Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 14/02/2011 @ 09:33:40, in Italia, visitato 1697 volte)
12 feb 2011
Quattro bambini arsi vivi nel sonno, nella baracca di un microcampo abusivo
nelle campagne della via Appia Nuova a Roma. Lo scorso 6 febbraio, il destino
non poteva scegliere modo più doloroso per riproporre sull’agenda pubblica la
"questione rom", la difficile integrazione di una comunità guardata con
diffidenza e fastidio (come testimoniano alcuni inquietanti commenti apparsi sui
social network) anche quando a parlare dovrebbero essere solo le lacrime.
Dijana Pavlovic, attrice serba ma milanese d’adozione, vice-presidente della
Federazione Rom e Sinti Insieme, in questi anni ha assunto il ruolo di "voce" di
un popolo (150mila in Italia) nascosto, non riconosciuto se non come spauracchio
da agitare per raccogliere facile consenso elettorale. Con lei abbiamo
affrontato le ragioni di questa difficoltà.
Dijana, qual è l’origine dei pregiudizi verso i rom?
"Non sono una psicologa ma avverto il peso del cliché, anche romantico, che
pesa sulla figura dello zingaro. Evoca libertà ma anche mistero, oscurità,
furto. E’ vero: il popolo tzigano è distante dal rigido inscatolamento tipico
dell’occidente. I rom hanno sempre vissuto segregati eppure per noi la libertà è
un atteggiamento mentale, la straordinaria capacità di vivere la vita alla
giornata. Prendere la fisarmonica e cantare nei momenti più difficili. Non è una
visione pittoresca ma la realtà profonda. Un’immagine che porto con me degli
sgomberi a Milano è una fila di persone, amici, tutti con la valigia in mano,
scortati dalla polizia per abbandonare la loro casa. Tra loro un signore
anziano, con i baffi, che in preda alla rabbia, alla disperazione, ha preso una
fisarmonica ed ha iniziato a suonare. Toglieva il respiro. La società è troppo
legata all’idea del possesso, vali in base a quello che hai nel portafogli. Gli
zingari, invece, si giudicano tra loro in base a quello che sei. E questo in
occidente fa molta paura".
A che punto è la battaglia sulla richiesta dello status di minoranza
linguistica?
"Al punto zero. Nel 1999 i rom non sono stati inclusi nella legge che regola
la materia, eppure la comunità italiana è presente sul territorio dal 1400. E’
un problema tecnico: in Italia lo status si riconosce solo ad una comunità
legata ad un territorio. I rom non lo sono, per la specificità della loro
cultura. E’ solo una scusa che nasconde una precisa volontà politica: non
riconoscere i rom, non stabilire un rapporto e quindi non rispettarli".
Qual è il ruolo della scuola?
"In Italia siamo indietro, a scuola i bambini rom sono dati per spacciati.
In altri paesi ci sono rom laureati, qui manca completamente una classe
dirigente. Nessuno si preoccupa della conservazione della lingua romanes, il
vero "luogo" della cultura rom. E’ difficile quando vivi nei ghetti, provare ad
uscirne. Ti racconto un episodio che ho vissuto quando facevo la mediatrice
culturale nelle scuole: seguivo un ragazzino rom di 11 anni, molto sensibile.
Ogni mattina era prelevato da uno scuolabus con la scritta "pulmino rom". A
scuola era scaricato in una classe con la scritta "aula rom". Lui capiva
perfettamente di essere trattato diversamente. Un giorno la preside, gli dice
"resisti, che tra un anno per te la scuola è finita". Lui mi guarda e chiede:
"Perché io non vado alle medie?". Per la preside era scontato che abbandonasse
gli studi, nonostante fosse capace di continuarli".
Qual è l’episodio di discriminazione più detestabile che ricordi?
"I disegni degli scolari napoletani a Ponticelli con le scritte ‘bruciamoli
tutti’. E l’infamante stereotipo degli zingari rapitori di bambini. E’ l’accusa
che fa più male, davvero ingiusta. A quella di "ladri" siamo abituati ma
basterebbe conoscerci solo un po’ per capire che i bambini sono amati e
rispettati, sono il centro della nostra cultura. Immagina il dolore per quanto
accaduto a Roma domenica scorsa".
