Rom e Sinti da tutto il mondo

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\\ Mahalla : VAI : Italia (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 29/11/2010 @ 09:01:03, in Italia, visitato 1965 volte)

AbruzzoWeb

MONTESILVANO - Nasce a Montesilvano (Pescara) un circolo politico rom (leggi QUI ndr), ma Forza Nuova non ci sta e annuncia, per domattina, un sit-in davanti al Comune, nella giornata in cui sarà presentato ufficialmente il nuovo circolo cittadino del Movimento politico interculturale Bravalipé.

"Se a Montesilvano verrà aperto fisicamente un circolo politico rom - dichiara all'Ansa il segretario cittadino di Forza Nuova, Marco Forconi - organizzeremo una protesta a livello nazionale. Io ho rispetto per le minoranze etniche, ma critico il fatto che loro si vogliano porre come soggetto politico. Temo che il movimento possa avere un peso politico per eventuali voti di scambio e soprattutto che possa scendere in piazza per difendere i rom quando vengono arrestati".

Stando a quanto si legge sul blog del Movimento Bravalipé, "il circolo di Montesilvano vuole essere stimolo e proposta per la politica locale con la mobilitazione politica della minoranza rom".

"La strumentalizzazione della popolazione rom e la generalizzazione di fatti negativi - prosegue il post - hanno raggiunto livelli inaccettabili di pregiudizi e di discriminazione razziale verso le persone appartenenti alla minoranza romanì. Il reato è personale, mai di etnia".

Il movimento sottolinea, infine, che "l'assenza di un adeguato programma politico di integrazione culturale con e per la minoranza rom è un vantaggio per l'illegalità ed è uno svantaggio per la legalità.

IL MUSICISTA SPINELLI: ''DA FORZA NUOVA SCIACALLAGGIO POLITICO''

PESCARA - "Un atteggiamento razzista e xenofobo nei confronti di cittadini italiani incensurati. Questo é solo sciacallaggio politico, una cosa riprovevole".

Non usa mezzi termini Santino Spinelli, musicista (in arte Alexian), docente universitario e intellettuale, italiano di etnia rom, per giudicare la reazione di Forza Nuova, che ha organizzato un sit-in di protesta durante la presentazione, a Montesilvano (Pescara), del Movimento politico interculturale Bravalipé, minacciando di far "chiudere dopo un giorno" la sede.

"Quale può essere l'obiettivo di Forza Nuova? Togliere ai rom il diritto di candidarsi, di fare politica attiva? I rom - prosegue Spinelli - non sono cittadini di serie B. Buoni e cattivi non sono solo tra i rom, ma dappertutto. Quello che nasce a Montesilvano è un movimento interculturale, per la partecipazione e la valorizzazione della cultura rom. E ne fanno parte, accanto a cittadini italiani di etnia rom le cui famiglie vivono in Italia da seicento anni, anche immigrati non rom, regolari e incensurati".

"Forza Nuova - dice ancora Spinelli - deve imparare a capire di cosa di tratta quando si parla di cultura rom. Forse si ha paura che i rom entrino in politica per i consensi che potrebbero ottenere? Già molti rom sono consiglieri comunali in città italiane, mi viene in mente Pavia".

"Bisogna capire che la discriminazione porta all'emarginazione e questa alla devianza” - afferma Spinelli.

"Se la nostra società è malata - aggiunge - lo è di per sé. L'errore del singolo non può essere esteso a un'etnia. La protesta di Forza Nuova è una mancanza di rispetto non solo verso l'etnia rom, ma anche verso l'elettorato italiano".

"Inviterò il segretario cittadino di Forza Nuova a Montesilvano, Marco Forconi, al prossimo concerto del mio gruppo musicale - conclude Santino Spinelli - per dargli l'occasione di conoscere da vicino la cultura rom di cui personalmente mi definisco portatore sano".

25 Novembre 2010 - 17:19

 
Di Fabrizio (del 02/12/2010 @ 09:57:55, in Italia, visitato 2013 volte)

Segnalazione di Sara Palli

Pisanotizie

Per la quinta puntata dedicata alle seconde generazioni, Pisanotizie ha incontrato Ambra e Mina, due sorelle di etnia rom di 15 e 14 anni nate in Italia. I loro genitori sono arrivati dal Kossovo per fuggire alla guerra. Oggi vivono insieme ai loro 5 fratelli e sorelle a Pisa

Per la quinta puntata di Seconde generazioni - nuovi cittadini crescono, Pisanotizie ha incontrato le "figlie" di uno dei popoli più perseguitati della storia. Dalle legge della Repubblica di Venezia, che alla metà del '500 decretarono l'impunità per coloro che recavano danno a uno zingaro, passando per gli studi di Cesare Lombroso, che nelle caratteristiche fisiche dei cosiddetti zingari vedeva l'incarnazione dell'idea di "uomo delinquente", fino ad arrivare alle persecuzioni perpetrate dal nazi-fascismo: deportati, destinati ad essere cavie di esperimenti medici, furono circa 500 mila gli uomini, le donne, i bambini di etnia rom e sinti che persero la vita nel porrajmos, il divoramento, come chiamano il genocidio che ha colpito il loro popolo.
E se oggi condanniamo con fermezza l'ideologia che diede vita a tale sterminio, i pregiudizi che identificano gli "zingari" con ladri, non solo di cose ma anche di bambini, in un popolo nomade, e per questo non avente diritto a fissa e dignitosa dimora, appaiono ancora ben radicati.


