Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 10/09/2010 @ 09:10:00, in media, visitato 1837 volte)
Da
British_Roma
BBC South East Wales (al link è possibile visionare un precedente cortometraggio di Cinetig di circa 10')
04/09/2010 - Giovani residenti di un sito di zingari e Viaggianti a
Cardiff stanno girando un film sulle loro vite, grazie ad una borsa di BBC
Children in Need.
La società di animazione Cinetig passerà 10 settimane lavorando con i giovani
del sito di Shirenewton che porterà ad una performance pubblica del loro lavoro.
Cinetig ha già lavorato in precedenza con zingari e Viaggianti nel Galles
dell'ovest per produrre un film animato.
Il lavoro del progetto Shirenewton partirà a gennaio 2011.
Gerald Conn, amministratore delegato di Cinetig, ha detto: "I bambini spesso
superano le loro aspettative quando vedono l'animazione terminata. L'approccio
uno-a-uno che siamo in grado di portare con un progetto come questo, accresce
l'autostima dei bambini coinvolti."
I bambini del sito di Shirenewton hanno già imparato le arti circensi
I bambini del sito di Shirenewton hanno mostrato il loro talento a giugno,
esibendosi in numeri circensi ad un evento a Cardiff Bay per celebrare i Rom ed
il Mese di Storia dei Viaggianti.
Tradizionali contastorie, giovani lavoratori e cineasti lavoreranno con i più
giovani per un periodo di dieci settimane che culmineranno in una presentazione
pubblica del loro lavoro, volta a istruire gli altri sulla storia della comunità
viaggiante in Galles.
I giovani seguiranno tutte le fasi del processo filmico - ricerca, script,
storyboard, animazione di produzione e post produzione assieme a registi
professionisti e creeranno il proprio lavoro e disegni per il film.
Isaac Blake della Romani Cultural and Arts Company, che ha creato l'evento di
Cardiff, ha accolto la sovvenzione di £18.696 come un modo per accrescere
l'autostima ed abbattere le barriere con la comunità stanziale.
Isaac Blake ha superato molti ostacoli per costruire la sua carriera nella
danza
Lui stesso della comunità di Shirenewton, Isaac ha costruito una carriera
come ballerino e coreografo e vuole incoraggiare l'altrui creatività.
"Questo progetto permetterà ai giovani zingari e Viaggianti di ricercare la
propria cultura, sviluppare un senso di orgoglio per quella cultura e
dimostrarne l'importanza a noi outsider impegnandoci a filmarla," ha detto.
"Durante il processo speriamo che diventino meno tolleranti verso la
discriminazione e riconoscano i propri valori e e autostima."
Cinetig negli anni recenti ha ottenuto diversi premi per i suoi film
comunitari, inclusi i primi premi ai festival di Chicago, Ottawa e Bradford.
I partner dietro il progetto sperano di ottenere altri fondi portando in
futuro il progetto a Newport e Swansea.
Nel 2005 Cinetig ha lavorato con i giovani di Monkton, Pembrokeshire e Bynea,
Carmarthenshire per realizzare cortometraggi sulla loro appartenenza zingara.
The Travelling Harpists racconta la storia della famiglia Wood che, in
passato, portò la sua musica e stile di vita in Galles.
Ci sono pagine di Storia dimenticate, come quella del Porrajmos, il genocidio
nazista del Popolo Rom.
Matteo, Angela e Nazifa Bebé seguono le tracce lasciate da nonno Gabriel, che
portano fino a Lodz e all'Obóz Cygański, il "lager degli zingari"...
Mondadori Junior Oro
In libreria: da oggi
Anteprima
Dal Capitolo 11
Rupa che non aveva ali
(...) - Beh, cosa aspetti?
Seduta su una delle assi di poppa del barcone, il cui fondo era ancora umido per
la pioggia del giorno prima, Angela attendeva impaziente che cominciassi a
leggere il seguito della storia di Nanosh. Ma io continuai per qualche istante a
fissare il panorama che si scorgeva oltre la sponda opposta del fiume, un campo
incolto costellato da radi cespugli e, più in là, il solito groviglio di strisce
d'asfalto soffocate dal traffico e la distesa di palazzi grigi e anonimi che si
smarriva a perdita d'occhio.
Quando poco prima avevamo superato il boschetto di aceri, alcuni piccoli
gabbiani erano scesi in picchiata sulle acque dell'Aniene, prima di impennarsi
di nuovo verso l'alto e di scomparire alla nostra vista. E all'improvviso ero
stato colto da una strana sensazione. Quella di trovarmi in un posto
lontanissimo e sperduto, una terra straniera e di nessuno dove fino a pochi
giorni prima non mi sarei mai sognato di posare i piedi.
- Hai mai pensato che è come se noi e Nazifa Bebé vivessimo in due città
diverse – chiesi ad Angela – anche se tra Ponte Mammolo e le nostre case ci sono
solo poche centinaia di metri di distanza?
Lei scosse la testa. Poi sussurrò: - Però ho pensato che anche oggi, intorno
ai rom, sono state costruite delle barriere impenetrabili. Solo che queste
barriere non somigliano a quelle cinte dal filo spinato di Litzmannstadt o di
Auschwitz, ma sono dentro ciascuno di noi e si chiamano paura e pregiudizio.
Per qualche istante riflettei sulle sue parole. Poi le passai il quaderno che
Mariam ci aveva consegnato e lasciai che fosse lei a leggere a voce alta il
secondo capitolo del racconto di nonno Gabriel.
- Quando i soldati dalle facce di lupo fecero scendere dai camion Nanosh e la
sua gente – cominciò – la notte si stava stingendo in un'alba nebbiosa e livida.
Fu poco dopo che il piccolo rom vide da vicino, e per la prima volta nella sua
vita, la ciminiera sbuffante di una locomotiva a vapore.
Per tutto il tempo in cui Angela continuò a leggere, io rimasi in assoluto
silenzio, con le ginocchia sollevate sul petto e le braccia allacciate intorno
alle gambe.