Sabino Di Chio
Di Fabrizio (del 14/02/2011 @ 09:22:09, in Italia, visitato 1686 volte)
Stavolta si è trattato solo di uno
sputo.
Poteva finire molto,
ma molto peggio.
Perché lo scrivo? Perché solo qualche settimana fa abbiamo
fatto indigestione della parola MEMORIA, ma la memoria è vigliacca: si desta
quando meno te l'aspetti. Anche se il giorno di san Valentino meriterebbe un
post diverso
Di Fabrizio (del 14/02/2011 @ 09:16:27, in Europa, visitato 1605 volte)
Virgilio notizie
Anche presidente Basescu ha detto che non la firmerà mai
Roma, 9 feb. (TMNews) - Rom somiglia troppo a romeno. E così a Bucarest qualcuno
aveva pensato di cambiare la denominazione ufficiale della minoranza, adottando
il termine "zingaro". Tuttavia, il Senato oggi, secondo quanto riferisce
l'agenzia di stampa Mediafax, la proposta di legge è stata bocciata.
Sono 51 i senatori che hanno votato contro la proposta. Ventisette si sono
espressi a favore, cinque si sono astenuti. E' stato così ignorato il parere
delle commissioni per i diritti umani e le pari opportunità che avevano
approvato la proposta avanzata dal parlamentare liberaldemocratico Silviu
Prigoana.
L'Accademia di Romania e parte del governo avevano dato il loro sostegno alla
legge, affermando che il termine "zingari" è utilizzato nella gran parte dei
paesi europei. Si erano invece detti contrari il ministero della Cultura, il
ministero degli Esteri, il Dipartimento per le relazioni interetniche e il
Consiglio nazionale contro la discriminazione.
Il presidente romeno Traian Basescu, in un'intervista al Financial Times a
metà dicembre, aveva detto che non avrebbe mai promulgato la legge, perché
sarebbe stato un gesto di discriminazione nei confronti della comunità rom.
La legge deve ancora essere discussa alla Camera dei deputati.
Di Fabrizio (del 13/02/2011 @ 09:49:25, in Italia, visitato 1802 volte)
Che gli anarchici non siano teneri con lo Stato, è una cosa
risaputa. Però, prima che si smetta di parlarne, è interessante seguire la loro
ricostruzione di cosa è successo, non solo una settimana fa, ma in questi anni
Roma, 6 febbraio. Quattro bambini bruciano vivi in una baracca ai margini del
nulla metropolitano.
Siamo a Tor Fiscale. Assi, plastica, poche povere cose. Basta una scintilla, un
braciere acceso per tenere lontano l'inverno, e il fuoco si mangia tutto.
Il resto è copione già visto. La disperazione dei parenti, l'indignazione del
sindaco post fascista della capitale, che strilla che servono poteri speciali
per fare campi sicuri, che si infuria contro la burocrazia. Un alibi traballante
ma poco importa. In fondo sono solo zingari.
La mattina dopo arrivano le ruspe e tirano giù tutte la baracche. L'ordine è
ripristinato.
Arriva anche la magistratura, che mette sotto inchiesta il padre e le due madri:
abbandono di minore. La madre di tre dei bambini e nonna del quarto non crede
all'incidente: il braciere era lontano, le fiamme sono divampate troppo in
fretta.
Una vicenda che ne ricorda un'altra di qualche anno fa.
Quattro bambini rom morirono nell'incendio di una baracca di legno sotto ad un
cavalcavia, vicino alla raffineria di Stagno, a Livorno, l'11 agosto del 2007. I
genitori vennero arrestati con l'accusa di abbandono di minore e di incendio
doloso, nonostante avessero detto di essere stati aggrediti.
Prosciolti dall'accusa di incendio doloso, patteggiarono e vennero scarcerati
perché incensurati. Sulla vicenda calò il silenzio nonostante il rogo fosse
stato rivendicato del GAPE – Gruppo Armato di Pulizia Etnica.
Quando ci sono di mezzo i rom viene sfogliato l'intero florilegio di pregiudizi
razzisti nei loro confronti. Se i bimbi muoiono è colpa loro, che non ci badano,
che vanno in giro a rubare, che li fanno vivere in roulotte e baracche.
