precisare - Mio nonno è nato a Fiume, (l'attuale Rijeka, ndr) quando era una
città italiana. Mio padre, emigrato, è nato a Brindisi e io a Napoli, e ho dei
figli qui che rischiano di finire come me". Sandro, dopo una lunga e tormentata
esperienza romana, vive con gran parte della sua famiglia allargata nel
padovano. Da generazioni si tramandano un mestiere tanto difficile quanto
delicato: il restauro degli arredi sacri, soprattutto oggetti in metallo. A Roma
non faticavano a trovare commissioni. Ma adesso è tutto diverso. "Un lavoro con
cui sono nato e che mi piacerebbe tanto continuar a fare - racconta - ma in cui
attualmente sono in difficoltà per due ragioni: la crisi e la diffidenza". In
tempi di magra, anche gli investimenti in opere di questo tipo diminuiscono. Ma
Sandro e tanti suoi parenti non trovano lavoro anche per via di quelle "c" e
quelle "h" con cui termina il loro cognome. "Capiscono subito che sei "zingaro"
- dice - e trovano le scuse per non prenderti, anche se magari sei il solo che
può fare bene un lavoro del genere, che ha le competenze giuste, che conosce i
segreti dei metalli e di come li si pulisce. Ormai pensano che se ti porti "lo
zingaro" in casa, qualcosa ti ruba. Ma che colpa abbiamo noi per reati commessi
da altri?". Allora si affaccia l'idea di cambiare cognome. Togliendo quelle
lettere finali o prendendo magari il cognome italiano della propria madre o
della propria nonna.
Il cambiamento di cognome deve essere autorizzato dal Prefetto e la richiesta
può essere presentata ed esentata dal pagamento del bollo laddove quello che
appare sui documenti sia "ridicolo, vergognoso o rilevante l'origine naturale".
E il terzo caso è certamente quello più appropriato. Ma c'è un iter per compiere
questa procedura, già di per sé lungo e reso ancora più complesso dal fatto che,
dal 9 luglio del 2012, la decisione finale in merito a tale richiesta è di
competenza esclusiva del Prefetto del luogo di residenza o di quello in cui è
registrato l'atto di nascita. L'interessato deve sottoscrivere la domanda in
presenza del dipendente della Prefettura-U.T.G. addetto a riceverla, ovvero
altra persona munita di delega e di fotocopia di un documento di riconoscimento
dell'interessato. La domanda deve essere presentata in Prefettura-U.T.G. e
sottoscritta dal richiedente in presenza del dipendente addetto a riceverla o,
inviata per raccomandata A/R, allegando fotocopia di un documento di
riconoscimento. Qualora la richiesta appaia "meritevole di essere presa in
considerazione", il richiedente sarà autorizzato, con Decreto del Prefetto, a
far affiggere per trenta giorni consecutivi, all'albo pretorio del Comune di
nascita e del Comune di residenza, un avviso contenente il sunto della domanda.
Lo stesso Decreto può prescrivere la notifica del sunto della domanda, da parte
del richiedente, a determinate persone controinteressate. Se entro trenta giorni
dalla data dell'ultima affissione o notificazione nessuno si oppone, il
richiedente deve presentare alla Prefettura copia dell'avviso con la relazione
che attesti l'eseguita affissione e la sua durata. Il Prefetto, accertata la
regolarità delle affissioni e vagliate le eventuali opposizioni, provvederà ad
emanare il Decreto di autorizzazione o di rigetto al cambio del nome e/o del
cognome. Tempi insomma poco compatibili con situazioni di estrema urgenza con
quelli delle circa 50 persone appartenenti alla famiglia di Sandro. Da quanto
poi risulta, anche in assenza di dati verificabili, questo tipo di problematica
è diffuso in maniera estremamente persistente in gran parte del territorio
nazionale.
Tra i rom sono in molti a voler cambiare cognome, rinunciando in parte anche
alla propria identità, non solo per problemi occupazionali. Molti hanno figli
che vanno a scuola e non vorrebbero evitar loro di sentire, sin da piccoli, il
peso della discriminazione, altri vogliono poter trovare una casa in affitto o
accendere un mutuo in banca senza dover temere elementi di pregiudizio. Oltre ai
tempi, esiste poi un elemento di discrezionalità nella decisione che va
considerato totalmente fuori luogo. Difficile giustificare uno Stato che da una
parte non solo non riconosce neanche formalmente i rom come minoranza
linguistica, ma che è stato più volte sanzionato per l'assenza di politiche di
inclusione sociale e per la persistenza di pratiche discriminatorie e che
contemporaneamente si arroga il diritto di decidere se un cognome può essere
cambiato o meno. E comunque la stessa costrizione a dover chiedere di cambiar
cognome, per i motivi raccontati da Sandro, rappresenta una sconfitta culturale
e politica enorme per l'intera società italiana. Se si deve ricorrere ad un
sotterfugio burocratico per veder rispettato il diritto a poter lavorare
onestamente, significa che qualcosa di profondo non è stato affatto rimosso. Ma
Sandro non ha tempo per queste disquisizioni: "Ho una moglie e tre figli da
mantenere e voglio vederli crescere felici - conclude pragmatico. - Forse un
giorno in Italia non ci saranno più questi problemi di cognome e di origini, ma
io oggi ho 41 anni e devo guardare al nostro presente e al futuro dei miei
figli. Quindi che ci vorrebbe a rendere più snelle queste pratiche? Io non ho
nulla da nascondere, mi chiedano quello che serve, ma che si sbrighino per
favore. Altrimenti non so come andare avanti".
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
il link: www.sivola.net/dblog.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicita'. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. In caso di utilizzo commerciale, contattare l'autore e richiedere l'autorizzazione. Ulteriori informazioni sono disponibili QUI
La redazione e gli autori non sono responsabili per quanto
pubblicato dai lettori nei commenti ai post.
Molte foto riportate sono state prese da Internet, quindi valutate di pubblico
dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla
pubblicazione, non hanno che da segnalarlo, scrivendo a info@sivola.net
Filo diretto sivola59 per Messenger Yahoo, Hotmail e Skype
Outsourcing Questo e' un blog sgarruppato e provvisorio, di chi non ha troppo tempo da dedicarci e molte cose da comunicare. Alcune risorse sono disponibili per i lettori piu' esigenti: