Di Fabrizio (del 01/05/2010 @ 08:59:17, in Italia, visitato 2174 volte)
Siamo felici di invitarvi all’inaugurazione della mostra-esposizione
"Via Rubattino n. zero"
vite in sospeso: cronache da uno sgombero nella città di Milano
Inaugurazione 10 Maggio alle ore 15,30 con la performance teatrale di
Compagnia Brincadera
presso l’Università degli studi di Milano Bicocca, Edificio U6 piano –1.
Realizzata dalla Cattedra di Pedagogia interculturale del Professore
Raffaele Mantegazza, con il patrocinio del Dipartimento di Scienze umane per la
formazione.
La mostra racconta l’esperienza di un gruppo di rom romeni prima e dopo lo
sgombero del 19 Novembre 2009, avvenuto nell’insediamento di Via Rubattino.
E’ un omaggio a tutte le famiglie rom, gli insegnanti, gli operatori sociali, i
compagni di classe, i genitori e tutti i cittadini che hanno saputo costruire
relazioni positive.
La mostra vuole essere un’occasione per pensare la città, le sue contraddizioni
e possibilità, le politiche in essa attuate rispetto alla questione rom.
Vi saremmo inoltre grati se poteste diffondere l’iniziativa.
Miguel Mora nel corso di un incontro alla Casa della Pace di Roma
sull'informazione, riporta all'attenzione il caso Angelica, ragazza rom di
Ponticelli (NA) accusata di aver rapito una bambina. Dopo il rapimento, poi
rivelatosi falso e presunto orchestrato dal clan Sarno, i campi rom vengono
svuotati e gestiti di fatto dai clan locali. Inchiesta completa su
napoli.blogolandia.it
Questa mattina a Metropoliz, lo spazio meticcio di via Prestina, in seguito
alla segnalazione di alcuni operai dell’Acea che denunciavano un furto di
corrente elettrica da parte degli abitanti, sono arrivate 7 volanti dei
carabinieri.
I militari sono entrati nella parte dello stabile abitata dalla comunità di
Rom rumeni e, dopo aver identificato tutti gli uomini presenti, hanno proceduto
alla perquisizione degli alloggi.
Nonostante l’operazione si sia risolta in un niente di fatto, tra minacce e
esibizioni di armi 7 uomini sono stati fermati e fotosegnalati al comando
dei carabinieri del Torrino, prima di essere tratti in stato di arresto per
furto di corrente elettrica e condotti presso il carcere di Regina Coeli.
Alle donne e ai bambini che in lacrime e spaventati tentavano di impedire che
venissero portati via i loro uomini non sono state date spiegazioni. Si è
inoltre rivelato vano il tentativo di appellarsi alle istituzioni, la Prefettura
in primo luogo, per chiedere la tutela dei diritti di queste cittadine e
cittadini.
Denunciamo il comportamento delle forze dell'ordine che hanno costretto i
bambini ad assistere a scene di violenza totalmente immotivata, dall’estrazione
di armi da fuoco all’irruzione nelle proprie abitazioni, con palese violazione
dei diritti dell'infanzia riconosciuti da convenzioni internazionali che
l'Italia ha ratificato da quasi vent'anni.
Ci opponiamo, inoltre, a questa concezione della legalità a senso unico, per
cui si procede impeccabilmente a difendere diritti di aziende e privati mentre
si continuano a violare i diritti sanciti dalla Costituzione italiana, in primo
luogo quello alla casa e alla salute, in una città messa in ginocchio
dall'emergenza abitativa.
Denunciamo, infine, il pesante clima di razzismo istituzionale e la continua
persecuzione perpetrata a danno di cittadini appartenenti, peraltro, all’Unione
Europea: il provvedimento di arresto risulta infatti ingiustificato perché, per
prassi, analoghe vicende si risolvono con una denuncia a piede libero.
Di Fabrizio (del 07/05/2010 @ 09:00:11, in Italia, visitato 1586 volte)
Segnalazione di Franco Marchi ed Eleonora Casula
La Repubblica.it IL CASO Polemica per il modulo da compilare sulla Roma
Tiburtina-Avezzano. I ferrovieri scrivono alla Carfagna Ma Trenitalia dichiara:
quella carta mai usata di ELEONORA CAPELLI
ROMA - Segnalare e contare "eventuali passeggeri di etnia rom" che salgono e
scendono dal treno alla fermata di Salone, tra Roma Tiburtina e Avezzano. La
"selezione" è affidata a controllori e capotreni alle prese con un modulo
prestampato di Trenitalia, secondo l'azienda però mai in pratica utilizzato, che
non menziona passeggeri senza biglietto o molesti, ma semplicemente gli
appartenenti all'etnia rom.
