Giornata internazionale dei Rom: intervista con l'attivista indipendente Béla
Radics
Posté par Corentin Léotard • 8 avril 2011 à 5:41
Béla Radics si autodefinisce come un attivista indipendente per i diritti
dei Rom. Nel suo blog,
rende conto della situazione dei Rom in Ungheria, con un occhio molto critico
tanto sulle autorità ungheresi che sui rappresentanti rom.
Lei crede alla volontà della presidenza ungherese dell'Unione Europea di
agire a favore di una integrazione dei Rom?
Non ci posso credere. La presidenza ungherese e l'Unione Europea pretendono
di prendere decisioni riguardo all'integrazione dei Rom, senza la partecipazione
degli stessi, senza loro rappresentanza. Basta pensare che ci sono circa dai 12
ai 15 milioni di Rom in Europa e soltanto una rappresentante dei Rom al
Parlamento Europeo. E' insensato! In Ungheria, i programmi d'integrazione dei
Rom esistono solo sulla carta. Noi, i Rom coinvolti, ancora non sappiamo niente
riguardo alla prossima strategia dell'Unione Europea.
Viktor Orban è credibile in questo ruolo?
A mio avviso, Viktor Orban non è credibile in questo settore. Al Parlamento
Europeo, si fa passare come un uomo sensibile e sociale, ma a casa, in Ungheria,
prende misure contro i Rom, misure che li spingono in una povertà ancora più
profonda, verso una carestia mortale. Lui ed il suo governo favoriscono la
retorica fascista dell'estrema destra dandogli uno spazio illimitato. Con
messaggi in codice, con insinuazioni, svolgono in realtà la stessa retorica
anti-Rom del partito Jobbik.
Per voi è una buona soluzione una strategia d'integrazione su scala
europea?
Potrebbe essere una buona soluzione, ma non così, senza la partecipazione dei
Rom. L'Europa non ha il diritto di prendere decisioni riguardo gruppi di persone
senza chiedere l'opinione di milioni d'interessati, escludendoli dai processi
decisionali, dall'attuazione delle leggi e dei programmi. Sarebbe la
profanazione della democrazia e dei diritti umani fondamentali!
Si fida delle autorità ungheresi per giudicare in maniera equa e
trasparente i quattro presunti autori degli
attacchi anti-Rom?
Non sono in grado di fidarmi della giustizia ungherese. Nel corso della mia
vita, ho visto molte volte le decisioni razziste e le sentenze anti-Rom che ha
preso. Per di più, molte persone pensano che questa serie di omicidi è avvenuta
su controllo politico. Pensiamo che i veri colpevoli non siano stati
identificati e che il responsabile principale sia ancora sconosciuto. E' triste,
ma penso che questo processo non sarà altro che un drammatico spettacolo.
Lei è molto critico verso i rappresentanti della minoranza rom, verso
Florian Farkas [rappresentante nazionale del governo autonomo minoritario rom],
per esempio, che lei tratta da marionetta del Fidesz. Perché?
La "Legge Elettorale delle Minoranze" è antidemocratica sotto diversi
aspetti, a livello locale, regionale ma anche nazionale. La legge non permette
la partecipazione all'elezione dei rappresentanti indipendenti che s'impegnano e
sono disposti ad agire per la loro gente. Prevede che solo i membri di partiti o
organizzazioni possano partecipare alle elezioni come rappresentanti. La
maggioranza dei rappresentanti dei Rom sono politici pagati e diretti
dall'attuale governo. Per esempio, Florian Farkas è uno dei leader della
politica rom governativa, in qualità di commissario ministeriale di supervisione
di aiuto ai Rom. Ma nel contempo, è deve anche rappresentare gli interessi della
comunità rom come presidente dell'Autogoverno Nazionale Rom. Come può conciliare
queste due posizioni? Dovrà controllare se stesso? Dovrà discutere con se
stesso? Protestare contro le somme dei fondi stanziati per i Rom o contro le
stesse decisioni? E' una situazione politica schizofrenica!
Secondo lei, questi rappresentanti dei Rom hanno la volontà, ed il potere,
di migliorare la situazione dei Rom in Ungheria?
No, non lo penso. E' noto che la rappresentanza parlamentare delle minoranze
nazionali ed etniche in Ungheria, non è stata regolata negli ultimi vent'anni, e
quindi tutti i governi hanno conseguentemente violato la Costituzione (dal
1989). Secondo la percentuale della popolazione rom in Ungheria - circa l'8% -
ci si aspetterebbe che i Rom avessero una ventina di rappresentanti
democraticamente eletti al Parlamento ungherese. Invece, ci sono solo tre
rappresentanti di origine rom, il cui compito non è la rappresentazione reale e
fedele dei Rom, ma seguire rigorosamente la politica del loro partito di
appartenenza.
Lei denuncia un "etno-business". Cosa intende con questa formula?
Secondo il diritto ungherese, è considerato Rom chi si dichiara tale. Su
questa base, si sono create molte false organizzazioni rom, per ottenere soldi
pubblici, ma non per una vera attività di protezione di interessi... che non
sono destinati a loro.
Le divisioni in seno alla comunità rom (culturali e politiche) sono un freno
alla loro integrazione nella società ungherese?
Penso che il principale ostacolo all'integrazione sia l'elite politica
tradizionale.
Contrappunto: Rita Izsák, capo del gabinetto del ministro
all'inclusione sociale, Zoltán Balog:
La situazione è molto difficile, ma non bisogna incolpare lo stato ungherese
che fa molto per l'integrazione dei Rom. Abbiamo messo in campo dei programmi di
lotta contro la povertà e particolarmente contro la povertà infantile, ed un
programma per l'alloggio. Se io stessa sono arrivata a questo posto, è grazie ad
una borsa di studio dello stato ungherese, che mi ha permesso di andare
all'Università. Mi dispiace che le persone in causa non si rendano conto di
tutto ciò che si fa per loro. Bisogna capire che la questione dell'integrazione
dei Rom è molto complessa e che i risultati delle nostre misure non possano dare
frutti che a lungo termine. E non dubito della volontà del primo ministro Orbán
di agire in questo senso. Siamo ad un momento storico, perché tutti gli attori
sono mobilitati.
Di Fabrizio (del 10/04/2011 @ 09:58:23, in sport, visitato 1540 volte)
Si chiamano "Ercolini": settanta bambini nomadi esordienti che si allenano
a calcio tra sgomberi e indifferenza. Presto ci sarà anche una squadra femminile
da Redattore Sociale
Nel campo rom di via Salone, c'è una nuova sfida da affrontare: fornire
magliette e scarpini alla nuova squadra di pulcini ed esordienti. Sono i nuovi
"Ercolini" una squadra di calcio composta dai ragazzi rom del campo di Tor
di Quinto, che oggi estende il suo potenziale anche ai giovani e giovanissimi
del campo di via Salone.
Avventura iniziata nel 2004, che deve il nome al presidente della squadra don
Giovanni D'Ercole (Segreteria di Stato del Vaticano) e il vigore a Salvatore Paddeu, arbitro ma anche allenatore, gli "Ercolini" sono per i promotori e i
sostenitori dell'iniziativa, «una valida alternativa» per chi non ha altra
possibilità di vita che non sia un campo rom. Iscritti regolarmente al
campionato giovanile, gli "Ercolini", per lo più giovanissimi compresi tra i 14
e i 16 anni, provengono dalla Macedonia, dall'ex Jugoslavia, ma anche dalla
vicina Romania.
«Dopo 7 anni di attività al campo di Tor di Quinto, prossimo allo sgombero –
spiega Paddeu – siamo ancora qua. Inizia una nuova sfida al campo di via Salone
in zona Tiburtina». Sono 70, ad oggi, i giovani e giovanissimi che hanno aderito
alla squadra. Quello che manca è il personale sportivo (allenatori, volontari) e
il materiale (scarpini, magliette, palloni). «Presto si aggiungerà, a grande
richiesta, anche la squadra femminile – scrive ancora Paddeu – allenata dal
sottoscritto a causa di assenza totale di volontarie e allenatrici. Siamo sempre
alla ricerca di materiale sportivo, ma il passaparola è sempre molto efficace.
Inoltre, sarebbero molto utili due porte da calcio, perché le attuali sono poco
stabili e molto pericolose».
La squadra degli "Ercolini", oggi è una realtà sportiva che gode di piccoli
sponsor e tanta solidarietà ed è la dimostrazione pratica di come regole,
educazione e normalità possano passare anche attraverso lo sport.
Di Fabrizio (del 10/04/2011 @ 09:27:49, in casa, visitato 1651 volte)
Questo è l'abstract dell'intervento presentato alla EWL-HWL
Conference on Roma Women, svoltosi a Budapest il 7 Aprile 2011. Monica Rossi[1]
Un'Introduzione
Il Movimento di Lotta per la Casa è una organizzazione storica romana che si
occupa del riutilizzo di spazi pubblici e privati per mezzo della pratica delle
occupazioni. Questi movimenti di squatters sono in contatto con il governo della
città che ha in alcuni casi riconosciuto le occupazioni per mezzo di
Delibere specifiche concedendo la proprietà occupata o con l'accesso
all'edilizia sociale. Il Movimento è così esteso e radicato che ha anche un
membro eletto nel consiglio Municipale di Roma. Questi movimenti esistono sin
dagli anni '60, quando le baraccopoli romane ospitavano 60.000 cittadini
italiani senza casa. Il Movimento si è esteso nel corso degli anni, ed è stato
affiancato da altre organizzazioni (ATTAC, Blocchi Precari Metropolitani ed
altre), tutte impegnate nella causa dell'abitare a Roma, dove la mancanza di
abitazioni e forme di povertà locale sono endemiche. Come etnografa che ha
lavorato da 21 anni nelle baraccopoli romane, ho incontrato spesso questi
movimenti nel corso delle mie ricerche, anche perché a partire dagli anni '80
questi gruppi hanno iniziato ad accogliere anche individui e famiglie di
migranti.
Come è iniziato tutto:
Nel 2008 un gruppo di famiglie ed individui Rom rumeni, tutti provenienti da
Kalarasi, si stabilisce in una grande area abbandonata nella periferia romana,
lungo la via Casilina . Nel Novembre del 2008 vengono sfrattati per la prima
volta. La soluzione offerta dal Comune di Roma fu quella di trasferirli in una
vecchia cartiera già occupata da altri e poi abbandonata lungo la via Salaria,
in condizioni di gran lunga peggiori di quelle che avevano vissuto nel campo.
Una piccola ONG (Popica Onlus), che aveva svolto attività di volontariato presso
questo gruppo, ed era allo stesso tempo in contatto con I Movimenti di Lotta per
la Casa, decise di proporre ai Rom sfrattati di unirsi al Movimento, iniziando
una serie di incontri comuni per verificare la fattibilità del progetto. Molti
dei gruppi erano preoccupati all'idea di far accedere nelle occupazioni
un'intera comunità di 90 persone, ma alla fine un gruppo di formazione più
recente, i Blocchi Precari Metropolitani, accettò di fare un tentativo
accogliendo I Rom in un grande complesso industriale abbandonato lungo la via
Prenestina: il cosiddetto gruppo del "Metropoliz", già abitato da 110 fra
italiani, marocchini, peruviani ed africani .
All'arrivo dei Rom è stato loro spiegato cosa fosse e come funzionava
un'occupazione: tutte le decisioni vengono prese nell'assemblea alla quale tutti
debbono partecipare, e dove ciascuno deve esprimere la propria opinione,
L'assegnazione degli spazi è decisa in base ai bisogni dell'individuo o della
famiglia. Le pulizie, la risistemazione ed il controllo dell'area vengono
intrapresi collettivamente per mezzo di un sistema di turnazione. Sono proibiti
i comportamenti aggressivi e violenti, è proibito picchiare o maltrattare donne
e bambini. I bambini si recano regolarmente a scuola assieme ai bambini degli
altri gruppi ed accompagnati dai loro genitori. L'idea di base è quindi quella
della partecipazione diretta, secondo la quale ognuno deve assumersi la
responsabilità dello spazio "Metropoliz" a livello individuale e collettivo.
Risultati:
Dopo un anno e mezzo sono stati raggiunti i seguenti obiettivi:
1) Per la prima volta un gruppo di Rom entra in uno storico movimento locale
come quello delle occupazioni, unendosi ad altri gruppi e spezzando la trappola
etnica che ha portato alla creazione dei campi. Al di la dell'origine etnica,
tutti gli occupanti che vivono a "Metropoliz" sono considerati come persone che
condividono diritti e bisogni comuni, seguendo un percorso di
autodeterminazione. Oggi vi sono almeno 5 nazionalità che vivono assieme,
inclusi membri delle classi subalterne romane. Ciò ha permesso di evitare ogni
forma di segregazione etnica ed ha prevenuto la nascita di rivalità o odio fra
la popolazione locale e quella straniera.
2) Per la prima volta è stato cambiato il meccanismo di leadership e
rappresentanza politica fra tutti I gruppi coinvolti, compresi I Rom.
Nell'esperienza di "Metropoliz" non esistono "capi" della comunità, capi
famiglia o mediatori. Ognuno è responsabile per le proprie azioni e deve
partecipare a tutte le riunioni e le attività collettive, esprimendo il proprio
parere nelle assemblee senza considerazione del sesso, dell'origine o della
posizione sociale.
3) Nemmeno un euro è stato richiesto a privati o a istituzioni. Le persone del "Metropoliz"
hanno rifiutato la logica dei bandi e quella della cementificazione. La città di
Roma ha molte strutture abbandonate che potrebbero venire riutilizzate con
relativamente poca spesa e secondo standard ecologici, offrendo così una
soluzione al problema dell'abitare ma anche occasioni di impiego. Tutte le
stanze, gli appartamenti, le zone comuni sono state risistemate dagli stessi
occupanti utilizzando anche materiali riciclati e con l'aiuto tecnico del gruppo
"Stalker" e di un ricercatore della Facoltà di Architettura dell'Università di
Roma 3, Francesco Careru, che come me conosceva questa esperienza e l'ha
sostenuta con forza.
L'idea di presentare qui questo progetto è dovuta al fatto che ho intenzione
di farlo conoscere al più ampio numero di persone. Volevo mostrare come sia non
ci voglia poi molto per implementare progetti che funzionino bene. Ci vuole
impegno umano, scambio e condivisione delle conoscenze e delle risorse per
raggiungere l'emancipazione attraverso la mutua cooperazione per un fine comune
e oltre ogni appartenenza etnica. Una delle prime cose che fecero gli occupanti
del "Metropoliz", fu quella di riprodurre nel cortile centrale il mosaico che si
vede a Roma nella piazza del Campidoglio, sede del governo della città. Il
messaggio è chiaro: siamo tutti cittadini di questa città.
Siamo dunque desiderosi di invitarvi a Roma per vedere questa esperienza con i
vostri occhi. Siamo inoltre pronti ad interagire e cooperare con chiunque voglia
replicare questo modello seguendo i semplici principi di autodeterminazione, autoresponsabilizzazione ed attenzione all'ambiente citati prima.
EWL-HWL Conference on Roma Women: Budapest, 7 April 2011
[a] Monica Rossi is a Visiting Research Fellow at the
University of Birmingham UK, School of Government and Society
Ammassati in un capannone, separati da pannelli fatti di stracci per
difendere quel minimo di privacy, in pessime condizioni igieniche e tutti sotto
uno tetto con profonde infiltrazioni d'acqua. Sono le condizioni di vita di
alcuni dei rom sgomberati che hanno accettato l'offerta di accoglienza del
Comune di Roma secondo quanto denuncia l'associazione "21 luglio", impegnata
nella capitale a favore del rispetto dei diritti dell'infanzia dei rom. In
esclusiva per Redattore Sociale, il filmato realizzato all'interno della
struttura con un telefonino mostra le condizioni di vita nell'ex Cartiera di via
Salaria. Una struttura che ad oggi ospita circa 300 persone, di cui circa 170
minori e che secondo l'associazione non rispetta le norme minime di sicurezza.
"La struttura sembra non essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge
regionale n. 41/2003 -- spiega la "21 luglio" -, che disciplina l'ambito delle
strutture di accoglienza sul territorio laziale, e non rispettare le
disposizioni previste dalla normativa vigente in materia edilizia,
igienico-sanitaria e di prevenzione incendi". Servizio di Giovanni Augello.
HOME IS WHERE YOUR HEART IS:
THE “METROPOLIZ” EXPERIENCE IN ROME
An introduction:
The Movement of the Fight for the Right to Housing (from now on MFRH)[1] is an
historical Roman organisation dedicated to the re use of abandoned public and
private building with the practice of squatting. These movements of squatters
are in contact with the Municipality’s Government who has in many case
recognised the occupations and often by mean of specific Deliberations[2] has
conceded the building or granted access to social housing. The Movement is so
large and rooted in the territory that it has even an elected member in the
Municipality Council of Rome.
It exists since the 1960’s, at a time when the shanty towns in Rome were hosting
some 60.000 impoverished Italians. This Movement in time has enlarged and it has
been joined by others organisations (ATTAC, Blocchi Precari Metropolitani and
others), all dedicated to the problem of housing in Rome, where lack of housing
is chronical and local poverty endemic.
As an ethnographer who is working since 21 years in Roman shanty towns I have
met them very often in the course of my researches, also because since the
1980’s these groups begun to welcome also migrant individuals and families.
How it all begun:
In the year 2008 a group of Romanian Roma families and individuals of circa 100
persons, all coming from Kalarasi, settles in a large abandoned area in the
eastern periphery of Rome[3] along the via Casilina. After one year, in November
2008 they have been evicted for the first time. The solution offered by the
Municipality was that of being transferred in a former squatted and abandoned
paper factory[4] along the via Salaria in hygienic and living conditions which
were even worse than that of the encampment.
A small NGO that was volunteering with members of this group and who was also in
contact with the MFRH, decided to propose to the evicted Roma to join the
Movement, and begun a series of meeting with the members of the Movement. Many
were afraid of having a whole community of 90 people entering the occupation,
but in the end a newly formed group, the Blocchi Precari Metropolitani, accepted
to try and welcomed them in a huge former factory along the via Prenestina: the
so called “Metropoliz” group, already inhabited by 110 Italians, Moroccans,
Peruvians and African families[5].
When the Roma arrived it was explained to them how the place worked and was
organised: all decisions are taken in the assembly, which must be participated
from everyone and where everyone must express his/her views. The space would be
assigned on the bases of family’s needs regardless any other consideration.
Common tasks such as cleaning, fixing and patrolling of the area were also
undertook collectively with turns. Abusive language and behaviour is banned, it
is forbidden to beat or mistreat women or children. Children must go to school
together with the children of the other groups accompanied by their own parents.
The base idea of the project is the direct representation, and that everyone
must take responsibility for the place, individually and collectively[6].
Outcomes:
After one year and a half there have been the following results:
1) For the first time a group of Roma entered into an historical local movement
such as that of MFRH joining other groups and breaking the vicious ethnic trap
which led to the creation of the encampments. Regardless of ethnic origins all
occupants who live there are considered as people who share common rights and
comon needs, in a self determination path. Also, there are now at least five
nationalities living together, including impoverished working class Romans. This
has helped to break also forms of ethnic segregation and jealousies which have
been often the cause for rivalry and hate among locals and foreigners poors.
2) For the first time it has changed the mechanism of leadership and political
representation among all the groups involved, including the Roma. In the
“Metropoliz” experience there are no community leaders, prominent members of the
community, head of families or mediators. Everybody is held responsible for his/her
actions and must participate to all collective decisions and tasks, expressing
his/her views in the assemblies regardless their sex, origin or social position.
3) Not a single euro has been asked to Institutions ot to Companies. The
“Metropoliz” people refuses the logic of the public bids and that of
cementification. The city of Rome has many abandoned buildings and warehouses
like this, and they could be reused with relatively little money and according
to environment friendly standards thus offering solutions to many problems like
that of the lack of housing and unemployment.
All the public rooms, the apartments, common areas, common services have been
refurbished and fixed by the same occupants with the technical help of the group
“Stalker” and that of a Researcher of the Faculty of Architecture University of
Roma 3, Francesco Careri, who like me, came to knew this project and strongly
supported it.
The idea of presenting this project here is because I strongly wanted to
disseminate it, in order to show that it does not take much to implement
projects which work well. It takes human commitment, common sharing of knowledge
and resources to gain empowerment through mutal human cooperation, outside
social and ethnic boundaries of any kind.
One of the first thing the occupants did at “Metropoliz” was that of painting
the mosaic which decorates the square of Campidoglio in Rome, home of the City
government. The message is that we all are citizens of this city.
