Nell'articolo non un solo fatto ma una tesi finalizzata ad alimentare l'odio
razziale: i rom sono omertosi e delinquono proteggendosi tra loro.
Un articolo tanto più odioso quando a Torino sono la magistratura e le forze
dell'ordine che si rendono conto che la possibilità di chiamare alla propria
responsabilità gli italici autori del pogrom della Cascina Cantinassa è impedita
da:
Un muro di omertà sul rogo delle Vallette - stampa.it
(vedi anche
QUI ndr.)
Ma occorre entrare nel merito dell'articolo di Andrea Cuomo per rendersi conto
di come, per il giornale, vada versato veleno sulla base di niente se c'è una
campagna di disinformazione da mandare avanti.
L'articolo ovviamente parte dalla giusta ondata di sdegno derivante dalla
barbara uccisione del vigile Savarino con l'evidente proposito di alimentare
l'odio razziale, ma invece di raccontare i fatti di milano rinvanga l'episodio
simile dell'omicidio stradale di Quarto Oggiaro di qualche mese fa.
Al giornalista non passa proprio per la testa di ricordare che nel doloroso caso
di Milano gli omicidi sono stati assicurati alla giustizia in tempi rapidissimi
proprio grazie alla collaborazione del uomo investito per primo, rom calabrese,
e degli altri della comunità di giostrai che erano presenti.
LA TESTIMONIANZA - Gli investigatori sono arrivati ai sospettati anche grazie
alla testimonianza dell'anziano giostraio colpito di striscio dall'auto poco
prima della tragedia di giovedì. Agli agenti della polizia locale avrebbe
fornito il numero di un cellulare di uno dei due. Hanno messo sotto controllo le
celle telefoniche e hanno intercettato alcuni messaggi importanti per
l'indagine.
Ma prima di approdare ad Aosta, nel garage dove era nascosta la Clio modello
Ventesimo Anniversario, gli agenti della polizia municipale hanno seguito tante
piste fasulle. Almeno quaranta controlli a vuoto: segnalazioni anonime ma
«potenzialmente attendibili». E «informazioni confidenziali». Blitz in campi
nomadi, carrozzerie, sfasciacarrozze, discariche. Dopo l’incidente sono arrivate
4 lettere misteriose. Una firmata da «Anonimo 66», spedita da fuori Torino. Una
signora di Grugliasco, convinta di aver trovato il pirata, «denuncia» il suo
vicino di casa: «Ha un ritmo di vita anormale, dorme di giorno e vive di notte.
Ha un amico con una Clio nera». Tutti vicoli ciechi.
Ma la vera chicca dell'articolo è ritirare in ballo l'episodio della Caffarella
ed i nomi di
Alexandru Isztoika Loyos e
Karol Racz.
Al giornalista mica viene in mente di controllare l'esito del giudizio o gli
archivi del suo giornale. Gli basta RI-SBATTERE il MOSTRO in prima pagina.
Allora ricordiamo al giornalista che i due poveri diavoli da lui tirati in ballo
erano INNOCENTI e sono stati assolti per l'episodio.
Ed anche ai fini delle tesi razziste del giornalista l'episodio non va bene, il
povero Karol Racz fu ritrovato dalla polizia quando tutti lo indicavano come il
"mostro faccia da pugile" proprio in base
alla civica segnalazione della
comunità rom di Livorno che gli dava ospitalità.
All'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.
Venne alla spiaggia un assassino
due occhi grandi da bambino
due occhi enormi di paura
eran gli specchi di un'avventura.
E chiese al vecchio dammi il pane
ho poco tempo e troppa fame
e chiese al vecchio dammi il vino
ho sete e sono un assassino.
Gli occhi dischiuse il vecchio al giorno
non si guardò neppure intorno
ma versò il vino e spezzò il pane
per chi diceva ho sete e ho fame.
E fu il calore di un momento
poi via di nuovo verso il vento
poi via di nuovo verso il sole
dietro alle spalle un pescatore.
Dietro alle spalle un pescatore
e la memoria è già dolore
ed è il rimpianto di un aprile
giocato all'ombra di un cortile.
Vennero in sella due gendarmi
vennero in sella con le armi
chiesero al vecchio se lì vicino
fosse passato un assassino.
Ma all'ombra dell'ultimo sole
s'era assopito il pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.
Una delle persone recentemente identificate come vittime del capovolgimento
della nave Concordia, è il trentottenne violinista Sandor Feher. Il
ministero degli esteri ungheresi ne ha confermato la nazionalità.
Sandor Feher, la prima vittima dell'incidente identificata ufficialmente,
lavorava sulla nave come violinista. L'Associated Press riferisce che sua madre
l'ha identificato in Italia.
Si dice che il violinista abbia aiutato a fornire di giubbotti di salvataggio
i bambini che piangevano durante l'evacuazione. Sia poi tornato in cabina per
recuperare il suo violino. Il pianista Joszef Balog avrebbe confermato che
indossava anche lui un giubbotto di salvataggio mentre decideva di tornare in
cerca del suo strumento.