Come se qualcuno – davvero – potesse scegliere di vivere di elemosina in una
baracca senza nulla.
Esemplari le dichiarazioni razziste di Tiziana Maiolo, di Futuro e libertà, dopo
il rogo di Tor Fiscale. Per lei i bambini Rom che fanno pipì sui muri sono meno
educati del suo cagnolino.
Nel luglio del 2008 una bambina rom, appena sgomberata da una ex fabbrica
abbandonata in via Pisa a Torino, disse "almeno per un po' ho vissuto in una
casa vera". Una casa con il gabinetto. E porte, finestre, luce… Dopo lo sgombero
la riportarono lungo il fiume in una baracca piena di topi.
A Torino, il 14 ottobre del 2008 andò a fuoco un campo rom in via Vistrorio. Tre
molotov in punti diversi e l'insediamento sulle rive del torrente Stura andò in
fumo. Ci vivevano 60 persone.
Non andò peggio perché un ragazzo diede l'allarme. I giornali allusero alla
possibilità che il campo l'avessero bruciato gli stessi rom, per forzare la mano
al comune ed ottenere posto nell'area allestita per l'emergenza freddo. Le
prove? Non era morto nessuno!
Qualche mese dopo, la magistratura, dopo decine di aggressioni a immigrati e
tossici, mise gli occhi sul gruppo fascista "Barriera Domina": nei telefonini di
alcuni di loro trovarono le scansioni dei giornali che parlavano del rogo di via
Vistrorio. Due righe in cronaca e poi l'oblio.
Chi ha dato ha dato, chi avuto avuto.
Sulla vicenda il sito Ojak, oggi purtroppo non più attivo, fece una
controinchiesta.
Quelli come Alemanno vogliono i campi. Altri vorrebbero cacciare tutti. I più
chiudono gli occhi e non guardano, magari si commuovono anche un po'. I bambini
fanno sempre tenerezza.
Il rogo di Tor Fiscale, come già quello di Stagno, ha fatto notizia perché i
bambini erano quattro, altrimenti sarebbero bastate poche note in cronaca,
ordinaria amministrazione.
Un bambino muore di freddo, un altro bruciato, un altro se lo porta via una
banale influenza.
Infinito l'elenco dei campi rom andati in fumo. A volte distrutti da bravi
cittadini, decisi a fare pulizia. Etnica. Altre volte bruciati dalla povertà che
non concede sicurezza.
Resta il fatto che quei quattro bambini sono stati ammazzati. Resta il fatto che
ogni giorno, in qualche dove, c'è qualcuno che muore. Muore di povertà.
La povertà non è un destino.
I responsabili siedono sui banchi dei governi e nei consigli di amministrazione
delle aziende.
Nessuno si creda assolto, perché l'indifferenza è complicità.
Federazione Anarchica Torinese -FAI
Per approfondimenti
www.noblogs.senzafrontiere.org
Di Fabrizio (del 13/02/2011 @ 09:40:54, in Italia, visitato 1686 volte)
Blitz quotidiano
La Lega vuole chiudere l'Unar, l'ufficio per il contrasto alle discriminazioni
razziali, finanziato dallo Stato con due milioni di euro annuali. L'osservatorio
anti-razzismo potrebbe essere soppresso grazie a una proposta dei senatori del
Carroccio al decreto Milleproroghe. Con questa mossa il partito intende fermare
"questi oscuri burocrati che da sei mesi a questa parte si sono messi a fare
politica trasformandosi in maestrini dalla penna rossa: qui siete razzisti,
lì xenofobi, abusano del concetto di discriminazione indiretta e pretendono una
parificazione totale tra il cittadino autoctono e l'extracomunitario ospite
temporaneo. Quei due milioni sono soldi buttati, l'ufficio va soppresso", dice
Sandro Mazzatorta, senatore leghista.
La Lega Nord, attraverso cinque senatori, con la modifica numero 1.146 (andrà
ai voti all'inizio di marzo) ha chiesto la soppressione "a decorrere dal 31
marzo 2011" dell'Unar, nato per volontà dell'Unione europea e accolto dal
governo Berlusconi solo nel 2005. In un successivo emendamento, già depositato,
si suggerisce che quei soldi siano destinati "alla Fondazione Teatro Regio di
Parma per la realizzazione del Festival Verdi". L'Ufficio contro le
discriminazioni è insediato in tutti i paesi dell'Unione europea e solo in
Italia e in Finlandia ed è a libro paga del governo (con soldi comunitari, in
verità).
