Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 05/11/2009 @ 09:50:43, in Italia, visitato 1686 volte)
Di Fabrizio (del 06/11/2009 @ 09:39:50, in Italia, visitato 2178 volte)
di
Alberto Melis
«Una ricerca dell'Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione del gennaio
di quest'anno dice che alla domanda “Quanti sono i rom e i sinti in Italia?” il
35 per cento degli italiani pensa che sono più di mezzo milione, mentre solo il
6 per cento pensa correttamente che sono intorno ai 130 mila, l'altro 59 per
cento risponde che non lo sa. Il 24 per cento sa che più della metà dei rom sono
cittadini italiani, il 16 per cento che i rom non sono più prevalentemente
nomadi, il 37 per cento sa che non sono un popolo omogeneo per cultura e paese
di provenienza e solo lo 0,1 per cento, uno su ogni mille abitanti, ha tutte
quattro le informazioni». Così Dijana Pavlovic - attrice, giornalista e
attivista rom di origine serba - restituisce la profondità del solco che divide
l'etnia rom e sinta dal resto della popolazione italiana, in un volume che verrà
presentato oggi alle 17 a Cagliari, nell'Aula magna della facoltà di Scienze
politiche in viale Fra Ignazio 78, da Gianfranco Bottazzi, docente di Sociologia
economica, e Silvia Niccolai, docente di Diritto pubblico.
“Rom e Sinti in Italia” (Ediesse, pp. 268, euro 15, vedi
QUI ndr), curato da Roberto Cherchi e
Gianni Loy, è una raccolta di saggi promossa dall'Associazione Sucania e dalla
Fondazione Anna Ruggiu, che sulle problematiche della non conoscenza e degli
stereotipi negativi che gravano sull'etnia minoritaria, e insieme sui diritti
che ancora oggi le vengono negati, avevano già organizzato un seminario a
Cagliari lo scorso anno.
Davanti al gravissimo pregiudizio che negli ultimi anni è andata via via
inasprendosi nel nostro paese (l'unico in Europa e forse nel mondo che dal 1998
si è dotato di una legislazione speciale che in luogo del diritto comune ha
imposto per i rom una serie di norme tanto vessatorie quanto discriminatorie,
come quella sulle impronte digitali per i bambini), il volume propone numerosi
interventi volti da una parte a ricostruire il percorso millenario che ha
portato l'etnia romané in Europa, proveniente dall'India nord-occidentale, e
dall'altra a fornire un approfondito quadro analitico dei meccanismi attraverso
i quali si sostanziano tanto la sua oggettiva emarginazione, quanto i comuni
sentimenti di rifiuto che la circondano. Di particolare interesse - oltre
all'intervento della studiosa e ricercatrice di etnia sinta Eva Rizzin, dell'European
Roma Rights Center, che ricostruisce lo sconfortante panorama de
“L'antiziganismo in Italia e in Europa” - sono il saggio in apertura di Gianni
Loy (“Violino tzigano. La condizione dei rom in Italia”), quello di Tommaso
Vitale (“I nomadi come problema pubblico nelle città italiane”) e quelli di Luca
Bravi e di Paolo Finzi, storico editore di “A - rivista anarchica” e già amico e
complice di Fabrizio De André nelle sue incursioni musicali nella cultura
“zingara”, che propongono un'accurata ricostruzione del Porrjamos, lo sterminio
nazista dei popoli nomadi.
Ugualmente meritevoli di attenzione gli aspetti indagati dagli altri autori
della raccolta, Massimo Aresu (una lettura inedita dell'antica presenza rom in
Sardegna), Ilenia Ruggiu (sul tema della diversità come “bene pubblico”),
Roberto Cherchi (“I diritti dello straniero”) ed Ester Mura, l'ex direttrice di
un istituto di Monserrato che racconta la straordinaria esperienza di
integrazione che qualche anno fa portò tutti i bambini della locale comunità rom
a frequentare con successo la scuola.
Di Fabrizio (del 07/11/2009 @ 09:22:18, in Italia, visitato 1815 volte)
Il giorno 3 novembre, un bimbo Rom di 4 anni , di nome Mirko, viene
travolto a Messina, in pieno centro cittadino, da una macchina in transito. Il
piccolo trasportato all'ospedale più vicino non viene ricoverato per mancanza di
posti. Così sballottato fra un nosocomio e l'altro (che rifiutano il ricovero
per lo stesso motivo), viene trasferito in elicottero a Catania: muore durante
il trasferimento aereo, per il trauma cranico subito nell'investimento (già
appurato da una tac durante le visite agli ospedali).
Vi mando questo mio articolo sull'argomento; se vorrete pubblicarlo nel vostro
sito Mahalla sarà un piacere per me ed anche per Mirko.
Iryna Chumakova (titolare del giornale scritto in 9 lingue per gli
immigrati ( Siciliano) e del sito plurilingue
www.mondiemersi.it
Il piccolo Mirko non ce l’ha fatta, un’altra anima innocente è ritornata nella
mente di Dio, in attesa del giudizio finale. Un giudizio non certo come quello
espresso da parecchie persone quando si è saputo la provenienza della vittima:
un bimbo di 4 anni, Rumeno, ed inoltre appartenete alla comunità Rom di San
Ranieri, un mix micidiale!!!