Un asterisco tra voci burocratiche, proprio sopra la casella "annotazioni", che
ha scatenato la denuncia dei ferrovieri del sindacato autonomo Fast Ferrovie,
che conta 3mila iscritti soprattutto tra i macchinisti. Con un piccolo giallo:
Ferrovie dello Stato sostiene che il modulo non è mai stato impiegato, ma
evidentemente ha circolato abbastanza per provocare la reazione di capotreni e
addetti, scandalizzati dalla prospettiva di dover compilare quelle caselle.
Con una lettera indirizzata al ministro per le Pari Opportunità Mara Carfagna
chiedono di correggere il modulo "dall'evidente intento discriminatorio". "La
richiesta ai capotreni di indicare viaggiatori di etnia rom, meramente in quanto
tali e senza alcun'altra motivazione, non può avere altra lettura che la
discriminazione - scrive al ministro il segretario di Fast, Piero Serbassi - Noi
crediamo che tutto ciò non possa essere tollerato. Per questo siamo a chiederle
un intervento". Intervento che però, secondo Ferrovie dello Stato non è
necessario, perché il modulo non è stato poi "attivato". "E comunque tutto
quello che facciamo è per la sicurezza dei viaggiatori - spiegano dall'azienda -
la fermata di Salone è nei pressi di un enorme campo nomadi, è stata chiusa nel
2002 per ragioni di sicurezza e riaperta solo dal primo aprile. La questione è
molto seria, in passato ci sono state minacce ai viaggiatori, nessuno voleva più
prendere il treno in quella stazione. La riapertura è stata concessa solo a
patto di controlli molto rigidi sulla sicurezza, con tanto di telecamere. La
questione di quell'area è nota a tutte le amministrazioni".
Gli addetti si pongono però anche problemi pratici. "Come fa il personale a
stabilire che il cliente in questione sia inequivocabilmente di etnia rom? -
chiede Serbassi nella lettera - il viaggiatore di etnia rom va segnalato anche
se regolarmente in possesso di biglietto?". La questione finisce su un blog di
ferrovieri che citano Bertolt Brecht: "Vennero a prendere gli zingari, e fui
contento perché rubacchiavano. Quando presero me non c'era rimasto nessuno a
protestare".
Tavola Rotonda Il campo di via Idro, una storia su cui riflettere I Rom Harvati del campo di via Idro vi risiedono stabilmente da 20 anni e da 50
sono presenti nella nostra zona. Un periodo lungo che non può essere
classificato con la retorica parola d’ordine di EMERGENZA NOMADI. Una presenza a
volte tollerata, altre volte contestata, spesso rimossa. Vogliamo perciò
invitarvi ad una riflessione comune su questa esperienza, sulle politiche e gli
interventi che si sono susseguiti, sui risultati ottenuti e su quelli
mancati.
Programma 09.00 Presentazione dei lavori e degli invitati
09.30 Intermezzo musicale della Banda del Villaggio Solidale
10.00 Tavola rotonda Intervengono: • Rappresentanti del campo di via Idro
• Licia Brunello (l’intervento scolastico)
• Roberto Nerani (la cooperativa LACI BUTI 2)
• Pierluigi Bulgheroni (il ruolo del Consiglio di Zona)
• Maurizio Pagani (la convenzione con OPERA NOMADI)
• Don Massimo Mapelli (gli anni della CASA DELLA CARITA’)
11.00 Intervallo
11.30 Scambio di opinioni ed esperienze
Sarà esposta una mostra fotografica a cura della Casa della Carità
Organizzano COMITATO VIVERE IN ZONA 2 – TERRE OSPITALI evento inserito nel programma della festa
via Padova è meglio di
Milano
Di Sucar Drom (del 09/05/2010 @ 09:43:35, in Italia, visitato 1540 volte)
in data Venerdì 14 Maggio, dalle ore 20:30 alle ore 22:00 nell’Aula rossa
dell’Istituto “LORENZO GIGLI” di Rovato (BS) siete invitati a partecipare alla
proiezione di un lungometraggio realizzato in seno alla scuola da parte degli
studenti, intitolato LE MEMORIE DELLA VECCHIA GĂGẾ
Progetto DASMI YA VAST
TRAMA
Tia è uno zingaro di etnia rom, che vive in un campo nomadi facendo il
giostraio. Frequenta saltuariamente la scuola, sebbene assuma l’incarico di un
compito molto complesso da svolgere: la Shoah, anche se lo fa più per compiacere
la ragazza della quale è innamorato, che per convinzione personale. Un giorno al
campo viene consegnata una lettera, che in realtà è destinata alla Vecchia gagé
che abita lì vicino. Incaricato dalla madre di recapitargliela, Tia inizia con
questa Vecchia (come egli affettuosamente la chiama) una frequentazione assidua
e quotidiana, che diventa amicizia e confidenza profonda. La Vecchia - ex
insegnante in pensione – lo aiuta nell’esecuzione del compito assegnato a scuola
ed egli la ripaga aiutandola nei lavori nei campi. Attraverso la lettura di un
fantomatico diario di testimonianze scritto da una ragazzina sopravvissuta alla
Shoah, Tia scopre che il proprio padre, un tempo internato nello Zigeunerlager e
vittima come molti altri della Porrajmos è in realtà proprio quel bambino del
quale quella strana Vecchia racconta dalle pagine bianche di quel quaderno che
custodisce con tanta cura. Quale segreto misterioso nasconde quella Vecchia?
