Mi piacerebbe che pubblicaste un articolo di mia moglie che
è giornalista Bielorussa e scrive per varie testate locali qui a Messina.
Quest'articolo è elaborato da lei sugli ultimi resoconti di medici senza
frontiere. Il nome di mia moglie è IRYNA CHUMAKOVA.
grazie NICOLA PAVIA
Chi accoglie uno straniero accoglie un angelo
Una delle cose che amavo di più fare all’alba sin da piccolo, era quella di
passeggiare per la lunga e bianca spiaggia del mio villaggio, Nungua Beach,
sulle coste del Ghana.
Stavo ore ad osservare le lente onde del mare del Golfo di Guinea immaginandomi
un futuro provetto pescatore, mentre il vento caldo mi accarezzava il volto. Ed
è lo stesso vento del sud che ora mi secca la gola mentre alle 4:30 del mattino
attendo insieme ad altri venti miei coetanei, tutti immigrati e rigorosamente
irregolari, l’arrivo del camioncino che ci sceglierà e farà salire per andare a
lavorare. Sono un lavoratore stagionale qui, in un paese sperduto della Sicilia,
e so che un ennesima giornata dura e infernale sta per attendermi.
Ho dormito per terra in un cascinale abbandonato in aperta campagna con altri
quattro immigrati, di cui non so neanche il nome ed in silenzio ci siamo recati
all’alba all’appuntamento. Il camion arrivò, noi saltammo su sempre in silenzio,
posizionandoci sul retro, e aspettammo la partenza con lo sguardo sempre rivolto
a terra.
Arrivati a destinazione, ognuno di noi scese velocemente avviandosi presso la
serra più grande, dove già, come sempre ogni mattina, avevano sparso i vari
pesticidi; ce ne accorgemmo perché gli occhi cominciarono a bruciare, e le mani
si arrossavano ogni volta che raccoglievamo i pomodori .
Il tempo scorreva e il sole cominciava a bruciare ma sapevamo che non avremmo
visto acqua fino al pomeriggio, vietato fermarsi. I container lentamente si
riempiono mentre i polmoni bruciano per l’aria acida, la fine della giornata ed
il riposo era lontano, avremmo continuato così fino alle 19 di sera con un
piccolo stacco alle 13. La paga è sempre quella, circa 16 o 20 euro al giorno,
ma arriva sempre alla fine del mese e a volte si aspettano anche due mesi. Il
Caporale, cosi si chiama il capo squadra, oggi è in giornata sì, ha distribuito
una razione di acqua doppia, e mentre beviamo, il mio compagno di fila si piega
in avanti gridando dal dolore. Il caporale imprecando fa segno ad altri due tizi
a bordo coltivazione e così il poveretto viene caricato in macchina e portato
via. Verrà sicuramente abbandonato davanti un posto di guardia medica per non
avere guai, lui non ha i documenti.
Arriva così il fatidico fischio di fine lavoro, una vera liberazione. I padroni
se ne vanno e noi ci incamminiamo come zombi verso una Masseria distante dì lì a
poco. Senza acqua né luce, senza viveri e senza coperte, ci sono solo tre
materassi luridi e consumati, e noi siamo in 10…
Per i servizi igienici si va in fondo alle scale, al buio, in mezzo allo sporco
ed al puzzo incredibile, in silenzio. Qualcuno esce un pezzo di pane rancido,
un altro è riuscito a nascondere tre pomodori nelle mutande. Stabiliamo i turni
per utilizzare tre alla volta il materasso e l’odore pungente della stalla
dietro, nasconde l’odore dei nostri corpi. È pericoloso uscire la notte, ci sono
i ragazzi Italiani che possono menarti con bottiglie di vetro insultandoti. La
stanchezza ha finalmente il sopravvento, e gli occhi si chiudono e nella notte
mi ritrovo bambino, un bambino che sogna: "sicuramente da grande sarò un bravo
pescatore".
I dati sono stati presi dai resoconti annuali del gruppo onlus Medici Senza
Frontiere.
Iryna Chumakova