Conoscere non significa limitarsi ad accennare ai Rom e ai Sinti quando c'è di mezzo una disgrazia, ma accompagnarvi passo-passo alla scoperta della nostra cultura secolare. Senza nessuna indulgenza.
Il problema dell'aumento della comunità rom per le strade di Losanna e nei
centri d'accoglienza notturni pressa le autorità comunali. A punto tale che
l'incaricato del dicastero degli affari sociali, Jean-Christophe Bourquin, ha
deciso di mantenere il silenzio. Eppure, i giorni scorsi il rifugio di Vallée de
la Jeunesse, gestito dal suo ufficio, non poteva ospitare tutti i Senza Fissa
Dimora (SDF). Alcuni Rom sono stati costretti allora a dormire all'aperto.
La questione della mancanza di posti nei rifugi però fa reagire la
Losanna politica. Con l'obiettivo possibile di proibire l'accattonaggio. Questa
misura, depositata sotto forma di postulato oltre un anno fa, sarà discussa in
consiglio comunale il prossimo 18 gennaio. La sua attuazione potrebbe regolare,
tra l'altro, la popolazione rom.
Questa comunità è in effetti responsabile della situazione vissuta nei centri
d'accoglienza. "La tendenza era già verso la piena occupazione, - riconosce
Michel Cornut, capo del servizio sociale della città - Questo inverno, il netto
aumento dei Rom ha teso la situazione. L'apertura urgente di letti supplementari
a Vallée de la Jeunesse le ultime settimana non è sufficiente a ripianarla."
Attualmente, i Rom occupano la maggioranza dei 35 posti letto.
La soluzione di UDC, Lausanne Ensemble e dei Verdi, consiste dunque
nell'interdizione dell'accattonaggio. L’UDC chiede una proibizione totale,
mentre il fronte che riunisce i Verdi a Lausanne Ensemble vorrebbe che fosse
studiato un più vasto piano d'azione.
"Occorre che il comune prenda rapidamente in mano la situazione, aumentando
la capacità d'accoglienza delle strutture d'accoglimento, - dichiara dal conto
suo Alain Hubler, presidente di A Gauche toute! - è intollerabile lasciare le
persone dormire all'aperto." Una soluzione che potrebbe non risolvere la
situazione. "Mettere più letti a disposizione attirerebbe una popolazione più
numerosa e da più lontano - stima Michel Cornut. - Ci mancherebbero sempre dei
letti."
Assumere un mediatore
Resta forse una terza possibilità, che è anche parte della richiesta
depositata dal socialista Jean Tschopp: l'assunzione di un mediatore. "Potrebbe
spiegare le regole di vita che si applicano nei centri e nella società svizzera
in generale", nota Marc Vuilleumier, che difenderà questa disposizione.
L'incaricato alla sicurezza si riferisce ai Rom che hanno giocato ultimamente
grosse somme di denaro a poker (24 heures di sabato e ieri). Pratiche contrarie
al regolamento della struttura di Vallée de la Jeunesse e che sono valse loro un
avvertimento.
"Resta da sapere quali saranno i suoi incarichi - si domanda Axel Marion, di
Lausanne Ensemble. - Non deve essere il portavoce della comunità rom." Le parti
sostengono piuttosto l'idea che questo mediatore sia l'anello mancante per
entrare in contatto con una popolazione sconosciuta dagli attori sociali. "Dev'essere
un partner per cui noi possiamo comprenderli e per farci comprendere", precisa
Jean Tschopp.
Di Fabrizio (del 26/12/2010 @ 09:23:37, in lavoro, visitato 2151 volte)
Buongiorno a tutte/i,
dopo il finanziamento di tre borse lavoro, abbiamo deciso di finanziare tre
borse di studio. I beneficiari sono tre ragazzi: Ovidiu, Marian e Belmondo, con
i quali siamo venute in contatto perché i loro fratelli più piccoli nei due anni
passati hanno frequentato le scuole di Rubattino.
I corsi che stanno frequentando sono gratuiti: noi copriamo per tutti e tre i
ragazzi il costo dei trasporti (abbonamento ATM e treno) e a due di loro
assegniamo anche un contributo mensile di 100€ ciascuno per sostenere questo
percorso. Ovidiu, 15 anni, e Marian, 16 anni, frequentano dal 2 novembre 2010 la
scuola bottega dell'EINAIP di Pioltello: ci sono laboratori di alfabetizzazione
e socialità e molti laboratori di formazione (cucina, carpenteria, meccanica…),
da frequentare per 4 pomeriggi alla settimana. Quando gli educatori ritengono
che i ragazzi siano pronti, li inseriscono in un tirocinio. Per Marian, che ha
già ottenuto la licenza media al CPT, il percorso di apprendimento dovrebbe
essere abbastanza breve e dovrebbe essere inserito in tempi rapidi in un
tirocinio. Ovidiu avrà tempi più lunghi: da due anni non va più a scuola e un tentativo di inserirlo alle medie è fallito.
Belmondo, 15 anni, sempre dal 2 novembre 2010 sta frequentando un corso di
scuola bottega (in particolare di meccanica della bicicletta) presso le Vele di
Pioltello. E' inserito in un gruppo molto ristretto (si tratta infatti di 6/7
ragazzi) e questo consente di fare un corso molto intensivo. Tra l'altro anche
la frequenza è molto impegnativa: fino a giugno tutti i giorni dalle 9 alle 17,
eccetto il lunedì mattina. Per Belmondo sarà una vera rivoluzione: dalla quarta
elementare non va più a scuola e il suo italiano è piuttosto stentato.
Ovidiu da qualche tempo ha una situazione più stabile: vive in una casa di
assegnazione provvisoria e suo padre lavora come muratore. Marian e Belmondo
invece “abitano” in capannoni, uno regolare (o meglio tollerato) l'altro
abusivo.
Per il finanziamento delle borse di studio abbiamo chiesto alle famiglie di
questi tre ragazzi l'impegno a sostenerli in ogni modo in questo percorso.
Il contributo della Comunità di S Egidio è stato fondamentale, in particolare
per l'individuazione dei corsi più adatti e per il lavoro svolto insieme agli
educatori dell'EINAIP e delle Vele affinchè questi corsi possano avere la
maggior efficacia possibile.
Grazie a tutti
Le mamme e le maestre di Rubattino
Di Fabrizio (del 25/12/2010 @ 09:14:42, in Regole, visitato 2170 volte)
Autogol del Governo che, per mantenere il punto con la politica di
rigore, non si adegua alla direttiva 2008/115; ma le nuove regole si applicano
comunque, anche in Italia. Questure in difficoltà nonostante la circolare del
Capo della Polizia.
24 dicembre 2010 - Scade a mezzanotte il termine imposto dall'Unione europea
agli Stati membri per uniformarsi alla direttiva 2008/115 sul rimpatrio di
cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare. L'Italia, che aveva
contribuito alla stesura della direttiva al tempo del Governo Prodi, non ha
avuto fretta ed ha lasciato scadere i termini per adeguare il testo unico
immigrazione alle nuove regole. Trascuratezza o scelta politica? Diagnosi
difficile ma, se si valuta la portata della direttiva, che rovescia come un
calzino l'impostazione della Bossi/Fini sulle procedure di espulsione,
sembrerebbe più probabile pensare ad una scelta ragionata. Però, ragionata fino
ad un certo punto. Infatti, da oltre venti anni è pacifico il concetto stabilito
dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea secondo cui "in tutti i casi in cui
alcune disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale,
incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere
dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato, sia che questo non abbia
recepito tempestivamente la direttiva nel diritto nazionale sia che l'abbia
recepita in modo inadeguato". Quindi, anche se l'Italia non recepisce la
direttiva 2008/115, quelle disposizioni "incondizionate e sufficientemente
precise" si applicheranno comunque. Ma di fronte all'opinione pubblica il
Governo potrà sempre sostenere: "non siamo stati noi, prendetevela con
l'Europa".
Senza considerare, però, che il mancato adeguamento della Bossi/Fini alla
direttiva comporterà seri problemi, o comunque grande imbarazzo alle questure
che da domani dovranno applicare procedure non scritte nella legge nazionale,
anzi con questa del tutto in contrasto.
Infatti la direttiva prevede un meccanismo "ad intensità graduale crescente"
che di fatto ribalta il sistema attualmente disciplinato dalla Bossi/Fini,
basato sull'automatica ed immediata espulsione. Per la norma europea
l'espulsione deve essere disposta, di norma, non con misure coercitive, ma
attraverso la partenza volontaria del cittadino straniero entro un periodo di
tempo compreso tra sette e trenta giorni, eventualmente prorogabili in presenza
di bambini che frequentano la scuola o di altri legami familiari e sociali. In
questi casi (un po' come prevedeva la vecchia legge "Martelli" del 1990) sarà
possibile imporre l'obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la
costituzione di una garanzia finanziaria adeguata, la consegna di documenti o
l'obbligo di dimorare in un determinato luogo.