Nanosh e la sua kumpanìa erano stati portati in una stazione ferroviaria,
dove ad attenderli c'erano altri soldati con le divise nere, che li avevano
obbligati a salire sul primo vagone di un lunghissimo treno merci. I portelloni
non erano stati chiusi subito e il bambino, stretto con sua sorella Mirsada tra
suo padre e sua madre, aveva potuto vedere centinaia e centinaia di altri rom
che incolonnati in lunghe file venivano fatti salire sul treno, mentre l'aria si
riempiva delle grida assordanti dei soldati e dei gemiti disperati dei vecchi e
dei bambini.
Faceva un freddo cattivo.
Ma Nanosh, che aveva messo Nùvero al riparo sotto la sua giacca, non riusciva
a capire se era per quello che Mirsada e Keja erano scosse da lunghi brividi, o
se era perché i beng, i diavoli, avevano deciso di uscire dalle pieghe più
oscure della terra per inghiottire i rom, il "Popolo degli Uomini".
Quando ormai quasi tutti erano stati fatti salire sul convoglio, davanti ai
vagoni era comparsa un'ultima colonna di prigionieri, formata quasi
esclusivamente da bambini e da donne. Nanosh aveva riconosciuto una di loro, la
più anziana di tutte, che aveva la pelle del viso scura come un pezzo di cuoio e
lunghe trecce bianche che le ricadevano sul petto magro. Si chiamava Rupa ed era
una paramisaris, una narratrice di swatura e di paramitsha, le antiche storie e
fiabe dei rom Lovara.
Qualche mese prima la kumpanìa di Nanosh e quella di Rupa si erano accampate
insieme, vicino a un campo di trifoglio. E quella notte la vecchia, seduta
sull'erba davanti al fuoco, aveva fumato la pipa con gli altri anziani e aveva
raccontato ai bambini la leggenda di Vadni Rasa, l'oca selvatica che, come i
rom, non stava mai ferma nello stesso posto, perché inseguiva il respiro del
vento ovunque esso andasse a posarsi.
Nanosh aveva pensato che se Rupa avesse posseduto le stesse ali di Vadni
Rasa, di certo si sarebbe librata in volo e sarebbe fuggita lontano. Ma Rupa,
come tutti loro, non aveva ali. E quando uno degli ufficiali l'aveva brutalmente
spintonata, si era voltata verso di lui e l'aveva colpito sul viso,
maledicendolo a gran voce. Era stato allora che Konstant aveva coperto con
entrambe le mani gli occhi di Mirsada, perché non vedesse quello che stava per
succedere.
L'ufficiale aveva afferrato l'anziana donna per una delle lunghe trecce, e
mentre lei continuava a dibattersi e a gridare l'aveva costretta a mettersi in
ginocchio. Poi aveva estratto una pistola dalla fondina e gliel'aveva puntata
sulla sua fronte.
Un attimo dopo, mentre il fischio della locomotiva annunciava che da lì a
poco i portelloni dei vagoni sarebbero stati chiusi e che il treno si sarebbe
mosso, il fragore dello sparo si era spento sotto i tetti delle pensiline e Rupa
si era rovesciata a terra senza più voce e senza più vita. (...)
Di Fabrizio (del 09/09/2010 @ 11:23:54, in scuola, visitato 1883 volte)
Ricevo da Stefano Pasta
ASSOCIAZIONE GENITORI SCUOLA
ELEMENTARE "BRUNO MUNARI"
Milano, 8 settembre '10
Ieri mattina hanno sgomberato il campo rom di via Rubattino.
Come nel novembre dell'anno scorso, come papà e mamme dei compagni di classe di
questi bambini eravamo presenti allo sgombero. Con noi le maestre dei nostri
figli.
Uno sgombero annunciato. Ci siamo trovati verso le sei circa, nella speranza di
un falso allarme, ma purtroppo, così non è stato.
Verso le sette, la pioggia e il freddo hanno scortato le forze dell'ordine e le
ruspe dentro il campo.
Una storia che si ripete, la peggiore. Donne, uomini e bambini a cui non si
offre nessuna speranza, nessun futuro, nessuna umanità.
Tra cinque giorni, molti dei bambini presenti (29) avrebbero ripreso la scuola.
L'unica possibilità per poter pensare ad un futuro diverso dai propri padri,
dalle proprie madri. Negato. Bambini senza diritto di istruzione.
Senza il diritto di sapere che si può vivere diversamente.
Ieri mattina, mentre ero nel campo, osservavo la barbarie di quella scena, donne
uomini e bambini accampati tra la sporcizia, i topi, il freddo; e le Autorità
che come unica soluzione, non riescono a fare altro che cacciarli, nella
speranza che possano scomparire in altra sporcizia, convivere con altri topi,
magari in un altro Comune. Tutto mi portava ad una considerazione: non è
cambiato nulla.
Ora mentre scrivo mi accorgo che in realtà non è così.
Grazie all'impegno in quest'ultimo anno da parte delle maestre, delle mamme di
Rubattino e delle comunità che operano nell'assistenza, come la Comunità di S.
Egidio, qualcosa è cambiato:
si è creata una rete di solidarietà, di affetto, di contatti che con le proprie
sole forze è riuscita a dare qualche speranza a qualcuna di queste famiglie.
Qualche genitore Rom ha trovato lavoro, seppur temporaneo;
qualche famiglia Rom è riuscita a trovare anche una casa.
Tutte le famiglie Rom hanno compreso l'importanza della scuola per i propri
figli ed hanno messo in atto una grande determinazione e volontà nel far
frequentare con continuità le lezioni, nonostante i continui disagi e incertezze
a cui dovevano far fronte. Hanno capito che, attraverso la scuola, un processo
di integrazione è possibile. I bambini Rom hanno festeggiato con i nostri figli
i compleanni, partecipato alle feste della scuola.
