Il compositore Sinto olandese Roger "Moreno" Rathgreb ha composto un Requiem per
Auschwitz; per tutte le vittime del regime nazista.
L'International Gipsy Festival di Tilburg ha preso l'iniziativa di
rappresentare questo Requiem in più paesi europei possibile.
Dal 1997, l'International Gipsy Festival Tilburg organizza un festival annuale
dove si esibiscono musicisti da tutta Europa, particolarmente musicisti di
origine sinta e rom.
Presenta l'impatto di questa interessante cultura sulle altre forme
artistiche europee, come la musica classica, il jazz, la musica pop, la musica
folk, il dramma, la danza e le arti visuali.
Roger "Moreno" Rathgreb
Roger "Moreno" Rathgreb è un musicista. Come molti altri musicisti sinti è un
autodidatta. In una fase della vita in cui era già un musicista affermato,
iniziò a prendere annotazioni e a comporre. Alcuni anni fa, decise di comporre
un Requiem per le vittime di Auschwitz. Un compito improbo: una composizione di
sessanta minuti per un'orchestra sinfonica, coro e solisti. Iniziò a lavorarci,
ma quando visitò Auschwitz, le emozioni scatenatesi erano troppo dolorose e
causarono un grave blocco dello scrittore.
Alla fine del 2007, l'International Gipsy Festival gli chiese di completare
la sua composizione, perché volevano presentarla in diverse città europee.
Questa richiesta lo incoraggiò e lo ispirò. A maggio 2009 fu in grado di
terminare il suo
Requiem.
Il pezzo venne valutato da esperti compositori e direttori d'orchestra, tra
gli altri Jean Lambrechts (Belgio), Riccardo Sahiti (Germania), Jeff Hamburg (USA)
and Jirí Stárek (Repubblica Ceca). Vennero rimosse alcune imperfezioni. Tutti
furono entusiasti della qualità del pezzo e furono convinti che meritasse di
essere conosciuto.
Sotto gli auspici del Segretario Generale del Consiglio d'Europa,
Thorbjřrn Jagland, composto da Roger "Moreno" Rathgreb.
Oggetto
Il Requiem è stato composto da un musicista sinto; tuttavia, dovrebbe
divenire un monumento a tutte le vittime di Auschwitz. Specificamente,
intendiamo stimolare una memoria dell'Olocausto condivisa dalle organizzazioni
ebraiche e rom/sinti ed i Comitati Nazionali nei paesi europei in cui avrà luogo
il concerto.
Oltre 500.000 Rom e Sinti furono uccisi dai nazisti; una parte ancora
dimenticata dell'Olocausto.
Rom e Sinti sono la più grande minoranza bell'Unione Europea ed in molti
paesi sono attualmente vittime di gravi discriminazioni, deportazioni, uccisioni
e pogrom.
Il Requiem vorrebbe portare ad un dialogo tra tutti i gruppi etnici europei,
e forzare i governi a sviluppare le loro politiche riguardo le minoranze in
generale ed i Rom e Sinti in particolare.
Il Requiem per Auschwitz è una potente dichiarazione sull'umana sofferenza.
Obiettivi
Un arricchimento della cultura europea attraverso l'interpretazione di
questo Requiem da parte di musicisti di più paesi europei possibile;
Aggiungere una nuova dimensione - musicale - nel mantenere viva la
memoria di Auschwitz in più paesi europei possibile;
Acquisire una base più ampia per la memoria di Auschwitz.Chiediamo alle
organizzazioni ebraiche, rom e sinte, assieme ad altre organizzazioni
rilevanti, di supportare l'esecuzione del concerto nei loro rispettivi
paesi;
Collegando le esperienze dell'Olocausto e l'aumentato odio e razzismo
contro Rom e Sinti nell'Europa attuale, diviene chiaro perché Rom e Sinti
debbano permanentemente tenere in conto minacce e persecuzioni. Gli
attivisti durante il concerto, come nelle esibizioni, un festival del
documentario rom, incontri sull'attuale situazione dei Rom e dei Sinti in
Europa, sottolineeranno questa continuità;
Verrà promossa la collaborazione tra diverse comunità rom e sinte;
Verrà stimolata la cooperazione tra le organizzazioni ebraiche, rom e
sinte;
Verrà favorito il rispetto di Rom e Sinti in quanto più grande minoranza
in Europa.
Esecuzione del progetto
Il progetto verrà eseguito nelle capitali della Polonia, Romania, Ungheria,
Repubblica Ceca e Paesi Bassi.
La parte orchestrale del pezzo sarà eseguita dalla "Roma und Sinti Philharmoniker in Frankfurt am Main",
l'unica orchestra filarmonica in Europa consistente in 75 musicisti
professionisti rom e sinti, provenienti da Germania, Repubblica Ceca, Ungheria e
Romania. Il direttore dell'orchestra, Riccardo
M. Sahiti, è lui stesso rom e lettore presso l'Accademia delle Arti di
Francoforte.
I cori e gli assoli verranno adattati al paese dove il pezzo verrà
presentato.