Ovviamente la direttiva non esclude l'accompagnamento immediato, ma questo sarà
possibile solo in presenza di concreto rischio di fuga dello straniero, quando
la sua domanda di soggiorno sia stata respinta perché manifestamente infondata o
fraudolenta, o quando la persona costituisce un pericolo per l'ordine pubblico,
la pubblica sicurezza o la sicurezza nazionale; tutte circostanze che devono
essere debitamente motivate.
Altra disposizione immediatamente operativa e parzialmente in conflitto con
la Bossi/Fini è quella relativa alla misura del trattenimento nei CIE che, d'ora
in avanti, sarà possibile solo nei casi di rischio di fuga o quando lo straniero
eviti od ostacoli la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento, salvo che
nel caso concreto possano essere efficacemente applicate altre misure
sufficienti ma meno coercitive.
Come si muoveranno questure e prefetture a partire da domani? Per evitare una
marea di ricorsi contro i provvedimenti di espulsione adottati in contrasto con
la direttiva e quindi destinati a far soccombere l'amministrazione, il Capo
della Polizia ha ritenuto opportuno diramare una circolare per spiegare a
questori e prefetti come impostare i decreti di allontanamento: rispettare i
punti fondamentali della normativa europea, evitare di applicare automaticamente
la Bossi/Fini, valutare in modo approfondito la posizione dello straniero ed
adottare provvedimenti "ad intensità graduale crescente".
Martedì, 21 Dicembre 2010 11.25
L'attività di promozione della cultura della solidarietà all'interno delle
scuole riveste un ruolo fondamentale per la crescita del numero di volontari nel
nostro territorio. Un volontariato che ''si nutre' dell'entusiasmo delle
generazioni più giovani può difatti sperare di dar continuità alla propria opera
sociale: tuttavia, senza la naturale propensione a voler fare del bene, che è
alimentata dalla conoscenza delle diverse realtà sulle quali è necessario
intervenire, non si può andar lontano.
Da queste premesse trae spunto la convenzione che il Centro Servizi al
Volontariato della provincia di Catanzaro ha siglato con l'Istituto Magistrale
''De Nobili' ed il Liceo Scientifico ''Siciliani' di Catanzaro: già nella
giornata dedicata alla Colletta Alimentare gli studenti- volontari (assegnati
alle tante associazioni convenzionate con il Banco Alimentare) sono stati messi
alla prova nelle attività di raccolta degli alimenti donati, ma il loro
coinvolgimento sarà richiesto per tutto l'anno scolastico e nelle varie forme
possibili. Qualche giorno addietro, ad esempio, diverse studentesse delle classi
seconde e quarte dell'Istituto Magistrale ''De Nobili' (accompagnate dalle
docenti Luciana Godino e Patrizia Parrotta), hanno preso visione del
documentario ''Seppellitemi in piedi' che l'associazione ''Terra di Confine' ha
composto per ricordare l'olocausto degli zingari durante la seconda guerra
mondiale. Le ragazze, visibilmente colpite, hanno rivolto una serie di
interrogativi, in merito alla cultura rom, alla presidente dell'associazione,
Maria Gabriella De Luca, affiancata dalla referente dell'Area Promozione del CSV
di Catanzaro, Giulia Menniti. Superando l'iniziale ritrosia a parlare,
determinata dai pregiudizi che non vengono mai meno quando si tratta di rom, le
studentesse hanno dimostrato molta curiosità riguardo alla storia ''quarantacinquennale'
dell'accampamento di via Lucrezia della Valle, alle usanze religiose (in genere
gli zingari seguono la religione praticata nei luoghi in cui vivono: da noi
battezzano i bambini e si sposano in chiesa) ed a come tengono le case.
Gabriella De Luca ha, così, smentito la ''leggenda metropolitana' sugli asini e
le capre che popolano le case dei rom, e spiegato le ragioni del perché il
binomio zingaro-ladro non abbia alcuna fondatezza: ''E' vero, molti zingari
rubano, ma non tutti lo fanno. Da noi vale la regola che se uno zingaro ruba,
tutti gli altri sono ladri. La regola, però, non si applica a chi zingaro non
è'.
