Di seguito tutti gli interventi pubblicati sul sito, in ordine cronologico.
Di Fabrizio (del 09/02/2012 @ 09:19:39, in Regole, visitato 1379 volte)
Il giornale di Brescia Le roulottes in via Orzinuovi, a ridosso del macello comunale, dove
vivono diciotto famiglie di Sinti italiani - ORE: 13:22 | VENERDĚ, 3
FEBBRAIO 2012
Iscritti e cancellati dall'anagrafe, a discrezione. Accade agli italiani
della minoranza Sinti che vivono dal 2003 in via Orzinuovi. Sono loro a
raccontarlo, in una lettera in cui denunciano un "presunto abuso di potere". Il
documento è stato indirizzato ai ministri dell'Interno Annamaria Cancellieri,
del Lavoro Elsa Fornero, della Cooperazione ed integrazione Andrea Riccardi, al
prefetto di Brescia Narcisa Brassesco Pace, all'Ufficio nazionale
anti-discriminazioni razziali che ha sede alla presidenza del Consiglio dei
ministri e al Difensore regionale della Lombardia.
Le diciotto famiglie Sinti - per un totale di 61 persone - chiedono "una
verifica delle procedure e delle modalità utilizzate dai Servizi demografici del
Comune in materia di iscrizione e cancellazione anagrafica di cittadini italiani
della minoranza Sinti residenti in via Orzinuovi e che venga rimosso ogni
atteggiamento o procedura che possa rivestire un carattere discriminatorio nei
confronti della minoranza ivi residente".
"Dal 2008, ogni volta che ci rechiamo agli sportelli dell'anagrafe del Comune,
sorgono problemi per ottenere sia la residenza anagrafica di nostri congiunti di
primo e secondo grado sia le certificazioni conseguenti - scrivono -. Inoltre,
si ripetono episodi per cui le certificazioni vengono rilasciate solo su
richiesta protocollata e, dopo il rilascio, la certificazione viene di nuovo
bloccata".
Cosa significa "bloccata"? Significa che, se dopo alcuni controlli, la persona
non viene trovata nel luogo di residenza, l'anagrafe blocca la certificazione
per un anno. Poi, ne cancella il nome. E, con esso, la possibilità di avere una
tessera sanitaria e l'assistenza pediatrica per i bambini. Ancora:
"L'Amministrazione comunale ha stabilito che il 28 febbraio la struttura
comunale autorizzata in cui sono residenti le famiglie Sinti verrà, senza se e
senza ma, sgomberata senza dare alternative alle famiglie ivi residenti.
Riteniamo - si legge nella lettera sottoscritta dalle famiglie Sinti - che il
Comune ponga in essere prassi discriminatorie nei nostro confronti e che vi
possono essere gli elementi per ravvedere un reato di abuso di potere da parte
dell'organo amministrativo e di abuso d'ufficio da parte dei Servizi
demografici".
Una lunga vicenda, quella dei Sinti di via Orzinuovi che, pur essendo residenti
al civico 108, non possono abitare le casette costruite per loro con fondi
regionali perché le strutture sono state destinate ad altro uso. Così, da tempo,
vivono nel campo provvisorio poco distante, dove erano stati trasferiti durante
i lavori. Con la spada di Damocle che continua a pendere sulla loro testa e che,
entro la fine di febbraio, potrebbe "colpirli" in modo definitivo, dato
l'annunciato smantellamento del campo da parte dell'Amministrazione comunale.
Che ha, come obiettivo, quello di trasferire alcuni nuclei nel campo di via
Borgosatollo, dove risiedono ancora alcune famiglie Rom. Alle altre - come
testimoniano in via Orzinuovi - "sono stati offerti 4500 euro per andarsene. Ma
noi non ci stiamo: le nostre famiglie risiedono permanentemente nel Comune di
Brescia a partire dagli Anni Settanta".
Poi, per "andare dove?". La domanda si alza forte, nei corridoi innevati e
ghiacciati che separano una roulotte dall'altra. "Vogliamo vivere insieme, nella
nostra piccola comunità e non dispersi in condomini, divisi ed isolati" dicono
le donne Sinti che hanno incontrato alcune aderenti all'Associazione "Se non
ora, quando?". La sistemazione potrebbe essere il campo di via Borgosatollo,
dove nel primo dei tre lotti di case prefabbricate, peraltro, vivono già alcune
famiglie Sinti. "Se si liberasse anche il secondo lotto, il problema potrebbe
trovare una definitiva soluzione".
Anna Della Moretta
Da
Czech_Roma (con una chiusa personale)
Romea.cz PHOTO: Repro Česká televize
La bambina rom bruciata ha subito oltre 100 anestesie, in seguito ci
sarà un intervento chirurgico - Budišov nad Budišovkou (Opava district),
4.2.2012 21:00
Natálie Siváková (5 anni) si sta gradualmente riprendendo dalle ferite patite
nell'aprile 2009, quando fu vittima di un assalto di neonazisti, poi conosciuti
come i piromani di Vitkov. Lo scorso ottobre, i medici hanno effettuato la
ricostruzione delle dita e dell'avambraccio destro, che erano inutilizzabili a
causa del tessuto cicatrizzato dalle ustioni. La televisione ceca riporta che
ora è in attesa di un'operazione al collo ed alle ascelle.
Alla bambina non è permesso di uscire, a causa del gelo intenso nella regione.
"Il tessuto cicatriziale è più sensibile della pelle sana, si asciuga più
velocemente e può rompersi," ha detto alla televisione Iva Zámečníková, vice
direttrice del Centro Ustionati dell'ospedale di Ostrava.
L'intervento a cui sarà sottoposta presso il centro ustionati sarà il ventesimo
in sequenza. "Non riesce a reggere la testa in maniera corretta, quindi [i
dottori] la opereranno al collo e alle ascelle. Ho molta paura," ha detto alla
televisione sua madre Anna
Siváková. La bambina è già stata sotto anestesia un centinaio di volte.
Durante l'ultima operazione ad ottobre 2011, i dottori avevano fissato la
cicatrice sul collo della bambina. Allora, una specialista in chirurgia alle
mani, Alena Schmoranzová,
l'aveva operata al dito indice ed all'avambraccio, che a causa delle cicatrici
la bambina non era in grado di muovere. "Prima non li usava per niente,"
conferma Anna Siváková. "Ora ha scoperto che va meglio e lo usa tutto il tempo,"
ha detto alla televisione, aggiungendo che la figlia deve ancora indossare
plantari speciali.
Natálie venne ferita alle prime ore del mattino del 19 aprile 2009, durante un
assalto incendiario a sfondo razziale, commesso da quattro neonazisti contro la
casa della famiglia. Il tribunale ha condannato David Vaculík e Jaromír Lukeš a 22
anni di carcere, e Václav Cojocaru e Ivo Müller a 20 anni per tentato omicidio a
sfondo razziale ed atti vandalici.
ryz, Czech Television, translated by Gwendolyn Albert
E' dal 2009 che seguo passo passo la storia di
Natálka.
All'inizio mi era rimasta impressa l'efferatezza del gesto: in una casa come
tante, abita una famiglia come tante. Ma è una famiglia rom, e così una notte 3-4
teste rasate buttarono una molotov attraverso la finestra. Natálka,
di neanche tre anni, rimase ustionata sull'80% del corpo. Dichiarata quasi
morta, cominciò invece un lento recupero, che vide coinvolti in una gara
solidale non solo i suoi genitori, ma i medici, le autorità dello stato, tanti
cittadini anonimi di quella stessa Repubblica Ceca che invece è nelle cronache
europee per gli atti di violenza quotidiana contro la minoranza rom.
Da una parte facevo il tifo per i piccoli miglioramenti di Natálka,
dall'altro seguivo le cronache del processo ai piromani, interrogandomi su cosa
avesse portato dei ragazzi a un gesto simile, e se mai sarebbero stati in grado
di capirlo, e cosa avrebbero pensato quando anche loro avessero generato una
prole. Ed assieme tentavo di capire cosa significasse sopravvivere, ricostruirsi
pezzo a pezzo, per una bambina di quell'età, per i suoi genitori ed i fratelli e
sorelle.
Quel fuoco, non arde solo nella remota Repubblica Ceca. Sentiamo il
crepitare delle fiamme anche a Opera, a Ponticelli, a Torino.
E' passata da poco (e già mi sembra vecchia) la
memoria del Porrajmos, tra il ricordo di 500.000 morti e le risate di
scherno dei negazionisti.
Per me non è il Porrajmos il marchio di questo popolo, con tutto il
rispetto per la tragedia di quegli anni. Il marchio sono le storie di violenze
grandi e piccole di OGGI, del tempo dove NOI viviamo. A costo di essere retorico, è
la piccola storia di una bimba bruciata, che NON E' MORTA, che attraverso le sue
ustioni riflette la nostra immagine allo
specchio.
Lo scorso 11 ottobre, così
Nicolae Gheorghe chiudeva il convegno per i 40 anni dell'AIZO:
"L'Olocausto ancora non è stato riconosciuto come fatto politico.
La povertà del nostro popolo, la capisco sino ad un certo punto, non oltre: non
siamo a chiedere l'elemosina agli altri. La nostra miseria da forza ai nuovi
nazisti, dobbiamo averne conoscenza per combatterli.
La nostra terra, il ROMESTAN, ci è stato copiata ed è diventato patrimonio dei
discorsi della destra. Ricordatevi: in Germania la prima misura dei nazisti fu
di togliere la cittadinanza ai sinti, e la loro prima richiesta a guerra finita
fu di riaverla. Allora: la cittadinanza EU, richiesta da molti, non può essere
una riparazione per la mancata cittadinanza nazionale.
Siamo una nazione culturale: IL NOSTRO SIMBOLO NON E' LO STERMINIO, MA
LA SOPRAVVIVENZA."
Di Sucar Drom (del 10/02/2012 @ 09:21:30, in blog, visitato 1684 volte)
Milano, comunicato stampa delle comunità rom e sinte sulla morte del vigile
Niccolò Savarino
La tragedia che ha colpito la nostra città con la morte di Niccolò Savarino,
vigile di quartiere che stava facendo il suo dovere, ha colpito profondamente
anche la comunità dei rom e dei sinti di Milano. Siamo molto addolorati e vic...
Venezia, il Porrajmos nella storiografia
In occasione del Giorno della Memoria 2012, il Centro Pace del Comune di Venezia
in collaborazione con la Biblioteca Nazionale Marciana, organizza l'incontro
pubblico Porrajmos: la persecuzione nazista degli "zingari", che si terrà
giovedì 26...
Milano, NAGA: come vivono i rom
Uno studio a cura dei volontari di Medicina di Strada del Naga, pubblicato sulla
rivista Epidemiologia & Prevenzione, analizza i dati sociodemografici e
sanitari raccolti a Milano negli interventi effettuati sul territorio dal
gennaio 2009 al dicembre 2010...
Mantova, il Porrajmos ne Il Giorno della Memoria 2012
Numerose sono le iniziative per il Giorno della Memoria 2012 organizzate nella
Provincia di Mantova, ma quest'anno la commemorazione ufficiale nella seduta
congiunta del Consiglio Comunale e del Consiglio Provinciale sarà dedicata al
Porrajmos con l'intervento dello storico Luca Bravi...
Il Giorno della Memoria 2012: Porrajmos
Cielo rosso di sangue, di tutto il sangue dei Sinti che a testa china e senza
Patria, stracciati affamati scalzi, venivano deportati, perché amanti della pace
e della libertà, nei famigerati campi di sterminio...
Bolzano, Porrajmos - Divoramento
In Italia le popolazioni sinte e rom non hanno ancora ricevuto nessun
riconoscimento ufficiale per le persecuzioni, su base razziale, subite durante
la dittatura fascista. La Legge n. 211 del 20 luglio 2000 che istituisce il
Giorno della Memoria non ricorda le persecuzioni subite dalle popolazioni sinte
e rom...
L'Italia sono anch'io, campagna per i diritti di cittadinanza
La campagna intende riportare all’attenzione dell’opinione pubblica e del
dibattito politico il tema dei diritti di cittadinanza e la possibilità per
chiunque nasca o viva in Italia di partecipare alle scelte della comunità di cui
fa parte. Per raggiungere questo obiettivo l’Italia sono anch’io ha lanciato una
raccolta di firme per due leggi di iniziativa popolare, una di riforma
dell’attuale...
Mantova, Il Giorno della Memoria 2012
Pubblichiamo la prolusione tenuta a Mantova dallo storico Luca Bravi (Università
di Chieti), in occasione del Consiglio Provinciale e del Consiglio Comunale
aperti del 27 gennaio 2012 al Teatro Bibiena. Durante la seduta dei Consigli
aperti sono intervenuti anche il Presidente del Consiglio Comunale di Mantova,
il Presidente del Consiglio Provinciale di Mantova, il Presidente della
Provincia Mantova e il Sindaco Mantova...
Il Giorno della Memoria 2012, un Sinto al Quirinale parla del Porrajmos
Il Giorno della Memoria, 27 gennaio 2012, una delegazione della Federazione Rom
e Sinti Insieme è stata invitata dal Presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano, alla commemorazione in Quirinale. E' il terzo anno consecutivo che
il Presidente invita la Federazione a presenziare a questo important...
Di Fabrizio (del 10/02/2012 @ 09:43:51, in Europa, visitato 1668 volte)
Da
British_Roma
Romabuzzmonitor Ustiben report by Grattan Puxon
DALE FARM: IL CONSIGLIO SALTA L'ASTA ED IL LEADER TORY VERSO UN PREMIO
06/02/2012 - Quasi un onore per i nostri avversari, il riconoscimento che
chiameremo il Pulitore-Etnico dell'anno. Tony Ball, leader Tory del consiglio di
Basildon è stato nominato e sarà a Westminster per la cerimonia.
Ufficialmente ciò che avrà luogo a fine mese a Westminster Palace sarà una
cerimonia per esporre i risultati dei consiglieri locali e le loro azioni. I
premi vengono dall'Unità informativa Governo Locale (LGiU).
La candidature potranno arrivare da chiunque; membri del pubblico,
consiglieri e loro personale. Le informazioni che LGiU ha ricevuto su Tony Ball
è che ha fatto un lavoro eccezionale sfrattando i Traveller da Dale Farm.
Altrettanto eccezionale la brutalità e, secondo noi, la stupidità.
Come va vantandosi lo stesso Ball, con l'aiuto della polizia antisommossa è
riuscito a realizzare la distruzione di metà delle residenze di Dale Farm, con
poca spesa. Difatti di fronte ad un budget governativo di 18 milioni di
sterline, ne è stato speso solo un terzo.
Il consiglio ha abbandonato circa novanta famiglie per strada, accanto alle
loro proprietà distrutte, o temporaneamente alloggiate da parenti nella parte
legale del sito. In pochi hanno trovato rifugio in altri paesi.
Dietro di sé una scia di distruzione che non è solo una ferita nel paesaggio,
ma anche un'offesa alla stessa legge che Ball ha detto di voler difendere. Dove
una volta c'erano casette, ora sono aperte buche che si sono riempite di acqua
lurida e neve disciolta, ognuna circondata da terrapieni di detriti.
Tuttavia, prima di raccogliere il suo premio per lo stupro della green-belt,
Ball è ancora al palo. I residenti di Dale Farm da lungo in sofferenza stanno
per prendere ulteriori azioni legali. Una questione è la loro preoccupazione per
l'erezione di una fila di pali per l'elettricità. Chiaramente interromperebbero
l'apertura della green-belt ed aggiungerebbero danno ai danni ambientali già
così evidenti.
"Hanno scavato una fossa davanti al cancello della mia proprietà," si lamenta
un residente. "Stanno facendo dei lavori ed intendono tornare."
Da tre mesi i residenti stanno chiedendo il ripristino della fornitura
elettrica, tagliata illegalmente. I loro avvocati hanno perso la pazienza e
questa settimana hanno minacciato di chiedere l'intervento del tribunale, per il
rifiuto del consiglio di agire rapidamente nel riparare i danni alle
infrastrutture.
La
Dale Farm Residents Association chiede all'appena formato Traveller Solidarity
Network e agli altri gruppi di appoggiare la protesta a Westminster il 27
febbraio, quando Tony Ball spera di ricevere il premio Leader di Consiglio
dell'anno.
Una coppia di giocatori di pelota di etnia rom, membri del club Laguna Artea,
disputerà sabato la finale del torneo Enkarterriak. SILVIA OSORIO - SESTAO.
08/02/2012
Lo sport intreccia legami e unisce le culture. A Sestao, qualcosa di così locale
come la pelota è riuscito a unire gagé e rom. Una coppia di giocatori di pelota,
di etnia rom è riuscita a classificarsi per potere disputare la finale della
categoria cadetti del Torneo Enkarterrik, uno dei campionati più importanti a
livello territoriale, per le categorie inferiori. L'appuntamento storico,
organizzato dalla Federazione Vizcaina di Pelota, avrà luogo questo sabato, a
partire dalle 16.30, nel campo Txikito di Gallarta, dove misureranno le loro
forze nella squadra di Bilbao e dovranno essere all'altezza dei loro berretti da
campioni.
Dani e Mariano sono i protagonisti di questa lotta, che è servita a buttare
all'aria gli stereotipi ai quali è sottoposta la comunità rom alla quale loro
appartengono. Permetterà di fare un passo avanti riguardo all'integrazione di
questa collettività, perché non ci sia nessun rifiuto da parte di chicchessia
verso chicchessia. "Siamo molto soddisfatti" ha dichiarato a questo
periodico Xabier Sainz de la Maza, presidente del club Lagun Artea, al quale
appartengono i due giocatori.
Ambedue giovani, residenti nella zona industriale, fecero i loro primi passi in
questa disciplina nel campo del Parco del Sole. Lì è frequente vedere squadre di
giovani di etnia rom, che giocano a pelota per ammazzare il tempo. L'estate
scorsa, durante la celebrazione delle gare sportive organizzate ogni anno dalla
municipalità di Sestao proprio in questo campo, un allenatore del club Lagun
Artean notò l'abilità dei due, e li esortò ad avvicinarsi al
campo di Las Llanas, per guardare gli allenamenti degli altri membri della
squadra.
Cinque mese di sforzi
Così fecero, e da allora, non hanno più lasciato la pelota. Nel mese di
settembre, iniziarono a prepararsi, sottoposti alla disciplina della squadra.
Dani e Mariano frequentavano la scuola la mattina, e due sere alla settimana si
dedicavano a perfezionare la tecnica sul campo. Passano cinque mesi durante i
quali combinano lo studio con duri allenamenti e competizioni. Però lo sforzo ne
è valso la pena, e gli ha portati a ritrovarsi nella finale del Torneo Enkarterriak.
"Si vede che sono molto impegnati e che desiderano vivere una vita
come qualsiasi giovane della loro età" spiega il massimo rappresentante del club
di Sestao.
Ma la loro integrazione nel gruppo non è stato un lavoro facile. I responsabili
del Lagun Artea ammettono che l'arrivo dei due giocatori rom al club, destò
all'inizio "un po' di sospetto in mezzo agli altri giocatori." Però con il
passare del tempo, vedendo l'impegno e la predisposizione dimostrati da ambedue,
i pregiudizi iniziali sono svaniti e la loro integrazione nel gruppo è avvenuta in
modo ottimale.
Di Fabrizio (del 12/02/2012 @ 09:46:28, in Italia, visitato 1490 volte)
PaeseSera
Gli operatori del terzo settore hanno fatto irruzione nell'aula Giulio Cesare
durante il consiglio per manifestare contro il piano proposto dal vice sindaco
Sveva Belviso, che prevede una riduzione delle risorse per i servizi sociali
all'interno dei campi nomadi. Ozzimo (Pd): "Da mesi chiediamo chiarezza e ad
oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta" DI S. IANNŇ
Nessuna sostanziale novità dalla sala del Carroccio dove si è tenuto l'incontro
tra i membri del Roma social pride e Tredicine presidente della commissione
Servizi sociali. La discussione è stata rimandata a martedì. Obiettivo
dell'incontro era quello di spiegare le ragioni del disagio degli operatori del
terzo settore, rispetto all'ipotesi di riduzione del 50% delle risorse per i
servizi all'interno dei campi rom. Un decremento che si traduce "in uno schiaffo
ai lavoratori del soggetto", dicono le associazioni. I membri di associazioni e
cooperative chiedono che i 30 milioni stanziati per l'emergenza rom, mai
utilizzati dopo la sentenza del Consiglio di Stato che ha bocciato il piano
nomadi., siano utilizzati per garantire i servizi. A cui segue la disattenzione
dell'amministrazione che non ha avviato processi di fuoriuscita dai campi,
continuando nella politica degli sgomberi, che hanno portato un aumento dei
microcampi abusivi e dei residenti nei villaggi attrezzati.
Tredicine si dichiara pronto ad avviare un processo di dialogo all'interno della
commissione politiche sociali. "Intanto - afferma - restiamo in attesa
dell'incontro con il vice sindaco Belviso per capire come risolvere il problema
dei finanziamenti". "Dovete capire - conclude - che anche noi non vogliamo
perdere un servizio sociale".
LE REAZIONI - "Bisognerebbe chiedere le dimissioni dell'assessore alle Politiche
sociali che propone di tagliare le risorse per i servizi, con l'obiettivo di
lasciare nel caos i cittadini nei campi". Lo dichiara Andrea Alzetta,
consigliere di Action. "La mancanza di fondi - aggiunge Alzetta - e' una bufala
perche' nei giorni scorsi avete rinunciato a 200milioni di euro di oneri
concessori dei costruttori, votando il Piano casa". "Il paradosso e' che si
tagliano 1,8 milioni di euro per il sociale e poi si buttano i soldi per la
vigilanza armata, che costa oltre due milioni". Lo dichiara Daniele Ozzimo, vice
presidente della commissione Politiche sociali, nel corso dell'incontro con il
Roma social pride, nella sala del Carroccio del Campidoglio. "Come presidente
della Commissione - afferma Ozzimo rivolgendosi al suo collega Tredicine - devi
avere il coraggio di non appiattirti sulle posizioni dell'assessorato, in modo
che martedì possiamo difendere l'intervento nel sociale". "Qualcosa nel piano
nomadi non ha funzionato, e' compito della politica intervenire per correggere
gli errori". Lo afferma il presidente della commissione Politiche sociali,
Tredicine, nel corso dell'incontro con il Roma social pride nella sala del
Carroccio del Campidoglio. "Dopo l'incontro con la Belviso - aggiunge Tredicine
- bisognera' approfondire la questione con la ragioneria per capire come
intervenire. Perche' le vostre preoccupazioni sono le nostre". I membri delle
cooperative sottolineano pero' che le risorse si possono recuperare da quei
servizi pagati anche 20 volte in più, come accade per il campo sulla Salaria e
rivelato dallo stesso vice sindaco. Senza dimenticare che per ogni famiglia rom
il Comune di Roma spende mille euro, mentre si potrebbe pensare un percorso di
fuoriuscita dai campi per avviare una politica di stabilizzazione abitativa.
LA PROTESTA - "Vergogna, dove sono i 30 milioni di euro stanziati per
l'emergenza rom?". Lo chiedono a gran voce gli operatori del terzo settore che
pochi minuti fa hanno fatto irruzione nell'aula Giulio Cesare, per protestare
contro il piano proposto dal vice sindaco Sveva Belviso, che prevede una
riduzione delle risorse per i servizi sociali all'interno dei campi nomadi.
Per gli operatori, che sono stati immediatamente allontanati dal Campidoglio, i
politici sono dei "buffoni" e più volte hanno gridato il nome della Belviso,
considerata con il primo cittadino Alemanno, "ladra di servizi sociali". Sullo
striscione che i membri di associazioni e cooperative hanno esposto c'era
scritto che ci sono "30,8 milioni di buone ragioni per finanziare i servizi nei
campi".
I membri del Roma social pride, dopo essere stati allontanati dall'aula Giulio
Cesare, si sono riuniti nella sala del Carroccio in attesa di un incontro con i
capigruppo capitolini, per spiegare che con la riduzione del 50 per cento delle
risorse si rischia di non garantire più i servizi sociali.
Sulla questione interviene anche Daniele Ozzimo (Pd): "Che fine hanno fatto i
30,8 milioni di euro a disposizione del Piano Nomadi? Da mesi chiediamo
chiarezza e ad oggi non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Il Piano è fermo al
palo, nessun nuovo insediamento di quelli promessi dalla Giunta Alemanno è stato
costruito ed è aumentato in questi quattro anni in modo esponenziale il numero
dei microcampi abusivi. Del fallimento di Alemanno in tema di comunità Rom i
numeri sono chiari 30,8 milioni di euro scomparsi nel nulla e più di 200
microcampi abusivi, e su questi risultati il Sindaco non può di certo dare la
responsabilità alla Protezione Civile. Chiediamo quindi immediata chiarezza
dall'amministrazione".
di Santo Iannò - Giovedì, 09 Febbraio 2012
Domanda di un non-romano:
Fatti salvi tutti i "se" possibili: quindi SE Alemanno ed il suo contorno
siano persone di cui fidarsi, SE questi tagli al bilancio siano scelte politiche
e non obbligate, come siano stati spesi i fondi precedenti...
... la domanda ANTIPATICA è: cosa si
voglia fare di 30,8 milioni di euro, quanti di questi soldi vadano ai collettori e
quanti ai Rom e Sinti, chi verifica i risultati ottenuti ANCHE
dall'associazionismo nei campi (ad esempio) dell'integrazione scolastica,
abitativa, sanitaria, lavorativa.
Erano questioni già sollevate
2 anni e mezzo fa (NdR)
Di Fabrizio (del 13/02/2012 @ 09:24:31, in Italia, visitato 1398 volte)
Autore: Daniele Ulderico
Nel settembre 2005 circa mille rom che da vent'anni vivevano nel campo di vicolo
Savini, a pochi metri dalla Basilica San Paolo a Roma, sono stati trasferiti con
grande clamore mediatico in un nuovo insediamento a 25 km dalla città. Il nuovo
campo di Castel Romano, con prefabbricati a scacchiera, circondato da un parco
naturale e da un muro di separazione, per le amministrazioni Veltroni e Alemanno
rappresenta un modello per la "soluzione del problema rom". Nella prospettiva
dell'antropologia critica della contemporaneità la vicenda si rivela esemplare:
in prima istanza perché riattualizza termini come "zingaro" e "nomade", con
tutto il loro deposito di stereotipi e pregiudizi, quindi per il fatto di
rappresentare emblematicamente i processi e gli esiti, perlopiù negativi, delle
politiche di separazione ed espulsione dei rom dagli spazi urbani. Un modello
innovativo di analisi etnografica, ridislocata nei due insediamenti e lungo le
fasi del trasferimento, mette anche in luce come il confine fra i rom e i
diversi "noi" -istituzioni, associazioni e società locale- funzioni come
criterio ordinatore dei rapporti sociali, fino a produrre differenze, alleanze e
forme inedite di potere.
Di Fabrizio (del 13/02/2012 @ 09:30:20, in Regole, visitato 1786 volte)
di Africa Insieme (vedi anche
Sulla vicenda dello sfratto eseguito a Coltano il 31 Gennaio 2012)
Il 31 Gennaio, in piena emergenza freddo, il Comune ha sfrattato una donna
con cinque bambini al villaggio rom di Coltano: questa drammatica verità è stata
occultata da una sequela impressionante di dicerie, diffuse prima dagli
amministratori, poi dal principale partito della città. Una vera e propria
"macchina del fango" mobilitata per screditare un'intera famiglia.
A casa della donna, si è detto, si sarebbero trovati gioielli per centinaia di
migliaia di euro, frutto di attività criminose; i parenti sarebbero proprietari
di una villa e di attività commerciali confiscate dalla magistratura; infine, la
donna sarebbe tra le protagoniste del rapimento della "sposa bambina". Nessuna
di queste informazioni corrisponde a verità.
Per il sequestro dei "gioielli", la signora non è neanche imputata: è stata
giudicata estranea ai fatti, ed è un'altra la persona che andrà a processo.
Quanto alla "villa" dei parenti, il 12 Novembre 2011 la Corte d'Appello ne ha
annullato la confisca, mentre il procedimento di sequestro delle attività
commerciali è stato archiviato dal GIP il 10 Ottobre. Resta l'accusa della
"sposa bambina", su cui permangono molti dubbi che - si spera - verranno
chiariti nel processo.
La realtà dei fatti è molto semplice. La signora è stata sfrattata perché
imputata in un processo. Il Comune la considera colpevole a prescindere dalla
sentenza, violando così la Costituzione, la Dichiarazione dei diritti umani e i
principi più elementari del diritto ("l'imputato è innocente finché una sentenza
non abbia accertato la sua colpevolezza"). Con ammirevole candore, il Partito
Democratico afferma che il Consiglio Comunale avrebbe chiesto di "superare, in
questo caso, la cosiddetta presunzione di innocenza". Un principio basilare
dello stato di diritto verrebbe dunque "superato" (sic) dalla delibera di un
Comune! Quando si tratta di rom si sospendono tutte le regole, salvo poi
richiamare gli stessi rom al "rispetto delle regole".
Il PD afferma che in questa vicenda le autorità locali "non hanno nulla di cui
vergognarsi". Perché allora lo sfratto è stato eseguito lontano dagli occhi
indiscreti dei giornalisti? Cosa c'era da nascondere, se tutto era "secondo le
regole"? Si voleva occultare lo spettacolo di una donna e cinque bambini
lasciati al gelo? Si voleva mostrare che la signora aveva "rifiutato le proposte
di accoglienza", nascondendo il fatto che si volevano dividere i piccoli dalla
loro mamma? Lo stesso comunicato del PD indica come soluzione l'affido a terzi
dei bambini (temporaneo, ma per quanto?): l'unica "salvezza" dei figli
consisterebbe dunque nel levarli alla madre…
A Pisa quando si parla di rom la responsabilità personale sancita dalla
costituzione svanisce: si accusano intere famiglie, bambini compresi.
Ci pare che il senso vero di questa operazione sia più che trasparente. Il
Comune ha smantellato il programma Città Sottili, sostituendolo con una politica
sistematica di sgomberi. Lo sfratto di Coltano è solo uno dei tasselli di questa
politica, a cui si accompagnano velenose campagne di stampa: si pensi alle
continue esternazioni del Sindaco sulla presenza eccessiva di rom (come se un
gruppo fosse di per sé portatore di problemi). Pisa non è affatto
"all'avanguardia" nelle politiche sociali: le scelte di questa amministrazione
vengono al contrario seguite con crescente inquietudine dalle organizzazioni per
i diritti umani, come dimostra il recente rapporto del Consiglio d'Europa.
La nostra città è diventata il teatro di una vera e propria "emergenza diritti
umani": è questa l'amara verità che ricaviamo dalla vicenda dello sfratto di Coltano.
Africa Insieme - 11 Febbraio 2012
Di Fabrizio (del 14/02/2012 @ 09:20:17, in Regole, visitato 2476 volte)
La notizia mi era sfuggita, grazie a Daniele Mezzana per
la segnalazione
ultimo aggiornamento: 31 gennaio, ore 15:28
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - Mai più foto che ritraggono i volti dei
mendicanti. Lo intima la Cassazione, sottolineando che "non è possibile negare
l'oggettiva valenza diffamatoria" alla pubblicazione di uno scatto di chi chiede
la carità: "la coscienza comune - spiega la Quinta sezione penale - pone questi
soggetti in uno dei gradini più bassi della cosiddetta scala sociale ed è allora
naturale che chi sia costretto dalla necessità a praticare la mendicità e venga
additato come tale si sentirà mortificato e gravemente ferito nella sua
onorabilità".
Se si vuole denunciare il dilagare di un fenomeno, dice la Cassazione, è
necessario "coprire i volti delle persone coinvolte in fenomeni sui quali grava
un pesante giudizio negativo della collettività".
La vicenda analizzata dalla Suprema Corte nasce dalla querela sporta da una
rumena ultratrentenne, Ciurar C., comparsa in una fotografia pubblicata a
corredo di un articolo di un giornale di Trento nel quale venivano riportate le
reazioni e i commenti dei cittadini, pure loro rappresentati fotograficamente,
nell'ambito di una tavola rotonda sul 'pacchetto sicurezza' e sull'istituzione
delle ronde. A corredo del servizio, la foto della rumena accompagnata dalla
didascalia 'una questuante all'opera nel centro storico di Trento'. Il gip di
Trento, il 31 gennaio 2011, aveva dichiarato il non luogo a procedere "perché il
fatto non sussiste" nei confronti del direttore e dell'autore dell'articolo,
ritenendo non diffamatorio l'articolo e le foto improntati a scoraggiare
"fenomeni quali la prostituzione, il vandalismo e l'accattonaggio diffuso". La
Cassazione è stata di tutt'altro avviso.
La rumena fotografata a mendicare ha fatto ricorso in Cassazione, facendo notare
che era l'unica delle persone ritratte a rappresentare il problema che il
'pacchetto sicurezza' avrebbe voluto affrontare e che, nel testo, si parlava di
'accattonaggio diffuso legato ad organizzazioni criminali'. Piazza Cavour -
sentenza 3721 - ha accolto la tesi difensiva della rumena e ha osservato che "la
fotografia di Ciurar C., indicata come questuante all'opera, posta a corredo
dell'articolo non può essere considerata neutra, dal momento che il lettore è
portato ad identificare la persona rappresentata con uno dei mali da combattere
- l'accattonaggio diffuso - e l'ipotizzato collegamento con ambienti malavitosi
- ed uno dei problemi da eliminare per garantire una pacifica vita cittadina".
La Cassazione fa notare che "quando per esigenze di cronaca si mostrano immagini
di persone in qualche modo coinvolte in fenomeni sui quali grava un pesante
giudizio negativo della collettività - al fine di evitare che si crei un preciso
collegamento tra un fenomeno generale e una specifica e individuabile persona
fisica ed evitare quindi la conseguente e inutile carica di disdoro personale,
si usa sgranare o comunque coprire il volto della persona ritratta per renderla
non identificabile".
Di Fabrizio (del 14/02/2012 @ 09:40:58, in casa, visitato 1585 volte)
Corriere
della Sera - I sinti dicono sì al trasferimento entro il 29 febbraio. L'Unar indaga
sulla denuncia per discriminazione.
Il campo nomadi (Fotogramma)
Niente proroghe: il campo nomadi di via Orzinuovi chiuderà formalmente il 29
febbraio, come deciso dalla Loggia. Entro quella data, tutte le 19 famiglie che
ci abitano (alcuni sin dal 1976) «sapranno dove andare», conferma il
vicesindaco, Fabio Rolfi. Ed è proprio per tracciare il futuro di queste persone
che in Prefettura è stato convocato un tavolo ad hoc. A raccolta il sindaco,
Adriano Paroli («Č iniziato il dialogo per trovare soluzioni condivise»), Cgil,
Fondazione Piccini, Polizia Locale, una rappresentanza sinti e, non da ultimo,
Emanuele Nitri, dell'Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali che fa capo
alla Presidenza del Consiglio. Perché proprio all'Unar, e non solo, era
indirizzata la lettera in cui i sinti denunciavano il Comune di volerli
«cancellare dall'anagrafe» (vedi
QUI ndr). Un punto, questo, «su cui ci riserviamo di valutare
quando avremo risposte e motivazioni dagli uffici competenti», conferma Nitri.
Altra storia, lo smantellamento del campo, «nei tempi previsti», assicura Rolfi
che definisce «passi in avanti importanti» quelli delle ultime ore, visto che i
sinti «hanno accettato la chiusura del campo». Vero, «ma vorremmo stare insieme,
per cui faremo tutti domanda di trasferimento nei prefabbricati del Centro
emergenza abitativa di via Borgosatollo», riferisce Giovanni Torsi. Il Comune,
però, avrebbe già individuato quattro famiglie «disagiate» da destinare agli
alloggi protetti Aler. Tempo 15 giorni per le verifiche, «ma quantomeno si è
iniziato a discutere. E nessuno il 29 febbraio staccherà la corrente nel campo»,
commenta Damiano Galletti, segretario provinciale Cgil.
Mara Rodella
10 febbraio 2012 | 15:40<
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