Cosa sta cercando di comunicargli? E perché proprio a lui?
NON MANCATE!!!
Di Fabrizio (del 11/05/2010 @ 08:55:27, in Italia, visitato 1790 volte)
Una rondine, si diceva, non fa primavera. Ma ormai queste
rondini crescono, sono voci sempre più alte, e interroganti. L’amministrazione
comunale di Milano (e altri) tuttavia non sembra udirle. Oppure le avvelena,
come fa con l’aria l’acqua il suolo. E il clima sociale della città. La
primavera è incerta, esitante ancora, ma avanza. Ciao, Ernesto Rossi
Gent. Sig. Sindaco,
mi chiamo don Matteo Panzeri e sono un sacerdote che opera da otto anni a
Milano, zona San Siro.
Occupandomi di umanità, ho ritenuto da sempre di dovermi interessare anzitutto
di quanti sono prigionieri di varie forme di povertà.
Tra costoro, un numero molto elevato e complesso di persone, mi sono occupato
anche di Rom.
La domanda che vorrei porLe è la seguente:
il Suo vicesindaco da tempo sbandiera con soddisfazione il numero elevato di
sgomberi di insediamenti abusivi (circa 210) effettuati in due anni.
Tale affermazione, a mio avviso, è dimostrazione intrinseca di una politica
fallimentare.
Se infatti la strategia degli sgomberi avesse avuto successo, ad un certo punto
avrebbero dovuto smettere.
Inoltre se veramente, come pare, uno sgombero costa all'amministrazione circa
30.000 euro, ciò significherebbe più di sei milioni di euro spesi per un'azione
che di fatto non ha risolto il problema.
Come raccontano le iniziative di Mantova, Bologna e Venezia, politiche di più
seria ed incisiva integrazione non solo hanno permesso la dismissione dei campi
rom di quei comuni ma, a molto minor costo, hanno risolto la problematica al
punto che, come pare, non sono stati necessari ulteriori nuovi campi (a fronte
di alcun nuovo insediamento abusivo).
Non sono interessato a polemizzare: conosco la complessità della materia. Mi
chiedo solo se l'emergenza non si possa gestire in modo meno traumatico per le
persone coinvolte, meno dispendioso per l'amministrazione, meno riprovevole per
le organizzazioni internazionali e, tutto sommato, più intelligente.
Grazie per l'eventuale risposta.