Feher proveniva da una famiglia di musicisti. Anche suo padre e suo nonno
erano violinisti. Iniziò a suonare a sei anni e si laureò nel 1998 all'Accademia
Musicale Franz Liszt di Budapest. Ha trasmesso l'arte del violino ai suoi
allievi, insegnando a bambini tra i 6 e i 20 anni col metodo "ABC" sviluppato
dal suo maestro, László Dénes, e da altri musicisti. Il sistema è molto
conosciuto in Germania ed Ungheria, e Sandor lo descriveva come un metodo che
comprende canzoni folk da tutto il mondo. Il violinista stava progettando di
insegnare violino all'estero e "usare questo metodo per formare una nuova
generazione di violinisti".
iDNES.cz, violinist.com, ih, translated by Gwendolyn Albert
Dal 2004 la onlus di Medicina Solidale e delle Migrazioni cura a Tor Bella
Monaca gli strati più sofferenti della società. I partiti di centrosinistra in
un sit in sotto il policlinico di Tor Vergata chiedono che il servizio venga
spostatodalle strade del quartiere all'interno del Policlinico di Tor Vergata.
Questioni di igiene, dicono. A loro Lucia Ercoli responsabile del sevizio
risponde. "Provo una grande pietà" DI M. CARTA
"Noi siamo un ospedale del popolo. Per chi ci contesta provo solo pietà". Con
poche semplici parole, Lucia Ercoli, responsabile della Onlus di Medicina
Solidale e delle migrazioni, commenta il sit in promosso dall'Api, dal Pd e
dall'Idv per chiedere lo spostamento del servizio dai locali dell'ex Centro
anziani 'Ai pini' in via Amico Aspertini (Tor Bella Monaca) al Policlinico di
Tor Vergata. Secondo il consigliere municipale dell'Api, Valter Mastrangeli "non
è ammissibile che, in un appartamento abbandonato di circa 100 mq, senza
sicurezza e senza controlli, si vadano a curare malattie particolari: infettive,
Hiv, tossicodipendenza e, nello stesso tempo, vi sia una zona per l'ostetricia,
pediatria e ginecologia''.
Nata nel 2004 all'interno della parrocchia di Santa Maria del Redentore, a Tor
Bella Monaca, la Onlus di Medicina Solidale e delle Migrazioni, patrocinata dal
Policlinico di Tor Vergata, è un servizio sanitario rivolto alle fasce più
bisognose della città: stranieri, senzatetto, famiglie sull'orlo dell'indigenza,
soprattutto donne e bambini. "Abbiamo circa 80 pazienti al giorno – precisa la
Ercoli, che assieme a un' equipe di medici e psicologi volontari si prende cura
dei malati– di cui un buon 30% sono italiani. Ogni anno curiamo circa 15000
persone". Da quando nel settembre del 2009 il sindaco Alemanno assegnò i locali
comunali dell'ex Centro anziani 'Ai Pini', al servizio di Medicina Solidale,
tante sono state le proteste per il quartiere. Il municipio in più di una
occasione ha espresso parere contrario a questa decisione del sindaco, così come
i partiti di opposizione. Uno schieramento trasversale che parte dal Pd passando
per Idv, Api e Lista Civica fino ad arrivare anche a Forza Nuova, che in maniera
autonoma, in passato, ha contestato la struttura.
"Nessuno di questi signori però è mai venuto a vedere cosa realmente facciamo"
dice la Ercoli citando un manifesto a firma Pd in cui si chiedeva la chiusura
"del centro dei clandestini". "Queste persone devono fare pace col cervello e
chiedersi di cosa abbia veramente abbia bisogno la gente e non montarla
sull'onda della paura verso gli stranieri" incalza la Ercoli. "A chi parla di
luogo inadatto – prosegue la Ercoli - ribadisco che qui vengono rispettati tutti
i protocolli. Questo è un servizio ad accesso diretto, totalmente gratuito,
previsto anche dai piani sanitari: esistono i centri di cura primari, o case
della salute, basate sull'integrazione fra sociale e sanità. Qui viene gente che
in molti casi ha difficoltà a rivolgersi alle strutture convenzionali, che già
ora, come nel caso del Pronto Soccorso del Policlinico di Tor Vergata, sono al
collasso. Curo un bambino e lo mando via nudo perché non ha neanche i vestiti? O
curo un mal di stomaco di una persona che non mangia da tre giorni e poi lo
lascio morire di nuovo di fame?"
Grazie anche al numero sempre crescente di volontari, da circa tre anni la Onlus
si occupa della distribuzione di 300 pacchi viveri al mese, mentre da qualche
mese, in collaborazione con il centro sociale el Che di Tor Bella Monaca, ha
avviato dei corsi di danza per bambini con problemi psichici "Se la prendono con
noi perché siamo una delle poche cose che funziona a Tor Bella Monaca. Questo è
un ospedale del popolo, perché rispondiamo ai bisogni primari delle persone. Una
volta il partito comunista aveva le case del popolo, forse se le è scordate -
riflette la Ercoli che conclude - Alimentare la paura dello straniero è idiota.
Mi chiedo se chi si professa di sinistra abbia mai letto Gramsci o abbia mai
sentito parlare di internazionalizzazione. Dicono di essere contro le
ingiustizie e poi impediscono di curarsi alle persone che muoiono in mare per i
nostri respingimenti. Provo solo una grande pena".