La Lega dice che i due milioni annui spesi per finanziare l'Unar sarebbero
inutili. Ma cosa fa precisamente l'Agenzia anti-razzismo? Questi alcuni
interventi compiuti negli scorsi anni. L'Unar intervenne sui bonus vacanza
proposti dal ministro Brambilla chiedendo dati anche in base alla cittadinanza.
L'ufficio ha anche aperto un contenzioso con il Comune di Trieste:
"Discriminanti i bonus bebè". Richiamo per un manifesto leghista a Prato che
raffigurava arabi e zingari in fila davanti agli italiani.
10 febbraio 2011 | 11:25
Di Fabrizio (del 13/02/2011 @ 09:20:00, in Italia, visitato 1702 volte)
Venerdì 18 febbraio, ore 17.00
in via Treviso 33 - MILANO*
Storia dei Rom e dei Sinti dall'India alle nostre periferie, secoli di
emarginazione e persecuzioni contro un popolo "diverso", con particolare
attenzione allo sterminio operato dai nazisti durante la Seconda Guerra
Mondiale.
Interviene Paolo Finzi, della rivista anarchica "A", produttore del doppio
DVD + libretto "A forza di essere vento. Lo sterminio nazista degli Zingari"
(una traversa di via Padova)
autobus 56 oppure MM2 (linea verde) fermata Cimiano
tel. 02-89.91.9073 / 340-6055.786
fax 02-40.04.4537
email martesana.mi@usi-ait.org
Di Fabrizio (del 12/02/2011 @ 09:53:21, in Italia, visitato 1893 volte)
Una società che non sa fermarsi, anche piangere, e pensare cose nuove quando
quattro bambini muoiono bruciati perché senza la stufetta, alla lunga,
morirebbero di malattia e di freddo, ha poco futuro. Perché la pietas,
che contiene commozione, compassione, rende intelligenti e aiuta a costruire
soluzioni più umane. Non è chiaro se Roma, la gente comune, riuscirà a resistere
alle banalità volgari di chi invoca misure «drastiche», «se ne tornino a casa
loro», «se non hanno occupazione e un luogo dove stare vengano espulsi con la
forza» (il responsabile del Comitato per la sicurezza), e così via.
Tutte le indagini su intolleranza e razzismo rilevano un sentimento anti-rom
in cima alla graduatoria, in tutta Europa. E si scatena di più in tempi di
fragilità sociale, indicando capri espiatori facili, gli "zingari". Un popolo di
ragazzini (la metà di quelli che sono in Italia sono minori), la metà italiani
da secoli (dove andrebbero espulsi?), gli altri tutti europei, di cui una parte
consistente ex-jugoslavi, alla seconda generazione di nati in Italia: ma sono
anni che la proposta della Comunità di Sant'Egidio di rilasciare un permesso di
soggiorno di lungo periodo non ha risposta, e vengono lasciati in un limbo
legale che crea marginalità e, davvero, il contrario della sicurezza.
Su tutto questo scontiamo, oggi, il precipitato di una predicazione del
disprezzo e della paura che a Roma – in una delle città più sicure del mondo –
ha fatto della questione "rom" un perno di campagne elettorali che non sono mai
finite e che hanno autorizzato i romani a non vergognarsi dei propri istinti un
po' bassi. Per gli "zingari", vittime dello sterminio razzista mai risarcite e
di un "anti-gitanismo" per cui non esistono nella società europea e italiana gli
anticorpi che esistono verso l'antisemitismo, non valgono, anche per gli
amministratori, quasi mai, quello che vale per la gente comune. Che hanno gli
stessi desideri e necessità che abbiamo "noi". E finché non si pensa in questo
modo le soluzioni offerte sono tutte parziali e alla fine inefficaci.