We are willing to invite you in Rome to see for yourself this experience. We are
also eager to interact and to cooperate with anyone who wants to replicate this
model, following the simple principles of self determination, self
responsibilisation and attention to environment quoted above.
Monica Rossi is a Visiting Research Fellow at the University of Birmingham UK,
School of Government and Society.
EWL-HWL Conference on Roma Women: Budapest, 7 April 2011
[1] Movimento di Lotta per la Casa.
[2] See for example: Comune di Roma, Deliberation n.110/2005 and a new one (which
also includes the “Metropoliz”) is at the center of meetings between the
Administration and the Movements for a future official assignment.
[3] The former military Airport “F. Baracca”, who later became a large Roma
dwelling under the name “Casilino 700” (destroyed in 2000), only a few meters
away from another historical Roman shanty towns first inhabited by Italians and
later on by Roma, “Casilino 900” (destroyed in 2009).
[6] The “Metropoliz” experience is strongly supported also by the Committee “Ex
Casilino 900”, a group of which I am also part, composed by Academics, NGOs,
Roma, Catholic groups such as the “Comunità di base S. Paolo”, teachers and many
others who have joined together to contrast the policy of Roma encampments.
Di Fabrizio (del 09/04/2011 @ 09:15:44, in Kumpanija, visitato 1340 volte)
sabato 16 aprile dalle 19.30
Oratorio S. Vincenzo, Via Milano 59, Settimo Torinese
Cari lavoratori, soci e amici di Terra del Fuoco,
si avvicina per tutti noi una ricorrenza molto importante.. Il secondo
compleanno del Dado!!
La grande famiglia del Dado ha deciso, anche quest'anno, di festeggiare insieme
a tutti voi i tanti obiettivi raggiunti: c'è Sorina che si è iscritta a scuola
guida per conseguire la patente, come suo fratello Ion, ci sono le splendide
pagelle di Sarah e di Bianca, e Iulian, che farà parte del centro studi "Sa
Mergem!" sulla storia del popolo Rom; ci sono Turkan, Alì, Atakan ed Efsane, la
famiglia curda costretta a lasciare la Turchia, che è stata accolta a braccia
aperte nella nostra comunità e ci sono Alì Mohamed, Jirow, Taku e Bashi, alle
prese con i loro primi contratti di lavoro.
Queste e tante altre le storie che racconteremo nella serata di Sabato 16
aprile,
gustando la cena preparata da tutti gli ospiti del Dado, con piatti tipici dalla
Romania, dalla Somalia e dalla Turchia!
Non potete mancare!
Programma della serata:
H.20.00:
Cena multietnica (su prenotazione, offerta libera a partire da 5 euro) presso
il salone dell'oratorio
Intervengono:
Aldo Corgiat (sindaco di Settimo T.se),
Caterina Greco (ass. politiche sociali)
H.22.00: Musica dal vivo e dj Set, con
SVOBODA ORCHESTRA,
LUCIANO DE BLASI E I SUI GENERIS
BOTTEGA DI MUSICA e PAROLE
Di Fabrizio (del 09/04/2011 @ 09:10:10, in casa, visitato 1621 volte)
di Vinicio Leonetti - Catanzaro (05/04/2011)
Eliminare Scordovillo in quattro mosse. La prima è la nomina del prefetto
Antonio Reppucci a commissario per l'emergenza. L'incarico dovrebbe arrivare
direttamente dal governo centrale, e in quel caso al commissario oltre ai poteri
straordinari verrebbero dati fondi dalla Protezione civile per gestire lo
sgombero ordinato dalla procura della Repubblica entro Pasqua. Il tempo stringe:
dall'ultimatum del procuratore Salvatore Vitello sono passati diversi giorni, e
se non si comincia a smantellare per mano politica il magistrato già in questa
settimana potrebbe adottare provvedimenti coattivi per far partire la
mobilitazione di un villaggio considerato malsano e ricettacolo di criminalità.
Un aspetto seguito da vicino dal Comandante provinciale dei carabinieri
Salvatore Sgroi, da Stefano Bove che guida la Compagnia dell'Arma lametina, e
Pasquale Barreca dirigente del commissariato di polizia. Che ieri erano in aula.
Unità d'intenti
Un commissario subito è l'obiettivo prioritario non solo del
consiglio comunale che ieri sera ha votato all'unanimità un documento, ma anche
della Regione rappresentata in aula da due consiglieri degli opposti
schieramenti Mario Magno e Tonino Scalzo.
"Siamo di fronte alla più grande questione sociale della città, e non c'è un
modo indolore per eliminare Scordovillo. Ogni proposta sembra sbagliata", ha
spiegato il sindaco introducendo il dibattito in aula. "Bisogna spostare più di
500 persone, questo si fa quando c'è una calamità. Ecco perché ci vogliono i
poteri straordinari del prefetto per accelerare i tempi, con l'affiancamento di
Comune, Provincia e Regione".
Piano B
Se il governo non interviene? Gianni Speranza ha un'alternativa. L'ha
chiamato "piano d'arrangiamento". E consiste in tre mosse: 1) prendere 1 milione
di euro dai fondi Pon per comprare 16 case prefabbricate e d'assegnarle ad
altrettante famiglie rom; 2) tirare fuori i 5 milioni di euro che la Regione s'è
impegnata a dare al Comune per il Piano di sviluppo lametino per acquistare
appartamenti sparsi nella città, attraverso un bando pubblico al miglior
offerente; 3) chiedere un impegno straordinario all'Aterp e mettere a
disposizione 25 alloggi che spettano alle famiglie rom in testa alla graduatoria
delle case popolari.