Il fatto ci scuote molto meno di tanti altri fatti di cronaca, non tanto perché
si tratta di una ennesima vittima della strada, ma perché si tratta di un
“Extracomunitario”, uno di quelli che “chiedeva soldi” (anche se la famiglia
nega questo utilizzo del figlio), uno di quei bambini fastidiosi, arroganti, che
viveva male, anzi in modo sbagliato, alla periferia sporca ed estrema di una
città che ha poco di che vantarsi.
Il piccolo è stato sballottato da un nosocomio all’altro. Non c’è posto... è
stato risposto ai genitori, forse qualcuno avrà aggiunto... non per uno come
voi! Bastava un piccolo e tempestivo intervento chirurgico per poterlo vedere
ridere ancora, ma un elicottero ed uno spostamento di troppo in cerca di un
“posto non si sa dove” o meglio di qualcuno che lo accettasse, lo ha fatto
volare via.
Mi sono anche meravigliata della quasi inesistenza dei vari commenti che
abitualmente accompagnano gli articoli di cronaca , quelli che si leggono in
fondo alla pagina, nei vari giornali in web. Tempo fa per un articolo che
trattava un argomento così estremamente futile, su di un intervento del Sindaco
della nostra città, ho letto e contato divertita ben 18 commenti. Per gli
articoli su Mirko, che sono stati pochi ma giusti, a commentare questa sua
dipartita anomala... niente!!!
Con questo mio commento non voglio demonizzare la nostra non - sanità ( sarebbe
come rivoltare la lama in una ferita già aperta... troppo facile) voglio solo
porre un accento in più su un azione che potrebbe odorare di discriminazione
razziale e voglio chiedermi e chiedervi ... perché?
Molto probabilmente i riflettori si abbasseranno presto sull’argomento, come si
sono abbassati sulla disgrazia annunciata di Giampilieri, non fa tanto notizia
il figlio di un raccattatore di ferri vecchi e di una madre che chiedeva
l’elemosina, non interessa a nessuno. Si potrà solo udire il battito di ali di
un nuovo angelo che vola via da questa fredda società , un angelo Rom.
Di Fabrizio (del 15/11/2009 @ 09:04:30, in Italia, visitato 1927 volte)
pagina.to.it
BEINASCO - 11/11/2009 CRONACA -di Gabriella Serravalle
La comunità rom beinaschese è una piccola comunità composta da una trentina
di persone. Oggi vivono in una nuova area, inserita, vista la vicinanza al fiume
Sangone, nelle aree protette della fascia del Po.
Lasciato il vecchio campo, situato dietro il cimitero, oggetto di esproprio da
parte della Provincia di Torino, la comunità ha occupato il nuovo campo situato
nel Parco del Sangone, in prossimità della rotonda dei Dragoni, dove nascerà la
nuova circonvallazione, nei pressi degli orti urbani.
La nuova sistemazione della comunità è su un terreno di proprietà comunale di
1300 metri quadrati, opportunamente attrezzato e suddiviso in sei sotto aree.
Una per ognuna delle sei famiglie rom. Vi si sono trasferiti nell’aprile 2009.
In quattro giorni fecero il trasloco dal vecchio campo, situato su un terreno di
loro proprietà, al nuovo campo comunale. Sono inseriti in un progetto culturale
e sociale che fa capo al Cidis e che coinvolge anche i comuni di Rivalta e
Orbassano. A fare da mediazione la cooperativa San Donato di Torino che, oltre a
seguire l’intero progetto, ogni due mesi relaziona al comune.
Gabriella Scaperotta è la mediatrice culturale che segue il progetto e il campo
beinaschese. «Il trasferimento non è stato facile per loro – dice - Nel vecchio
campo si sentivano a casa loro, questa è proprietà del Comune. Devono rispettare
le regole che fanno parte del progetto. Inoltre il 21 ottobre dell’anno scorso è
morto Hamia Suleymanovic, il loro capo clan. Oggi le famiglie sono un po’
spaesate, manca loro una figura di riferimento».
C’è un vero e proprio programma di inserimento scolastico. Tutti i bambini vanno
a scuola regolarmente: tre bambini frequentano la materna, sei le elementari,
due le scuole medie, gli altri sono tutti piccolissimi. Gabriella Scaperotta è
entusiasta. «Siamo fieri, tutti i bambini vanno a scuola e sono ben inseriti.
All’inizio, nel 2007, qualche problema c’è stato. Il risultato raggiunto è
ottimo. Avere due ragazze che frequentano le scuole medie, regolarmente,
recandosi da sole a scuola, arrivando tutti i giorni puntuali, è per noi un
successo inaspettato. Una ragazza ha quindici anni. Per i rom quindici anni è
l’età in cui ci si sposa, non in cui si va ancora a scuola. Poi certo a scuola
l’integrazione non è totale. Alle feste di compleanno a casa i bambini rom non
vengono invitati, ma loro non ci fanno caso. A parte questo Beinasco è
sicuramente un comune all’avanguardia, da cui prendere esempio. Qui, su questo
tema, siamo avanti, molto avanti». C’è un progetto in cui Beinasco è addirittura
comune pilota in Italia: il Coi, progetto sulla salute orale nei campi nomadi.
Il rapporto con l’autorità, rappresentata dalla polizia municipale beinaschese,
è ottimo. Kemal, venticinque anni, padre di tre bambini, è sposato con
Elisabetta: «Ah sì, Sergio, lui viene spesso a trovarci. E’ bravo». Gabriella Scaperotta: «Sergio è
Sergio Florio, comandante della polizia municipale. E’ per
loro una figura molto importante è una persona che sa ben rappresentare la legge
ma mettendoci un forte lato umano. Loro lo rispettano ma lo considerano un
amico. Quando viene qui sgrida i ragazzini che combinano guai e loro lo
ascoltano. E’ importante, molto importante».
Il campo ha delle regole precise da seguire. «Una specie di regolamento
condominiale. Se seguono le regole bene, altrimenti fuori » aveva affermato
perentoriamente Bruno Guarnieri, vicesindaco e assessore al sociale della
vecchia amministrazione. La pulizia del campo, l’inserimento scolastico dei
bambini, il non arrecare disturbo alla popolazione locale, l’obbligo di
vaccinazioni, un progetto di consultorio familiare. Il campo è ben organizzato e
pulito. Le sei famiglie che vi vivono, complessivamente trenta persone, di cui
una ventina di minori e dieci adulti, hanno ognuna il loro spazio delimitato da
una blanda recinzione, la propria roulotte, il proprio punto acqua. Esistono poi
gli spazi collettivi: un lavatoio per le stoviglie, un rubinetto d’acqua per
lavare i panni, due bagni chimici, cinque bidoni per la raccolta di rifiuti, un
generatore di corrente per illuminare il campo la sera.
I panni puliti stesi ai fili della recinzione, i piatti insaponati sul lavatoio,
addirittura il tavolino all’esterno della roulotte con il vassoio e le tazzine
con il caffè.
Kemal è uno dei capofamiglia: «Abbiamo girato tanti posti ma a Beinasco ci
troviamo bene, ci sentiamo accolti, ben integrati. Io voglio vivere sempre qui
nel campo, meglio qui che sulla strada. Ci sentiamo più sicuri. Non voglio una
casa. Per noi rom il campo è la libertà. La gente qui è abbastanza gentile.
Qualcuno si spaventa quando ci vede. Li capiamo, siamo abituati. Ma hanno
accolto bene i nostri bambini, questo per noi è molto importante. Non voglio
andare via. Quello che ci manca di più sono le docce e la luce, la sera qui è
tutto buio. Il generatore funziona per due o tre ore poi siamo immersi nel buio
totale del bosco».
Gli fa eco una bella ragazza giovane, vestita in maniera moderna: gonna di
jeans, maglietta viola, Patrizia è una ragazza decisa, guarda avanti. E’ una
delle poche ad avere la cittadinanza italiana. E’ seduta al suo tavolino, fuori
dalla roulotte, dove prende il caffè: «Per me è importante la cittadinanza. Io
voglio essere cittadina italiana. Ho combattuto per averla per me e per le mie
figlie. Non abbiamo precedenti. E’ importante avere i nostri diritti. Le mie
figlie vanno a scuola. Il mio sogno? Una casa. Un giorno forse riuscirò ad
esaudirlo. Non voglio vivere per sempre qui».
Arifa è la donna più anziana che vive nel campo. Oggi è vedova, suo marito è
morto quattro anni fa. E’ la mamma di quattro figli maschi che vivono tutti nel
campo. Kemal è uno di loro. Ha una bella casa-roulotte che tutti le invidiano.
Già, perché anche qui c’è chi ha la casa più grande e più bella e chi non ha
neanche la porta nella roulotte.
Se la questione nomadi inizialmente è nata per il discorso sicurezza oggi si è
estesa al discorso spese. Il campo ha avuto dei costi per la sua creazione, ci
sono dei costi annuali. A seguito della stipula dell’accordo di programma tra i
comuni di Beinasco, Rivalta, Orbassano, il Cidis e la cooperativa Sociale San
Donato hanno richiesto dei finanziamenti regionali.
Sono stati finanziati: il progetto “Tante Culture” (tavolo di lavoro per azioni
di integrazione sociale e culturale della popolazione rom) dal settembre 2007 al
giugno 2008 per un contributo totale di 25mila euro; il progetto “In-Legale”
(interventi per l’integrazione culturale e lavorativa dei soggetti rom) per 12
mila euro; il progetto “Rom in Comune” (interventi a favore delle popolazioni
zingare quali tutela minori, sostegno alla genitorialità e prevenzione della
devianza minorile). Il Comune ha inoltre approvato un progetto autonomo per
“Accompagnamento sociale all’abitare rivolto ai nuclei familiari Rom” redatto
dalla cooperativa San Donato con uno stanziamento presunto di 12.700 euro. I
costi del progetto previsti sono di 205 mila euro, di cui il 77% sarebbe stato
finanziato dal ministero e il 23%, pari a 47mila euro, dai comuni. I costi per
interventi strutturali sono stati invece pari a 20.900 euro per la prima
sistemazione, e 53.350 per la seconda sistemazione.
L’interrogazione consiliare presentata dall’opposizione è proprio sui contributi
al campo nomadi. In particolare sul noleggio dei wc chimici. Proprio per questo
si sta valutando la possibilità di realizzare un blocco di servizi che
comporterebbe una spesa di 15 mila euro.
Rosalba La Fauci: «Dalle cifre fornite dagli uffici del Comune emergono
contributi regionali e provinciali (60 mila euro circa) già impegnati per
interventi a progetto.
Risultano ulteriori 107.850 euro spesi da questa amministrazione. Rapportato
alle trenta persone che occupano il campo sono una cifra pro-capite non
indifferente. Se poi raffrontiamo questa spesa all’impegno finanziario che
questa amministrazione dimostra alle famiglie che stentano ad arrivare a fine
mese, alle associazioni di volontariato e ai Centri di ascolto che operano sul
nostro territorio, vediamo che non corrisponde neanche ad un terzo per tutta
Beinasco. Ricordiamo che questo è accaduto grazie a una sconsiderata politica
integrativa che allo sgombero ha preferito sanare una situazione inaccettabile,
che grava oggi sulle tasche dei cittadini e che ancora oggi, dopo anni, non
risulta essere regolata in maniera da garantire il rispetto dei diritti e dei
doveri così come richiesto a tutti gli altri abitanti di Beinasco».
Replica il sindaco Maurizio Piazza: «Tralasciando la demagogia, il Governo
centrale ha messo milioni di euro in finanziamenti non per abbattere i campi
nomadi ma per regolamentarli. Noi seguiamo delle direttive centrali. Le linee
sono di regolamentare anche a fini igienico-sanitari. Il presidente del
consiglio in una sua ordinanza nomina i prefetti commissari in questa materia.
Ecco perché la maggior parte delle spese sostenute sono finanziate. Oltretutto
noi siamo convinti di quello che facciamo ed evitiamo strumentalizzazioni.
Stiamo anche predisponendo un vero e proprio regolamento. Dire che spendiamo più
per i rom che per le famiglie di Beinasco vuol dire vivere su un altro pianeta,
non conoscere la realtà della città, dire un mare di bugie. Non stiamo togliendo
nulla alle famiglie beinaschesi, stiamo integrando una comunità che fa parte di
una minoranza etnica. E siamo orgogliosi dei risultati raggiunti a livello di
inserimento. Tutto il resto sono bugie, le solite bugie. Beinasco è il primo
comune in assoluto per quel che riguarda le borse lavoro. Ma dove vivono?».
Di Fabrizio (del 17/11/2009 @ 09:48:19, in Italia, visitato 1678 volte)
martedì 24 novembre 2009 alle 21.00
Sala del Consiglio della Circoscrizione n.3 - via D'Annunzio, 35 -
Monza
Da secoli sono parte integrante della storia urbana e rurale del nostro
Paese. Li chiamiamo con diversi nomi: zingari, nomadi, rom, sinti, caminanti,
yenish. Negli ultimi anni la loro presenza è diventata uno dei principali temi
di dibattito e mobilitazione nella vita politica, soprattutto a livello locale.
I Comuni sono chiamati a realizzare politiche sociali e abitative, e spesso non
sanno cosa fare. Tentate dalla demagogia, incalzate dai media, le
amministrazioni sovente non conoscono esperienze già attuate in altre città e di
cui è stata valutata l’efficacia. Nel volume vengono esaminati aspetti storici,
culturali e sociologici dei differenti gruppi zigani e vengono descritte le
linee di politica progettate dall’Unione Europea. Sono poi esposte nel dettaglio
le politiche sociali, sanitarie, educative, del lavoro e, in particolare,
abitative realizzate verso i nomadi in diverse realtà italiane. Dall’insieme
emerge come, se programmate e negoziate con i rom e i sinti, politiche locali
che affrontano i problemi e le contraddizioni e rispettano i diritti di tutte le
parti in gioco sono possibili.
Intervengono:
Tommaso Vitale è ricercatore di Sociologia presso l'Università di Milano
Bicocca dove insegna Scienza politica e Sviluppo locale, ed è membro del
comitato di redazione della rivista “Partecipazione e conflitto. Rivista
italiana di studi sociali e politici”. Conduce ricerche sui conflitti urbani,
sulla governance dei processi di conversione industriale e sulla programmazione
dei servizi sociali. Fra le sue pubblicazioni più recenti: Le convenzioni del
lavoro, il lavoro delle convenzioni (2007, con V. Borghi), In nome di chi?
Partecipazione e rappresentanza nelle mobilitazioni locali (2007); I rom e
l’azione pubblica (2008, con G. Bezzecchi e M. Pagani).
Laura Di Martino è membro dell'ARCI "Blob" di Arcore.
L'appuntamento su
Facebook
Di Fabrizio (del 18/11/2009 @ 09:10:21, in Italia, visitato 1385 volte)
Sabato 21 novembre presso la sede A.N.P.I. di Omegna (VB), in via Vaemenia
(piazzale Stazione)
gli autori
GIORGIO BEZZECCHI (Presidente della cooperativa Romano Drom) e MAURIZIO
PAGANI (Dirigente dell’ Opera Nomadi Milano)
presenteranno il volume
"I ROM E L'AZIONE PUBBLICA" (Nicola Teti Editore)
Introduzione di Alyosha Matella
Durante l’incontro sarà proiettato il documentario
PORRAJMOS- UNA PERSECUZIONE DIMENTICATA
di Paolo Poce e Francesco Scarpelli
Realizzato dall’Opera Nomadi Milano con il contributo dell’UCEI
LA CITTADINANZA È INVITATA A PARTECIPARE
Di Fabrizio (del 18/11/2009 @ 17:29:20, in Italia, visitato 1309 volte)
Sportello popolare Quarticciolo di mediazione culturale per
la tutela dei diritti dei cittadini migranti COMUNICATO:
Già la fase finale della giunta Veltroni l'aveva abbondantemente dimostrato
che gli sgomberi (termine orribile riferibile solo a cose e non a
persone) non servono altro che a spostare il problema dei senza fissa dimora
(tra cui i cosiddetti campi nomadi) di solo qualche centinaio di metri,
spalmandolo su tutto il territorio, con grande dispendio di mezzi e denaro
pubblico (il passato vice capo Gabinetto parlava di circa 36.000 euro a
settimana se la memoria non ci inganna).