Per gli zingari non vale normalmente l'idea che la responsabilità anche
penale è personale. Se uno commette un reato tutto il gruppo può essere
allontanato perché pericoloso socialmente e anche la "casa", persino in campo
attrezzato legale e pagato dai contribuenti, può essere abbattuta, assieme
all'intero campo (è accaduto). Per gli zingari continua la leggenda che «non
vogliono casa» e il massimo che si pensa è «villaggi attrezzati», finora di
pessima qualità: se temporanei è un conto, se uno li concepisce come l'approdo
di una vita è un altro.
Non è solo la giunta attuale, a Roma, che è in ritardo. Tutte le giunte degli
ultimi vent'anni, nonostante gli sforzi, similmente hanno fallito l'obiettivo:
perché mai, simultaneamente, è stata creata la sicurezza abitativa per tutti,
assieme a un piano di inserimento scolastico accompagnato, per tutti: anche con
borse di studio, come si è fatto per l'Italia più povera, nel dopoguerra o negli
anni '70 a Roma, quando sono state eliminate le baracche e i borghetti.
E da vent'anni e più, a metà anno, in un gioco dell'oca autolesionista, gli
sgomberi sollecitati dalla popolazione interrompono i percorsi di inserimento
scolastico e anche il monitoraggio delle forze dell'ordine. C'è da augurarsi che
con la commozione si avvii un piano vero. Per l'inverno, se non c'è di meglio,
anche le caserme, cose con un tetto. Ma che sia un piano che accanto ai 13 campi
da finire di realizzare preveda una transizione e una compensazione anche di
affitti e edilizia "normale". Che preveda la possibilità di un'alternativa
quando due gruppi sono troppo disomogenei e non possono vivere insieme. Il
diavolo sta nei dettagli e questi sono dettagli da tenere in considerazione.
Come generalizzare il progetto europeo (già attivo con sant'Egidio) di
scolarizzazione incentivata, con percorsi di inserimento professionale
accompagnato, in maniera personalizzata.
Sono in tutto 7000 persone, in gran parte ragazzini. Per Roma si tratta di
350 persone per circoscrizione. Non è una grande emergenza. L'unica emergenza
vera è fare rientrare i bassi istinti di tutti. O qualunque soluzione sarà
difficile.
Mario Marazziti
Di Fabrizio (del 12/02/2011 @ 09:09:01, in Italia, visitato 1627 volte)
Segnalazione di Marco Brazzoduro
OPINIONI
8/2/2011 Caro direttore,
La Stampa ha dedicato la sua apertura al rogo nel campo nomadi della via Appia,
a Roma, sottolineandone il carattere tragico e il rilievo politico. Le scrivo
per sottoporre alla considerazione dei suoi lettori alcune informazioni sulla
situazione dei rom in Italia che non ho ancora visto riportate sui giornali.
Il sindaco Alemanno si è lamentato, ieri, per gli impedimenti burocratici che
avrebbero ostacolato una da lui auspicata accelerazione della politica di
sgomberi attualmente in vigore in almeno cinque regioni d'Italia, una politica
che faciliti il ricollocamento dei nomadi nelle aree a loro destinate dalle
municipalità sulla base di piani nomadi formulati dalle municipalità. Ebbene, mi
pare che il sindaco dimentichi che in Italia vige ufficialmente, dal maggio
2008, uno «Stato di emergenza in virtù della presenza delle comunità nomadi» che
conferisce - sulla base di una legislazione di protezione civile concepita per i
disastri naturali - dei poteri straordinari ed eccezionali ai commissari
delegati all'emergenza, tra cui i prefetti di Roma e Milano.
Dal maggio 2008 con cadenza annuale lo stato di emergenza in virtù della
presenza dei nomadi è stato rinnovato puntualmente ed esteso a cinque regioni
italiane - l'ultima volta nel dicembre scorso protraendo la fine dell’emergenza
al dicembre 2011. I commissari straordinari hanno goduto, negli anni passati, di
ampissimi poteri che hanno loro consentito addirittura di censire le popolazioni
rom presenti nelle loro regioni (cittadini italiani o no), con un'iniziativa del
tutto dubbia dal punto di vista del diritto alla privacy e alla non
discriminazione. La stessa emergenza nomadi ha permesso che nella sola città di
Milano siano stati eseguiti 170 sgomberi nel 2010 e che sia nel capoluogo
lombardo che a Roma siano stati adottati dei regolamenti comunali eccezionali
che si applicano ai soli campi nomadi, prevedendo condizioni di soggiorno
speciali per i loro abitanti, quali la necessità che l’intero nucleo familiare
sia esente da condanne passate in giudicato anche se scontate; che si debba
mostrare un tesserino di riconoscimento per accedere alla propria area
attrezzata; che non si possano invitare conoscenti e che non si possa circolare
nei campi dopo le 22. Campi spesso sorvegliati da polizia privata. E’ una
legislazione dubbia e speciale nelle mani dei sindaci delle due principali città
d'Italia per fronteggiare l'emergenza nomadi. Inoltre esiste una banca dati
fornita dal «censimento nomadi» che serve a conoscere la sussistenza e la
collocazione degli accampamenti informali.
