La casa è dov'è il tuo cuore: l'esperienza "Metropoliz" a Roma
Di Fabrizio (del 10/04/2011 @ 09:27:49, in casa, visitato 1651 volte)
Questo è l'abstract dell'intervento presentato alla EWL-HWL
Conference on Roma Women, svoltosi a Budapest il 7 Aprile 2011. Monica Rossi[1]
Un'Introduzione
Il Movimento di Lotta per la Casa è una organizzazione storica romana che si
occupa del riutilizzo di spazi pubblici e privati per mezzo della pratica delle
occupazioni. Questi movimenti di squatters sono in contatto con il governo della
città che ha in alcuni casi riconosciuto le occupazioni per mezzo di
Delibere specifiche concedendo la proprietà occupata o con l'accesso
all'edilizia sociale. Il Movimento è così esteso e radicato che ha anche un
membro eletto nel consiglio Municipale di Roma. Questi movimenti esistono sin
dagli anni '60, quando le baraccopoli romane ospitavano 60.000 cittadini
italiani senza casa. Il Movimento si è esteso nel corso degli anni, ed è stato
affiancato da altre organizzazioni (ATTAC, Blocchi Precari Metropolitani ed
altre), tutte impegnate nella causa dell'abitare a Roma, dove la mancanza di
abitazioni e forme di povertà locale sono endemiche. Come etnografa che ha
lavorato da 21 anni nelle baraccopoli romane, ho incontrato spesso questi
movimenti nel corso delle mie ricerche, anche perché a partire dagli anni '80
questi gruppi hanno iniziato ad accogliere anche individui e famiglie di
migranti.
Come è iniziato tutto:
Nel 2008 un gruppo di famiglie ed individui Rom rumeni, tutti provenienti da
Kalarasi, si stabilisce in una grande area abbandonata nella periferia romana,
lungo la via Casilina . Nel Novembre del 2008 vengono sfrattati per la prima
volta. La soluzione offerta dal Comune di Roma fu quella di trasferirli in una
vecchia cartiera già occupata da altri e poi abbandonata lungo la via Salaria,
in condizioni di gran lunga peggiori di quelle che avevano vissuto nel campo.
Una piccola ONG (Popica Onlus), che aveva svolto attività di volontariato presso
questo gruppo, ed era allo stesso tempo in contatto con I Movimenti di Lotta per
la Casa, decise di proporre ai Rom sfrattati di unirsi al Movimento, iniziando
una serie di incontri comuni per verificare la fattibilità del progetto. Molti
dei gruppi erano preoccupati all'idea di far accedere nelle occupazioni
un'intera comunità di 90 persone, ma alla fine un gruppo di formazione più
recente, i Blocchi Precari Metropolitani, accettò di fare un tentativo
accogliendo I Rom in un grande complesso industriale abbandonato lungo la via
Prenestina: il cosiddetto gruppo del "Metropoliz", già abitato da 110 fra
italiani, marocchini, peruviani ed africani .
All'arrivo dei Rom è stato loro spiegato cosa fosse e come funzionava
un'occupazione: tutte le decisioni vengono prese nell'assemblea alla quale tutti
debbono partecipare, e dove ciascuno deve esprimere la propria opinione,
L'assegnazione degli spazi è decisa in base ai bisogni dell'individuo o della
famiglia. Le pulizie, la risistemazione ed il controllo dell'area vengono
intrapresi collettivamente per mezzo di un sistema di turnazione. Sono proibiti
i comportamenti aggressivi e violenti, è proibito picchiare o maltrattare donne
e bambini. I bambini si recano regolarmente a scuola assieme ai bambini degli
altri gruppi ed accompagnati dai loro genitori. L'idea di base è quindi quella
della partecipazione diretta, secondo la quale ognuno deve assumersi la
responsabilità dello spazio "Metropoliz" a livello individuale e collettivo.
Risultati:
Dopo un anno e mezzo sono stati raggiunti i seguenti obiettivi:
1) Per la prima volta un gruppo di Rom entra in uno storico movimento locale
come quello delle occupazioni, unendosi ad altri gruppi e spezzando la trappola
etnica che ha portato alla creazione dei campi. Al di la dell'origine etnica,
tutti gli occupanti che vivono a "Metropoliz" sono considerati come persone che
condividono diritti e bisogni comuni, seguendo un percorso di
autodeterminazione. Oggi vi sono almeno 5 nazionalità che vivono assieme,
inclusi membri delle classi subalterne romane. Ciò ha permesso di evitare ogni
forma di segregazione etnica ed ha prevenuto la nascita di rivalità o odio fra
la popolazione locale e quella straniera.