Ambra e Mina sono di etnia rom. La prima nata a Pescara 15 anni fa, la seconda a Livorno 14 anni or sono. Entrambe sono cresciute a Pisa, dove Ambra è arrivata quando aveva un anno, tanto che Mina con fervore e una punta di orgoglio esclama: "Sono pisana".
La loro famiglia proviene dal Kossovo. Come molti Rom provenienti dalla ex Jugoslavia, i loro genitori sono arrivati in Italia quando nei Balcani infuriava la guerra. Da 13 anni vivono al campo di Coltano insieme ai loro 5 fratelli: "Prima - spiega Ambra - stavamo in roulotte, poi in una baracca. Aspettavamo che ci assegnassero una casa, ma quel giorno non è arrivato".

Quando incontriamo Ambra è da poco tornata dalla Francia, dove ha trascorso un mese in visita da zii e cugini. Dopo aver concluso le scuole medie l'anno scorso, sembra attendere di raggiungere l'età legale per mettersi in cerca di lavoro: "Il mio sogno sarebbe lavorare in un ristorante, come cuoca o come cameriera". In realtà Alisa, sua cognata, ventidue anni, dubita che essere assunta in un ristorante corrisponda alle reali aspettative di Ambra. Per lei sogna un futuro migliore, che le consenta di avere una casa e un lavoro che le dia non solo uno stipendio, ma anche gratificazione personale. Per questo vorrebbe che riprendesse gli studi: "Anche io ho smesso di studiare molto giovane e in parte me ne sono pentita. Ma mi sono innamorata e a 17 anni sono fuggita dalla provincia di Perugia dove vivevo con la mia famiglia, per venire qui e sposare suo fratello. Oggi ho tre figli di cui occuparmi, una famiglia e sono serena. Ma se questa scelta è stata giusta per me, non è affatto detto che lo sia anche per lei".

Almeno per quest'anno, Ambra esclude la possibilità di iscriversi alle scuole superiori. Se studiare non era la sua passione, dal punto di vista della socializzazione le scuole medie sono state tutt'altro che un problema. Espansiva e solare, Ambra in tre anni è riuscita non solo a conquistare l'affetto e l'amicizia di molti compagni di classe, ma anche, ci tiene a dirlo, "di tutta la scuola".
Un'espansività che a quanto pare è un tratto distintivo delle due sorelle. "Ora che mia sorella ha finito la scuola - ci dice Mina - in quanto a popolarità ho preso io il suo posto. Quando entro in classe mi dicono che con me arriva l'allegria".
Mina frequenta la III media, e se la matematica le crea non pochi problemi, la sua passione al momento sembra essere lo studio della storia. Per il suo futuro ha piani molto precisi: "Mi iscriverò alla scuola alberghiera per conseguire il diploma triennale. Ma da grande farò la parrucchiera". Una scelta che ha ragioni ben precise. Se da un lato una certa influenza arriva da una normale vanità adolescenziale - "ho i capelli ricci e non mi piacciono - ci dice - vorrei sempre farmi la piega per averli lisci" - dall'altro a spingerla in questa direzione sono le acconciature con cui le donne rom si ornano in occasione delle feste tradizionali.

La famiglia di Mina e Ambra è di fede musulmana e in casa c'è grande attesa per il giorno in cui verrà festeggiato il più piccolo dei loro nipoti, in occasione della sua circoncisione. Sono proprio le feste e la musica, insieme al romanes, lingua che insieme all'italiano si parla in casa, le manifestazioni della cultura rom con cui le due sorelle sono più in contatto. Se Ambra ama tutti i generi musicali, compresa la tecno e la house, le sue preferenze vanno alla musica rom.

La vita al campo di Coltano trascorre per le due sorelle in compagnia di familiari e amici con cui soprattutto Ambra, libera da impegni scolastici, trascorre la maggior parte delle sue giornate. Per questo motivo nei suoi progetti non sembra avere posto quello di trasferirsi altrove: "Tutto sommato qui mi trovo bene, ormai sono abituata e questa è la mia casa. Lasciarlo significherebbe separarmi dalle amiche. Credo che ne sentirei troppo la mancanza".

Se talvolta, ammettono, qualcuno ha tentato di farle sentire da meno, Mina e Ambra non hanno mai avuto particolari problemi a frenare parole offensive rivolte verso di loro. E in questo la solidarietà degli amici non è mai mancata. Ambra, soprattutto, sembra aver imparato presto che "esistono persone che non sono disposte ad accettarci e che, in quei casi, la scelta migliore può essere semplicemente non frequentarle".
Ma essere di etnia Rom e vivere in un campo comporta il doversi scontrare con luoghi comuni, pregiudizi e attacchi che, confessa Ambra, fanno soffrire. "Ciò che non tollero - spiega - è che sovente parlano senza averci mai incontrati, ci giudicano senza conoscere".

 
Di Fabrizio (del 03/12/2010 @ 09:22:48, in Italia, visitato 2140 volte)

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Di Sucar Drom (del 03/12/2010 @ 09:41:35, in Italia, visitato 2579 volte)

