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\\ Mahalla : VAI : Europa (inverti l'ordine)
Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
 
 
Di Fabrizio (del 03/04/2010 @ 09:44:12, in Europa, visitato 2385 volte)

Da Hungarian_Roma

Reuters 29-3-2010 By Marton Dunai

OZD, Ungheria (Reuters) - Lo scenario è classico. L'economia ungherese è in crisi, la sua vista minoranza rom è un facile capro espiatorio ed un partito di estrema destra che protesta contro i "truffatori zingari" ed i "parassiti del welfare" è previsto come il grande vincitore.

Se i sondaggi hanno ragione, il partito nazionalista Jobbik ha la possibilità  di diventare il secondo partito più grande dopo le elezioni dell'11 e 25 aprile, negando al favorito Fidesz di centro-destra la possibilità  di ottenere i due terzi della maggioranza.

"Con la sua retorica ultrapopulista, lo Jobbik potrebbe influenzare le politiche del prossimo governo," ha detto l'analista politico Andras Giro-Szasz. "Lo Jobbik può limitare il mandato popolare del prossimo governo."

I Rom compongono tra il 5 e il 7% della popolazione ungherese e diffamarli si è dimostrata la tattica di maggior successo di Jobbik da quando un crollo economico di oltre il 6% l'anno scorso ha lasciato disoccupato un Ungherese su 10.

Le sue vittorie più grandi sono state in posti come Ozd, nel povero nord-est ungherese, una città  dell'acciaio piombata in tempi bui, dove sono stati sconfitti i Socialisti che lì avevano un seggio da 16 anni.

E' cresciuta la disoccupazione

La disoccupazione a Ozd da anni è oltre il 20%, ed un terzo della popolazione è rom. Jobbik (Movimento Per un'Ungheria Migliore) lì ha quasi battuto il Fidesz nelle elezioni del 2009 per il Parlamento Europeo, e la sua popolarità  da allora è sempre cresciuta.

"Molti di noi sono stufi di come gli Zingari pensano dell'assistenza sociale come modo di vita," dice Andras Kemacs - meccanico, 27 anni di Ozd - "Jobbik mi ha impressionato per la sua apertura su ciò."

Jobbik ha anche capitalizzato il risentimento popolare contro l'elite politica, incluso il Fidesz, che ritiene corrotta.

Ha demonizzato l'Unione Europea ed il Fondo Monetario Internazionale, che insistevano su un doloroso taglio delle spese come condizione di risanamento delle finanze pubbliche ungheresi.

E con un uso attento dei media, usando Internet per raggiungere i giovani - incluso gli studenti delle superiori, ha sorpassato tutti gli altri partiti eccetto il Fidesz.

I sondaggi mostrano che a livello nazionale lo Jobbik è vicino al 20% tra chi ha deciso di votare. Questo lo porta spalla a spalla con i Socialisti al governo, mentre il Fidesz ha circa il 60% delle proiezioni di voto.

Questi successi, monopolizzando il voto di destra e rubandone a sinistra, ha eroso le possibilità  del Fidesz di ottenere la maggioranza dei due terzi che sarebbe quella piattaforma di una vasta riforma auspicata dagli economisti.

L'Ungheria per anni ha lottato per migliorare il suo gonfiato settore governativo ed assestare la spesa pubblica. I tagli alla spesa hanno posto il deficit sotto controllo, ma la maggior parte delle riforme strutturali di settore ritardano.

La riforma chiave richiedente una maggioranza dei due terzi è la razionalizzazione dei 3.200 governi locali, da cui dipendono scuole ed ospedali e sono i maggiori percettori del budget statali.

Fidesz potrebbe anche provare una riforma del finanziamento al partito notoriamente corrotto.

Decadimento e disperazione

Ad Ozd, i problemi che assalgono l'Ungheria, e specialmente i Rom, sono terribilmente evidenti.

Dopo il 1989 il collasso del comunismo ha portato alla chiusura delle acciaierie di Ozd, la principale fonte di lavoro, rigettando fuori dal mondo del lavoro 14.000 persone. I Rom, manodopera non specializzata, sono stati i primi ad essere tagliati fuori, la maggior parte non ha più lavorato da 20 anni.

Decadimento e disperazione nei villaggi del circondario ha portato migliaia di persone a Ozd. Oggi, un terzo dei 39.000 residenti sono Rom, dice Lajos Berki, leader del Consiglio Comunitario Zingaro.

"Circa 1.000 di noi hanno più o meno un lavoro regolare," dice Berki. "Il resto vive con il welfare. Ci sono problemi, inutile negarlo. Qualche migliaio di Zingari ha causato problemi reali."

La baraccopoli rom ai margini di Ozd, conosciuta come Hetes, ferve di attività , ma nessun lavoro salariato. I ragazzi giocano a calcio fuori da case in rovina, mentre gli adulti tagliano legna raccolta illegalmente o vagano senza scopo.

"Non sono fissato col welfare," dice Gyula Budai, in piedi accanto all'unico rubinetto funzionante che si dividono 500 Rom.

"Portateci via, dateci lavoro, e vedrete chi vuole lavorare e chi no."

Tensione prolungata

Il candidato di Ozd per il Fidesz, Gabor Riz, riconosce in un'intervista i problemi, ma rifiuta di chiamarli "questione Rom".

"Non c'è ragione di temere un conflitto etnico Rom-Ungheresi," dice. "Ma potrebbero esserci tensioni prolungate tra percettori di reddito e beneficiari di welfare."

Però, il membro socialista di Ozd del parlamento, Istvan Toth, dice che i politici hanno evitato la questione.

"Abbiamo percepito i problemi, ma pretendendo che potessero sparire se non e parlavamo," dice alla Reuters. "Abbiamo solo cercato di dividere (i Rom) lungo linee di partito, ed ora d'improvviso scopriamo che... Jobbik ha giocato la carta Zingara."

Il candidato Jobbik di Ozd, Andras Kisgergely, non ha avuto problemi nel riempire il più grande teatro della regione durante il suo rally.

"Per 500 anni, gli Zingari non sono stati capaci di adottare le norme culturali per vivere in pace con la maggioranza," ha detto al pubblico.

"Nove criminali su 10 sono Zingari... Dobbiamo porvi un fine. Dobbiamo aumentare la sicurezza pubblica, e creare lavoro. Farli lavorare. Dobbiamo legare il benessere al lavoro della comunità ."

Gli 800 spettatori nella sala applaudivano entusiasti ad ogni punto.

Peter Borbas, 40 anni - impiegato in ufficio, era uno di loro.

"Infine, dobbiamo parlare del crimine zingaro," dice. "La gente ne avuto abbastanza. Nessun metodo è troppo radicale per finirla col crimine zingaro."

(Editing by Krisztina Than and Kevin Liffey)

 
Di Fabrizio (del 14/04/2010 @ 09:38:45, in Europa, visitato 1472 volte)

Da Hungarian_Roma

Brno, 7.4.2010, 22:10

Un nuovo memoriale commemorerà il sacrificio di 12.000 Ebrei e centinaia di Rom a Brno che perirono nei campi di concentramento della II guerra mondiale. La città intende erigere il memoriale delle vittime dell'Olocausto in Náměstí 28. října (piazza 28 Ottobre). Secondo il vicesindaco Daniel Rychnovský (cristiano democratico), la città sta formando la commissione che giudicherà i progetti. Rychnovský ha detto ai giornalisti che la città spera di ricevere i progetti per il memoriale entro la fine di settembre.

Un gruppo di esperti che include rappresentanti delle comunità ebrea e romanì sta valutando la composizione della commissione. Il memoriale sarà eretto nel parco sulla piazza, che recentemente è stata modificata. "Lì c'è una stanza per una scultura," ha detto Rychnovský. La data dell'installazione, la dimensione del memoriale ed il suo costo dipenderanno dai risultati del concorso. Il risultato dovrebbe essere noto per la fine dell'anno.

Attualmente non esiste un monumento alle vittime dell'Olocausto a Brno, anche se quegli eventi sono scritti nella storia della città e nella vita dei suoi abitanti. Dopo la guerra, 12.000 Ebrei non sono più ritornati a Brno dai campi di concentramento, e vi rimasero lì solo poche centinaia. "Ogni volta che ci inorgogliamo della villa Tugendhat, che è un monumento patrimonio dell'UNESCO, dobbiamo sempre ricordare che venne costruito da proprietari ebrei," ha detto il vicesindaco.

Negli anni recenti sono stati eretti diversi memoriali che commemorano storie e personalità del XX secolo. Questa settimana verrà svelata alla facoltà di legge una statua del presidente cecoslovacco Edvard Beneš. L'anno scorso in occasione del 17 novembre, il quartiere Bohunice ha svelato un memoriale sulle vittime del dispotismo comunista. Il memoriale commemora le sofferenze dei residenti che persero le loro case quando lo stato gli rese la terra per costruire appartamenti. Tre anni fa venne eretta una piramide di bronzo in via Roosevelt in onore tante delle vittime della II guerra mondiale che del totalitarismo comunista.

Czech Press Agency, translated by Gwendolyn Albert

 
Di Fabrizio (del 17/04/2010 @ 09:16:55, in Europa, visitato 1733 volte)

di Piero Ignazi - 15 Aprile 2010

Tra le due guerre, fascismo e nazional-socialismo attecchirono vigorosi in Ungheria. I movimenti che si richiamavano a quelle esperienze ammontavano a un centinaio e solo la morte del leader del fascismo ungherese Julius Gömbös nel '36 impedì una piena fascistizzazione del regime autoritario instaurato nel '32 dall'ammiraglio Miklós Horthy. L'alleanza con la Germania portò poi nel '44 all'instaurazione di un regime nazional-socialista vero e proprio incentrato sul Partito delle Croci frecciate. E da quel momento iniziò la deportazione in massa dei 500mila ebrei ungheresi. L'Ungheria ha quindi una storia cupa alle spalle.

Non meno travagliati sono stati i primi dieci anni del dopoguerra, culminati con la rivolta del 1956. In seguito, il "comunismo al gulasch" aveva pacificato il paese. Anche la riabilitazione delle vittime delle repressioni staliniane degli anni bui come Laszló Rajk, o della rivolta del 1956, peraltro già avviata prima dell'89, indirizzava il paese su un binario solido di transizione e consolidamento democratico. Così è stato, finora, grazie a una serie di alternanze al governo tra socialisti e moderati. Anche la presenza di partiti di estrema destra non preoccupava più di tanto.

Diverso, invece, il quadro emerso dalle elezioni parlamentari di domenica scorsa. Il Movimento per una Ungheria migliore (Jobbik), che alle elezioni del 2006 aveva raccolto appena il 2%, ma che già alle europee del 2009 era schizzato al 14,8, a quelle parlamentari di domenica è arrivato al 16,7. Risultati che fanno di questo partito uno dei più significativi di tutta Europa.