Queste non sono indiscrezioni, ma precisi impegni dell'amministrazione presi in
aula davanti ai parlamentari Pino Galati e Ida d'Ippolito, ai consiglieri
regionali Magno e Scalzo, all'assessore provinciale Roberto Costanzo, ma
soprattutto in presenza dell'esponente del governo Antonio Reppucci, prefetto di
Catanzaro. Che ognuno ha indicato come il commissario ideale per gestire
l'emergenza. Sia Galati che d'Ippolito, deputati di maggioranza, hanno preso
l'impegno di spingere sul governo per la nomina commissariale, com'è avvenuto
finora in cinque grandi città.
Nessuna voce dissonante in aula. Tutti con l'obiettivo comune di cancellare una
piaga aperta da sessant'anni. Quello che non è mai riuscito a fare la politica
l'ha fatto la magistratura. C'è chi ha parlato di "fallimento della politica"
come Raffaele Mazzei, capogruppo del Pdl, e Mario Magno consigliere regionale
dello stesso partito. Ma oltre al grande merito di aver smosso le acque
stagnanti della polemica sui rom, il provvedimento di sequestro di Scordovillo è
riuscito anche a creare unità dove tradizionalmente c'è lotta politica spesso
improduttiva.
Dove metterli?
Se lo chiedono tutti in questi giorni. A cominciare dai cittadini,
fino agli esponenti politici. L'opinione comune è quella che Galati ha definito
"dislocazione diffusa". Significa distribuire piccoli gruppi di famiglie in
diverse parti della città. Perché un'altra parola d'ordine ieri era: no ad altri
Scordovillo.
Anche in questo caso non mancano interrogativi. Il primo l'ha posto il prefetto
Reppucci molto realisticamente: "Prima bisogna trovare i proprietari propensi a
vendere le case. Poi bisognerà capire se i vicini vorranno i nuovi inquilini,
perché il valore delle loro abitazioni diminuirà".
C'è invece chi, come il consigliere Bruno Tropea, ha ipotizzato di dare una
casetta ad ogni famiglia rom, lontano un chilometro l'una dall'altra. Ipotesi
scartata dal sindaco. I nuclei familiari di zingari sono 136 secondo il più
recente censimento fatto quest'anno dal Comune a Scordovillo, per un totale di
528 persone. "Questa è la gente che risiede e dorme nel campo", ha spiegato il
sindaco, "perché durante il giorno ce ne sono circa 300 in più che fanno capo al
villaggio". In otto anni, sempre secondo i dati municipali, sono aumentate le
famiglie ma è rimasto immutato il numero degli stanziali. Che sono molto
giovani: il 40% è fatto da minorenni. Di questi il 18% è costituito da bambini
sotto i 6 anni.
Umani come noi
Lo hanno sottolineato in tanti. Non sono più nomadi, né slavi né
altro, ma italiani. Lametini da generazioni. Cittadini iscritti all'anagrafe con
diritto di voto. Si tratta di integrarli. Elvira Falvo, Mariolina Tropea e lo
stesso sindaco si sono sforzati di evidenziare il lavoro fatto con i programmi
di recupero per i rom, ma non ci sono stati risultati determinanti. Scordovillo
resta Scordovillo. Ghetto, bidonville, città proibita, bomba sempre innescata.
Bubbone da estirpare.
Il cammino verso l'integrazione dei rom è lungo. Ieri lo sapevano tutti in aula,
anche gli stessi zingari presenti. Due dei quali sono intervenuti col consenso
del presidente del consiglio Francesco Muraca.
Pamela Bevilacqua, giovane rom: "Non siamo nomadi, chiamateci zingari. Il
discorso del prefetto ci è piaciuto: abbiamo diritti e doveri di ogni cittadino.
Così come anche voi avete diritti e doveri". L'anziano Francesco Bevilacqua,
lunga barba bianca: "Vent'anni fa hanno trasferito alcune famiglie in un
palazzo. Ma poi ci volevano cacciare anche da quella casa con l'accusa di
portare un ciuccio fino al quarto piano. Ma come si fa a far salire le scale di
quattro piani a un ciuccio?".
Di Fabrizio (del 08/04/2011 @ 09:42:50, in Italia, visitato 1186 volte)
L'8 aprile è la giornata internazionale del popolo rom e sinto. Un'occasione
di ricordo e di riflessione sulla storia di un popolo che ha subito secoli di
discriminazione e persecuzione, fino al Porrajmos nei campi di concentramento
nazifascisti e che ancora oggi è vittima di pregiudizi e subisce condizioni di
emarginazione sociale, economica e politica.
In Italia la giornata dell'8 aprile non è riconosciuta a livello
istituzionale, un motivo questo di ulteriore discriminazione per un popolo che
costituisce la più grande minoranza europea e che in Italia è presente sin dal
1400. Riconoscere questa giornata è un passo verso il riconoscimento della
dignità e dei diritti dei rom e dei sinti.