La politica e le istituzioni hanno offerto solo sgomberi. Sgomberi che hanno
comunque un costo molto alto, nella speranza di essere ripagati con la moneta
elettorale. Ero al campo e la sola cosa che le istituzioni offrivano, senza
peraltro grande convinzione, è lo smembramento delle famiglie. Allontanare gli
uomini dalle donne e dai propri figli.
Alcune maestre e mamme del nostro circolo, con la Comunità di S. Egidio, avevano
già iniziato in questi giorni, un pre-scuola con i bambini Rom.
Sarà difficile, ma sono convinto che qualcosa cambierà ancora. Le maestre
cercheranno ancora i propri alunni e i nostri figli inviteranno i loro compagni
di classe ad una festa.
L'Associazione Genitori della Scuola Munari sarà al loro fianco.
Associazione Genitori
Scuola elementare "Bruno Munari"
Domenico Protti
Presidente
www.elementareinfeltre.it
info@elementareinfeltre.it
Di Fabrizio (del 09/09/2010 @ 09:42:30, in Regole, visitato 1671 volte)
Da
Roma_Francais
By Bloomberg News/International Herald Tribune
Tribunale francese blocca la deportazione dei Rom
Parigi, 01-09-2010 - Un tribunale francese ha bloccato la deportazione di
sette Rom [...], un colpo al piano del presidente Nicolas Sarkozy di smantellare
i campi illegali.
Il tribunale amministrativo di Lille ha cancellato ieri gli ordini di
deportazione, dicendo che il caso non corrispondeva allo standard legale di
porre "una reale, immediata, e sufficientemente grave minaccia," secondo quanto
dichiarato.
Sarkozy ha ordinato le demolizioni dei campi e le espulsioni dopo che alcuni
itineranti si erano scatenati in Francia centrale a seguito della morte di uno
di loro durante un controllo di identità. Anche se i rivoltosi erano cittadini
francesi, la maggior parte dei campi smantellati sono abitati da zingari che
hanno cittadinanza rumena e bulgara.
Il governo ha detto lunedì che in agosto le autorità francesi hanno
smantellato 128 campi e deportato 977 persone in Romania e Bulgaria.
Nel contempo, ieri la Francia ha difeso le proprie deportazioni di stranieri,
centinaia di Rom inclusi, e chiesto che il governo rumeno spenda più soldi
ottenuti dall'Unione Europea nell'integrare in patria i gruppi di minoranza.
Dopo colloqui con la Commissione Europea, due ministri francesi hanno detto
che la controversa politica è in linea con la legge francese ed europea,
rigettando le accuse di discriminazione.
In una conferenza stampa a Bruxelles, il ministro francese per l'Europa, Pierre
Lellouche, ha criticato il governo rumeno che, dice, spende solo lo 0,4% dei 5
miliardi di $ che riceve annualmente in sussidi dall'Unione Europea per
integrare la sua minoranza rom.
Lellouche ha chiesto al governo rumeno di sottolineare un piano per una
migliore integrazione, focalizzandosi su istruzione, alloggio, salute e
formazione.
Il governo francese ha sostenuto che i Rom non sono un bersaglio specifico
come gruppo.
Di Fabrizio (del 09/09/2010 @ 09:42:11, in Europa, visitato 1518 volte)
Da
Roma_Daily_News
The Local
04/09/2010 - Il popolo rom è il più discriminato in Europa e la Svezia non fa
eccezioni, ha sostenuto sabato il commissario per i diritti umani del Consiglio
d'Europa.
Il commissario Thomas Hammarberg, e l'arcivescovo Ander Wejryd sostengono in
un dibattito in seno al giornale Dagens Nyheter di sabato che la deportazione da
parte della Svezia di 50 Rom cittadini UE rende evidente che il paese è
complice della discriminazione in corso verso quel gruppo etnico.
Le deportazioni sono state difese dal ministro per le migrazioni Tobias
Billström che ha sostenuto che le regole UE sulla libertà di movimento del
lavoro non sono intese ad incoraggiare l'accattonaggio.
Hammarberg e Wejryd rispondono che le deportazioni sono avvenute nonostante
un quadro legale non certo.
"Sono identificati come un pericolo alla società dai politici che cercano di
guadagnare punti politici sulle richieste di una linea dura contro questo già
vulnerabile gruppo. Sono soggetti ad arresto e deportazioni collettive."
Hammarberg e Wejryd hanno scritto che il crescente "anti-romanismo" dev'essere
combattuto in tutto il continente europeo. Sostengono che i diritti legali dei
Rom devono essere presi sul serio e che i loro diritti di cittadini della UE
devono avere la stessa importanza degli altri cittadini UE.
Di Fabrizio (del 08/09/2010 @ 09:26:57, in Europa, visitato 1560 volte)
Da
Slovak_Roma
Famiglia rom sterminata a Bratislava da un vicino, scioccati gli
altri residenti nel palazzo
Bratislava, 1.9.2010 10:17, (ROMEA)
Quanti si sono trovati nei pressi della sparatoria di lunedì nel quartiere Devínska
Nová Ves di Bratislava sono ancora scossi, ma vogliono parlare della loro
esperienza. Sei dei morti facevano parte della famiglia Putík. Come si è saputo
che la famiglia era rom, sono iniziate a circolare notizie di come fossero
"problematici". Però, i vicini degli uccisi hanno iniziato ad esprimersi contro
queste voci.
Una donna che vive sullo stesso piano sia dell'assassino che della famiglia
uccisa ha detto oggi all'Agenzia Stampa Ceca di aver aperto la porta del suo
appartamento per la curiosità, vedendo l'uccisore in piedi in una nuvola di
fumo nel corridoio. "Si è voltato verso di me e ha detto -Chiudi la porta o ti
sparo in testa,- così ho richiuso;" dice l'anziana signora.