Cordialmente, assicurando preghiere per Lei e i Suoi collaboratori,
Di Fabrizio (del 12/05/2010 @ 09:40:44, in Italia, visitato 1606 volte)
Ricevo da Roberto Malini
Pesaro, 7 maggio 2010. Basta cercare su google "Pesaro" e "Rom" per
rendersi conto di come sia difficile, per le famiglie Rom, sopravvivere
nella città di Rossini! E pensare che proprio il grande operista scrisse in
una lettera di trovare grande ispirazione osservando il modo di vivere
semplice e creativo degli "zingari"! Dopo tanti sgomberi senza alternative
di alloggio, dopo i lutti e i drammi umanitari causati dalle politiche
anti-Rom attuate dalle autorità pesaresi, che hanno destato preoccupazione
da parte dell'Alto Commissario Onu per i Diritti Umani e del Consiglio
d'Europa, dopo tanta intolleranza, un nuovo episodio mette in dubbio
persino i diritti basilari dell'infanzia. Elisabetta (nella foto con le
figlie) e il marito Zeljko sono Rom di origine iugoslava, fuggiti da una
condizione di povertà ed emarginazione nel loro Paese. Vivono da diversi
anni a Pesaro, dove l'uomo ha lavorato duramente, sconfiggendo con l'impegno
e l'onestà il clima di intolleranza e riuscendo a vivere dignitosamente in
una casa. Le loro due bambine sono nate nel capoluogo marchigiano. "Mio
marito, però, ha perso il lavoro," racconta fra le lacrime Elisabetta, "e
non è più riuscito a trovare un'occupazione. Così abbiamo perso tutto. Ci
hanno dato lo sfratto ed è venuto l'ufficiale giudiziario a intimarci di
lasciare la casa entro sette giorni. Il comune non ci aiuta e non sappiamo
come fare. In altri Paesi le famiglie con bambini vengono aiutate a superare
i momenti difficili, ma per noi non c'è niente. Se non ci dessero una mano
alcuni cittadini pesaresi, non avremmo neanche un po' di pane e latte con
cui sfamare le bambine". La famiglia è disperata. Si è data da fare in ogni
modo per superare il drammatico frangente. "Siamo disposti a lavorare per
metà della paga che darebbero a un italiano," continua Elisabetta, "ma
nessuno ci dà un'opportunità. Se il comune ci aiutasse solo per un po',
finché mio marito non trova un altro lavoro, saremmo grati al sindaco per
tutta la vita. Invece niente. Abbiamo anche provato a chiedere l'elemosina,
perché con due bambine non importa neanche la nostra dignità. Ma non c'è più
speranza". La famiglia ha deciso, così, di tornare a Belgrado, da dove fuggì
anni fa. Preferisce affrontare un futuro incerto piuttosto che trovarsi in
mezzo alla strada, esposta alle politiche anti-Rom, come tante sfortunate
famiglie e ad aggressioni da parte di razzisti, sempre più frequenti nel
nostro Paese. Il Gruppo EveryOne è vicino alla famiglia e avvia oggi una
raccolta fondi urgente per consentire ai genitori e alle due bambine di
rinnovare i documenti e tornare a Belgrado. "Chiunque voglia aiutare la
famiglia a tornare in Iugoslavia ci contatti," concludono gli attivisti,
"all'indirizzo email
info@everyonegroup.com o al telefono 331 3585406. Forniremo ai donatori
nome e cognome di uno dei genitori, cui è possibile inviare l'offerta con
Western Union o MoneyGram".
Alcuni bambini sono perseguitati (coi soldi pubblici) perché esistono
Amiamo i bambini. Glorifichiamo l'infanzia. È una delle poche cose per cui
siamo orgogliosi del nostro tempo. Ma è un orgoglio che placa e ci acceca,
facendoci distogliere gli occhi. Ciao, come stai? Bene! Quanti anni hai.
Dieci. Ti piace la scuola? Sì, però mi piace di più la maestra, i compagni,
scrivere e matematica. Da grande voglio fare la maestra. Sai leggere? Anche
in corsivo. Ma quando sono andata a scuola non sapevo niente di italiano,
adesso ho anche amici italiani, delle volte vado a casa loro a giocare.
Della Romania non mi ricordo tanto. Sei contenta di essere in Italia? Sì,
perché mi date la scuola. Tipiace la tv? Sì, però non ce l'ho. Se avevo una
casa guardavo, però non ho. La baracca di questa bambina è stata rasa al
suolo dalla polizia all'alba del 19 dicembre 2009, vigilia della Giornata
mondiale dei diritti dell'infanzia. Da allora ha dormito in dodici posti
diversi, ma ogni volta è stata sgomberata. Oggi vive in una fabbrica
abbandonata senza muri, senza soffitto, il pavimento pieno di erbacce e
vetri rotti. Nel campo dove viveva, intorno alle ruspe, scorrazzano decine
di ratti quasi domestici, ormai abituati all'uomo perché la Nettezza urbana,
per non riconoscere gli abitanti, non è mai arrivata. Per un po' non ha
potuto andare a scuola, poi - grazie alla famiglia, ai volontari della
Comunità di Sant'Egidio (santegidio.rubattino@gmail.com) e alle maestre - è
tornata. A Milano città i minori in campi abusivi sono circa 300. In quante
scuole sei stata negli ultimi mesi? Due. Perché? Perché hanno sgomberato.
Adesso dove dormi? In una tenda che ci ha regalato la maestra. Com'è? È
grande? È verde. Un pochino piccola e un pochino grande. Hai dei giocattoli
dentro? No. Mi spieghi com'è uno sgombero? Arriva la polizia nella notte o
nella mattina presto, prendono le baracche e ci distruggono le cose, e poi
non ci abbiamo dove dormire. Per questo di notte ho sempre paura. Mi hanno
portato via anche la mia maglietta della Carica dei 101. Sono gentili i
poliziotti? No, lo dicono male che noi andiamo via, urlano le parolacce e
hanno i cani che abbaiano e mi fanno paura. Tu sai perché succede questo?
Perché non vogliono lasciare questi romeni a vivere qua. Mi racconti una
cosa bella? La vacanza in montagna con i bambini stranieri e italiani.
Abbiamo giocato e fatto i compiti. Siamo andati a trovare gli anziani.
Potevo fare la doccia tutti i giorni, avevo il mio letto e non mi portavano
via le mie cose. Abbiamo anche cantato: "Alla scuola della pace puoi ballare
e puoi cantare. Vuum! Puoi venire se vuoi". Hai avuto avuto freddo questo
inverno? Molto, è male questa vita. Era il 1937, Nathaniel Simmons, uno
degli ideologi del Ku Klux Klan, scriveva: "Niente è più pericoloso che fare
male a un bambino. Perché quel male sarà rilasciato, moltiplicato, ogni
giorno della sua vita. Il loro male di oggi è il nostro male futuro. Per
stare tranquilli, l'unica è ucciderli". Oggi, a Milano, capitale morale
d'Italia (ma altrove è lo stesso), ci sono bambini che vengono perseguitati
perché esistono. Legalmente e con soldi pubblici, ed è ancora più grave. Dal
1 gennaio 2010 a Milano sono avvenuti 68 sgomberi, con punte di quattro al
giorno. Alle associazioni che chiedevano di fermarsi almeno in inverno, il
sindaco Letizia Moratti ha risposto: "La legalità non conosce stagioni".
Qualche tempo dopo un suo consigliere è stato arrestato per corruzione. Il
13 marzo un altro bambino, Emil, è morto bruciato nell'incendio della sua
baracca. Il giorno dopo avrebbe compiuto 13 anni. Per fortuna è arrivata la
primavera.
La Cgil in piazza. I nomadi: «Sembra di tornare ai tempi del nazismo, dove
facevano lo stesso con gli ebrei»
ROMA - «No al fotosegnalamento dei
rom! Sull'integrazione ci metto la faccia». È questo lo slogan dell'iniziativa
targata Cgil di Roma e Lazio, andata in scena giovedì mattina in segno di
protesta contro l'iniziativa del Comune di Roma, prevista nel Piano nomadi, di
schedatura e fotosegnalamento di tutti i rom residenti nei campi della Capitale.
I rappresentanti del sindacato hanno montato un piccolo gazebo a piazza Santi
Apostoli, «fotosegnalando» loro stessi e qualche passante incuriosito o
sensibile alla questione. «Questo è un fatto incivile e razzista, la Federazione
della Sinistra e i cittadini rom sono qui oggi per sostenere l'iniziativa della
Cgil», ha dichiarato Fabio Nobile, portavoce Fds, nel sottolineare che «anche
loro vanno perseguiti solo in caso di reati, come tutti i normali cittadini
italiani. Rischiamo un effetto devastante su un piano culturale già abbastanza
devastato di suo».
I ROM CHIEDONO INTEGRAZIONE - I
fotosegnalamenti, come ha spiegato Mirsad, portavoce della comunità bosniaca del
campo di via Candoni, vengono eseguiti più volte negli stessi accampamenti e
ripetuti sugli stessi soggetti: «Ma noi siamo già tutti in regola, abbiamo
lavoro e documenti- ha detto - Siamo terrorizzati da questo comportamento, non è
assolutamente giusto: o tutti, o nessuno». Dietro al Piano nomadi, secondo
Claudio Graziani, responsabile immigrazione di Arci Roma e Lazio, ci sarebbero
«meccanismi di carattere elettorale», perché si potrebbe «benissimo agire in
modo diverso, allentando la tensione con progetti di integrazione all'interno di
un vero e serio piano». Per Umica, che rappresenta 170 rom del campo di via
Cesare Lombroso, il «governo italiano si dovrebbe vergognare, lo fanno solo per
mettersi in bella mostra, per dire che ci tengono in pugno e ci controllano»,
sembra di «tornare ai tempi del nazismo, dove facevano lo stesso con gli ebrei».
I politici che governano Roma, conclude polemica Umica, «o non hanno una
coscienza, o prima di andare a dormire si sciacquano la bocca con l'acqua
santa». (Fonte Dire)
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