CorriereImmigrazione - di Stefano Galieni - 6 maggio 2013
Sono numerosi i cittadini di origine rom che vogliono una diversa identità
non per sfuggire alla giustizia, ma al pregiudizio. Un pregiudizio che mette a
repentaglio tanti diritti, compreso quello al lavoro.
"Può sembrare assurdo, ma cambiare cognome è l'unica soluzione. Solo che ci
vuole troppo tempo e io debbo lavorare". Sandro (necessario omettere il cognome)
è un cittadino italiano di origine rom: "Cittadino da tre generazioni - ci tiene
a precisare - Mio nonno è nato a Fiume, (l'attuale Rijeka, ndr) quando era una
città italiana. Mio padre, emigrato, è nato a Brindisi e io a Napoli, e ho dei
figli qui che rischiano di finire come me". Sandro, dopo una lunga e tormentata
esperienza romana, vive con gran parte della sua famiglia allargata nel
padovano. Da generazioni si tramandano un mestiere tanto difficile quanto
delicato: il restauro degli arredi sacri, soprattutto oggetti in metallo. A Roma
non faticavano a trovare commissioni. Ma adesso è tutto diverso. "Un lavoro con
cui sono nato e che mi piacerebbe tanto continuar a fare - racconta - ma in cui
attualmente sono in difficoltà per due ragioni: la crisi e la diffidenza". In
tempi di magra, anche gli investimenti in opere di questo tipo diminuiscono. Ma
Sandro e tanti suoi parenti non trovano lavoro anche per via di quelle "c" e
quelle "h" con cui termina il loro cognome. "Capiscono subito che sei "zingaro"
- dice - e trovano le scuse per non prenderti, anche se magari sei il solo che
può fare bene un lavoro del genere, che ha le competenze giuste, che conosce i
segreti dei metalli e di come li si pulisce. Ormai pensano che se ti porti "lo
zingaro" in casa, qualcosa ti ruba. Ma che colpa abbiamo noi per reati commessi
da altri?". Allora si affaccia l'idea di cambiare cognome. Togliendo quelle
lettere finali o prendendo magari il cognome italiano della propria madre o
della propria nonna.
Il cambiamento di cognome deve essere autorizzato dal Prefetto e la richiesta
può essere presentata ed esentata dal pagamento del bollo laddove quello che
appare sui documenti sia "ridicolo, vergognoso o rilevante l'origine naturale".
E il terzo caso è certamente quello più appropriato. Ma c'è un iter per compiere
questa procedura, già di per sé lungo e reso ancora più complesso dal fatto che,
dal 9 luglio del 2012, la decisione finale in merito a tale richiesta è di
competenza esclusiva del Prefetto del luogo di residenza o di quello in cui è
registrato l'atto di nascita. L'interessato deve sottoscrivere la domanda in
presenza del dipendente della Prefettura-U.T.G. addetto a riceverla, ovvero
altra persona munita di delega e di fotocopia di un documento di riconoscimento
dell'interessato. La domanda deve essere presentata in Prefettura-U.T.G. e
sottoscritta dal richiedente in presenza del dipendente addetto a riceverla o,
inviata per raccomandata A/R, allegando fotocopia di un documento di
riconoscimento. Qualora la richiesta appaia "meritevole di essere presa in
considerazione", il richiedente sarà autorizzato, con Decreto del Prefetto, a
far affiggere per trenta giorni consecutivi, all'albo pretorio del Comune di
nascita e del Comune di residenza, un avviso contenente il sunto della domanda.
Lo stesso Decreto può prescrivere la notifica del sunto della domanda, da parte
del richiedente, a determinate persone controinteressate. Se entro trenta giorni
dalla data dell'ultima affissione o notificazione nessuno si oppone, il
richiedente deve presentare alla Prefettura copia dell'avviso con la relazione
che attesti l'eseguita affissione e la sua durata. Il Prefetto, accertata la
regolarità delle affissioni e vagliate le eventuali opposizioni, provvederà ad
emanare il Decreto di autorizzazione o di rigetto al cambio del nome e/o del
cognome. Tempi insomma poco compatibili con situazioni di estrema urgenza con
quelli delle circa 50 persone appartenenti alla famiglia di Sandro. Da quanto
poi risulta, anche in assenza di dati verificabili, questo tipo di problematica
è diffuso in maniera estremamente persistente in gran parte del territorio
nazionale.
Tra i rom sono in molti a voler cambiare cognome, rinunciando in parte anche
alla propria identità, non solo per problemi occupazionali. Molti hanno figli
che vanno a scuola e non vorrebbero evitar loro di sentire, sin da piccoli, il
peso della discriminazione, altri vogliono poter trovare una casa in affitto o
accendere un mutuo in banca senza dover temere elementi di pregiudizio. Oltre ai
tempi, esiste poi un elemento di discrezionalità nella decisione che va
considerato totalmente fuori luogo. Difficile giustificare uno Stato che da una
parte non solo non riconosce neanche formalmente i rom come minoranza
linguistica, ma che è stato più volte sanzionato per l'assenza di politiche di
inclusione sociale e per la persistenza di pratiche discriminatorie e che
contemporaneamente si arroga il diritto di decidere se un cognome può essere
cambiato o meno. E comunque la stessa costrizione a dover chiedere di cambiar
cognome, per i motivi raccontati da Sandro, rappresenta una sconfitta culturale
e politica enorme per l'intera società italiana. Se si deve ricorrere ad un
sotterfugio burocratico per veder rispettato il diritto a poter lavorare
onestamente, significa che qualcosa di profondo non è stato affatto rimosso. Ma
Sandro non ha tempo per queste disquisizioni: "Ho una moglie e tre figli da
mantenere e voglio vederli crescere felici - conclude pragmatico. - Forse un
giorno in Italia non ci saranno più questi problemi di cognome e di origini, ma
io oggi ho 41 anni e devo guardare al nostro presente e al futuro dei miei
figli. Quindi che ci vorrebbe a rendere più snelle queste pratiche? Io non ho
nulla da nascondere, mi chiedano quello che serve, ma che si sbrighino per
favore. Altrimenti non so come andare avanti".