La vicina non sapeva molto sull'uccisore, che non era molto amichevole."Era
terribilmente strano, non parlava con nessuno, un lupo solitario, un tipo
strano," spiega, aggiungendo che non sa cosa l'ha portato a sterminare l'intera
famiglia. "Non so se gli davano sui nervi perché andavano sempre avanti e
indietro," dice. Secondo lei i Rom non facevano rumore e si prendevano cura di
loro figlio, 12 anni, anche lui vittima anche lui vittima della follia
dell'assassino disoccupato.
"Erano nostri vicini - la nonna, sua figlia e il nipote che viveva con loro.
Davvero non creavano problemi," dice un altro vicino che viveva proprio la porta
accanto alla famiglia rom. Questi vicini smentiscono anche le voci che la
famiglia vendesse droga. Quando i giornalisti gliel'hanno chiesto, entrambi
hanno dato la stessa riposta: "Fuori di qui! Pennivendoli! Quale droga? E'
immondizia."
Secondo informazioni pubblicate dal giornale MF DNES, nessuno dei residenti
nell'appartamento che sono stati intervistati potrebbe confermare che
l'assassino fosse in qualsiasi maniera in conflitto con la famiglia dei suoi
vicini. Anche altri vicini rifiutano le speculazioni per cui la famiglia avrebbe
dovuto dei soldi all'assassino. "E' del tutto grossolano suggerire che la
famiglia avrebbe preso in prestito del denaro da lui. Ne avevano paura - non
avevano il coraggio di suonare il suo campanello. Non hanno mai causato problemi
- non ho mai sentito nessun tipo di confusione dal loro appartamento. Per quel
che ne sappiamo erano persone decenti. Povere, ma decenti," ha detto a MF DNES
una vicina di nome Silvie, aggiungendo che la famiglia chiedeva solo a lei
denaro in prestito. "Se lo facevano prestare solo da me - ogni 15 del mese la
nonna mi suonava al campanello perché non avevano soldi. Glieli prestavo sempre
o davo loro del pane vecchio, e loro mi restituivano sempre immediatamente il
19" ha detto a MF DNES. Anche altri residenti dell'edificio dicono che gli
occupanti stabili dell'appartamento dei Putík, la nonna e i suoi parenti, erano
persone perbene, ma gli altri parenti che a volte visitavano la famiglia,
talvolta bevevano o facevano rumore all'ingresso dello stabile.
Marta, una pensionata che vive accanto agli assassinati, ha detto a MF DNES,
"Durante l'estate la figlia della nonna iniziò a venire qui più spesso. Due o
tre anni dopo, quando già viveva qui, a volte urlava o imprecava contro
qualcuno. Poi seppi che andò a farsi curare da qualche parte e che viveva in un
ostello. In questi giorni visitava solo per un caffè." Altri residenti
dell'edificio citati da MF DNES concordano nel dire che la famiglia Putík non
era particolarmente problematica. Altri vicini mettono in dubbio che tutte le
vittime fossero Rom, come riportato da molti media. " Talvolta qualcuno si
sedeva qui e beveva di fronte all'edificio, ma erano soprattutto una famiglia
bianca, non erano i Rom. E' una sciocchezza dire che è stato un attacco
razzista. Solo la figlia che viveva nell'edificio aveva sangue rom. Le vittime
avevano a che fare con loro, ma non erano Rom," ha detto un residente a MF DNES.
I capi della polizia ed il ministro degli Interni stanno parlando molto
dell'"eroico" intervento della polizia contro il pazzo assassino. Anche se molti
residenti del quartiere lamentano che la polizia non sia intervenuta abbastanza
in forze e rapidamente.
Alla fine l'aggressore si è sparato alla testa , a pochi metri da un salone
cosmetico. Come ha detto una dipendente all'Agenzia di Notizie Ceca, "Quell'uomo
stava appoggiato contro la porta del salone, e se non avesse avuto le cuffie, mi
avrebbe sentito chiudere la porta e avrebbe girato la sua arma verso di me. Ho
chiamato la polizia per dire che ero intrappolato appena a pochi metri da lui,
ma mi hanno risposto che sapevano già di lui."
La giovane donna ha aggiunto che l'uomo è stato libero di muoversi, senza
alcuna minaccia per circa 20 minuti, prima di iniziare a sparare a qualsiasi
cosa si movesse. Dice che la polizia non si è avvicinata alla scena se non dopo
diversi minuti dopo che l'uomo si era sparato.
La polizia dice che la prima pattuglia è arrivata due minuti dopo che era
stato avvertito il primo sparo, cioè appena dopo le 9:45 del mattino, riuscendo
a disarmarlo dopo circa mezz'ora. Il ministro degli Interni Daniel Lipšic ha
annunciato che l'aggressore non ha commesso suicidio se non dopo essere stato
ferito fatalmente da un proiettile della polizia.
Durante il massacro sono morte otto persone, l'aggressore e le sue sette
vittime. Altre 15 persone sono state ferite, tre delle quali, incluso un
cittadino ceco, sono anche in gravi condizioni.
ryz, Czech Press Agency, MF Dnes, translated by Gwendolyn Albert
Di Fabrizio (del 08/09/2010 @ 09:10:30, in Europa, visitato 1730 volte)
LINKontro di André Glucksmann
Il Presidente della Repubblica (Nicolas Sarkozy, NdT) ha sollevato una montagna
che è ripiombata su di lui. Lanciando l’offensiva contro i Rom il governo
francese credeva di risolvere a suo vantaggio elettorale un problema di semplice
ordine pubblico e di organizzazione sociale. Un errore enorme. Il problema dei
Rom non riguarda la sicurezza dal punto di vista militare o sociale, ma è un
problema innanzitutto di sicurezza mentale. Non è soltanto francese, ma europeo.
Non è di oggi, ma esiste da sempre.