Cosa è stato risolto? Le prime vittime di questa politica oltre ai Rom (oramai
paradossalmente abituati da sempre allo sgombero) sono stati
coloro che vedono il loro territorio incapace di dare risposte a chiunque (e
nelle periferie sono tanti, troppi!) viva disagi di ogni tipo (economico,
sociale, culturale, insicurezza…).
Il più delle volte l'unica risposta è quella di soffiare sul fuoco del razzismo,
della guerra tra i poveri del prevalere dei particolarismi sciovinisti.
Nel settimo Municipio si è tentata una strada diversa. Con buon senso (e un
minimo di intelligenza) si è compreso che l'insicurezza aumenta con il disagio e
l'emarginazione sociale.
Perciò si sono favorite politiche di inclusione sociale, si è cercato di dare
risposte ai bisogni immediati non rinviabili all'infinito:
Ad esempio è da sei anni che funziona un mercatino Rom dell'usato e
dell'artigianato tipico (attualmente a Via Longoni la domenica mattina) visitato
da migliaia di cittadini romani e non; fino a due anni fa si è svolta con
successo la raccolta dei rifiuti ingombranti abbandonati per strada con due
operati Rom del Casilino 900 (un progetto della Cooperativa Phralipè, AMA,
Comune e Provincia di Roma), si sono sviluppate cooperative sociali che
potessero dare una speranza di lavoro onesto a detenuti ed ex detenuti.
In queste, come in tante altre iniziative, questo Municipio ed il Suo
Presidente, non hanno mancato di far giungere il loro appoggio a dimostrazione
che conquistare facilmente un pugno di voti con becere politiche non era il
sestante della loro azione politica.
E' per questo che oggi appoggiamo le prese di posizione recenti contro lo
sgombero (senza soluzione del problema) di Casilino 700 del Presidente
Mastrantonio. Il problema si è solo spalmato su tutto il territorio (chi pensa
che si possono espellere in massa cittadini comunitari o senza un paese di
riferimento è un illuso o un ipocrita), così come la sofferenza e
l'emarginazione dei soggetti più deboli di questa Comunità (bambini in tenera
età e anziani).
Noi lavoreremo contro questo tipo di tiro al piccione e contro i rigurgiti
razzisti che ci fanno ricordare solo una cosa: la shoa (Porrajmos in lìngua
romanì) che questo popolo ha subito insieme agli ebrei, ai “diversi”, ai nemici
politici del nazifascismo.
Oggi come ieri destinati, loro si, a riempire l'immondezzaio della storia!
Sportello popolare quarticciolo di mediazione culturale per la tutela
dei diritti dei cittadini migranti
IL SERVIZIO DI CONSULENZA PER CITTADINI MIGRANTI E' APERTO
EL SERVICIO DE CONSULTORIA PARA LOS CIUDADANOS MIGRANTES ESTA ABIERTO
THE CONSULTING SERVICE FOR MIGRANTS CITIZENS IS OPEN
LE SERVICE DE CONSULENCE POUR CITOYENS MIGRANTS EST OUVERT
ESTE DESCHIS OFICIUL DE CONSULENŢE PENTRU CETĀŢENI EMIGRAŢI ÎN ITALIA
O SERVIÇO DE CONSULTA PARA CIDADÃOS MIGRANTES E' ABERTO
خدمة الإستشارة للمواطنين المهاجرين مفتوحة.
• CONSULENZA FISCALE E LEGALE
• INFORMAZIONI SULLE NORME VIGENTI IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE
• ORIENTAMENTO AI SERVIZI TERRITORIALI
• PRATICHE PER LA RICHIESTA DELLA CITTADINANZA ITALIANA E PER IL
RICONGIUNGIMENTO FAMILIARE
• COMPILAZIONE DEL “KIT” REPERIBILE AGLI UFFICI POSTALI PER LA RICHIESTA DEL
RILASCIO/RINNOVO DEL PERMESSO/CARTA DI SOGGIORNO PER I MIGRANTI
PIAZZA DEL QUARTICCIOLO 18/19
autobus: 451 (da Metro A Subaugusta e metro B Ponte Mammolo);
capolinea tram 14;
Telefono: 348/6614207 e-mail:
migranti7@yahoo.it
ORARIO: Mercoledì dalle ore 16.00 alle ore 19.00
Di Fabrizio (del 19/11/2009 @ 11:50:02, in Italia, visitato 3353 volte)
Corriere.it (c'è anche un servizio fotografico sullo sgombero)
19 novembre 2009 - Gli agenti hanno fatto uscire le famiglie dalle loro
baracche. Inutile la fiaccolata di mercoledì sera - il consigliere Gentili:
«Provo vergogna come amministratore e cittadino»
MILANO - E' scattato all'alba lo sgombero del campo rom nell'area ex Enel
di via Rubattino a Milano. Le famiglie sono state buttate giù dal letto dagli
agenti di polizia, carabinieri e polizia locale in tenuta antisommossa e hanno
dovuto lasciare le loro baracche. Inutile la fiaccolata organizzata mercoledì
sera da alcune associazioni del quartiere e dalle maestre dei bambini per
scongiurare il blitz. Nel campo, le presenze di nomadi erano passate negli
ultimi mesi da circa 50 a oltre 150, anche in seguito agli arrivi dovuti agli
sgomberi di altri campi irregolari. «La proprietà ha già iniziato i lavori di
smantellamento e messa in sicurezza della struttura», mentre «i servizi sociali
hanno offerto a donne e bambini l'accoglienza nelle strutture comunali», spiega
il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato, che ricorda come con questo
sgombero «il 166esimo, restituiamo alla città un'altra fetta abbandonata al
degrado».
