Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Da
Czech_Roma
tre notizie pubblicate
recentemente dal portale Romea.cz
17-09-09 -
Natálka,
la bambina di due anni, quasi morta bruciata durante l'attacco incendiario alla
sua famiglia a Vítkov, sta nuovamente combattendo contro un'infezione. Il
portale informativo Aktuálně.cz ha intervistato sua madre, Anna Siváková, assieme
al portavoce dell'Ospedale di Ostrava dove Natálka è stata ricoverata da aprile
nel centro ustionati.
"Sono insorte complicazioni dopo l'ultima operazione, ma stiamo riuscendo a
mantenere la bambina in uno stato stabile," ha detto il portavoce Tomáš Oborný. Siváková
ha detto che sua figlia ha subito l'11a operazione il 10 settembre e
da allora ha una febbre costante, aggiungendo che è a rischio di infezione per
almeno due mesi. "Ogni volta che diventa più debole, accade dopo le operazioni,
ricorre l'infezione," ha detto Siváková al portale.
Anna Siváková ha passato diverse settimane in ospedale con Natálka ed
ora è tornata a casa a Vítkov. "Faccio il tragitto quasi ogni giorno per
vederla. Anche gli altri bambini hanno bisogno di me a casa. E' iniziata la
scuola," riporta Aktuálně.cz le parole di Siváková. La famiglia ha altri
tre bambini oltre a Natálka, che è la più giovane.
La polizia ha già accusato quattro persone di Opava e Horní Benešov in
connessione all'attacco incendiario di Vítkov. I piromani assaltarono la casa
della famiglia alle prime ore del mattino del 19 aprile, lanciando tre molotov
nell'edificio. L'incendio che scaturì distrusse completamente la casa. Tre dei
nove componenti della famiglia soffrirono di bruciature: Anna Siváková,
Petr Kudrik e la loro figlia Natálka di due anni, che ebbe bruciature sull'80%
del corpo. Tutti gli accusati sono membri dell'estrema destra. Ora hanno di
fronte dai 12 ai 15 anni di prigione, o forse persino una condanna
straordinaria.
24-09-09 - Il neonazista Ivo Müller ha scritto una lettera ad Anna Siváková, [...] in
cui si scusa per il suo orribile gesto e le chiede perdono. Dice la televisione
ceca, che sia la signora Siváková che il Procuratore di Stato Brigita Bilíková
vedono la lettera come un tentativo del Müller di fare in modo che la sua
prossima punizione venga ridotta.
"Prego mi creda che non intendevo ferire nessuno in quella maniera, e
sicuramente non una bambina piccola. Con tutto il mio cuore le chiedo perdono,
anche se probabilmente invano, non solo per quello che è successo a lei, ma
soprattutto alla piccola Natálka," scrive Ivo Müller nella lettera. Müller
partecipa[va] regolarmente agli eventi neonazisti organizzati dai Nazionalisti
Autonomi e dal Partito dei Lavoratori. "Ringrazio Dio che sia sopravissuta e che
stia combattendo con tanto coraggio, è una piccola bambina molto forte. Prego
che il suo ristabilimento si completi il prima possibile... Vorrei che
l'orologio tornasse indietro. Ancora una volta, chiedo il suo perdono," dice la
lettera del neonazista.
"Sono scioccata. Se vogliono il perdono, devono guardarla negli occhi. Non
posso dimenticare nessuno di loro," ha detto alla televisione ceca la madre.
Markéta Polišenská, avvocato difensore di Müller, ha detto che il suo cliente
non ha dato il permesso che le sue parole fossero diffuse ai media.
Alcuni degli avvocati dei quattro accusati avevano detto in precedenza che si
sarebbero adoperati perché l'attacco fosse riclassificato come un crimine
minore. "E' diritto della difesa e di quanti sono accusati di scegliere il
loro metodo di difesa," ha detto Bilíková alla televisione.
Parlando attraverso i loro avvocati, anche gli altri neonazisti stanno
lavorando per ricevere una punizione ridotta. "Per concludere, il mio cliente
aveva l'impressione che nessuno vivesse nella casa," ha detto alla televisione Ladislav Myšák,
avvocato difensore di Václav Cojocaru. "Non possono scusarsi l'un l'altro,
dicendo che uno di loro non sapeva. Sapevano che andavano ad appiccare il fuoco,
tutti dovevano sapere," ha detto Siváková.
Informazioni non ufficiali dal tribunale confermano che la difesa insisterà
sul fatto che i sospetti non erano a conoscenza dei dettagli dell'attacco. Il
capo, Jaromír Lukeš da Opava, che per anni è stato un neonazista, è stato [...]
l'unico a gettare una molotov attraverso la finestra della casa.
La polizia sta investigando sui collegamenti tra l'attacco di Vítkov e altri
nella regione. Se i collegamenti fossero provati, la polizia dovrebbe accusare
gli imputati anche per gli altri attacchi. "Abbiamo indicazioni concrete che
potrebbero aver partecipato a quegli attacchi. Portarli in causa dipende dalle
ulteriori indagini," ha confermato Bilíková al giornale online
TÝDEN.CZ.
Il livello della sentenza sarà anche influenzata da quando il processo si
svolgerà. A gennaio entrerà in vigore un nuovo codice criminale, che prevede
pene più severe per i crimini più violenti.
Natálka è ancora in ospedale e di fronte a sé ha ancora diverse operazioni da
affrontare. La sua famiglia sta ancora vivendo in una sistemazione temporanea
con gli altri tre bambini, dato che la casa acquistata con la raccolta pubblica
di fondi necessita di una parziale ricostruzione. La famiglia sta provvedendo
lei stessa ai lavori, usando quanto rimane della raccolta fondi per acquistare i
materiali. Settimana prossima la casa verrà registrata al catasto come proprietà
di Anna Siváková ed i lavori potranno iniziare a tempo pieno.