Come nella Fpö austriaca degli anni 90, guidata da Jorg Haider, anche Jobbik alterna richiami più o meno mascherati ed eufemistizzati al passato delle Croci frecciate con interventi sui temi d'attualità. Da un lato, agisce sulla nostalgia animando un movimento paramilitare - la Guardia ungherese - con tanto di divise, bandiere e organizzazione gerarchica che richiama le Croci frecciate; riprende i toni antisemitici con espliciti attacchi a personalità ebraiche e allusioni alle "forze occulte della finanza internazionale" che dissanguano la nazione; difende criminali di guerra come Sandor Kepiro considerati dal Centro Wiesenthal come il principale ricercato del 2010; e invita alla "soluzione finale" (sic) del problema degli zingari.

Dall'altro si presenta come un partito nazionalista che vuole restaurare i fasti dell'antica nazione magiara, i mille anni della "Sacra Corona" di Santo Stefano, che predica di una politica aggressiva di law and order ma nulla più, e che si dichiara ferocemente antisocialista e anti-establishment.

Jobbik è un altro partito dell'estrema destra populista che mescola abilmente richiami alla storia nera ungherese con l'agitazione dei problemi attuali, reali e meno, dell'Ungheria. La campagna anti-zingari e contro le influenze straniere si sviluppa lungo due piani: nel primo si criminalizza la minoranza Rom (il 6% della popolazione); nel secondo si accusano la Banca centrale e il governo socialista di consentire con la nuova legge sulla proprietà agraria che la terra ungherese possa "finire in mano straniere", e d'impedire una tassazione più elevata sulle multinazionali. Dietro a tutto questo, ovviamente, c'è la responsabilità della Ue che impone norme contrarie ai "veri" interessi della nazione e del popolo.

Un tale armamentario ideologico si ritrova in molte parti d'Europa. Di fronte a movimenti di questo genere sono possibili due strategie: quella francese, dell'isolamento assoluto dell'estrema destra costi quel che costi in termini elettorali; quella austriaca e olandese dell'inclusione dei partiti estremisti al governo per ridimensionarli o modificarli. L'unica strada da non percorrere è quella di far finta di niente, di considerare irrilevanti o folkloristiche le posizioni xenofobe antisemite e nazionaliste. Perché hanno grande appeal in momenti di crisi e di trasformazione, soprattutto presso le componenti più spaventate e più esposte. E, quando si rompe la diga, queste posizioni possono dilagare.

15 Aprile 2010

 
Di Fabrizio (del 18/04/2010 @ 09:48:20, in Europa, visitato 2014 volte)

Da Czech_Roma

La piccola Natálka, la bambina di due anni seriamente ustionata in un attacco doloso contro la sua casa a Vítkov, sta reimparando a camminare. Sua madre, Anna Siváková, ha detto all'Agenzia Stampa Ceca che la bambina non è più in grado di camminare se qualcuno non la tiene per mano. Presto seguirà la riabilitazione per i problemi col suo piede destro, che non vuole camminare. Poi affronterà un'altra operazione, alle dozzine che ha già subito. Il 19 aprile sarà passato esattamente un anno da quei tragici eventi che hanno cambiato le vite di così tante persone.

L'11 maggio andranno a processo gli accusati di aver causato la disgrazia della piccola bambina e dei suoi genitori, che pure furono feriti dalle fiamme. I genitori di Natálka si ritroveranno di fronte agli assalitori. "Non faccio previsioni. Non ho idea di come risponderò quando li vedrò," dice Siváková.

Recentemente la madre di Natálka ha ricevuto una copia delle accuse, circa 50 pagine, e ne ha letto i dettagli. "Dicono che Lukeš organizzò tutto. Chiamo gli altri e li aspettò ad Opava. E' anche accusato di aver scelto la nostra casa," dice, aggiungendo che gli accusati si rimpallano le loro responsabilità. Però, tutti si giustificano dicendo di non aver saputo che la casa fosse abitata. "La polizia ha interrogato la ragazza di Lukeš a Vítkov. Lei ha detto che avevano guidato diverse volte sino a casa nostra e di avervi visto giocare i bambini," dice Siváková.

Ha anche letto che un'altro accusato, Müller, si bruciò la mano lanciando le molotov. L'accusa dice che un'ora dopo cercò di curarsi a casa di un amico. Dice anche che il gruppo intendeva commettere l'attacco una settimana prima, ma che non trovarono una macchina per farlo.

Gli incendiari, tutti estremisti di destra di Bruntál e Opava, lanciarono tre molotov piene di benzina attraverso le finestre della casa. Natálka, che non aveva ancora due anni, soffrì di ustioni di secondo e terzo grado sull'80% del corpo. I genitori furono ustionati più lievemente.

L'attacco cambiò completamente la vita della famiglia. Anche dopo che Natálka tornò a casa dopo otto mesi di ricovero, niente era più lo stesso. "Pensavamo che sarebbe stato meglio dopo il ritorno a casa. Sbagliavamo. Era solo l'inizio," dice Siváková. La piccola Natálka ha subito dozzine di operazioni ed ora ha paura dei dottori. Urla disperatamente quando vede l'ospedale, e presto dovrà sottoporsi ad un'altra degenza. "Tra due settimane dobbiamo iniziare la riabilitazione. Poi sarà operata alle mani. Starà in ospedale per un mese. Non so come farà," dice la giovane madre.

David Vaculík, Jaromír Lukeš, Ivo Müller e Václav Cojocaru affronteranno il processo in mezzo a straordinarie misure di sicurezza. Sono accusati di aver commesso un tentato omicidio multiplo, tra cui una bambina, a sfondo razziale. Rischiano l'ergastolo. "Per me sarebbe giusto se ricevessero la pena più dura possibile. Ci hanno condannato ad una pena che durerà tutta la vita. Penso che debbano soffrire come sta soffrendo la nostra famiglia," dice Siváková.