QUARANTA BAMBINI A SCUOLA - Dure le prime reazioni: «Mentre l'assessore
Moioli celebra l'anniversario della Carta dei diritti all'infanzia - affermano i
consiglieri comunali David Gentili (Pd) e Patrizia Quartieri (Prc) - in via
Rubattino l'esperienza di integrazione di 40 bambini nelle scuole del quartiere
viene calpestata dalle ruspe. Uno sgombero che è una vergogna per Milano. Si fa
propaganda politica sulla vita dei bambini». «Alle porte dell'inverno, dopo le
mobilitazioni del quartiere e delle insegnanti delle scuole che ospitano i
bambini, pensavo, ingenuo, che ciò non sarebbe accaduto - prosegue Gentili -.
Non c'è limite all'utilizzo della vita delle persone per fare propaganda
politica». Di «ennesima violazione di diritti fondamentali», parla
l'associazione Naga.
ANCHE A SESTO - Intanto, è stato sgomberato dalle forze dell'ordine anche
il campo rom di via Luini a Sesto San Giovanni, nell'hinterland milanese. A
comunicarlo e il capogruppo del Pdl in Comune Antonio Lamiranda che accusa però
l'Amministrazione di centrosinistra di «nulla aver fatto per tutelare quei
cinque o sei bimbi che vivono in condizioni inumane». Lunedì scorso, durante un
vertice a Palazzo Marino, Lega e Pdl hanno fatto la pace su una delle questioni
che in passato ha diviso la maggioranza, fissando in mille il «tetto» dei nomadi
presenti in città, tetto da raggiungere entro il 2011. I nomadi, a quanto
deciso, dovranno essere inseriti in campi rom regolari e che, in prospettiva,
sono destinati a diventare per lo più spazi di transito.
NOTIZIE CORRELATE
«A Milano non più di mille rom»
Nelle ultime settimane sembra tornata di attualità la cosiddetta
“questione rom”. Come è accaduto in altri casi anche recenti, attorno alle
minoranze rom e sinte si coagulano gli allarmi caratteristici delle politiche
emergenziali e securitarie: ma stavolta, ci sembra, si sta facendo un
preoccupante “salto di qualità”. Quasi che dalle parole minacciose si stesse
passando ai fatti concreti.
A Cosenza, il Prefetto emana un ordine di espulsione per un gruppo di rom
rumeni: un gruppo che, ad avviso del rappresentante del Governo, costituisce una
“una minaccia concreta, effettiva e grave all’incolumità pubblica”. Cosa hanno
fatto di tanto grave queste persone? Vivono in campi e in baracche, non hanno un
lavoro né una dimora stabile. Tutto qui: il provvedimento del Prefetto non
aggiunge altro. I rumeni, quindi, rappresentano una minaccia perché sono poveri,
privi di mezzi di sostentamento. Mai in Italia l’equiparazione tra poveri e
“categorie pericolose” era stata formulata in modo così netto, senza pudori né
giri di parole.
A Roma, all'alba dell'11 novembre, le forze dell’ordine sgomberano le famiglie
rumene dal campo Casilino 700. Nell’operazione sono coinvolte la Polizia di
Stato, l’esercito, i vigili urbani e la Protezione Civile: un dispiegamento di
forze evidentemente sproporzionato rispetto alla situazione. Baracche, tende ed
effetti personali dei rom vengono distrutti dalle ruspe, mentre una ventina di
capifamiglia sono tratti in arresto, nonostante non si sappia di cosa siano
accusati.
Colpisce la tempistica di questi due episodi: nel giro di pochi giorni, un
rappresentante del Governo e un Sindaco schierato con la maggioranza
berlusconiana lanciano una campagna di aggressione contro una minoranza fragile
e discriminata. Il copione non è molto diverso da quello cui abbiamo assistito
altre volte in questi anni: una coalizione politica in crisi di consenso cerca
di rilegittimarsi indicando un facile “capro espiatorio”, un “bersaglio” su cui
scaricare le ire dei cittadini.
Così l’Italia del Governo Berlusconi dichiara guerra ai rom. Indica il “pericolo
pubblico” in una minoranza di 170 mila persone, per metà donne, per metà
bambini, per metà cittadini italiani. La guerra ai più deboli sta diventando la
cifra della nuova Italia guidata dal centro-destra.
Intanto, altri eventi contribuiscono a creare un clima favorevole a queste
scelte del governo.
Ad Alba Adriatica, vicino Teramo, un episodio tragico, un brutto fatto di sangue
diventa il pretesto per criminalizzare un’intera comunità. Il colpevole è un
rom, dunque tutti i rom sono colpevoli: questa è l’operazione condotta in modo
spregiudicato da una parte della stampa e dei mass-media del nostro paese.
A Pisa l’amministrazione comunale – guidata dal centro-sinistra - decide di
chiudere il programma “Città Sottili”: interrompe cioè uno dei tentativi più
avanzati in Italia di superare i “campi nomadi”, e di garantire ai rom il
diritto alla casa (perché, contrariamente a un diffuso pregiudizio, i rom non
vogliono abitare nei campi-ghetto in cui sono stati confinati).
Il Comune di Pisa lancia così un segnale in sintonia con le scelte del Governo
Berlusconi: un brutto segnale di “trasversalità” politica, proprio quando invece
sarebbe importante affermare e praticare scelte politiche e culturali
differenti.