25-09-09 - La casa di una famiglia rom nella città di Mikulov (Moravia del
Sud) è stata attaccata; non ci sono feriti. La famiglia dice che gli assalitori
li hanno rincorsi ed insultati durante l'attacco. Secondo la stazione televisiva
Prima è stata lanciata una molotov, ma Deník.cz news riporta solo il lancio di
una boccale di birra.
La polizia sta indagando: "Gli investigatori della polizia stanno
considerando se si tratti di crimine a sfondo razziale," ha detto a Prima Kamila Haraštová,
portavoce della polizia di Břeclav.
Gli assalitori stavano bevendo in un pub lì vicino ed hanno chiarito alle
loro vittime che il recente attacco incendiario a Vítkov non è stato ne casuale
ne unico. "Uno di loro è partito verso la casa, si è issato alla finestra ed ha
detto: -Eccovi una sorpresa: Zingari a gas!- Poi ha lanciato una bottiglia," ha
raccontato la vittima Sandra Vajdíková.
Secondo Deník.cz l'oggetto lanciato non era una molotov ma un bicchiere.
"Tutto è iniziato con i giovani del luogo radunati di fronte al pub. Uno di loro
che non faceva segreto del fatto che non gli piacessero gli zingari si è fatto
avanti verso la casa e ha gettato un boccale contro la finestra. Fortunatamente,
l'intelaiatura della finestra ha smorzato l'impatto. Altrimenti non voglio
pensare cosa sarebbe potuto accadere. Ci sono due letti proprio sotto la
finestra ed in uno di quelli stava dormendo un bambino di 11 mesi," ha detto Marcela Krištofová,
sorella di Vajdíková, che vive nella stessa casa.
Non è la prima volta che la famiglia rom subisce attacchi. Prima riporta che
ignoti avevano vergato scritte minacciose diverse volte sui muri della casa.
"Abbiamo paura di continuare a vivere qui," ha detto Vajdíková.
"Ho visto tutto dalla mia finestra. Circa 10 o 15 giovani sono usciti dal bar
ed hanno iniziato a giocare agli skinhead. Gridavano slogan razzisti e dopo un
momento qualcuno ha gettato qualcosa direttamente contro la finestra," ha
confermato a Deník.cz Jan Strmiska, che vive la porta accanto. Strmiska è corso
fuori per aiutare le donne rom. "Non potevo più stare fermo a guardare. Cosa
aveva fatto mai? Non sono mai stato danneggiato da un Rom, solo dai bianchi," ha
detto Strmiska in difesa delle sue vicine.
Quando la polizia è arrivata sulla scena, il giovane coinvolto era già andato
via. Però, Marcela Krištofová era in grado di identificarlo, dato che frequenta
la stessa scuola di sua figlia. "Ho lavorato da quando avevo 15 anni. Non ho
problemi con nessuno e non ho mai fatto male a nessuno. Vivo qui decentemente e
pago le tasse. E vero che alcuni Rom gridano sempre al razzismo. Questo non mi
piace. Ma qui ci sono delle leggi, ed i colpevoli devono pagare per ciò che
hanno fatto," ha detto Krištofová. Deník.cz riporta che Krištofová sta pensando
di organizzare una petizione.
[...]
Marco Brazzoduro segnala un articolo che ha ripreso a circolare
in diverse versioni, e che non avevo ripreso a suo tempo. Lo ricopio da
Napoli.blogolandia.it, che è anche l'edizione che ha più rimandi
di Giuseppe Rondelli - Martedì, 2 Giugno 2009
Vi ricordate quella storia tremenda di due anni fa, quando furono prima dati
alle fiamme, poi sgomberati, poi rasi al suolo gli insediamenti rom di
Ponticelli, a Napoli? Vi ricordate quelle immagine tremende, delle baracche che
bruciavano, e poi dei poveretti - bambini, anziani, donne e uomini - che
fuggivano via, senza nessuna meta, coi furgoncini stracarichi di cianfrusaglie e
col terrore negli occhi e nei volti?
Vi ricordate la dichiarazione di disgusto della commissaria europea Viktoria
Mohacsi, che era venuta a capire cosa stava succedendo in Italia, e se ne andò
dichiarando: «Vado via sconvolta»?
E vi ricordate come era nato tutto ciò? Con la storia - improbabilissima - di
una ragazzina rom che avrebbe tentato di rapire una neonata. Al governo,
all’epoca , non c’erano Berlusconi e la destra e la Lega xenofoba.
Al governo c’era il centrosinistra, e non fece niente per difendere i rom. Oggi
si scopre perché successero quelle cose. Si scopre che gli assalti ai campi rom
non furono spontanei, non furono determinati dalla rabbia della gente ma furono
organizzati dalla malavita (diciamo dalla camorra) per conquistare i terreni
occupati dai campi rom, e poi per destinarli alla speculazione edilizia.
Probabilmente lì sorgerà un centro commerciale.
A circa un anno di distanza dai roghi di Ponticelli, grazie ai quali nel giro di
poche ore vennero sgombrati ben sette campi rom, la distesa di desolazione di
viale Argine è ancora intatta, solo recintata.
Nessuna casa dello sport e nessuna casa della musica. Nessun viale alberato.
Nessun parcheggio. Il progetto di riqualificazione urbano previsto per la zona
non è ancora partito.
E nemmeno è stata completata l’opera di bonifica sul territorio. Eppure la
delibera del comune di Napoli con la quale si dispongono interventi sulla zona è
datata 15 giugno 2007, approvata dopo pochi mesi dallo stesso organo del
comune. Molte le zone destinate a centri commerciale ed edilizia privata, in
disaccordo con il disegno iniziale che immaginava questi interventi come
residuali rispetto a quelli pubblici.