Czech Press Agency, translated by Gwendolyn Albert

 
Di Fabrizio (del 27/04/2010 @ 09:20:38, in Europa, visitato 1948 volte)

Segnalazione di Paolo Ciani

santegidio.org

Su invito della Comunità di Sant'Egidio, il 22 e 23 aprile, a Budapest e a Pannonhalma, in Ungheria, si sono tenute due importanti conferenze della scrittrice austriaca Ceija Stojka, sopravvissuta al porrajmos, l'olocausto dei rom durante la II guerra mondiale.

Il primo incontro ha avuto luogo nel liceo dei benedettini a Pannonhalma, dove la signora Stojka è stata salutata calorosamente anche dall'abate Asztrik Várszegi. Il secondo, nella capitale, è stato organizzato insieme alla Facoltà di Teologia dell'Università Cattolica Pázmány Péter di Budapest e al vescovo ausiliare János Székely, responsabile della pastorale degli zingari nella Conferenza episcopale ungherese.

In entrambe le occasioni, la signora Stojka è stata ascoltata da un pubblico numeroso ed attento, per lo più giovani studenti universitari e liceali.

Ceija Stojka ha raccontato la persecuzione, la sua deportazione e la sua prigionia nei campi di sterminio ad Auschwitz, Ravensbrück e Bergen-Belsen che lei ha vissuto da bambina rom insieme alla sua grande famiglia cui molti membri furono uccisi. Oltre ai fatti narrati in maniera acuta e emozionata, ha offerto anche una riflessione approfondita sull'attualità della sua testimonianza.

"Come mai anche oggi – si è chiesta - all'inizio del nuovo secolo, in paesi europei, gli zingari, solo perché tali, specie bambini ed altri innocenti vengono umiliati, maltrattati e – come è successo in Ungheria - persino uccisi?" Con grande fermezza, ha rivolto un invito al suo pubblico giovane: "Lasciate che i miei nipoti vivano. Anzi aiutateli a vivere. Voi siete il mio manto protettore . Se voi difendete gli zingari, i piccoli, difenderete anche voi stessi. Così diventerete un manto protettore per voi stessi."

 
Di Fabrizio (del 30/04/2010 @ 09:41:46, in Europa, visitato 2715 volte)

Da Czech_Roma (leggi anche QUI)


Firma questa carta o morirai Ingannate nell'autorizzare la propria sterilizzazione, un gruppo di donne romanì si sono unite nel combattere per i propri diritti riproduttivi. by Sophie Kohn 20 aprile 2010

OSTRAVA, Repubblica Ceca | Elena Gorolova aveva un gran dolore. Le infermiere e i dottori gridavano attorno a lei, cercando di inserirle un pallone tra le gambe per fermare l'uscita del suo bambino e così utilizzare un parto cesareo. Gorolova e suo marito, Bohus, una coppia con altri due bambini a casa, erano eccitati alla prospettiva di un altra aggiunta alla loro giovane famiglia.

Ma per i dottori, il nuovo arrivo significava che Gorolova finiva nella terza sezione-C. Le dissero che un altro parto sarebbe stato fatale.

Le misero semplicemente un foglio in mano ed improvvisamente le dissero: firma o morirai. Non c'era tempo per domande, spiegazioni, riflessioni.

Elena Gorolova

"Non lo lessi," spiega con calma Gorolova, abbassando i vividi occhi marroni. "Non c'era nessuno con me. Nessuno mi disse cosa stava succedendo. Ero totalmente fuori di testa e così firmai."

E lì, mentre stava per dare alla luce, le capacità riproduttive di Gorolova furono interrotte. Poco dopo aver partorito suo figlio col taglio cesareo, i dottori sterilizzarono irreversibilmente Gorolova tagliandole le tube di fallopio. Era il settembre 1990.

Come Gorolova scoprì più tardi, si stima che 90.000 donne romanì nella Repubblica Ceca sono passate per la stessa esperienza negli scorsi 40 anni, molte di loro terrorizzate nel firmare l'autorizzazione alla sterilizzazione, dopo che i dottori dissero loro che partorire nella sezione-C era a rischio della loro vita.

Due giorni dopo che Gorolova diede alla luce il suo terzo figlio, il direttore dell'ospedale di Ostrava, una città industriale a 15 km. ad est dal confine polacco, spiegò che la sterilizzazione era l'unica maniera per essere sicuri che lei non avrebbe più partorito. Era medicalmente necessario, disse. In quel momento Gorolova arrivò a negare che l'ultimo nato fosse suo.

Lei e l'offeso marito Bohus hanno dubitato che la spiegazione razionale che avevano appena ricevuto fosse il motivo reale Gorolova era stata sterilizzata. Andarono al tribunale di Ostrava a chiedere una spiegazione. Furono immediatamente cacciati fuori.

Ancora nessuna scusa

Per oltre 15 anni, Gorolova ha pazientemente lottato con la vergogna. Bohus frequentava un pub del posto dove gli altri rom gli dicevano che sua moglie non serviva a nulla.

Vlasta Holubova

La maternità è importante nella cultura romanì, dice Vlasta Holubova - 45 anni, un'altra romnì di Ostrava sterilizzata senza il suo consenso nel dicembre 1988, mentre stava partorendo il quarto figlio. Dice "La gente che ha più figli in famiglia è ricca. Avere tanti bambini è come un tesoro."

Negli scorsi quattro anni, Gorolova ed altre sterilizzate contro volontà si sono unite come una singola voce per i diritti riproduttivi. Spalleggiate da avvocati di spicco, le donne si sono lanciate in una campagna di testimonianza dentro la Repubblica Ceca ed attraverso campagne all'estero. Il loro lavoro è stato recentemente riconosciuto dal governo.