Il Requiem verrà diviso in tre pezzi. Durante gli intervalli tra i tre pezzi,
noti musicisti, poeti ed attori - rappresentativi dei diversi gruppi vittime
dell'Olocausto - dei paesi partecipanti, presenteranno brevi canzoni, poemi ed
altre rappresentazioni relative al contenuto del Requiem, accompagnati da foto e
proiezioni video.
La performance inaugurale avverrà ad Auschwitz il 2 agosto 2011. In questa
giornata, i Rom ed i Sinti commemorano la liquidazione dello "Zigeunerlager" di
Auschwitz, in una notte vennero uccisi 2.900 Rom e Sinti. Lo stesso giorno, il Memorial Auschwitz-Birkenau State Museum
organizzerà una conferenza internazionale sui Rom e Sinti durante l'Olocausto ed
anche sulla loro posizione nell'Europa dei giorni nostri. Negli altri paesi il
progetto avrà luogo nel 2012.
Struttura organizzativa
1. Foundation Alfa/The International Gipsy Festival Tilburg,
Paesi Bassi come capofila del progetto, ed in quanto tale ne ha la
responsabilità finale: E' anche responsabile dello sviluppo del progetto nei
Paesi Bassi.
2. The International Gipsy Festival Tilburg ha già un accordo di
collaborazione con - Slovo 21, Khamoro World Roma Festival nella Repubblica
Ceca; - The Roma People Association per la Polonia; - The Romedia Foundation
per l'Ungheria; - The National Centre for Roma Culture Romano Kher per la Romania.
3. I partner sono responsabili degli aspetti organizzativi e logistici del
concerto nei rispettivi paesi. Cercheranno di realizzare i summenzionati scopi
nei loro paesi con l'appoggio di rilevanti organizzazioni ed istituzioni
nazionali.
Sinora le seguente persone hanno offerto il loro nome per il Comitato
Internazionale di Raccomandazione: - Václav Havel, ex presidente della
Repubblica Ceca; - Lászlo Andor, membro della Commissione Europea,
responsabile per gli Affari del Lavoro e minoranze; - Valeriu Nicolae, direttore
del Policy Centre for Roma and other minorities (Bucarest); - Ian Hancock, direttore
del Program of Romani Studies and the Romani Archives
and Documentation Center all'University of Texas di Austin.
La Anne Frank House sta preparando, in particolare per questo progetto,
un'esposizione itinerante sui Rom e Sinti durante l'Olocausto e l'Europa di
oggi, visti con gli occhi dei bambini.
L'International Auschwitz Committee assieme alla Jehudi Menuhin Foundation
raccomanda caldamente il progetto. Istituzioni come l'Open Society Institute (Ungheria)
lo Jewish Museum di Praga, la National Agency for Roma (Romania), e molte
organizzazioni Rom e Sinti hanno offerto il parere e l'assistenza dei loro
esperti per presentare con successo il progetto nei rispettivi paesi.
Team di gestione
Zoni Weisz, del consiglio di Dutch Auschwitz Committee. Albert Siebelink, direttore International Gipsy Festival Tilburg. Jef Helmer,
ex direttore SPOLU International.
Dal 30 novembre al 5 dicembre - Tieffe Teatro Menotti – Via Ciro Menotti,
11 – Milano Produzione Cantieri Teatrali Koreja e Centar Za Kulturu di Smederevo
(Serbia) con il sostegno di Teatro Pubblico Pugliese
BRAT (FRATELLO)
Cantieri per un’opera rom
Regia e adattamento di Salvatore Tramacere
Con Miljan Guberinic, Ajnur Ibraimi, Damir Kriziv, Sead Kurtisi, Vukosava Lazic, Marija Miladinovic, Marija Mladenovic, Ana Pasti, Darko Petrovic, Igor Petrovic,
Maria Rosaria Ponzetta, Ferdi Ramadani, Ajnur Redzepi, Emran Sabani, Senad
Sulejmani, Marko Stojanovic, Danijel Todorovic, Andjelka Vulic
Collaborazione alla regia: Fabrizio Saccomanno
Collaborazione all’allestimento: Mariarosaria Ponzetta
Cura del movimento: Silvia Traversi
Musiche di: Admir Shkurtaj
Eseguite dal vivo da: Giorgio Distante, Redi Hasa, Admir Shkurtaj
Luci e suoni: Mario Daniele, Angelo Piccinni
Organizzazione: Marija Anicic, Alessandra Bisconti, Dragoljub Martic, Laura
Scorrano
Cura del progetto: Franco Ungaro
"Popolo mite e nomade che non rivendica sovranità, territorio, zecca, divise,
timbri, bolli e confini, ma semplicemente il diritto di continuare a essere quel
popolo sottilmente altro e trascendente rispetto a tutti quelli che si
contendono territori, bandiere e palazzi; un popolo che, un pò come gli ebrei,
fa parte della storia e dell'identità europea proprio perchè a differenza di
tutti gli altri hanno imparato ad essere leggeri, compresenti, capaci di passare
sopra e sotto i confini, di vivere in mezzo a tutti gli altri, senza perdere se
stessi e di conservare la propria identità anche senza costruirci uno stato
intorno"
"Non si puo' togliere l'acqua ai pesci e poi stupirsi se i pesci non riescono
piu' ad essere agili ed autosufficienti, gentili ed autosufficienti come una
volta"
Alex Langer
Quello di Brat è un percorso iniziato tre anni fa, a Smederevo, 70 chilometri da
Belgrado, tra una dozzina di giovani rom, altrettanti attori loro coetanei di
quella città, e il gruppo teatrale Koreja di Lecce, da sempre interessato a
misurarsi con il fascino e i nodi irrisolti, l’ignoto e le diversità dell’est
Europa.
Non concede illusioni o facili scorciatoie di “redenzione” lo spettacolo
elaborato da Salvatore Tramacere con Fabrizio Saccomanno: una parabola zingara
contro i “nuovi olocausti”.
Nasce così uno spettacolo accolto trionfalmente dal pubblico nelle rapide
incursioni al NapoliTeatroFestival e al Festival Castel dei Mondi di Andria fino
all’approdo nel capoluogo salentino.
Come nell’originale di Gay c’è una malavita organizzata, una polizia corrotta,
un affarismo senza scrupoli, un bordello di ragazze scatenate.
Interpreti scatenati, pronti a cambiare di ruolo e di genere, mentre la musica
balcanica di Admir Shkurtaj, eseguita dal vivo, li incalza e li dirige verso un
apparente happy end.
Incontriamo da tre anni un gruppo di giovani rom e giovani attori che vivono a
Smederevo, Settanta chilometri da Belgrado, alcune centinaia da Lecce. Proviamo
a fare teatro. Lavoriamo di sera, dopo faticose giornate di lavoro quotidiano,
specie per i giovani rom, a raccogliere frutta, vetro e carta. Non vogliamo
creare una nuova compagnia professionale né cerchiamo alcuna catarsi sociale.
Che fare? Partiamo da un testo. L’Opera del mendicante di John Gay.
Cerchiamo persone e attori in grado di dare senso e verità alle parole molto
graffianti dell’Opera. Al tempo del reality quando sempre più sottile si fa il
confine tra verità e finzione.
Ladri, ricettatori, donne di malaffare, capi di polizia in combutta per spillare
quattrini dove si può: questi sono i nuovi eroi di un mondo alla rovescia.
Una storia rappresentata tante volte in diverse epoche e luoghi.
Undici non attori rom e otto giovani attori serbi, assumono ruoli da commedia
dell'arte, facendosi testimoni di una cultura, la propria.
Una cultura che, come i piccoli ladruncoli che loro mettono in scena, è
destinata a scomparire.
Ne è scaturita una "presentazione" che, giocando con gli stereotipi di una
cultura periferica, mette proprio in discussione il labile confine tra finzione
e realtà.
Cantieri Teatrali Koreja
Tieffe Teatro Menotti – Via Ciro Menotti, 11 – Milano Orari spettacolo: lun. mar. gio. ven. sab ore 21 - mer. ore 19. - dom. ore
17
Orari biglietteria: dal lunedì al venerdì dalle ore 10 alle 19 - sabato 16 - 19
Prenotazioni e informazioni: 0236592544 ,
info@tieffeteatro.it -
www.tieffeteatro.it
Prezzi: 22 intero – 15 ridotto (over 60, under 25)
convenzioni: pr@tieffeteatro.it
Giovedì 18 novembre c'è stata la conferenza stampa di
presentazione. Ivana Kerecki (che ci fornisce anche le foto) ci riferisce:
Prima della conferenza la RAI ha fatto un'intervista con gli attori
rom e il protagonista Danijel Todorovic, che ha detto che questo
spettacolo ha rotto un tabù, un muro che molti vedono fra se stessi e i
Rom. I ragazzi hanno salutato la TV italiana con un saluto collettivo
in lingua romanes.
Per prima ha parlato Livia Pomodoro, soprattutto dell'importanza del "Premio
Internazionale Teresa Pomodoro per il Teatro dell'Inclusione"
(sempre con prestigiosa giuria internazionale), che poi è stato assegnato la
stessa sera al Teatro No'hma, inaugurando la sua stagione.
Secondo lei questo premio è anche il segno dell'attenzione a "questo
grande problema"…
Salvatore Tramacere, direttore artistico dei Cantieri Teatrali Korejadi Lecce, ha raccontato il lavoro svolto durante i 3 anni con 35
ragazzi di Smederevo, la cittadina a 50 km da Belgrado. Gli è
dispiaciuto molto che dopo un lavoro così importante, uno dei ragazzi,
Ferdi, non può venire in Italia per partecipare allo spettacolo. Il
motivo: il suo datore di lavoro (precario e saltuario: il cosiddetto
lavoro a "chiamata", che potrebbe anche non arrivare) ha minacciato di "licenziarlo"…
Alcune sue battute (certe si possono più o meno condividere):
"Il teatro ha senso solo se ha il coraggio, altrimenti si rischia di fare
cose molto banali e perdere il senso." "Mi hanno chiesto perché ho fatto uno spettacolo così. Perché no?
