Da
Czech_Roma
I 4 milioni di Rom nella regione, affondati nella disoccupazione, povertà
e malattia, sono una ruggine sociale e un'opportunità economica persa
by
S. Adam Cardais
28 giugno 2008 - Sempre più spesso nell'Europa Centrale la
disperazione della popolazione Romani nella regione rimane vergognosamente
rimossa dai pubblici scrutini in ghetti nascosti all'esterno da capitali come
Praga o Bratislava.
Ma viaggiando a sud attraverso i Balcani sino a Podgorica, dove con i bimbi
al collo tirano le braccia ai turisti per mendicare, o Sarajevo, dove protette,
delicate donne Romani circolano con i loro bambini - a mani tese - attraverso i
caffè nella Città Vecchia Turca. Questo grida la disperazione della
disoccupazione, della povertà e della malattia rampanti tra i circa 4 milioni di
Rom nell'Europa Centrale ed Orientale. Gli stessi disperati paesi come la
Repubblica Ceca cercano di marginalizzare - se non coprire - attraverso quello
che un'organizzazione dei diritti umani con base a Praga chiama "tacito apartheid".
La quasi totale esclusione sociale dei Rom - spesso denominati Zingari -
nell'Europa Occidentale ed Orientale ha ricevuto recentemente molta attenzione,
specialmente dal "Decennio di Inclusione Rom", iniziativa lanciata nel 2005 da
nove governi dell'Europa centrale e del sud-est per promuovere l'integrazione.
Tuttavia, come può facilmente vedere qualsiasi viaggiatore nei Balcani, i Rom
sono appesi a margini disperati. Di più, la recente decisione dell'Italia di
prendere le impronte digitali ai Rom rivela la profondità di sotterranei
sentimenti anti-Rom in Europa.
Data la considerevole attenzione, ed i miliardi di di Euro di aiuto dell'Unione
Europea al "Decennio di Inclusione Rom", perché così pochi progressi? Non è
mancanza di idee o di fondi, dicono gli esperti di integrazione Rom. Non è
neanche che i Rom lavorino timidamente, teoria sposata dagli scettici
sull'inclusione. No, dicono gli esperti, il problema è la debole volontà
politica.
Però mantenere i Rom al fondo dovrebbe essere inaccettabile nella moderna
Europa. Non solo è ingiusto ed immorale - è cattiva economia.
LE DIFFICOLTÀ DI CHI PAGA LE TASSE
"La povertà è costosa", dice Gwendolyn Albert di Peacework, un'organizzazione
internazionale sullo sviluppo umano. "E' quello che la maggior parte della gente
non capisce."
Effettivamente, l'esclusione dei Rom ha significativi costi economici che
dovrebbero essere gridati fra gli argomenti a favore dell'integrazione. Può
essere un approccio cinico, ma può anche avere le gambe politiche che sembrano
mancare alle considerazioni morali.
I costi iniziano col lavoro. A causa della discriminazione o della mancanza di
istruzione e specializzazioni, la disoccupazione Rom è sproporzionatamente alta
nell'Europa Centrale ed Orientale, raggiungendo il 70% in alcuni paesi.
Nel contempo, la popolazione maggioritaria sta avanzando verso le sedie a
rotelle piuttosto che i tricicli. I mercati lavorali nei prossimi decenni
faranno a meno di decine di migliaia di lavoratori, così i governi dovrebbero
provare a capitalizzare la loro economica e disponibile forza lavoro Romani. Ma
per lo più non è così. Invece, paesi come la Repubblica Ceca stanno reclutando
lavoratori stranieri per riempire il gap.
"E' assurdo portare gente dalla Mongolia alla Boemia o alla Moravia
settentrionali, quando ci sono un gran numero di Rom disoccupati," dice Albert.
Specialmente considerando che la disoccupazione porta molti Rom all'assistenza
sociale. Un rapporto del 2003 del Programma di Sviluppo ONU (UNDP) trovò che per
oltre il 70% dei Rom nell'Europa Centrale ed Orientale, il loro reddito deriva
da fonti statali come gli assegni per l'infanzia o la disoccupazione. Questa
dipendenza sociale è chiaramente costosa, ma consideriamo anche che molti Rom
con bassi stipendi non pagano tasse per supportare questi programmi ed i costi
dell'esclusione sono chiari: il paese perde lavoratori, denaro pubblico e
ingresso di tasse.
Misurare questi costi è difficile perché sono limitati i dati certi sui Rom.
Quelli UNDP sono i più recenti, e coprono soltanto Bulgaria, Repubblica Ceca,
Ungheria, Romania e Slovacchia. Ma gli economisti Luchezar Bogdanov e Georgi Angelov
hanno calcolato il drenaggio di esclusione della Bulgaria.
In uno studio del 2007 per l'ufficio Open Society Institute di Sofia, i
ricercatori hanno trovato che in 10 anni la Bulgaria avrebbe guadagnato
l'equivalente dai 7 ai 16 miliardi di euro dalla piena integrazione e che il
ritorno dell'investimento supererebbe il costo con un rapporto di 3 a 1.
Dicono gli esperti che il percorso per realizzare l'ambiziosa meta della "piena
integrazione" nella regione deve partire con riforma politica, strutturata e
coerente, che salti dalla pura consapevolezza al migliorare formazione e la
sanità nelle comunità Romani. Gabriela Hrabanova, del Consiglio governativo Ceco
per gli Affari Comunitari Rom e lei stessa per metà Romani, dice che il
programma di Assistenza Insegnanti Rom, che forma gli insegnanti per lavorare
meglio con i bambini Romani, è un progetto modello.
Sfortunatamente, dicono lei ed altri, gli sforzi di integrazione sia di
Bruxelles che dei governi regionali non sono focalizzati, viene data più enfasi
al progettare piani d'azione che programmi effettivamente di base. La Coalizione
Politiche Rom della UE, un gruppo di organizzazioni di difesa legale, è arrivata
ad una conclusione simile riguardo l'agenda UE del 2 luglio sull'affrontare
l'esclusione, dicendo che lasciava la responsabilità agli stati membri, non
riuscendo a proporre una singola strategia europea effettiva.
La coalizione spera in progressi reali alla Conferenza UE di settembre sui
Rom. Senza dubbio la si svolgeranno molte discussione sul cammino dell'Europa
sul tema dell'integrazione.
Forse qualcuno inghiottirà il relativo cinismo e ne farà un argomento
economico. Potrebbe incitare i leader all'azione.
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