Di Fabrizio (del 23/12/2010 @ 08:58:49, in Italia, visitato 2091 volte)
di Grazia Naletto • 15-Dic-10 Tempi di crisi, si taglia su tutto. Ma non si bada a spese per i
respingimenti e rimpatri: che costano almeno 178 milioni all'anno
In virtù della crisi si invocano tagli alla spesa pubblica. Si risparmia su
tutto, ma le risorse per il "contrasto dell'immigrazione illegale" non mancano
mai. Per chi pensa che la garanzia dei diritti umani non sia un "costo", ma un
principio inderogabile, scriverne è a dir poco imbarazzante. Ma in tempi in cui
tutto viene monetizzato, è forse utile ricordare che la politica del rifiuto (i
respingimenti, i trattenimenti nei Cie, le espulsioni, la "cooperazione" con i
paesi di origine), non è una necessità, ma una scelta costosa e "inefficiente"
se rapportata agli scopi che si propone di raggiungere. Le informazioni e i dati
ufficiali non brillano per trasparenza, ne proponiamo alcuni senza pretendere di
fare un bilancio complessivo.
Il sistema dei Cie
In molti (in primo luogo la Corte dei Conti, poi Msf il Comitato per i Diritti
Umani, Sbilanciamoci! nonché la Commissione De Mistura) hanno denunciato non
solo le condizioni disumane e degradanti che caratterizzano la detenzione nei
Centri di Identificazione e Espulsione (ex Cpta), ma anche la loro inefficacia
in rapporto all'obiettivo che dovrebbero consentire di raggiungere: il rimpatrio
delle persone straniere colpite da un provvedimento di espulsione.
Nel periodo 1999-2006 gli ex Cpta hanno accolto complessivamente 110.302 persone
straniere (in media 13.787 l'anno), una piccola parte (15%) del complesso dei
cittadini stranieri rintracciati in posizione irregolare sul territorio italiano
nello stesso periodo (704.712). Le persone che sono state effettivamente
rimpatriate dai centri sono 50.998 pari al 46,2%, meno della metà del totale
delle persone detenute (cfr. ministero degli interni, Rapporto sulla criminalità
in Italia, 2007).
Gli stanziamenti complessivi per la costruzione e la gestione dei Cpta per
questo periodo, desumibili dai cap. 2356 e 7352 delle leggi finanziarie, sono
stati pari a 651,4 milioni. Difficile fare una stima del costo giornaliero medio
dei trattenimenti. Sicuramente sino al 2004 i costi medi di gestione sono stati
molto differenziati tra un centro e l'altro a seconda delle convenzioni
stipulate con i diversi enti gestori privi di scrupoli quando si tratta di fare
affari sulla pelle dei migranti: dai 26,70 euro al giorno del Cpt di Brindisi ai
99,70 euro del Cpta di Modena. Oggi il costo medio di gestione è stimato dal
ministero degli interni in circa 55 euro al giorno ed è destinato ad aggravare
ulteriormente le casse dello stato: la legge 94/2009 ha infatti prolungato il
periodo massimo di trattenimento nei centri a 180 giorni.
Mettendo insieme tutti i dati disponibili sugli stanziamenti destinati al
sistema dal 1999 al 2011 raggiungiamo un importo complessivo di 985,4 milioni di
euro (in media circa 75 milioni l'anno). Intensa l'iniziativa dell'attuale
governo: gli stanziamenti previsti dal decreto legge 151/2008 (101 milioni e
45mila euro per gli anni 2008-2011) e dalla L. 94/2009 (139milioni e 50mila euro
per gli anni 2009-2011) hanno destinato ai Cie un totale di 239 milioni e
250mila euro. Quest'ultima legge ha stanziato complessivamente per la lotta
all'immigrazione illegale (introduzione del reato di ingresso soggiorno
illegale, Cie e esecuzione delle espulsioni) 287milioni e 618mila euro. Gli
allegati alla finanziaria 2011 evidenziano uno stanziamento di 111 milioni di
euro per il 2011, di 169 milioni per il 2012 e di 211 milioni di euro per il
2013.
Alle risorse sinora considerate vanno aggiunte quelle necessarie per garantire
la vigilanza nei centri. Nel 2004 la Corte dei Conti ha calcolato che per il
mantenimento di 800 addetti alla vigilanza appartenenti alle forze dell'ordine
sono stati spesi 26,3 milioni di euro (32.875 euro l'anno per operatore). Il
costo è sicuramente salito negli anni successivi: nel 2009 gli operatori
assegnati a questa funzione sono stati 1000.
I costi dei rimpatri
Un costo che sembra destinato a crescere è quello sostenuto per l'esecuzione dei
rimpatri (noleggio vettori e personale di polizia che esegue l'accompagnamento).
