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\\ Mahalla : VAI : lavoro (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 05/09/2008 @ 08:53:13, in lavoro, visitato 1737 volte)

Da Czech_Roma

Agenzia trova lavoro per 40 Rom nella regione di Ostrava

By ČTK - 1 settembre 2008

Ostrava, Nord Moravia, 29 agosto (CTK) - L'agenzia per il reclutamento Rom ha trovato lavoro per 40 Rom dal 2006, nel quadro del progetto triennale Romcentrum, fondato dalla UE, ha detto venerdì a CTK il manager del progetto Lubomir Kuznik, dell'Associazione dei Romanì della Nord Moravia.

L'agenzia che è situata a Karvina, una cittadina vicino a Ostrava, registra ora circa 250 Romanì in cerca di lavoro, la maggior parte uomini.

"Cerchiamo lavoro su Internet, ma abbiamo anche contattato degli imprenditori regionali," ha detto Kuznik.

Ha detto che i datori di lavoro spesso considerano i i Romanì in cerca di impiego come un potenziale problema già prima di incontrarli.

D'altra parte, ha ammesso che anche molti Romanì sono da rimproverare. Alcuni di loro non sono interessati al lavoro e vanno in congedo per malattia dopo tre mesi.

Jan Rychly, capo dell'ufficio collocamento di Karvina, ha detto di apprezzare gli sforzi dell'agenzia.

Ha detto che il suo lavoro è difficile perché si trattava di persone mancanti di qualsiasi qualifica e poco abituata ad andare regolarmente a lavoro.

Rychly ha detto che è molto importante che persone della comunità Romany lavorino nell'agenzia.

Come parte del progetto Romcentrum, operatori sul campo hanno visitato le località Romanì nella regione di Ostrava, conosciuta per le miniere e l'industria pesante, ed hanno informato le persone su come comportarsi con un nuovo lavoro e come agire con i funzionari statali, ha detto Kuznik.

Ha poi detto che è stata lanciata una cooperazione con due scuole con molti studenti Romanì.

Kuznik ha detto che la UE non rifinanzierà il progetto, ma che alcune delle attività continueranno, come l'agenzia di reclutamento e la cooperazione con le scuole.

This story is from the Czech News Agency (ČTK).

 
Di Fabrizio (del 24/08/2008 @ 09:07:07, in lavoro, visitato 2397 volte)

Da British_Roma

di LUCIA KUBOSOVA

Secondo le ultime cifre del Ministero degli Interni di giovedì 21 agosto, il numero degli immigrati in cerca di lavoro dall'Europa centrale ed orientale verso la Bretagna è caduto al livello più basso da quando i paesi post-comunisti si sono uniti all'Unione Europea nel maggio 2004.

La GB è stata uno dei tre stati dell'Europa occidentale che hanno aperto il proprio mercato del lavoro ai nuovi arrivati subito dopo che sono diventati cittadini UE - assieme a Irlanda e Svezia - con un numero iniziale di lavoratori arrivati che superavano largamente le previsioni del governo.

Tutti assieme, oltre 875.000 nuovi europei hanno richiesto lavoro in GB nei quattro anni dell'unione dei loro paesi alla UE.

Ma con la sterlina più debole e l'alta disoccupazione, ora la Bretagna appare meno attraente per chi cerca lavoro dal "nuovi" stati membri, con solo 40.000 richieste di registrazione lavoro in GB tra l'aprile e il giugno 2008.

L'erosione del valore della sterlina ha avuto conseguenze dirette per le paghe dei lavoratori stranieri.

Gli immigrati polacchi di solito ottenevano 3.565 zloty dalle 500 sterline, che avevano bisogno di spedire a casa per giustificare di lavorare in GB. Adesso è meno del 40%, appena più di 2.100 zloty, secondo gli esperti citati dal Financial Times.

Ma i lavoratori dai paesi come la Polonia, la Slovacchia o gli Stati Baltici sono anche stati espulsi dalla riduzione del lavoro in settori come le costruzioni, che hanno registrato un calo nei posti vacanti di circa il 13% tra maggio e luglio.

Similarmente, i posti vacanti in ristoranti, hotel e negozi sono caduti del 9% nello stesso periodo, secondo il rapporto governativo.

 
Di Fabrizio (del 21/08/2008 @ 14:44:26, in lavoro, visitato 2451 volte)

Mi piacerebbe che pubblicaste un articolo di mia moglie che è giornalista Bielorussa e scrive per varie testate locali qui a Messina. Quest'articolo è elaborato da lei sugli ultimi resoconti di medici senza frontiere. Il nome di mia moglie è IRYNA CHUMAKOVA.
grazie NICOLA PAVIA

Chi accoglie uno straniero accoglie un angelo

Una delle cose che amavo di più fare all’alba sin da piccolo, era quella di passeggiare per la lunga e bianca spiaggia del mio villaggio, Nungua Beach, sulle coste del Ghana.