Ma bandi così concepiti a Napoli rischiano sempre di andare deserti, come
sperimentato anche per ben due volte dal progetto su Ponticelli. E si arriva
agli 11.500 mq di spazi comunali contro i 44.600 mq di aree "destinate alla
vendita". La conferenza dei servizi dà, poi, parere favorevole all’insediamento
di un altro centro commerciale su un’area adiacente. Massiccio si fa l’ingresso
delle imprese private così come massicci si profilano essere gli stanziamenti
pubblici.
Le società che si dicono essere interessate all’affare hanno, intanto, la
struttura della scatole cinesi, quella che, meglio di tutte, assicura l’irrintracciabilità.
Come la Ponticelli srl, 2500 euro di capitale sociale per un affare di 140
milioni di euro. Circostanza che da sempre fanno da orizzonte ai movimenti della
criminalità organizzata, presentissima su queste strade che, intanto, negli
stessi mesi dei roghi sono coperte di immondizia. Rifiuti di ogni tipo, rifiuti
speciali, rifiuti pericolosi, rifiuti nocivi.
E’in questo contesto che matura la "protesta" contro i rom, che si sviluppa con
brutalità e violenza inaudita. "Me ne vado via dall’Italia sconvolta" dice
Viktoria Mohacsi, osservatore mandato dall’Unione europea per capire cosa stesse
succedendo a Ponticelli. Il copione che si cerca di far passare è quello di una
popolazione esasperata, resa feroce dopo il tentativo di rapimento di una
bambina da parte di una ragazza rom, Angelica. Sono tanti, tuttavia, quelli che
credono a un andamento dei fatti diverso dal canovaccio "popolazione contro
rom".
La disperazione della gente di Ponticelli, che pure è reale, sembra sia stata
resa esasperata ad arte, per provvedere allo sgombero veloce di un’area divenuta
troppo importante per altri e più alti interessi. La presenza dei rom avrebbe
potuto determinare lungaggini, avrebbe potuto far naufragare il progetto per
inidoneità dell’area. E i roghi, oltre ad assicurare il veloce smantellamento
delle baracche, avrebbero anche potuto portare a una bonifica dell’area meno
onerosa, garantendo al tempo stesso la scomparsa degli eventuali rifiuti
pericolosi.
Intanto la sedicenne viene ritenuta colpevole di tentato sequestro anche in
appello. "Come è possibile che in un quartiere comandato dalla camorra una rom
decide di tentare un reato così grave? Come avrebbe fatto a portare via la
bambina e dove? Quali le prove, oltre alla testimonianza della madre della
bambina?", si domanda, tuttavia, Vincenzo Esposito dell’associazione Opera
Nomadi, che parla di un clima da caccia alla streghe, montato ad arte per
coprire altro. "La protesta – continua Esposito – di cui tutti hanno parlato è
stata in verità opera di non più di una trentina di persone, che hanno appiccato
fuoco a tantissime baracche.
Io c’ero. E ho visto personaggi noti alla giustizia per vicende legate al 416bis
aggirarsi attorno ai campi rom, dare istruzioni". Solo l’inviato dell’autorevole
quotidiano spagnolo El Pais, nei giorni dei roghi, parla senza mezzi termini di
una regia criminale. In Italia le immagini agghiaccianti delle molotov contro le
baracche si alternano a quelle della lacrime della giovane madre della bambina
"quasi" sequestrata dalla rom, in un mosaico di fotogrammi che diventa anche
spiegazione dell’accaduto.
La condanna da parte della politica è unanime, ma, con metodo bipartisan,
professa anche comprensione per il disagio della popolazione. Dopo un anno,
intanto, ancora si cerca un posto per quei rom. L’assessore al comune di Napoli
ci dice che in autunno finalmente arriveranno i tre nuovi centri di accoglienza
e sempre nello stesso periodo si metterà mano al progetto di un villaggio,
"provvisto di fogne", che funga da modulo abitativo per le famiglie rom. Sulle
zone "sgomberate" dovrebbero a breve iniziare dei lavori, visto che solo pochi
mesi fa l’azienda che si occupa di installare i tubi del metano, la
Napoletanagas, non ha potuto fare impianti nella zona recintata.
Una zona che rimane
di dominio del clan Sarno, dove si
incendiano materiali di tutti i tipi. E che l’assenza delle baracche non ha
reso meno agghiacciante, col suo profilo di terra perduta per sempre, di terra
in cui i disperati si muovono contro i più disperati, mentre la criminalità
organizzata parla attraverso i rumori dei motorini truccati. Inutilmente ieri
abbiamo chiesto all’assessore all’edilizia che cosa ne sarà di queste vie, a chi
verranno affidati i lavori e quando inizieranno. Nessuna risposta, assessori
introvabili.
Giovanna Ferrara - tratto da
Altronline.it
leggi anche il
nostro articolo del 30 Luglio 2008
Da
Czech_Roma
La famiglia di Vítkov ha un nuovo appartamento (vedi
QUI ndr)
La famiglia di Vítkov la cui casa era andata distrutta questo aprile da un
assalto con bombe molotov, ne ha finalmente trovata una nuova. Da aprile la
famiglia ha vissuto in un riparo temporaneo, ma ora ha comprato una casa, ha
detto Anna Siváková a
Romea.cz.
"Finalmente ci siamo comprati una vecchia casa per una famiglia singola.
Costa 540.000 CZK. Poi abbiamo messo da parte 100.000 CZK per le riparazioni
dei sanitari, soprattutto c'è bisogno di un bagno nuovo per nostra figlia Natálka.
Questa ora è la mia priorità," ha detto Siváková.
Da quell'assalto, la famiglia ha vissuto in un riparo temporaneo, anche se
erano stati raccolti circa 700.000 CZK per la sua causa. Questi fondi sono
sufficienti in quella regione per acquistare appartamenti modesti, ma Aktuálně.cz
ha riportato che la famiglia aveva incontrato molti ostacoli, dato che non era
desiderata come vicina. Qualcuno aveva scritto persino una petizione contro di
loro.