Nel 1990, uno dei primi sondaggi liberi effettuati dal quotidiano americano
Los Angeles Times rivelava che per l’80% della popolazione da poco
affrancatasi dal comunismo – cechi, ungheresi, rumeni, bulgari e polacchi –
l’immagine diabolica dello straniero si incarnava in quella del bohemienne. A
partire dal 1980, i militanti di Solidarnosch hanno assistito sbalorditi ai
pogrom anti-zingari creati solo a qualche chilometro da Varsavia.
Negli anni ’90, Vaclav Havel, presidente della repubblica ceca, fece smantellare
con grande difficoltà un ghetto dove i suoi concittadini volevano rinchiudere i
nomadi. Se l’odio per gli zingari raggiunge l’apice nei paesi dell’est europeo,
non è tuttavia sconosciuto in occidente. La letteratura e l’opera del 19° secolo
, Victor Hugo e Verdi, testimoniano le angosce di coloro che vivono sempre nello
stesso luogo di fronte a una collettività deterritorializzata. Accattonaggio,
sporcizia, scippi, fantasmi di ladri di bambini – da un secolo tormentati da
dinieghi e pettegolezzi come " questa gente non vive come noi". Portando
l’isteria al suo estremo, i nazisti sono arrivati a considerarli "sub-umani"
nelle camere a gas di Auschwitz.
Abbiamo creato – infine - la libera circolazione per tutti, l’Unione europea
suscita per contraccolpo il rinascere di paure ancestrali, un ritorno del
represso. Di fronte ad una malattia endemica, le reazioni francesi si dimostrano
inadeguate e malsane, precisano a ragione la Chiesa e le ONG. Sono coinvolti
meno i Rom rispetto a coloro che non li sostengono. L’Europa post-moderna si
pregia di far cadere i tabù che ostacolavano la sua libertà ma si rivolta
davanti all’emigrato (oltre allo spaventapasseri musulmano, ricordatevi
l’idraulico polacco) e inorridisce di fronte allo straniero nomade, l’errante
assoluto per tradizione e volontà. Comprendiamo che si tratta di un rifiuto di
se stessi più che di un rifiuto dell’altro.
L’abbattimento delle frontiere, l’europeizzazione delle nazioni, la
mondializzazione dei continenti proiettano ciascuno in un universo senza punti
di riferimento stabili e senza norme infallibili. Ricordiamoci la diagnosi fatta
nel 1965 da De Gaulle: "Nel progresso generale, una nuvola è sospesa sugli
individui. All’antica serenità di un popolo di contadini, certi nel disegnare
sulla terra una esistenza mediocre ma assicurata, è seguita nei nostri figli la
sorda ansia dello sradicamento".
Il volto ridente dello sradicamento sono i 300 000 giovani francesi che si sono
trasferiti per arricchirsi nella City quando la borsa si è infiammata. Il volto
tragico è rappresentato dagli erranti che sono inseguiti da un accampamento
selvaggio all’altro, privati di fatto del diritto di viaggiare e di mendicare
che solo il comunismo pretendeva di abolire con la forza. Il rom spaventa. E’ da
nascondere questo possibile fratello di sradicamento, questa parte
indispensabile e angosciante del nostro destino! La paura dei Rom non è che la
paura inconfessata di se stessi.
Fin quando non si riconosce ai nomadi il diritto di vivere in maniera errante,
fin quando non si offre loro la possibilità di sistemarsi in condizioni decenti,
perdureranno sempre le ossessioni razziste e xenofobe. Una decenza minima
implica che si stabilisca, come la legge francese prescrive (senza essere
applicata) delle aree di alloggio e di accoglienza destinate a rimpiazzare gli
accampamenti di fortuna e le bidonville ignobili che sono la vergogna
dell’Europa.
Inutile cercare grande fragore mediatico per i rimpatri collettivi più o meno
volontari di centinaia di sfortunati , quando solo in Romania due milioni di
cittadini europei si apprestano alla partenza e si calcola esattamente che la
vita di un mendicante in Francia è meno catastrofica rispetto a quella di un
mendicante ostracizzato in Europa centrale.
Inutile riprodurre in scala la politica di stabilizzazione forzata dei popoli
nomadi dell’Unione Europea. Era l’ossessione di Nicolae Ceausescu e dei suoi
colleghi dei regimi totalitari. Laddove è fallito il terrore poliziesco, le
sovvenzioni di Bruxelles, in parte dilapidate dalla corruzione, non risultano
molto vantaggiose. Inutile inviare dei missi dominici a Bucarest che esigano più
integrazione e assimilazione, questo è ciò che i dirigenti romeni non possono,
né i Sinti vogliono.
Sta alle nostre nazioni ricche operare una rivoluzione intellettuale,
riconoscendo la legittimità di un nomadismo multisecolare e transeuropeo. A
questo fenomeno è necessario assicurare delle condizioni di sopravvivenza che
evitino una totale marginalizzazione. Il diritto ad essere errante è
imprescindibile in una buona democrazia. Né evangelismi ne despotismo,
l’attenzione incondizionata della legge suppone che si rispettino non meno
incondizionatamente la dignità e la libertà di coloro che vi si sottopongono.
Gara dell’ipocrisia. Coloro che criticano le azioni forti di Parigi non
dovrebbero dimenticare le loro critiche. Gli edili di Bruxelles non hanno
assicurato le condizioni pratiche della libera circolazione degli europei più
bisognosi e l’accoglienza dei nomadi. I bravi oratori ecologisti, così pronti a
criticare gli OGM con il forte sostegno della stampa, non si sono mai mobilitati
contro l’emarginazione dei "nomadi" negli scambi pubblici. Salvare il pianeta
si, ma salvare i nomadi no? (Rispondo all’amico Daniel Cohn-Bendit che mi cita
in una intervista apparsa su Le monde del 17 agosto). Le iniziative del
Parlamento europeo brillano per la loro assenza e inefficacia.
Soltanto qualche sbuffo di intolleranza suscita nei "democratici" dei sermoni
ben-pensanti, presto detto, presto dimenticato. Le libertà europee non si
limitano alle libertà degli uomini d’affari, dei potenti e degli intellettuali.