Questi episodi disegnano, nel loro insieme, un mosaico inquietante, che deve
preoccupare tutti. Si sta consolidando in Italia una vera e propria “guerra ai
rom”. Finora teorizzata ed evocata, parzialmente praticata (come nel caso del
censimento dei bambini rom nell’Estate 2008), ma mai attuata con espulsioni e
allontanamenti sistematici. Il rischio è che gli episodi di questi ultimi giorni
rappresentino un drammatico “salto di qualità” in questo senso.
Per aderire:
sergiobontempelli@interfree.it
Di Fabrizio (del 20/11/2009 @ 15:32:31, in Italia, visitato 2836 volte)
Un breve resoconto che ho scritto con rapidità, indignato dalle dichiarazioni
della Moioli:
Tommaso Vitale, Dipartimento di Sociologia e della Ricerca Sociale -
Università di Milano Bicocca
19/nov/09: Non è certo il primo sgombero a cui assisto. Questa mattina alle
5.45 in
via Rubattino c’erano già alcuni uomini che uscivano per andare a
lavorare nei cantieri. Non credevano sarebbe arrivato lo sgombero, proprio oggi.
C’era già Stefano, della Comunità di S. Egidio, presente, ben più sveglio di me.
Capace di parlare con tutte le persone della baraccopoli, conoscendole una a
una. C’era già anche un cittadino del quartiere, in pensione, che abitualmente
accompagna i bambini a scuola, organizzando una sorta di piedibus in cui bambini
rom e gagi si tengono per mano. Alle 6.00 sono iniziate a uscire le prime
famiglie che hanno preso sul serio la notizia dello sgombero. Solo coppie senza
figli, più rapide e capaci di “prendere su” le proprie cose e cercarsi un’altra
sistemazione. Per chi ha figli, spostarsi è ben più difficile. Pian piano tutti
hanno iniziato a svegliarsi e uscire. Forse 250 persone, probabilmente di più.
Almeno 80 bambini. Pian piano sono arrivati anche altri gagi: Elisabetta e tante
persone della Comunità di S. Egidio, Greta, Valerio e tanti da Segnavia -
l’associazione animata dai padri Somaschi -, Fabio, Lavinia e tanti altri del
Naga, e poi le maestre delle scuole elementari del quartiere, alcuni genitori,
Vincenzo e le persone del circolo Acli di Lambrate, Patrizia Quadrelli -
consigliera comunale di Rifondazione - e David Gentili - consigliere comunale
del PD. E poi i giornalisti, Repubblica, Corriere, Radio Popolare. Un sacco di
persone, e non solo delle associazioni coinvolte abitualmente nel Tavolo Rom.
Tanti cittadini ordinari, a testimonianza dei legami forti creati nel quartiere.
Le persone sono arrivate così presto alla mattina, forse anche senza credere
veramente allo sgombero. Quasi per rassicurare e rassicurarsi. In una delle
prime mattine un po’ fredde, con una pioggerellina intermittente.
Alle sette di mattina eravamo già tutti lì. Convocati da sms rapidi, e-mail
veloci poche ore prima, fra le 18.00 e le 21.00 del giorno precedente - “pare
che sia veramente domani lo sgombero... appuntamento in via Rubattino”. Poi è
sorto il sole, alle 7.20. E alle 7.30 sono arrivate le ruspe. Alle 7.40
l’esercito (polizia di stato e carabinieri) e la polizia locale. La normativa
internazionale prevede che non possa essere fatto uno sgombero in assenza di
alternative abitative. Prevede anche che debba essere data una notifica
individuale ai maggiorenni. Né l’uno, né l’altro vincolo è stato rispettato .
Prevede anche molte altre cose, come si può leggere nel dettaglio nei tanti
documenti del Tavolo Rom di Milano (vedi:
Documento Tavolo Rom - Politiche e
interventi possibili per i rom e i sinti a Milano2.rtf ).
Più di trecento persone si sono viste distruggere ogni effetto personale che non
sono riusciti a portare subito via con sé. Materassi, letti... tutto è stato
distrutto.
Il Comune non ha predisposto alcuna alternativa abitativa per le persone. De
Corato ha fatto girare dei comunicati stampa con una frase non rispondente alla
realtà: “i servizi sociali hanno offerto a donne e bambini l'accoglienza nelle
strutture comunali”. Solo a cinque donne con figli è stato data l’opportunità di
andare in Comunità mamma con bambino, 3 a Monza, 2 a Milano. Ma altre 40 donne
hanno fatto richiesta, per iscritto, al Comune. Gli è stato detto, noi presenti,
che potevano essere accolti solo bimbi fino ai 7 anni, dagli 8 in sù sarebbero
stati allontanati e messi in Comunità senza i genitori. 67 adulti maschi hanno
fatto richiesta per usufruire delle strutture dell’accoglienza freddo, ma è
stato detto loro di andare in stazione centrale, fare richiesta e mettersi in
lista di attesa (che consta già di 160 persone). Moltissime coppie di genitori,
poi, non hanno accettato di separarsi e hanno chiesto aiuto per trovare una
dimora, hanno chiesto di preservare la loro unità familiare. Nessuna mamma,
anche di quelle che avrebbe accettato di separarsi dal marito ha accettato però
di separarsi dai bimbi con più di sette anni.