Perché non prendere questa responsabilità?" "I nostri ragazzi hanno tutto, sanno tutto. Con loro, invece, c'è
bisogno di fare le cose dall'A alla Z." "Questi ragazzi hanno conquistato una dignità e possono avere una
chance come tutti i ragazzi del mondo." "Vorremmo fare di più: primo, creare un centro permanente, mettere
insieme le diversità, non solo quelle di nazionalità o etnia ma di
possibilità di vivere la vita quotidiana. Un centro in più luoghi, per
incontrarsi e far progetti vari, non solo spettacoli. Secondo, all'inizio mi vergognavo un po' di dire questa cosa: i ragazzi mi
chiedevano ‘quanti soldi prenderemo?'. Il progetto in se stesso è
nobile, ma anche loro hanno un diritto di fare questo LAVORO chiedendo
di essere pagati. Rinuncio a fare lo spettacolo se non li pagano. Per
una ulteriore dignità. Stanno acquisendo una cosa forte. Se ne chiedono
un'altra: paghiamoli!"
Franco Ungaro, ha detto che non è stato così facile portare
questi ragazzi in Italia. Si è sempre posta la domanda: ci saranno
problemi con la polizia? Alla fine è andato tutto liscio. Secondo lui,
questo spettacolo è un po' il simbolo di come si può coniugare un'idea
dei Rom con quella del cosmopolitismo e mostrare la cultura identitaria
di un popolo, di persone, inserita nel contesto di contemporaneità,
mentre il lavoro con questi attori è stato anche una denuncia delle
loro condizioni di vita.
L'assessore alla Cultura del Comune di Milano, Massimiliano Finazzer
Flory, ha raccontato un po' di teoria: di come il teatro (che è anche
nomade) nasce dalla esperienza e la questione antropologica, lì non c'è
il post-montaggio che smonta il contesto antropologico. Ha ripreso
anche le parole di Tramacere, ribadendo che l'attore deve sempre essere
pagato: "perché se mi pagano, valgo". Ha tentato di rispondere anche
alla precedente domanda "perché", con una storia della rosa che nasce
senza motivo, cresce senza motivo ecc.
Emilio Russo, direttore artistico del Teatro Tieffe, ha detto che
siamo noi che stiamo perdendo la dignità e che praticamente tutte le
richieste di aiuto per lo spettacolo (costoso) avevano trovato le porte
chiuse, e lo spettacolo costa. Ha parlato anche dei più di 300 sgomberi
che hanno subito i Rom che abitano a Milano e ribadito che questo è
anche uno spettacolo politico e importante per la città.
Č stata chiamata a fare un intervento anche Dijana Pavlovic che,
oltre a richiamare ancora l'attenzione sui numerosi e tristi sgomberi
di Milano, ha invitato i presenti a considerare che la povertà in
Serbia non riguarda soltanto la popolazione rom, e che ci sono delle
differenze delle condizioni e possibilità dei Rom in Italia e in Serbia, dove
anche una ragazza come lei aveva potuto laurearsi all'Accademia dell'Arte drammatica e dove molti Rom, oltre a fare i lavori
semplici elencati dai relatori – pulizie, raccolta del ferro e simili – svolgono anche funzioni importanti professionali e politiche. Ha
detto che è grata a tutti quelli che hanno appoggiato questo progetto,
che ha fatto dei ragazzi-attori persone fortunati, invitando le
autorità a pensare anche ai Rom di Milano che un'occasione così non l'hanno mai avuta, perché la città ne ha veramente bisogno: non basta
dare alle persone soltanto un pezzo di pane, bisogna dare loro anche la
dignità e il senso, non bisogna permettere loro solo la mera
sopravvivenza, perché hanno diritto anche a una vita vera, di essere
considerati. Quindi, bisogna pensare anche a dei progetti per i ragazzi
rom di Milano.
Danijel Todorovic, il protagonista dello spettacolo, invitato a dire
qualche parola, ha detto che perfino lui aveva un po' di pregiudizi nei
confronti dei Rom prima dello spettacolo, ma che sono passati appena si
sono conosciuti e avevano cominciato a lavorare insieme. Quindi pensa
che in Serbia lo spettacolo è servito per abbattere dei muri e spera
che così succederà anche in Italia.
La prima domanda del pubblico riguardava l'assenza della signora
Moioli. Hanno spiegato che era in ritardo da qualche altra parte…
Una giornalista ha detto che ultimamente si parla di portare il
teatro anche fuori, per strada, quindi chiedeva se era possibile un'esibizione sotto la torre di via Imbonati, cosa che ha subito dato
fastidio all'assessore Finazzer, che ha chiesto di "non caricare lo
spettacolo che ha già un significato con altri significati".
[Più tardi ho spiegato al direttore del teatro serbo e ai ragazzi rom
cosa succede alla torre di via Imbonati e si sono dimostrati
interessati a passare al presidio portando la loro solidarietà agli
immigrati in Italia.]
Qui invece ti scrivo le info e i nomi giusti giusti, degli attori,
tradotti liberamente da un jugo-sito:
Si tratta del progetto culturale nato dalla collaborazione del Centro
per la Cultura Smederevo (Centar za kulturu Smederevo), del Centro
informativo rom "Drom" e del Teatro Koreja di Lecce e il Teatro.