A novembre, l'amministrazione ceca ha espresso rammarico sulle sterilizzazioni, senza però arrivare ad una piena ammissione di colpa. Il governo ha quindi ordinato al Ministero della Salute di revisionare le proprie pratiche per assicurarsi che non avvengano più in futuro sterilizzazioni senza un consenso propriamente informato.

Secondo la legge, il consenso senza informazione è da considerarsi una base insufficiente per qualsiasi intervento medico, inclusa la sterilizzazione. Eppure, soltanto una manciata di queste sterilizzazioni è arrivata ai tribunali, col risultato di isolate scuse ed alcune compensazioni finanziarie. I dottori responsabili non hanno subito alcuna punizione.

Controllo della popolazione

Otakar Motejl, difensore civico ceco e convinto sostenitori dei diritti romanì, dice di non essere pienamente soddisfatto della risposta governativa e chiede che i Rom continuino a battersi per una piena compensazione. Però "a causa della natura personale [dei reclami], non possiamo aspettarci grandi folle di donne che si rivoltano nelle strade," spiega in un'intervista telefonica dal suo ufficio nella città orientale di Brno.

Ottenere scuse ufficiali dal governo è ancora più complicato perché "il governo che ora si sta scusando ha davvero poco a che fare con l'organizzazione che iniziò il programma di sterilizzazione," dice Motejl, riferendosi al fatto che gli operatori sanitari dell'epoca lavoravano sotto istruzione dell'ex regime comunista.

Le prime emozionanti azioni iniziarono nel 2005, quando Motejl fece pressioni sul governo perché il governo investigasse sui numerosi reclami di sterilizzazioni forzate che crescevano sulla sua scrivania, la maggior parte da donne romanì di Ostrava.

Spiega che quando la Repubblica Ceca era uno stato comunista, la pratica che descrive come "controllo della popolazione" era che gli operatori sociali obbligavano alla sterilizzazione i Rom. In quei tempi, minacciavano di portare via i bambini se le donne non consentivano alla procedura.

"Stavano infrangendo la legge durante il sistema comunista perché non volevano far far nascere altri Rom," dice Gorolova.

Con la caduta del comunismo, la pratica apparentemente ebbe termine, ma il caso di Gorolova è la prova che i responsabili semplicemente usarono metodi differenti per ottenere i medesimi risultati. I dottori allora presenterebbero la procedura alle romnià come una urgente necessità medica, scegliendo gli intensi, paurosi e disorientanti momenti del travaglio come il periodo migliore per estorcere l'accordo.

Anche alcune donne ceche non-rom sono state vittime di sterilizzazioni involontarie; Holubova parla di donne che lo stato considerava "socialmente più deboli", scarsamente istruite o disabili, come obiettivi tipici.

Imparare a parlare

Le mani di Gorolova ostentano anelli d'oro su ogni dita. Siede calma mentre racconta la sua storia, sul luogo di lavoro negli uffici di Ostrava di Life Together, un gruppo dedicato ai diritti romanì.

Gorolova arrivò in Life Together nel 2006, quando un rapido notiziario apparve una sera sullo schermo della sua televisione. Sorride e dice, "Ho capito che vi appartenevo."

Molto presto, altre donne rom sterilizzate provarono a bussare alle porte dell'organizzazione. Le donne si sedevano attorno ad un lungo tavolo e, per la prima volta, offrivano le loro storie. Da questi inizi lanciarono un progetto chiamato "Non sei sola". Mandarono Gorolova, eletta portavoce, nella comunità ad incoraggiare altre vittime della sterilizzazione a farsi vive.

Ma le donne avevano paura di parlare. Alcune vittime non romanì delle sterilizzazioni rifiutarono di partecipare agli incontri perché non volevano mescolarsi con gli stigmatizzati Rom. Molti pensarono che Gorolova avesse parlato della sua storia per ottenere soldi dal governo. Così, quando le donne non volevano andare da lei, Godolova le visitava a casa loro. Lentamente, le approcciò.

"La principale ragione per cui le donne mi hanno creduto, è che io stessa sono passata per la sterilizzazione, e so come si sentono. Non sono un'estranea," dice dolcemente.

Le donne rom tradizionalmente hanno molti bambini già da giovani e restano a casa a crescerli. Possono passare decenni tra il primo figlio e l'ultimo. Inoltre, dato che i Rom incontrano una significativa ostilità fuori dalle loro comunità, le donne possono finire abbastanza isolate negli anni in cui crescono i figli. Per molte di loro, il coinvolgimento in Life Together ha svegliato abilità sociali atrofizzate, riaccendendo un senso di scopo. Gorolova attribuisce persino al suo attivismo la decisione di prendere un diploma di scuola superiore.

"Per 15 anni sono stata disoccupata," dice. "Ho dimenticato totalmente come comunicare con la gente. Non avrei mai pensato che sarei stata capace di comunicare con gente a questo livello, e che avrei dovuto farlo col governo."

Gorolova elenca con semplicità le realizzazioni di cui è più orgogliosa nel suo lavoro con Life Together. L'organizzazione ha organizzato una consulenza psichiatrica per le donne, un'esposizione fotografica delle case e delle famiglie romanì, in palazzi del governo e musei in tutto il paese, ed iniziato dei forum di discussione con ginecologi. Gorolova viaggia spesso assieme a Gwendolyn Albert, attivista romanì americana che ha tradotto i discorsi di Gorolova nelle presentazioni a New York, Strasburgo, Grecia e Svizzera.