Piacere di conoscervi!
Siamo i Rom e i Sinti, ma molti per ignoranza o cattiveria ci chiamano "zingari" o "nomadi".
Viviamo in mezzo a voi da circa seicento anni ma ancora in pochi ci conoscono veramente.
Probabilmente avete letto sui giornali che siamo sporchi, ladri, accattoni… ma non è così. Certo alcuni di noi sono molto poveri e alcuni hanno commesso degli sbagli. Ma non siamo tutti uguali anche se siamo tutti presi di mira da discriminazioni e in alcuni casi da razzismo vero e proprio.
In Europa siamo in dodici milioni, in Italia molto meno, circa 100.000. In maggioranza siamo Cittadini italiani dal 1871 ma alcuni di noi vengono dalla ex Yugoslavia e dalla Romania: scappati dalla guerra o dalla miseria.
Provate ad immaginare di non poter avere documenti (anche se i vostri e genitori sono nati in Italia), di non poter chiedere lavoro o continuare a studiare per questo motivo, di dover aspirare al massimo a vivere in un container o in una roulotte… di essere allontanati se entrate in un bar, di essere oggetto di battute e scherno… che vita sarebbe? La vita di molti di noi al momento.
Noi siamo i Rom e Sinti e come ogni altra minoranza abbiamo una lunga memoria storica, valori, costumi, tradizioni, arti, talenti, musica e bellezza. Abbiamo i colori di una civiltà millenaria che non hai mai preso parte ad una guerra. Tutto questo tuttavia resta confinato troppe volte negli angusti spazi che occupiamo alle periferie delle città, in ghetti che chiamano "campi nomadi".
La campagna DOSTA ("Basta" nella lingua romanes), promossa dall’UNAR, può rappresentare la possibilità di superare quel muro del pregiudizio che circonda la nostra gente.
Noi vi tendiamo una mano, metteremo in piazza frammenti della nostra cultura, vi sorprenderemo con il calore della nostra musica, le emozioni delle nostre danze e lo faremo in una serie di eventi che si snoderanno per tutta Italia, accompagnati da seminari e conferenze, mostre fotografiche e proiezioni video, momenti di riflessione in cui ci racconteremo a voi.
Venite a conoscerci. Vi aspettiamo a Venezia:

Giovedì 9 dicembre 2010, ore 21:00 Casa dei Beni Comuni "Morion", Salizada San Francesco della Vigna - Castello

PROIEZIONE DEL FILM: "Io, la mia famiglia rom e Woody Allen" di Laura Halilovic, a cura di: Studenti del Master in Diritti Umani e Democratizzazione (E.MA), del Centro Europeo Inter-Universitario (EIUC)

Venerdì 10 dicembre 2010, ore 21.00 Casa dei Beni Comuni "Morion", Salizada San Francesco della Vigna - Castello
CONCERTO: Django's Clan. Nel centenario della nascita di Django Reinhardt, genio sinto della musica jazz europea, un concerto che ne ripercorre l'arte e la tecnica.

Lunedì 13 dicembre 2010, ore 21.00 Teatro Aurora - Marghera
SPETTACOLO TEATRALE: "Rom Cabaret" di e con Dijana Pavlovic.

Lunedì 20 dicembre 2010, ore 18:30 Scoletta dei Calegheri, Campo S. Toma Venezia
WORKSHOP: "io non discrimino – l’esperienza degli osservatori contro le discriminazioni razziali". Intervengono: Massimilano Monnanni – Direttore UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali), Gianfranco Bettin – Assessore Politiche Giovanili e Pace, Carlo Berini – Federazione Rom e Sinti Insieme, Alessandra Sciurba – Associazione SOS Diritti

Tutti gli eventi sono ad INGRESSO GRATUITO

Gli eventi sono organizzati dalla Federazione Rom e Sinti Insieme e dalla Rete Tuttiidirittiumanipertutti di Venezia, in collaborazione con il Centro Pace del Comune di Venezia e l'UNAR.

Il Festival Dosta si inserisce nella manifestazione DIRITTI PER TUTTI – IO NON DISCRIMINO, organizzata dalla Rete Tuttiidirittiumanipertutti di Venezia e comprende anche i seguenti eventi:

Sabato 4 dicembre 2010, dalle ore 16.00 alle 22.00 e Domenica 5 dicembre 2010 dalle ore 12.00 alle 20.00, Ca Foscari Auditorium, Campo Santa Margherita
"Building bridges: connecting through diversity". Una serie di dibattiti e proiezioni di Corti e Lungometraggi organizzato dagli Studenti del Master in Diritti Umani e Democratizzazione (E.MA), del Centro Europeo Inter-Universitario (EIUC) con sede al Lido, in collaborazione con l’ Università Cà Foscari e il Circuito Off Venice Internation Short Film Festival.

Martedì 7 dicembre 2010, ore 19.30 Campiello delle erbe, S. Polo 2003
"L'asilo negato di fronte alle mura della fortezza Europa" a cura dell’Associazione Metricubi.
Intervengono: Marco Ferrero, avvocato, membro dell'Associazione di studi giuridici sull'immigrazione (ASGI) e Nicola Grigion, progetto Melting Pot Europa.

Giovedì 9 dicembre, ore 17.15 Teatro dei Frari Venezia
IO DECIDO. Primo incontro per l’avvio di un percorso di democrazia partecipativa nel Comune di Venezia. Vieni anche tu a decidere il futuro della nostra Città.

Venerdì 10 dicembre 2010
È il giorno in cui ricorre l'anniversario della firma della dichiarazione universale dei diritti umani avvenuta a Parigi il 10 dicembre 1948 ma è anche il giorno in cui Zaher, ragazzo afgano è morto qui a Venezia proprio il 10 dicembre di due anni fa. Zaher è morto perchè i diritti umani ancora oggi nelle nostre Città, nel nostro paese non sono riconosciuti.
Sabato 11 ore 12.00 nel piazzale antistante il Porto la rete Tuttiidirittiumanipertutti invita la cittadinanza a ricordare la morte di Zaher.