Partecipano anche gli attori del teatro "Patos".
"Opera dei mendicanti" [là si chiama così, come l'originale
ispiratore di Ray] è nata e dura fuori dai soliti standard di teatro,
offrendo uno sguardo diverso sul teatro stesso. L'anno scorso ha
partecipato a BITEF, il più importante festival teatrale serbo. Il
regista è Salvatore Tramacere, il suo assistente Milan Guberinić del
teatro Patos. Attori: Darko Petrović, Danijel Todorović, Senad
Sulejmani, Ajnur Ibraimi, Senat Ramizi, Ferdi Ramadani [che non viene]
Džemailj Krujezi, Damir Krujezi, Damir Kriziv, Ajnur Redžepi, Igor
Petrović, Goran Galić, Marija Mladenović, Ivan Simić, Dušan Štrbac,
Vukosava Lazić, Ana Pašti, Ina Marić, Marija Mladenović, Miljan
Guberinić.
Confrontate però con quelli che vengono in Italia, che non sono proprio
tutti uguali.
Quindici-Molfetta.itLa presentazione dell’iniziativa, contro i
pregiudizi e le discriminazioni dei rom lanciata dal Consiglio d’Europa, il 26
novembre alle 10.30 al foyer del teatro Kursaal Santalucia di Bari
BARI – La Puglia abbraccia la campagna "Dosta", contro i pregiudizi e le
discriminazioni dei rom lanciata dal Consiglio d’Europa, che sarà presentata il
26 novembre alle 10.30 al foyer del teatro Kursaal Santalucia di Bari.
La kermesse è promossa dagli assessorati al Mediterraneo e alla Cittadinanza
Sociale della Regione Puglia, dal Consiglio d’Europa e il Ministero delle Pari
Opportunità (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni razziali (Unar).
Il progetto europeo di favorire una maggiore e corretta conoscenza della realtà
dei rom attraverso il coinvolgimento e la sensibilizzazione dei media e la
promozione dell’incontro tra le comunità locali e i rom è l’obiettivo della
campagna "Dosta". "Dosta" infatti significa "Basta" in romanes ed è stato scelto
come slogan della campagna, sostenuta dalla commissione Europea, che farà tappa
a Bari dopo l’adesione della Puglia con la delibera di Giunta del 3 novembre
scorso.
Testimonial l’attrice francese Fanny Ardant, che ha anche realizzato un breve
documentario sui rom.
Interverranno rappresentanti regionali Silvia Godelli, assessore al
Mediterraneo, Cultura e Turismo, Nicola Fratoianni, assessore alla Cittadinanza
Sociale, Michael Guet, responsabile della campagna Dosta, Hanry Scicluna,
coordinatore attività Rom del Consiglio d’Europa, Giovanni Trovato, responsabile
campagna Dosta-Italia-Unar, Pietro Vulpiani, campagna Dosta-Italia-Unar, Dijana
Pavlovic, vice presidente federazione Rom e Sinti Insieme.
A concludere la giornata, la "Festa Rom" con due spettacoli, in collaborazione
con Puglia Sounds: "Le Danze di Billy e Dijana" e " Taraf da Metropulitana
–Ballate Romanes dalla Metro di Roma" (Kursaal Santalucia – ore 21.00).
Che il popolo zigano (rom e sinti, in particolare) sia stato vittima
dell'Olocausto nazista nella Seconda guerra mondiale è cosa relativamente nota.
Ma, al contrario di quanto avvenuto per lo sterminio degli ebrei e persino degli
omosessuali (pensiamo al magnifico Bent) non ha avuto grande rappresentazione
cinematografica. Strano che a cogliere il testimone sia un regista (ma prima
ancora, musicista. Ci tiene a sottolinearlo) come Tony Gatlif, conosciuto nel
mondo della settima arte come "il principe degli zigani", francese di origini
algerine, premi Cesar per la musica dei suoi Gadjo dilo e Demone flamenco,
migliore regia a Cannes nel 2004 per il bellissimo Exils. In questi giorni è a
Roma, ospite del Medfilm, Festival del cinema mediterraneo, dove porta in
concorso il suo Freedom, canto di libertà sulla deportazione zigana nella
Francia di Vichy.
Come mai ci ha messo tanto tempo a fare un film sull'Olocausto zigano, popolo
che da sempre è protagonista del suo cinema? Eppure era un tema rimasto
scoperto... Da quando ho iniziato a fare cinema ho pensato di realizzare un film sulla
persecuzione nazista del popolo gitano. Ma sono un cineasta libero, moderno, mi
piace lasciare libera la camera e non amo per nulla le sofisticazioni né
tantomeno le ricostruzioni. L'Olocausto richiedeva per forza di cose una
ricostruzione e questo mi ha frenato a lungo. Se non ci fosse stata l'urgenza di
parlarne, probabilmente non lo avrei fatto nemmeno ora.