Nonostante gli sforzi delle donne, Holubova dice che l'ammissione del governo è più un contentino alle pressioni internazionali che una sincera espressione di scusa. Tutti e quattro i figli di Holubova hanno trasferito le loro giovani famiglie in Inghilterra e Canada per fuggire dalla discriminazione che sentono come Rom nella Repubblica Ceca. Mentre osserva il quieto, fumoso appartamento che ora condivide solo con suo marito, il suo disappunto per la propria patria è palpabile.

"I ragazzi sono già cresciuti. Volevamo ancora un figlio o una figlia, per non rimanere così da soli," dice.

Mentre parla, i suoi tre curiosi nipoti, in visita assieme ai genitori dalla GB, attorniano la poltrona, ridendo. La più piccola, Natalia, sorride con malizia, dondolando le gambette bardate di stivaletti d'argento.

Quando le si chiede cosa la fa andare, Holubova sorride pensosamente e pone un braccio protettivo attorno a Natalia. Risponde "questi bambini".

Sophie Kohn is a writer in Toronto. Photos by Valter Ziantoni.


Continuo con la mia personale antologia delle poesie di Paul Polansky. Un'anticipazione, sarà a Milano il prossimo 27 maggio. A presto i particolari

UN VESTITO NUOVO

Una infermiera continuava a venire a casa mia
per convincermi.

"Eva", diceva
"hai già troppi figli.
Fai questa operazione e potrai
avere belle cose in cambio."

Avevo ventidue anni.
ero incinta del mio quinto figlio.
Mio marito era in prigione.

Acconsentii all'aborto,
ma non ero sicura riguardo all'altra cosa.

Dopo essere tornata a casa dall'ospedale,
l'infermiera mi diede dei soldi
per un vestito nuovo.

Fu allora che seppi
di essere stata sterilizzata.

"Certo che hai acconsentito," disse lei.
"Sul tavolo operatorio... hai annuito."

 
Di Fabrizio (del 08/05/2010 @ 09:22:03, in Europa, visitato 1821 volte)

Da Bulgarian_Roma

Reuters - The Sofia Echo by Gabriel Hershman

04/05/2010 - Quest'anno, le ambasciate di Italia, Francia, Finlandia e Ungheria - col supporto della Spagna, come presidente dell'Unione Europea, ed altre ambasciate UE a Sofia - promuoveranno l'iniziativa "Il Mondo è Pieno di Colori", lanciato dalla Roma Fashion Foundation, un'organizzazione no-profit le cui attività  si basano esclusivamente su donazioni.

Questa iniziativa nasce dall'appoggio a maggio del 2009 dell'ambasciata italiana ad un evento dedicato alla moda rom, volto a portare l'attenzione dei media bulgari e dell'opinione pubblica alle tradizioni rom.

Sono previsti una serie di eventi come parte dell'iniziativa Il Mondo è Pieno di Colori.

Il 4 maggio alle 18.00, presso la residenza Italia, le varie iniziative [saranno presentate] ai media bulgari.

Il 5 maggio, gli ambasciatori francese ed italiano [andranno] a Sliven - città  abitata da molti Rom - per incontrare le autorità  locali, visitare una scuola e prendere parte ad una tavola rotonda a cui parteciperà  anche l'OnG Medecins du Monde.

Il 9 maggio, al Florimont Hall di Sofia, avrà  luogo una sfilata di moda organizzata dalla Roma Fashion Foundation, con l'intento di mostrare la bellezza e l'importanza delle tradizioni rom ed il valore del rispettare la diversità  culturale. Verranno esposti abiti tradizionali originari e vestiti di stilisti rom contemporanei della Bulgaria e di altri paesi. Particolare importante: la data coincide col Giorno dell'Europa.

Il 10 maggio alle 18.00, verrà  presentata all'Istituto Francese la mostra fotografica "Rom a Sofia" di Yves Rouillard. L'esposizione durerà  sino al 29 maggio.

L'11 maggio l'ambasciata francese proietterà  all'Istituto Francese "La cite des Roms" di F. Castaignede, incentrato sull'area di Sliven.

Il12 maggio l'ambasciata francese organizza un seminario aperto al pubblico all'Istituto Francese, dal titolo "Rom in Bulgaria: integrazione e migrazioni". Ci saranno due tavole rotonde: la prima sull'istruzione dei bambini rom in Bulgaria, la seconda sulla migrazione rom in Europa. Il seminario intende riunire la comunità  internazionale, le autorità  bulgare e gli esperti del campo del settore delle OnG. Ci si aspetta la partecipazione delle ambasciate UE a Sofia, importanti ministri di Bulgaria e Francia, del Consiglio d'Europa, gli uffici dell'Unione Europea e di organizzazioni internazionali a Sofia, rappresentanti delle organizzazioni rom ed esperti, l'Open Society e Medecins du Monde, tra gli altri. La Commissaria UE Kristalina Georgieva non potrà  partecipare, ma ha garantito il patrocinio all'iniziativa.

Scopo dell'iniziativa è di mettere in luce, attraverso l'arte e la moda, la diversità  della tradizione rom, ma anche divulgare questioni pertinenti ai Rom in Bulgaria ed altri paesi europei. Molte istituzioni, ditte e privati cittadini hanno dato l'appoggio a questa iniziativa. I loro nomi saranno resi noti per tempo.

L'iniziativa delle ambasciate UE riflette gli impegni sottoscritti nella dichiarazione comune firmata durante il Secondo Summit Europeo sui Rom tenutosi a Cordoba (Spagna) nell'aprile 2010. Inoltre è pienamente concorde con gli obiettivi del "Decennio dell'inclusione Rom 2005-2015", il cui quinto anniversario è stato recentemente celebrato a Sofia alla presenza del ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, e con la campagna "DOSTA!" che intende aumentare la sensibilità  pubblica ed il superamento della discriminazione contro i Rom in Europa.