Continua Siváková "People in Need ci ha aiutato a trovare il nuovo
appartamento. Ci spiace che siano state sparse molte voci bugiarde sulla nostra
famiglia."
A metà agosto la polizia ha accusato quattro persone in connessione
all'assalto di aprile. Ora sono sotto custodia. In totale, sono state arrestate
12 persone, nove uomini e tre donne. Gli altri sono stati rilasciati. La polizia
ha accusato i quattro di tentato omicidio per motivi razziali. Tutti e quattro
si trovavano sulla scena del crimini. Qualcuno avrebbe confessato.
"Ritengo fermamente che la corte li punirà in maniera eccezionale," ha detto Siváková.
"Voglio guardarli negli occhi quando ci sarà il verdetto. Solo i mostri sono
capaci di una cosa simile. Mia figlia ne avrà per tutta la vita," ha aggiunto
tristemente.
Gli incendiari avevano attaccato la casa che ospitava una famiglia di nove
Rom, alle prime ore del mattino del 19 aprile, lanciandovi dentro tre molotov.
Tre persone erano state ferite nel successivo incendio. Natálka, di due anni,
era risultata la ferita più critica e rimane tuttora in cura intensiva nel
reparto ustionati dell'Ospedale di Ostrava. Ha sofferto di bruciature di secondo
e terzo grado sull'80% del corpo e le sue condizioni rimangono gravi.
Milano, leggo con stupore e dolore sul sito di
Emergency, della morte di
Teresa Sarti, moglie di Gino Strada e anima dell'associazione. Per ricordarla,
ripubblico una sua
intervista
di parecchi anni fa, quando Emergency era appena nata, intervista rilasciata al
bollettino rom Il
Vento e il Cuore
I mondi dei Rom e degli "stanziali" tendono a comunicare tra loro il meno
possibile, di solito ci si sopporta. Ma qualche volta le due realtà si cozzano
violentemente e la realtà degli altri irrompe nel tuo mondo.
E' sera e il tempo promette pioggia. Il campo è povero, come
quelli che vedete in televisione. Tanti bambini che ci guardano, curiosi e
timorosi. I più piccoli in braccio. C'è il fuoco acceso, parliamo a fatica
Sono razzisti
Una cosa così, io non voglio neanche crederci...
Non gli basta come viviamo, vogliono ucciderci...
Io mi ricordo quello che diceva mia madre della guerra, e degli aerei
americani che buttavano le bombe a forma di caramelle...
Inverno 1995,: vicino a Pisa due bambini allungano le braccia per ricevere
un pacco regalato loro da un automobilista. Ma questo pacco è un dono
avvelenato: perché contiene una bomba che scoppia, portandosi via i loro occhi e
le mani. Due mesi prima era successo un fatto simile. Le strade della
solidarietà, come quelle dell'odio, si incrociano quando meno te l'aspetti, ma i
frutti che ne nascono rimangono a lungo. Ecco un'intervista che effettuammo in
quei giorni. Siamo andati a parlare con un'associazione che ha sede a Milano, e
che ogni giorno si occupa di guerre e delle sue vittime. Quanto segue è il
riassunto del nostro colloquio con la signora Strada
EMERGENCY, la nostra associazione, si occupa di soccorso alle vittime civili
di guerra. Opera con medici e chirurghi. Oggi i soldati combattono, ma sono i
civili, le persone indifese a subirne le conseguenze. Il 90% dei morti e dei
feriti di una guerra o di una guerriglia non fa parte di nessun esercito: ma
pagano il prezzo dei bombardamenti nelle città e nelle campagne, delle carestie,
delle retate degli eserciti e dei banditi, degli scoppi delle mine antiuomo. In
certe zone un soldato non solo viene pagato, ma ha anche molte più possibilità
di un abitante, di un medico o di un volontario, di salvare la pelle.
Gino Strada, il fondatore di EMERGENCY, opera da otto anni come chirurgo in zona
di guerra. Può essere l'Afghanistan o il Ruanda, o la Bosnia e dice "Sono stanco
di vedere ogni giorno madri e bambini senza occhi o braccia, curarli, sapendo
che nessuno potrà ridargli quello che hanno perso e che domani avrò ancora da
visitare altre donne e bambini, in un ambulatorio senza corrente, magari senza
medicine e anestetici".
Siamo stati conosciuti l'anno scorso, con la partecipazione al "Maurizio
Costanzo Show". Abbiamo parlato non solo degli orrori delle guerre, ma abbiamo
portato prove per denunciare chi arma gli eserciti, chi permette di uccidere o
mutilare. I maggiori produttori di armi sono fabbriche dell'ex Unione Sovietica,
della Cina e dell'Italia, oltre naturalmente ai loro governi. Spinto
dell'interesse per quell'intervento in televisione, il governo italiano si è
impegnato per abolire il commercio delle mine antiuomo.
Cosa sono le mine antiuomo? I bombardieri ne lasciano a migliaia per volta
sul terreno, hanno forme innocue, magari assomigliano alle farfalle o ai giochi,
sono colorate vivacemente. Quando qualcuno le calpesta o le raccoglie scoppiano,
magari non subito, e sono fatte per mutilare gli arti e gli occhi. La gente lo
sa, sa che il terreno intorno è seminato a morte, ma deve raccogliere la legna o
pascolare gli animali. Così per sopravvivere rischia ogni giorno.
Queste mine resistono anche per decine d'anni, sono armi poco costose (circa Ł.
10.000 l'una) alla portata anche degli stati più poveri. Il ragazzo mutilato non
può più produrre, per tutta la vita dovrà essere curato e mantenuto. Il mondo è
pieno di queste mine, che si confondono con l'erba e i sassi, vengono trascinate
a valle dalle piogge. La loro presenza fa continuare la guerra anche dopo anni
che le ostilità sono cessate.