LA CAMPAGNA DOSTA!
L’UNAR, Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, nell’ambito delle sue attività istituzionali ed in collaborazione con le principali associazioni rom e sinte, ha lanciato per l’anno 2010 la Campagna DOSTA, una grande iniziativa di sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulle comunità rom in Italia.
La Campagna DOSTA ("Basta" in lingua romanes) è stata già promossa dal Consiglio d’Europa e dalla Commissione Europea nell’ambito del terzo programma congiunto "Equal Rights and Treatment for Roma". La campagna DOSTA è stata già realizzata con successo in cinque paesi dell’Europa dell’Est: Albania, Bosnia e Herzegovina, Montenegro, Serbia, Slovenia ed Ex Repubblica Iugoslava di Macedonia, mentre è di prossima presentazione la campagna in Francia e Bulgaria.
La Campagna è stata pensata e condivisa con le principali reti di associazioni rom e sinte in Italia: la Federazione Rom e Sinti Insieme, la Federazione Romanì, UNIRSI. Le associazioni operano all’interno di un Tavolo di coordinamento ROM istituito e coordinato dall’UNAR e collaborano alla pianificazione della campagna e alla progettazione e realizzazione degli eventi previsti, in collaborazione con le istituzioni locali coinvolte dalle iniziative.
Obiettivo generale della Campagna è quello di favorire la rimozione degli stereotipi e pregiudizi nei confronti delle comunità rom e sinte attraverso una strategia globale di confronto e conoscenza reciproca.
Obiettivi specifici della Campagna sono quelli di:
- favorire una migliore conoscenza della cultura Rom e del suo contributo nella storia europea attraverso mostre e spettacoli, premi, seminari e conferenze, eventi pubblici e campagne sui media;
- promuovere un confronto diretto con la realtà rom ed i rischi di discriminazione ed esclusione sociale attraverso percorsi formativi per il mondo del giornalismo e gli enti locali, tavoli di lavoro e occasioni pubbliche di dibattito

 
Di Fabrizio (del 05/12/2010 @ 09:58:46, in Italia, visitato 2078 volte)

Ricevo da Maria Gabriella De Luca

Catanzaro 12 dicembre ore 18.30
"Il caffè delle Arti"
- Centro Polivalente per i Giovani - via Fontana Vecchia

Proiezione del docufilm "Romnì tajsa - donne rom ieri e domani"
verranno letti brani o poesie di scrittrici e poetesse romnì.

Il lavoro di "Terra di Confine" va avanti in maniera sempre più spedita e si arricchisce ogni giorno di nuove esperienze e di nuovi stimoli, tutti supportati dalla convinzione che il superamento dei pregiudizi nei confronti del popolo rom si potrà attuare solo attraverso una vera conoscenza della loro cultura.
L’associazione per festeggiare i 10 anni di vita, che cadono per l’esattezza giorno 10 dicembre, organizza un momento di riflessione sulle romnì (le donne rom), perché convinte che in condizioni di marginalità non solo economica ma soprattutto culturale, sono le donne quelle che pagano il prezzo più alto.

 
Di Fabrizio (del 06/12/2010 @ 09:09:22, in Italia, visitato 1488 volte)

NTR24.tv Li hanno offerti i sindaci di Fragneto Monforte, Paolisi e Cautano

Tre progetti per favorire l'inclusione sociale e culturale e per la prevenzione sanitaria in favore dei rom. Domani (3 dicembre ndr), alle ore 11, il prefetto di Napoli, Andrea De Martino, in qualità di commissario delegato per l'emergenza degli insediamenti delle comunità nomadi, sottoscriverà un accordo con il commissario del comitato provinciale della Cri e tre sindaci sanniti per la concessione in comodato d'uso e la gestione di tre poliambulatori mobili da utilizzare per prestazioni sanitarie in favore dei rom nella provincia di Napoli. I camper, pluriattrezzati, verranno affidati, si legge in una nota, a personale della Cri che, unitamente a medici specialistici volontari, si recherà nei campi nomadi più disagiati dal punto di vista sanitario per visitare in loco i rom, con benefici non solo in termini di contrasto alle malattie ma anche di sviluppo di rapporti di fiducia con il medico, essenziali per una corretta educazione sanitaria. Ad offrire i camper, acquistati con un progetto del Pon Sicurezza ormai concluso, sono i sindaci di Fragneto Monforte, Paolisi e Cautano; alla sottoscrizione prenderà parte il prefetto di Benevento "che ha svolto un'importante opera di mediazione con i sindaci del suo territorio". I camper saranno consegnati contestualmente alla firma del contratto e verranno presentati in piazza del Plebiscito.

 
Di Fabrizio (del 07/12/2010 @ 13:23:36, in Italia, visitato 1905 volte)

9 dicembre. In occasione del 52°esimo anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (10 dicembre 1948) il gruppo Amnesty International di Verona intende organizzare una conferenza sui diritti dei Rom e dei Sinti, volta a sensibilizzare la popolazione veronese sul tema degli insediamenti abitativi precari, all'interno della Campagna (((IO PRETENDO DIGNITA'))).
La conferenza "L'altra verità: quello che non vi dicono sui campi nomadi" si terrà giovedì 9 dicembre alle ore 17.45 nell'aula 2.1 della Facoltà di Lettere e Filosofia (via S. Francesco, 22 – Verona) dell'Università degli Studi di Verona.

Alla conferenza parteciperanno, in qualità di relatori:
- Prof. Leonardo Piasere, antropologo e professore dell'Università degli Studi di Verona;
- Dott.ssa Barbara Cei, referente del progetto "per l'integrazione della Comunità Rom rumena di Verona" per conto della Cooperativa Sociale Azalea (2009);
- Sig.ra Cerasela Barbu, membro della comunità Rom rumena di Verona;
- Dott. Fernando Vasco Chironda, Coordinatore Campagne dell'Ufficio Campagne e Ricerca di Amnesty International Sezione Italiana.

Modererà Gabriele Colleoni, giornalista de L'Arena.