I dati ufficiali più completi sono contenuti nel programma pluriennale di
gestione del Fondo europeo per i rimpatri che supporta gli stati membri al fine
di "migliorare e rendere più coordinata la gestione dei rimpatri" (sia "volontari" che forzati). Per gli anni 2008-2013 sono stati assegnati all'Italia
complessivamente 71 milioni e 63mila euro. Il cofinanziamento dichiarato dallo
stato italiano è pari a 40milioni e 318mila euro: ma dai 4milioni e 589mila euro
del 2008, sono messi in preventivo 9milioni e 950mila per il 2013. L'insieme
delle risorse comunitarie e statali per il periodo considerato raggiunge la
cifra di 111milioni e 331mila euro, circa 18,5 milioni l'anno.
Il controllo dei mari e delle frontiere Poi ci sono le risorse destinate al controllo e alla sorveglianza delle
frontiere esterne. Anche in questo caso interviene l'Europa con il Fondo europeo
per le frontiere esterne. Il contributo previsto per l'Italia per gli anni
2007-2013 ammonta a 211 milioni e 556mila euro; l'Italia cofinanzia il programma
pluriennale con 194 milioni e 809mila euro. Si tratta nel complesso di
406milioni e 365mila euro destinati a rendere sempre più difficile la vita dei
migranti che tenteranno di raggiungere il nostro paese per mare o via terra, in
media circa 58 milioni l'anno, ma il budget a disposizione per il 2013 è più che
doppio di quello previsto per il 2007.
Risorse a cui devono aggiungersi quelle gestite dall'agenzia europea Frontex:
tra il 2006 e il 2009 219 milioni e 828mila euro, con una crescita esponenziale
che ha portato i 19,1 milioni del 2006 agli 88,2 del 2009. Nel biennio 2008-2009
le "operazioni congiunte" di controllo dei mari e delle coste coordinate da Frontex sono state 47, 2423 i rimpatri effettuati. L'Italia ha partecipato a 10
delle 15 "operazioni" svolte nel 2009.
Non siamo in grado di quantificare le risorse destinate alla cooperazione con i
paesi terzi finalizzata al contrasto dell'immigrazione illegale, ambito per il
quale parlare di mancanza di trasparenza è un eufemismo. Di sicuro gli
stanziamenti, in particolare a favore della Libia, sono ingenti.
Troppe le informazioni mancanti per poter fare un bilancio preciso dei costi
delle politiche di espulsione e respingimento dei migranti dal nostro paese. Ma
considerando solo le risorse qui ricordate, la "cattiveria" del nostro ministero
degli Interni oltre a ledere diritti umani fondamentali ci costa molto, in media
almeno 178 milioni l'anno. Libia esclusa.
* Quest'articolo è stato pubblicato sull'inserto "Spaesati", uscito con il
quotidiano "il manifesto" il 23 novembre 2010
Azione urgente: Sgombero forzato di Rom in RomaniaBy Marie-Francoise
Created 17/12/2010
UA: 256/10 Index: EUR 39/007/2010
MANDATE PREGO GLI APPELLI PRIMA DEL 31 DICEMBRE 2010. Controllate se
l'ufficio postale invierà l'appello dopo la data indicata.
Le autorità di Cluj, una città nel nord-ovest della Romania, stanno
preparandosi ad effettuare lo sgombero forzato entro fine dicembre delle
comunità rom che vivono nelle vie Coastei e Cantonului. Amnesty International è
preoccupata che a quanto si riporta, le case saranno demolite ed alcune famiglie
verranno spostate in nuove unità abitative che non soddisfano i criteri di
alloggio adeguato, mentre altre si troveranno senza casa.
Il 15 dicembre, le famiglie di via Coastei hanno ricevuto una notificazione a
voce che intimava loro di rimuovere i loro averi entro il 17 dicembre, quando il
comune li avrebbe spostati in una sistemazione alternativa. Secondo il comune,
si stima che vivano in via Coastei 345 persone, 140 delle quali non hanno
residenza a Cluj, e che sono a rischio di essere rimandate al loro luogo di
residenza, sollevando preoccupazioni sul loro diritto alla libertà di movimento.
Le autorità non hanno consultato in maniera piena e partecipativa la comunità
coinvolta nei piani di sgombero. Il sindaco ha annunciato che 40 famiglie
saranno alloggiate in 40 nuove unità costruite ai margini della città nell'area
di Pata Rat, e che a quanti rifiuteranno di spostarsi non verrà offerta una
sistemazione alternativa. Quest'area, secondo le informazioni ricevute da
Amnesty International, è in prossimità di una discarica e separata dal resto
della città, così i residenti avranno difficoltà ad accedere ad opportunità di
lavoro e ai servizi pubblici, inclusi scuola e sanità.