Le associazioni del Tavolo Rom, per voce del segretario generale della Camera
del Lavoro metropolitana di Milano, Rosati, hanno sentito il Prefetto. Hanno
parlato con voce unica, hanno chiesto spiegazioni per questo comportamento
sconsiderato. Il Prefetto ha risposto di aver ricevuto dal Comune di Milano
un’assicurazione preventiva allo sgombero che tutti i bambini avrebbero trovato
accoglienza con i loro genitori. Non è avvenuto. Il dirigente del Comune di
Milano presente non aveva alcun piano di accoglienza se non per 5 mamme. Le
pressioni sul Sindaco e sul Prefetto hanno portato lo stesso dirigente, che si
era già allontanato, a tornare e prendere ulteriori richieste, senza però nulla
garantire. Non vi è la disponibilità politica di mettere a disposizione le
strutture di emergenza della protezione civile ubicate in via Barzaghi. Non vi è
disponibilità ad ampliare i posti dell’emergenza freddo. Nel dormitorio di viale
Ortles non possono entrare mamme con bambini, forse potrebbe trovarvi posto una
(!) donna senza figli.
Il Cardinale, pastore della chiesa ambrosiana, è stato avvisato, e più persone
gli hanno dato un racconto dettagliato: non ha caso le sue parole sono state
forti e precise nel pomeriggio: “Chi ha alte responsabilità deve ascoltare
l’invocazione che viene da tante forme di miseria, ingiustizia e solitudine. A
vincere deve essere sempre la dignità dell’essere umano. La miseria non sia
zittita, ma piuttosto ascoltata per essere superata”.
Le principali organizzazioni per i diritti umani sono state informate, e stanno
scrivendo e facendo pressione sull’amministrazione. Tutti si chiedono che
urgenza ci fosse nell’effettuare uno sgombero così radicale proprio ora, alle
porte dell’inverno. Tutti si chiedono perché lo sgombero è stato effettuato
proprio oggi. Perché oggi non è un giorno ordinario per la Giunta milanese.
Questa mattina nell’aula consiliare di Palazzo Marina veniva celebrata una
giornata ben precisa.
Mentre si distruggeva una baraccopoli senza proporre alcuna alternativa a 300
persone, l’assessore alla Famiglia (!) Mariolina Moioli festeggiava nell’Aula
Consiliare di Palazzo Marino la XX Giornata internazionale dei Diritti
dell’Infanzia.
Visto che queste grandi operazioni con centinaia di poliziotti non sono
organizzate da un giorno per l’altro, questa mattina eravamo come attoniti nel
pensare che l’Assessore alla Famiglia abbia potuto pianificare per la stessa
giornata, negli stessi orari, di festeggiare i diritti dell’infanzia e di
lasciare 80 bambini su un marciapiedi. Attoniti, non perché ingenui, attoniti
non perché di primo pelo. Stupefatti dalla arroganza dell’amministrazione
nell’esercizio del potere, che forse non teme nemmeno la critica.
Questa mattina, nelle tre scuole elementari del quartiere era previsto per i
bambini di festeggiare la XX Giornata internazionale dei Diritti dell’Infanzia.
I bambini si sono preparati, hanno studiato la Carta dei diritti dell’infanzia.
E oggi hanno scritto delle lettere al sindaco di Milano. Hanno chiesto
spiegazioni per l’assenza dei loro compagni di scuola. Hanno chiesto spiegazioni
del mancato rispetto dei fondamentali della Carta. Hanno chiesto come mai questo
possa avvenire proprio oggi.
Ancora una volta, mi sembra che non sia tempo sprecato ribadire con grande forza
che i rom appartengono alla comune umanità. Che l’infanzia rom è l’infanzia
umana. Che un trattamento differenziale lede la nostra Costituzione.
Ancora una volta, mi sembra che ribadire l’appartenenza dei rom alla comune
umanità sia troppo poco, un orizzonte imprescindibile ma solo morale. Occorre
abbinare a questo anche una progettualità politica, che riconosca parola e
dignità a queste persone, che con loro pensi percorsi incrementali di
inserimento e autonomia possibile. Nonostante il dolore, non resteremo senza
parole e capacità di proposta politica.
PS:
Senza ritegno, l’assessore Moioli ha dichiarato “Gli operatori dei Servizi
Sociali - prosegue l’assessore Moioli - , d’intesa con la Prefettura e le realtà
del privato sociale, si stanno già occupando di mamme e bambini attraverso un
progetto condiviso, elaborato negli scorsi giorni: a tutti è stata offerta la
possibilità di essere ospitati presso strutture d’accoglienza, ma solo sei
famiglie hanno accettato il ricovero il comunità”. E ha precisato: “Tengo a
ribadire che a tutti i 61 nuclei familiari che vivevano in quel campo è stata
offerta un'opportunità di accoglienza e che l'attenzione dei nostri operatori è
stata massima, in particolar modo per i bambini e per le loro mamme”. Con che
coraggio si può dichiarare una cosa del genere dopo aver messo a disposizione
solo cinque posti in Comunità?
Arrivata la notte, e il freddo. 6 uomini adulti hanno trovato accoglienza alla
Casa della Carità, una dozzina di famiglie in tre parrocchie del quartiere e in
un’altra struttura di accoglienza. Ovviamente per pochi giorni. Più di duecento
persone sono restate senza un tetto sopra la testa. Somaschi e comunità di S.
Egidio questa sera hanno distribuito almeno 170 coperte. Prima a bambini, donne
incinte e persone anziane. Nemmeno le coperte sono state messe a disposizione
dalla protezione civile.
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