Di Fabrizio (del 24/01/2012 @ 09:47:45, in Kumpanija, visitato 1437 volte)
Il consiglio di Zona 4 per il Giorno della Memoria - Due importanti
iniziative promosse dalla Commissione Cultura:
WOW Spazio Fumetto – Museo del fumetto – viale Campania, 12 - dal 21 gennaio al
5 febbraio 2012 – due percorsi-espositivi che - utilizzando il linguaggio del
fumetto – parlano della tragedia delle persecuzioni nazi-fasciste.
Verranno esposti - attraverso una selezione e lettura ragionata di un
significativo numero di pagine - "Maus – Racconto di un sopravvissuto" di
Art Spiegelman e "Giorgio Perlasca – Un uomo comune" di
Ennio Buffi e Marco Sonseri.
La presentazione del materiale selezionato ha un taglio intenzionalmente
didattico, per facilitare la comprensione di un periodo tra i più dolorosi della
storia.
Nell'ambito delle esposizioni, domenica 22 alle ore 16 si terrà un incontro con
le Associazioni che rappresentano i deportati nei campi di steminio e
sopravvissuti alla Shoah.
Data la particolarità dei temi affrontati, l'ingresso alle suddette esposizioni
sarà gratuito.
Venerdì 3 febbraio – Teatro della XIV – via Oglio 18 – ore 20,45
Musica e Parole dal Mondo un ciclo di spettacoli, un filo conduttore: le tante
voci, le diverse anime e la preziosa pluralità di culture che popolano Milano promosso dalla
Commissione Cultura del Consiglio di Zona 4, presenta PORRAJMOS DIMENTICATO
in occasione della Giornata della Memoria incontro con la Comunità Rom di Zona 4
Introduzione musicale di Alessio Lega
Presentazione a cura di Opera Nomadi e del Museo del viaggio "Fabrizio De André"
di Rogoredo
con Mirko e Giorgio Bezzecchi e Maurizio Pagani
Proiezione di Porrajmos, filmato sulla deportazione Rom e Sinti nei campi di
internamento e di sterminio e di un documentario storico sulla famiglia
Bezzecchi negli anni '50 a Milano.
Esibizione del gruppo musicale I Muzikanti di Balval diretti dal Maestro
fisarmonicista Jovic Jovica che animerà l'incontro con musiche e balli della
tradizione balcanica.
Pescara: Venerdì 20 gennaio nel primo pomeriggio presso la sala polifunzionale
di Madonna del Fuoco in via Stradonetto i Rom sono scesi in campo per reagire al
clima di crescente intolleranza e discriminazione nei loro confronti.
Si è concluso, come da programma, intorno alle 18:30 con il buffet offerto dalle
donne Rom e dalla Fattoria Sociale Bravalipé, il convegno realizzato presso la
sala polifunzionale di Madonna del Fuoco a Pescara. L'evento, trattante i temi
dell'integrazione e della discriminazione nei confronti della cittadinanza Rom,
ha visto una partecipazione di oltre 200 persone, delle quali più del 70%
appartenenti alla Comunità Rom locale. A presiedere vi erano i rappresentanti
degli Enti promotori dell'incontro: Caritas Diocesana con Don Marco
Pagniello; Centro Studi e Ricerche Ciliclò con Teodoro Rotolo;
Federazione Romanì e Associazione RomSinti con Nazzareno Guarnieri;
e Fattoria Sociale Bravalipè con Francesco Ciattoni. I lavori
sono stati aperti e moderati da Nazzareno Guarnieri il quale si è dichiarato
commosso dalla numerosa partecipazione della comunità Rom: «Nel corso di
questi anni» afferma Guarnieri «ho parlato davanti a platee molto più
numerose di queste. Oggi però difficilmente trattengo l'emozione, perché è la
prima volta che parlo davanti ad una partecipazione Rom così sentita e numerosa».
L'iniziativa ha visto anche l'intervento, fuori programma, del Procuratore Capo
della Repubblica di Pescara Nicola Trifuoggi: «Con immensa
gioia» commenta Trifuoggi «vedo riunita una così considerevole fetta
della comunità Rom. Da parte delle istituzioni» continua il Procuratore
Capo della Repubblica «c'è la piena consapevolezza che è una minoranza dei
cittadini Rom a macchiarsi di atti criminosi. Purtroppo per colpa di pochi
ne va di mezzo la reputazione di tutti. L'invito che faccio alla vostra comunità
è quello di isolare i soggetti dannosi e continuare in questo percorso teso a
rivendicare la vostra dignità» Fra gli interventi fuori programma anche quelli
dell'assessore alle Politiche Sociali di Pescara Guido Cerolini Forlini, la
Consigliera regionale Marinella Sclocco, e l'Assessore Regionale con delega alla
legalità e sicurezza del territorio Carlo Masci.