Quanto le descrivo qui sopra è tutt’altro che esente da profonde criticità sotto
il profilo del rispetto della parità di trattamento e dei diritti umani
fondamentali. Oggi, mi chiedo, quali altri poteri desidera avere il sindaco
Alemanno per fronteggiare l'emergenza? Persino cospicui fondi statali - più di
15 milioni di euro per commissario delegato - sono stati messi a disposizione.
Sia a Milano che a Roma quei finanziamenti sono stati usati per gli sgomberi e
per il ricollocamento in aree destinate, scelte tra le più inaccessibili e meno
appetibili delle periferie urbane, aree ampiamente sovraffollate perché a Roma -
complice un sentimento antirom efficacemente diffuso dalle pubbliche istituzioni
- nessuno ha voluto vendere al Comune aree da destinare ai «villaggi della
solidarietà».
Diciamo piuttosto che dal maggio 2008 l'emergenza nomadi è stata un pretesto che
non ha risolto i problemi creati dall'effettivo afflusso di molte comunità rom
dall'Est dell'Europa in una situazione già ampiamente degradata da politiche
locali irresponsabili di segregazione, adottate in oltre venti anni nei Comuni e
nelle regioni italiane. I poteri di emergenza in uso dal 2008 sono serviti ad
attuare politiche ampiamente inaccettabili dal punto di vista del diritto
all'eguaglianza ma altamente popolari data la comune antipatia verso i rom:
censimenti, sgomberi, rimpatri, spostamento forzoso verso campi sovraffollati e
dove vige un diritto «speciale». Perché il padre di quei bambini avrebbe dovuto
portarli a vivere in un campo attrezzato regolato da norme simili? E magari
ancora più inaccessibile del luogo dove effettivamente si è compiuta la
tragedia? Pochi giorni fa, qui a New York, l'Italian Academy della Columbia
University ha dedicato la sua annuale conferenza sulla memoria dell’Olocausto ai
rom. In Italia non si sa neanche che c'è stato un Olocausto rom, in cui, come
succede oggi, i rom erano obbligati a vivere in campi speciali, dove vigevano
leggi speciali e dove le condizioni di vita non erano certo migliori di quelle
che si potevano creare da soli, nelle baracche certo pericolose e pericolanti,
ma almeno esenti dal diritto speciale dei sindaci.
COSTANZA HERMANIN Ricercatrice dell’European University Institute Fulbright
Fellow alla Columbia Law School, New York
Di Fabrizio (del 12/02/2011 @ 09:08:39, in Italia, visitato 1695 volte)
sabato 19 febbraio alle 16.30
presso la Biblioteca, Via Piave - CESATE (MI)
Il Gruppo 135 di Saronno è lieto di invitarvi all'evento "Porrajmos - la
persecuzione dei sinti e dei rom" organizzato dall'Associazione Culturale
UmanaMente in collaborazione con la Biblioteca di Cesate e Opera Nomadi.
Interverrà Goffredo Bezzecchi - superstite rom dello sterminio nazista.
Suonerà Jovic Jovica - fisarmonicista serbo.
Seguirà filmato "A forza di essere vento".
Breve intervento di Amnesty International in merito all'attuale politica di
sgomberi forzati, senza adeguate alternative abitative, che non costituisce una
risposta alla povertà e all'emarginazione di tante persone rom.
Al termine aperitivo etnico. Ingresso libero.
