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Quando l'unica soluzione e' una sconfitta
Di Fabrizio (del 08/05/2013 @ 09:05:53, in lavoro, visitato 1556 volte)

CorriereImmigrazione - di Stefano Galieni - 6 maggio 2013

Sono numerosi i cittadini di origine rom che vogliono una diversa identità non per sfuggire alla giustizia, ma al pregiudizio. Un pregiudizio che mette a repentaglio tanti diritti, compreso quello al lavoro.

"Può sembrare assurdo, ma cambiare cognome è l'unica soluzione. Solo che ci vuole troppo tempo e io debbo lavorare". Sandro (necessario omettere il cognome) è un cittadino italiano di origine rom: "Cittadino da tre generazioni - ci tiene a precisare - Mio nonno è nato a Fiume, (l'attuale Rijeka, ndr) quando era una città italiana. Mio padre, emigrato, è nato a Brindisi e io a Napoli, e ho dei figli qui che rischiano di finire come me". Sandro, dopo una lunga e tormentata esperienza romana, vive con gran parte della sua famiglia allargata nel padovano. Da generazioni si tramandano un mestiere tanto difficile quanto delicato: il restauro degli arredi sacri, soprattutto oggetti in metallo. A Roma non faticavano a trovare commissioni. Ma adesso è tutto diverso. "Un lavoro con cui sono nato e che mi piacerebbe tanto continuar a fare - racconta - ma in cui attualmente sono in difficoltà per due ragioni: la crisi e la diffidenza". In tempi di magra, anche gli investimenti in opere di questo tipo diminuiscono. Ma Sandro e tanti suoi parenti non trovano lavoro anche per via di quelle "c" e quelle "h" con cui termina il loro cognome. "Capiscono subito che sei "zingaro" - dice - e trovano le scuse per non prenderti, anche se magari sei il solo che può fare bene un lavoro del genere, che ha le competenze giuste, che conosce i segreti dei metalli e di come li si pulisce. Ormai pensano che se ti porti "lo zingaro" in casa, qualcosa ti ruba. Ma che colpa abbiamo noi per reati commessi da altri?". Allora si affaccia l'idea di cambiare cognome. Togliendo quelle lettere finali o prendendo magari il cognome italiano della propria madre o della propria nonna.

Il cambiamento di cognome deve essere autorizzato dal Prefetto e la richiesta può essere presentata ed esentata dal pagamento del bollo laddove quello che appare sui documenti sia "ridicolo, vergognoso o rilevante l'origine naturale". E il terzo caso è certamente quello più appropriato. Ma c'è un iter per compiere questa procedura, già di per sé lungo e reso ancora più complesso dal fatto che, dal 9 luglio del 2012, la decisione finale in merito a tale richiesta è di competenza esclusiva del Prefetto del luogo di residenza o di quello in cui è registrato l'atto di nascita. L'interessato deve sottoscrivere la domanda in presenza del dipendente della Prefettura-U.T.G. addetto a riceverla, ovvero altra persona munita di delega e di fotocopia di un documento di riconoscimento dell'interessato. La domanda deve essere presentata in Prefettura-U.T.G. e sottoscritta dal richiedente in presenza del dipendente addetto a riceverla o, inviata per raccomandata A/R, allegando fotocopia di un documento di riconoscimento. Qualora la richiesta appaia "meritevole di essere presa in considerazione", il richiedente sarà autorizzato, con Decreto del Prefetto, a far affiggere per trenta giorni consecutivi, all'albo pretorio del Comune di nascita e del Comune di residenza, un avviso contenente il sunto della domanda. Lo stesso Decreto può prescrivere la notifica del sunto della domanda, da parte del richiedente, a determinate persone controinteressate. Se entro trenta giorni dalla data dell'ultima affissione o notificazione nessuno si oppone, il richiedente deve presentare alla Prefettura copia dell'avviso con la relazione che attesti l'eseguita affissione e la sua durata. Il Prefetto, accertata la regolarità delle affissioni e vagliate le eventuali opposizioni, provvederà ad emanare il Decreto di autorizzazione o di rigetto al cambio del nome e/o del cognome. Tempi insomma poco compatibili con situazioni di estrema urgenza con quelli delle circa 50 persone appartenenti alla famiglia di Sandro. Da quanto poi risulta, anche in assenza di dati verificabili, questo tipo di problematica è diffuso in maniera estremamente persistente in gran parte del territorio nazionale.

Tra i rom sono in molti a voler cambiare cognome, rinunciando in parte anche alla propria identità, non solo per problemi occupazionali. Molti hanno figli che vanno a scuola e non vorrebbero evitar loro di sentire, sin da piccoli, il peso della discriminazione, altri vogliono poter trovare una casa in affitto o accendere un mutuo in banca senza dover temere elementi di pregiudizio. Oltre ai tempi, esiste poi un elemento di discrezionalità nella decisione che va considerato totalmente fuori luogo. Difficile giustificare uno Stato che da una parte non solo non riconosce neanche formalmente i rom come minoranza linguistica, ma che è stato più volte sanzionato per l'assenza di politiche di inclusione sociale e per la persistenza di pratiche discriminatorie e che contemporaneamente si arroga il diritto di decidere se un cognome può essere cambiato o meno. E comunque la stessa costrizione a dover chiedere di cambiar cognome, per i motivi raccontati da Sandro, rappresenta una sconfitta culturale e politica enorme per l'intera società italiana. Se si deve ricorrere ad un sotterfugio burocratico per veder rispettato il diritto a poter lavorare onestamente, significa che qualcosa di profondo non è stato affatto rimosso. Ma Sandro non ha tempo per queste disquisizioni: "Ho una moglie e tre figli da mantenere e voglio vederli crescere felici - conclude pragmatico. - Forse un giorno in Italia non ci saranno più questi problemi di cognome e di origini, ma io oggi ho 41 anni e devo guardare al nostro presente e al futuro dei miei figli. Quindi che ci vorrebbe a rendere più snelle queste pratiche? Io non ho nulla da nascondere, mi chiedano quello che serve, ma che si sbrighino per favore. Altrimenti non so come andare avanti".