Circa altre 429 persone (saranno 100 famiglie) risiedono in case, baracche
improvvisate e container in via Cantonului sono pure a rischio di sgombero. Il
numero di unità alloggiative proposto dalle autorità cittadine è limitato e si
prevede di ospitare solo 40 famiglie, il che solleva serie preoccupazioni per un
certo numero di persone che rimarrebbero senza casa se sgomberate.
SCRIVETE IMMEDIATAMENTE in inglese o nella vostra lingua:
Sollecitare le autorità cittadine per assicurare che qualsiasi sgombero
delle comunità che attualmente vivono nelle vie Coastei e Cantonului siano
condotti solo come ultima risorsa e nel pieno rispetto degli standard
internazionali sui diritti umani;
Chiedendo loro di assicurare che lo sgombero avvenga solo dopo una vera
consultazione con le comunità rom delle vie Coastei e Cantonului, per
identificare tutte le alternative possibili agli sgomberi e che vengano
condotte le opzioni di reinsediamento;
Esortare le autorità cittadine a fornire un adeguato alloggio
alternativo, compatibilmente con i requisiti dei diritti umani e che la
gente non venga trasferita a forza dal luogo originale di residenza senza
possibilità di ritorno.
MANDATE PREGO GLI APPELLI PRIMA DEL 31 DICEMBRE 2010. Controllate se
l'ufficio postale invierà l'appello dopo la data indicata.
Sindaco di Cluj-Napoca
Sorin Apostu
Str. Motilor 5
Cluj-Napoca 400001,
Romania
Fax: +40 264 599 329
Email: sorinapostu@primariaclujnapoca.ro
Copie al:
Primo Ministro
Emil Boc
Guvernul Romaniei
Piata Victoriei nr. 1,
Sector 1, Bucuresti
Romania
Fax: +40 21 313 98 46
Email: drp@gov.ro
Presidente
Traian Basescu
Palatul Cotroceni,
Bulevardul Geniului nr. 1-3
Cod postal 060116
Sector 6 - Bucuresti
Romania
Fax : +40 21 410 38 58
Email: procetatean@presidency.ro
Mandate anche copia alle rappresentative diplomatiche accreditate nel vostro
paese.
Ambasciata di Romania
Rue Gabrielle 105
1180 Bruxelles
eMail: secretariat@roumanieamb.be
Fax 02.346.23.45
INFORMAZIONI AGGIUNTIVE
Amnesty International ha visitato Cluj e le comunità rom che vivono nelle vie
Coastei e Cantonului nel dicembre 2010. Le comunità rom erano preoccupate
riguardo la minaccia di un possibile sgombero. Dissero ad Amnesty International
che - nei mesi precedenti - le autorità cittadine avevano annunciato che
sarebbero stati sgomberati. La comunità di Coastei è situata a circa cinque
minuti a piedi dal centro cittadino. Le famiglie ricevono la posta al loro
indirizzo e qualcuna di loro è collegata alla rete elettrica.
Le autorità cittadine hanno confermato - durante un incontro con Amnesty
International l'8 dicembre 2010 -i loro piani di spostare le famiglie da via Coastei
alle nuove unità abitative nell'area di Pata Rat. Secondo il vice sindaco, le
costruzioni di cinque unità per 20 famiglie dovrebbero terminare entro il 15
dicembre. Ha dichiarato che i futuri inquilini riceveranno contratti d'affitto a
breve termine che potrà essere prorogato. Il comune cita lamentele diverse
provenienti dalla vicina biblioteca e da una multinazionale nelle prossimità di
via Coastei, come ragione dello sgombero. Secondo il diritto internazionale, gli
sgomberi possono avvenire soltanto come ultima istanza, una volta che tutte le
alternative possibili siano state esplorate in una vera consultazione con le
comunità interessate. Inoltre le autorità hanno il dovere di fornire un adeguato
preavviso; rimedi giurisdizionali, una sistemazione alternativa ed un
risarcimento. Devono assicurarsi che le persone non vengano rese senza casa o
vulnerabili alla violazione di altri diritti umani come conseguenza dello
sgombero. Secondo gli standard internazionali, gli sgomberi non dovrebbero
avvenire particolarmente col cattivo tempo o di notte e le autorità hanno il
dovere di fornire un adeguato preavviso agli interessati.