E l'urgenza le è venuta dalle scelte di espulsione di Sarkozy ? Ho iniziato a pensare a questo film tre anni fa, quando nulla in Francia era
ancora successo, ma si sentiva che i tempi erano maturi, e che si sarebbe
arrivati a scelte estreme. Volevo fare un film che parlasse di un passato capace
di fare da forte eco nel presente.
Vuol dire che c'è un parallelo tra la Francia di Vichy e quella di oggi? Assolutamente no. Voglio però dire che oggi in Francia si respira un'aria da
anni Trenta, cioè di quegli anni che vengono prima dello scoppio della guerra,
quando si gettano le basi per quello che sarebbe successo.
La Francia, come l'Italia, ha al momento le politiche tra le più dure in
Europa verso le minoranze etniche. Ci sono dei motivi specifici che legano i due
paesi in questa intolleranza? Bisogna dire che prima dell'inasprimento di questa estate, la Francia è
stata in realtà molto tollerante con il popolo gitano. Ci sono situazioni ben
peggiori in Romania, ma anche in Slovacchia o in Ungheria. E gli inasprimenti
non dipendono mai dai popoli, ma dai governi che li guidano. Quando la politica
ha bisogno di capri espiatori, i gitani funzionano sempre.
Ad essere sinceri, rispetto al popolo zigano, francesi e italiani danno
spesso il "meglio" della loro intolleranza... Per quanto riguarda la Francia, che conosco meglio dell'Italia, a favore
della politica di espulsione di Sarkozy è il 55% della popolazione, contro il
45% più tollerante. Una percentuale che va benissimo, è normale che sia così.
Perché normale? Anzi, mi permetta di chiedere, cosa è che rende così
difficile "il vicinato" con il popolo zigano? Prima di tutto bisogna sottolineare che il popolo dei gitani è europeo al
cento per cento. Sono in questo continente da sempre, dal tempo degli ottomani,
da quando le province dovevano ancora formarsi. C'è un problema di convivenza,
di vicinato diciamo, è vero. Ma il problema non sta nel popolo gitano,
estremamente tollerante verso gli altri. Piuttosto nel popolo dei sedentari, nel
popolo gadjo. E' questo che andrebbe psicanalizzato per cercare le ragioni di
tanto odio.
Un'eccezione in Europa è rappresentata dalla Grecia, dove rom e sinti vivono
senza grandi difficoltà. la Grecia è una terra frastagliata, fatta di migliaia di isole, e non ha una
struttura industriale forte. Insomma, è una terra con meno regole dove i gitani
si muovo liberamente, lavorando a stagione da isola a isola e fornendo un
servizio itinerante molto apprezzato dai greci.
In "Freedom" racconta la storia di un piccolo gruppo di zingari arrestati e
internati durante il loro viaggio per i villaggi francesi dove un tempo andavano
tranquillamente a vendemmiare. Sceglie di non mostrare lo sterminio
direttamente, ma in modo laterale, attraverso le conseguenze quotidiane della
repressione. L'Olocausto è un tema complesso da trattare e, appunto, io non amo un cinema
statico, di ricostruzione. Anche se qui ho dovuto comunque ricostruire ambienti,
costumi, oggetti, abitudini. Però ho cercato di manenere al massimo il mio
spazio di libertà, per me e per la camera.
La musica di solito ha una parte preponderante nel suo lavoro, qui l'ha
lasciata più al servizio delle immagini e del racconto. Perché quest'ultimo, il racconto appunto, era più importante e voleva il suo
spazio. Ho dovuto quindi creare una musica che semplicemente sottolineasse gli
eventi. Mentre di solito la uso proprio come forma primaria di racconto delle
emozioni. Ma anche in questo film c'è un momento in cui si capisce cos'è la
musica per il popolo zigano. Quando trasformano la canzoncina fascista Marechal
nous voilà in una allegra ballata. Senza intenti denigratori, solo perché per
loro la musica è viva ed è capace di trasformare la realtà.
A proposito:ricordo ai milanesi e dintorni, che stasera alle 21 si
proietterà SWING di Toni Gatlif, al circolo Arci Martiri di Turro in via
Rovetta 14. Ingresso libero con tessera ARCI
L'associazione LA CONTA vi invita a partecipare alla serata "DJELEM DJELEM"
(ho camminato, ho camminato), con cena con cibi da ricette tradizionali/popolari
dell’Est Europa e GEORGE MOLDOVEANU, in concerto con il suo violino di musiche
popolari zigane e non solo, organizzata dall'Associazione La Conta -
ONLUS, che ci sarà venerdì 26 novembre 2010 alle ore 19,45 presso la CGIL
- Salone Di Vittorio, in Piazza Segesta 4 con ingresso da Via Albertinelli 14 a
Milano.
Sarà una serata piacevole e conviviale con
George
Moldoveanuin concerto con il suo magico violino, che ci
presenterà alcune delle splendide musiche tradizionali/popolari zigane e non
solo, capaci di sorprendere ed emozionare per la loro bellezza e per la bravura
di George. Si potranno inoltre apprezzare i cibi da ricette
tradizionali/popolari dall’Est Europa, preparati con passione e cura dai
nostri cuochi e, se lo si desidera, associarsi all' Associazione La Conta -
ONLUS, per contribuire alla realizzazione del progetto associativo di
solidarietà sociale e di valorizzazione della cultura popolare. Per la serata è
richiesto a ciascuno un contributo all'Associazione di 25,00 euro.