Per ulteriori informazioni, contattare le organizzatrici della conferenza:
Albanese Gemma (vice responsabile gruppo Italia 029): g.albanese@amnesty.it - 340 4683791
Scola Vera (referente Pena di morte, gruppo Italia 029): v.scola@amnesty.it – 348 7501973

 
Di Fabrizio (del 08/12/2010 @ 09:05:53, in Italia, visitato 1269 volte)

CorriereFiorentino.it

L'indicazione più efficiente per individuare Quaracchi non è tanto il navigatore satellitare, quanto gli aerei che, decollando da Peretola, vi passano sopra. Poi ci si imbatte nell'ultima frontiera della disperazione, il campo dei nomadi e dei senzatetto accanto alla ferrovia

Quaracchi è uno dei borghi, forse il più piccolo, in cui si suddivide la periferia di Firenze tra Peretola e via Pistoiese. All'assemblea dei Cento luoghi, pur in concomitanza con quelle di Brozzi e Peretola-Petriolo, a discutere si sono presentate ben 160 persone. Viene da domandarsi dove siano, di giorno, perché si notano soprattutto i campi incolti e spelacchiati, le strade fangose e il loro complicato intreccio. L'indicazione più efficiente per individuare Quaracchi non è tanto il navigatore satellitare, quanto gli aerei che, decollando da Peretola, vi passano proprio sopra. Seguendo questo tracciante, ci si imbatte nell'ultima frontiera della disperazione, il campo dei nomadi e dei senzatetto in via di San Pietro, accanto alla ferrovia. Persino al confronto dell'Olmatello e di altri insediamenti del genere, il campo di Quaracchi supera gli ultimi confini dell'igiene e della vivibilità. Non c'è corrente, non c'è illuminazione, non c'è niente, se non fango e informi baracche.

Più o meno, ci vivono 100 persone, tutte etichettate, dalla popolazione circostante come “rom”. Tra di loro, vi è Stefano (così ha italianizzato il suo nome), che ogni pomeriggio, verso le 16, parte a piedi da lì per andare a prendere la figlia, che fa la seconda elementare. Un quarto d'ora a piedi. A detta dei ragazzi del campo di Quaracchi, vanno tutti a scuola alla Manzoni, che è a Novoli, in realtà, e la indicano appena dall'altra parte della strada. C'è però da credere ai più adulti, quando raccontano di essere in Italia chi da 5, chi da 10 anni e di aver lavorato a lungo in nero, per lo più come muratori, operatori di gru e gommisti. Difficile che il “rom” racconti con precisione come sia finito a Quaracchi: “finito” viene interpretato come “disperato”, “giunto alla fine”. Come siete finiti a Quaracchi? «Ora stiamo male, non c'è caldo nelle baracche». E fuori dal campo? «Non c'è lavoro». Siete qua perché nomadi? «Siamo qua perché poveri». Vi accusano di rubare, lo sapete? «Noi qua, tutti bravi».

Una versione che non convince gli abitanti della zona di via Pistoiese, anche se i toni sono tutt'altro che esasperati. «Sicuramente alcuni di loro si arrangiano in maniera poco trasparente», commenta una mamma, mentre va a prendere la figlia all'uscita da scuola. Questi discorsi scivolano sulle spalle di Stefano, mentre tiene per mano sua figlia. Appena la piccola si sgancia dal padre, si mette a correre in cerchio, assieme a un bimbo cinese, un marocchino e un italiano. La scuola elementare è l'epicentro delle micro realtà che ruotano intorno a via Pistoiese e via Pratese. Che si venga da Brozzi, da Le Piagge o da Quaracchi non conta più. «Si figuri se conta la provenienza dall'Asia o dai Balcani», aggiunge una maestra, mentre la sua collega, della 2A, parlotta con Stefano. «Nella mia classe abbiamo due cinesi, due marocchini, due rumeni e la piccola, che è, se non sbaglio, la prima rom di questa scuola». Di fronte alla scena, davvero triste, del padre e della figlia che se ne tornano al campo fangoso, vengono giù molte barriere, ma resta il problema di quel centinaio di persone.

Con la testardaggine di alcuni operatori sociali, come Marcello Zuinisi, qualcosa di buono si intravede all'orizzonte. L'idea, paventata nove mesi fa, quando all'ordine del giorno era lo sgombero dell'ex Osmatex, di far lavorare in Liguria gli uomini che sono ora a Quaracchi, sta prendendo realtà. La conferma arriva da Ulderico Fusani, dirigente della Provincia di La Spezia, nel settore delle Politiche Economiche, Sociali e del Lavoro: «E' più che un'idea da vagliare, siamo a un punto successivo. Ci stiamo lavorando, e l'ipotesi di dare questa alternativa a questa gente, potrebbe, sottolineo il potrebbe, realizzarsi davvero». Agli accampati di Quaracchi, dunque, si profilerebbe la possibilità di intervenire, in un progetto di inclusione sociale, allo studio anche degli enti locali toscani, sulle spiagge e le foreste colpite dal maltempo. Dal dragaggio dei fiumi alla pulizia delle spiagge, sarebbe l'occasione per dimostrare quanto davvero queste persone hanno il desiderio e la convinzione di riscattarsi.

Marco Bazzichi
06 dicembre 2010

 
Di Fabrizio (del 10/12/2010 @ 09:32:32, in Italia, visitato 1472 volte)

Segnalazione di Alessandro Morazzini

RomaToday di Redazione - 22/11/2010

Dure e preoccupate le parole degli abitanti del "villaggio attrezzato" di Via Di Salone. Mancanza di spazi, paure e timori per i bambini. Convivenze difficili, criminalità e invivibili situazioni igienico-sanitarie

Gran parte della ricerca del dossier/ricerca "Esclusi e ammassati", condotto dall'associazione "21Luglio", riguardo l'attuale grave situazione nella riversa il "villaggio attrezzato" per rom di Via di Salone, si è basato anche sulle numerose interviste rilasciate dagli stessi abitanti del campo.