Pescara 21/01/2012 - Uff. Stampa Centro Studi e Ricerche Ciliclò
Di Fabrizio (del 25/01/2012 @ 09:36:18, in Italia, visitato 1882 volte)
28 gennaio 2012 ore 14.30 Casa della Cultura, via Borgogna 3
In Europa crescono le formazioni di estrema destra che mescolano populismo,
nazionalismo e neonazismo dichiarato. La crisi economica facilita la presa di
parole d'ordine che individuano un nemico cui attribuire tutte le colpe: rom,
gay, ebrei, musulmani e stranieri in genere.
In Italia l'estrema destra e la destra istituzionale hanno denominatori comuni
politici e culturali: dal rifiuto dell'uguaglianza e della società multietnica
al nazionalismo, dalla concezione del rapporto uomo-donna al rifiuto
dell'omosessualità. Comune a tutte le destre è il tentativo di superare la
Costituzione e l'antifascismo, lo sdoganamento delle formazioni neofasciste e il
tentativo di riscrivere la storia.
Nell'estrema destra italiana si rafforzano le posizioni razziste e antisemite e
l'acquisizione di miti e modelli del nazismo. Sono cresciute le aggressioni a
militanti di sinistra, immigrati, omosessuali e zingari. La Lega fa la sua parte
e già nel 2004 è stata segnalata dall'Osservatorio europeo dei fenomeni razzisti
e xenofobi.
A Milano le amministrazioni di centro-destra in questi anni hanno coperto e
sostenuto le formazioni neofasciste e neonaziste. In questa città si gioca una
partita importante. Bisogna costruire un argine contro il neofascismo e il
razzismo attraverso la mobilitazione che ne impedisca l'azione, ma anche con una
battaglia culturale che smascheri l'ideologia neofascista. E' necessario
riconoscere e valorizzare le esperienze che sul territorio, a partire dalle
periferie, sono nate a difesa della democrazia e della partecipazione.
-Presentazione di Rete Antifascista Milanese, Anna Miculan, Adesso Basta!
-Saluto di Basilio Rizzo, presidente del Consiglio Comunale di Milano
-Saluto di Roberto Cenati, Presidente provinciale Anpi
-I caratteri peculiari delle destre italiane, Giorgio Galli, politologo
-Le destre e la crisi economica, Onorio Rosati, segretario Camera del Lavoro
Metropolitana di Milano
-Il vero volto della Lega nord, Roberto Biorcio, docente Scienze Politiche
Università Milano Bicocca
-Le destre radicali e populiste in Europa, Elia Rosati, collaboratore Università
Statale Milano
-Il caso ungherese, Roberto Festa, giornalista
-Il passato che non passa: l'antisemitismo, messaggio filmato di Moni Ovadia
-Il neofascismo a Milano, Saverio Ferrari, ricercatore
-L'antifascismo nelle periferie milanesi, Aaron Paradiso, Comitato antifascista
Zona 8
-L'intolleranza, Ernesto Rossi, presidente Unione Rom e Sinti
Promuove Rete Antifascista Milanese: Camera del Lavoro Metropolitana di
Milano, Adesso Basta! Arci Milano, Associazione culturale Punto Rosso,
Associazione nazionale di amicizia Italia Cuba, Circolo Arci 26x1, Comitato
Antifascista Zona 8, Memoria Antifascista, Teatro della Cooperativa.
this is SOUTH WALESDove potremo andare se ci costringeranno ad
uscire dalle nostre case? - 18 gennaio 2012 Llanelli Star
Il sito di Sandy Bridge a Llanelli
UNA COMUNITA' di viaggianti di fronte alle possibili minacce di sgombero
dalle loro dimore a Llanelli ha chiesto il permesso di rimanere.
Le famiglie che vivono nel sito sotto Sandy Bridge dicono di aver messo
radici nella comunità e non vogliono essere cacciate.
Hanno richiesto una licenza edilizia retroattiva perché alcune roulotte
possano rimanere su terreni precedentemente adoperati per lo stoccaggio, ma
temono che possa partire uno sgombero dopo che l'Agenzia per l'Ambiente ha
sollevato timori di possibili inondazioni.
Il consiglio del
Carmarthenshire dovrebbe valutare la soluzione.
Uno dei viaggianti del sito, che ha chiesto di rimanere anonimo, dice di aver
vissuto per 22 anni in quella zona.
"E' casa nostra - lotterò fino in fondo," dice.
"Sono arrivato qui quando ero piccolo, con mio padre e mia madre. E' un sito
residenziali ed in 50 anni non c'è mai stato un alluvione."
Il viaggiante aggiunge che anche suo fratelli ed i loro figli hanno sempre
vissuto lì.
"Non vogliamo mettere per strada i nostri bambini," dice.
"Quest'area abbandonata era in vendita e la comprammo, ampliando il parco
roulotte per i nostri figli."
"Veniamo da una comunità di viaggianti, ma i nostri figli vanno a scuola
qui."
"Non intendiamo andarcene. Se ci mandano via, dove possiamo andare? Dovremo
vendere i nostri prefabbricati e comprarci delle roulotte per muoverci tra i
laghi e Llanelli, causando problemi al consiglio. Non lasceremo Llanelli."
Pericoloso
Il motivo di queste preoccupazioni risiede in una dichiarazione
dell'autorità, che intende respingere la domanda sul parere dell'Agenzia per
l'Ambiente gallese (EAW).
Un portavoce della EAW ha detto: "Le inondazioni sono pericolose, devastanti
e dolorose per chi vi è coinvolto, e ci opporremo a qualsiasi azione che possa
aumentare per le case e le aziende il rischio di inondazioni. Questo è concorde
alle linee guida del governo gallese (note
tecniche TAN 15 ndr).
"In questo caso, quello degli sviluppi vulnerabili, la Valutazione sulle
Conseguenze dell'Inondazione non ha calcolato il rischio per quanti vivano in
loco o possano essere coinvolti."
"Se questa dichiarazione terrà conto di tutte le nostre preoccupazioni e si
affronterà il rischio di inondazioni, faremo cadere le nostre obiezioni."
L'assessore Sian Caiach ha detto che la situazione è complicata, dato che i
viaggianti hanno i permessi edilizi su parte del sito.
Ha aggiunto che in 10 anni come assessore ha ricevuto una sola lamentela sul
sito, perché dei cani abbaiavano.
Un portavoce del consiglio ha dichiarato: E' stata ricevuta un'obiezione
dall'Agenzia per l'Ambiente e quindi l'autorità rifiuterà la concessione di
premessi retroattivi. Il caso è in discussione e probabilmente non verrà
esaurito prima di febbraio o marzo, quando poi passerà ai poteri delegati."
Di Fabrizio (del 26/01/2012 @ 09:45:17, in Italia, visitato 2068 volte)
BUSTO ARSIZIO(due articoli)
Speroni: "Saremo carogne contro i nomadi" Scontro in commissione sicurezza su un'interrogazione del leghista Unfer che
chiede di eliminare definitivamente il problema. Il resto dei consiglieri fa
muro. Fantinati: "Nessun estremismo ma il problema c'è"
"Incarognirsi" contro i nomadi, rendergli impossibile la sosta nei campi con
grossi tronchi, mettergli alle calcagna agenzie di recupero crediti se non
pagano le multe:la ricetta di Francesco Speroni per risolvere il problema. In
commissione sicurezza ieri, giovedì, il tema caldo della presenza sul territorio
di Busto di gruppi stanziali e nomadi di rom o sinti ha visto contrapporsi la
Lega Nord contro tutto il resto del consiglio comunale. Pdl, Movimento 5 Stelle,
Pd e Manifattura Cittadina, Indipendenti di Centro hanno arginato le posizioni
definite "estremiste" da tutti i consiglieri presenti. Proprio il presidente
della commissione Adriano Unfer (Lega Nord) aveva presentato la mozione di cui
si è discusso chiedendo di eliminare "definitivamente" il problema del passaggio
dei nomadi e dei rom o sinti, presenti in modo stanziale in città come, ad
esempio, la famiglia Bianchi alla quale è stata data una residenza in una via
che non esiste (tra l'inceneritore e un cementificio).
La parola "definitivamente" ha fatto arrabbiare, in particolare il consigliere
Gian Pietro Rossi che ha sottolineato che "già un certo Adolfo aveva pensato ad
eliminarli definitivamente senza, peraltro, riuscirci". Il senatore ha tracciato
la sua via parlando di vicini rumorosi da contenere e controllare giornalmente
durante le loro presenza temporanea o stanziale che sia. Gianpaolo Sablich,
invece, ha chiesto dati più precisi sulla presenza a Busto e ha poi lanciato
l'idea di attrezzare un'area di sosta camper dedicata ai nomadi per poterli
controllare e contenere in modo da evitare che sporchino prati e terreni con i
loro mezzi. Marta Tosi ha, invece, apprezzato il discorso iniziale
dell'assessore alla sicurezza Claudio Fantinati che ha parlato di risposte
celeri, ogni volta che si presenta un nuovo gruppo, con la consapevolezza che
fenomeni come questi non si possono nè fermare, nè eliminare definitivamente
come vorrebbe Unfer: "La Lega ingigantisce un problema che non esiste - ha detto
la consigliera di Manifattura Cittadina - queste persone sono diverse? Anche i
disabili hanno delle diversità fisiche ma non per questo li cacciamo via. Quindi
allo stesso modo bisognerebbe aiutarli ad integrarsi".
Se la parola definitivamente ha fatto drizzare i capelli a tanti, la parola
integrazione fa saltare sulla sedia i leghisti che con Unfer sottolineano: "Non
esiste integrazione per questa gente - ha sbottato - è da secoli che ci si prova
ma non ne vogliono sapere". A dar manforte al presidente c'era anche Marco
Albertini, sempre della Lega che chiude: "Loro non pagano la luce o non pagano
le multe? Allora da domani lo farò anche io, vediamo con chi se la prenderanno
prima gli enti preposti".
Riceviamo e pubblichiamo il comunicato stampa della Giovane Italia in merito al
tema discusso in commissione sicurezza giovedì che riguarda dati sulla presenza
di nomadi in città e luoghi dove questi sostano.
Ieri abbiamo assistito alla commissione sicurezza che aveva all'ordine del
giorno anche un argomento sul quale abbiamo più volte espresso la nostra
opinione: nomadi a Busto Arsizio. Questo calato in un quotidiano aumentare di
tentativi di furto nelle abitazioni cittadine, che a volte, vedono come
protagonisti proprio loro.
L'assessore Fantinati ha affrontato molto bene il problema postogli dai
commissari leghisti, che nel loro testo chiedevano solo lo status attuale sui
fenomeni migratori nomadici in città. Su questo c'è poco da dire:
l'amministrazione fa il suo dovere allontanando il prima possibile gli
avventori, poi per il discorso delle sanzioni è veramente complicato venirne a
capo.
In realtà il problema degli accampamenti a Busto è ben altro e non veniva
toccato dai punti all' ODG, fortunatamente poi nella discussione è venuto fuori:
per ammissione degli stessi leghisti non sono più tollerabili tutti quei
comportamenti che creano discrimine tra i cittadini di Busto, che regolarmente
pagano tutto ciò che è dovuto (e se non succede vengono perseguiti) e quelli che
risiedono in baracche abusive all'interno di campi con destinazione agricola.
"Sono contento - afferma sarcasticamente Sabba - che durante la discussione in
commissione, i consiglieri leghisti abbiano contraddetto in tutto e per tutto la
linea che la loro segreteria politica bustocca aveva fino a pochi mesi fa a
riguardo e che non rendeva giustizia alle linee politiche che il loro partito
esprime in altre città, come l'esempio di Verona e il suo Sindaco Flavio Tosi"
Anche l'Autorità per l'Energia si è resa conto dell'anomalia e infatti ha
dichiarato illegali tutti quei contratti forfettari stipulati agli ex nomadi
stanziali, anche tramite la mediazione dei comuni. Questo è un punto
fondamentale della vicenda: "Cosa intendono fare le giunte a fronte di questa
decisione? - si chiede Sabba - Cosa intende fare il Sindaco Farioli di fronte a
delle minacce come quelle fatte dagli stanziali di Busto, che con fermezza hanno
chiesto di avere ancora quei contratti illegali, per non essere costretti a
rubare?"
La sinistra, nei suoi due concetti espressi, continua a chiudere un occhio:con
quello aperto analizza il comportamento della Lega di Busto, che dato ilsenso di
accerchiamento, ha bisogno di mostrarsi dura e pura; con l'occhio chiuso invece
continua a non vedere la realtà del problema in discussione e si astrae sempre
più da quelli che sono i bisogni e i sentimenti della gente.
La Giovane Italia ha più volte espresso la sua idea a riguardo: le strade sono
due:
1) il divieto assoluto di vivere in aree con destinazione d'uso diversa da
quella residenziale, che comporterebbe o la migrazione di queste persone o
l'iscrizione alle liste d'attesa ALER per ricevere
un'abitazione;
oppure
2) la costruzione di campi attrezzati con tutti servizi necessari per vivere
civilmente e che in qualsiasi momento possano essere sottoposti a controlli
delle autorità. In questi campi regolari si dovrebbe dichiarare l'identità di
chi vuole alloggiare e per quanto tempo, ma soprattutto pagare per i servizi che
si useranno. Ciò è evidente che comporterebbe una spesa da parte del Comune, ma
a fronte della risoluzione di un problema.
Tra le due opzioni è solo la politica che può scegliere, magari con la
concertazione dei cittadini. Comunque sia è indubbio che ognuna di esse
migliorerebbe la situazione attuale. Nel frattempo i cittadini che vivono nei
pressi degli accampamenti continuano quotidianamente a subire, per questo fino a
che non si troverà il coraggio di fare delle scelte, bisognerà intensificare
controlli di ogni i tipo: sanitari, stradali, fiscali, urbanistici, etc...
Di Fabrizio (del 27/01/2012 @ 09:14:31, in conflitti, visitato 1922 volte)
Franzmagazine.com Il racconto di Zijo Ribic è agghiacciante ma a colpire chi lo ascolta sono
soprattutto le conclusioni a cui è giunto questo ventisettenne bosniaco
musulmano di etnia rom, a cui i nazionalisti serbi hanno sterminato l'intera
famiglia. «Non so se li odio – dice – forse perché non mi hanno insegnato a
odiare e allora questo sentimento non mi appartiene». A chi gli
obietta dopo quello che gli è accaduto l'odio a prima vista sembrerebbe la
reazione più naturale Zijo risponde in modo lucido: «Il fatto che venga fatta
giustizia per me è secondario, mi interessa invece che venga affermata la
verità, che si sappia quello che è successo perché noi rom non siamo animali ma
persone». In questi giorni Zijo Ribic è a Bolzano su invito della Fondazione
Langer, da anni impegnata nell'ambito dell'iniziativa Adopt Srebrenica, non solo
a sostenere il ricordo del genocidio avvenuto negli anni'90 nella ex Jugoslavia,
ma anche nell'aiuto concreto di chi come Zijo ha avuto la vita segnata in
maniera indelebile da fatti che hanno poco di umano, ma che sono avvenuti a
poche centinaia di chilometri da noi. Zijo Ribic sarà protagonista domani 13
gennaio (ore 20, Sala Giuliani del Teatro Cristallo) di un incontro pubblico in
cui verrà anche presentato un documentario inedito sulla sua storia. Incontriamo
Zijo nella sede della Fondazione Langer ed iniziamo la nostra intervista
cercando di immaginare che razza di vita sia quella delle persone che, come lui,
per poter trovare aiuto sono condannate a ricordare quotidianamente gli orrori
che stanno scritti nella propria storia.