GEORGE MOLDOVEANU
E' un bravissimo violinista solista e direttore d’orchestra. Figlio d’arte, a 15
anni si esibisce nel suo primo concerto pubblico. A 33 anni è già direttore di
un complesso di musica popolare e fino al 1989 dirige l’Ansamblul Doina Doljului
di Craiova (Romania), per poi diventare primo violino di uno dei più importanti
complessi romeni, l’Ansamblul Maria Tanase, pluripremiato in numerose tournées
all’estero (Parigi, Atene, Sofia, Il Cairo, ecc.). A Milano dal 1999 George
Moldoveanu ha suonato all’Auditorium del Centro Bonola, a Radio Popolare, al
Palalido (presentato da Gaetano Liguori e complimentato da Dario Fo e Franca
Rame), alle Vie dei Canti, manifestazione promossa da Comune di Milano e Arci,
all’Università Cattolica, alla Provincia di Cremona, all' Università Statale di
Milano e in varie altre occasioni. George ha al suo attivo uno splendido cd "Iubire
de femeie" - 2003, Romania. George suona anche nelle strade e piazze della
nostra città nonché ai matrimoni, nelle feste di compleanno e popolari, facendo
conoscere ed apprezzare lo splendido repertorio violinistico zigano.
Per ragioni organizzative vi saremo grati se confermate la vostra presenza alla
serata con cena prima possibile ma comunque entro e non oltre martedì
23 novembre 2010 all'indirizzo
laconta@intrefree.it
Il GiornaleIl gruppo rock locale Vama lancia un pezzo (in inglese) per
criticare la politica delle espulsioni del presidente francese: "Se tutti i
nomadi fossero ladri avrebbero già rubato la Tour Eiffel...". E sul web diventa
subito un tormentone
Rimpatri forzati? Al presidente francese gli zingari rispondono per le
rime... e pure in musica. Proprio così: una canzone dal tipico sound gitano
per denunciare la politica di Nicolas Sarkozy sull'espulsione di rom e nomadi.
La hit s'intitola "Sarkozy versus Gipsy", il video della canzone - composta
dai Vama, uno dei più celebri gruppi rock della Romania - con tanto di parodia
dell'inno francese, e già impazza sul web transalpino. Ecco alcuni passaggi del
testo: "Hey, hey, Sarkozy, why don't you like the Gypsies?" (Sarkozy, perché non
ami i gitani?), recita il ritornello. E ancora la curiosa argomentazione: "Se
tutti i rom fossero ladri, la Torre Eiffel sarebbe già scomparsa". Quindi
l'amaro sfogo: "Cerchiamo una vita migliore, ma voi decidete che non possiamo
restare. Noi siamo esseri umani prima di tutto", cantano i Vama in inglese.
"Per noi - spiega Tudor Chirila, leader del gruppo, in Romania una vera star
- è un modo per denunciare con ironia l'assurda soluzione trovata dal presidente
francese per risolvere la questione" dell'integrazione dei rom. "Volevamo anche
dimostrare che fare delle generalizzazioni è pericoloso", taglia corto Chirila.
Che intanto passa al botteghino...
Questo "diario di sopravvivenza e resistenza al tempo della seconda guerra
mondiale" verrà presentato dalla casa Editrice Irradiazioni il 10 novembre (ore
18.30) a Roma
L' Editrice Irradiazioni organizza il 10 novembre alle ore 18.30, in
collaborazione con l'Ufficio della Commissione Europea in Italia a Roma in
via IV novembre n. 149- all' interno dello Spazio Europa, una riflessione sul
popolo rom, con la presentazione del libro di Jan Yoors "Crossing -diario di
sopravvivenza e resistenza al tempo della seconda guerra mondiale", edito
Irradiazioni.
In "Crossing", seguito del libro "Zingari sulla strada con i rom lovara",
J.Yoors racconta la sua implicazione personale nella guerra e la parte attiva
che molti zingari hanno giocato nello svolgimento della guerra di resistenza.
Verrà proiettato un bio-documentario di 13 minuti sulla storia unica di jan
Yoors realizzato dal figlio Kore Yoors: Weaving two worlds, Jan Yoors 1922-1977
(2008);
saranno esposte in mostra 16 foto degli anni 30, ritratti fotografici
eseguiti da J.Yoors durante il tempo passato con i rom;
parteciperanno la dott.ssa Clara Albani, Parlamento Europeo, il dott.
Emilio Dalmonte Commissione Europea ed il prof. Patrick Willams, antropologo
del CNRS direttore di ricerca, membro del Laboratorio di Antropologia Urbana
del CNRS di Parigi.
Interverranno anche Kore Yoors autore del bio-documentario e figlio di J.