Come stato parte della Convenzione Internazionale sui Diritti Politici e
Civili, la Romania ha anche l'obbligo di assicurare a tutti quanti risiedono
legalmente sul suo territorio, il diritto alla libertà di movimento e di
scegliere dove vivere. Per questo Amnesty International è preoccupata che le
persone non originarie di Cluj vengano rimandate ai loro luoghi di residenza
originale, il che violerebbe il loro diritto [...].
La Romania è parte di una serie di trattati internazionali e regionali sui
diritti umani che sanciscono severamente di proibire ed astenersi dagli sgomberi
forzati. Questi trattati includono la Convenzione Internazionale sui diritti
economici, sociali e culturali, la Convenzione Internazionale sui diritti
politici e civili, la Convenzione sui diritti del bambino, la Convenzione
Internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale e
la Carta sociale europea. Il Comitato ONU sui diritti economici, sociali e
culturali ha sottolineato nel suo commento generale 7 che gli sgomberi devono
avvenire solo come ultima risorsa, una volta che tutte le altre alternative allo
sgombero siano state esplorate. Anche quando uno sgombero viene considerato come
giustificato, può avvenire solo quando siano messe in atto appropriate procedure
di protezione e venga fornito un indennizzo per tutte le perdite, assieme ad una
sistemazione alternativa.
UA: 256/10 Index: EUR 39/007/2010
Isavelives.be: le site d'action de la section Amnesty International Belgique
francophone - Rue Berckmans, 9 - 1060 Bruxelles. Tel: 02/538.81.77
Di Fabrizio (del 21/12/2010 @ 09:09:26, in casa, visitato 1559 volte)
In dieci si erano rivolti al tribunale di Milano per chiedere al Comune di
rispettare l'intesa sull'assegnazione di 25 alloggi popolari. Il provvedimento è
rivolto anche al ministro Maroni e al prefetto Lombardi
Il giudice Roberto Bichi, della prima sezione civile del tribunale di
Milano, ha accolto il ricorso promosso da dieci rom del campo nomadi di via
Triboniano contro la mancata assegnazione delle 25 case popolari e ha ordinato
al sindaco Letizia Moratti, al prefetto Gian Valerio Lombardi e al ministro
dell'Interno, di adempiere agli accordi firmati lo scorso settembre con la Casa
della carità, Ceas e Consorzio Farsi prossimo.
Nel ricorso i legali dei rom, Alberto Guariso e Livio Neri, elencavano tutti
i passi compiuti dalle amministrazioni citate: si va dalla dichiarazione dello
stato di emergenza rom in Lombardia, del 21 maggio 2008, fino alla
sottoscrizione dei progetti tra il 5 e il 20 settembre scorso da parte dei
ricorrenti, "del dottor Francesco Russo per conto del commissario emergenza rom
e dall'amministrazione comunale, in persona del direttore di settore dottoressa
Paola Suriano". Progetti che non solo prevedevano l'assegnazione in locazione
dei 25 alloggi ancora da ristrutturare ai tre enti sociali e l'individuazione
delle famiglie a cui assegnarli, ma che anche, rimarcavano, "recano a carico di
ciascun ricorrente-firmatario il seguente formale impegno: 'Rinuncio
all'autorizzazione alla permanenza nel campo di via Barzaghi che lascerò entro
il giorno 15 ottobre (2010), consapevole che la mancata realizzazione del
progetto per responsabilità mia o dei componenti del mio nucleo familiare
comporterà comunque la perdita del diritto a risiedere nel campo".
Poi, però, si ricordava come il 27 settembre, a una settimana dall'ultima firma
dei progetti, in una conferenza stampa convocata in prefettura il ministro
Maroni avesse "affermato che i ricorrenti (come gli altri destinatari dei 25
alloggi) non avrebbero potuto acquisire gli alloggi indicati nei rispettivi
progetti, bensì altri, che sarebbero stati reperiti facendo leva 'sul gran cuore
di Milano'". Di qui la decisione di ricorrere al giudice, che ha depositato la
decisione favorevole ai ricorrenti.
Secondo una recente ricerca, i media inciderebbero sulla percezione
dell'altro, attraverso stereotipi. Così il 59% del campione ritiene che
l'ingresso degli stranieri favorisca la criminalità, il 45% crede che gli
zingari (rom e sinti) siano tutti ladri
Firenze, 16 dicembre 2010 – La discriminazione nei confronti del "diverso"
nella società attuale è molto diffusa. Lo pensano i giovani che hanno
partecipato all'indagine "Minori, mass media e diversità" realizzata dal
Centro Studi Minori e Media su un campione di 1214 studenti di 19 scuole medie
superiori di 13 città in 9 regioni italiane e presentata oggi a Firenze in un
convegno svoltosi presso la Regione Toscana .