Dove vive oggi Zijo Ribic?
«A uzla, in Bosnia. Per un paio di stagioni ho lavorato anche in Italia, a
Rimini. A Tuzla lavoro come cuoco in un albergo ma c'è la crisi e allora da
quasi un anno non mi pagano lo stipendio. Vivo in una stanza in affitto che non
riesco a pagare. Oggi come oggi non cerco altro che un lavoro qualsiasi che mi
permetta di costruirmi una vita normale, una famiglia».
Lei è stato il primo il primo rom ad aver portato in tribunale la questione del
genocidio del suo popolo. Un genocidio dimenticato, passato in secondo piano sia
durante l'Olocausto della Seconda Guerra Mondiale, che durante le guerre
jugoslave degli anni'90.
«Nel 2005 un mio parente mi ha messo in contatto con Natasha Kandic, una
sociologa che ha vinto il Premio Langer nel 2000 e che ha fondato a Belgrado un
centro attivo fin dal'92 con lo scopo di fare luce sui terribili eventi accaduti
durante la guerra. Ho deciso di raccontare la mia storia e denunciare gli autori
dello sterminio della mia famiglia e del mio villaggio. Grazie al sostegno e
all'assistenza della Kandic e del suo staff sono state quindi avviate delle
indagini che hanno portato nel 2009 all'inizio di un processo, tutt'ora in
corso, contro gli autori materiali del massacro nella mia città di Skocic».
Quelle persone sono oggi in libertà?
«No. Parte di loro sono in carcere in attesa della sentenza, altre sono agli
arresti domiciliari».
Quale forza ci vuole per prendere parte ad un processo contro coloro che hanno
assassinato tutta la propria famiglia?
«Innanzitutto bisogna avere i soldi per comprare il biglietto del treno per
Belgrado, fatto tutt'altro che scontato. Per fortuna in patria c'è la signora Kandic che mi aiuta e, come vedete, mi sta sostenendo anche la Fondazione Langer».
Cosa accadde quel 12 luglio del 1992?
«Anche dopo tanti anni mi ricordo tutto, come se fosse successo ieri. Mi ricordo
quando sono arrivati e ci hanno presi. Prima ci hanno picchiati, cercando oro e
armi e dicendo che non avrebbero fatto niente alle donne e ai bambini. Poi
invece ci hanno raggruppati tutti davanti alla casa dove hanno violentato mia
sorella maggiore Zlatija davanti ai miei occhi. Sono quindi arrivati due camion
che ci hanno portati in campagna dove ci hanno fatto scendere uno alla volta
conducendoci verso una fossa appena scavata. Io piangevo, chiedendo di vedere
mia madre e loro mi rispondevano che l'avrei vista subito. Quando è arrivato il
mio turno ho sentito degli spari e il fendente di una lama sul collo. Ho fatto
finta di essere morto e mi hanno gettato nella fossa insieme agli altri che
avevano appena ammazzato».
Come ha fatto a sopravvivere?
«Dopo un po' sono riuscito a risalire dalla fossa e sono scappato nel bosco. Lì
ho trovato una casa abbandonata dove mi sono fermato a dormire. Il giorno ho
incontrato un soldato che indossava l'uniforme dell'Esercito Popolare Jugoslavo.
Il soldato e un suo commilitone mi hanno aiutato».
Dunque dei serbi le hanno sterminato la famiglia ed altri serbi l'hanno invece aiutata…
«Non sono stati i soli. Mi hanno portato in un'infermeria dove ho visto le
stesse persone che la sera prima hanno ucciso i miei familiari. Mi sono
aggrappato ai due soldati che mi hanno salvato e non li ho più mollati. Mi hanno
allora condotto all'ospedale di una località che si chiama Zvornik, dove sono
rimasto per tre anni, protetto da coloro che volevano portarmi via per
uccidermi. Ero pesantemente traumatizzato per quello che avevo vissuto e sono
stato curato».
E poi?
«Grazie ad un progetto dell'Unicef, sono stato portato in un orfanotrofio in
Montenegro. Dopo 5 anni trascorsi lì sono tornato in Bosnia, a Tuzla, ospite di
un altro orfanotrofio e mi sono diplomato poi alla scuola alberghiera».
Com'è oggi la situazione in Bosnia?
«C'è la crisi economica anche lì, molto più grave che in Italia. Per quanto
riguarda la pacificazione i passi in avanti sono stati molto pochi. In ogni caso
la situazione è diversa tra una località e l'altra. A Tuzla dove vivo oggi la
situazione è migliore perché anche durante la guerra c'era stato un
atteggiamento migliore da parte dei serbi nei confronti dei musulmani. Ma in
altre località come Srebrenica è tutto ancora completamente diviso tra le etnie.
La pulizia etnica ha fatto il suo corso e ricordare quanto è avvenuto negli anni
Novanta è ancora molto doloroso per tutti. La politica poi fa la sua parte, sia
in Serbia che in Bosnia, per allungare i tempi all'infinito. Ed il genocidio di
noi rom è ancora immerso nell'oblio, quasi come fossimo delle vittime di serie
B, di cui non è importante occuparsi. È per questo che ho deciso di raccontare
quello che mi è successo a differenza di molti altri».
Intervista pubblicata dal quotidiano Alto Adige il 12 gennaio 2012
Luca Sticcotti è autore di musiche, giornalista ed operatore
culturale. Come musicista è attivo nei campi della classica, del jazz e
dell'elettronica, ma ha realizzato anche colonne sonore. La sua attività
giornalistica si sviluppa sia attraverso media tradizionali, con collaborazioni
con testate sia locali che nazionali, che utilizzando social network e blogs.
Come operatore culturale collabora in veste di consulente con diverse
istituzioni ed associazioni culturali altoatesine. Il sito web dove condivide
parte del suo lavoro è raggiungibile all'indirizzo
www.paupau.it
Di Fabrizio (del 27/01/2012 @ 09:29:35, in Regole, visitato 1588 volte)
Segnalazione di Stojanovic Vojislav
23-01-2012 di Antonio Guarnieri - Recluso alla C.R. di Fossombrone
(PU)
Scrivo su queste pagine per raccontarvi una storia che a dir poco ha
dell'incredibile. Questa storia vede la mia famiglia, più precisamente la mia
consorte, protagonista.
Il giorno 10 novembre dell'anno passato, alle ore 6.00, presso la mia abitazione
a Montemarciano (AN) si presentano 7 carabinieri con mandato di arresto nei
confronti di mia moglie, accusata ingiustamente di aver commesso il primo di
ottobre del 2009, alle ore 13.50 circa, un furto di 200.000 Euro presso
l'abitazione di un'anziana signora di Terni, più precisamente di Ferentillo.
Premetto che la mia consorte ha 35 anni e l'unico reato da lei commesso risale
all'età di 16 anni mentre oggi è madre di quattro figli, nonché nonna di un
nipotino.
Quella mattina, di fronte ai figli - tre dei quali minorenni -, i carabinieri
l'hanno ammanettata e portata via dopo aver provveduto alla perquisizione, anche
nella biancheria intima senza che l'operazione fosse fatta da una donna.
Venne portata in caserma dove mia moglie disperatamente cercò di respingere le
accuse. In lacrime cercò di spiegare che avevano sbagliato persona, ma un
carabiniere di Terni con parole ed atteggiamento intimidatorio disse "Smettila
di fare la sceneggiata di Mario Merola. Visto che hai rubato 200.000 Euro
pensavi di farla franca?! Io sono in piedi dalle 2.00 di mattina per venirti ad
arrestare".
Dopo essere stata condotta alla CC di Pesaro è stata sottoposta al regime di
isolamento in attesa d'interrogatorio.
In sede d'interrogatorio lei ha respinto ogni accusa gridando la sua innocenza.
Il PM per tutta risposta le disse: "Dicono tutti così!". Dato che la mia
compagna era incensurata l'avvocato chiese quantomeno gli arresti domiciliari in
attesa del chiarimento. La richiesta fu rigettata nel mese di novembre dal GIP e
dal PM di Terni motivandola con queste parole: "Non credo alla tua innocenza e
affinché tu neghi, non si rilascia la scarcerazione", facendo un gioco
psicologico che consiste nel distruggere ed annientare mentalmente una persona
cercando conferme dove non ci sono.
Preciso ora che io sono detenuto dal 2005 e nell'anno 2009 ero ristretto presso
la CC di Ferrara. Mantenendo lucidità mentale sono riuscito a ricordare che in
tale periodo di carcerazione effettuavo due colloqui mensili: uno al primo del
mese ed uno a metà mese. Ho cercato conferme per far risultare se in tale data
la mia compagna mi aveva fatto visita. Ho constatato che il primo ottobre 2009,
giorno del reato per cui mia moglie era accusata, era un giovedì, giorno in cui
si effettuano le visite familiari; ho allora, con l'aiuto del nostro legale,
richiesto alla CC di Ferrara se in tale data avevo usufruito del colloquio con
la mia consorte.
La CC di Ferrara ci ha risposto che effettivamente quel giorno mia moglie si
trovava lì con me dalle ore 11.30 alle ore 13.30 quindi il tempo materiale per
recarsi in 20 minuti a Terni non ci poteva essere.
Martedì 13 hanno scarcerato mia moglie per cause di forza maggiore. Ora mi
domando: se anziché trovare conferma che la mia compagna si trovasse al
colloquio quel giorno non avessimo trovato nulla e non fossimo riusciti a
dimostrare la sua innocenza, lei sarebbe ancora reclusa e sarebbe stata
condannata dando per scontato che lei era la colpevole? Sono propenso a pensare
che per il GIP ed il PM la sua unica colpa sia quella di essere di etnia Rom.
Questo è quanto accade in Italia. Vengono giudicate persone senza averne le
prove, vengono trovati capri espiatori sui casi che non si riescono a risolvere.
La giustizia ed i pregiudizi si mescolano e diventano criminogeni.
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