La libera circolazione dei beni e delle idee è acquisita, resta da assicurare la
libertà dei più umili tra di noi, quella delle roulotte che cercano di passare
alle frontiere, quella dei viaggiatori senza legami che hanno affascinato tanti
musicisti e poeti del tempo passato. Fintanto che i Rom avranno l’etichetta di
"persona non grata" da parte del loro paese di provenienza , l’emancipazione
dell’individuo europeo resta zoppa e fragile.
Tregua dalla demagogia. Perché tuonare oltraggiosamente contro la Francia
(Gestapo dice il Times, il suo "sistema di deportazione" dice il Daily Mail, a
Pechino il Quotidiano del Popolo incalza sfacciatamente)? Perché il paragone con
Vichy e le sue "retate" diventano un luogo comune? Si possono contraddire le
scelte di Sarkozy senza identificarle con Petain o Laval, senza cadere
nell’offesa e nella caricatura. Il delirio va avanti. I Rom sono i capri
espiatori dei bambini perduti dalla mondializzazione, il presidente diviene
l’alibi di una opposizione in difficoltà per il programma, alla Francia è stato
mostrato il dito per la sua perdita di sensi e di orientamento dalle istituzioni
europee e internazionali. A ciascuno il suo capro espiatorio.
Basta al fanatismo. E’ accaduto oggi l’impensabile, un prete conosciuto e devoto
ai fedeli invoca a voce alta e in modo intellegibile la supplica rivolta al suo
Dio: "Vi chiedo scusa, fate che Sarkozy abbia una crisi cardiaca". Stupore
generale. Le radio danno la notizia esclusiva. Qualche ora più tardi il curato
ritorna imbarazzato sulla sua supplica. Non siamo tornati ai tempi di Ravaillac
dove la preghiera sostituisce il pugnale.
Poco mi importa di essere elevato al rango di umanista a sinistra o di
aggrottare le sopracciglia "a favore della sicurezza" a destra, la mia
preoccupazione sono i Rom e le loro sofferenze tanto scandalose quanto vane.
Nulla, nel festival delle misure pacchiane e nel contro festival delle
invettive, lascia presagire un miglioramento delle sorti della popolazione
nomade. Certamente, uno o due municipi apriranno i loro licei ad un nugolo di
espulsi. Per otto giorni? Per un mese? E poi? Certamente, le elezioni
presidenziali si terranno fra due anni. A condizione che non si prolunghino
scherzi e dibattiti che a destra e sinistra si intrecciano e che incoronano
Parigi derisa, capitale della derisione.
*Articolo pubblicato su
Le Monde il 31/08/2010. Traduzione di Michela Onofri (6 settembre 2010)
Segnalazione di Laura Coletta
ChiedoAsilo
07 Settembre 2010
Questa mattina presto, sotto la prima pioggia grigia di settembre, c'è stato
anche un ennesimo sgombero di via Rubattino.
Inutile raccontare la situazione, inutile raccontare chi c'era, perché queste
famiglie vivono in queste condizioni, inutile dire che non serve a niente se poi
non si trovano soluzioni a questo problema...
Inutile perché purtroppo nell'ultimo anno ce lo siamo già detto troppe volte.
Comunque anche questa volta si fa appello al volontariato e alla
disponibilità/generosità delle persone per fronteggiare l'emergenza.
Servono, con estrema urgenza, fin da oggi, coperte, sacchi a pelo, tende.
Cogliamo l'occasione per ricordare a tutti che le famiglie che sono state
aiutate dopo gli scorsi sgomberi, quelle che hanno trovato casa, lavoro, scuola
per i figli, vivono ora in condizioni assolutamente dignitose e vanno verso
l'autosufficienza e il vero inserimento sociale.
E' sempre difficile capire quale sia la cosa giusta: dare tutte queste coperte,
vestiti ecc (di cui alcuni di noi comunque si privano, certo perché ne hanno in
più, ma comunque...) che poi verranno "persi" al prossimo sgombero,
l'assistenzialismo fine a se stesso può essere discutibile in effetti. Purtroppo
però sono emergenze vere, nella civile milano. La causa di queste emergenze non
è un'alluvione in zone disastrate del mondo ma una precisa linea politica e
sociale.
Cerchiamo di aiutare nell'emergenza ma anche nella quotidianità queste famiglie
perché la mia esperienza personale mi dice che quando dai loro una mano (trovi
casa per loro, li aiuti a trovare lavoro, trovi una pediatra disponibile a
visitare gratuitamente i loro figli, trovi una maestra che pensa ad un
doposcuola prima dell'inizio dell'anno scolastico per i loro figli, ecc), loro
ce la mettono tutta a non lasciarsi sfuggire l'occasione e sono pieni di
risorse.
Al momento le famiglie sgomberate sono sotto il ponte della tangenziale a
Rubattino, la Comunità di S. Egidio e altri stanno organizzando l'emergenza.
Per portare le cose richieste o passate direttamente da lì o attendete notizie
su eventuali punti di raccolta presso ACLI, parrocchie ecc.
Non appena ci saranno aggiornamenti per consegnare il materiale, ve lo
comunicheremo.
Di Fabrizio (del 07/09/2010 @ 09:41:06, in Europa, visitato 3424 volte)
by Paul Polansky
[continua]
Prof. dr. Alush Gashi
(immagine da
ekonomia-ks.com)
IL PREMIO MENGELE: disonora e disgrazia questo ministro della Sanità del
Kosovo che rifiuta di svolgere i suoi dovere e richiedere l'immediata
evacuazione medica dei campi contaminati dove più di 80 zingari sono morti per
complicazioni dovute all'avvelenamento da piombo e dove ogni bambino nasce con
danni irreversibili al cervello.