A mia figlia sono venuti i brividi quando ha sentito dell'attentato di Pisa. I
pensieri si affollano in testa: il colpire non visti, carpire la fiducia dei
bambini con un involucro per giocattoli, prendersela con chi non può difendersi
e togliere loro l'unico mezzo per sopravvivere... Senza parlare di una paura più
generale che riguarda il popolo Rom: cosa fare se non si può neanche lavare i
vetri ai semafori e chiedere il pane per strada? Come fidarsi ancora di chi
offre qualcosa?
...eppure, il giorno stesso abbiamo ricevuto una telefonata da Pisa: era un
gruppo che già voleva fondare una sezione di EMERGENCY, ci diceva che dopo quel
fatto ce n'era ancora più bisogno.
Una chiacchierata non risolve niente. Lo sforzo è cercare una nota
positiva...forse la voglia di non arrendersi che traspare dai discorsi della
signora Strada. Forse la conferma che i Rom, da bravi "ultimi della classe",
sono tanti e sparsi in tutto il mondo.
In quei giorni la gente era attenta, curiosa, presente, i membri di EMERGENCY
erano continuamente chiamati a parlare nelle scuole. Proprio per le scuole,
stava partendo la campagna presentata dal personaggio a fumetti LUPO ALBERTO. Il
Belgio per primo mise al bando le mine-antiuomo, poi convegni, accordi, mezze
verità, parecchi passi avanti.
Ma cosa succederebbe se questo interesse venisse a mancare? Ecco il senso del
titolo di allora: SIAMO TUTTI ZINGARI! Non ricordarti di loro e della
maggioranza del mondo solo quando ne parlano i giornali. Che faccia piacere o
no, la vita continua...
Da
Hungarian_Roma (segnalazione
precedente)
NRC Handelsblad Le uccisioni dei Rom mettono in mostra le tensioni
sociali in Ungheria 26 agosto 2009 10:41
Parenti di Maria Balogh, colpita a morte il 3 agosto
scorso, confortano sua madre durante i funerali a Kisleta. Photo AP
Quattro neonazisti ungheresi arrestati per la grande quantità di orribili
omicidi di zingari. La minoranza rom organizza la propria difesa.
By Marloes de Koning in Gyöngyöspata
Gli uomini della comunità rom di Gyöngyöspata si alternano nel pattugliare il
loro quartiere. Ogni sera alle 18 girano per il villaggio in due macchine,
guidando molto lentamente attraverso le strade tortuose dove vivono i Rom.
"Le case senza recinti sono le più vulnerabili" dice Tamás Bangó, un uomo
grosso e ciarliero che fa parte del gruppo vigilante a Gyöngyöspata, guidando
per il villaggio. "Da alla gente un senso di sicurezza sapere che siamo qua
intorno."
Nove attacchi
Tra i sedili anteriori ha un bastone metallico telescopico ed un coltello.
"Non li ho mai dovuti usare, ma sono pronto," dice Bangó. Sottolinea come il suo
gruppo stia nei limiti della legge. L'arma più potente del gruppo è il telefono
mobile.
In apparenza, qui ci sembra ci sia poco da giustificare una simile vigilanza.
Nella penombra, le case isolate ai limiti del sonnolento villaggio, ad un'ora di
strada a nord est di Budapest, sembra più pacifico che mai.
Ma la comunità rom in Ungheria è terrorizzata dopo la recente serie di
uccisioni. Da novembre sei Rom sono stati uccisi in nove attacchi.
L'ultimo incidente è successo il agosto, quando una donna rom, Maria
Balogh, è stata uccisa nel sonno e sua figlia di 13 anni seriamente ferita,
nella città di Kisleta, nell'Ungheria Orientale.
A febbraio, un padre e suo figlio di 5 anni furono colpiti a morte mentre
correvano fuori dalla loro casa a cui era stato dato fuoco, a Tatarszentgyörgy
nell'Ungheria Centrale.
Venerdì scorso [21 agosto ndr] la polizia ha arrestato quattro
sospettati di essere dietro alle uccisioni dei Rom. Giovedì la polizia aveva
detto di aver trovato il DNA di due degli uomini in diversi posti luogo di
omicidi. Ha detto che gli assassinii erano motivati razzialmente e accuratamente
pianificati. Secondo i media ungheresi avevano svastiche tatuate ed erano
conosciuti per il loro odio verso i Rom.
Gli attacchi hanno messo in mostra e alimentato le crescenti tensioni sociali
dentro l'Ungheria.
Segregazione crescente
Nella cucina della casa di János Farkas, capo dell'Autogoverno rom nella
regione, un gruppo di uomini stava discutendo animatamente. "L'Ungheria sembra
pacifica," diceva Farkas, un piccol uomo con baffi ispidi ed una maglietta Puma
senza maniche. "Ma nel frattempo dei bambini sono stati brutalmente uccisi.
Dobbiamo organizzare la nostra difesa."
Nonostante la mancanza di statistiche credibili ci sono molti segni che la
divisione tra Rom e non-Rom in Ungheria si stia ampliando.
"La segregazione sta aumentando," ha detto János Ladányi dell'Università
Corvinus di Budapest, esperto di Rom. Sotto il comunismo tutti in Ungheria
avevano un lavoro e le differenze sociali erano sensibili. Ma dagli anni '90
molti occupati con bassa professionalità sono stati espulsi dalle città verso i
cosiddetti "villaggi ghetto", riducendo inoltre le loro possibilità di trovare
lavoro. In questa categoria gli anziani ed i Rom sono sovra-presenti.
Mentre la popolazione ungherese sta invecchiando ed assottigliandosi, la
giovane popolazione rom è in crescita, dice Ladányi. In cima ai problemi
strutturali viene la discriminazione e la rapida ricerca di un capro espiatorio.