2) Per la prima volta è stato cambiato il meccanismo di leadership e
rappresentanza politica fra tutti I gruppi coinvolti, compresi I Rom.
Nell'esperienza di "Metropoliz" non esistono "capi" della comunità, capi
famiglia o mediatori. Ognuno è responsabile per le proprie azioni e deve
partecipare a tutte le riunioni e le attività collettive, esprimendo il proprio
parere nelle assemblee senza considerazione del sesso, dell'origine o della
posizione sociale.
3) Nemmeno un euro è stato richiesto a privati o a istituzioni. Le persone del "Metropoliz"
hanno rifiutato la logica dei bandi e quella della cementificazione. La città di
Roma ha molte strutture abbandonate che potrebbero venire riutilizzate con
relativamente poca spesa e secondo standard ecologici, offrendo così una
soluzione al problema dell'abitare ma anche occasioni di impiego. Tutte le
stanze, gli appartamenti, le zone comuni sono state risistemate dagli stessi
occupanti utilizzando anche materiali riciclati e con l'aiuto tecnico del gruppo
"Stalker" e di un ricercatore della Facoltà di Architettura dell'Università di
Roma 3, Francesco Careru, che come me conosceva questa esperienza e l'ha
sostenuta con forza.
L'idea di presentare qui questo progetto è dovuta al fatto che ho intenzione
di farlo conoscere al più ampio numero di persone. Volevo mostrare come sia non
ci voglia poi molto per implementare progetti che funzionino bene. Ci vuole
impegno umano, scambio e condivisione delle conoscenze e delle risorse per
raggiungere l'emancipazione attraverso la mutua cooperazione per un fine comune
e oltre ogni appartenenza etnica. Una delle prime cose che fecero gli occupanti
del "Metropoliz", fu quella di riprodurre nel cortile centrale il mosaico che si
vede a Roma nella piazza del Campidoglio, sede del governo della città. Il
messaggio è chiaro: siamo tutti cittadini di questa città.
Siamo dunque desiderosi di invitarvi a Roma per vedere questa esperienza con i
vostri occhi. Siamo inoltre pronti ad interagire e cooperare con chiunque voglia
replicare questo modello seguendo i semplici principi di autodeterminazione, autoresponsabilizzazione ed attenzione all'ambiente citati prima.
EWL-HWL Conference on Roma Women: Budapest, 7 April 2011
[a] Monica Rossi is a Visiting Research Fellow at the
University of Birmingham UK, School of Government and Society
Ammassati in un capannone, separati da pannelli fatti di stracci per
difendere quel minimo di privacy, in pessime condizioni igieniche e tutti sotto
uno tetto con profonde infiltrazioni d'acqua. Sono le condizioni di vita di
alcuni dei rom sgomberati che hanno accettato l'offerta di accoglienza del
Comune di Roma secondo quanto denuncia l'associazione "21 luglio", impegnata
nella capitale a favore del rispetto dei diritti dell'infanzia dei rom. In
esclusiva per Redattore Sociale, il filmato realizzato all'interno della
struttura con un telefonino mostra le condizioni di vita nell'ex Cartiera di via
Salaria. Una struttura che ad oggi ospita circa 300 persone, di cui circa 170
minori e che secondo l'associazione non rispetta le norme minime di sicurezza.
"La struttura sembra non essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge
regionale n. 41/2003 -- spiega la "21 luglio" -, che disciplina l'ambito delle
strutture di accoglienza sul territorio laziale, e non rispettare le
disposizioni previste dalla normativa vigente in materia edilizia,
igienico-sanitaria e di prevenzione incendi". Servizio di Giovanni Augello.
HOME IS WHERE YOUR HEART IS:
THE “METROPOLIZ” EXPERIENCE IN ROME
An introduction:
The Movement of the Fight for the Right to Housing (from now on MFRH)[1] is an
historical Roman organisation dedicated to the re use of abandoned public and
private building with the practice of squatting. These movements of squatters
are in contact with the Municipality’s Government who has in many case
recognised the occupations and often by mean of specific Deliberations[2] has
conceded the building or granted access to social housing. The Movement is so
large and rooted in the territory that it has even an elected member in the
Municipality Council of Rome.
It exists since the 1960’s, at a time when the shanty towns in Rome were hosting
some 60.000 impoverished Italians. This Movement in time has enlarged and it has
been joined by others organisations (ATTAC, Blocchi Precari Metropolitani and
others), all dedicated to the problem of housing in Rome, where lack of housing
is chronical and local poverty endemic.
As an ethnographer who is working since 21 years in Roman shanty towns I have
met them very often in the course of my researches, also because since the
1980’s these groups begun to welcome also migrant individuals and families.