Yoors; Nazzareno Guarnieri- presidente della Federazione Romanì; Emanuela
Gargallo - Editrice Irradiazioni
Partecipazione straordinaria del violinista Ion Stanescu, (Violinista
classico e gypsy), abile virtuoso del repertorio tzigano in stile rumeno ed
ungherese che ha fatto parte per anni dalla Filarmonica di Craiova (Romania).
Milano. Coordinata e finanziata dall'Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni
Razziali, "Dosta!" è una campagna che, grazie a giornate di incontro e
conoscenza reciproca, vuole aiutare a combattere le discriminazioni verso i Rome
i Sinti che vivono nel nostro Paese. Il programma degli appuntamenti milanesi si
trova su:
http://www.sivola.net/dblog/articolo.... Servizio di Claudia Bellante
Guarda questo video anche su:
http://www.c6.tv/video/10638-dosta-un...
Genova - Si aprono martedì 2 Novembre al Teatro Stabile di Genova le
prenotazioni e le vendite per tutte le rappresentazioni dello spettacolo "Senza
Confini - Ebrei e zingari" di e con Moni Ovadia che sarà di scena alla Corte da
giovedì 11 a domenica 14 novembre.
Prodotto da Promo Music, "Senza confini - Ebrei e zingari" è, come annota lo
stesso Ovadia che dello spettacolo è autore, regista e interprete: «Un recital
di canti, musiche, storie rom, sinti ed ebraiche che mettono in risonanza la
comune vocazione delle genti in esilio: una vocazione che proviene da tempi
remoti e che in tempi più vicini a noi si carica di un’assenza che sollecita un
ritorno, un’adesione, una passione, una responsabilità urgenti,
improcrastinabili. Senza confini è la nostra assunzione di responsabilità. La
sua forma si iscrive nella musica e nel teatro civile, arti rappresentative e
comunicative che possono e devono scardinare conformismi, meschine
ragionevolezze e convenienze nate dalla logica del privilegio per proclamare la
non negoziabilità della libertà e della dignità di ogni singolo essere umano e
di ogni gente». Ad accompagnare Moni Ovadia sulla scena c’è un gruppo di
musicisti composto da Ivanta Baltenau (voce), Paolo Rocca (clarinetto), Massimo
Marcer (tromba), Albert Florian Mihai (fisarmonica), Ennio D'Alessandro
(clarinetto), Marian Serban (cymbalon), Marin Tanasache (contrabbasso) e Virgil
Tanasache (violino). Suono di Mauro Pagiaro.
Gli ebrei e gli zingari (il popolo degli "uomini") hanno parallelamente
condiviso per secoli lo stesso destino di emarginati, di tollerati e di
perseguitati. Per ragioni simili o specifiche, hanno vissuto nel corso degli
anni la condizione di radicale "alterità" alle culture dominanti dell’occidente
cristiano. Gli ebrei per avere rifiutato la verità assoluta del Cristo che i
poteri ecclesiastici volevano imporre, gli zingari perché, pur avendo accolto il
Cristo, non vollero omologarsi a modelli di vita estranei al loro spirito di
libertà. Il comune nomadismo non fu storicamente una vocazione originaria, ma
solo una risposta di dignità e di indipendenza alle persecuzioni. I due popoli
chiedevano di vivere secondo la loro identità senza recare nocumento a nessuno.
Non fu loro concesso, se non in brevi periodi, ad arbitrio dei poteri
espressione delle maggioranze. Perché?
Commenta ancora Moni Ovadia: «Uniti dalla persecuzione dei sistemi tirannici che
mal sopportarono la loro cultura e le loro tradizioni improntate a un mondo
"senza confini", senza burocrazie, senza eserciti, senza retorica patriottarda,
gli ebrei e gli zingari hanno avuto per secoli storie simili, anche se
parallele. Poi, dopo il tentativo di sterminio nazista, gli ebrei hanno cambiato
la loro storia, hanno conquistato una terra, una nazione; il loro immenso
calvario ha avuto pieno riconoscimento e, anche se la condizione ebraica è
talora difficile, ancora sottoposta a pericolo, gli ebrei sono entrati nel
salotto buono del potere». Non così gli zingari. Anche per questo, pertanto -
aggiunge Ovadia per spiegare la genesi del suo spettacolo - «noi ebrei abbiamo
il dovere di alzare la voce contro la persecuzione di rom e di sinti, dobbiamo
denunciare come malvagia e perversa l’esibizione dell’amicizia verso gli ebrei
quando viene usata per legittimare la mano libera contro i nostri fratelli
"uomini" e contro ogni minoranza o alterità».
Per "Senza confini - Ebrei e zingari" – in scena alla Corte da giovedì 11 a
domenica 14 Novembre 2010 – sono validi tutti gli abbonamenti (Fisso, Libero e
Giovani), oltre che le consuete agevolazioni per studenti e gruppi organizzati
in collaborazione con l’Ufficio Rapporti con il Pubblico.
Info: 010/5342300 www.teatrostabilegenova.itinfo@teatrostabilegenova.it orari:
feriali ore 20,30 - domenica ore 16 prezzi: 23,50 euro (1° settore), 16,00 euro
(2° settore). Prenotazioni a partire da martedì 2 novembre.
Disclaimer - agg. 17/8/04 Potete
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