Per questo chiediamo di firmare sostenere e diffondere questo appello rivolto
all'amministrazione pubblica di Milano perché faccia quello che già altri comuni
importanti, come per esempio Firenze,Torino, hanno già fatto riconoscendo la
giornata dell'8 aprile e inserendola nelle iniziative istituzionali.
03/04/2011 - Attendono con impazienza che gli impiegati del censimento
arrivino nel loro quartiere. Per la prima volta nella vita, quei cittadini
verranno identificati secondo la loro etnia. Saranno registrati nei registri
statali come Askali.
Nel censimento scorso di 30 anni fa, vennero dichiarati Albanesi. Gli
abitanti dicono che il motivo per cui precedentemente non erano registrati come
appartenenti alla loro etnia, è che per quanto riguarda il nome sono una nuova
comunità.
Si stima che ci siano circa 35.000 membri della comunità askali che vivono in
Kosovo. Sono per lo più concentrati nella regione di Ferizaj.
E' illegale la detenzione finalizzata all'espulsione di una donna che ha dato
da poco vita a un bambino. E' quanto ha sentenziato la Corte europea dei diritti
umani nei giorni scorsi. Qualche settimana prima, le Camere hanno approvato la
legge sulle detenute madri. Nel caso Seferovic contro Italia (ricorso n.
12921/04), la Corte, all'unanimità, ha affermato che ci fosse una violazione
dell'articolo 5 (diritto alla libertà e alla sicurezza) della Convenzione sui
diritti umani del 1950.
Mediha Seferovic, di etnia rom e di nazionalità bosniaca, viveva da tempo
preso i campi nomadi romani di Casilino 700 e Casilino 900. Nel settembre del
2000, temendo discriminazioni al suo rientro in Bosnia, la Seferovic chiese il
riconoscimento dello status di rifugiata. L'istanza fu rigettata per motivi
formali. Nel settembre del 2003 dette vita a un bimbo che morì pochi giorni dopo
in ospedale. L'11 novembre del 2003 la polizia le contestò un ordine di
espulsione e la condusse al centro per espellendi di Ponte Galeria a Roma, dove
trascorse un periodo di detenzione amministrativa. Nei mesi successivi fu
rivisto il provvedimento di espulsione e nel 2006 le fu riconosciuto lo status
di rifugiata politica. I giudici di Strasburgo, nel condannare l'Italia al
risarcimento di 7500 euro a favore della cittadina bosniaca, hanno
perentoriamente affermato che è inammissibile detenere una donna – anche qualora
penda un provvedimento di espulsione – che ha appena partorito. L'illegalità
della detenzione non viene meno anche nella ipotesi in cui la donna abbia perso
il bambino.
E di bambini in carcere si è occupato il Senato, che ha approvato il testo
unificato di alcune proposte di legge in materia di rapporto tra detenute madri
e figli minori. Durante la discussione parlamentare sono state introdotte
modifiche restrittive al testo originario che rischiano di vanificarne del tutto
i contenuti e lasciare più o meno invariato il numero di bambini sotto i 3 anni
incarcerati con le loro mamme, principalmente straniere, essendo la giustizia
italiana sommaria sempre più discriminatoria. A oggi sono poco meno di 50. La
novità più sostanziosa è la modifica dell'articolo 275 del codice di procedura
penale. Viene previsto l'innalzamento da 3 a 6 anni dell'età del bambini al di
sotto della quale non può essere disposta o mantenuta la custodia cautelare
della madre in carcere (ovvero del padre, qualora la madre sia deceduta o
assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole), salvo che
sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. In presenza di tali
esigenze il testo approvato prevede la possibilità di disporre la custodia
cautelare della donna incinta e della madre di prole di età non superiore ai sei
anni in un istituto a custodia attenuata per minori (Icam), del tipo funzionante
a Milano dal 2007. Sono state poco significativamente toccate le norme
dell'ordinamento penitenziario relative alla detenzione domiciliare speciale per
le madri con figli di età non superiore a 10 anni. La legislazione previgente
prevedeva che il primo terzo di pena andasse comunque scontato in carcere. Con
le modifiche apportate ora sarà possibile scontare a casa (o in un Icam) anche
il primo terzo di pena. Questa facoltà non è comunque concessa a chi è
condannato per uno dei crimini di cui all'articolo 4 bis della legge del 1975,
ossia una buona parte delle donne recluse.
Reggio Calabria. "Da anni viene segnalato al comune di Reggio Calabria che
nell'insediamento rom dell'ex Polveriera un vecchio edificio militare sta per
crollare sulle baracche, ma, nonostante il pericolo di vita in cui si trovano
dieci famiglie, fino ad oggi, non è stato fatto niente. Ieri mattina , da una
parete del vecchio edificio che si sporge sulle baracche si sono staccati dei
mattoni, e c'è mancato poco che colpissero i bambini che giocavano sotto".
E' la denuncia dell'Opera Nomadi di Reggio Calabria dopo l'ennesimo episodio che
ha interessato quello che è rimasto dell'ultimo insediamento Rom in città.
I vigili del fuoco, che sono intervenuti sul posto, hanno segnalato il pericolo
ai vigili urbani sottolineando, ancora una volta, "la necessità di evacuare
l'area e hanno avvisato le famiglie che l'edificio potrebbe crollargli addosso
da un momento all'altro".
