Richiediamo chiarezza. Di Rom si parla poco e male, anche quando il tema delle notizie non è "apertamente" razzista o pietista, le notizie sono piene di errori sui nomi e sulle località
Un vino Rom - Rosso di origine migrante - per sostenere progetti di
integrazione dei bimbi nomadi di Milano, sgomberati dal campo di via Rubattino
lo scorso settembre. L'idea di vendere bottiglie di Merlot e Sangiovese 2007 -
prodotte in una unica partita di poche migliaia di esemplari dalla cooperativa
Eughenia - è venuta alle mamme e alle maestre del quartiere Feltre e Lambrate a
Milano. In questo modo, grazie all'iniziative di mamme e maestre, si potrà
continuare a a sostenere l'integrazione delle famiglie rom che da due anni
mandano i loro bambini nelle scuole elementari della zona.
Sostenuto dalla Comunità di Sant'Egidio e Naga - si legge in una nota - il
progetto prevede borse di studio per i piccoli e l'inserimento lavorativo delle
famiglie che in Romania lavoravano la terra nelle cascine e nelle aziende
agricole situate nell'hinterland. I vini Rom sono in vendita unicamente allo
stand di InterGAS Milano di Fa' la cosa Giusta!, fiera nazionale del consumo
critico e degli stili di vita sostenibili, in programma alla Fiera di Milano dal
12 al 14 di marzo prossimi.
(10 marzo 2010)
Ricevo inoltre
Cari amici e conoscenti che state seguendo la vicenda dei bimbi rom di
Rubattino, della battaglia delle loro maestre e di noi tutti che li vogliamo
veder andare a scuola come e con i nostri bambini,ho il piacere di inviarvi, di
seguito sotto nella mail, le etichette del vino ROM, Rosso di Origine Migrante,
che venderemo alla fiera “Fa’ la cosa giusta”, 12-14 marzo, presso lo stand di
Intergas (che raggruppa tutti i Gruppi di Acquisto Solidale milanesi) per
finanziare borse di studio e di lavoro per loro e per i loro fratelli più
grandi, ma anche per i loro genitori.
Chi non potesse sostenere il progetto con l’acquisto diretto di questo vino lo
potrà presto fare sottoscrivendo quote per le borse studio e lavoro che stiamo
istituendo con la Comuità di Sant’Egidio.
Ma l’importantissimo sostegno che, come genitori e maestre delle scuole di
Lambrate, vi chiediamo è la segnalazione di possibilità di stage di lavoro, da
retribuirsi con le nostre borse, anche di breve periodo, presso cascine,
officine meccaniche, imprese edili ecc.; inoltre cerchiamo segnalazioni per case
in affitto, anche modeste o da ristrutturare, presso cascine, in aree
peri-urbane, che possano essere economicamente accessibili a queste famiglie.
Il progetto abitativo e quello lavorativo hanno come garanti, anche
finanziariamente, Segnavia- padri somaschi e la Comunità di S. Egidio, che
affiancano da anni le famiglie rom nel loro percorso di integrazione.
Molti capifamiglia hanno al momento già contratti di lavoro ed esperienze
lavorative precedenti. Ma precarietà dei loro lavori sommata alla loro estrema
indigenza ed alla loro persecuzione tramite gli sgomberi continui li tiene
oppressi e senza uscita dalla loro condizione.
Allego anche una significativa cronologia dell’esperienza di Rubattino scritta
da alcune maestre.
Alla vostra salute con un bel bicchiere di Rosso di Origine Migrante!
assunta vincenti
INTORNO A RUBATTINO: STORIA DI UN’INTEGRAZIONE POSSIBILE
Da quasi due anni le scuole elementari della zona Lambrate, a Milano, sono
coinvolte in un percorso di integrazione scolastica dei bambini rom. Intorno a
questa realtà si è costituita una rete fatta di volontari, cittadini,
associazioni del territorio, insegnanti, genitori, parrocchie, a sostegno di un
processo di integrazione che cerca di tenete conto di tanti aspetti della vita:
socialità, lavoro, casa, scuola anche per ragazzi e adulti, aiuto concreto nei
momenti più drammatici. Questo lavoro viene continuamente interrotto e reso
difficile dagli sgomberi, che però paradossalmente hanno rinsaldato le relazioni
tra le persone italiane e rom. Ora queste a queste famiglie vogliamo bene, le
stimiamo, soffriamo con loro per le ingiustizie subite.
Possiamo forse lasciarli soli?
Giugno 2008:
Le maestre vengono a sapere che dopo l’estate arriveranno 9 scolari rom.
“Ragazze, ricordiamoci di tenere stretta la borsetta!” è il commento di
qualcuna, iniziano contatti preoccupati tra alcuni genitori decisi a opporsi;
tutti gli altri tacciono e lasciano fare.
Settembre 2008
Preparandosi ad accoglierli, qualche maestra immagina bambini con comportamenti
problematici, poco abituati alle regole.
Arrivano invece bambini educatissimi, che tengono gli occhi bassi e non dicono
una parola, disciplinati, ubbidienti. All’inizio cercano sicurezza cercando di
fare gruppo tra di loro durante gli intervalli.
Capiamo che il lavoro non comincerà dai quaderni, ma dal restituire ai bambini
rom la dignità di tutti i bambini.
I volontari della Comunità di S. Egidio e dei Padri Somaschi, che seguono
quotidianamente la comunità rom, con pazienza ci aiutano a capire un mondo che
non può essere guardato solo con i nostri occhi.
Fuori da scuola genitori italiani e genitori rom iniziano a conoscersi
Un anno di lavoro
L’inizio è stato duro per molte maestre e per loro.
Loro parlano il romanes, noi l’italiano.
Per noi è normale avere degli orari scanditi, l’acqua e il bagno (scopriremo che
i bambini rom, che non ce l’hanno ci vanno spessissimo e si lavano, si
pettinano, si profumano), del materiale di cui avere cura….
Loro in silenzio si adattano a tutto, ma chissà che fatica è per loro il nostro
“dare per scontato”!
Per molti di loro è la prima occasione per stare con bambini non rom: un mondo
sconosciuto. Per molti di noi i loro genitori sono i primi rom guardati senza
paura. Un po’ alla volta ci si scopre uguali; le differenze ci sono, ma come è
normale che accada quando le provenienze sono diverse.
Il primo periodo è per conoscersi e imparare a comunicare: vita quotidiana e
gioco sono la strada migliore da seguire.
SETTEMBRE 2009
Gli alunni rom nelle nostre scuole sono diventati 26, altri 10 frequentano altre
scuole elementari o medie della zona.
Le relazioni tra italiani e rom si intensificano: le maestre vengono invitate a
una festa di battesimo al campo, i bambini rom vanno alle feste di compleanno
dei compagni, fanno delle merende insieme, i genitori scambiano qualche parola
tra loro, in una classe gli scolari usano i loro risparmi per regalare alla
compagna rom l’astuccio delle Winks che le piace tanto…
Nella scuola di Via Pini viene aperto una sportello settimanale di ascolto e
consulenza curato dai Padri Somaschi, rivolto a insegnanti e genitori.
In un anno abbiamo imparato tanto e abbiamo accumulato tante belle storie.
All’inizio della scuola arriva come una doccia fredda l’annuncio dell’imminente
sgombero del campo, dove ormai vivono 300 persone rifugiatesi lì in seguito agli
sgomberi di altri campi.
Si possono perdere 36 scolari senza batter ciglio? Inizia una battaglia fatta di
raccolte firme, parte del quartiere si mobilita, sulla stampa il fatto che degli
italiani agiscano in favore dei rom ha un’eco grandissima e le iniziative a
sostegno della comunità di Rubattino si moltiplicano e raccolgono un numero
sempre maggiore di sostenitori.
Si mobilita anche Amnesty International, si cerca un dialogo con le istituzioni.
All’inizio di novembre una fiaccolata porta la solidarietà dei cittadini
italiani fino al campo rom, dove avvengono incontri commuoventi: solitamente le
torce arrivavano ai campi per dare fuoco alle baracche, qui vogliono solo
illuminare facce di persone che per la prima volta si incontrano.
19 novembre 2009
Il giorno prima della celebrazione dei 20 anni della Convenzione dei Diritti
dell’Infanzia il campo di via Rubattino viene sgomberato.
20 novembre 2009
Le famiglie si accampano nel capannone semi crollato della Innocenti di fronte
all’ex campo, in mezzo a macerie e topi.
21 novembre,
Sgombero da parte della polizia dal capannone, 30 minuti per andarsene. “esodo”
verso la chiesa di S.Ignazio. L’arcivescovo e la chiesa Milanese intervengono.
Donne e bambini trovano rifugio temporaneo in vari centri di accoglienza. Dopo
tornano alla baracchine, dispersi in tante zone della città e nell’hinterland.
Li seguiamo come possiamo, senza mai perderli di vista.
De Corato annulla la festa organizzata per celebrare lo sgombero.
Nonostante tutto una dozzina di bambini continua a frequentare le scuole
Gennaio 2010
molte famiglie si rifugiano al campo di Redecesio dopo aver subito numerosi
altri sgomberi (Corsico, Bovisa, Bovisasca, Chiaravalle)
Inutili gli appelli dell’Arcivescovo Tettamanzi che in occasione della festa di
S.Ambrogio in chiesa si rivolge agli amministratori chiedendo di non vanificare
quello che i rom stanno costruendo insieme ai volontari, della Caritas che
chiede inutilmente al Sindaco una moratoria degli sgomberi almeno nel periodo di
grande freddo.
16 febbraio 2010
Sgombero di Redecesio. Sono sempre le stesse famiglie. L’accanimento porta a
intervenire su queste persone altre 5 volte nella stessa giornata. Siamo accanto
a loro, salviamo materassi, coperte, pentole, vestiti. Li ospitiamo nelle nostre
case.
In seguito troveranno rifugio in un edificio messo a disposizione da un comune
vicino.
Adesso
In questi mesi abbiamo imparato a conoscerci e a capire.
I bambini vengono a scuola con assiduità, nei momenti di grande difficoltà
andiamo a prenderli nei posti in cui sono dispersi, le famiglie contano su di
noi e noi ci troviamo a svolgere il compito che dovrebbe essere della protezione
civile.
A renderci diversi dalla protezione civile è il fatto che ora noi a queste
famiglie teniamo, che ci vogliamo bene, che siamo indignati nel vedere le
ingiustizie che sono costretti a subire.
Molti gruppi, scuole, parrocchie, ci chiedono di raccontare.
Molti ci offrono disponibilità a collaborare. Arrivano proposte che mai avremmo
pensato. Forse Milano ha ancora voglia di solidarietà, di una legalità che non
sia a senso unico, di legami e di giustizia.
Di Fabrizio (del 11/03/2010 @ 09:43:14, in Italia, visitato 2683 volte)
Scrive Gaia Moretti
Oggi alle ore 12.30 i portavoce rom di Tor de Cenci sono stati convocati in V
dip. Dal Dir. Scozzafava, Com. VVUU Di Maggio, Lattarulo e altri della segr.
della Belviso.
I rom avevano con loro le firme di tutti gli abitanti del campo che chiedevano
di non essere trasferiti né a C. Romano né alla Barbuta, ma di rimanere a Tor de
Cenci con la richiesta di riqualificazione dell’esistente, e le hanno consegnate
ma sono state rifiutate dagli astanti.
Le personalità istituzionali che stanno provando a predisporre il piano di
trasferimento hanno dichiarato:
il campo si deve chiudere. Voi portavoce dovete convincere i “vostri” a
tutti i costi.
Intanto faremo lavorare la vostra coop. e la vostra associazione alla
gestione di Tor de Cenci finchè non lo chiudiamo. (?)
Lunedì 15 inizieranno le operazioni di foto segnalamento della Polizia.
Ritornate Venerdì 19 con le firme di chi vuole essere assistito, con cifra da
concordare, per il rimpatrio . (?)
I rom, allibiti, hanno chiesto spiegazioni e si son sentiti rispondere:
in XII municipio ci devono essere massimo 600 rom, che per 10 municipi
fa 6000 rom che è il numero massimo che la giunta ALEMANNO ha deciso di
“accogliere” nella Roma Capitale.
I rom hanno chiesto di spostare quelli di C. Romano a Tor de Cenci, ma la
risposta è stata che il campo di Tor de Cenci è troppo vicino ai cittadini di
TdC e Spinaceto.(?)
Ritornati al campo i rom hanno chiesto aiuto, vogliono la presenza delle
associazioni, dei giornalisti e soprattutto di AVVOCATI che li garantiscano da
eventuali “procedure” sommarie.
Ora permettetemi una riflessione personale:
alla faccia della “trattativa”, prima fuori gli italiani, perché “vogliamo
trattare solo con i rom”, poi “faremo solo passi concordati con i portavoce”, e
ora dichiarazioni di guerra con modalità che dovrebbero far rabbrividire tutti:
max 6000 rom suddivisi in 600 per i municipi limitrofi alla provincia,
lontani dai centri abitati
e infine video sorvegliati H24, senza contare false promesse e carte false e
intanto fotosegnalamento a tutti cittadini italiani rom compresi.
Io allerterei Famiglia Cristiana , la Comunità Ebraica (Magiar o Pacifici),
il Vaticano e qualche intellettuale di peso che s’incazzi, se avete idee e
contributi son bene accetti.
su youtube o anche sui siti del Corriere e di Repubblica, trovate molto
materiale. Qua si riassume in poco più di due minuti una lunga e intensa
mattinata
E visto che in Mahalla non ci facciamo mancare niente:
Jovica riconoscimento ad un artista
Non conosco quali pensieri abbiano ispirato il Ministro Maroni allorquando ha
deciso di accogliere la richiesta del musicista Jovic Jovica, e di moltissimi
amici e artisti che l’hanno sostenuta, di annullamento di un’espulsione
comminata mentre era in corso di rilascio un permesso di soggiorno per meriti
artistici.
Mi piace però pensare o forse sperare, che questo gesto così imprevedibile e
sorprendente, riveli una passione per la musica, che accomuna, anziché dividere,
al di là delle sovrastrutture ipocrite del pensiero contemporaneo e dei
pregiudizi da cui è pesantemente condizionato.
Conosco Jovica da molto tempo, anni ormai, che abbiamo spesso percorso insieme
tra molte difficoltà e poche speranze.
Di sé stesso, della sua musica, ama spesso ripetere: “Da che sono nato nella mia
vita c'è musica. Il mio bisnonno era violinista. E' morto a 106 anni, sdraiato
sul letto, con la testa appoggiata al muro e il violino in mano, mentre suonava.
L'abbiamo trovato così e abbiamo fatto fatica a separarlo dal violino, perché le
sue dita erano rigide. Non riesco a pensare a una morte più dolce”.
Tempo fa ebbi la fortuna di visitare la “Kafana” (Taverna) che gestiva in
gioventù a Pozarevac, 40 km. da Belgrado, prima della guerra.
Un luogo in cui il tempo è rimasto immobile, avvolto nelle reti di ragnatele che
trattengono i ricordi, quelli belli e quelli brutti.
Un’amica comune, un giorno, andò alla ricerca nella sonnolente campagna serba
della sua amatissima fisarmonica cromata, la stessa che oggi lo accompagna su
tutti i palcoscenici.
Tre anni fa, insieme alla sua famiglia, ottenne una piazzuola nel campo comunale
di via Sesia, a Rho.
Neanche questo fu facile o scontato, mentre oggi i nuovi amministratori locali
quel campo lo vorrebbero chiudere, ricacciando tutti per strada.
Nell’esaltazione del momento qualcuno ha forse azzardato accostamenti un po’
eccessivi…lontani dal carattere umile e gentile di Jovica, paragonandolo al
jazzista Django Reinhardt..
Io mi limito a pensare che una comunità, come quella rhodense, che si rivela
così incapace di entusiasmarsi per la ricchezza culturale che la circonda,
dimostri solo quanto sia destinata a rimanere l’ombra di sé stessa, vittima di
insignificanti “ombre” politiche che la amministrano attraverso le istituzioni
locali, come le ragnatele che avvolgono la lontana “Kafana” di Jovica…
Di Fabrizio (del 12/03/2010 @ 09:51:42, in Italia, visitato 1989 volte)
Lo scorso undici Febbraio due agenti di Polizia dipendenti dalla questura di
Varese, città d’origine dell’attuale Ministro degli Interni leghista Bobo
Maroni, sono entrati in un fast- food di un centro commerciale cittadino e
l’hanno sorpresa mentre stava pranzando. Dopo averne controllato i documenti
l’hanno invitata a seguirli in questura ove le è stato notificato il foglio di
via dal capoluogo dell’Insubria in quanto persona pericolosa socialmente. Lucica
Tudor comunque ha immediatamente presentato alla locale Prefettura ricorso
contro quella che afferma essere una misura di polizia dettata solamente dal
viscerale odio che gli italiani provano quotidianamente verso la sua gente, i
Rom. “ Vorrebbero che scomparissimo dalla loro terra ma siccome in buona parte
siamo cittadini romeni, cioè comunitari, devono accettare la nostra presenza
accanto a loro, a certe condizioni, e ciò li manda in bestia” sottolinea la
Tudor. Lucica non è però una romena, per giunta di razza zingara, qualunque:è la
leader imperatrice dell’Alleanza per l’Unità dei Rom. E’ la rappresentante dei
Rom romeni in tutt’Europa ed in questo ruolo è stata eletta nel 2003 con la
benedizione di un Vescovo ortodosso. Sino ad allora, a far data dal 1992, era
stata un’artista di successo ma un incidente la costrinse all’inabilità ed
ancora oggi appare offesa ad una gamba.” Vorrei unire tutta la Nazione Rom, che
non coincide con quella romena, e lavorare con i ventisette governi dell’Unione
europea per il bene del mio popolo che, bisogna sempre rammentarlo, è nato e
vive in buona parte entro i confini dell’Unione Europea. Purtroppo il governo
italiano, ed oserei dire un po’ tutta l’opinione pubblica del vostro paese, è
sorda a queste nostre istanze” si lamenta Lucica la quale già ha depositato
presso la Prefettura della città del Ministro Maroni il proprio ricorso contro
il provvedimento di polizia che ritiene ingiusto e lesivo dei suoi diritti
fondamentali. Lucica infatti non vive ne di accattonaggio ne di espedienti ma
dei proventi di un lavoro onesto seppur umile: è infatti una colf di una signora
italiana. E’ dunque in grado di dimostrare di potersi sostenere in Italia con
proventi legali ma tutto questo non è bastato ad evitarle l’espulsione dai
confini comunali di Varese. Da qualche anno Lucica collabora con l’Associazione
“ Rom per la Legalità” vicina ai City Angel di Milano. La sua nazionalità però
l’ha portata ad essere considerata persona indesiderata cosiccome indesiderati
sono quei tanti bambini rom che, esaudendo un desiderio del Ministro Maroni in
persona e dalla sua collega bresciana Mariastella Gelmini, nello scorso autunno
si sono iscritti con speranza alle scuole elementari del capoluogo lombardo
salvo poi essere messi nell’impossibilità fisica di frequentarle grazie ai
continui sgomberi di campi zingari nell’hinterland meneghino voluti dal Sindaco
Moratti. A nulla in proposito sono valse le proteste della Curia ambrosiana e
del suo Pastore, il Cardinale Tettamanzi.
Le temperature rigide e la neve che cade da ieri pomeriggio su Milano, non hanno
fermato gli sgomberi di campi rom nel capoluogo lombardo i cui ormai ex
occupanti sembrano essere gli unici ad aver subito disagi dalla nevicata fuori
stagione che non ha avuto ripercussioni sulla viabilità. Secondo quanto ha
spiegato l'Opera Nomadi, nonostante la inclemenza del tempo, la polizia locale
ha effettuato due sgomberi tra ieri ed oggi in altrettanti campi. Gli agenti
della polizia locale sono intervenuti infatti ieri un campo nomadi in via
Bonfadini, dove avevano trovato rifugio una quarantina di persone, mentre oggi
analoga iniziativa è stata adottata nella zona di via Bacula. «Mentre il
maltempo continua ad imperversare e la neve cade da ore su Milano - spiega
Maurizio Pagani, presidente dell'Opera Nomadi di Milano - gli sgomberi delle
famiglie rom dai quartieri della città non subiscono interruzione. L'emergenza
freddo del Comune di Milano da anni non contempla le condizioni di vita di chi è
pi— esposto ai rigori dell'inverno e nemmeno la protezione Civile viene mai
impegnata in attività essenziali di aiuto alle persone rom in difficoltà».
Pagani conferma che ieri, gli sgomberi «hanno riguardato 40 persone di gruppo
romeno, accampate in via Bonfadini, zona sud est, e oggi è toccato ad alcune
decine di rom, donne e bambini compresi, ritornati a cercare per l'ennesima
volta riparo sotto il Ponte Bacula, in zona Nord». A giudizio di Pagani si
tratta, peraltro di sgomberi «inutili che non risolvono il problema e non
disincentivano la presenza di persone sfollate che rimangono in numero uguale,
ma che sembrano essere la sola risposta pubblica alla mancanza di politiche di
accoglienza abitativa e integrazione sociale». Secondo le informazioni raccolte
dall'Opera Nomadi di Milano, inoltre «aumentano le denunce su interventi della
Polizia Locale che violando i beni privati delle persone da allontanare,
esercitano anche forme odiose di condizionamento psicologico con la minaccia di
sottrazione dei minori dalle loro famiglie, nel caso che queste si oppongano
all'intimazione di abbandonare le loro case precarie e averi di prima
necessità». «In questo quadro di mancanza assoluta di governo dei problemi
emergenziali della città - spiega Pagani - il Comune dichiara di voler procedere
anche allo smantellamento dei campi comunali abitati dai rom italiani. Nel
frattempo, i milioni di euro messi a disposizione dal Governo per risolvere la
questione abitativa dei rom nelle città non trovano alcun utilizzo, per mancanza
di idee e volontà di aiutare le famiglie rom ad uscire da una delle condizioni
sociali più gravi d'Europa» Infine ecco l'appello di Maurizio Pagani: «Per
l'ennesima volta chiediamo la sospensione di qualsiasi intervento di
allontanamento di persone senza la possibilità di una ricollocazione temporanea
sicura».
Di Sucar Drom (del 13/03/2010 @ 09:01:10, in Italia, visitato 1005 volte)
venerdì 19 marzo 2010 alle ore 21.00 presso ArciDallò in
piazza Ugo Dallò a Castiglione delle Stiviere (MN)
Organizzato da L'A.M.A. con Sucar Drom e l'Istituto di Cultura Sinta:
- una storia scritta da altri, a cura dell'Istituto di Cultura Sinta
- proiezione del filmato "porrajmos" 10 minuti;
- interventi di leader sinti sulla realtà attuale;
- dibattito.
Partecipa a una serata che segna l'avvio di un progetto ambizioso: far vivere
uno spazio culturale che promuova le forme espressive della cultura romanì nella
società milanese.
Un ristorante tzigano vicino ai Navigli... un museo Rom a Rogoredo...
Non solo un modo per avvicinarsi alle tante facce di una cultura che ci
affascina o suscita ribrezzo, ma la possibilità di prendere parte ai nuovi
progetti che insieme ad alcune comunità rom di Milano stiamo cercando di
realizzare.
Gli eventi che seguiranno nei prossimi mesi sono solo il preludio di un'offerta
più ampia, impreziosita dai sapori e colori della gastronomia tzigana, le
produzioni artistiche, la musica che potrai incontrare dal mese di ottobre, il
lunedì sera, presso l'Open Restaurant & Bar dello spazio FORMA MOODS.
Cronaca:
Una ragazzino di 13 anni di etnia rom morto in un incendio divampato nel campo nomadi di via Novara, a Milano. L'ennesima tragedia di questo genere, in accampamenti dove le condizioni di vita sono precarie. A CNRmedia parla il presidente della Federazione Rom e Sinti insieme Radames Gabrielli
Il rogo si sarebbe sviluppato nella baracca dove il ragazzino viveva con i genitori, per una scintilla scaturita da una stufa a legna. Altre due persone sono rimaste ferite, e sono in condizioni non gravi. L'accampamento è abitato da venti famiglie, alcune già sgomberate da altre zone della città. Ora temono di essere mandate via anche da lì.
"I campi nomadi sono da eliminare completamente; al loro posto bisogna però realizzare adeguate micro-aree attrezzate per aiutare Sinti e Rom" dice a CNRmedia Radames Gabrielli, presidente della 'Federazione Rom e Sinti insieme'. "Queste persone sono scacciate - aggiunge Gabrielli - e buttate per la strada. Per loro - conclude - non c'è niente di positivo".
Di Fabrizio (del 14/03/2010 @ 09:47:09, in Italia, visitato 2220 volte)
Di Lanfranco Sbardella - 11/03/10 18.31
Con più di un centinaio di milioni di euro si sarebbero potuti costruire degli
alloggi stabili per i rom. Ogni anno, infatti, dal 1996 sono stati spesi circa
13 milioni di euro dal Comune di Roma. Partiamo dall'ordinanza n.80 del 23
gennaio 1996 del sindaco Francesco Rutelli. Poche pagine in cui
l'amministrazione capitolina aveva fissato un numero chiuso per le presenze nei
campi. I più fortunati avrebbero dovuto essere anche in possesso dei documenti,
oltreché di un regolare permesso di soggiorno. Inoltre avrebbero dovuto mandare
i figli regolarmente a scuola. A distanza di 13 anni, l'attuale Piano Nomadi
della giunta Alemanno non sembra scostarsi molto da quella ordinanza: torna il
numero chiuso e il possesso dei documenti. Rimarranno i cosiddetti campi sosta,
aree recintate, in cui stavolta verranno effettuati lavori per l'allaccio idrico
ed elettrico. Saranno dotati anche di un sistema di videosorveglianza.
Dal 1996 ad oggi il Comune di Roma ha speso circa dieci milioni di euro
l'anno per la gestione dei campi sosta dove vivono i rom. La cifra comprende,
come spiegano i bilanci del Palazzo Senatorio, il servizio di pulizia e ritiro
dei rifiuti da parte di Ama, la municipalizzata che si occupa di tenere pulita
la capitale; il pagamento di utenze per l'acqua e l'elettricità; la gestione del
campo e i lavori di manutenzione. Oltre a questo capitolo di spesa si devono
aggiungere anche tre milioni di euro, sempre annuali, che il Campidoglio stanzia
per il cosiddetto privato sociale, o terzo settore, per i progetti di
scolarizzazione. Dal 1996 al 2009 la situazione non è cambiata. Si continuano a
spendere tanti soldi senza però conoscere i risultati prodotti. Non esistono
infatti relazioni ufficiali sullo stato dei campi romani, tantomeno sui progetti
di scolarizzazione. Un dato: la presenza dei bimbi rom in classe è pari al 40%
del totale dei giovani in età scolare. Neanche questa cifra, fornita dalle
associazioni che si occupano di portare i bambini rom a scuola, è ufficiale.
Negli archivi del Comune non esistono dati. C'è di più: in 17 anni di progetti
solo 20 ragazzi si sono iscritti alle scuole superiori.
Che cosa è successo con il cambio di amministrazione? L'attuale maggioranza
ha voluto rispondere in particolare alle insicurezze dei cittadini provocate
dalla cosiddetta “emergenza rom”. La Giunta, appena insediata, ha elaborato un
documento: il Piano Nomadi. L'obiettivo è quello di superare lo stato delle cose
entro i primi mesi del 2010. In campagna elettorale Alemanno aveva ipotizzato lo
spostamento di tutti gli insediamenti fuori dalla città. Dal Piano nomadi emerge
però un'altra prospettiva: i rom saranno sistemati in 13 aree, molte delle quali
già presenti sul territorio cittadino. Nella capitale potranno rimanere solo
6.000 persone, con i documenti in regola, senza precedenti penali e con i figli
regolarmente a scuola. Quanto si spenderà? Circa 23 milioni di euro. Proprio
come voleva fare Rutelli nel 1996.
Si continuano dunque a spendere cifre consistenti con risultati al di sotto di
quanto si potrebbe sperare. Nel 1996 i nomadi censiti dal comune erano 5.467,
divisi in 50 aree. Nel 2009, dopo l'ultimo censimento della Croce Rossa, sono
7.177, divisi in più di 100 aree. In 13 anni le presenze sono salite del 31%,
moltiplicando le difficoltà di un sistema che non è riuscito ad evolversi
positivamente.
Dopo lo spostamento nel 2005 del più grande campo rom d'Europa che sorgeva nel
quartiere Marconi (dove vivevano da 30 anni quasi 1.000 rom) è nato il campo di
Castel Romano, sulla Pontina, un'area di quattro ettari dentro una riserva
naturale. Una situazione che, secondo il Comune, doveva essere temporanea ma che
poi ha assunto caratteristiche diverse. Il campo è ancora in piedi. Costo
dell'opera: 5 milioni di euro. Proprio Castel Romano sarà una delle aree
previste dal Piano Nomadi di Alemanno.
Nel 1991 sono arrivati i primi rom montenegrini e bosniaci che si stabilirono
lungo il canale che costeggia il parco di Centocelle. Molti di loro, secondo
quanto descrivono alcune relazioni fornite dall'antropologa sociale Monica
Rossi, che aveva lavorato nel campo, non si accontentarono di costruire una
baracca. L'85% dei presenti aveva dichiarato che, nel paese di appartenenza,
viveva in alloggi stabili. Case distrutte dalle bombe oppure occupate durante la
guerra dei Balcani, il conflitto che causò la fuga di migliaia di Bosniaci
musulmani perseguitati dalle pulizie etniche.
Questo è un dato di partenza per provare a rispondere al tema del presunto
nomadismo dei rom. Popolazioni che si definiscono per lo più stanziali e ormai
poco inclini agli spostamenti. Proprio l'idea del continuo movimento ha portato
ad utilizzare il vocabolo “nomade” in modo improprio.
Si deve aggiungere anche un'altra voce nel capitolo dei costi: lo sgombero di
un campo rom, che coinvolgendo forze di pubblica sicurezza e macchinari
speciali, arriva anche a costare migliaia di euro. Altri soldi. Perché allora
siamo al punto di partenza? Alcune associazioni italiane come l'Arci e la Casa
dei diritti sociali lamentano la “invisibilità giuridica” dei rom, la maggior
parte oggi cittadini europei. Nel corso degli anni sembra essere mancato un
indirizzo politico da parte delle istituzioni nazionali. Per quanto riguarda la
capitale, le diverse giunte comunali hanno affrontato le fasi d'emergenza senza
curarsi di fissare una strategia più generale. Chissà se la commissione
d'inchiesta proposta dalla deputata del Popolo della Libertà, Jole Santelli, per
indagare sulla condizione femminile e dei minori rom presenti in Italia,
riuscirà a mettere in risalto adeguatamente questi aspetti.
Di Fabrizio (del 15/03/2010 @ 09:40:40, in Italia, visitato 1638 volte)
Il lutto per Enea, un progetto per il futuro dei suoi coetanei
Enea Emil è l’ennesimo bambino rom morto nel rogo provocato dalla stufa che
doveva riscaldarlo. Viveva in un rifugio di fortuna dopo essere stato sgomberato
con la sua famiglia dal campo di via Triboniano dove, se non altro, avrebbe
avuto quel minimo che garantisce la sopravvivenza di un essere umano e una
piccola speranza per il proprio futuro.
La perdita della vita e del futuro di un bambino, stroncati in questo modo a
Milano, la città dell’ EXPO, benestante e “accogliente”, significa una sconfitta
della nostra società e nello stesso tempo non possiamo far finta di non vedere
che c’è una responsabilità oggettiva in chi accetta che uomini, donne, bambini
vengano lasciati vivere in condizioni di degrado così pesanti.
Milano è diventata in questi anni centro di una vera e propria “caccia al rom”,
un carosello di sgomberi che insegue sempre le stesse comunità da un punto
all’altro della città, un costo inutile e crudele che si limita a cancellare i
tentativi di fissare piccoli pezzi di vita con bambini che vanno a scuola,
uomini e donne che ottengono lavori anche regolari, ma più spesso in nero perché
non c’è nulla di più facile che sfruttare la disperazione del nostro prossimo.
Eppure il ministero degli Interni ha stanziato 13 milioni di euro per affrontare
la questione rom a Milano, una cifra che consentirebbe di avviare un percorso
vero di integrazione: i Rom a Milano sono meno di circa 1500 regolari e circa
altrettanti tra “tollerati” e abusivi secondo il censimento del prefetto. Dei
1000 coinvolti nella chiusura dei campi la metà è composta da cittadini
italiani, alta è la frequenza scolastica non solo nei campi regolari ma anche in
quelli abusivi dove operano le associazioni del volontariato. Ma il progetto del
Comune prevede solo circa 4 milioni a questo scopo e il resto a interventi di
“sicurezza”.
Noi siamo convinti che la sicurezza di una comunità si basi sulla sicurezza
sociale dei suoi membri, qualunque sia la loro origine, etnia, cultura,
religione, in una convivenza fondata sul rispetto reciproco. Per questa ragione
chiediamo all’amministrazione cittadina due cose:
Che cessi la politica di sgomberi inutilmente crudeli perché in due anni
non hanno portato a nessun risultato se non a quello di distruggere i
piccoli passi di integrazione realizzati. A meno che qualche centinaio di
rom inseguiti dalle ruspe e dalle forze dell’ordine da un ponte all’altro,
da una discarica all’altra non sia utile per altri scopi.
Che si apra un reale confronto tra Comune, associazioni e comunità rom
per discutere dell’utilizzo del finanziamento stanziato per affrontare dal
versante giusto la “questione rom”, realizzando passi concreti di avviamento
al lavoro, all’abitazione e alla scolarità di una comunità che nella nostra
società è vittima di un pregiudizio e di una ghettizzazione che nega ai suoi
componenti la dignità di essere umano a cui ha diritto ciascuno di noi.
Associazione Aven Amentza, associazione Upre Roma, CGIL Milano,
Federazione Rom e Sinti Insieme, Gruppo Abele Milano, NAGA, Opera Nomadi Milano
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