La crisi economica serve soltanto ad aumentare il problema.
Nelle elezioni parlamentari europei di giugno, il partito Jobbik di estrema
destra ha sfiorato il15% del voto ungherese. La sua campagna elettorale si è
incentrata su un duro approccio verso la "criminalità zingara".
La Magyar Garda, un gruppo paramilitare collegato Jobbik, recentemente
vietato, marcia regolarmente nei quartieri rom nelle sue uniformi bianche e
nere. Secondo l'European Roma Rights Centre il gruppo sta agendo anche in alcune
zone della Romania, dove la minoranza ungherese sta avendo problemi coi Rumeni (vedi
QUI ndr).
"Sono inarrestabili," ha detto Tomás Polgár aka Tomcat. Polgár è l'anima di
Bombagyar (fabbrica della bomba), il blog più popolare di Ungheria. Si guadagna
da vivere stampando, tra l'altro, t-shirt. L'ultima commissione era della Magyar
Garda. Mostra una t-shirt nera con un grande leone d'argento, mentre dei giovani
dalle spalle ampie e coi capelli corti vagano per l'ufficio.
"Gli zingari devono solo rimproverare se stessi," dice Polgár. "Sono
criminali e sono una minaccia per noi, la maggioranza. Fanno più bambini, ci
stanno superando."
Polgár dice che non vede nell'uccidere la risposta. Gli Ungheresi che sono
superiori devono prendere i Rom per mano come bambini ed "insegnargli come
comportarsi". Ma nel breve termine vede più violenza, con incidenti da ambo le
parti. "E' una guerra," dice.
Viktória Mohácsi, Rom ungherese e sino a giugno membro del parlamento
europeo, concorda. "Mi sento come se fossi in guerra," ha detto con le lacrime
agli occhi. Proprio quella mattina aveva ricevuto un'altra minaccia di morte.
"Ricevo più di mille lettere di minacce ogni giorno."
I Rom si stanno auto-organizzando, dice Mohácsi, e stanno usando le veglie
per le vittime morte per farlo. "I leader rom mi chiamano e dicono di volersi
organizzare contro i neonazisti. Ma cosa ci si aspetta da me: una donna di 40
kg. senza armi o denaro?"
Anche se, ammette, non ci sono molte scelte. "Possiamo o armarci o scappare."
Da
Hungarian_Roma (la notizia a cui si riferisce è
QUI nei commenti)
By: MTI
24-08-2009 - Secondo il capo della polizia nazionale, i sospetti detenuti in
connessione con la serie di uccisioni di Rom in Ungheria, stavano pianificando i
prossimi attacchi quando sono stati arrestati.
Jozsef Bencze (Alto Commissario della Polizia ndr) ha detto sabato che
la polizia ha deciso di trattenere i quattro sospetti quando è apparso che era
in programma un ulteriore attacco.
Domenica (scorsa ndr) un tribunale deciderà dove i sospetti verranno
detenuti in custodia cautelare. La polizia ha detto venerdì, il giorno degli
arresti, di avere sufficienti campioni di DNA ed altre prove perché i
sospetti di Debrecen (Ungheria Orientale) siano trattenuti.
Bencze ha detto che gli attacchi, che da luglio dell'anno scorso sono costati
la vita a sei Rom, incluso un bambini di cinque anni, erano razzialmente
motivati.
I quattro sospettati, di età tra i 28 e i 42 anni, erano tra i sei fermati in
un bar locale. Bencze ha detto in precedenza che le prove raccolte nelle loro
case e sui luoghi degli omicidi confermano i sospetti della polizia di aver
preso i colpevoli.
Un ufficiale di polizia che ha chiesto l'anonimato, ha detto a MTI che uno
dei sospetti era un ex soldato, che aveva il permesso di usare armi da fuoco.
Inoltre tre SUV posseduti dai sospetti sarebbero stati visti dai testimoni dopo
gli attacchi.
Un altro poliziotto ha anche detto a MTI che i sospetti erano sotto
sorveglianza della polizia da oltre una settimana. Gli investigatori
controllavano le loro chiamate dai cellulari, chiamate effettuate nelle
vicinanze dei posti dove hanno avuto luogo gli attacchi.
I leader rom sabato hanno detto a MTI di aver avuto reazioni di tipo diverso
alla notizia della detenzione dei sospetti, alcuni ritengono che sia improbabile
che tutti i sospetti siano stati catturati e perciò esiste la possibilità che
gli attacchi continuino. Altri hanno dato il benvenuto alla notizia. Orban
Kolompar, capo dell'Auto-Governo Nazionale Zigano, ha ringraziato i 120
poliziotti coinvolti nelle investigazioni, per i loro sforzi nel catturare i
sospetti assassini.
19 agosto 2009 – In un
rapporto (pdf in inglese ndr) su di una serie di recenti assalti a Gnjilane,
Kosovo orientale, che potrebbero avere una motivazione etnica, l'organizzazione
dei diritti umani Chachipe ha espresso la sua preoccupazione sulla
qualità e l'obiettività dei rapporti sui crimini etnicamente motivati contro i
Rom in Kosovo. Durante le ultime settimane di luglio, diversi Rom hanno
riportato di aver subito assalti ed abusi da parte dei vicini Albanesi nel
tradizionale quartiere rom di Gnjilane, senza che la cosa venisse adeguatamente
seguita e riportata dalle organizzazioni internazionali.
A seguito dei rapporti su un violento incidente, nel quale diversi Rom
sarebbero stati feriti, Chachipe ha svolto un'inchiesta tra le
organizzazioni internazionali allo scopo di identificare il retroterra e le
dimensioni dell'incidente. Anche se l'incidente segnalato data di parecchi
giorni, nessuna delle organizzazioni contattate, incluse UNMIK, EULEX, OCSE, e UNHCR,
ha detto di averne conoscenza. Ma anche dopo averne presa visione dai loro
uffici locali, le organizzazioni non sono state capaci o hanno voluto informare
Chachipe sull'evento.