"Ci chiediamo cosa stia aspettando il Comune di Reggio Calabria prima di
intervenire" è l'interrogativo di Giacomo Marino che aggiunge: "è forse
necessario che prima qualche bambino resti sepolto sotto le macerie
dell'edificio?".Continua Marino: "questa situazione di gravissimo pericolo è ben
nota al sindaco ff Raffa, tanto da aver maturato una posizione ben precisa a
riguardo".
"Il 24 settembre 2010, dopo molte sollecitazioni, il sindaco Raffa si reca
personalmente sul posto e una volta constatato di persona il pericolo esistente
dichiara di non poter promettere nulla, ma che comunque tenterà di trovare una
sistemazione abitativa per le famiglie in pericolo. Facendo seguito al
sopralluogo del primo cittadino, il 25 ottobre 2010, il presidente dell'Opera
Nomadi incontra la dirigente del Patrimonio Edilizio, avvocato Titty Siciliano,
la quale in quell'occasione afferma che il comune intende sviluppare un piano
per la sistemazione abitativa delle famiglie che si trovano in pericolo e per
questo chiede all'associazione un censimento completo dell'insediamento".
"Dopo pochi giorni ( novembre 2010) - continua la nota - l'Opera Nomadi consegna
alla dirigente e al sindaco un report contenente il censimento aggiornato delle
famiglie (insediamento composto da 27 famiglie delle quali 10 in condizioni di
gravissimo pericolo) , una planimetria dell'insediamento, il primo verbale dei
vigili del fuoco (dicembre 2003) attestante il pericolo del crollo
dell'edificio, una certificazione dell'ASP e altri documenti. Nel mese di
dicembre 2010 la dirigente al patrimonio edilizio avvocato Siciliano, in un
incontro con un gruppo di famiglie rom, sostiene che il suo ufficio si sta
impegnando nel reperire alloggi per le 10 famiglie che si trovano in pericolo.
Ma queste promesse vengono smentite dallo stesso sindaco Raffa, il quale, in un
incontro pubblico tenutosi ad Arghillà nel mese di gennaio 2011, dichiara che il
comune non ha alloggi disponibili per le famiglie in pericolo e che non intende
intervenire nemmeno per mettere in sicurezza l'insediamento evitando il crollo
dell'edificio sulle baracche, visto che l'insediamento si trova su territorio di
proprietà del demanio statale e non di proprietà comunale".
"Nei mesi successivi il sindaco e la stessa dirigente Siciliano sostengono che
questa posizione del non intervento in quanto territorio del demanio statale è
stata ratificata anche dalla Prefettura e quindi il Comune è a posto. Insomma -
a detta dell'Opera Nomadi - per il comune di Reggio Calabria le 10 famiglie
devono vivere con il pericolo che il vecchio edificio gli crolli addosso. Se poi
l'edificio dovesse crollare e seppellirli veramente l'ente ha le carte in
regola, saranno le famiglie ad avere la colpa di aver costruito abusivamente
delle baracche accanto a questo vecchio edificio".
"Questa posizione assurda e fortemente immorale - conclude il presidente Marino
- è quella che un comune può oggi assumere tranquillamente nei confronti di
cittadini emarginati, senza che nessuno si indigni. Alla luce di quanto accaduto
ieri, invitiamo nuovamente il sindaco Raffa a rivedere la sua posizione e quindi
a provvedere ad effettuare almeno l'intervento di messa in sicurezza
dell'insediamento evitando la tragedia annunciata. Preghiamo, infine, tutti i
candidati a sindaco di voler inserire nei loro programmi la sistemazione
abitativa in dislocazione delle famiglie di questo ghetto che si trovano in
grave pericolo di vita, dimostrando così che la politica che loro propongono è
ricerca del bene comune anche per gli ultimi".
Di Fabrizio (del 07/04/2011 @ 09:33:43, in lavoro, visitato 1839 volte)
Da Amoun Sleem
Devo dirvi che oggi come Laboratorio del
Centro Domari siamo
stati scelti per fornire il più famoso hotel di Gerusalemme, l'American Colony
Hotel, il che mi rende molto orgogliosa delle nostre donne zingare e del
nostro design di qualità. Molti dei nostri cuscini avranno posto in questo
hotel. Dobbiamo credere sempre nel nostro buon gusto, ed un giorno saremo là!
Amo essere zingara.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
riprodurre liberamente tutto quanto pubblicato, in forma integrale e aggiungendo
il link: www.sivola.net/dblog.
Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza nessuna periodicita'. Non puo' pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001. In caso di utilizzo commerciale, contattare l'autore e richiedere l'autorizzazione. Ulteriori informazioni sono disponibili QUI
La redazione e gli autori non sono responsabili per quanto
pubblicato dai lettori nei commenti ai post.
Molte foto riportate sono state prese da Internet, quindi valutate di pubblico
dominio. Se i soggetti o gli autori avessero qualcosa in contrario alla
pubblicazione, non hanno che da segnalarlo, scrivendo a info@sivola.net
Filo diretto sivola59 per Messenger Yahoo, Hotmail e Skype
Outsourcing Questo e' un blog sgarruppato e provvisorio, di chi non ha troppo tempo da dedicarci e molte cose da comunicare. Alcune risorse sono disponibili per i lettori piu' esigenti: