Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Da
Roma_Francais
ANTEPRIMA DEL PROGETTO DI UN CENTRO CULTURALE NAZIONALE
L'idea di un Centro Culturale Indo-Romanì è stata avanzata da Vania de
Gila-Kochanowski all'inizio degli anni '60. E' stata di seguito ripresa dal
Comitato Internazionale Rom. Nel corso degli anni, molteplici progetti sono
stati depositati presso diverse istanze senza alcun successo, malgrado i
comitati di sostegno scientifici.
Visto che i media indicano una popolazione zigana di quattrocentomila persone in
Francia (cifra che noi contestiamo, in quanto questa popolazione ha
sicuramente superato il milione), sarebbe quindi equo che sia creato un tale
Centro Culturale. Infatti, tutte le minoranze dispongono in Francia di tali
centri e, solo per citarne un esempio, il Centro Culturale Jean-Marie Tjibaou è
stato appena creato per soltanto centoventimila Kanakes, in Nuova Caledonia,
costruito da un gran architetto e impiegando ottantacinque persone pagate dalle
sovvenzioni territoriali.
La creazione di un tal Centro non può che facilitare la nostra unione politica.
I recenti avvenimenti mostrano che i media ripetano sempre le stesse
contro-verità sulla realtà zigana, perché prendono l'essenziale delle loro
informazioni alle stesse fonti gadjikane, non autorizzate, e la maggior parte
del tempo auto-proclamate. Un Centro Culturale sarebbe il luogo istituzionale di
diffusione delle informazioni sulla realtà tzigana.
Le caratteristiche del futuro centro dovrebbero essere le seguenti:
Finanziamento:
Essenzialmente finanziato dallo stato e le collettività territoriali, in quanto
gli zigani sono contribuenti come gli altri, i quali pagano le tasse. Il
finanziamento include la sua costruzione e le sue spese di mantenimento e di
funzionamento.
Gestione:
Lo stato apporta il suo aiuto benevolo e le sue garanzie.
Il Centro è diretto da un Consiglio d'Amministrazione, i quali membri
appartengono tutti alla comunità zigana francese, e sono rappresentativi delle
diverse associazioni ed etnie: ha tutto il potere decisionale sulla politica
culturale. Sono codeste associazioni che designano loro stesse i loro
rappresentanti, secondo delle modalità a definire. In nessun caso sono imposti
dallo stato o da un gruppo di pressione gadjikano.
La gestione finanziaria è assicurata da un amministratore, approvato
congiuntamente dallo stato e dal Consiglio d'Amministrazione, e assistito da un
Consiglio di Gestione.
Le sovvenzioni sono completate da proventi di manifestazioni o di prestazioni
paganti.
Lo stato è garante della sicurezza e della perennità delle installazioni. In
particolare, opere d'arte, collezioni e archivi depositati in modo permanente o
temporaneo sono considerati come patrimonio, e posti sotto la sua salvaguardia.
Scopi:
Il Centro Culturale deve innanzitutto essere una vetrina della cultura zigana in
Francia. Deve potere accogliere i suoi artisti, i suoi intellettuali, i suoi
rappresentanti politici così come i loro interlocutori stranieri. Tutte le
grandi associazioni zigane nazionali possono avervi un riferimento (casella
postale, indirizzo internet ecc…)
Si propone di mostrare la diversità della nostra cultura, senza privilegiare
nessuna etnia e senza esclusiva.
Ha la vocazione di accogliere il più ampio pubblico per spettacoli, mostre
(permanenti o temporanee), colloqui, seminari ecc… E' munito di una biblioteca e
di archivi pubblici o semi-pubblici. Ha anche la vocazione di accogliere i
ricercatori.
Serve di base e di intermediario ai differenti Centri Culturali locali o
regionali preesistenti o da crearsi, senza calpestare la loro autonomia.
Localizzazione:
Il Centro Culturale deve essere di facile accesso per la comunità zigana,
compresa quella itinerante. Una posizione centrale nell'esagono e la prossimità
di uno snodo autostradale sono auspicabili.
Deve comprendere una parte di edifici in muratura comportando: sale di lavoro,
sale di esposizione, palcoscenico e/o auditorio, biblioteca e sala archivi,
alloggio di portineria, sala per la ristorazione e luoghi d'accoglienza per gli
ospiti stranieri.
Deve anche comportare un'area di accoglienza, attinente e controllata, la quale
permette ai viaggiatori di fermarsi durante la loro visita del Centro.
Un'altra area all'esterno deve potere essere destinata alle truppe di spettacoli
itineranti, permettendo di montare un palcoscenico o un tendone.
Personale:
Oltre al personale per il mantenimento quotidiano: portineria, pulizie, cura
degli esterni ecc… e agli addetti all'accoglienza (ospitalità, ristorazione)
remunerati con il prodotto delle prestazioni paganti, un certo numero di posti
fissi deve essere calcolato nel bilancio. E' infatti auspicabile godere
dell'assistenza di personale specializzato:
- in beni culturali per l'organizzazione e la preservazione delle mostre d'opere
d'arte e la conservazione di oggetti patrimoniali
- in documentazione, gestione di archivi e biblioteca
- in accoglienza e organizzazioni di meeting e scenografie
Per tutti i posti da creare, le competenze devono essere certificate da diplomi
nazionali o qualità evidenti constatate, inoltre le candidature verranno
sottoposte al Consiglio d'Amministrazione. Una buona conoscenza del mondo
zigane, possibilmente vissuta dall'interno sarà un fattore preferenziale.
Prodotti:
Il Centro è abilitato a produrre spettacoli e mostre paganti, compreso per il
pubblico scolastico, sia sul posto, sia in itinere in Francia o all'estero.
L'autenticità del suo operato sarà garantita da un logo.
E' ugualmente abilitato a produrre e vendere pubblicazioni con il proprio logo.
Il Centro ha la vocazione di diffondere informazioni tramite tutti i mezzi
moderni: radio libera, siti internet, conferenze stampa ecc…
Comitato di sostegno:
La creazione del Centro sarà appoggiata da una petizione nazionale. Un comitato
di sostegno il più ampio possibile sarà costituito. Faremo appello a:
- personalità gadjikane dello spettacolo, della politica, della scienza. Saranno
prioritariamente sollecitati coloro i quali sono noti per il loro impegno in
nostro favore
- i nostri artisti rinomati, ogni etnia mischiata
- tutti i nostri presidenti di associazioni
Di Fabrizio (del 16/09/2010 @ 09:39:13, in Europa, visitato 1766 volte)
Da
Polska_Roma (ndr. alcuni link sono in polacco)
Institute for Race Relations - By Joanna Tegnerowicz
A luglio 2010, una folla inferocita lanciò un terrificante attacco contro
una famiglia rom a Limanowa, Polonia meridionale. Ma perché non ci sono stati
arresti? E come mai nessuno è stato condannato per la violenza?
Da sinistra a destra, il signor Daga, padre Opocki ed il sindaco di Limanowa, Marek
Czeczótka, di fronte al blocco di appartamenti dove vivono i Daga.
02/09/2010 - Ottobre 1990, la folla da fuoco a trentasei case rom nel
villaggio rumeno di Mihail Kogalniceanu. Nessuno fu arrestato, ed il sindaco del
paese, il signor Ionesco, dichiarò "Vorrei sottolineare che questo non è
stato diretto contro gli zingari. Non abbiamo problemi con la loro razza.
Abbiamo solo problemi con i criminali." Similmente, quando ventidue case rom
furono date alle fiamme in Bolintin Deal, sempre in Romania nel sud-est, un
portavoce dell'ufficio del sindaco annunciò che le case erano state incendiate
semplicemente per "cacciare i criminali" dato che nessuno aveva problemi con i
400 "Rom assimilati" che vivevano nel paese. [1]
Ci sono preoccupanti analogie tra i pogrom "punitivi" che avvennero in
Romania negli anni '90 ed i recenti eventi di Limanowa, una piccola città nella
Polonia meridionale. La notte tra il 23 e il 24 luglio 2010, una folla
inferocita armata di pietre e, secondo alcuni, bottiglie molotov si riunì
davanti alla casa di una famiglia rom, tentando di trascinare fuori la famiglia
Daga (Donga) [2]. L'attacco alla famiglia venne impedito
solo dal rapido intervento della polizia. Si stima che fossero coinvolti molti
residenti. Alcuni media riportano di quaranta, altri di cento persone. Ha dovuto
essere impiegato il reparto antisommossa da Cracovia per disperdere la folla.
Nei giorni seguenti, è risultato evidente che la polizia non intendeva
procedere penalmente contro nessuno dei residenti coinvolti. Un popolare sito
web di informazione locale è stato adoperato per descrivere la famiglia Daga
come un pericolo per la comunità [3]. E, in seguito, i media
hanno suggerito sotto traccia che un potenziale attacco fatale ad una famiglia
rom non costituisse un crimine in Polonia. Nessuno è stato arrestato, anche se
circa trenta persone sono state identificate tramite i loro documenti e poi
interrogate. D'altra parte, le autorità stanno considerando di prendere misure
repressive contro la famiglia Daga, i cui comportamenti passati sono stati
variamente descritti, sia dai giornalisti che dai portavoce dell'autorità
locale, come patologicamente inclini. La violenza di massa, d'altra parte, è
stata descritta come un evento comprensibile e giustificabile, generata dalla
disperazione dei locali, terrorizzati dai loro vicini la cui delinquenza li ha
portati all'estremo. Un giornalista del giornale regionale Gazeta Krakowska
ha riassunto il consenso popolare descrivendo l'attacco come un "atto di
disperazione" [4].
L'autorità locale, tra le minacce dei residenti di ulteriori violenze [5],
ha deciso che l'unica maniera di prevenire ulteriori tentativi di farsi
giustizia da sé, fosse di sgomberare la famiglia da dov'era e risistemarla in un
"container"[6] in "qualche posto isolato". La chiara
intenzione è di evitare che i Daga abbiano dei vicini [7].
Secondo diverse notizie, le autorità locali potrebbero anche abbandonare questo
piano, di fronte alle critiche della famiglia Daga e di Roman Kwiatkowski,
presidente della Società dei Rom in Polonia (Stowarzyszenie
Romów w Polsce) [8]. Ma bisogna credere a queste voci?
Sembra siano solo problemi tecnici che hanno temporaneamente interrotto i
tentativi del sindaco di sgomberare la famiglia con l'aiuto di una compagnia
della sicurezza privata. Primo, il container che una compagnia si è offerta di
vendere alle autorità non sarebbe conforme ai regolamenti statali e
secondariamente, è difficile trovare un posto per il container, soprattutto
prché "nessuno vuole avere i Daga come vicini".
Stabilire narrazioni che legittimino il vigilantismo
Com'è successo che le azioni criminali dei residenti della città portino a
punire le vittime che stanno per essere sgomberate da casa loro e messe
socialmente in quarantena dai loro vicini? Per capirlo, è necessario analizzare
le varie spiegazioni avanzate dalla comunità locale attraverso i media.
E' chiaro che la famiglia nel passato è stata coinvolta in diverse dispute
coi vicini, durante alcune delle quali sono state usate minacce e violenze. I
residenti hanno fatto una serie di accuse contro la famiglia tramite i
giornalisti, che hanno riunito i reclami per costruire la narrazione di una
famiglia prona alla delinquenza sociale e a comportamenti inaccettabili.
Tuttavia, una lettura più attenta delle lamentele della comunità rivela una
serie di racconti, alcuni in contraddizione tra loro, altri che potrebbero
essere stati interpretati dai giornalisti a favore del loro punto di vista, teso
a negare che nulla, assolutamente nulla potrebbe mai giustificare quello che può
essere descritto come un tentativo di linciaggio [9]. Sembra
che i media fossero totalmente ciechi al fatto al fatto che la folla di locali
che volevano regolare i conti con una famiglia, attaccandola fisicamente sia un
pericolo maggiore di quello portato dalla stessa famiglia alla comunità locale.
Una delle prima storie ad emergere è stata quella che un membro della
famiglia aveva insultato una donna incinta che era stata spaventata dal cane
della famiglia e che il cane era saltato addosso alla donna (alcune notizie
vanno oltre e suggeriscono che il cane fosse stato deliberatamente aizzato
contro la donna). Ma un articolo pubblicato sul sito web locale
www.limanowa.in (26
luglio) suggeriva che l'incidente che ha così apparentemente oltraggiato la
comunità locale, non sia stato riportato alla polizia. Infatti la storia in
internet indica chiaramente che il 26 luglio il governatore del distretto chiese
alla donna di presentare una denuncia penale contro la famiglia.
Si scopre che altre storie raccontate dalla stampa non reggono. Un residente
del posto racconta di essere testimone che un membro della famiglia insultò un
poliziotto con "una sequela di abusi volgari". Ma il poliziotto si limitò a
"dargli un colpetto sulla spalla chiedendogli di andare a casa". "Non riesco a
capire perché i poliziotti tollerino queste umiliazioni", continua il residente.
Ma è davvero credibile che la polizia polacca accetti simili "umiliazioni" e di
fronte alla passività poliziesca soltanto i cittadini si alzino come guardiani
delle legge continuamente offesa?
Altri racconti dei media sono pieni di contraddizioni. Si dice che altri Rom
condannavano la famiglia Daga e questo è stato usato in appoggio all'argomento
che l'attacco non era a sfondo razziale, dato che, secondo le parole del sindaco Marek Czeczótka,
"Limanowa non ha problemi con i Rom" perché a differenza della "troppo esigente"
e "combattiva" famiglia Daga, "molti si comportano come dovrebbero" [10].
A riprova di questo ragionamento è citata la dichiarazione di una residente rom, Dorota Wieczorek,
che dice che i Daga avrebbero minacciato di uccidere la sua famiglia [11].
Tuttavia, se la famiglia Daga è stata ostracizzata dall'intera comunità rom,
come mai qualcuno ha testimoniato che "i Rom vorrebbero raggiungere Koszary [12]
per ottenere rinforzi [13]" ed altri testimoni esprimono la
paura che "teppisti rom" possano mobilitarsi per difendere la famiglia [14]?
E' impossibile sapere se il presunto consenso dei Rom contro la famiglia Daga
sia vero oppure sia semplicemente una conveniente finzione della virtuosa
narrazione dei residenti.
Una notizia che non può essere contestata è il fatto che Roman Guzik in
passato sia stato attaccato da membri della famiglia Daga con un bidone della
spazzatura e un'ascia [15]. Non può essere contestata
perché, come ammesso prontamente da Guzik, i componenti della famiglia che
l'avevano attaccato furono in seguito processati. Ma proprio questo contraddice
gli altri racconti dei residenti - quelli che si soffermano sulla passività
della polizia e sulle pecche di un sistema giudiziario nell'assicurare giustizia
contro il presunto passato della famiglia.
Emarginare il sentimento anti-Rom
Le giustificazioni per un assalto contro una famiglia sarebbero immaginabili
se simili accuse fossero fatte contro una famiglia non-Rom?
Quasi tutti coloro che hanno pubblicamente commentato gli eventi di Limanowa,
sono stati molto indulgenti riguardo la comunità locale che ha lanciato gli
attacchi e altrettanto severi contro la famiglia Daga. Padre Stanislaw Opocki,
responsabile per la pastorale dei Rom polacchi, suggerisce che l'unico risultato
positivo dell'azione dei vigilantes sarebbe la persecuzione contro la famiglia.
"Sono dalla parte di quegli abitanti la cui pace viene disturbata," ha
osservato, aggiungendo che "Gli organi inquirenti dovrebbero occuparsi di questo
caso. Neanche la povertà giustifica chi semina agitazione e dissensi. [16]" Elzbieta
Mirga-Wójtowicz, Rom e plenipotenziario del governatore della provincia per le
minoranze nazionali ed etniche, tenta di essere imparziale, dichiarando che
"probabilmente tutte e due le parti in conflitto sono da biasimare," ma aggiunge
che può essere vero che la famiglia è "in qualche senso [...] patologica [17]."
Ma Mirga-Wójtowicz va oltre nel suo tentativo di contestualizzare il presunto
comportamento passato della famiglia col fatto delle loro condizioni di vita
estremamente difficili. Puntualizza che i dodici membri della famiglia vivono in
un appartamento di appena 36 metri quadri. Va sottolineato che gli operatori
sociali che hanno visitato la famiglia hanno espresso l'opinione che il loro
problema più grosso siano le condizioni di vita inadeguate [18].
Anche quando si tratta della segnalazione di un attacco di tipo squadrista,
si ha l'impressione che a nessuno importi di esprimere alcuna compassione per i
Daga. Un giornalista di una stazione TV privata, TVN 24, ha dedicato molta
attenzione al fatto che un membro della famiglia avrebbe gettato dalla finestra
una bottiglia incendiaria contro la folla radunata sotto la sua abitazione [19].
La trasmissione di TVN 24 da l'impressione che le azioni della folla fossero
pacifiche in confronto all'atto della famiglia "assediata" di lanciare una
bottiglia incendiaria.
Stabilire il contesto razzista
Con pochissime eccezioni [20], quanti hanno pubblicamente
commentato gli eventi di Limanowa hanno sostenuto che l'attacco non aveva
origini etniche o razziali. Ma è davvero possibile che una simile catena di
avvenimenti potesse accadere se i Daga non fossero stati Rom? Simili "azioni
punitive" collettive [21] intraprese contro famiglie
"patologiche" non-Rom? Negli anni '90 anche i Rumeni rigettarono l'idea che i
pogrom anti-Rom fossero motivati etnicamente o razzialmente. Se si leggono i
media polacchi sugli eventi di Limanowa, si resta con l'impressione che, dato
che la famiglia attaccata era vista come prona alla delinquenza, il sentimento
anti-Rom è automaticamente da escludere come motivo della violenza di massa. I
commentatori non ricordano, o non vogliono ricordare, che in passato linciaggi a
sfondo razziale, come quelli negli USA del sud o anche i pogrom in Romania,
erano spesso condotti contro quei membri delle comunità minoritarie che erano
visti come "causanti problemi" o coinvolti in comportamenti criminali. Negli USA
del sud, le vittime erano accusate di aver commesso violazioni inammissibili
contro la comunità bianca. Il fatto che un linciaggio o una violenza di massa
venissero intesi come una "punizione" per violazioni (reali o immaginarie) delle
norme sociali non li rende meno razzisti.
Gli eventi di Limanowa dovrebbero essere interpretati alla luce di quanto si
sa circa la molto frequente e profondamente radicata ostilità contro i Rom nella
società polacca. Secondo i risultati di un recente sondaggio condotto dal Centro
Ricerca Opinione Pubblica (CBOS), il 47% dei Polacchi dice di non gradire i Rom
[22]. Sono forti anche gli stereotipi negativi contro i Rom,
come dimostrato da un precedente sondaggio CBOS. Circa il 42% dei Polacchi era
del parere che i Rom possedessero innate tendenze criminali ed il 75% concordava
con la dichiarazione "i problemi dei Rom sparirebbero se iniziassero a lavorare
[23]". Alla luce di questi dati, dev'essere rivisto il
consenso popolare che l'attacco di Limanowa non abbia moventi etnici.
Chiediamoci ancora: perché incidenti simili non avvengono mai a famiglie non-Rom
in Polonia?
Footnotes:
[1] Donald L.Horowitz, in The Deadly Ethnic Riot (University of California
Press, 2003) argues that in those Romanian villages where anti-Roma violence
took place in the years 1990-1997, it was frequently the case that only the
homes of those considered 'troublemakers' were set on fire. See also István
Haller, 'Lynching is not a crime: mob violence against Roma in post-Ceausescu
Romania', 7 July 2004.
[2] The media gives two versions of the family name, both pronounced in the same
way. Daga is probably the correct version.
[3] See www.limanowa.in, in particular, 'Tylko eksmisja moze zapobiec tragedii',
26 July 2010.
[4] Bozena Wojtas, 'Limanowa: konfliktowi Romowie zostana przesiedleni', Gazeta
Krakowska, 26 July 2010.
[5] 'Po próbie samosadu przenosza romska rodzine', 27 July 2010.
[6] So-called containers (kontenery socjalne) are widely used as low-standard
social housing in Poland.
[7] 'A few locations are being considered. No particulars were disclosed. All
the local authorities agree, however, that it must be a solitary spot', 'Eksmisja
przesadzona, czas rozliczyc postawe policji!', 27 July 2010.
[8] 'Limanowa: Romowie nie chca kontenera', 30 July 2010.
[9] According to the entry by Alexander W Pisciotta, in the Encyclopaedia of
Race and Crime (eds Helen Taylor Greene and Shaun L Gabiddon, Sage, 2009),
lynching 'involves mob violence that is done under the guise of vigilante
justice... lynch mobs did not always kill their victims'.
[10] 'Tylko eksmisja moze zapobiec tragedii', 26 July 2010.
[11] B. Wojtas, P. Odorczuk, 'Limanowa: spór grozil linczem. Udalo sie znalezc
kompromis', 27 July 2010.
[12] Koszary is a small village in the Limanowa district, with a significant
number of Roma among its inhabitants.
[13] 'Konflikt sie odrodzil: zamieszki na ulicy Witosa w Limanowej', 23 July
2010.
[14] 'Eksmisja przesadzona, czas rozliczyc postawe policji!', 27 July 2010.
[15] The video accompanying the article
Po próbie samosadu przenosza romska
rodzine', 27 July 2010.
[16] 'Chuliganstwa i warcholstwa nic nie usprawiedliwia', 26 July 2010.
[17] 'W Limanowej to nie jest konflikt etniczny', an interview with Elzbieta
Mirga-Wójtowicz, Gazeta Wyborcza Kraków, 26 July 2010.
[18] See B. Wojtas, P. Odorczuk, 'Limanowa: spór grozil linczem. Udalo sie
znalezc kompromis', 27 July 2010.
[19] The video accompanying the article, 'Po próbie samosadu przenosza romska
rodzine', 27 July 2010.
[20] The Society of Roma in Poland, as well as another well-known Polish NGO,
Open Republic - Association against Anti-Semitism and Xenophobia, are among the
exceptions. See the
Declaration of the Council of Management of the Society of
Roma in Poland on the conflict in Limanowa, 26 July 2010. The Open Republic
Association has republished on its website a
newspaper article about the
violence and
stated that the events in Limanowa 'caused it anxiety' and that 'in
such circumstances it is easy to awake sleeping spectres and to provoke the
hatred and aggression of the crowd', 3 August 2010.
[21] The words 'punitive action' come from the article 'Tylko eksmisja moze
zapobiec tragedii', 26 July 2010.
[22] Stosunek Polaków do innych narodów, (pdf file 372kb), January 2010.
[23] Postawy wobec Romów w Polsce, Czechach, na Wegrzech i Slowacji, (pdf file
140kb), June 2008.
The Institute of Race Relations is precluded from expressing a corporate view:
any opinions expressed are therefore those of the authors.
Di Fabrizio (del 18/09/2010 @ 09:43:09, in Europa, visitato 1463 volte)
Da
Romanian_Roma (QUI
un post da rileggere)
La UE mi manca già
Una Rom rumena riflette sulla deportazione francese dei Romanì
L'improvviso collasso dell'Unione
Europea nei mesi estivi del 2010 ha preso molti di sorpresa. Anche se era
già tutto scritto, non mi aspettavo che la morte dell'Unione sarebbe arrivata
così velocemente. Ora che sappiamo che l'Unione fa leggi nel campo dei diritti
umani che non ha nessuna intenzione di far rispettare, è a tutti gli effetti per
la grande maggioranza degli Europei ("Una politica in cerca di una difesa" 2-8
settembre).
Guardando indietro all'Unione, ci sono molte cose che mi mancheranno. Ricordo
con grande speranza la promessa della cittadinanza UE, inclusa nel trattato di
Maastricht. Cosa avrebbe significato per noi Europei? Il futuro sembrava tutto
davanti a noi. Ricordo come, in seguito al trattato di Amsterdam, l'Unione fece
un'importante legge che proibiva la discriminazione razziale. Ricordo come,
svegliandosi con la crisi austriaca del 2000, l'Unione assunse nuovi poteri con
l'art. 7 del Trattato, di agire contro uno stato membro UE che si discostasse
dai valori comuni dell'Unione. E ricordo che nel 2003 la Commissione spiegava
che questi poteri potrebbero essere invocati quando "i primi segni di, per
esempio, politiche razziste e xenofobe diventino visibili".
Ora sappiamo che tutto è finito, un edificio Golia abbattuto da Davide sotto
forma del presidente francese. Il mio villaggio nel sud-ovest della Romania si
sta riempiendo di ex-Europei. Naturalmente, sono benvenute le dichiarazioni di
Vivian Reding, commissaria europea alla giustizia e la buona volontà dei
parlamentari, ma senza una risposta vigorosa, pubblica ed istituzionale sono
come capelli che crescono su di un cadavere.
Naturalmente, noi Romanì europei non siamo gli unici ad aver notato la
sparizione della UE. Ci sono molti che hanno aspettato questo momento con
impazienza. Prendete per esempio i media ed i funzionari pubblici cechi che
improvvisamente ad agosto iniziarono a chiamare i Rom cechi "stranieri". O i
politici ungheresi che la settimana scorsa iniziarono a chiedere di chiudere i
Rom in campi. O le mosse italiane di raddoppiare la distruzione degli
insediamenti romanì e chiedere la limitazione della libertà di movimento dei
Rom. Si son sempre chiesti se la legge UE fosse Legge o "legge". Ora lo sanno e
sono felici.
Infatti, lo sappiamo tutti noi. Un governo che fa leggi che non ha nessuna
intenzione di far rispettare, non è un governo. E le sue leggi non sono leggi
per davvero.
Noi Europei siamo più in sintonia di quanto si pensa nel sapere esattamente
quali sono le regole. Per un periodo, abbiamo vissuto con la felice illusione
che la UE fosse una forza legislativa, intenta a difendere i valori che
proclamava, e a far rispettare le regole che reggevano questi valori. Ora che la
UE è andata, le forze razziste in tutta l'Europa sanno che il loro giorno è
arrivato.
L'Unione può resuscitare? L'ha fatto in occasioni precedenti, in altri
scenari. Ma questo comporterebbe una vigorosa risposta istituzionale, cioè
l'inizio di un procedimento legale contro gli stati membri che contravvengono le
leggi UE.. Dovrebbe avvenire pubblicamente - che gli Europei vedano. Altrimenti,
che l'Unione possa riposare in pace, il suo antico splendore onorato per la
speranza che brevemente ci diede.
Da:
Cosmina Novacovici
Banloc, Timis County
Romania
Di Fabrizio (del 21/09/2010 @ 08:57:30, in Europa, visitato 3140 volte)
by Paul Polansky
[continua]
Mercy Corps
(immagine da
oregonlive.com) Il nuovo quartier generale di Mercy Corps a Portland,
Oregon, USA. Non ci sono stati ritardi nel costruire il loro quartier generale.
IL PREMIO PROCRASTINAZIONE: disonora quella OnG di Portland, Oregon,
premiata con un contratto di 2,4 milioni di $ nel settembre 2008 per costruire
50 case per le famiglie dei campi zingari e fornire loro cure mediche contro
l'avvelenamento da piombo. Ad oggi (17 mesi dopo) Mercy Corps non ha posto
ancora un mattone né ha curato nessuna persona, nei termini del loro contratto
USAID.
Ci si meraviglia di quanto denaro vada perso. Immediatamente dopo aver
ottenuto il loro contratto da USAID, Mercy Corps stabilì un ufficio ed uno staff
a tempo pieno, ma non fece niente per gli alloggi e per curare gli zingari dei
campi. Naturalmente, Mercy Corps da la colpa alle vittime. L'ultima scusa che ho
sentito dall'ufficio di Mercy Corps è stata: "E' difficile lavorare con gli
zingari." Ma è ovvio che Mercy Corps non sta correndo per salvare questi esseri
umani.
Ho vissuto e lavorato con zingari per quindici anni. Se vuoi fare progetti
per i Rom e gli Askali, aiuta conoscere la loro cultura e mentalità. Il
Consiglio Rifugiati Danese (DRC ndr) ha lavorato con questi zingari dei
campi dal 1999 e ognuno ha potuto imparare dall'altro. Il legame tra loro è
stato il migliore che abbia mai visto nei miei dieci anni in Kosovo. Quindi,
perché è stata Mercy Corps che non aveva mai lavorato con gli zingari del Kosovo
ad aver ottenuto il contratto, e non DRC che pure aveva fatto un'offerta per il
progetto?
Naturalmente, non molte OnG e meno di tutte Mercy Corps stanno correndo per
salvare questi Rom e Askali che l'ONU ha messo su terreni contaminati circa
undici anni fa. Quindi, dov'è la "misericordia" in Mercy Corps (mercy
in inglese significa misericordia ndr). Perché non stanno cercando di essere
fedeli al loro nome?
Forse non è solo l'anima umanitaria che fa loro difetto. Forse i loro
direttori e staff stanno anche perdendo ingegno e senso comune. Oltre un anno
dopo aver ricevuto il loro contratto per costruire 50 case, MC decise di testare
il suolo per vedere se potevano costruirci sopra o se anche quello era
contaminato. La maggior parte degli architetti controlla il terreno prima di
stendere il progetto. Mercy Corps fa sempre le cose col culo? O solo quando si
tratta di salvare degli zingari?
A settembre dell'anno scorso visitai gli uffici di Mercy Corps a Mitrovica
sud, in quanto ero parte della squadra OMS (Organizzazione Mondiale della
Sanità). OMS aveva recentemente rilasciato un comunicato stampa dove nuovamente
chiedeva "l'immediata evacuazione [dei campi] appena fossero stati organizzati i
piani di rilocazione".
Il capo regionale dell'OMS chiese al capo di Mercy Corps in Kosovo perché non
avevano iniziato le costruzione? E quale fosse il piano medico che dicevano di
avere nel progetto?
Anche se si suppone che tutti i progetti USAID sostenuti dai dollari dei
contribuenti americani siano trasparenti, Mercy Corps ritiene che ogni cosa nel
loro progetto USAID sia un segreto di stato. Cominciare a costruire? Forse a
ottobre (intanto siamo già a febbraio e niente è iniziato). Soluzione
medica? Sarà rivelata in futuro. Quando? In futuro. Gli zingari
dei campi non hanno il diritto a conoscere ciò che li riguarda? In futuro.
Anche se Mercy Corps, KAAD, ACNUR ed il governo del Kosovo hanno promesso ad
ogni famiglia di ritorno nel loro vecchio quartiere che sarebbero stati curati
dall'avvelenamento da piombo, nessuno è stato curato. Non molto tempo fa un
neonato è morto, un anno dopo che i suoi genitori erano tornati nel loro vecchio
quartiere. La madre aveva lasciato Osterode con alti livelli di avvelenamento da
piombo. Non venne curata, come invece le era stato promesso alla partenza. Il
neonato è morto, come la maggior parte dei bambini avvelenati da piombo
nell'utero.
Quindi, chi sta facendo qualcosa per salvare queste persone? Sono persone,
non è così? Forse dovremmo chiedere a Mercy Corps di definirsi. Con le loro
azioni. Di sicuro MC pensa che non ci sia nessuna urgenza di salvarli. Forse
Mercy Corps pensa che non valga la pena salvare degli zingari musulmani.
Quante scuse si devono aspettare prima che qualcuno interrompa questo gioco
di insensibile compiacenza? Oppure Mercy Corps sta cercando di vedere quanti
zingari moriranno intanto che loro aspettano? Naturalmente, se aspettano
abbastanza non ci saranno più zingari da salvare. Ciò significa che Mercy Corps
può intascarsi i soldi e richiederne sempre più?
ULTIME NOTIZIE: L'Unione Europea ha appena annunciato che finanzierà
altre 90 case cosicché tutti gli zingari dei campi possano risistemarsi. Whoops!
La UE ha anche annunciato che Mercy Corps ha ottenuto l'incarico pure per queste
90 case.
ULTIMISSIME NOTIZIE: Mercy Corps ha appena confermato che il loro
nuovo partner di sviluppo per queste 140 case sarà KAAD (che non può permettersi
di spendere sette euro al giorno per salvare due bambini zingari che stanno
morendo)!
Patricia N. Waring-Ripley
(immagine da
saputnik.net)
IL PREMIO LACRIME DA COCCODRILLO: disonora quell'incaricata ONU incaricata
nel 2005 di "evacuare" gli zingari di Mitrovica dai loro campi tossici. Dopo
aver preso ufficio come vice SRSG, questa signora canadese pianse davanti alle
telecamere della televisione, proclamando che nessuno zingaro dei campi sarebbe
morto sotto il suo sguardo. Ne sono morti ventinove.
Quando intervistai Patricia Waring nel 2006 con un ex giornalista della TV
canadese, Waring non smetteva di raccontare come avesse salvato le vite di circa
1.200 Albanesi dal villaggio di Hade all'aeroporto di Pristina. Anche se le loro
case mostravano crepe per le gallerie delle miniere sotto il loro villaggio,
nessuno voleva lasciare la propria terra ancestrale. Nessuno era stato offeso.
Ma Waring era determinata a salvarli. Quando si rifiutarono di andarsene, ordinò
ai poliziotti dell'ONU di portarli via forzatamente. Furono mandati a Pristina
dove erano stati affittati per loro degli appartamenti. Più tardi Waring offrì
loro l'opzione che il governo del Kosovo costruisse loro una casa nuova in un
altro villaggio, o che ogni famiglia ricevesse 45.000 euro per trovare da sé una
soluzione. Waring era così orgogliosa di questa storia che pianse per diversi
minuti di fronte alla nostra videocamera.
Waring smise di piangere quando le chiesi perché non avesse fatto la stessa
offerta ai nostri zingari nei campi le cui vite erano davvero in pericolo.
C'erano soltanto 600 zingari in fuga dalle devastazioni dell'avvelenamento da
piombo, così sarebbe costato solo la metà di quanto aveva pagato per "salvare
gli Albs".
Waring rifiutò di rispondere. Mi guardò come se fossi proprio naif. Allora le
chiesi come intendeva salvare i nostri Rom ed Askali (non c'erano Egizi nei
campi). Disse che aveva da leggere molto prima di poter affrontare la questione.
Le diedi una copia del mio libro, UN-Leaded Blood. Scosse la testa come se non
fosse nella sua lista.
L'offerta di Waring per salvare i nostri zingari risultò di spostarli da due
campi inquinati da piombo in quello che chiamo un campo "libero da piombo" dove
potessero essere curati con medicine pagate dall'Ufficio USA (e poi
dall'ambasciata USA) a Pristina. Sfortunatamente, non prevalse il buon senso. Il
suo campo "libero da piombo" era l'ex base francese chiamata Osterode, che i
Francesi avevano abbandonato a causa della contaminazione da piombo.
Poco prima di lasciare il Kosovo, a Waring venne chiesto quale fosse il suo
più importante successo nella sua posizione ONU. Dichiarò: "...il mio più grande
privilegio è stato di lavorare con la squadra che ha accelerato la chiusura dei
campi rom contaminati a Mitrovica." Ci sono voluti sette anni per chiudere due
dei campi; due sono ancora aperti.
Patricia N. Waring-Ripley lasciò il Kosovo nel 2007. Il suo contratto come
capo dell'Amministrazione Civile in Kosovo non venne rinnovato, dopo che spedì
lettere alla polizia ONU del Kosovo ordinando di riferirle di ogni attacco cono
le minoranze. Si ritirò ad Halifax, NS, Canada, ad insegnare a cucinare.
Fine quattordicesima puntata
Di Fabrizio (del 24/09/2010 @ 09:13:52, in Europa, visitato 2414 volte)
Da
Baltic_Roma (in Mahalla, di
Russia si è scritto soprattutto a proposito di sgomberi forzati e violenze
poliziesche. Ecco un'altra versione dei fatti)
RIA
NOVOSTI
16/09/2010 - La cultura romanì, con tutte le sue pratiche controverse come le
predizioni e il furto dei cavalli, è stata parte del panorama multiculturale
della Russia per diversi secoli, e l'atteggiamento verso i Rom in questo paese è
rimasto tollerante, se non amichevole, sin dall'inizio.
L'attuale deportazione francese degli immigrati rom può essere salutato come
una misura sensata da Italia, Danimarca, Belgio, Svezia, Paesi Bassi e altre
nazioni europee che stanno per seguire, ma per i Russi questa idea sfida ogni
logica.
La comunità rom russa ora è di circa 200.000 secondo le stime ufficiali,
mentre i suoi membri si contano in mezzo milione. Eppure la comunità non si è
mai sentita aliena o paria in questo paese, dove i Rom iniziarono ad insediarsi
circa 300 anni fa. I primi gruppi romanì arrivarono in Russia dalla Polonia, ed
a loro venne quasi immediatamente concessa la cittadinanza russa, Molti di loro
si sono convertiti al cristianesimo ortodosso, la religione predominante nel
paese. Un decreto del Senato nel 1733 permetteva agli immigrati rom di risiedere
qui ed impegnarsi nelle occupazioni tradizionali come il commercio di cavalli.
Secondo questo decreto, potevano unire le loro proprietà e nel XIX secolo si
potevano trovare Rom tra gli intrattenitori, i mercanti, i borghesi e i
contadini.
Nel XX secolo, un'era di cambiamenti radicali in Russia, vennero fatti
ripetuti tentativi di acculturare i Rom russi, molti dei quali continuarono a
mantenere il loro tradizionale stile di vita nomade. Per esempio, durante la
campagna bolscevica di collettivizzare l'agricoltura in Russia, vennero messi
fuorilegge i tradizionali mercati di cavalli, deprivando i Rom che li vendevano
rubati o meno, della loro principale fonte di sostentamento. Le autorità
sovietiche tentarono anche di stabilire le comunità rom in residenze permanenti.
Ma molti dei suoi membri scelsero di stabilirsi volontariamente dopo la II
guerra mondiale. Tra di loro di gran lunga le attività più popolari erano legate
all'agricoltura e all'artigianato.
Durante la II guerra mondiale, i Romanì sovietici combatterono contro i
sovietici sia con l'esercito regolare che con le unità partigiane. Nei territori
occupate, furono braccati come bersaglio della campagna di genocidio nazista.
Molti Rom in Russia sopravvissero grazie alla solidarietà dei Russi che li
avvertivano dei pericoli e offrivano a loro un posto dove nascondersi.
Il 5 ottobre 1956, il parlamento sovietico emanò un decreto volto ad
obbligare tutti i Rom "vagabondi" ad abbandonare il loro stile di vita nomade ed
accettare i lavori comuni. Questa legge piuttosto rigida venne mitigata da
alcuni incentivi economici, come casa e terreni gratuiti.
Per quanto riguarda l'identità culturale dei Rom, non è mai stata violata in
questo paese. Il moscovita Teatro Romen, che presenta danze e canzoni rom
tradizionali, ha ottenuto popolarità e consensi generali tra persone di tutte le
etnie. Anche registi russi hanno aiutato a promuovere la cultura romanì. La
serie televisiva "Tsygan" diretta nel 1979 da Alexander Blank con popolari
attori sovietici, e una precedente produzione di Emil Lotjanu, "Anche gli
zingari vanno in cielo" ("Tabor ukhodit v nebo") hanno entrambe riscosso un
successo immediato presso il pubblico sovietico.
L'interesse russo nell'arte romanì ha una lunga storia, precedente all'era
sovietica. Molti aristocratici locali e membri della borghesia avevano una forte
passione per le danze e le canzoni zingare. Paradossalmente, le canzoni liriche
degli zingari di Russia erano comunemente viste nell'Europa del XX secolo come
una forma originale dell'arte russa, e l'intensità emozionale di queste canzoni
era intesa come una manifestazione dell'anima russa profonda.
Durante il boom commerciale russo degli anni '90, molti Rom iniziarono a
viaggiare all'estero procurandosi beni da rivendere con profitto in patria.
Altre tradizionali occupazioni romanì rivissero in quel periodo. Famiglie
allargate ricorsero al furto e alla truffa. Qualcuno finì coinvolto nel crimine
organizzato, incluso il traffico di droga, omicidi su ordinazione e schemi
immobiliari fraudolenti. Nel sottobosco criminale, ogni gruppo tribale romanì ha
la sua specializzazione.
La predizione della fortuna, occupazione romanì tradizionale, divenne la più
comune forma di sostentamento dei Rom di Russia nel periodo post sovietico.
Hanno anche cercato di immettersi in nuovi business, in particolare il traffico
di droga, con discreto successo. Secondo l'osservatorio anti-narcotici di san
Pietroburgo, sono stati i Tagichi ad occuparsi del commercio all'ingrosso di
eroina nella seconda città più grande di Russia, mentre i Rom sono stati
coinvolti nella distribuzione, assieme alla comunità azera. La mafia rom, con la
sua tradizione di mutua responsabilità, è riuscita a costruire un'estesa rete di
traffico di droga, la cui estrema segretezza rende difficile da individuare.
Atti sfacciati, fuorilegge o legali, sono abbastanza tipici dei Rom russi. La
sfida, dopo tutto, è un loro importante tratto culturale. Naturalmente, molti in
Russia sono sorpresi di vedere i Rom in Francia acquiescenti ad essere
deportati. Il compenso monetario offerto dalle autorità francesi (300 euro per
ogni adulto e 100 euro per bambino) può essere parte della ragione dietro al
loro esodo ordinato, ma non spiega tutto.
RIA Novosti commentator Olga Sobolevskaya - Le opinioni espresse in questo articolo sono dell'autore e non
necessariamente rappresentano quelle di RIA Novosti.
Comment this on
http://euyouthspeak.org/roma/?p=14571
Di Fabrizio (del 26/09/2010 @ 09:12:03, in Europa, visitato 1649 volte)
Le condizioni di vita a cui sono obbligati i Rom Macedoni, la lunga storia
dei pregiudizi e dalle intolleranze razziste, la segregazione e l'emarginazione
fuori centro abitato, tutto ciò ha contribuito a farne un archetipo della
"repulsione", cioè a presentarli a gran parte delle società ospitanti come
coloro che si devono odiare.
Per salvare i Rom Macedoni dai disagi della non convivenza e da un degrado che
assomiglia sempre più allo stesso sterminio culturale di tutti i popoli
minoritari, si sono levate voci autorevoli del Mondo della Cultura europea:
ultimo Gunther Grass che ha creato una Fondazione per il Popolo Rom a Lubecca,
in Germania.
Ad Arpinova (FG), i Rom Macedoni convivono con sporcizia dimenticata dall'AMICA,
con topi grandi come gatti senza disinfestazione, neanche un solo bagno (tutti
all'aria aperta con tutti i rischi), acqua corrente à singhiozzo (così, nessuno
si lava a dovere), 15 famiglie abbandonate nel degrado degno di un paese
terremotato e disastrato etc…
I servizi sociali comunali dimenticano di visitare il campo per alleviare le
sofferenze, consigliare le donne; soprattutto quelle sole; vigilare sull'igiene
dei minori etc.
I 60 bambini tornati à scuola di ogni grado e ordine con i mezzi dell'ATAF ( Ma
non hanno la possibilità di studiare al campo), rappresentano la speranza di
un'etnia che soffre e chi pensa ad un'integrazione che tarda à concretizzarsi.
Ma non hanno la possibilità di studiare al campo.
I Rom/Nomadi/Gitans sono poveri di sicurezze umane, costretti ogni giorno a fare
i conti con la precarietà e l'incertezza del futuro. Proprio per questo
approfondiscono il senso dell'ospitalità e della solidarietà e,
contemporaneamente, si rafforzano nella fede e nella speranza.
Proprio per questo attendono gesti di ospitalità e di vera solidarietà senza
cedere alla disperazione.
Dove è finita la solidarietà dei foggiani nella città di SS. Guglielmo e
Pellegrino, di Genoveffa di Troia, di Padre Pio?
IL PRESIDENTE ACSI.
Habib SGHAIER.
ASSOCIAZIONE COMUNITA' STRANIERE IN ITALIA.
ASSOCIACION COMUNIDADES EXTRANJERAS EN ITALIA
ASSOCIACAO COMUNIDADES ETRANGERES da ITALIA
ASSOZIATION ITALIENSCHE GEMEINSCHAFTEN ETRANGERES
ASSOCIATION DES COMMUNAUTES ETRANGERES EN ITALIE
FOREIGN COMMUNITIES ASSOCIATION IN ITALY
SHOQATE KOMUNITET HUAJ NE ITALIA
ОБЕДИНЕНИЕ НА ЧУЖДЕСТРАННИТЕ ОБЩНОСТИ В ИТАЛИЯ
ОБЪЕДИНЕНИЕ ИННОСТРАННЫХ ОБЩНОСТЕЙ В ИТАЛИИ
ASOCIATIA COMUNITARIA A STRAINILOR IN ITALIA
Onlus
Via Federico Spera, 95/ 97 /99 – 71100 FOGGIA (Italy)
Tel. (39) 3497239108 - Fax:(39) 0881200015
Codice Fiscale - Partita IVA 01740400716 E-mail:
“com.stran@yahoo.it”
Di Fabrizio (del 27/09/2010 @ 09:02:49, in Europa, visitato 2232 volte)
Da
Mundo_Gitano
Euronews.net Andalusia, la terra promessa dei Rom?
16/09/2010 - Sandra Heredia è consulente del lavoro presso l'organizzazione
rom Hamuradi-Falaki di Siviglia. "Sono orgogliosa di essere Rom. Non dico
"Salve, sono Sandra e sono Rom". Dico solo "Salve, sono Sandra". Anche se,
sapete, è un nome abbastanza comune tra i Rom, così naturalmente sto dicendo
loro che sono Rom e di solito la gente dice, "Davvero sei Rom?" Non dicono "Ma
non sei abbastanza scura e vivi modernamente..." ma quasi...
Sandra Heredia, laureata in gestione aziendale, non si conforma agli
stereotipi tanto dentro che fuori dalla sua comunità.
Le notizie sulle espulsioni di Rom dalla Francia ha provocato condanne
unanimi dalle organizzazioni rom spagnole. Il 4 settembre, Sandra ha preso parte
ad una manifestazione a Parigi, in rappresentazione delle donne rom qualificate
in Spagna. Ha commentato: "E' stato incredibile, un'esperienza straordinaria
perché stavamo dimostrando in rappresentanza del Consiglio Statale per i Rom.
Avevamo il nostro striscione, e la bandiera spagnola, così la gente si
avvicinava e ci chiedeva perché eravamo lì. Abbiamo marciato da Rue de la
République a Place de la Bastille. La gente ci ringraziava per essere lì, per
averli appoggiati."
Anche Manuel García Rondón, Segretario Generale di "Unión Romaní" era lì:
"Siamo spaventati. Siamo in disaccordo con l'atteggiamento di Nicolas Sarkozy e
del governo francese, ma per me la cosa peggiore è che ciò sta accadendo in un
paese che si autodefinisce patria della democrazia... fraternité, egalité et
liberté. Ed il problema non è l'essere Rom in sé, è l'essere poveri."
La prima menzione documentata dei Rom in Spagna data dal 1425. Attualmente si
stima che oltre mezzo milione dia Spagnoli siano di etnia Rom. Circa il 40% di
loro vive in Andalusia.
Manuel García Rondón ha detto: "Per i Rom, l'Andalusia è la terra promessa.
La chiave di ciò è la coabitazione, la mutua comprensione tra i due gruppi della
popolazione. Grazie a questo, abbiamo eliminato tutte le barriere e viviamo
fianco a fianco."
L'Andalusia è sempre stato un punto di incontro per civiltà e culture: Rom,
Arabi, Ebrei ed altri hanno contribuito all'identità della regione. Sia le facce
che la musica riflettono questo mix.
Come dappertutto, nel passato i Rom non erano sempre benvenuti sul suolo
spagnolo. Ma le politiche recenti si sono focalizzate nell'aiutare i Rom e
specificatamente identificare i loro bisogni. Ora la sfida è di costruire
sulla tolleranza per raggiungere una vera integrazione.
Ana Gómez è Direttrice Generale dei Servizi Sociali in Andalusia. "La chiave
del successo è di avere politiche in atto che via via promuovano l'accesso ai
diritti e ai doveri, come tutti gli altri cittadini e tutti gli altri Andalusi."
I Rom arrivarono in Spagna in un'altra era, un altro contesto politico,
economico e sociale... Ma l'esperienza spagnola può servire altrove come
esempio?
Juan Manuel Reyes, direttore regionale della "Fundation Secretariado Gitano"
ha detto a Euronews: "Questa politica è esportabile? Certamente, qui, la
filosofia e la partecipazione dei Rom nelle pubbliche amministrazioni è
notevole. Ed infatti penso che sempre più l'Europa stia guardando alla Spagna
nel progettare politiche di sostegno all'integrazione dei Rom. Ci sono stati
grandi progressi negli ultimi cinque anni, specialmente riguardo al loro accesso
ai beni e ai servizi, alloggio, istruzione e lavoro. E di cui, naturalmente,
hanno beneficiato la maggior parte dei Rom, anche se ci sono ancora alcuni
grossi problemi da risolvere."
Da 75 anni El Vacie, a pochi minuti dal centro di Siviglia, è la più antica
baraccopoli d'Europa. Quando venne qui Francisco Franco, promise alloggi decenti
per gli abitanti. Ma dopo decenni di delusioni, 900 Rom vivono ancora là.
Uno di loro, Lole del Campo, ci ha detto: "Appena dici di essere di El Vacie,
non ti daranno lavoro, e ho passato gli esami. Ho il mio CV, ma è inutile. Non
mi daranno un lavoro solo a causa di dove vivo."
Alcuni dei Rom qui sono nuovi arrivati dall'Europa orientale. Ma le autorità
andaluse, determinate a sradicare tutte le baraccopoli, non autorizzeranno
ulteriori costruzioni.
Dice un altro residente: "Voglio essere chiaro, non li vedo come fratelli. Ma
sono Rom come loro. E loro hanno gli stessi miei diritti. E ho un posto e una
baracca - anche loro hanno il diritto di vivere."
Di martedì e venerdì la polizia rastrella la baraccopoli cercando nuove
capanne, di solito costruite da europei dell'est. Lo scopo è di sradicare le
rimanenti baraccopoli in Andalusia, e di evitare che ne vengano costruite altre.
Ma come vengono smantellate, così sono ricostruite. Ed il governo regionale
comprende di non aver ancora trovato una soluzione permanente per i Rom
dell'est.
Espulsa in varie occasioni, la famiglia Mihalache ha un permesso speciale per
fermare qui la sua roulotte. Sono in Spagna da quattro anni, in Siviglia gli
ultimi due. Qualche mese fa, il padre ha trovato lavoro come meccanico e le tre
figlie ora vanno a scuola.
Spiega
Petru Mihalache: "In Romania non abbiamo niente, così per guadagnare qualcosa
tutti vengono in Spagna, Francia o Italia."
Sua moglie Patrita aggiunge: "Molti vengono nonostante il sistema delle
quote, per far soldi, per curare i bambini, e per mandarli a scuola. Per
costruire o ricostruire una casa perché ci sono stati così tanti alluvioni."
Una delle loro figlie, Crina Mariana Mihalache, commenta: "In Romania non
possiamo lavorare. Là non abbiamo case, neanche qui. Ma ora mio padre ha un
lavoro e ci va ogni giorno."
La famiglia Mihalache ha avuto l'appoggio dell'organizzazione spagnola Romani Unión
che ha installato un centro informazioni per la comunità. José vi ci si reca
regolarmente per vedere cosa stanno facendo.
Dice: "La Romani Unión è al 100% un'entità rom e considera il popolo rom come
universale. Così quando vediamo questa crescente migrazione dall'est
dell'Europa, capiamo che questi nuovi arrivati hanno specifici bisogni. I
collegamenti tra tutti i Rom significano che dobbiamo aiutarli, dobbiamo
intervenire per migliorare il loro standard di vita."
Ma Manuel García Rondón è convinto che il momento migliore per i Rom debba
ancora arrivare. "L'Europa sta invecchiando e ci sono 12 milioni di Rom in
Europa. Siamo un popolo molto, molto giovane. Ed avranno bisogno di noi per
lavorare. Così dovranno trattarci equamente perché molto presto avranno bisogno
di noi... Per favore, non siate tirchi con noi."
E così lasciamo qui i Rom di Siviglia. La prossima puntata della serie sui
Rom verrà dall'Ungheria, nel cuore dell'Europa.
Di Fabrizio (del 27/09/2010 @ 09:33:54, in Europa, visitato 1922 volte)
RSI.ch (al link è visionabile un breve video)
Minacce ad alcuni membri della Commissione cantonale nomadi
Due denunce sono state inoltrate al Ministero pubblico
Una lettera minatoria é stata recapitata ad alcuni membri della commissione
cantonale ticinese nomadi. "Ve la faremo pagare", si può leggere, tra l'altro.
In precedenza, all'inizio dell'estate, una missiva di minacce era arrivata
anche al presidente della commissione, Ermete Gauro, il quale, dopodomani,
sentirà i suoi colleghi per decidere che seguito dare alla vicenda.
Nel frattempo due denunce sono state inoltrate al ministero pubblico. La
commissione cantonale nomadi ha il compito di approfondire le problematiche
legate al periodico transito di zingari nel nostro cantone. Tra i suoi
obbiettivi vi è tra gli altri formulare proposte per la messa a disposizione di
aree di sosta.
Si da il caso che conosca la persona minacciata, le ho
scritto per sapere cos'era successo. Ecco il suo racconto:
Ciao Fabrizio,
è successo che ho ricevuto una lettera anonima con minacce. Questo perché
faccio parte della commissione cantonale nomadi il cui compito è di trovare aree
di sosta e sensibilizzare la popolazione. Visto quanto sta accadendo devo
ammettere che il secondo obbiettivo è ancora ben lungi dall'essere raggiunto.
Non c'è molto da aggiungere se non che il clima qui è degenerato. Ormai c'è chi
pensa di sfruttare lo scontento della gente deviandolo sui rom. I quali rom qui
non costituiscono assolutamente un problema. Ci sono alcuni gruppi (che al
massimo raggiungono il numero di 150 persone) che viaggiano e si autosostentano
con il commercio di tappeti e si fermano in Ticino per qualche settimana. Dal
punto di vista economico sono perfettamente autosufficienti senza dover
ricorrere a pratiche quali l'elemosina o altri stratagemmi. Tempo addietro
sorgeva il problema della sporcizia lasciata sui campi dopo la partenza.
Sporcizia dovuta al fatto che i campi non erano attrezzati: una canna
dell'acqua, niente gabinetti, ritiro dell'immondizia non organizzato. Ora benché
il solo campo rimasto non sia per niente l'ideale (hanno messo qualche latrina "toitoi")
anche quel problema è praticamente risolto in quanto i nomadi riescono
ciononostante a lasciare il luogo in condizioni decenti. Quindi chi fomenta
l'ostilità gioca sulle fantasie ancestrali dei sedentari e non poggia per nulla
su fatti concreti. Hanno fatto gran rumore sull'arresto di due ragazzine
minorenni rom a Chiasso e Como che portavano sul treno un trolley con dentro una
cassaforte forzata ma non ancora aperta. Si trattava di ragazzine che
rientravano in Italia provenienti dalla Svizzera tedesca e che di fatto non
avevano nulla a che fare con il Ticino. Ti ho già scritto della pagina del
"Mattino della Domenica" della Lega Bignasca del 12 corrente. Se la cosa ti è
sfuggita ti metto di nuovo il link:
Il Mattino online
All'inizio pochi hanno reagito. Il primo è stato il direttore della "Regione
Ticino" Caratti con un editoriale forte dal titolo "Quando diremo basta?".
Qualcuno di notte ha imbrattato la porta della sede della Lega e ha piantato una
croce con il nome del Bignasca. C'è stata anche una manifestazione del centro
sociale il Mulino. I ragazzi sono stati molto bravi hanno fatto il presidio
davanti alla Lega leggendo poesie di Primo Levi e altre contro il razzismo.
Reggevano un cartello "Il lavoro rende liberi? Chiedetelo a Bignasca". Un
vecchietto di 87 anni (Edouard Wahl) ha camminato per un'ora in via Nassa a
Lugano (la via più elegante della città) portando un cartello "Solidarietà ai
Roma". Bertoli, segretario del partito socialista ha chiesto agli altri partiti
di riunirsi per far fronte al degrado del clima sociale. Con qualche
tentennamento e distinguo alla fine si sono riuniti per discuterne. Tra l'altro
il rappresentante della Lega nel governo cantonale si è dissociato e ha
deplorato la pagina del giornale del suo partito. Quanto alla lettera anonima
(...) ho sporto denuncia.
Caro Fabrizio, per la lettera non ho paura ma provo disgusto. Ciao
silvana
Ah, volevo aggiungere che stasera (domenica 26 settembre ndr) dalle
17.00 alle 18.30, insieme al vecchietto di cui ti ho scritto nella mail, faremo
un presidio davanti al Municipio di Locarno con un cartello "Pro Rom non
Pogrom". Lo so che è una goccia in confronto al mare di ciò che andrebbe fatto.
Ciao
silvana
Eccolo qui il vecchietto Edouard Wahl che manifesta davanti al Municipio di
Locarno.
ciao
silvana
Di Fabrizio (del 28/09/2010 @ 09:42:59, in Europa, visitato 3523 volte)
by Paul Polansky
[continua]
EULEX
(immagine da
daylife.com) Il generale in pensione Yves de Kermabon mentre prega
(spero) per salvare (spero) i bambini rom e askali di Mitrovica dai soldati
francesi, dal dr. Bernard Kouchner, dall'ONU, dal governo del Kosovo e... dall'EULEX.
IL PREMIO IN-GIUSTIZIA: disgrazia questa Missione dell'Unione Europea in
Kosovo sul Ruolo della Legge che rivendica il suo scopo principale
nell'assistere e supportare le autorità del Kosovo sul ruolo della legge e si
riserva il diritto di perseguire i seri crimini che il governo del Kosovo
ignora. EULEX viene disonorata con questo premio per avere rifiutato di
considerare "la negligenza di massa verso l'infanzia" nei campi di Mitrovica
come un "serio crimine", nonostante le 86 morti sino ad oggi.
Dato che era risultato impossibile durante quasi undici anni di coinvolgere
qualsiasi agenzia ONU o il governo del Kosovo, soprattutto il Ministro della
Salute, nel salvare i bambini che muoiono di avvelenamento da piombo negli ex
campi UNHCR, inviai una mail a Yves de Kermabon, capo della missione EULEX,
chiedendogli un incontro per discutere su cosa EULEX potesse fare.
Ex generale francese, che una volta comandava la Legione Straniera in
Cambogia e poi le forze NATO in Kosovo, Kermabon rifiutò di vedermi.
Con l'aiuto di amici impegnati nel salvare questi bambini, facemmo ricorso al
suo capo UE, la baronessa Catherine Ashton, ed alla fine ottenemmo un
appuntamento per vedere il procuratore capo del generale Kermabon, Theo Jacobs,
e tre componenti della sua squadra. Non fu un ricevimento caloroso. Erano troppo
ritrosi per ricevermi o soltanto riluttanti di dovermi vedere.
Il procuratore capo Jacobs non fece nessun tentativo di dare inizio alla
riunione, così gli chiesi se avesse ricevuto il nostro promemoria legale che gli
avevo inviato per posta elettronica il giorno precedente. Con riluttanza mi
disse di sì ma non fece nessun commento. Così tirai fuori tutti gli altri
documenti che avevo portato e iniziai a passarglieli.
Il primo era un comunicato OMS del settembre 2009 che ancora una volta
chiedeva l'immediata evacuazione e cure mediche. Dissi che l'OMS ne chiedeva
l'evacuazione dal novembre 2000 e che da allora aveva inviato richieste simili.
Nessuna risposta da EULEX: nessuna domanda, nessun commento.
Ho poi consegnato il rapporto del difensore civico al primo ministro del
Kosovo inviato ad aprile 2009, in cui il difensore civico chiedeva l'immediata
evacuazione e chiedeva una risposta entro 30 giorni. Non venne mai ricevuta
nessuna risposta da parte del primo ministro. Dissi che il nuovo difensore
civico il giorno prima aveva visitato i campi ed avrebbe inviato un rapporto
simile chiedendo l'evacuazione e cure mediche. Nessun barlume di vita da parte
dei convocati EULEX seduti davanti a me.
Poi consegnai loro il rapporto di Thomas Hammarberg, il Commissario per i
Diritti Umani del Consiglio d'Europa, che chiedeva l'evacuazione dei campi e
cure mediche. Uno dello staff di Jacobs seduto di fronte a me disse che la
settimana seguente avrebbe posto maggior pressione al governo del Kosovo perché
facesse qualcosa.
Allora diedi loro il rapporto di Human Rights Watch (77 pagine) e per finire
un'altra copia del nostro memorandum legale di 46 pagine.
Dissi che avevamo fatto pressioni sull'UNMIK per un'evacuazione e cure
mediche già dal novembre 2000 e naturalmente senza ottenere niente. Eravamo ora
a febbraio 2010. Dissi che probabilmente era impossibile portare in giudizio lo
staff ONU a causa della loro immunità, ma volevamo comunque farlo per gli
amministratori del campo, Norwegian Church Aid e KAAD. Fornii allora loro degli
esempi di "negligenza premeditata" commessa da entrambi gli amministratori del
campo, enfatizzando il rifiuto di NCA di riportare le morti nel campo e mai
chiedendo alimenti o trattamento medico per avvelenamento da piombo; e KAAD, che
oltre a ciò aveva colpevolmente interrotto la dieta speciale per Ergin e suo
fratello.
Dissi che ci doveva essere giustizia. Per quello ero venuto da loro.
Jacobs disse che un'azione sotto il loro mandato era impossibile. Loro erano
lì essenzialmente per monitorare il sistema giudiziario del Kosovo. EULEX si
incaricava personalmente di pochissimi seri crimini. Anche se il nostro caso
fosse stato possibile sotto il loro mandato, non l'avrebbe accettato perché
sarebbero occorsi anni per trovare se qualcuno fosse responsabile. Dissi che
avevamo tutte le prove che servivano. Dissi che l'OMS si era offerto di fornire
tutti gli elementi di prova e che io ed i nostri avvocati potevamo fornire nomi
e prove della negligenza criminale.
Jacobs disse che non si trattava di un caso criminale, ma di una questione
politica. Disse che l'unica maniera per noi era di mettere più pressione
politica sul governo del Kosovo per risolvere questa questione politica.
Non ero d'accordo e parlai a lungo sulla storia di questo caso: il dr.
Kouchner che mette i Rom su di un terreno contaminato, promettendo che sarebbero
stati spostati entro 45 giorni; dissi che la squadra medica ONU aveva
raccomandato l'evacuazione nel novembre 2000 e la disintossicazione in Polonia,
ma che Kouchner aveva opposto il veto; dissi a Jacobs che il mio team aveva
portato la famiglia di Mustafa in Germania, sottoponendo a TAC tutti i bambini,
che trovò Denis di 7 anni col fegato di un sessantenne alcolizzato, a causa
dell'avvelenamento da piombo secondo i dottori tedeschi; dissi di come io e il
mio staff avessimo raddoppiato i livelli di piombo che causano danni cerebrali e
che anche noi avessimo dovuto essere disintossicati. Menzionai come tutti
stessero rimproverando ai Rom di avvelenarsi da soli smaltendo le batterie delle
auto, ma che i campioni su 66 bambini del campo mostravano di avere 36 altri
metalli pesanti che non si trovavano nelle batterie delle macchine. Continuai ma
non vidi nessun barlume di interesse nelle persone sedute di fronte a me. Era
ovvio che non mostravano alcuna compassione per la sofferenza di questa gente...
questi zingari.
Parlai per 50 minuti, raccontando loro ogni tragedia che era successa nei
campi dal 1999. Se fosse dipeso da loro, il meeting sarebbe finito dopo cinque
minuti.
Alla fine, Jacobs era abbastanza esasperato con me che cercavo di rendere
questo un caso criminale. Continuò a dire che era una perdita di tempo. Quella
era una questione politica e io dovevo trovare un modo di fare pressione sul
governo del Kosovo, non su EULEX.
Alla fine gli chiesi se non fosse stato un serio crimine. Mi rispose di no.
Disse che era un serio problema, ma perché lui lo definisse un serio crimine
prima avrebbe dovuto investigare e questo avrebbe preso anni. Anche così, disse,
sarebbe stato difficile trovare i responsabili di persona. Dissi che se questa
situazione fosse avvenuta in qualsiasi città europea ed il sindaco, il capo
della polizia e gli incaricati alla sanità pubblica non avessero immediatamente
evacuato l'area, sarebbero finiti in prigione per negligenza verso l'infanzia.
Il procuratore capo si limitò a fissare davanti a sé.
Il suo staff concordò con lui. Questa era una questione politica e dovevamo
porre maggiore pressione sul governo del Kosovo. Dal 1999 al 2008 non era
possibile. Ora che il Kosovo aveva l'indipendenza, dovevano mostrare di
meritarsela.
La donna seduta di fronte a me continuò a ripetere che Thomas Hammarberg
sarebbe venuto la settimana prossima. Era molto alterato perché il governo del
Kosovo non aveva seguito le sue raccomandazioni di sei mesi prima, quando era
stato lì l'ultima volta, di evacuare i campi. Disse che avrei dovuto incontrarlo
durante la sua visita.
Lasciai loro due nostri DVD: Kosovo Blood e la manifestazione del campo di
Osterode ad aprile 2009. Lascia anche loro due copie del mio libro UN-Leaded
Blood che immediatamente loro coprirono con le loro carte, nel caso qualcuno
potesse vederne la copertina.
Fui molto educato nel ringraziarli per avermi ricevuto, ma spero di aver
mostrato con la mia espressione quanto frustrato io fossi dalla loro mancanza di
umanità e compassione, e soprattutto dalla loro mancanza di interesse nel
cercare giustizia per questa povera gente che aveva sofferto la peggiore
tragedia di ogni minoranza in Europa nell'ultima decade. Così come non c'è
misericordia per i nostri bambini romanì negli affari targati Mercy Corps, né
nessun interesse nel salvare i nostri bambini da parte dell'OnG Save the
Children... non c'è nemmeno nessun interesse nella giustizia per questi ragazzi
del Dipartimento Giustizia di EULEX.
Riconoscimenti
Durante questi undici anni per portare l'attenzione sulla sofferenza e la
tragedia dei Rom/Askali scaricati dall'ACNUR e dall'UNMIK su terreni
contaminati, non molte persone od organizzazioni sono state con noi durante la
lunga tirata. Quelli che hanno iniziato con noi e tuttora stanno contribuendo:
Argentina e Miradija Gidzic, e Jacky Buzoli. Tutti e tre sono Rom e sentono una
dedizione profonda per aiutare la loro gente. Sono anche stati curati per
avvelenamento da piombo, a causa del loro lavoro nei campi. Nel 2005, si è
aggiunta Dianne Post, un avvocato americano che non solo ha dedicato il suo
tempo (gratuitamente) per difendere questi bambini rom/askali, ma ha anche
offerto il proprio denaro per comprare aiuti. Lo stesso anno, Yechiel Bar Chain
donò dei fondi per comprare le prime medicine per curare quanti avevamo fatto
uscire dai campi. Il dr. Bader di Milwaukee, WI, si unì quell'anno per
finanziare i nostri viaggi a Belgrado. Inoltre comprò un pezzo di terra per la
famiglia di Jenita Mehmeti e finanziò la pubblicazione di UN-Leaded Blood e la
realizzazione del documentario Gipsy Blood. Dan Lanctot che fece il film donò il
proprio lavoro. Anche il dr. Klaus Runow si unì a noi nel 2005 per raccogliere i
primi campioni di capelli dei bambini nel campo, registrando che [i bambini] non
solo erano avvelenati da piombo, ma soffrivano anche di altri 36 metalli
pesanti. Per strada sono arrivati contributi ed appoggio dalla Società per i
Popoli Minacciati, JDC, Mary Ellen Salinas, Linda Johnson, Jennifer Clayton-Chen
ed il suo gruppo a Monaco (Germania), Fed Didden, Nidhi Trehan, ed il dr.Sasha
Maksutovic. I contributi a questo libro includono: Bernie e Suzie Sullivan, John
Munden, Graham Crame e Dianne Post.
Due anni fa la nostra campagna navigava in cattive acque finché Bernie
Sullivan organizzò il KMEG (Gruppo di Emergenza Medica del Kosovo) ed introdusse
nuovi attivisti, in particolare Valerie Hughes che spinse il senatore irlandese
David Norris a parlare (e continua a farlo) a favore dei nostri bambini zingari.
Molti giornalisti e media importanti come Bild Zeitung, Aljezzera, BBC, ZDF,
ARTE TV, la TV australiana (Dateline), The Sun, The Guardian, l'International
Herald Tribune, ed il Washington Times hanno informato il pubblico su questi
bambini che stanno morendo. Sono arrivati in aiuto due altri avvocati: Bob
Golten, professore in Diritto Umanitario all'Università di Denver, che ha
scritto lettere a Mercy Corps e ad NCA, richiamandole alle loro responsabilità;
e Nichola Marshall, in rappresentanza dello studio legale Leigh Day di Londra,
che si è unito a Dianne Post nel richiedere un risarcimento dall'ONU per i campi
rom/askali.
Ironicamente, non molte organizzazioni romanì si sono unite alla nostra lotta
ma recentemente due hanno vigorosamente raggiunto la causa: l'Associazione
Britannica delle Donne Zingare e Patrin GB. Sono certo di essermi dimenticato di
menzionare molti altri che ci hanno aiutato in questo percorso e chi ora sta
contribuendo. Ma loro sanno nel loro cuore che cosa hanno fatto. Tristemente, la
nostra campagna di undici anni non ha salvato molti bambini. Quando abbiamo
iniziato c'era una possibilità di salvare la maggior parte di loro da danni
irreversibili al cervello. Ora tutti ce li hanno. Un dottore mi ha detto che
abbiamo perso un'intera generazione di bambini dei campi. Forse anche una
seconda generazione dato che molti di questi bambini non vivranno abbastanza da
avere dei bambini a loro volta. Ma ancora stiamo combattendo per loro, per un
risarcimento e per la giustizia. Sfortunatamente, non possono mangiare la
giustizia.
Titolo originale: DEADLY NEGLECT
di Paul Polansky
Prima edizione
71 pagine
Tiratura: 1.000 copie
Editore: Kosovo Roma Refugee Foundation (KRRF)
traduzione in italiano di Fabrizio Casavola
www.paulpolansky.nstemp.com
Email: pjpusa5040@yahoo.com
www.toxicwastekills.com
Fine quindicesima e ultima puntata
Di Fabrizio (del 29/09/2010 @ 09:31:24, in Europa, visitato 1703 volte)
Da
Roma_und_Sinti
Prensa Latina
Berlino, 23/09/2010 - Nonostante i dinieghi del cancelliere tedesco, Angela
Merkel, la Germania ha continuato a deportare persone di etnia rom e sinti verso
il Kosovo.
Secondo i resoconti della stampa tedesca, la deportazione di circa 10.000 Rom
e Sinti [...] è basata su di un accordo col Kosovo firmato a settembre 2009.
Il presidente francese Nicolas Sarkozy ha detto in un recente vertice UE che
la Germania prevede anche di smantellare i campi nomadi, ma la Merkel ha
immediatamente smentito ciò, senza menzionare il controverso accordo col Kosovo.
La Germania sta deportando un numero crescente di ex rifugiati dal conflitto
nei Balcani, secondo la OnG Pro Asyl.
Secondo l'OnG, 213 persone sono state deportate nei primi quattro mesi dell'anno
verso il Kosovo, che ha dichiarato la propria indipendenza nel febbraio 2008.
Interrogata da parlamentari della sinistra, l'amministrazione Merkel ha
ammesso che 53 di loro erano Sinti o Rom. Nel 2009, la Germania ha deportato 51
persone in Kosovo.
Pro Asyl ha confermato che di 12.000 membri di minoranze etniche kosovare che
vivono in Germania, 5.000 sono bambini e adolescenti.
"...in Kosovo affronteranno un isolamento sociale e discriminazioni diffuse,"
ha detto Pro Asyl, basandosi su uno studio dell'UNESCO che mostra come oltre il
70% dei minori deportati lascia la scuola.
Anche se la Germania ha negato qualsiasi rischio per i deportati in Kosovo,
il Consiglio Centrale dei Sinti e Rom in Germania ha confermato le critiche. "La
situazione della sicurezza in Kosovo è ancora critica," ha detto l'attivista
Herbert Heuss.
Mercoledì il Consiglio d'Europa ha invitato la Germania ha fermare le
deportazioni di Sinti e Rom.
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