Per informazioni: gr135@amnesty.it -
info@umanamentecesate.it
L'evento su
Facebook
Di Fabrizio (del 11/02/2011 @ 09:45:03, in Italia, visitato 2280 volte)
Il Giornale di Vicenza L'EMERGENZA. Il Comune attende dal Ministero
dell'Interno un finanziamento di 400 mila euro. Variati: «Tragedie come quella
accaduta a Roma potrebbero ripetersi in altre aree, vogliamo creare condizioni
di sicurezza»
Roulotte fatiscenti e bombole del gas: via Cricoli è fuori norma
08/02/2011 Vicenza. Una bomba a orologeria. Campi nomadi fuori norma,
condizioni igieniche precarie, misure di sicurezza approssimative. Vicenza
non fa eccezione: il rischio di una tragedia come quella che ha bruciato la vita
dei quattro fratellini a Roma può materializzarsi dall'oggi a domani. Il sindaco
Achille Variati lancia un appello al Viminale: sbloccate i fondi destinati alla
riqualificazione e messa a norma dei campi comunali di via Cricoli e via Diaz,
dove vivono 200 rom e sinti, quasi la metà minorenni.
IL PROGETTO. Nei cassetti comunali da un anno c'è un progetto che vale 400
mila euro, candidato al giro di finanziamenti messi in palio dal ministero degli
Interni per intervenire nei campi nomadi ed eliminare alla radice le condizioni
di pericolo che possono generare incidenti, degrado, distruzione, morte.
Entrambi i campi sono del tutto fuori norma. Non rispettano le più elementari
norme urbanistiche, igieniche e di sicurezza.
L'ALLUVIONE. In particolare in via Cricoli, sono concentrate decine di
persone in pochi metri quadrati, lungo una arteria ipertrafficata, accanto a un
fiume, l'Astichello, che proprio in quella zona è portato a esondare trovando
sfogo nella campagna. A novembre l'alluvione ha costretto il Comune a evacuare
il campo, minacciato dalla piena dell'Astichello, arrivato a mezzo metro dalle
roulotte. Come se non bastasse, l'area è perimetrata da reti e muri di fortuna
per separare sinti da rom. I servizi igienici sono pochi per molti utenti, sono
fatiscenti e quando piove, a causa di impianti obsoleti, parte del campo si
trasforma in una fogna a cielo aperto. Di qui la necessità di intervenire per
creare piazzole adeguate e impianti a norma che non siano le numerose bombole
che circolano tra i caravan.
LA PARALISI. Nonostante alcuni segnali positivi nella scorsa primavera,
l'erogazione dei contributi ministeriali (che dovrebbero oscillare tra i 240 e i
400 mila euro) si è improvvisamente arrestata e arenata per un supplemento di
analisi e approfondimenti. Nei giorni scorsi l'assessorato ai lavori pubblici ha
inviato le ultime carte al prefetto di Venezia, commissario governativo per il
caso nomadi nel Veneto. Non resta che attendere una risposta.
L'ICEBERG. Il sindaco Achille Variati sottopone la realizzazione del progetto
di riqualificazione a una sorta di contratto sociale, che prevede il rispetto
delle strutture e delle regole di comportamento, compresa la scolarizzazione dei
minori e il pagamento delle bollette. «Fatti come quelli di Roma - avverte
Variati - sono la punta dell'iceberg del grande tema dell'inclusione dei nomadi.
Una tragedia che fa notizia per la sua atrocitá, ma che potrebbe accadere in
tanti campi nomadi italiani. E questo non può e non deve essere accettato o
tollerato. Perché la cura dei diritti dei bambini, in modo particolare, riguarda
chi governa al di lá di ogni altra considerazione, prima di qualsiasi giudizio.
Bene aveva fatto il ministro Roberto Maroni a stanziare fondi straordinari per
mettere in sicurezza i campi nomadi. Noi, quando riceveremo i fondi statali per
i quali avevamo fatto richiesta più di un anno fa, li useremo con un doppio
obiettivo. Assicurare condizioni di vita decorose ai nomadi, pensando in
particolare ai bambini, riqualificando i due campi vicentini. E avviare le
comunità sinti e rom della nostra città a un percorso di rispetto dei doveri di
cittadinanza: dando opportunità a chi accetta di integrarsi ai nostri codici di
condotta, ma agendo con severità nei confronti di chi dovesse trasgredirli».
Gian Marco Mancassola
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