"Le informazioni che abbiamo ricevuto erano assolutamente rudimentali.
Andavano da una lista di rapporti della polizia, riferiti a incidenti
apparentemente minori come "litigi" e furti, a rimarcare che la situazione della
sicurezza per i Rom si è recentemente deteriorata, ed una lamentela sul fatto
che la polizia non avesse correttamente riportato sull'assalto ai Rom, dice
Chachipe.
L'immagine cambiava drasticamente seguendo un reportage TV trasmesso, giovedì
scorso, da Yekhipe, il programma romanì della TV pubblica del Kosovo. I
giornalisti di Yekhipe hanno visitato il quartiere rom ed intervistato diverse
vittime e testimoni. Dai loro rapporti appare che sono successi a Gnjilane una
serie di gravi incidenti, durante i quali diversi Rom sono stati assaliti ed
hanno subito abusi, per nessun altro apparente motivo se non l'odio.
Parlando coi giornalisti, i Rom si lamentavano che la situazione a Gnjilane si è
recentemente deteriorata, in concomitanza con l'arrivo dell'etnia albanese nel
quartiere rom. Uno dei testimoni ha aggiunto che gli attacchi erano organizzati
e coordinati. Tutti i Rom affermano che i membri della comunità vengono
regolarmente attaccati o subiscono abusi verbali, ed hanno espresso serie paure
sulla loro sicurezza.
Emerge anche dalle loro dichiarazioni, che la loro confidenza nella polizia è
molto limitata. Di sei casi, accaduti a luglio, solo tre sono stati segnalati
alla polizia. I giornalisti di Yekhipe hanno intervistato un ufficiale di
polizia locale che ha qualificato due dei casi riportati come semplici conflitti
di vicinato ed insinuato che l'altro sarebbe collegato a "conti aperti"
nel mondo del mercato nero, squalificando così le vittime.
Chachipe ha dichiarato che con questo retroterra, è difficile comprendere
la passività e la mancanza di preoccupazioni che emergono dalle reazioni delle
organizzazioni internazionali alla sua inchiesta. L'organizzazione ha ricordato
che uno dei compiti delle forze internazionali di sicurezza era di proteggere e
promuovere i diritti umani, e che le organizzazioni hanno un mandato esplicito
per controllare la situazione. Chachipe si è detta preoccupata del fatto
che la polizia UE sembra avere pochissime informazioni sulla situazione del
quartiere Rom di Gnjilane.
Chachipe ha evidenziato le conseguenze di violenze non riportate ed
etnicamente motivate contro i Rom, sia per i Rom in Kosovo che per i rifugiati
ed i richiedenti asilo all'estero. "Come appare dai recenti incidenti di Gnjilane,
che confermano le preoccupazioni che avevamo ricevuto in precedenza, i Rom in
Kosovo non hanno dove fare ritorno, se si sentono minacciati. Quanti hanno
lasciato il Kosovo hanno grossi problemi a dimostrare i rischi ai quali sono
esposti in caso di ritorno".
Chachipe ha criticato la decisione di diversi paesi dell'Europa
occidentale, compresi Germania, Svizzera, Svezia ed Austria, di rimpatriare
forzatamente i Rom, sulla base di una valutazione della situazione sulla
sicurezza univoca ed incompleta. "Appare che il recente rapporto UNMIK al
Consiglio di Sicurezza ONU sia essenzialmente basato sui rapporti della polizia,
mentre l'UNMIK stesso riconosce che le minoranze etniche non hanno alcuna
fiducia nel rivolgersi alla polizia," dice Chachipe.
Chachipe ha richiamato le organizzazioni internazionali a cercare
immediatamente di diluire le tensioni nel quartiere rom di Gnjilane e di
risolvere i problemi che apparentemente sono collegati al processo di ritorno.
Inoltre richiede un'inchiesta approfondita sui retroscena dei recenti attacchi
contro i Rom, come pure una sorveglianza ed un resoconto obiettivi ed imparziali
sulla situazione della sicurezza nel Kosovo. Chachipe infine chiede ai
governi ed ai paesi ospiti di ripensare al rimpatrio forzato dei Rom verso il
Kosovo, fintanto che la situazione della sicurezza rimane fragile, e di
garantire ai rifugiati che sono nei paesi d'esteri da lungo tempo, uno status di
residenza permanente.
Chachipe a.s.b.l.
B.p. 97
L - 7201 Béreldange
e-mail: chachipe.info@gmail.com
www.romarights.wordpress.com
Da
Hungarian_Roma
MTI 19-8-2009 L'Autorità Rom Nazionale (OCO) ha chiesto alle piccole comunità
rom di non prendere la legge nelle proprie mani, ma di sforzarsi
nell'organizzare la loro protezione assieme con la polizia locale e le guardie
municipali, ha detto martedì in una dichiarazione a MTI Janos Bogdan Jr,
portavoce di OCO.
OCO ha fatto questa dichiarazione dopo un numero di incidenti in cui membri
delle comunità rom nei piccoli villaggi hanno fermato auto che ritenevano
sospette ed identificato i viaggiatori, come reazione ai recenti attacchi
anti-Rom.
Domenica mattina, una dozzina di Rom armati di asce e rastrelli a
Nyirlugos (NE) ha fermato una jeep e obbligato i suoi terrificati passeggeri a
scendere. I membri del gruppo più tardi hanno detto alla polizia che erano in
"servizio volontario di pattuglia".
Da luglio dell'anno scorso, sei persone sono morte e 49 sono state ferite
durante assalti alle case rom, soprattutto ai margini di piccoli villaggi
rurali. La polizia ritiene trattarti di assassini seriali.