Se vuoi bere il miglior vino rosso in Kosovo, il prof. dr. Alush Gashi è
l'uomo da tenere in considerazione nei "suoi giri". Nei ristoranti di Pristina
il vino migliore non è mai sul menù. E' riservato soltanto ai "politicos"
come Gashi, che è un grande intenditore. Vorrei soltanto che ponesse altrettanta
attenzione ai bambini zingari che muoiono nei campi ONU, ora sotto
l'amministrazione del governo del Kosovo e del suo ministero della salute.
Una volta bevvi con Alush in un ristorante esclusivo in un parco fuori
Pristina. Stavamo discutendo con un comandante di marina degli USA degli
attacchi nel marzo2004 di rivoltosi albanesi contro le enclavi delle minoranze.
Alush era stato nominato dal parlamento del Kosovo per investigare sulle cause
della rivolta. Alla terza o quarta bottiglia di squisito vino rosso, Alush
confessò che l'attacco era stato così ben pianificato che non intendeva
procedere oltre con le indagini. Avrebbe soltanto imbarazzato gli alleati del
Kosovo se si fosse rivelato quali politici kosovari avevano organizzato i
disordini. Invece, Alush ordinò un'altra bottiglia "del migliore" nascosto nella
cantina del ristorante lontano dai normali clienti.
Alush Gashi è nato il 4 ottobre 1950. La sua biografia sulla pagina web del
governo del Kosovo per i gabinetti ministeriali è molto approssimativa. Ma
tramite una ricerca su Google ho trovato che Alush ha scritto di essere dottore
in medicina, professore di anatomia, chirurgo generale ed una volta è stato
professore assistente alla facoltà di medicina dell'Università di California a
San Francisco. Ha anche dichiarato di essersi recato diverse volte in America e
in Europa per scopi di studio ed è autore di testi professionali e scientifici
pubblicati in Kosovo, Europa Occidentale ed America (non sono riuscito a
trovarne nessuno). E' stato preside della facoltà di medicina a Pristina e
consigliere per i Diritti Umani del dr. Rugova, l'ultimo presidente del Kosovo.
Attualmente è membro del parlamento del Kosovo per il partito LDK e ministro
della Sanità del Kosovo.
Andavo a trovare Alush molte volte nel suo ufficio di ministro della Sanità.
Fummo buoni amici fino a quando non portai troppi giornalisti a vederlo a
proposito dei campi zingari contaminati dal piombo, che ora erano di sua
responsabilità. Due anni fa le sue ultime parole che mi disse furono: "Quei
campi sono la mia priorità numero uno." Ma non ci andò mai. Nemmeno nessun
membro del suo staff.
Alush una volta descrisse se stesso in un'intervista ad un giornale americano
come "...un innocente medico che cerca di aiutare gli altri."
Un giornale britannico una volta scrisse "ALUSH GASHI è un uomo piccolo,
asciutto, dagli occhi vivaci, un chirurgo, un guaritore."
Ma i riconoscimenti della stampa straniera sono finiti da quando Alush ora
rifiuta di incontrare i giornalisti stranieri che cercano da lui risposte sui
bambini zingari che muoiono nei campi di morte del governo del Kosovo. A volte
Alush concede al suo addetto stampa di parlare coi giornalisti internazionali,
ma quando questi menzionano i campi zingari l'intervista viene improvvisamente
interrotta.
Anche se il prof. dr. Alush Gashi non è il salvatore degli zingari del
Kosovo, è un grande entusiasta dell'America e dei valori americani. In
un'intervista ad una pubblicazione di Washington DC, Alush ha detto:
"...L'America ha dato ai membri di questa comunità dei Balcani conoscenza e
simpatia per i valori americani. Gli Stati Uniti sono venuti in aiuto del Kosovo
in risposta alla campagna di pulizia etnica del presidente dell'ex Jugoslavia
Slobodan Milosevic, che intendeva sterminare qualsiasi popolo non-serbo dalla
provincia. L'impegno americano in Kosovo è unico, a partire dall'aiuto
umanitario pre-guerra... poi l'America inviò i suoi figli e le sue figlie a
combattere Milosevic e le truppe serbe per salvare civili innocenti, a cui era
capitato di essere musulmani... e creare le condizioni perché i Kosovari
potessero tornare a casa, stabilire la democrazia e rimodellare il loro futuro.
Sotto la protezione NATO i Kosovari sono ritornati a casa, ma gli Americani ed i
loro alleati sono rimasti. Sono rimasti ed hanno continuato a supportare chi
amava la pace e stava costruendo un Kosova post-bellico... costruendo scuole,
ospedali, strade e moschee. Credo che gli Albanesi del Kosova amino l'America
perché sono coscienti dei valori americani."
Sfortunatamente, anche i valori americani (assieme ad Alush) sono assenti nei
campi zingari. Non solo l'ambasciata americana a Pristina ha rifiutato di
chiederne l'evacuazione per motivi medici, come richiesto dall'OMS, ma
l'ambasciatore americano si è rifiutato di incontrarmi per discutere una
soluzione sanitaria (vedi lettera seguente). Forse Alush Gashi, ministro della
Sanità del Kosovo, i suoi valori li ha appresi dall'ambasciatore americano
Christopher Dell.
Ambasciatore Cristopher W. Dell
6 luglio 2009
Spett. Ambasciatore Dell,
Sono un cittadino americano che ha lavorato in Kosovo dal luglio 2009 come
capo missione della Società per i Popoli Minacciati. Il mio lavoro è stato quasi
esclusivamente con i Rom kosovari, specialmente con quanti vivono dal settembre
1999 nei campi per IDP costruiti su terreni contaminati a Mitrovica nord. Dalla
vostra udienza di conferma, vedo che siete a conoscenza di questa tragedia che
dura da dieci anni.
Per diverso tempo, ho cercato senza successo di parlare con l'attuale
ambasciatore americano a Pristina sulle adeguate cure mediche per questi Rom.
Sfortunatamente, nessuno vuole discutere di un'immediata soluzione
sanitaria, solo di future rilocazioni, ancora molto lontane. Anche quanti sono
stati reinsediati dal 2006 nella loro precedente mahala a Mitrovica sud, non
hanno ancora ricevuto il promesso trattamento per avvelenamento da piombo.