La parola d'ordine è "invivibile". Questo è quello che sicuramente è emerso da tutte le dichiarazioni raccolte. La situazione è stata spesso definita "disastrosa da tutti i punti di vista": sovraffollamento, assenza di norme di sicurezza, il dilagare di malattie "da ghetto", criminalità, droga, alcool e prostituzione.

I pericoli più preoccupanti, sono quelli che riguardano i bambini, per i quali i genitori fanno davvero fatica a intravvedere un futuro dignitoso: "Io voglio una vita diversa per i miei figli, senza rubare e senza chiedere l'elemosina. Io sono venuta in questo campo per loro, perché era il più vicino alla loro scuola". Le lamentele e le denunce degli "ospiti" del campo, sono pesanti e numerose e c'è addirittura chi paragona questa situazione ai campi di concentramento: "Qui è come un campo di concentramento, non c'è il tatuaggio, ma c'è il tesserino per entrare e per uscire. Io mi chiedo se questo campo è a norma. La legge permette di fare stare in questo modo tutta questa gente in uno spazio del genere? Bisogna fare queste cose secondo la legge. Io dico di aiutarci ad avere documenti regolari, e quindi un lavoro e la scuola per i bambini, poi per la casa ci penso io, la voglio poter pagare io".

Grandi disagi provocano anche le continue rotture delle fogne e le dimensioni estremamente esigue delle case-container: "Questa casa non è fatta per essere abitata per tanto tempo. I container sono troppo piccoli, non c'è lo spazio vitale". "Nel container non c'è spazio per tutti. È come abitare sempre fuori. Poi sono caldi in estate e freddi in inverno. I miei figli non stanno mai a casa: o vengono in giro con me oppure a scuola, a casa non c'è spazio per giocare e studiare". "Non c'è spazio dentro al container. Con 10 bambini qui come faccio?".

"Qui c'è un problema con le fogne. Si bloccano e qui si sente sempre puzza. Sono sempre rotte. Non si può stare così!" "Si otturano e non possiamo stare vicino e poi così possono portare anche le malattie! Noi dobbiamo ogni volta sbloccare le fogne che si otturano".

Le parole degli abitanti del campo di via Di Salone, sono le parole di persone deluse, arrabbiate, stanche. Stanche di una situazione che sta mettendo a dura prova anche la pazienza di chi abita questa zona. La presenza infatti, di comunità ed etnie diverse, ha portato gravi problemi di convivenza. Risse, liti, criminalità: "Aumentano sempre di più le persone e diminuisce lo spazio. Siamo come in un lager, tutti appiccicati e quindi si litiga di più. Qui dentro ci sono tante razze: montenegrini, bosniaci, rumeni; tutte le razze. Questo è un problema perché non siamo mai andati d'accordo con loro. Non siamo cresciuti con loro, non li conosciamo, non conosciamo il loro carattere. Poi si picchiano, fanno di tutto". "Al campo c'è troppa musica, sempre e troppo alta. Le persone litigano sempre e fanno risse violente. È pericoloso e mio figlio che sta male non può vedere quelle scene, piange e urla."

Hanno paura gli abitanti del campo di via Di Salone. Non ce la fanno più a vivere così. Vorrebbero essere aiutati, ma soprattutto, vorrebbero poter avere i documenti in regola, ottenere la cittadinanza e poter avere una casa in cui crescere i propri figli. Lavorare, avere i soldi per pagarla e potersene quindi andare da qui.

 

Intervista ad Elisabetta Sardi – Ass. L.h.a.s.a.
A cura dell'Ambasciata dei Diritti/Falconara

L'Ambasciata dei Diritti - Falconara realizza un'intervista ad Elisabetta Sardi, volontaria dell'ass. L.H.A.S.A. (associazione che si occupa della questione Rom), che partecipa, insieme a molte altre, al coordinamento di associazione cittadine "Falconara in rete", sorto lo scorso anno per contrastare le politiche securitarie ed intolleranti messe in atto dall'Amministrazione Brandoni (PdL – UdC) nei confronti di varie questione legate ai disagi sociali e della marginalità.

Elisabetta, cerchiamo insieme di delineare un quadro sull'attuale situazione cittadina. A partire dalla questione di cui ti occupi.

Proviamo a gettare le prime linee di questo discorso e comprendere che, quando si parla di campo nomadi a Falconara Marittima, si parla di un luogo peculiare e dalle caratteristiche che lo differenziano dalla "tipica" struttura stigmatizzata dai mass-media. Ora che il dibattito sulle popolazioni nomadi si fa più intenso e dopo le azioni spettacolari del sindaco di Roma Alemanno, le politiche spietate della Francia condannate dall'Unione Europea stanno mettendo in pratica deportazioni e sgomberi etnici. Partendo da questo quadro, chi abita il "campo Rom" a Falconara? Parlaci della storia del campo.

Il campo nomadi di Falconara nasce nel 1999 come luogo di transito/sosta dei Rom già residenti in città in quanto figli di Rom già stanziali da alcuni anni, che avendo famiglie numerose non hanno avuto la possibilità di acquistare case per i propri figli. Non avendo, questi ultimi, altre possibilità giravano per la città con roulotte o caravan e si stanziavano allo stadio, nei pressi dell'aeroporto, a Fiumesino ed, infine, vicino alla piscina comunale (zona industriale). Su pressione dell'associazione L.H.A.S.A. e del portavoce delle famiglie Rom (negli anni 1997/98) è stato richiesto all'allora Sindaco di approntare un'area per migliorare le condizioni di vita di queste giovani coppie, anche con figli, che erano già cittadini di Falconara. I Rom falconaresi hanno fatto il loro ingresso nella nuova area nel settembre del 1999, ma la loro presenza era già radicata nel tessuto urbano della città poiché erano tutti già residenti presso le abitazioni dei loro genitori.