Da
Czech_Roma
Aktuálně.cz
Ostrava - Venerdì la polizia ha accusato quattro persone per l'assalto
incendiario a
Vítkov, che aveva seriamente ferito una famiglia rom l'aprile scorso.
"E' un momento storico nella lotta contro l'estremismo," ha detto venerdì
mattina ai giornalisti Dalimil Sypták, portavoce della polizia.
Sypták ha aggiunto di non poter rivelare ulteriori dettagli, causa le
indagini in corso.
Giovedì nella Moravia settentrionale la polizia aveva arrestato 12 persone -
nove uomini e quattro donne, in connessione col brutale attacco incendiario.
Lo scorso 18 aprile un gruppo di sconosciuti aveva attaccato una casa in cui
dormivano nove persone. Tre dei membri della famiglia erano stati seriamente
feriti.
La più grave fu Natálka, una bambina di due anni che ha sofferto di
bruciature sull'80% del corpo. Sino a questa settimana Natálka è stata tenuto in
sonno indotto. Lo stato della sua salute sta migliorando sensibilmente, ma
rimane ancora serio.
Non c'è abbastanza evidenza dei motivi razziali del crimine, ma quella notte
testimoni udirono gridare "Zingari, la vostra casa crollerà tra le fiamme!"
Galleria fotografica (didascalie in inglese)
Da
Hungarian_Roma
Una donna rom di mezza età è stata colpita diverse volte da assalitori
sconosciuti ed è morta a Kisléta, nella contea di Szabolcs (Ungheria del nord
est). Sua figlia è rimasta ferita nell'attacco. János Lázár, presidente del
Comitato Parlamentare per il Rafforzamento della Difesa Nazionale e della Legge,
ha chiesto una sessione straordinaria del Comitato che abbia luogo giovedì (oggi
ndr) alle 13.00, durante la quale il Ministro della Giustizia illustri al
Comitato sull'omicidio di Kisléta e sulla successione di crimini simili.
La donna di 45 anni è stata colpita a morte, sua figlia di 13 anni
severamente ferita da ignoti assalitori nella notte tra domenica e lunedì (Kisléta,
con 1.900 abitanti, è a 60 km. da Tiszalök e 30 km. ad est di Nyíregyháza).
Dichiara la polizia che in seguito all'uccisione, József Bencze, Alto
Commissario della Polizia, ha raddoppiato la taglia offerta per ottenere
informazioni sull'identità dei criminali coinvolti negli attacchi contro i Rom.
Il premio di 100 milioni di fiorini è il più alto nella storia della
criminologia ungherese (l'ultima taglia, 25 aprile, assommava a 50 milioni di
fiorini). L'Ufficio Nazionale Investigazioni lunedì all'alba ha assunto la
direzione dell'indagine sul crimine commesso in Kisléta.
La donna, colpita dai proiettili di una arma a pallini, abitava in una delle
ultime case in una strada ai limiti del villaggio. I proiettili l'hanno colpita
al torace, alla testa e al braccio. La figlia è stata ferita al collo e al
braccio ed è stata trasportata all'ospedale András Jósa di Nyíregyháza.
Le condizioni della ragazza si sono stabilizzate e sono soddisfacenti, per
quanto serie, ha detto Pál Felföldi, primo traumatologo (...) Dato che non ci
sono testimoni oculari, la polizia sta aspettando che la ragazza esca dall'unità
di cura intensiva a cui è sottoposta, sperando di ottenere informazioni sugli
assalitori.
Potrebbero essere due di loro
L'investigazione sulla scena del crimine, la ricostruzione dei fatti e la
ricerca e gli interrogatori degli eventuali testimoni sono continuati sino al
primo pomeriggio in via Bocskai, dietro la quale ci sono campi di mais. Lì
vicino una strada non asfaltata porta verso Nyírbogát, probabilmente il percorso
scelto dagli assalitori per la fuga.
Secondo l'Agenzia Stampa Ungherese (MTI), i colpi sono stati esplosi da due
fucili da caccia, il che significa che gli assalitori erano almeno due. La
polizia ha trovato le cartucciere, che sono state consegnate agli esperti
dell'Ufficio Investigazioni di Budapest.
Secondo la MTI, gli esami hanno accertato che armi da fuoco simili sono state
adoperate in diversi attacchi contro i Rom. Secondo la polizia, diversi dettagli
dell'attacco coincidono rispetti ad altri assalti contri i Rom. E' per questo
che le indagini sono state prese in carico dall'Ufficio Nazionale
Investigazioni, che ha aperto un'inchiesta per tentato omicidio contro diverse
persone.
Sono stati uditi tre-quattro colpi
Il sindaco Sándor Pénzes ha detto che i vicini hanno sentito tre o quattro
colpi, domenica tra le 23.30 e le 24.00. L'assalitore o gli assalitori hanno
aperto a calci la porta ed iniziato a sparare. Le vittime sono state ritrovate
dai membri della famiglia. La ragazza non è ancora stata interrogata, dato che è
ancora sottoshock. Le sue ferite sono serie, attualmente è in unità di cura
intensiva, non ci sono informazioni precise sulle sue condizioni.
Secondo Sándor Pénzes, nel villaggio le relazioni tra Ungheresi e Rom sono
molto buone. "La vittima era una gran lavoratrice. Cresceva da sola sua figlia,
in condizioni pulite e salubri". - dice il sindaco. Mária B. era vedova e aveva
due figlie. La famiglia lavora regolarmente e usufruisce anche del'assistenza
sociale. "Tutto il villaggio è sorpreso per questa esecuzione. Non sappiamo cosa
possa aver motivato gli assassini." - ha detto il sindaco a MTI.
Romedia Foundation, Budapest , 4 August 2009
Extracts from Index.hu, Hungary, 3 August 2009, 7 a .m.
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