Ci sono precedenti in Kosovo per salvare migliaia di vite di vite di
Albanesi e Serbi con l'immediata evacuazione, quando le loro vite erano in
pericolo. Tuttora per questi Rom di Mitrovica che hanno i più alti livelli di
piombo nella storia medica, non è stata considerata nessuna evacuazione
d'emergenza.
Riguardo al reinsediamento, Mercy Corps non intende iniziare la
costruzione delle 50 case prima di settembre, e soltanto se i test sulla
tossicità del terreno (ancora da fare) saranno negativi. Nel contempo, MC
rifiuta di rivelare qualsiasi piano sanitario. Come Ambasciatore americano in
Kosovo, ritengo Lei possa incoraggiare il governo del Kosovo, Mercy Corps, USAID,
UE/CE a salvare questi poveri Rom. Non soltanto abbiamo avuto già tra di loro 82
morti (molti di loro bambini) su questi terreni contaminati, ma secondo un
dottore tedesco che li ha visitati e analizzato i risultati dei test, ogni
bambino concepito nascerà con danni irreversibili al cervello.
Spero, Ambasciatore Dell, che lei mi riceva per discutere un'urgente
soluzione medica prima che sia troppo tardi per salvare questi bambini.
In fede,
Paul Polansky
Il senatore USA Russ Feingold ha inviato la mia lettera assieme ad una sua
presentazione, chiedendo all'ambasciatore Dell di ricevermi. L'ambasciatore Dell
non ha mai risposto.
Fine dodicesima puntata
Di Fabrizio (del 07/09/2010 @ 09:30:41, in scuola, visitato 1899 volte)
Ricevo da Patrizia Quartieri
Ieri mi sono recata al campo Rom di via Rubattino, un insediamento spontaneo
che si è riformato dopo lo sgombero dello scorso anno e dove, a fianco di una
tranquilla vita di un gruppo sociale, ho constatato le condizioni igieniche e
abitative in cui circa 200 persone si vedono costrette a vivere: la mancanza di
acqua e la totale assenza dell'Amsa creano una situazione di cui i Rom stessi
percepiscono la pericolosità.
Constata la situazione si pone un problema politico: si vuole o non si
vuole risolvere il problema dei Rom? Lo sgombero dato per imminente non farà
altro che spostare baracche, precarietà e emergenza sanitaria in altri
quartieri.
Non si può aspettare oltre senza pensare a soluzioni vere: abitazioni e
accompagnamenti lavorativi che mettano in grado queste famiglie di poter pagare
l'affitto, mandare i figli a scuola e integrarsi realmente.
Tutto questo sarebbe costato meno degli sgomberi.
Gli sgomberi perpetuano i campi abusivi e le situazioni di pericolo, di cui
le istituzioni diventano responsabili.
Metà degli occupanti sono bambini, una quarantina dei quali è iscritta alla
scuola dell'obbligo; dalla scorsa settimana venti di loro hanno già iniziato
un'attività scolastica con altrettanti volontari del quartiere.
Sgombero significa che l'anno scolastico non lo potranno nemmeno iniziare,
nonostante la loro volontà. Si chiama "scuola dell'obbligo" solo perché è
obbligatorio frequentarla o anche perché lo Stato e obbligato a permetterne la
frequenza?
Genitori e insegnanti avevano già posto il problema alle istituzioni
cittadine nell'estate (v. sotto)
Ines Patrizia Quartieri
Consigliere comunale
• al Sindaco di Milano
• al Presidente del Tribunale dei Minori di Milano
• al Prefetto di Milano
• al Questore di Milano
• al Direttore dll’USP di Milano
• al Direttore dell’USR della Lombardia
• al Presidente della Repubblica Italiana
E p. c.
• ai Consiglieri Comunali di Milano
• all’Assessore alle politiche sociali del Comune di Milano
• ad Amnesty International
• agli organi di stampa
Oggetto: sgomberi insediamenti rom e diritto alla scuola
Egregi Signori,
alcuni scolari di etnia rom che frequentano le scuole dell’obbligo a Milano
sono stati bocciati al termine del corrente anno scolastico a causa dell’elevato
numero di assenze.
Tali assenze sono la conseguenza della catena di sgomberi che hanno subito
da novembre in poi.
Ora ci troviamo davanti a un paradosso: le istituzioni con gli sgomberi
rendono impossibile la frequenza, e sono sempre le istituzioni a bocciare
perché le assenze sono troppe.
Ugualmente negativa è la situazione dei bambini che sono stati promossi pur
avendo frequentato poco: a loro di fatto è stato impedito di apprendere e di
avere una vita regolare, come loro diritto.
Dopo uno dei tanti sgomberi, in due casi, abbiamo anche provveduto al
trasferimento ad altra scuola vicina al nuovo insediamento, ma dopo dieci
giorni di frequenza un altro sgombero ha reso vana la nostra azione.
Il 13 settembre inizierà il nuovo anno scolastico, e il rischio fortissimo cui
ci
troviamo di fronte è quello di ripetere l’esperienza di quest’anno: decine e
decine di bambini cui di fatto viene negato il diritto alla scuola.
Chiediamo alle istituzioni da voi presiedute di affrontare il problema e di
trovare entro settembre una soluzione affinchè l’anno scolastico possa
iniziare anche per i bambini rom sotto il segno del rispetto, della serenità,
della continuità, dell’osservanza dei diritti sanciti dalla Costituzione e
dall’ordinamento giuridico nazionale e internazionale.
Siamo a vostra disposizione per proporre soluzioni.
Ringraziamo e porgiamo distinti saluti.
Flaviana Robbiati (maestra scuola primaria) [...]
Stefania Faggi (maestra scuola primaria) [...]
Assunta Vincenti (genitore scuola primaria) [...]
Bianca Zirulia (genitore scuola primaria) [...]
|