A questo punto le giovani coppie si stanziarono nel campo, ottennero alcuni dei prefabbricati, altre delle roulotte, il tutto con un contratto di locazione stipulato con il Comune (3 prefabbricati e tre roulotte per un totale di sei famiglie). Le famiglie nel corso degli anni si sono succedute, senza mai superare la soglia di 6/7 nuclei familiari composti da marito, moglie e due, massimo tre figli per coppia. Tutte le coppie, anche quelle che nel corso degli anni si sono succedute, erano Rom già residenti in città. Nel corso degli anni alcune famiglie hanno avuto la possibilità di acquistare una casa, altre hanno avuto case d'emergenza abitativa comunali o ERAP (Ente Regionale per l'Abitazione Pubblica della Provincia di Ancona) ed hanno lasciato il campo ed il posto ad altre giovani coppie cittadine. Tuttavia i Rom si sono adattati, loro malgrado. Diverse coppie hanno trovato altre soluzioni individualmente, altre hanno lottato per avere una casa d'emergenza, altre hanno aspettato per anni l'assegnazione di una casa ERAP. Nel frattempo i loro figli sono cresciuti ed hanno frequentato le scuole cittadine.

Le Amministrazioni comunali non si sono mai occupate molto del campo, che nel corso degli anni è stato abbandonato al degrado, con i relativi problemi d'igiene e sanità. A oggi nel campo vi sono tre nuclei familiari, ma le coppie non sono più composte di soli Rom, sono coppie miste (lei Rom e lui no e viceversa). Una di queste ha figli e nel campo non avrebbe mai abitato, ma la loro casa, prefabbricata e di loro proprietà, posta su un terreno sottostante un ponte in zona Stadio (periferia) con il consenso del Comune, fu abbattuta all'alba del 24 novembre 2009, senza preavviso. Questa famiglia si è trovata senza tetto dal mattino alla sera con due figli, uno di due anni e uno di pochi mesi. Hanno trovato riparo nel campo in un prefabbricato assegnato ad una parente che l'aveva liberato dopo aver acquistato una casa.

Per via dei bambini molto piccoli la famiglia ha fatto richiesta di nuova residenza dentro il campo, ma è stata loro negata. Subito dopo sono cominciate le minacce d'immediato sgombero del campo. Dopo gli sgomberi forzati dei Rom rumeni in Francia, i giornali locali hanno scritto articoli su un'immediata chiusura del campo Rom di Falconara, apparsi due o tre giorni di seguito e con titoli accattivanti, dove si paragonava il Sindaco Brandoni (PdL) a Sarkozy (!). I cittadini falconaresi hanno immediatamente associato i loro concittadini Rom ai Rom di provenienza rumena. In realtà, ripeto, nell'area vivono solo cittadini di Falconara e, al cinquanta per cento, non di etnia rom, per un totale di tre coppie ed una sola con figli (due).

Considerati, alla luce di questa fotografia generale della storia del campo, gli sviluppi personali e collettivi di chi vi ha abitato e di chi vi abita, pare di comprendere che le vicende europee abbiano in qualche modo influenzato, o per lo meno accelerato, ciò che era in programma da anni nell'ente locale. Le politiche comunali hanno sempre voluto rispondere ad un'opinione pubblica che, condizionata dalla rappresentazione mediatica dell'etnia Rom, ha sempre chiesto l'esclusione – o peggio, la cacciata – dal "proprio territorio" dei nomadi.

Tuttavia, nella realtà che emerge dalle tue parole, il problema sembra essere un altro, perché comprende non solo i cittadini Rom, ma anche i non-Rom, che pur non appartenendo a quell'etnia, da "autoctoni", s'imbattono nella questione "campo" e in definitiva nella più generale questione abitativa.

Emblematica in questo senso è la demolizione del prefabbricato di via Stadio: sbandierata dalla stessa amministrazione comunale come una realizzazione degli obiettivi definiti nel programma elettorale, include in sé una serie di problematiche che andrebbero analizzate partendo, più che da un presupposto etnico, da una volontà diffusa di emarginare i più deboli. A tuo avviso è corretta una simile interpretazione?


Sì, e no. Mi spiego.

In questo caso, è vero, l'etnia non è il problema, se così fosse sarebbe comunque grave.

Il problema è che i nostri politici vogliono rispondere, copiosamente, all'opinione pubblica che chiede "la cacciata dal proprio territorio" dei "nomadi", di coloro che tutti chiamano zingari.

I nostri amministratori non hanno le idee chiare su chi siano i Rom, non sanno a quale gruppo etnico appartengono ed identificano con la parola "zingaro" tutto quello che ci può essere di negativo e becero nella loro rappresentazione superficiale della realtà. Il problema è generale, l'opinione pubblica identifica con la parola "zingaro", o Rom, un essere pericoloso e da evitare.

I nostri attuali amministratori hanno fatto tutta la campagna elettorale parlando di sicurezza e di come questa sia messa in pericolo da extracomunitari e Rom. Tra le altre cose hanno promesso di cacciare i Rom dal territorio, chiudendo il "campo degli zingari" (come se tutti i Rom di Falconara vivessero in tal luogo e clandestinamente: per giunta, loro sono falconaresi, residenti da anni e molti vivono in abitazioni private). È dall'inizio dell'Amministrazione Brandoni (PdL) che promettono, da un mese all'altro, di chiudere l'area di transito/sosta, ma la cosa ha presentato ostacoli complessi quali, appunto, la residenza a Falconara degli stessi abitanti, la mancanza di altre soluzioni abitative, le pressioni delle associazioni; insomma, per una serie di circostanze non gli è stato facile attuare una chiusura dell'area in tempi brevi.