Stavo ore ad osservare le lente onde del mare del Golfo di Guinea immaginandomi un futuro provetto pescatore, mentre il vento caldo mi accarezzava il volto. Ed è lo stesso vento del sud che ora mi secca la gola mentre alle 4:30 del mattino attendo insieme ad altri venti miei coetanei, tutti immigrati e rigorosamente irregolari, l’arrivo del camioncino che ci sceglierà e farà salire per andare a lavorare. Sono un lavoratore stagionale qui, in un paese sperduto della Sicilia, e so che un ennesima giornata dura e infernale sta per attendermi.

Ho dormito per terra in un cascinale abbandonato in aperta campagna con altri quattro immigrati, di cui non so neanche il nome ed in silenzio ci siamo recati all’alba all’appuntamento. Il camion arrivò, noi saltammo su sempre in silenzio, posizionandoci sul retro, e aspettammo la partenza con lo sguardo sempre rivolto a terra.

Arrivati a destinazione, ognuno di noi scese velocemente avviandosi presso la serra più grande, dove già, come sempre ogni mattina, avevano sparso i vari pesticidi; ce ne accorgemmo perché gli occhi cominciarono a bruciare, e le mani si arrossavano ogni volta che raccoglievamo i pomodori .

Il tempo scorreva e il sole cominciava a bruciare ma sapevamo che non avremmo visto acqua fino al pomeriggio, vietato fermarsi. I container lentamente si riempiono mentre i polmoni bruciano per l’aria acida, la fine della giornata ed il riposo era lontano, avremmo continuato così fino alle 19 di sera con un piccolo stacco alle 13. La paga è sempre quella, circa 16 o 20 euro al giorno, ma arriva sempre alla fine del mese e a volte si aspettano anche due mesi. Il Caporale, cosi si chiama il capo squadra, oggi è in giornata sì, ha distribuito una razione di acqua doppia, e mentre beviamo, il mio compagno di fila si piega in avanti gridando dal dolore. Il caporale imprecando fa segno ad altri due tizi a bordo coltivazione e così il poveretto viene caricato in macchina e portato via. Verrà sicuramente abbandonato davanti un posto di guardia medica per non avere guai, lui non ha i documenti.

Arriva così il fatidico fischio di fine lavoro, una vera liberazione. I padroni se ne vanno e noi ci incamminiamo come zombi verso una Masseria distante dì lì a poco. Senza acqua né luce, senza viveri e senza coperte, ci sono solo tre materassi luridi e consumati, e noi siamo in 10…

Per i servizi igienici si va in fondo alle scale, al buio, in mezzo allo sporco ed al puzzo incredibile, in silenzio. Qualcuno esce un pezzo di pane rancido, un altro è riuscito a nascondere tre pomodori nelle mutande. Stabiliamo i turni per utilizzare tre alla volta il materasso e l’odore pungente della stalla dietro, nasconde l’odore dei nostri corpi. È pericoloso uscire la notte, ci sono i ragazzi Italiani che possono menarti con bottiglie di vetro insultandoti. La stanchezza ha finalmente il sopravvento, e gli occhi si chiudono e nella notte mi ritrovo bambino, un bambino che sogna: "sicuramente da grande sarò un bravo pescatore".

I dati sono stati presi dai resoconti annuali del gruppo onlus Medici Senza Frontiere.

Iryna Chumakova

 
Di Fabrizio (del 14/08/2008 @ 17:35:21, in lavoro, visitato 2240 volte)

Ricevo da Maria Grazia Dicati

Forse per sviare l'attenzione del disagio che la politica attraverso i suoi informatori ci nega, si può pensare di inserire l’intervento del Prefetto Mosca: sembra che l’unico problema in Italia siano i Rom!

Voglio proprio vedere se questo interesse per la formazione dei bambini rom rimane acceso quando riapriranno le scuole e quali saranno gli interventi che verranno adottati.

di Flavia Amabile - La Stampa

E se mandassimo i giovani rom davanti ai supermercati a fare i lustrascarpe? L'idea è del prefetto di Roma Carlo Mosca e non si può dire che abbia riscosso grandi consensi. «Quello che è importante - spiega - non è etichettare un lavoro o un altro, ma consentire di avere quelle possibilità che hanno tutti ed eventualmente in quei mestieri e in quelle arti che oggi non sono più praticate dai ragazzi italiani. Se il termine sciuscià non ricorda il periodo del dopoguerra? Ci sono anche italiani che fanno ancora questo lavoro basta andare dietro piazza S. Lorenzo in Lucina per trovare un negozio di lustrascarpe. L’importante è garantire il diritto di lavorare e creare una senso di responsabilità nuovo e l’idea deve essere condivisa con le comunità Rom. La mia proposta prevede ovviamente il rispetto delle leggi italiane sul lavoro, è una proposta che riguarda solo chi è sopra i 14 anni».