How it all begun:
In the year 2008 a group of Romanian Roma families and individuals of circa 100
persons, all coming from Kalarasi, settles in a large abandoned area in the
eastern periphery of Rome[3] along the via Casilina. After one year, in November
2008 they have been evicted for the first time. The solution offered by the
Municipality was that of being transferred in a former squatted and abandoned
paper factory[4] along the via Salaria in hygienic and living conditions which
were even worse than that of the encampment.
A small NGO that was volunteering with members of this group and who was also in
contact with the MFRH, decided to propose to the evicted Roma to join the
Movement, and begun a series of meeting with the members of the Movement. Many
were afraid of having a whole community of 90 people entering the occupation,
but in the end a newly formed group, the Blocchi Precari Metropolitani, accepted
to try and welcomed them in a huge former factory along the via Prenestina: the
so called “Metropoliz” group, already inhabited by 110 Italians, Moroccans,
Peruvians and African families[5].
When the Roma arrived it was explained to them how the place worked and was
organised: all decisions are taken in the assembly, which must be participated
from everyone and where everyone must express his/her views. The space would be
assigned on the bases of family’s needs regardless any other consideration.
Common tasks such as cleaning, fixing and patrolling of the area were also
undertook collectively with turns. Abusive language and behaviour is banned, it
is forbidden to beat or mistreat women or children. Children must go to school
together with the children of the other groups accompanied by their own parents.
The base idea of the project is the direct representation, and that everyone
must take responsibility for the place, individually and collectively[6].
Outcomes:
After one year and a half there have been the following results:
1) For the first time a group of Roma entered into an historical local movement
such as that of MFRH joining other groups and breaking the vicious ethnic trap
which led to the creation of the encampments. Regardless of ethnic origins all
occupants who live there are considered as people who share common rights and
comon needs, in a self determination path. Also, there are now at least five
nationalities living together, including impoverished working class Romans. This
has helped to break also forms of ethnic segregation and jealousies which have
been often the cause for rivalry and hate among locals and foreigners poors.
2) For the first time it has changed the mechanism of leadership and political
representation among all the groups involved, including the Roma. In the
“Metropoliz” experience there are no community leaders, prominent members of the
community, head of families or mediators. Everybody is held responsible for his/her
actions and must participate to all collective decisions and tasks, expressing
his/her views in the assemblies regardless their sex, origin or social position.
3) Not a single euro has been asked to Institutions ot to Companies. The
“Metropoliz” people refuses the logic of the public bids and that of
cementification. The city of Rome has many abandoned buildings and warehouses
like this, and they could be reused with relatively little money and according
to environment friendly standards thus offering solutions to many problems like
that of the lack of housing and unemployment.
All the public rooms, the apartments, common areas, common services have been
refurbished and fixed by the same occupants with the technical help of the group
“Stalker” and that of a Researcher of the Faculty of Architecture University of
Roma 3, Francesco Careri, who like me, came to knew this project and strongly
supported it.
The idea of presenting this project here is because I strongly wanted to
disseminate it, in order to show that it does not take much to implement
projects which work well. It takes human commitment, common sharing of knowledge
and resources to gain empowerment through mutal human cooperation, outside
social and ethnic boundaries of any kind.
One of the first thing the occupants did at “Metropoliz” was that of painting
the mosaic which decorates the square of Campidoglio in Rome, home of the City
government. The message is that we all are citizens of this city.
We are willing to invite you in Rome to see for yourself this experience. We are
also eager to interact and to cooperate with anyone who wants to replicate this
model, following the simple principles of self determination, self
responsibilisation and attention to environment quoted above.
Monica Rossi is a Visiting Research Fellow at the University of Birmingham UK,
School of Government and Society.
EWL-HWL Conference on Roma Women: Budapest, 7 April 2011
[1] Movimento di Lotta per la Casa.
[2] See for example: Comune di Roma, Deliberation n.110/2005 and a new one (which
also includes the “Metropoliz”) is at the center of meetings between the
Administration and the Movements for a future official assignment.
[3] The former military Airport “F. Baracca”, who later became a large Roma
dwelling under the name “Casilino 700” (destroyed in 2000), only a few meters
away from another historical Roman shanty towns first inhabited by Italians and
later on by Roma, “Casilino 900” (destroyed in 2009).
[6] The “Metropoliz” experience is strongly supported also by the Committee “Ex
Casilino 900”, a group of which I am also part, composed by Academics, NGOs,
Roma, Catholic groups such as the “Comunità di base S. Paolo”, teachers and many
others who have joined together to contrast the policy of Roma encampments.
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