 
Di Fabrizio (del 09/05/2010 @ 09:10:17, in Europa, visitato 1587 volte)

Segnalazione di Giancarlo Ranaldi (per chi non si ricorda la storia QUI)

In questo link, scovato nei meandri del Web, Mirela racconta del suo rientro in Romania, subito dopo la morte di Petru.

[...]

Maria Cristina ha reso comprensibili per noi le sue parole:

Una piccola casa ed un dolore enorme è tutto ciò che è rimasto a Mirela. Dopo la sua morte, le sorti di Mirela e dei suoi due figli sono stati riconsegnati alla pietà dei parenti.

"Ho aspettato che una mia sorella mi portasse qualcosa da mangiare è così oggi io ed i miei due bambini abbiamo mangiato". Lei e Petru avrebbero voluto rinnovare la loro casa per offrire ai loro figli condizioni di vita migliori. Ma non sono più arrivati a farlo. "(Petru) Aspettava di poter offrire un futuro bello ai bambini." Quando ha scoperto che un rumeno gli tende un mano, Mirela è rimasta senza voce. Credeva che tutta la gente fosse indifferente, come coloro che non l’hanno aiutata quando Petru è stato falciato dalle pallottole sparate dai mafiosi a Napoli. "Vorrei ringraziare con tutto il cuore loro per pensare anche a noi. Siamo rimasti davvero... non so come potrò sopravvivere con due bambini."

Alecu Marian: "Come uomo, e non come direttore di una multinazionale, sono stato commosso da quello che è successo. Ho visto in tv un uomo che è morto tra non-uomini. Pensiamo di poter rifare completamente la casa. Li faremo una casa decente nella quale essi possano abitare."

Mirela ed i due bambini, Ricardo di 6 anni, e Petronela di 10, ringraziano la persona che li ha tolti alla povertà. Mirela ha però un problema da risolvere. Deve restituire 3000 euro, i soldi prestati per seppellire il suo marito.

Nota finale di Giancarlo Ranaldi: ... ed ancora grazie a Maria Cristina Serban, che ha curato per noi la traduzione.
Questo video è la testimonianza certa dell'infamit.à che è stata commessa con quella stupida cerimonia commemorativa, per una morte che non li appartiene.
Per questo il prossimo 24 maggio bisognerebbe essere in tanti davanti al Tribunale di Napoli, quando inizierà il processo contro i presunti assassini di Petru.
Per un bisogno di "Giustizia" gridando che nulla sarà dimenticato, chiedendo che venga compiuto ogni sforzo per arrivare, in tempi certi, all'accertamento delle responsabilità. Chiedendo, da subito, l'attivazione dei meccanismi per i benefici economici previsti dal Fondo Nazionale per le vittime delle mafie.
Chiedendo, infine, che quella fisarmonica rinchiusa nella teca, simbolo dell'ipocrisia di chi l'ha imprigionata, venga subito "liberata" e restituita alla Famiglia.

 
Di Fabrizio (del 18/05/2010 @ 09:09:06, in Europa, visitato 1942 volte)

Da Nordic_Roma

Helsingin Sanomat

Martedì [scorso ndr] l'organizzazione per i diritti umani Amnesty International ha lanciato una campagna per portare l'attenzione alle gravi violazioni dei diritti umani, che dicono essere inflitte ai Rom.

In una lettera inviata al Primo Ministro Matti Vanhanen (Centro), Amnesty nota che i Rom sono sempre più bersagli di razzismo ed attacchi razzisti, e che il governo non sta facendo niente per fermarli.

"La mancanza d'azione da parte della UE è scioccante", scrive Amnesty al Primo Ministro.

Recentemente molti mendicanti rom sono arrivati ad Helsinki. Le pattuglie stradali dispiegate dal Deaconess Institute [vedi ndr] stimano che ora ci siano ad Helsinki oltre 200 Rom dalla Romania e dalla Bulgaria.

Marjatta Vesalainen, a capo dell'attività della pattuglie del Deaconess Institute, dice che alcuni Rom stanno evidentemente cercando lavoro, portando referenze di precedenti impieghi.

Circa 30 Rom hanno richiesto asilo in Finlandia. Ai cittadini Ue non può essere garantito l'asilo politico, ma possono ottenere vitto e alloggio mentre vengono vagliate le loro richieste.

In precedenza, i Rom tendevano ad evitare i contatti con gli incaricati, perché il gravare ripetutamente sul welfare statale poteva essere motivo di espulsione.

Il Parlamento dibatterà un'iniziativa proposta dal parlamentare di Helsinki Juha Hakola (Partito della Coalizione Nazionale), che renderebbe l'elemosina un crimine.

Anche Jussi Pajunen, Sindaco di Helsinki, ha chiesto di vietare l'accattonaggio. E' preoccupato della prospettiva di un'accresciuta insicurezza ad Helsinki.

"Chiedere l'elemosina e commettere crimini sono paralleli, e parzialmente un fenomeno complementare", scrive Hakola nella sua iniziativa. Indica anche che con la proibizione dell'accattonaggio sarebbe possibile aumentare significativamente la qualità dello sviluppo urbano.

"Diminuirebbero i furti, ed avrebbero fine gli accampamenti parzialmente illegali".

Anne Holmlund, Ministro degli Interni (Partito della Coalizione Nazionale), ha detto di stare studiando come la legge possa essere cambiata e permettere agli incaricati di reagire all'accattonaggio.

"Questo criminalizzerebbe la povertà. Il problema della povertà europea verrebbe risolto spostandolo fuori dalla vista - come la spazzatura", dice Frank Johansson, direttore esecutivo di Amnesty Finlandia.

Amnesty chiede alle autorità ed alla UE di prendere misure più forti per migliorare la situazione dei diritti umani dei Rom. "I Rom soffrono per serie violazioni dei diritti umani", dice Tiina Valonen, capo della sezione diritti umani di Amnesty Finlandia.

"La UE ha poteri giuridici, economici e politici, che non sta adoperando, anche se il suo ufficio dei diritti fondamentali sta riportando di continuo degli illeciti", dice.

C'è anche il pericolo che che un divieto legale dell'accattonaggio produca effetti opposti a quelli desiderati.

"Questo riporta alla memoria il precedente dibattito sulla prostituzione. Se si spinge la gente ai margini e li si rende dei fuorilegge, allora sono alla mercé degli sfruttatori", annota Puumalainen.

"Prima dobbiamo chiederci qual è il problema dell'elemosinare. E' che la gente non vuole vederlo, o che davvero vuol confrontarsi col crimine possibile, le infezioni da epatite e l'usura che vi si cela dietro?"

 
Di Fabrizio (del 01/06/2010 @ 09:36:08, in Europa, visitato 1852 volte)

Mimoza Dhima* | Tirana 25 maggio 2010

Campo rom in periferia a Tirana - foto di Mario Salzano
I rom dell’Albania sono tra i 100.000 e i 140.000. Subiscono ogni tipo di discriminazione e la gran parte è senza lavoro. Raccolgono lattine nella spazzatura per poi rivenderle, chiedono l'elemosina e l'attività maggiore è la vendita al mercato dell'usato, noto anche come "Gabi". Un reportage
Vera Shahu, in attesa del settimo figlio, l'8 aprile scorso avrebbe voluto celebrare con la sua famiglia la giornata internazionale dei rom e sinti, ma in casa aveva soltanto qualche tozzo di pane raffermo, olio e patate.
I figli dormono su un tappeto per terra in una delle due stanze improvvisate e dalle condizioni igieniche precarie, in una baracca di legno situata vicino al fiume Lana che attraversa la capitale albanese.
L'unico mobile è un vecchio armadio, da cui escono scarafaggi.

Vai alla galleria fotografica sui rom in Albania
"I miei figli, il primo di 15 anni e il più piccolo di 4, non hanno un futuro se non ricevono aiuto dallo Stato. Avranno le nostre stesse difficoltà o forse sarà ancora peggio perché la vita sta diventando sempre più dura", si lamenta Vera, 40 anni, che soffre di anemia e non dispone di previdenza sociale né di alcun tipo di tutela.
Il reddito famigliare oscilla da uno a due euro al giorno grazie alla vendita di latte di alluminio, e riescono a sopravvivere grazie agli avanzi dei ristoranti della città.
"Nonostante la miseria, voglio mandare i miei figli a scuola affinché imparino a scrivere almeno il proprio nome", dice Vera, che chiede al governo un livello di istruzione adeguato e una casa dignitosa per i propri figli.
In Albania la gran parte dei rom vive nella stessa situazione. Non si conosce il numero ufficiale, ma si stima che si aggirino tra i 100.000 e i 140.000.
"Solo in occasione della giornata internazionale dei rom e sinti, l'8 aprile, si vedono i politici che vengono a farsi fotografare con noi. Il resto dell'anno non ci vogliono nemmeno vedere", afferma Selvie Rushiti, di etnia rom, all'agenzia EFE.
Di fronte all'indifferenza del governo, Selvie, insieme ad alcuni dei rom più "agiati", grazie alle donazioni provenienti dall'estero, ha creato associazioni di assistenza ai rom più bisognosi.
Sette anni fa, Selvie trasformò il primo piano di casa sua in un centro prescolare in grado di ospitare fino a 85 bambini all'anno, mentre in cortile si vendevano vestiti usati. Con questa piccola attività si riuscivano a mantenere 120 famiglie rom.
Ma un giorno i poliziotti cacciarono i venditori dalla zona, e ora la famiglia di Selvie vive con il timore che "qualcuno al governo possa espropriare il terreno per costruire palazzi".
"Non possono ucciderci, ma ci discriminano. Dei 140.000 rom in Albania, solo sette vanno all'università, di cui quattro con borse di studio del Consiglio d'Europa", aggiunge Selvie.
Sono quelli che hanno rappresentato l'Albania al 2° Vertice europeo dei rom tenutosi lo scorso 8 aprile nella città spagnola di Cordoba.
Gli altri sono costretti ad abbandonare la scuola per via della mancanza di denaro e che non riescono nemmeno a comprarsi da mangiare.
L'80% dei tre milioni di albanesi appartenenti alla fascia estremamente povera è rappresentato proprio dal popolo rom.
“Il primo ministro albanese, Sali Berisha, dice che l'economia è cresciuta, ma noi non lo vediamo. Il nostro maggior problema è la disoccupazione”, afferma Istref Pellumbi.
Con l'aiuto della fondazione del magnate statunitense George Soros è stata creata a Tirana una sartoria dove imparano a cucire gratuitamente 150 donne rom per nove mesi all'anno.
"Chiediamo al ministero del Lavoro di impiegare questo gruppo di donne già esperte e di inserirle nella società", aggiunge Pellumbi.
La società rom albanese è preoccupata perché la strategia governativa formulata nel 2003, che mirava ad aiutare questa etnia e fornirle casa, lavoro e istruzione, è rimasta solo sulla carta.
Perciò, i rom albanesi oggi cercano di spingere il governo a intraprendere delle vere riforme contro la discriminazione, se il Paese vuole entrare a pieno titolo nell'Unione europea.

*Mimoza Dhima è corrispondente dell'EFE in Albania

 

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