Il prefetto insomma difende la sua idea. Ma non tutti sono d'accordo con lui. «Il linguaggio e la proposta del prefetto Mosca sono inaccettabili. È una trovata singolare e sbagliata. L’integrazione e l’accoglienza devono passare attraverso l’educazione alla legalità delle popolazioni rom e attraverso forme di lavoro adeguate», sostiene il ministro ombra Pd della Giustizia, Lanfranco Tenaglia. «Penso che ci siano altri tipi di lavoro molto più adeguati non siano quello di sciuscià».

Anche Savino Pezzotta dell'Udc trova che pulire le scarpe non sia la soluzione migliore. «Conosco il prefetto di Roma ed è una persona che stimo molto. Lui esprime la volontà di dare una possibilità, tramite il lavoro, ai rom. Ma non è che gli si debba far fare lo sciuscià, che non riesco nemmeno a capire che mestiere è... Non è che un ragazzo rom non possa inserirsi nel mondo del lavoro e per lui bisogna trovare delle figure lavorative strane. Bisogna capire la loro cultura, lavorare per l’integrazione che deve cominciare dalla scuola. Il rischio invece è quello di favorire un certo tipo di emarginazione».

Niente applausi dall'Osservatorio sui Diritti dei Minori. «Forse il prefetto scherzava... La sua comunque non è stata una buona idea. Una proposta come questa, tanto più nel 2008, non è accettabile - osserva il presidente, Antonio Marziale - Un giovane di etnia diversa dalla nostra - prosegue Marziale - deve avere gli stessi diritti e doveri di un italiano, se si trova nel nostro Paese, a patto che rispetti la cultura e le regole vigenti. Assegnare un destino predeterminato a un giovane rom è inopportuno. Sia data loro la possibilità di progredire come tutti i ragazzi. Precostituire per loro un avvenire da sciuscià è un pò azzardato».

Alla fine a sostenere l'idea non sono molti. Fra i favorevoli, la Comunità di sant'Egidio. «Sarei d’accordo con una proposta del genere - commenta il portavoce della Comunità di S.Egidio, Mario Marazziti - come su altre mille possibilità di dare lavoro reale e protetto ai rom, assieme a un percorso che deve partire dal rilascio dei documenti e della cittadinanza italiana, a Roma per almeno centinaia di bambini, figli di rom nati nella ex Jugoslavia e che adesso non hanno più cittadinanza».

 
Di Fabrizio (del 05/08/2008 @ 09:04:45, in lavoro, visitato 1873 volte)

Da Czech_Roma

I 4 milioni di Rom nella regione, affondati nella disoccupazione, povertà e malattia, sono una ruggine sociale e un'opportunità economica persa
by S. Adam Cardais

28 giugno 2008 - Sempre più spesso nell'Europa Centrale la disperazione della popolazione Romani nella regione rimane vergognosamente rimossa dai pubblici scrutini in ghetti nascosti all'esterno da capitali come Praga o Bratislava.

Ma viaggiando a sud attraverso i Balcani sino a Podgorica, dove con i bimbi al collo tirano le braccia ai turisti per mendicare, o Sarajevo, dove protette, delicate donne Romani circolano con i loro bambini - a mani tese - attraverso i caffè nella Città Vecchia Turca. Questo grida la disperazione della disoccupazione, della povertà e della malattia rampanti tra i circa 4 milioni di Rom nell'Europa Centrale ed Orientale. Gli stessi disperati paesi come la Repubblica Ceca cercano di marginalizzare - se non coprire - attraverso quello che un'organizzazione dei diritti umani con base a Praga chiama "tacito apartheid".

La quasi totale esclusione sociale dei Rom - spesso denominati Zingari - nell'Europa Occidentale ed Orientale ha ricevuto recentemente molta attenzione, specialmente dal "Decennio di Inclusione Rom", iniziativa lanciata nel 2005 da nove governi dell'Europa centrale e del sud-est per promuovere l'integrazione. Tuttavia, come può facilmente vedere qualsiasi viaggiatore nei Balcani, i Rom sono appesi a margini disperati. Di più, la recente decisione dell'Italia di prendere le impronte digitali ai Rom rivela la profondità di sotterranei sentimenti anti-Rom in Europa.

Data la considerevole attenzione, ed i miliardi di di Euro di aiuto dell'Unione Europea al "Decennio di Inclusione Rom", perché così pochi progressi? Non è mancanza di idee o di fondi, dicono gli esperti di integrazione Rom. Non è neanche che i Rom lavorino timidamente, teoria sposata dagli scettici sull'inclusione. No, dicono gli esperti, il problema è la debole volontà politica.

Però mantenere i Rom al fondo dovrebbe essere inaccettabile nella moderna Europa. Non solo è ingiusto ed immorale - è cattiva economia.

LE DIFFICOLTÀ DI CHI PAGA LE TASSE

"La povertà è costosa", dice Gwendolyn Albert di Peacework, un'organizzazione internazionale sullo sviluppo umano. "E' quello che la maggior parte della gente non capisce."

Effettivamente, l'esclusione dei Rom ha significativi costi economici che dovrebbero essere gridati fra gli argomenti a favore dell'integrazione. Può essere un approccio cinico, ma può anche avere le gambe politiche che sembrano mancare alle considerazioni morali.

I costi iniziano col lavoro. A causa della discriminazione o della mancanza di istruzione e specializzazioni, la disoccupazione Rom è sproporzionatamente alta nell'Europa Centrale ed Orientale, raggiungendo il 70% in alcuni paesi.

Nel contempo, la popolazione maggioritaria sta avanzando verso le sedie a rotelle piuttosto che i tricicli. I mercati lavorali nei prossimi decenni faranno a meno di decine di migliaia di lavoratori, così i governi dovrebbero provare a capitalizzare la loro economica e disponibile forza lavoro Romani. Ma per lo più non è così. Invece, paesi come la Repubblica Ceca stanno reclutando lavoratori stranieri per riempire il gap.

"E' assurdo portare gente dalla Mongolia alla Boemia o alla Moravia settentrionali, quando ci sono un gran numero di Rom disoccupati," dice Albert.

Specialmente considerando che la disoccupazione porta molti Rom all'assistenza sociale. Un rapporto del 2003 del Programma di Sviluppo ONU (UNDP) trovò che per oltre il 70% dei Rom nell'Europa Centrale ed Orientale, il loro reddito deriva da fonti statali come gli assegni per l'infanzia o la disoccupazione. Questa dipendenza sociale è chiaramente costosa, ma consideriamo anche che molti Rom con bassi stipendi non pagano tasse per supportare questi programmi ed i costi dell'esclusione sono chiari: il paese perde lavoratori, denaro pubblico e ingresso di tasse.

Misurare questi costi è difficile perché sono limitati i dati certi sui Rom. Quelli UNDP sono i più recenti, e coprono soltanto Bulgaria, Repubblica Ceca, Ungheria, Romania e Slovacchia. Ma gli economisti Luchezar Bogdanov e Georgi Angelov hanno calcolato il drenaggio di esclusione della Bulgaria.

In uno studio del 2007 per l'ufficio Open Society Institute di Sofia, i ricercatori hanno trovato che in 10 anni la Bulgaria avrebbe guadagnato l'equivalente dai 7 ai 16 miliardi di euro dalla piena integrazione e che il ritorno dell'investimento supererebbe il costo con un rapporto di 3 a 1.

Dicono gli esperti che il percorso per realizzare l'ambiziosa meta della "piena integrazione" nella regione deve partire con riforma politica, strutturata e coerente, che salti dalla pura consapevolezza al migliorare formazione e la sanità nelle comunità Romani. Gabriela Hrabanova, del Consiglio governativo Ceco per gli Affari Comunitari Rom e lei stessa per metà Romani, dice che il programma di Assistenza Insegnanti Rom, che forma gli insegnanti per lavorare meglio con i bambini Romani, è un progetto modello.

Sfortunatamente, dicono lei ed altri, gli sforzi di integrazione sia di Bruxelles che dei governi regionali non sono focalizzati, viene data più enfasi al progettare piani d'azione che programmi effettivamente di base. La Coalizione Politiche Rom della UE, un gruppo di organizzazioni di difesa legale, è arrivata ad una conclusione simile riguardo l'agenda UE del 2 luglio sull'affrontare l'esclusione, dicendo che lasciava la responsabilità agli stati membri, non riuscendo a proporre una singola strategia europea effettiva.

La coalizione spera in progressi reali alla Conferenza UE di settembre sui Rom. Senza dubbio la si svolgeranno molte discussione sul cammino dell'Europa sul tema dell'integrazione.

Forse qualcuno inghiottirà il relativo cinismo e ne farà un argomento economico. Potrebbe incitare i leader all'azione.

Provided by Transitions Online - Intelligent Eastern Europe

 
Di Fabrizio (del 30/07/2008 @ 09:23:46, in lavoro, visitato 2584 volte)

Dal blog Deviousdiva

Un recente articolo sulla comunità Rom a Votanikos dal giornale nazionale Eleftheros Typos (in greco). Guarda alla salute ed ai rischi per i fuochi che bruciano le guarnizioni dei cavi di rame. La comunità rivende il rame come mezzo di sostentamento. La diossina emessa causa il cancro e può avere effetti nocivi durevoli sulla catena alimentare nella regione.

Eva Zimaraki (dell'Associazione degli Zingari Greci) ha detto:

"Non vogliamo la repressione. Chiediamo di trovare una soluzione che ci permetta di sopravvivere"

Una soluzione che è stata suggerita è una collaborazione con compagnie di riciclo per assicurare una occupazione salutare per la comunità e un'importante risorsa per la città. Tuttavia, come in tutti gli sviluppi per i Rom, niente è stato realizzato.

Alla sinistra del testo una galleria fotografica.

 
Di Fabrizio (del 22/07/2008 @ 09:10:00, in lavoro, visitato 1812 volte)

Da Mundo_Gitano

Spagna: I Gitani rumeni si allontano dallo stereotipo
Por: JOAN M. OLEAQUE
La maggioranza lavorano, non sono nomadi, hanno figli scolarizzati e scommettono sull'inserimento

Valencia - 14/07/2008 - Si chiama Mirela, ha 17 anni, è gitana rumena. Come altre  ragazze, segue un corso per imparare ed essere salariati. Lo fa nella sede di Valencia della Fundación Secretariado Gitano. Veste alla maniera occidentale, senza ori e gonne lunghe.

L'estetica gitana dell'Europa dell'Est è più eterodossa di quanto crediamo. In parte, è legata a differenti sottogruppi di individui. Ci sono i tradizionalisti ed i più modernizzati. I più chiusi sono poco penetrabili, rari da inserire. I più aperti entrano ed escono dalle strutture della società maggioritaria cercando legami.

Mirela vuole essere parte attiva del paese dove vive adesso. Non è un buon momento, neanche per le politiche migratorie. Però con la sua attitudine, la ragazza contraddice tutto quello che ha giudicato della sua etnia Gianfranco Fini, presidente della Camera dei Deputati italiana. L'ex leader di Alleanza Nazionale ha detto in pubblico che risulta impossibile fare qualcosa col popolo rom. Secondo lui, i gitani dell'Est considerano "lecito" rubare, non lavorare e prostituirsi. Queste tipiche accuse, oltre ad un oscuro collegamento dei gitani rumeni con delitti e scandali, sono state brandite dal Governo di Berlusconi per espellerli e per prendere loro le impronte - minori inclusi -. Quello che è stato condannato dal Parlamento Europeo e che è proibito dall'articolo 14 della Convenzione Europea per la Protezione dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali.

Anche in Spagna sono collegati popolarmente - però non in modo politico - con malefatte di ogni tipo. Isolamento, violenza, inciviltà, delinquenza ed estorsioni a minori sono assunti come qualcosa di unico alla loro esistenza. Tuttavia, Mirela, in un castigliano che ha imparato guardando la tv, prova a resistere in modo abbastanza logico. "La mia famiglia vive del ferro, lo raccoglie, lo vende, è un lavoro che i valenciani non vogliono fare. Io arrivai a 14 anni, scappammo dalla Romania perché lì non avevamo niente", dice. "Arrivammo per provare ad avere qualcosa. Non è quello che cercano tutti?" si chiede.

La differenza è che loro, come collettivo, sono perseguitati da un forte stigma di paria. "Tuttavia molti di loro stanno facendo sforzi reali per integrarsi", indica José María Martínez, del Secretariado Gitano, tecnico del programma di inserimento per il popolo rom. "Solo nella Comunità Valenciana abbiamo mantenuti contatti con circa 400 gitani rumeni e bulgari, ed abbiamo incontrato pochi esempi di delinquenza o di sfruttamento di minori". "Però questi casi, quando ci sono, generano molto conflitto e finiscono intossicando il resto". Secondo José Sánchez, responsabile dell'Impiego nella nazione di questa organizzazione, "potrebbero esserci circa 50.000 gitani dell'Est nel nostro paese, ed una parte importante è arrivata per restarci". Nella provincia di Valencia la cifra comprenderebbe 3.000 individui (del resto della Comunità Valenciana non esistono cifre certe). Secondo José María Martínez, "predominano quelli che mostrano una buona adattabilità al sistema". "Quello che succede è che sono diluiti e non li relazioniamo con quelli che percepiamo essere gitani dell'Est", aggiunge.

Marius, per esempio, è uno di questi rom che ha aperto il cammino. E' evangelico ed è da molti anni nel nostro paese. "Faccio da autista per gente che lavora nel campo, ho i miei permessi, pago l'affitto", espone. "In Spagna non si vive di storie, non si può: io lavoro 60 ore la settimana".

Mentre racconta, condivide il tavolo in un caffè con Vasil, un bulgaro sulla trentina - il 20% dell'immigrazione gitana dell'Est Europa nella Comunità Valenciana è della Bulgaria - che ha fatto ogni tipo di corsi di formazione ed ha inviato decine di offerte di lavoro. "Ho vissuto in una cassa di cartone, sotto il ponte, poi ho lavorato in un circo", dice. "Qui uno può aprirsi il cammino, però con molto sacrificio", ragiona.

Forse, l'offensiva contro i gitani in Italia può presentare il trattamento della Comunità Valenciana come una migliore possibilità. "Non credo che ne verranno altri", spiega Marius. "Noi gitani ci siamo rivolti alla Spagna e Valencia perché avevano immagine di accoglienza. Tanto la Romania che le Bulgaria formano parte dell'Unione Europea. Una moratoria pone ostacoli, cioè i loro immigrati in Spagna possano lavorare come dipendenti sino al 2009.

Nelle parole di Helena Ferrando, coordinatrice del Secretariado Gitano, "quelli che sono da meno tempo nel nostro paese, si vedono costretti all'economia sommersa e non a quella che li liberi". "Erano radicati nel loro paese e pretendono esserlo qui, solo che sono nomadi per cercare lavoro", continua. "La maggioranza parla o intende il castigliano". Quelli chiamati pisos-patera, con tutte le polemiche collegate, sorgono quando le famiglie senza tetto si mischiano con quanti hanno potuto avere qualcosa. "L'evacuazione non risolve nulla", ragiona Ferrando, "i gruppi si trasferiscono, okupan qualcosa, li si rigetta e così all'infinito". Non è raro vedere gitani di mezza età con le mani deformate e bruciate. Sono così per aver tentato di procurarsi luce elettrica irregolarmente (l'acqua viene presa dalle fontane). Non è raro vedere bambini con la faccia piena di punture di insetti. Però, se possono, non se ne vanno: un ragazzo gitano perse le braccia in un incidente in Romania. Si trasferì con la famiglia a Valencia per cercare da vivere. Morì. I suoi tornarono al loro paese per seppellirlo. Però ritornarono nel nostro paese per continuare a sopravvivere. Secondo José María Martínez, "un 70% delle famiglie rom già ha i figli scolarizzati in Spagna".

A tutti è costato molto viaggiare dalla Romania - molte volte via mafia - alle grandi città spagnole. Di seguito, si sono ripartiti secondo aspettative lavorative. Per conoscerle, hanno prima contattato familiari o conoscenti che erano qui. Avilés, Oviedo, Andalucía, Murcia, Comunità Valenciana, Badalona e Madrid sono le grandi zone della presenza gitana dell'Est. La campagna, le costruzioni o la musica ambulante, sono, come la raccolta del ferro, mezzi di sussistenza. Ne Las pateras del asfalto, uno dei primi saggi scritti sugli immigrati gitani in Spagna, il suo autore, Joaquín López Bustamante - direttore della pubblicazione Cuadernos Gitanos - indicava che la presenza dei rom i Romania si avvicinava "ai due milioni e mezzo di persone. Però non c'è altro paese in cui essere gitano tenga peggior valore sociale", aggiunge.

"Qui, almeno, sperano di avere un'opportunità", dice Miguel Monsell, dell'entità Cepaim e dell'Osservatorio Lungo Drom, un programma europeo che ha analizzato la presenza gitana immigrante nella costa mediterranea. "La donna è la responsabile dell'istruzione, il maggior motore per l'inserimento".

Anche l'elemosina, sola o con i bambini quando è il caso, l'uomo non la svolge. "Sono arrivate soprattutto persone tra i 20 e i 39 anni", precisa Monsell. "I più giovani sono quelli che hanno il migliore inserimento", espone. "C'è un 1% con studi universitari, ed il 10% con l'equivalente della Formazione Professionale",  chiarisce.

"Questo non facilita il trovare lavoro", spiega Nadja, di vent'anni, emigrata di recente dalla Romania perché lì non poteva sopravvivere. Ora, assieme a suo figlio e altri nove familiari, occupa un edificio disabitato nel centro di Valencia. Vuole frequentare un corso di servizio domestico. "Però se devo raccogliere il ferro, non ho tempo", si lamenta. Lei e suo marito fanno diversi km. ogni giorno. Dal sorgere del sole alla notte cercano e ricercano nell'immondizia. Poi con un carrello di supermercato lo portano ad una fabbrica.

Lontano, sulla spiaggia, altre famiglie rumene raccolgono rottami. Sono sul punto di essere sgomberate. Occupano una proprietà pubblica abbandonata a cui nessuno ha mai fatto molto caso. Sinora. Vasil, 25 anni e 5 figli, ha un veicolo e fa viaggi continui per portare il ferro ai compratori. Si paga 20 centesimi al kg. Guadagna di solito tra i 15 e i 20 € al giorno. Chi lo conosce dice che è di carattere socievole. Oggi non si mostra così.

Neanche un suo familiare, Ghorghe, che lavora con lui, e che, a differenza di Vasil, non parla spagnolo. Con loro ci sono bimbi piccoli, ragazze giovani, donne più anziane. Queste ultime sono le più imbronciate. "Alla fine non serve integrarsi", espone Vasil. "Non abbiamo voglia di parlare, né di comunicare", dice. "Il motivo? I giorni passano, e tutto peggiora", conclude.

 
Di Fabrizio (del 06/06/2008 @ 08:45:53, in lavoro, visitato 1366 volte)

Da Mundo_Gitano

Oltre mezzo milione di Rom in età lavorativa vivono in Spagna, ciononostante il numero di chi entra nel mondo del lavoro rimane basso ed il 55% dice di aver sofferto discriminazioni cercando un lavoro. L'organizzazione Fundación Secretariado Gitano ha lanciato una campagna di responsabilizzazione attraverso pubblicità in TV, poster e volantini, per sottolineare i pregiudizi che ancora esistono e che rendono difficile ai Rom l'accesso all'impiego.

La Fondazione ha una vasta conoscenza su questo tema tramite il suo programma "Acceder" che dal 2000 promuove l'inclusione di Roma nel mercato del lavoro. Fondato dal Fondo Sociale Europeo e dal governo spagnolo, il programma ha fornito aiuto a 35,000 persone e 26.000 Rom nel trovare lavoro. Il successo è dovuto al lavoro del programma nel cambiare le attitudini delle famiglie rom, negli affari e nella società in generale, creando reti di cooperazione con le amministrazioni e le compagnie, ed aiutando i consegnatari nel sviluppare politiche attive a promuovere l'inclusione.

La  Fundación Secretariado Gitano è un'organizzazione not-for-profit che fornisce servizi per lo sviluppo della comunità Rom in Spagna ed in Europa. Lavora per promuovere l'integrazione della comunità Rom rispettando la loro identità culturale unica.

"Employment makes us equal" campaign (information in Spanish only) 

 
Di Fabrizio (del 03/04/2008 @ 09:43:23, in lavoro, visitato 2210 volte)

Da Roma_Shqiperia

By Agnieszka Rakoczy - Published: March 26 2008 Sta piovendo e la principale discarica di Tirana nella valle di Sharra, cinque km. fuori dalla capitale, è coperta di fango appiccicoso. D'altra parte, per Ardian Alu, il lavoro è il solito.

Assieme a suoi due figli, Alu, membro della comunità rom albanese, setaccia attraverso i mucchi di immondizia selezionando i materiali riciclabili può vendere ad un commerciante locale.

E' pagato 14 Lek ($0.17) per un chilo di plastica, 20 Lek per un kg. di ferro e 120 Lek per un kg. di alluminio.

Alu, padre di cinque figli, guadagna circa 20.000 Lek al mese. "Appena per dare da mangiare ai miei figli," dice.

È venuto lavorare e vivere sul luogo del deposito di 15 ettari, tre anni fa da un villaggio dell'Albania orientale.

La sua casa, costruita con fogli di metallo e cartone recuperato da materiale di riporto, è all'interno della discarica, a circa 20 metri dall'area dove vive.

Altre 50 famiglie rom che riciclano immondizia a Sharra hanno pure loro costruito le case nella discarica.

Il tema del trattamento dei rifiuti solidi è una priorità, dati i piani albanesi di sviluppare la sua industria turistica, Le strade della nazione sono fittamente coperte di immondizie. Le immondizie famigliari si buttano nei fiumi.

"Conoscendo la situazione e pensando allo sviluppo turistico, abbiamo creato una commissione sul trattamento dei rifiuti e per iniziare a pensare ad una politica a lungo termine," dice Suzana Guxholli, consigliera economica del primo ministro.

La municipalità di Tirana sta provando a dare l'esempio. La capitale ufficialmente conta 600.000 abitanti, che potrebbero essere oltre un milione, secondo alcuni funzionari comunali. Quattro compagnie private vengono impiegate dal comune per raccogliere e smaltire le circa 1.000 tonnellate giornaliere di rifiuti di Sharra.

Riflettendo sull'aumento di potere di spesa dei residenti nella capitale, la media di rifiuti giornalieri è arrivata a 1,2 kg. contro i 0,5 kg. del 2002.

La municipalità, il ministero dei trasporti e dei lavori pubblici assieme all'ambasciata italiana stanno cooperando per aggiornare la discarica di Sharra secondo schemi moderni. Il progetto è supportato da un prestito di 6 milioni di € del governo italiano.

"Con l'inizio di maggio apriremo un nuovo impianto a Sharra, nel pieno rispetto degli standards dell'Unione Europea, e saremo in grado di risistemare il vecchio impianto," dice Nemix Simixhiu, tecnico senior del ministero dei trasporti.

Il progetto richiede l'impermeabilizzazione della vecchia discarica per prevenire le infiltrazioni sotterranee di acqua inquinata, installando pompe per il drenaggio e il biogas, e costruendo un impianto per il trattamento delle infiltrazioni.

Il luogo completato sarebbe coperto di argilla e circondato da siepi.

Il nuovo impianto sarà posto accanto a quello già esistente. Una squadra di tecnici italiani sta mostrando ai propri colleghi albanesi come operare [...].

Uno studio di fattibilità è progettato per un nuovo luogo di eliminazione rifiuti che sostituirebbe Sharra in circa sei anni.

Si sta risolvendo anche il tema di rialloggiare le famiglie rom o trovare loro altri modi di guadagnare. Dice Alu, sul rialloggio: "E' una buona idea. Non ho nessun posto dove andare."

Una possibilità è di impiegare le famiglie nel nuovo impianto, dato che la municipalità lavora su una politica di riciclaggio.

"Abbiamo una lunga strada davanti," dice Eriola Muka, capo delle politiche di sviluppo del comune.

Spiega: "Stiamo preparando un programma speciale per le scuole di Tirana per insegnare alle giovani generazioni la necessità di proteggere l'ambiente e sulla necessità del riciclo."

Il progetto di Sharra è visto come uno schema pilota per tutta l'Albania.

Nel frattempo, la Banca Mondiale, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo e le agenzie per lo sviluppo internazionale svedese e tedesca stanno supportando progetti per aiutare le città nella nazione a cambiare il loro approccio alla raccolta dei rifiuti.

[...]

Copyright The Financial Times Limited 2008

 
Di Fabrizio (del 19/03/2008 @ 09:07:32, in lavoro, visitato 1813 volte)

Da Macedonian_Roma

Nove anni fa, Stenkovec per alcuni mesi fu la dimora di oltre 350.000 rifugiati dal Kosovo; oggi è una gigantesca discarica.

Ma il rifiuto di uno è il tesoro di un altro e per Zoran Dimov, questa macchia nel panorama è un'opportunità d'affari. Il giovane imprenditore rom macedone conduce un impianto di riciclaggio accanto alle pile di rifiuti e la sua impresa favorisce la strategia dell'UNHCR assumendo rifugiati Rom.

UNHCR desidera svezzare i rifugiati fuori della dipendenza del sussidio in un tempo di stagnazione nella Macedonia. Il tasso di disoccupazione in Macedonia è uno dei più alti d'Europa, raggiungendo il 90% nella comunità Rom.

Dimov fa il suo riciclando le tonnellate di rifiuti scaricate dalla locale comunità di Stenkovec - incluso centinaia di migliaia di bottiglie e borse di plastica e le eccedenze sparse in un'area a nord della capitale Skopje.

Durante una visita a Stenkovec ed alla vicina Visbegovo in una nebbiosa mattina di febbraio, lo staff UNHCR da Skopje ha incontrato Dimov presso i suoi impianti, dove circa 20 Rom sono impiegati a raccogliere bottiglie di plastica da convertire in granuli di plastica, Sette di loro erano conosciuti per essere rifugiati che avevano contato per l'assistenza sull'agenzia dei rifugiati ONU.

"Questo è un modo difficile ma onesto per crearsi da vivere," dice uno dei rifugiati, che lavorava in fabbrica nel Kosovo prima di fuggire nel 1999 in Macedonia. "Ma qui, per diversi anni, non sono stato in grado di sostenere la mia famiglia di sette, ed ero totalmente dipendente dall'assistenza UNHCR." Lui, sua moglie e due figli hanno lavorato per Dimov negli ultimi sei mesi.

Dimov, che possiede una stazione TV Rom ed ha interessi in altre attività, dice che il business è cresciuto lentamente da quando aprì l'impianto di Visbegovo nel 2005. "L'ho sviluppato lentamente ed adesso abbiano 12 punti di raccolta attorno a Skopje e 20 in Macedonia. Esportiamo (granuli di plastica) principalmente in Italia."

L'uomo d'affari, come Rom e affiancatore del lavoro UNHCR, ha familiarità con i problemi dei rifugiati che non possono fare ritorno in Kosovo dalla Macedonia, alle condizioni attuali. E' per questo  che vuole aiutarli.

"Sto cercando di impiegare diversi in ogni punto collettivo. Sono interessato anche ad assumerne alcuni nell'amministrazione, ma è necessaria la formazione su computer, lingua e contabilità. Lo organizzeremo assieme all'UNHCR" ci dice.

L'apertura di opportunità d'impiego per i rifugiati è stata resa possibile dall'adozione governativa lo scorso settembre di una nuova legislazione sull'impiego e il lavoro degli stranieri. "Secondo quanto disposto dalla legge, i rifugiati possono essere impiegati legalmente e supportare le loro famiglie," dice Carlos Maldonado, rappresentante UNHCR in Skopje.

"Ora, è tempo che le compagnie private, come parte della responsabilità d'impresa, sviluppino progetti di formazione ed eventualmente d'impiego dei gruppi vulnerabili, come i rifugiati Rom," aggiunge.

La politica di Dimov di assumere rifugiati Rom si misura con la strategia di fiducia dell'UNHCR. Come parte di questa strategia, l'ufficio di Skopje sta attualmente lavorando con i ministeri e partners della società civile per condividere dati a livello educazionale, abilità e bisogni formativi dei rifugiati e richiedenti asilo nel paese.

L'UNHCR valuterà le facilità ed i corsi di formazione che potrebbero essere utili per i rifugiati. L'agenzia inoltre raggiungerà le aziende più delocalizzate circa la possibilità di assumere i rifugiati. La Macedonia ospita circa 1.860 rifugiati, la maggior parte di loro sono Rom del Kosovo.

By Aneta Galic
In Skopje, the Former Yugoslav Republic of Macedonia

Source: United Nations High Commissioner for Refugees

 
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