Allora, dovendo dare un "contentino" agli elettori, è capitata a tiro la casetta prefabbricata della famiglia che ho citato. Questa "casa", ubicata sotto un ponte (in via dello Stadio, zona industriale), aveva, ripeto, un numero civico ed un permesso temporaneo del Comune per stare in quel luogo. Nessuno ha mai chiesto al proprietario del prefabbricato di trasferirsi dal terreno.

Una mattina sono arrivati, presto, con le ruspe ed hanno dato per scontato che non fosse abitata. Nel frattempo sono arrivati i proprietari ed i parenti che non hanno potuto visionare alcuna ordinanza di sgombero o abbattimento, lo stabile è stato abbattuto, i loro beni personali portati in un luogo sconosciuto e comunicato solo in seguito alle richieste di un Consigliere comunale d'opposizione.

Il nostro malcapitato non è Rom, il suo prefabbricato non era un accampamento, ma è servito ugualmente per farne due manifesti enormi, ai due ingressi cittadini, Nord e Sud, riproducenti le foto dello "sgombero" e la seguente dicitura: «Una città civile difende il proprio decoro. Le regole sono regole per tutti». I manifesti recavano la seguente firma nell'angolo di destra: "Coordinamento Comunale di Falconara M.ma". In un grande tondo: "Il Popolo della Libertà BRANDONI SINDACO". Per quel Natale (i manifesti sono stati affissi verso la fine di novembre e per circa 15 giorni) il Sindaco ha regalato ai suoi elettori una cornucopia grondante sicurezza.

Detto ciò, però, non attribuirei ai nostri amministratori un compiuto disegno di emarginazione e neutralizzazione dei più deboli, come in un disegno "politico"; sarebbe un piano quasi intelligente, se pur diabolico.

Come interpeti allora una gestione così intollerante e violenta di un problema, che come ci hai fatto capire, non ha rilevanza sociale (e che più che altro è un disagio sociale del quale la famiglia in questione è vittima, non artefice)?

La questione è più semplice di quanto sembri: loro dicono «dobbiamo accontentare il "volgo" che ci ha votati e, in mancanza di una vera comunità di zingari contro cui accanirsi, come a Roma o Milano, facciamo finta di aver un problema anche noi e di affrontarlo con il "braccio di ferro"». Non hanno proprio la fantasia per fare un progetto politico, nemmeno di annientamento. Per annientare qualcuno bisogna conoscerlo, ma loro non conoscono, non sanno. Sono ignoranti!

Progetto semplice o complesso, nei confronti di tutto quello che sta accadendo a Falconara, ora come ora possiamo per lo meno dire che le stanno sperimentando tutte. Da ultimo, la proposta del coordinatore cittadino PdL Astolfi, che vorrebbe «recinzioni elettrificate e militari pronti a sparare a vista» come condicio sine qua non all'eventuale futura installazione di un C.I.E nel territorio comunale. Nonostante non conoscano, i comportamenti e le azioni di questo "centro-destra" falconarese si concretizza sempre in metodi violenti e repressivi, che siano migranti, Rom o "falconaresi".

La rappresentazione mediatica della realtà che riesce ad ottenere attraverso l'ideologia securitaria nazionale, un piccolo Comune la utilizza – per governare, a prescindere dalla grandezza del fenomeno sottostante. Possiamo dire che, se di eliminazione non si può parlare, siamo allora di fronte ad uno sfruttamento della miseria per garantirsi potere?

Certo. Vogliono accontentare quella parte di elettorato che li vuole così: aggressivi, violenti. Sono i rappresentanti, degni, di chi è razzista. Usiamola pure questa parola: razzismo. Diciamo che la ragione, la cultura dovrebbe mitigare questo sentimento irragionevole, tribale. Tuttavia oggi abbiamo una classe politica, a Falconara, in Italia, in Europa che soffia sulla brace calda del razzismo. Così risulta che se c'è "la crisi" è colpa dello straniero che porta via il lavoro o che lavora sottopagato, talvolta ridotto in schiavitù.

Risulta una buona soluzione mandare via gli stranieri o impedire il loro ingresso in Italia, piuttosto che stabilire nuove regole di lavoro e, soprattutto crearne. Le case popolari sono poche (in Italia non si fa più edilizia popolare come negli anni passati, a Falconara meno che mai) e coloro che hanno bisogno di una casa si arrabbiano con gli stranieri che, a loro dire hanno sempre la precedenza e così succede con i contributi sociali.

Ecco allora che viene fuori la questione inaudita dei "Falconaresi doc". E' la solita politica "populista" che fomenta gli scontri, piuttosto che costruire una società solidale. Il nostro Governo umilia i più deboli, li rende minuscoli e appare sempre più forte e più grande. L'informazione, spesso, è faziosa: ingigantisce alcune realtà, sminuendone altre. Resta difficile, per molti, farsi un'opinione libera, non indotta dai mezzi di comunicazione. Tutto questo giova alla nostra attuale classe politica.

Dobbiamo stare attenti agli indottrinamenti, alle trappole che ci tolgono la libertà di pensare. Dobbiamo avere il coraggio di pensare e farlo in grande. Nel "nostro" sogno di un altro mondo possibile, non c'è posto per ruspe, "recinzioni elettrificate" e "militari che sparano a vista".

[martedì 7 dicembre 2010]

 

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