In apertura ha portato il saluto della Regione Toscana il consigliere regionale
Gianfranco Venturi che, nel ricordare l'anniversario dell'unità d'Italia, ha
affermato che è necessario creare l' unità nel Paese fatta di diversità
solidale. Ma gli stessi studenti intervistati dichiarano, quasi per la metà,
di provare sentimenti discriminatori nei confronti delle persone diverse da sé
ed il 90% del campione ha amici che non nascondono atteggiamenti discriminatori
nei confronti degli immigrati e delle persone senza fissa dimora.
Non solo. Sebbene sia opinione diffusa che i giovani siano meno discriminanti
degli adulti, dalla ricerca è emerso, invece, che circa il 9% è più
discriminante dei propri genitori e nonni. Solo il 26 % è meno discriminante,
mentre la maggior parte (66%) riflette la posizione famigliare . "E' evidente –
ha affermato la presidente del Centro Studi Laura Sturlese, commentando i
risultati della ricerca – che la scuola, con un efficace insegnamento
dell'educazione civica , incentrata sui valori fondanti della Costituzione, e
elevata al rango di materia obbligatoria e di pari dignità, e le scuole e
facoltà di giornalismo, e un'opportuna sensibilizzazione dei media potranno
porre rimedio a questo quadro desolante ".
"I giovani oggi? Digitali nativi, aperti al mondo, a nuove tecnologie e
forme di comunicazione – afferma Isabella Poli, direttore del Centro Studi
Minori e Media - ma spesso diffidenti e discriminanti nei confronti di chi è
accanto, se "diverso". Il diverso fa paura ed allora, se per gli adulti c'è la
tentazione di rinchiudersi nel privato, per i giovani il rifugio è il branco
dove non ci si deve confrontare con l'altro, il diverso". Contradditori, come
spesso sono i giovani, non hanno pregiudizi per i compagni di scuola disabili o
per gli atleti stranieri nello sport, ma invece li hanno per gli immigrati e,
fra questi, soprattutto per asiatici, musulmani e rom che risultano loro
particolarmente antipatici .
E di contraddizioni della società stessa ha parlato anche il prof. Franco
Cambi dell'Università di Firenze che tuttavia ha individuato nelle risposte
dei ragazzi un trend di sviluppo verso un atteggiamento meno discriminante
rispetto alle generazioni più anziane. " Dobbiamo passare – ha affermato Cambi -
dalla multiculturalità all'intercultura come spazio di incontro delle diversità.
Netto, invece, il giudizio degli studenti intervistati sui soggetti più
influenti nella lotta alla discriminazione ed alla xenofobia. Ai primi posti non
risultano né le istituzioni, che hanno il compito di regolamentare e promuovere
la piena attuazione delle norme, né le principali agenzie educative quali
famiglia e scuola, alle quali compete l'educazione all'accoglienza ed alla non
discriminazione, bensì le associazioni di volontariato, la Chiesa ed i mass
media, seguiti a distanza da famiglia e scuola, e, all'ultimo posto, dal
Governo.
"Dati sconcertanti – ha affermato Chiara Dino, redattore del Corriere Fiorentino
– che rivelano la responsabilità stessa dei media sulla quale tutti noi
giornalisti dobbiamo riflettere". La Dino ha anche invitato gli studenti a
dialogare, attraverso strumenti ai giovani congeniali come i social network e
siti web , con gli operatori della comunicazione.
Il rapporto dei giovani con i media è più forte di quanto essi stessi non
credano. Sebbene solo 1 su 4 dichiari di aver formato la sua opinione sulla
diversità attraverso i media, le risposte ad altre domande rivelano l' incidenza
nei loro giudizi dei messaggi, e talvolta degli stereotipi, che caratterizzano
la comunicazione oggi. Così iI 59% del campione ritiene che l'ingresso degli
stranieri favorisca la criminalità, il 45% crede che gli zingari (rom e sinti)
siano tutti ladri ed il 36% ritiene che la religione islamica costituisca una
minaccia per l'Occidente. Però, allo stesso tempo, l'80% pensa anche che gli
stranieri facciano lavori che gli italiani non vogliono fare.
E' seguito quindi il dibattito nel quale sono intervenuti, fra gli altri,
docenti e studenti di scuole che hanno partecipato alla ricerca.
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